67Zaccaria, suo padre, fu colmato di Spirito Santo e profetò dicendo:
68«Benedetto il Signore, Dio d'Israele,
perché ha visitato e redento il suo popolo,
69e ha suscitato per noi un Salvatore potente
nella casa di Davide, suo servo,
70come aveva detto
per bocca dei suoi santi profeti d'un tempo:
71salvezza dai nostri nemici,
e dalle mani di quanti ci odiano.
72Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri
e si è ricordato della sua santa alleanza,
73del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre,
di concederci, 74liberati dalle mani dei nemici,
di servirlo senza timore, 75in santità e giustizia
al suo cospetto, per tutti i nostri giorni.
76E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo
perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade,
77per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza
nella remissione dei suoi peccati.
78Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio,
ci visiterà un sole che sorge dall'alto,
79per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre
e nell'ombra di morte,
e dirigere i nostri passi
sulla via della pace».
80Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.
Il tema Zaccaria ci offre un esempio di profezia e di preghiera di lode secondo lo stile della Scrittura. Il profeta non è un indovino ma colui che riferisce ciò che Dio è e che loda Dio per come egli è.
Il Benedictus è il canto del mattino, della vita che nasce ed è infatti usato nella Liturgia delle lodi. Con questo canto si afferma che ogni giorno è una nuova possibilità che ci è offerta di riconoscere Dio Padre che ci promette salvezza. Il Magnificat si caratterizza invece come il canto della sera, il canto della beatitudine perché la promessa si è realizzata.
E` un canto di lode a Dio, non perché Dio ne abbia bisogno ma perché lodare Dio è la salvezza dell'uomo.
Zaccaria benedice Dio perché ha visitato e perché visiterà il suo popolo. Tutto questo davanti a un bambino di 8 giorni che, sappiamo dai passi precedenti, rappresenta il distillato dell'attesa, della giustizia, della speranza di riscatto di Israele. Tutti i versetti richiamano infatti promesse precise dell'Antico Testamento. Il Benedictus è tutto un concentrato di citazioni bibliche su cui esprimere la lode a Dio [1].
Il canto è diviso in due parti. Nella prima (68-75) Zaccaria benedice Dio prescindendo dal figlio che gli è donato. Nella seconda (76-79) passa a definire il motivo della lode: cosa rappresenta il nuovo nato.
Zaccaria ha ora lo stesso Spirito di Maria, è colmo di Spirito di Dio, lo stesso spirito figliale che sarà in Gesù e per questo profetizza.
E` necessaria una breve spiegazione del termine profezia usato al v. 67. La divinazione era proibita in Israele e quindi la profezia biblica non consisteva nell'indovinare il futuro strappandolo alla mente di Dio. La profezia in Israele consisteva nella capacità di leggere il tempo presente con lo sguardo di Dio, nel comprendere gli avvenimenti come il luogo dove si realizza la promessa di Dio. Per i cristiani la profezia è diventata addirittura il ricordo di ciò che è avvenuto a Gesù continuamente riconsiderato per comprendere ciò che capita a noi come singoli, come Chiesa e come umanità: "lo Spirito...vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto" (Giovanni 14,26). Dunque la nostra profezia è esattamente il contrario di una predizione: è testimonianza nel presente degli avvenimenti circa Gesù Cristo (come troviamo dichiarato in Luca 1,1). La profezia in senso cristiano è dunque la buona notizia che Dio non è invidioso ma è Padre e che noi siamo fratelli di Gesù crocifisso come tutti i poveri cristi di questo mondo.
La profezia cristiana spazia nel presente e nel futuro per mostrare questa realtà perenne e non per indovinare quello che non esiste ancora.
Non bisogna credere a chi dichiara di predire il futuro innanzi tutto perché siamo avvertiti ("sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno segni e prodigi per ingannare", Marco 13,22) e poi per una infinità di motivazioni ragionevoli che la storia e anche l'attualità ci suggeriscono.
Zaccaria non ringrazia Dio per il figlio ma benedice Dio che dona, vedendo Dio nel dono ricevuto. Il dono del figlio lo porta a meglio comprendere che Dio è amore verso di lui ed è con lui. Essere contenti di Dio è la nostra salvezza, significa amarlo, gioire di come è, identificarsi con lui. Nella lode diventiamo come Dio che di ogni cosa, nella creazione, disse che "era bello".
Purtroppo la preghiera di lode è quella più dimenticata. Passiamo il tempo a commiserarci, a piangere su di noi, a chiedere cose. Più che una benedizione è un po' una maledizione. Imparare a memoria questo e altri canti può essere un buon inizio per imparare a pregare bene.
Leggiamo in un commento rabbinico che Israele, arrivato nella Terra Promessa, il primo giorno non aprì bocca per lo stupore. Il secondo giorno disse: "Come è buono Dio" e tacque. Il terzo: "Come è buono Dio che ci ha dato la Terra". Il quarto: "Quant'è bella la Terra che ci ha dato Dio". Il quinto: "Quant'è bella la Terra" e basta. Il sesto giorno arraffò la terra e uccise i fratelli finendo così in esilio.
Questo è fare dei doni di Dio dei feticci, degli idoli in nome dei quali ci facciamo la guerra.
La preghiera di lode ci salva dal feticismo: in fondo quel che ci interessa non è Dio ma che le cose vadano bene. La questione è che - presto o tardi - la vita terrena finisce e tutto quello al quale eravamo attaccati sparisce. Quello che ci resterà sarà la preghiera di lode a Dio per come egli è, se l'avremo coltivata nel frattempo.
I martiri hanno lodato Dio fino alla fine e il Salmo 21, "Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato" (Matteo 27,46), continua chiamando Dio "lode di Israele" (versetto 4).
Le altre forme di preghiera (intercessione, supplica, ringraziamento) pur importanti, vengono comunque dopo. Il vertice è la lode. Il resto è funzionale a questo: ogni rivolgersi a Dio, in fondo, significa riconoscere che Dio è l'unico che ci può aiutare. Ma occorre imparare a spostare la nostra attenzione dai beni al benefattore. Altrimenti, nella sventura, faremo come la moglie di Giobbe che suggerisce al marito di maledire Dio (Giobbe 2,9) per i malanni che patisce.
Il contrario della lode è l'invidia la quale - oltre a rodere il fegato - distrugge il creato perché impedisce di gioire del bene e dunque di Dio come massimo bene. Noi tendiamo a notare le mancanze ma in questo modo non c'è limite alla critica - e alla tristezza - perché tutto è limitato e tutti noi siamo limitati. Coltivare lo "spirito di lode" mi permette di essere contento di quello che ho e soprattutto di Dio, che è infinito. Posso dunque essere contento all'infinito. Il peccato originale è stato causato dal fatto che il serpente ha fatto notare all'uomo ciò che gli mancava in modo che guardasse con invidia a Dio che invece ha tutto. Ma Dio, che ha tutto, dona tutto. Questa è la considerazione da opporre alla prima. "Mangiare di ogni albero e non di quello del bene e del male" significa vivere il proprio limite di figlio come il luogo della comunione con il Padre.
Il Dio che lodiamo non è un'entità indistinta. E` il Dio d'Israele che ha creato il mondo, condotto il suo popolo e promesso il Messia. Lo si benedice perché ci visita sempre (vv. 68 e 78). E` sempre con noi dalla creazione.
Il fatto che Dio guardi giù diventa per noi la libertà, la redenzione, il riscatto dalle false immagini che ci facciamo continuamente di lui, quindi di noi e infine degli altri.
La salvezza viene dalla casa di Davide, la tribù cui appartiene il Messia secondo le profezie, ed è quella annunciata dai veri profeti, quelli che ammonivano il popolo a cambiare strada, non dai profeti falsi e conniventi col potere che giustificano le ingiustizie.
La comprensione del versetto 71, "salvezza dai nostri nemici, e dalle mani di quanti ci odiano" ci richiede uno sforzo di fede particolare. Dio non ha nemici, solo figli. Non può essere che Dio favorisca alcuni a scapito di altri. Dunque la nostra salvezza è arrivare a considerarci figli di Dio e dunque già salvi e fratelli di tutti. Dal peccato di Adamo il nostro primo nemico è un dio minuscolo, nella falsa immagine che ne abbiamo accettato e che dobbiamo rifiutare. Da un dio considerato cattivo derivano una natura matrigna e una umanità fatta di nemici. La salvezza consiste dunque nel conoscere e lodare il Dio che non ci è nemico ma è amico e che ci ama e non ci odia. L'ultimo nemico a essere vinto sarà la paura della morte (1Corinti 15,26) che è ancora frutto della nostra non-fiducia in Dio. Nell'illusione di sfuggire alla morte siamo nemici del creato e gli uni degli altri. Come singoli, come Chiesa e come Sinagoga dobbiamo ammettere che c'è ancora parecchio cammino da fare.
I successivi versetti 74-75 spiegano le conseguenze di questo essere liberati: "servirlo ... per tutti i nostri giorni". Dio ha sempre rinnovato la sua alleanza con Israele fino a quando - col sangue di Gesù - stabilirà la "nuova ed eterna alleanza". E` eterna perché non può più essere rotta: anche se lo uccidiamo lui dà la vita per noi. L'alleanza qui è chiamata giuramento, che è un atto unilaterale, un impegno che Dio si prende, senza contraccambio, verso di noi.
Poi Zaccaria si rivolge direttamente al bambino delineandone le caratteristiche.
Il Battista andrà innanzi al Signore come leggiamo in Malachia 3,1 a preparargli la strada (Isaia 40,3; è il canto di consolazione per Israele schiavo a Babilonia). Questa strada è sempre, come allora, la via del ritorno alla libertà. Il Battista darà al suo popolo la conoscenza della salvezza (Geremia 31, 31-34 dove Dio promette una nuova alleanza essendo infrante le precedenti) perché Dio perdonerà i suoi peccati.
Giovanni ci chiamerà a riconoscere il nostro male per poterne uscire e nel perdono conoscere chi è Dio: Dio è colui che rimette i peccati e dà uno spirito nuovo.
Tutto questo avverrà nell'attesa di Gesù, il giorno nuovo, il sole che sorge, alla cui luce i nostri passi potranno intraprendere il cammino verso la via della pace.
Giovanni viene preparato nel deserto, come lo fu il popolo uscito dall'Egitto, il luogo dell'assenza di tutto e dell'abbandono in Dio solo.
[1] Il cantico, secondo J. Carmignac, contiene anche giochi di parole che supportano l'ipotesi che il testo originale fosse in ebraico. Ad esempio "ha concesso misericordia" è "hanan", radice di Yohanan (Giovanni); "ricordarsi" è "zakar", radice di Zakaryah (Zaccaria); "giuramento" è "shaba", radice di "Elishaba'at" (Elisabetta).