1Mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, 2vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. 3Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
4Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». 5Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». 6Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. 7Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.8Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». 9Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; 10così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini». 11E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
Il tema Noi siamo chiamati proprio perché la nostra pesca è infeconda, perché siamo peccatori. La nostra infecondità è il luogo della benedizione e il nostro peccato è il luogo del perdono e della grazia dove veramente conosciamo chi è il Signore e chi siamo noi.
Luca ci ha mostrato da cosa Gesù ci libera e poi perché ci libera. Il passo successivo è essere associati nella missione. La vicenda qui raccontata si ripeterà nel fatto della pesca miracolosa alla fine del vangelo di Giovanni (cap. 21), dopo la Pasqua.
Per interpretare questo racconto dobbiamo ricordare che Luca si rivolge a cristiani che si sentono ancora peccatori, nonostante il battesimo, cui pare di non pescare nulla dal proprio impegno e che si chiedono se la chiamata sia stata dunque inutile. Luca si rivolge a una comunità di credenti che ha già vissuto le delusioni dell'entusiasmo iniziale: il mondo non cambia, si è perseguitati e nella comunità sono già iniziate le incomprensioni. L'espressione "pescatore di uomini" gioca sul fatto che mentre i pesci vivono in acqua e muoiono se pescati per gli uomini è esattamente il contrario.
Il fatto qui raccontato insegna che la vera chiamata inizia quando io scopro la mia sterilità e il mio peccato. E` lì che vengo salvato (cioè pescato) ed è lì che comincia la vera vocazione. Prima rischio di agire per una sorta di euforia in cui non è ancora ben chiaro né chi sia Gesù né chi sia io.
E' mattino e i pescatori riparano e lavano le reti. Le barche sono piccole e sono alternativamente una e due. Inoltre Gesù parla sia al singolare ("prendi il largo") sia al plurale ("gettate le vostre reti"). Come se si volesse sottolineare contemporaneamente e l'unità di molti (due è principio di molti) e il valore della responsabilità individuale.
Il logo dell'Anno della Fede 2012-2013: la barca e la Croce che fa da albero per la vela.
La barca è figura della Chiesa, in cui si sta insieme (magari stretti) per necessità (non si può scendere), in cui si fa tutti la stessa traversata, si galleggia sospesi fra l'abisso inferiore e quello superiore: richiama l'arca di Noè e anche il legno della croce che ci fa attraversare il mare della vita. Da questa barca Gesù parla a coloro che sono sulla riva, parla al mondo, ed è rappresentato come il pastore che guida l'esodo del popolo oltre l'acqua.
Possiamo immaginare quanto insensato e offensivo potesse sembrare a Simone e soci l'ordine di Gesù di uscire nuovamente a pesca in pieno giorno. Non è l'unica volta: anche al paralitico (Luca 5,24) Gesù darà un ordine illogico sul piano umano. Questo perché a noi appare sensato solo quello che riusciamo a fare e a dominare da soli.
Ma, se siamo sinceri, dobbiamo concludere che noi non siamo in grado di sfuggire, da soli, al nulla che ci attende: come per Pietro e compagni la vita sembra consistere in un aver faticato tutta la notte e non aver preso nulla. E` l'esperienza della Chiesa, di allora, di sempre e di ciascuno: ci si dà molto da fare e non si vedono risultati.
Comunque, come già Maria nell'Annunciazione (Luca 1,38) Pietro arriva a dire: "sulla tua parola calerò le reti".
Tutti i nostri tentativi sono sterili fino a quando si basano sulla nostra bravura. Sono come la giustizia dell'Antico Testamento (simboleggiata da Zaccaria ed Elisabetta) che non poteva produrre la salvezza. La disposizione all'ascolto ci permette invece di concepire (prendere) una moltitudine di pesci. Dunque quando la nostra azione risulta sterile l'unica cosa da fare è chiederci: "stiamo ascoltando la sua parola o no?".
La Chiesa è chiamata ad andare al largo, nel mondo, nel male (l'acqua è segno dell'abisso). Da quest'acqua dove affogano gli uomini devono essere tirati fuori.
Nell'episodio analogo raccontato da Giovanni 21 si conteranno 153 pesci - sommatoria da 1 a 17 - e 17 è il valore numerico della parola tov (bello, bene, buono). Questa quantità enorme di pesci rappresenta tutta l'umanità che viene liberata dall'abisso e portata nella terra. Occorre il soccorso della seconda barca: un risultato impensabile in pieno giorno e che viene accolto con stupore.
Simon Pietro però è fermo nella sua logica di non meritare un tale trattamento di favore. Non si ritiene degno di tutto questo "ben di Dio" e, di fatto, manterrà questa linea in tutto il vangelo fino al rinnegamento quando arriverà a considerare che Gesù è lì con lui proprio perché lo ama ed è solidale con lui peccatore e pescatore fallimentare. Poi nell'episodio gemello raccontato da Giovanni (la pesca al cap. 21) si arrenderà all'evidenza che Gesù gli vuol bene proprio perché lui è limitato.
Noi siamo chiamati proprio perché la nostra pesca è infeconda, perché siamo peccatori. La nostra infecondità è il luogo della benedizione e il nostro peccato è il luogo del perdono e della grazia dove veramente conosciamo chi è il Signore e chi siamo noi, amati infinitamente da lui che ha dato la vita per noi. Dunque i nostri punti di svantaggio (non riuscire a prendere nulla) sono proprio il motivo per cui possiamo finalmente pescare nell'obbedienza alla parola. Proprio in quanto peccatori siamo pescati e salvati e dunque possiamo poi comunicare ad altri la salvezza ricevuta.
Questo miracolo è "dedicato" a coloro che, magari per anni, hanno speso la loro vita in un'opera che non ha dato i frutti sperati. Questo brano parla della chiamata di ciascuno di noi, mostra come possiamo passare dal fallimento alla vita piena.
Chi ha compreso che non deve confidare nella propria bravura, d'ora in poi potrà diventare pescatore di uomini. Quando abbiamo piena coscienza di essere noi per primi salvati (pescati dall'acqua) possiamo comunicare questa salvezza agli altri.
Pietro ricadrà altre volte nel proprio errore (Luca 22,33): da tutto il vangelo sembra emergere come l'elezione di Pietro non nasca assolutamente dal fatto che lui fosse quello che meglio comprendeva il mistero di Gesù. Sembra anzi che la sua chiamata sia quasi dovuta al motivo contrario.
Pietro chiama Gesù prima Maestro (cioè colui che insegna ma da cui sono indipendente) e poi Signore (cioè Dio, colui che salva). Dunque Gesù non è un semplice modello da imitare come ve ne sono tanti in tante religioni o filosofie: se ci si prova, da soli, non si pesca nulla. Il passaggio obbligato e iniziale è riconoscere Gesù come il proprio Signore, colui che ci ama infinitamente ed è per questo che poi tutto diventa possibile. S.Paolo in Filippesi 3 legge la propria conversione in questa ottica.