49Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! 50Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
51Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. 52D'ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; 53si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».
54Diceva ancora alle folle: «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: «Arriva la pioggia», e così accade. 55E quando soffia lo scirocco, dite: «Farà caldo», e così accade. 56Ipocriti! Sapete valutare l'aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? 57E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto? 58Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all'esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. 59Io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all'ultimo spicciolo».
Il tema La giustizia che Dio usa verso di noi consiste nel rinunciare all'aver ragione per salvare l'altro. Siamo chiamati a fare discernimento per stabilire se quel che ci piace di più viene da Dio e realizza la gioia che ci viene promessa oppure è una menzogna come nel caso di Adamo ed Eva.
Abbiamo visto nel brano precedente, che il discernimento [1] ossia la risposta alla domanda "che fare?" dipende da quale orizzonte attribuiamo alla nostra vita. Se pensiamo che la vita terrena trapassi naturalmente nell'unione con Dio allora saremo tranquillamente affaccendati nel servizio ai fratelli. Se invece pensiamo che con la morte finisca tutto allora cercheremo - illogicamente - di trattenere la vita accumulando beni o piaceri e spadroneggiando sugli altri, una scelta senza alcuna speranza: arriverà il ladro (12,39) e ci porterà via tutto. Tutta questa sezione del vangelo è dedicata a fornire un nuovo criterio di vita: non più la paura della morte con conseguente egoismo ma l'amore e il servizio, come Dio fa per noi. Qui ora vedremo come Gesù ha vissuto la scelta e come la nostra decisione abbia influenza nei nostri rapporti con gli altri e col mondo fisico. Nel capitolo successivo si parlerà dei conflitti politici (lotta contro l'impero) e del rapporto con la natura (il crollo di una torre).
Tolkien ne "Il Signore degli anelli" ha trasposto simbolicamente il cristianesimo in un mondo lontano nel tempo dove il più piccolo e inerme (Frodo) ha il compito di portare su di sé il male fino alla distruzione di esso. Non è possibile distruggere il male con la violenza. Non c'è altro modo di salvare la Terra di Mezzo. E` una via obbligata in cui nessuno può essere obbligato. Il romanzo è molto denso di citazioni bibliche (la rappresentazione di Gollum come indemoniato ad esempio) e di elementi attuali (l'ecologia, a proposito della distruzione della foresta). Clive Staples Lewis fece una operazione analoga con "Le Cronache di Narnia".
Gesù ha un grande desiderio: che il fuoco, cioè l'amore di Dio che lui viene a portarci, venga acceso sulla terra. E' il battesimo in Spirito Santo e fuoco di cui parlava il Battista (Luca 3,16). Gesù desidera ardentemente donarci il suo Spirito del Figlio, lo Spirito che salva il mondo. Questo fuoco viene da un battesimo, da un'acqua, che è simbolo della morte: viene cioè dalla croce che Gesù dovrà sopportare. In vista di questo passaggio drammatico Gesù è angosciato: da un lato la paura della sofferenza e dell'umiliazione e dall'altro il desiderio di accendere il fuoco sulla terra. Il discernimento pesa i desideri positivi e le resistenze negative alla loro realizzazione. Possibile che si debba passare per la croce per accendere l'amore di Dio sulla terra? non esiste un'altra via? Satana (Luca 4,1-13) aveva già prospettato a Gesù strade più gradevoli agli occhi e desiderabili (ritorna sempre Genesi 3,6).
Lungo la storia e anche nella nostra vita personale ci vengono continuamente prospettate vie più gradevoli agli occhi e più desiderabili: prendere il potere, affascinare, mettere in croce altri. Però, qualsiasi sia la nostra scelta, sia che ci comportiamo bene, sia che ci comportiamo male, tutti noi veniamo dall'acqua e torniamo all'acqua. Che lettura diamo di questo limite? Da questo dipende tutto. La scelta di Gesù sarà, come oggi sappiamo, di fare della sua morte (e che morte!) il luogo del fuoco, il luogo dell'amore, il luogo dello svelamento dell'amore di Dio per tutti noi. Dopo la risurrezione troveremo infatti Gesù che spiega come «bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze» (episodio di Emmaus, Luca 24,26) per mostrarci quell'amore più forte della morte di cui noi abbiamo bisogno per salvare la nostra vita. Poniamo bene attenzione che qui Gesù stesso ci dice che ne è angosciato e anche nel Getsemani dice «non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Luca 22,42): significa che la sua volontà era un'altra. Tutta la vita di Gesù è stata un continuo e drammatico discernimento. Non sorprendiamoci dunque se scopriamo in noi sentimenti contrari. Sarebbe strano che non ci fossero.
Michea 7,6 descrive la corruzione del mondo come la rottura dei vincoli parentali che impediscono la trasmissione della vita e dell'esperienza. Questo è quel che troviamo fin dall'inizio dell'umanità: l'uomo ha considerato Dio non come padre ma come avversario, la donna come antagonista e il fratello come nemico. Questa è la storia dell'uomo: la pretesa di ciascuno di avere ragione porta solo divisione. Gesù sembra dire: non sono qui per fare "magie", io porto la pace (come si dice nel Cantico di Zaccaria [2]) ma non è a buon mercato: è una pace che parte dalla coscienza dello stato di guerra permanente.
Questo testo viene evocato indirettamente quando, sulla croce, Gesù grida: «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato» e i presenti commentano: «Ecco chiama Elia» (Marco 15,34-35). L'ultimo libro dell'Antico Testamento nel nostro canone è quello di Malachia e le sue ultime parole sono sulla fine del mondo quando, Dio invierà il profeta Elia che «convertirà il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri». Gesù è il primo figlio perché è il primo che ha creduto all'amore del padre e chiama anche noi alla riconciliazione.
Nella parte centrale Gesù evidenzia come noi si sia tutti molto bravi a organizzare la propria vita in base al tempo meteorologico (arriva la pioggia... farà caldo): le attività terrene (lavoro, viaggi) sono il nostro interesse immediato e primario e dunque da sempre l'umanità si dà da fare per sapere "che tempo farà". Tutta la nostra scienza consiste nel distinguere le cose: le nubi dal Mediterraneo (da Ponente) portano la pioggia, il vento di scirocco dall'Arabia (da Sud) porta il caldo secco. Questo continuo lavoro di distinzione ci è necessario per poter intraprendere qualsiasi attività.
Invece non sappiamo valutare il tempo cronologico (il "tempo opportuno" traducendo letteralmente "kairos"), questo tempo che è invece ben presente nei pensieri di Gesù. Si noti come questo tempo opportuno sia il tempo "difettoso" costellato di continui contrasti e non un tempo "ideale". In questo capitolo si citano i conflitti tra generazioni (padre contro figlio...) e nelle relazioni sociali (il tuo avversario...). Nel capitolo successivo si parlerà dei conflitti politici (rapporto col potere di Pilato) e del rapporto con la natura (il crollo di una torre). Dunque il tempo opportuno per fare il bene è proprio l'"oggi", pieno di contrasti, in cui il male viene fuori e ci blocca, ci ostacola, ci scoraggia: «Fate dunque molta attenzione al vostro modo di vivere, comportandovi non da stolti ma da saggi, facendo buon uso del tempo, perché i giorni sono cattivi» (Efesini 5,15-16). Vivere aspettando sempre il "tempo migliore" significa vivere in una forma di pace che gli antichi padri del deserto chiamavano la "pax perniciosa", la pace dannosa in cui non procediamo perché non ci sentiamo mai pronti o vediamo che gli altri non sono mai pronti. Sembra un criterio paradossale ma non lo è: il momento della salvezza per tutta la storia è stata la croce ("Ci hai redenti con la tua croce..." recitiamo dopo la consacrazione in quaresima). Dunque quando noi abbiamo fatto il massimo male - uccidere il Giusto, uccidere Dio - Dio ha creato il massimo bene - il dono della vita. «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» (Romani 12,21): questo brano è un appello alla responsabilità e alla capacità di risposta personale: giudicare da noi stessi ciò che è giusto. La coscienza è il «primo vicario di Cristo» (l'espressione è del card. Newman) ossia la prima cosa cui si deve obbedire. Sopprimere la coscienza è il maggiore crimine verso l'umanità e oggi vi sono molti modi subdoli per sopprimere la coscienza.
Nell'ultima parte di questo brano Gesù ci mostra come la nostra vita sia un cammino in cui, continuamente, lungo la strada, troviamo l'opposizione degli altri che reclamano anch'essi, gli stessi diritti che rivendichiamo noi. Ognuno di noi vuole essere amato, sostenuto, considerato. Se non facciamo ogni sforzo per andare d'accordo l'altro diventa inesorabilmente l'avversario. E in questo modo avremmo fallito, quand'anche avessimo ragione. Infatti Dio con noi non fa così. Se Dio rivendicasse la sua ragione saremmo tutti condannati. La giustizia di Dio è la giustizia dell'amore, una giustizia che consiste nel rinunciare all'aver ragione per salvare l'altro. Combattere per aver ragione invece significa che, se vinciamo, siamo semplicemente i più forti (per il momento) e dunque i più violenti.
Troviamo applicata questa nuova giustizia già tra Abramo e Lòt quando, in Genesi 13, per evitare contese tra i rispettivi clan di pastori, Abramo lascia scegliere a Lòt quale territorio usare come pascolo. E Lòt sceglie la valle del Giordano, quella con i pascoli migliori. Abramo allora va verso il deserto. Ma nel territorio di Lòt si trovano Sodoma e Gomorra, dato che era la zona geografica più desiderata, dunque la scelta di Abramo, sulla distanza, risulterà la migliore. Se non desideriamo, pur nelle nostre cadute, questa nuova giustizia restiamo nella giustizia retributiva e siamo fuori dall'economia della salvezza di Gesù. Dunque saremo ripagati esattamente come noi abbiamo trattato gli altri. Se non viviamo questa nuova giustizia ("rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori") non siamo come Dio, siamo diversi da lui e non possiamo essere con lui.
Nelle relazioni con gli altri discernimento non significa dunque verificare se abbiamo ragione o torto ma considerare che l'unica ragione è che l'altro è mio fratello e che quel che importa è la sua salvezza: "a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica" (Luca 6,29). Usare la ragione non significa stabilire chi dei due abbia ragione. Perché "mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi [cioè noi] nel tempo stabilito" (Romani 5,6).
La vita è un cammino, lungo la strada, anche perché occorre tutta una vita (e magari non basta) per imparare a essere fratelli. Per questo celebriamo continuamente l'eucarestia: per ricordarci la fine del mondo vecchio (con la sua giustizia) e l'inizio del mondo nuovo (con la rivelazione di Cristo sulla croce).
[1] Fare discernimento non significa, come si intende erroneamente, distinguere il bene dal male, le azioni buone da quelle cattive: per questo basta la legge naturale e in genere, almeno dopo averle messe in pratica, ci rendiamo conto se le azioni sono buone o cattive.
Il discernimento mira a chiarire le intenzioni perché noi agiamo in base a quel che sentiamo dentro, in base alla delectatio victrix di S.Agostino ossia in base alla nostra convinzione corrente di quel che è bello e che ci piace. Il nostro discernimento deve stabilire se quel che ci piace di più viene da Dio e realizza la gioia che ci viene promessa oppure è una menzogna come nel caso di Adamo ed Eva: il frutto sembrava buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza (Genesi 3,6) ma in realtà avvelenò il rapporto con Dio e si scoprirono nudi e pieni di paura. Il discernimento serve a capire la fonte dei diversi desideri che si muovono dentro di noi. Se non utilizziamo il discernimento allora agiamo a caso o, meglio, siamo in balìa dei nostri sentimenti ed emozioni e viviamo senza essere coscienti della realtà, perdiamo la nostra umanità.
Nel mondo attuale si è persa la certezza nella legge immutabile: mutano le leggi fisiche, si aprono frontiere di manipolazione della vita umana, la certezza della decisione («è giusto o sbagliato?») vacilla. Il discernimento, che viene prima della legge, diventa un metodo importante.
Infine per molte alternative nella vita, apparentemente tutte giuste e desiderate, occorre distinguere cosa va preferito, che cosa è "volontà di Dio", da tutto il resto. A volte si tratta di scelte di base (sposarsi e chi sposare, scegliere il lavoro, ...) a volte di sfumature (cedere o insistere con una attività o con una persona che ci resistono?) che si ripropongono momento per momento.
[2] Luca 1,78b-79: «ci visiterà un sole che sorge dall'alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace».