38Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.39Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. 40Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t'importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». 41Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, 42ma di una cosa sola c'è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
Il tema Lo stato più o meno sereno del nostro operare è il segnale di quale sia il suo fondamento. L'operare di Marta (in sé buono e utile) è basato su una concezione sbagliata del rapporto col Signore. Questo testo dovrebbe rappresentare un esame di coscienza per tanta vita della Chiesa (ad es. le nostre parrocchie) dove si fanno tante cose e magari non si insegna a pregare e ad ascoltare e leggere la Parola di Dio.
Questo episodio chiarisce ulteriormente la risposta alla domanda "che fare?" introdotta nell'episodio precedente. Il modo di agire di queste due sorelle ci rivela qualcosa di noi: nel nostro animo possiamo ritrovare alcuni tratti sia dell'una che dell'altra. Gesù è in cammino dalla Samaria verso Gerusalemme (come fa il Samaritano), dove darà la vita, e incontra tutti noi che (come il malcapitato della parabola) ci stiamo allontanando da Gerusalemme ossia da Dio. Siamo a Betania (lo sappiamo da Giovanni) nella casa di Lazzaro, fratello di Marta e Maria.
Marta si presenta subito come persona di iniziativa: non è regolare nella società ebraica che sia una donna ad ospitare un viaggiatore. Maria è la sorella minore e potrebbe essere, anche se non tutti concordano con questa ricostruzione, la protagonista dell'episodio scandaloso narrato in Luca 7,36-50 ossia la Maria di Magdala che, scappata dalla casa di Betania faceva la prostituta a Magdala sul lago di Tiberiade. Dopo il perdono di Gesù che la salva in tutti i sensi sarebbe tornata a casa e qui si inserirebbe l'episodio attuale con la sorella. Dopo la resurrezione del fratello Lazzaro (Giovanni 11,1-44) Maria ripeterà l'unzione prima della Passione provocando lo scandalo di Giuda (Giovanni 12,1-11), sarà la prima testimone della resurrezione (Giovanni 20,1-2.11-18) assieme a Giovanna (moglie di Cuza, amministratore di Erode, presentata in Luca 8,3) e a Maria madre di Giacomo il minore (Luca 24,10) e sarà sempre lei a riferirlo agli Undici diventando così, secondo l'espressione di Ippolito Romano (170 ca.-235) l’apostola degli apostoli.
L'oratorio dovrebbe essere il luogo in cui sopratutto si prega...
Nella società ebraica non è normale nemmeno che Maria sia "seduta ai piedi del Signore" cioè nella posizione del discepolo. Maria è seduta accanto a quei piedi che forse ha baciato e profumato in Lc 7,37-38 e che rappresentano la sua liberazione dal male, la sua scoperta di essere figlia di Dio.
Il discepolo è anzitutto colui che ascolta, che sta a sentire quello che il Signore ha da dirgli. Stare a sentire una persona è un atto di amore mentre di solito si aspetta solo il momento buono per controbattere. Per accogliere una persona occorre innanzitutto ascoltarla, stare a sentire cosa ha da dire e da comunicare. Altrimenti riduciamo la persona a oggetto della nostra opera.
Marta è preoccupata dei suoi molti servizi, critica la sorella che non fa niente e critica soprattutto Gesù che non interviene. E` assolutamente vero che servire è amare ma Marta vive la presenza del Signore come fatica, come dovere e obbligo sociale. Questo suo stato d'animo è rivelato dal suo sfogo con Gesù: si lamenta, in sostanza, perché Gesù non sottolinea pubblicamente come lei sia "brava" a differenza della sorella. Il suo rapporto con il Signore non è gratuito, è "religioso", come il fariseo che osserva la Legge in cambio della salvezza e fa buone opere perché ritiene di dover conquistare l'amore di Dio. Ma l'amore di Dio non è da conquistare: lui ci ha fatti e dunque ci ama da sempre. E` Dio invece che dalla creazione in poi cerca di conquistare l'amore dell'uomo. Questo episodio ci rivela che con Maria è già riuscito e con Marta ancora no. Per convertirsi Marta deve fare lo stesso percorso di S.Paolo (fedele osservante e persecutore che poi arriverà a considerare la sua giustizia come spazzatura, Filippesi 3,1-11) e di S.Pietro (disposto a morire per Gesù ma non ad accettare che Gesù muoia per lui, Matteo 26,35 e Marco 14,31). Non siamo noi ad amare Dio ma è Dio che ama noi e noi ancora non lo sappiamo. Quando capiremo che Dio ci ama comunque, cominceremo ad amare lui e tutti.
Marta rimprovera il Signore: "non ti importa nulla?". Marta, prima che dalla sorella, si sente trascurata da Gesù. E` il rimprovero del giusto, del fratello maggiore (Luca 15,29-30), di Giona (4,2-3). In sostanza si rimprovera Dio perché accoglie i peccatori, perché ama tutti, indipendentemente dalla loro giustizia. Noi invece, che ci riteniamo giusti, siamo portati a credere che Dio ci ami (e debba farlo) perché noi gli siamo devoti e perché compiamo le opere che lui comanda. Marta rappresenta l'uomo religioso non solo quello dell'Antico Testamento ma di ogni tempo: Questa caratteristica di Marta è ben radicata dentro di noi. In fondo lei non desidera l'aiuto della sorella, vuole solo che sia messo in risalto il fatto che lei è quella che fa tutto mentre la sorella non fa nulla, probabilmente nemmeno sa fare niente e in cucina è solo un impiccio. E` una forma di sfiducia radicale nella salvezza, che ci porta a voler essere protagonisti e considerati da Dio e dagli altri. Spesso il fare è una forma di difesa: infatti ascoltare significa dipendere dall'altro, essere in posizione vulnerabile. Nel nostro fare invece rinfranchiamo la nostra sicurezza in noi stessi. Evidentemente esiste anche un fare che proviene dalla contemplazione di ciò che Dio fa per noi: Santa Teresa di Calcutta è certamente un esempio di questo. In questo episodio non viene assolutamente contestata l'attività di Marta ma la sua origine. Se esaminiamo lo stato più o meno sereno del nostro operare possiamo intuire quale sia il suo fondamento e quanto ci si debba convertire.
La nostra conversione da Marta a Maria rappresenta per noi il passaggio dalla Legge al Vangelo cioè alla buona notizia e tutta la vicenda di queste sorelle (compresi i fatti precedenti) sembra la realizzazione storica della parabola cosiddetta del figlio prodigo: il fratello maggiore non si spiega perché il padre abbia tante attenzioni per il suo figlio scapestrato che torna a casa e giudica ingiusto il proprio padre che lui serve da tanti anni. Tra l'altro Giovanni esplicitamente registra che Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro (Giovanni 11,5).
Gesù, che in questo episodio è chiamato tre volte il Signore, la chiama, "Marta, Marta" ripetendo il nome due volte come in tanti episodi della Bibbia in cui si chiama a una vocazione: "Mosè, Mosè" (Esodo 3,4), "Samuele, Samuele" (1Samuele 3,10), "Saulo, Saulo" (Atti 9,4;22,7;26,14). Maria è già salva, Marta deve ancora convertirsi: la sua vita è ancora affanno e agitazione, divisa fra molte cose. Maria ha trovato l'unica cosa necessaria e ha scelto la parte buona [1]: l'ascolto del Signore, vivere alla sua presenza, sentire d'essere da lui amati. Gesù con la sua risposta invita Marta a stare lì anche lei e a darsi pace.
L'ascolto della Parola è la cosa necessaria, ne saranno coscienti gli Apostoli quando dovranno istituire i diaconi per non essere distolti dalla preghiera e dal servizio della Parola (Atti 6,1-7). Perché la Chiesa non diventi una qualsiasi "opera pia" occorre che il suo pilastro fondamentale resti l'ascolto e l'annuncio della Parola di Dio. Questo pilastro non può essere tolto mentre tutto il resto è accessorio e funzionale a questo. Questo testo dovrebbe rappresentare un esame di coscienza per tanta vita della Chiesa (ad es. le nostre parrocchie) dove si fanno tante cose e magari non si insegna a pregare e ad ascoltare e leggere la Parola di Dio.
[1] buona non "migliore" come viene spesso tradotto per giustificare una interpretazione del brano in cui Maria rappresenterebbe la vita contemplativa e Marta la vita attiva, giudicata meno importante. Ma non è così: la scelta di Marta è quella errata, è un male per lei (e infatti vive male) mentre la scelta di Maria è quella giusta e buona.