1Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: 2«C'era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. 3In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. 4Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, 5poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi». 6E il Signore soggiunse: «Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. 7E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? 8Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?»
Il tema Questa parabola paradossale racconta la nostra relazione con Dio mentre siamo senza fede. Dopo "il buio" - di cui alcuni santi ci hanno raccontato - comincia la fede, la relazione fra lo Sposo e la Sposa.
Siamo all'ultima tappa del cammino di Gesù, nella quale tutti noi siamo coinvolti, se siamo coscienti d'essere lebbrosi, in modo da essere progressivamente mondati: il regno di Dio si realizza nel cammino quotidiano, come ai tempi di Noè e di Lot e, dunque, la salvezza si realizza per noi in questo mondo e non in un fantasioso mondo migliore.
In questo testo, molto delicato e fortemente allegorico, vediamo come si incontra Dio entro una storia in cui lui sembra assente. Questo brano inizia con la necessità di avere fede (di pregare senza stancarsi) e termina con la domanda se il Figlio dell'uomo troverà fede venendo. In mezzo sta una parabola in cui Dio viene descritto come il giudice peggiore possibile: un giudice che non teme Dio e non ha riguardo per l'uomo; un giudice che non ascolta; un giudice che non interviene pur vedendo che le cose vanno male. Questa parabola segue un po' lo schema che ritroviamo in Luca 11,5-13 e in Luca 19,11-27 (parabola delle mine) in cui viene fornita la nostra prospettiva pagana (o diabolica) della relazione con Dio. La nostra prima percezione nella preghiera, infatti, è che Dio non risponde e non si cura del mondo. Qui la vedova rappresenta la Chiesa, che cerca in Dio chi la difenda.
La preghiera è la forma basilare di relazione tra persone e con Dio: ai bambini, se li si educa, si insegna a chiedere per favore e a ringraziare. La preghiera parte dalla consapevolezza di essere "precari", dal sapere che siamo manchevoli e limitati e che Dio può colmare il nostro bisogno e lo può fare gratis. Tutto quello che non fa parte di questo "rapporto di grazia", della preghiera appunto, è morte dell'umano: se una cosa non viene data per amore allora viene data per egoismo, per ottenere qualcosa d'altro. In questo caso la persona con cui ci relazioniamo non vale più come tale, come figlio e come fratello, ma è solo il tramite per commerciare delle cose. Il rapporto fra persone così viene distrutto: le persone non hanno valore ma solo le cose. Il discorso è uguale nella nostra relazione con Dio: purtroppo siamo portati a intendere "la preghiera" come "le preghiere", come delle monetine inserite in un distributore automatico: è però una bestemmia, come se Dio dovesse essere pagato per donarci le sue grazie.
In questo mondo presente rischiamo di avere più cose e soddisfazioni che desideri: l'abbondanza di beni effimeri ha come offuscato i desideri fondamentali. Il desiderio, di per sé, non produce nulla: la pioggia, il sole, la salute, l'affetto dei nostri cari sono desideri la cui realizzazione non dipende dal fatto che li desideriamo. Però il desiderio di queste cose è il motore che ci fa muovere: senza desideri saremmo morti. Chi non desidera più nulla si annoia e magari si suicida. Anche chi desidera solo piccole cose materiali, prima o poi, trova insensato vivere, sia che le ottenga sia che non le ottenga.
Il massimo desiderio dell'uomo, l'abbiamo visto nel brano precedente, è vedere il regno di Dio venire. Il desiderio più alto, più umano, è il desiderio dell'altro, della persona amata, di Dio. Questo desiderio non produce nulla ma ci mette nella disposizione d'animo di accogliere la persona amata, di accogliere Dio. L'unica cosa importante della vita è amare ed essere corrisposti: questo è l'unico grande desiderio proprio dell'uomo, desiderio che lo fa simile a Dio che è puro desiderio corrisposto del Padre verso il Figlio, che si chiama Amore, cioè Spirito.
In questa parabola il giudice rappresenta Dio, cui la vedova, ossia la Chiesa che ha perso lo Sposo, si rivolge per avere giustizia, perché si inauguri il regno di Dio. Questo giudice-Dio però sembra contraddire se stesso: sembra un empio, un senza Dio che non offre giustizia a nessuno.
Infatti noi tutti ci lamentiamo che nel mondo non c'è giustizia e che il male (l'avversario, il Male, Satana) ha successo. Il personaggio della vedova caratterizza molto bene la situazione del mondo: un mondo cui manca Dio, cui manca colui che lo realizza, cui manca la sua parte essenziale, proprio come una vedova è una sposa senza sposo. Non è nubile ma vedova: senza più possibilità d'essere amata.
Abbiamo dunque qui un giudice che non è giudice e una sposa che non è sposa, un controsenso, un po' come nella parabola dell'amministratore (16,1-9). Questo dramma è tipico nostro, come lo era dei cristiani di terza generazione cui Luca si rivolgeva, i quali non avevano conosciuto Gesù, non avevano conosciuto i suoi testimoni diretti (i Dodici) e ormai avevano capito che il Signore non sarebbe tornato tanto presto.
E infatti - continua la parabola - per un certo tempo egli non volle. Per quanto tempo? fino alla fine del mondo. Fino a che il nostro desiderio sarà abbastanza maturo da desiderare di abitare con lui e non semplicemente le cose che lui ci dà.
Questo giudice assurdo aspetta che questa vedova diventi molesta, che passi alla lotta attiva, come nel caso di Giacobbe (Genesi 32,23-33). Fino a che Dio è solo il distributore automatico delle nostre merendine il regno di Dio non viene. Quando il rapporto diventa da persona a persona allora le cose cambiano: cominciamo ad amare la persona che ci ama... cioè a pregare.
"Dio non realizza tutti i nostri desideri ma tutte le sue promesse" [1] e la promessa è la comunione di vita, come avrebbe dovuto essere nell'Eden dove "il Signore Dio passeggiava nel giardino alla brezza del giorno" (Genesi 3,8) per conversare con l'uomo.
Gli eletti sono coloro che hanno capito che occorre pregare sempre, senza stancarsi, sono quelli che hanno compreso di essere amati e che la svolta è amare lui come lui ama noi. L'espressione "E Dio non farà giustizia... li farà a lungo aspettare?" è tradotta male, in realtà va intesa come "E Dio non farà giustizia... e non avrà pazienza con loro?" in accordo con 2Pietro 3, 9 [2]. Per il Signore "mille anni sono come un giorno solo" (2Pietro 3,8) nel senso che ha molta pazienza e "un giorno è come mille anni" nel senso che è, per così dire, impaziente che l'uomo si converta e lo desideri. Povero Dio! nessuno lo cerca... quand'è venuto l'abbiamo messo in croce e a tutt'oggi lo mettiamo in croce in tutti i poveri cristi del mondo. Letteralmente "non può" venire se noi non lo vogliamo [3]. E` dal tempo della creazione che Dio attende una relazione con l'uomo mentre viene o rifiutato o servito in cambio di benefici. Il Cantico dei Cantici ben rappresenta questa attesa impaziente. Quando l'uomo raggiunge questa relazione con Dio, quando la preghiera diventa vita assieme a Dio, la giustizia si realizza prontamente, il regno di Dio è in noi ogni giorno e si manifesta nelle altre nostre relazioni e nelle nostre opere.
Tutto questo è meno strano di quanto sembri, è un po' quel che accade nelle relazioni affettive fra persone, un meccanismo spesso inconscio ma frequentissimo: inizialmente non si apprezza la persona in quanto tale ma le cose che questa può darci, quelle che indichiamo come le sue "buone qualità". Quando, col tempo, queste perdono valore o la si scarta o si instaura il vero amore amando la persona così come è e non per i vantaggi che ci procura.
Questo passaggio - che non è automatico - è alla base della domanda finale di Gesù (che va letta in un tempo perennemente presente): «ma il Figlio dell'uomo, venendo, troverà mai la fede sulla terra?». Diversamente dall'interpretazione comune (come se la fede ci fosse in passato e si perda man mano che il tempo scorre) qui Gesù si chiede se e quando la fede comincerà, come in Luca 8,25.
[1] Dietrich Bohenhoffer: Resistenza e resa. Lettere e scritti dal carcere, ed Paoline 1989, p. 469.
[2] 2Pietro 3, 8-9: Una cosa però non dovete perdere di vista, carissimi: davanti al Signore un solo giorno è come mille anni e mille anni come un solo giorno. Il Signore non ritarda nell'adempiere la sua promessa, come certuni credono; ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi.
[3] Negli scritti del Ba'al Shem Tov, saggio ebreo ucraino del XVII secolo, troviamo l'episodio del suo nipotino che, piangendo, gli racconta che aveva giocato a nascondino coi suoi amici ma nessuno era poi venuto a cercarlo. E per consolarlo gli rispose: «Anche Dio, poverino, nessuno va mai a cercarlo...».