45E mentre tutto il popolo ascoltava, disse ai discepoli: 46«Guardatevi dagli scribi che amano passeggiare in lunghe vesti e hanno piacere di esser salutati nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei conviti; 47divorano le case delle vedove, e in apparenza fanno lunghe preghiere. Essi riceveranno una condanna più severa».
Il tema Questo brano deve suonare come un invito a smascherare lo scriba che è dentro di noi e non un alibi per sentirsi diversi dagli "uomini di chiesa" del tempo di Gesù. Vale per il clero ma anche per tutti i laici.
Ci troviamo sulla spianata del tempio dove via via si manifesta il contrasto di Gesù con il potere religioso. A metà vangelo era già chiaro che Gesù era il messia, il Cristo. Da allora e fino ad adesso si è trattato di chiarire che tipo di messia era. Il culmine è in questi giorni in cui Gesù un po' alla volta spiega che il suo stile non è quello di opprimere (come è il potere di Cesare) ma quello della "pietra scartata", lo stile di un Dio che è fedele anche quando l'umanità non lo è, il modo di procedere di un Dio che fa risorgere.
Qui Gesù stigmatizza lo stile degli Scribi. Nel passo seguente mostrerà lo stile della vedova, che è pure lo stile di Dio.
Gesù dice ai discepoli «guardatevi dagli Scribi» perché, purtroppo, il modello che normalmente seguono i discepoli (e anche tutto il popolo e anche noi) è quello degli Scribi. Al tempo di Gesù col termine Scribi si indicavano gli intellettuali, quelli che conoscevano i testi, le leggi e la Scrittura. Questi ultimi erano detti anche Dottori della Legge. Vi erano varie fazioni di Scribi (sostenute, anche economicamente, da vari protettori: Erodiani, Sadducei, ...) e quelli con i quali Gesù si scontra più spesso erano quelli del partito dei Farisei. I Farisei non erano economicamente potenti ma "pagavano con la religione", proponendo un modello di perfezione superiore (ed esteriore) secondo un estesissimo e dettagliatissimo codice di comportamento. Il termine Farisei significa "i separati" e corrispondono oggi a certi cristiani molto impegnati nel definire nel dettaglio cosa è lecito e cosa no, cosa è obbligatorio e cosa no. Anche oggi gli scribi si possono definire come quegli "uomini di chiesa", clero ma anche laici, che si dedicano alla preghiera e al servizio della Parola (Atti 6,4) col rischio di predicare agli altri come comportarsi senza essere capaci essi stessi di seguire tali regole. Dentro ciascuno di noi abbiamo uno scriba che ci detta come comportarci, secondo il modello che abbiamo accettato ossia, spesso, quello sbagliato. Se rivolgessimo verso noi stessi l'invito alla conversione di Gesù riusciremmo a individuare il falso scriba che è dentro di noi. Anche Luca è uno scriba ("scriba mansuetudinis Cristi" lo chiama Dante) e quindi a questo punto non può non sentirsi investito da questa critica e domandarsi se lui, missionario con Paolo ed estensore di Vangelo e Atti, segue davvero ciò che predica. Matteo, ebreo e anche lui scriba (essendo esattore delle tasse conosce le leggi) è decisamente meno tenero di Luca quando parla degli Scribi.
Gli Scribi sono coloro che già all'inizio sentenziano che Gesù dice bestemmie (Luca 5,21) ossia - secondo la Legge - è reo di morte (cfr. Marco 14,4 [1]). Sono coloro che obiettano che Gesù mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori (Luca 5,30) ossia è uguale a loro. Gli Scribi gli rimproverano che i suoi discepoli, a differenza di quelli dei Farisei e del Battista, non digiunano (Luca 5,33). Rimproverano Gesù di trasgredire il Sabato quando guarisce l'uomo dalla mano rinsecchita (Luca 6,7). Nei capitoli successivi gli Scribi non compaiono direttamente perché Gesù si dedica all'istruzione dei discepoli. Sono presenti però sottotraccia quando Gesù rimprovera il formalismo (ad es. in Luca 6,46). Rivolto a noi questo significa che essere cristiani devoti non vuol dire vivere da cristiani. Arriviamo così, in Luca, all'episodio in cui Gesù viene invitato a pranzo da un fariseo che lo critica perché non segue le norme sulle abluzioni, definite dagli Scribi. La reazione di Gesù fa sentire coinvolti anche questi ultimi (Luca 11,45). Gli Scribi, per Gesù, sono coloro che fanno le leggi per gli altri (11,46: caricate gli uomini di pesi insopportabili) ma essi non le seguono. Sono coloro che onorano i profeti che sono stati uccisi dai loro padri. Purtroppo gli Scribi sono gli anti-profeti per eccellenza: il profeta è colui che esorta alla conversione e al cambiamento mentre lo scriba è colui che vuol mantenere le strutture ingiuste attuali imposte dal potere religioso dominante. Il profeta ci perde del suo (spesso la vita) mentre lo scriba campa sullo status quo di cui fa parte.
A questo punto uno potrebbe domandarsi come mai non balzi evidente, agli Scribi, la contraddizione madornale del loro modo di vivere. Ma Gesù risponde anche su questo: essi possono così passeggiare in lunghe vesti ossia vivere senza lavorare (non potrebbero, con vesti lunghe!): essi campano di rendita sulla parola di Dio. Amano essere salutati nelle piazze, sono i "riverisco reverendo!" diremmo noi. E infine desiderano essere visti mentre pregano (magari in apparenza!) o invitati ai banchetti. E`, questo umorismo di Gesù, diretto specificatamente al clero di ogni epoca, compresa la presente. Ma è anche diretto a tutti noi quando invidiamo questo modo di vivere messo in pratica da alcune persone della Chiesa: tutti vorremmo primeggiare. In tutti noi c'è uno "Scriba". In tutti noi c'è l'idea che chi è importante debba essere riverito. Per questo Gesù dice ai discepoli (e dunque a noi): "Guardatevi!". E` sempre la falsa idea di potenza (e dunque la falsa immagine di Dio) che spunta fuori.
Nella casa della vedova è raffigurata la Chiesa, che è di Dio, come le vedove che, senza più marito che le difenda, dipendono solo da Dio. In tutto il profetismo orfani, vedove e stranieri sono le categorie più citate come vittime della cattiva religione della classe sacerdotale. E dunque gli scribi di ogni tempo fanno male alla comunità, la corrodono e la distruggono: la divorano. Essi screditano coi fatti quel che dicono a parole (Matteo 23,3 [2]). Gesù ci insegna che l'apostolo deve essere innanzitutto testimone e non scriba. Gesù raccomanda di pregare senza farsi vedere (Matteo 6,6 [3]). E stigmatizza l'atteggiamento del pubblicano che pregava stando in piedi e davanti (Luca 18,11). Occorre guardarsi dal praticare una religiosità esteriore che non sa riconoscere Dio nei fratelli. Parola e sacramenti sono utili in quanto ci conducono lì. Altrimenti sono o magia o intellettualismo e comunque diventano la nostra condanna (cfr. 1Corinti 11,17-29 riportato nella pagina 14,7-14). La condanna più severa in realtà è quella che cadrà addosso a Gesù, che sarà condannato proprio dai giusti Scribi. Nel brano seguente Gesù spiegherà che, invece di guardare agli scribi, occorre guardare e prendere esempio da un'altra persona.
[1] Marco 14,4: «Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte.
[2] Matteo 23,3: Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno.
[3] Matteo 6,6: Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.