1 In seguito egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C'erano con lui i Dodici 2e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; 3Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni.
4Poiché una grande folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, Gesù disse con una parabola: 5«Il seminatore uscì a seminare il suo seme. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la mangiarono. 6Un'altra parte cadde sulla pietra e, appena germogliata, seccò per mancanza di umidità. 7Un'altra parte cadde in mezzo ai rovi e i rovi, cresciuti insieme con essa, la soffocarono. 8Un'altra parte cadde sul terreno buono, germogliò e fruttò cento volte tanto». Detto questo, esclamò: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!».
Il tema Gesù sgombra i dubbi sui risultati del suo annuncio: il risultato, contro ogni apparenza di fallimento, sarà oltre ogni previsione. E` un messaggio di ottimismo divino diretto ai credenti di ogni tempo.
Il termine parabola è la versione antica del termine parola e significa confrontare, paragonare, comparare. E` il modo fondamentale di comunicare, di proporsi ed esporsi da parte dell'uomo. Quasi tutta l'opera umana è parola: gli affetti, la scienza, la tradizione. L'ascolto è una caratteristica fondamentale dell'uomo, anche dal punto di vista biologico: chi non ascolta o non sente non è nemmeno in grado di parlare. Gran parte delle nostre azioni sono guidate dalle parole ascoltate da altri: l'uomo infatti non ha specie, è della specie di colui cui dà ascolto. Il tema generale di questa parabola è l'ascolto della Parola e i diversi effetti nelle persone cui capita di ascoltare. La parabola è un tipo letterario particolare: è un racconto simbolico che rimanda oltre il significato letterale. La parabola usa ambientazioni molto comuni (almeno per quel tempo) e parte da contesti semplici ed evidenti (la gestione d'un gregge, la semina, la mietitura, un vigneto, gli operai, il figlio scapestrato, la vita della donna di casa, ...) per portare a scoprire una verità imprevista.
Gesù, a questo punto della sua missione, ha un seguito stabile e abbastanza numeroso, composto dai Dodici, che Luca ha già presentato (6,14), e da molte donne tra cui alcune presentate qui. Di esse Luca dice che erano state guarite dai loro mali e che, come conseguenza, avevano deciso di servire e sostenere il gruppo, come Gesù aveva servito loro, curandole. Dopo la suocera di Pietro (4,39) queste donne sono le prime persone a realizzare quanto Gesù proclamerà nell'ultima cena: io sto in mezzo a voi come colui che serve (Luca 22,27). Luca, per ora, non parla di attività svolte dai discepoli uomini. Maria Maddalena, anche se non tutti concordano con questa ricostruzione, potrebbe essere la protagonista dell'episodio scandaloso narrato nel brano precedente (7,36-50) e coincidere (stando a Giovanni 11,2) con Maria sorella di Marta (di cui si tratta in Luca 10,38-42) e di Lazzaro (resuscitato da Gesù in Giovanni 11) la quale, scappata di casa (Betania) faceva la prostituta a Magdala sul lago di Tiberiade. Ripeterà l'unzione prima della Passione provocando lo scandalo di Giuda (Giovanni 12) e sarà la prima testimone della resurrezione (Giovanni 20) assieme a Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode e a Maria madre di Giacomo il minore (Luca 24,10).
Nei capitoli precedenti s'è visto che, almeno fin qui, la reazione alle parole e ai segni di Gesù da parte dei notabili è stata piuttosto ostile (è un bestemmiatore [5,21], è indemoniato [Marco 3,22; Matteo 12,24; Giovanni 8,48], va ucciso [Giovanni 5,18;7,1], è matto [Marco 3,21]). Anche i parenti, come vedremo, cercano di intromettersi per fermarlo. Nonostante abbia intorno una grande folla e gente da ogni città Gesù non ha grande successo e qualcuno, magari tra i discepoli, forse comincia a chiedersi: Gesù ha forse sbagliato strategia? E` una domanda che nella Chiesa ricorre molto spesso, specie in tempo di persecuzione o di crisi di partecipazione. La parabola del seminatore risponde a questa domanda che è anche nostra.
La parola è paragonata al seme perché il seme produce secondo la sua specie. E l'uomo, che a differenza degli animali non è di nessuna specie, assume la specie della parola cui dà ascolto. Questa affermazione si applica all'ascolto della Parola di Dio ma si applica, purtroppo, anche all'ascolto della parola del Maligno. Il mondo va così male perché è governato dalla menzogna, a tutti i livelli.
Dio è Parola perché comunica tutto se stesso senza lasciare nulla di nascosto: ha fatto così in Gesù Cristo. Il seminatore dunque rappresenta Gesù che comunica se stesso, cioè la sua identità di Figlio uguale al Padre. Questa comunicazione di sé è rappresentata dal seme.
Noi gente moderna abbiamo l'impressione che ci venga presentato un agricoltore particolarmente distratto e superficiale. Le cose stanno diversamente: anticamente prima si seminava e poi si passava con l'aratro a chiodo che rivoltava le zolle e proteggeva i semi dalle piogge. Prima dell'aratura il terreno appariva uguale anche dove sotto c'erano dei sassi o dei semi di rovo. Fuori di metafora Gesù intende dire che lui annuncia la Parola a tutti, senza selezionare prima il proprio uditorio. Questa scelta è perfettamente logica, anche se inusuale nelle nostre relazioni: se pretendessimo di parlare solo quando sappiamo in anticipo che il nostro discorso sarà accettato allora non parleremmo più e, soprattutto, non potremmo mai comunicare nulla di nuovo o originale.
La terra raffigura l'uomo, che infatti è terra (Adamo). Se la Parola è ascoltata con superficialità, assieme a molte altre parole sentite nella giornata allora viene distrutta: calpestata o mangiata. Normalmente questo è il modo in cui ascoltiamo le cose che non ci interessano (le raccomandazioni, la pubblicità, gli insegnanti... secondo la nostra esperienza). E anche una parte della Parola di Gesù passa e scivola via in questo modo. Ma Gesù la offre ugualmente e ci insegna a fare altrettanto.
I sassi conservano sotto di essi un po' di umidità e trattengono il calore per cui il seme, inizialmente, germoglia. Ma tra le pietre la terra è poca e le radici non possono affondare nel terreno. Dopo un po' acqua e nutrimento vengono a mancare e la pianta muore. Se non ci sono le pietre ci pensano le spine a soffocare la parola negli ascoltatori.
Fin qui la parabola descrive una situazione comune nel mondo agricolo di due millenni fa: l'umanità non vive nell'abbondanza. Sembra che a questo seminatore le cose vadano sempre male: il suo seme o non attecchisce o secca o è soffocato. La parabola descrive dettagliatamente le difficoltà perché queste sono quelle che noi notiamo più facilmente nella nostra esperienza: il po' di bene che riusciamo a fare ci riesce sempre malamente, con grandi fatiche e tutto sembra opporsi. Eppure questo seminatore semina ugualmente: sembra sia comunque convinto che dal campo possa comunque ricavare di che vivere. In base alla sua esperienza sa che a suo tempo arriverà comunque il risultato.
A questo punto la parabola passa dall'ordinario allo straordinario: infatti ogni chicco che dà frutto rende cento volte tanto, cioè cento chicchi. Per valutare questo numero occorre sapere che la resa del tempo andava da un minimo di 7 a un massimo di 12-15 chicchi per uno e che così è stato, senza variazioni apprezzabili, fino all'inizio del XX secolo. Solo con l'intuizione di selezionare i semi è cambiato qualcosa. In Italia oggi, duemila anni dopo, si viaggia tra i 20 e i 50 chicchi per uno. Con questo finale a sorpresa Gesù afferma che il chicco, la Parola di Dio che è seminata, renderà oltre ogni previsione, nonostante tutti gli ostacoli. L'uomo, afferma questa parabola, è terra buona. Dio ha fiducia che questa terra risponderà. Quella stessa terra che fino ad ora sembra lo rifiuti.
Il tempo è galantuomo, dice il proverbio: il bene ha la caratteristica di essere lento mentre il male è rapidissimo. Se però il bene non prevalesse il mondo sarebbe già finito da tempo. Il senso della parabola è dunque l'assoluta fiducia di Dio nel successo: io edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa (Matteo 16,18).