«25Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, 26mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. 27Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande. 28Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».
Il tema Gesù fa una carrellata dei mali che pervadono l'umanità, che in gran parte sono frutto del cattivo rapporto con Dio. L'umanità non ha fiducia in Dio e perciò si comporta male. Ma Gesù rassicura: quando tutto sembra perduto il Figlio dell'Uomo è con voi.
Abbiamo visto che Gesù, parlando del fine del mondo, racconta di calamità, guerre, ingiustizie e le presenta come fatti quotidiani, diretta conseguenza del peccato originale: l'uomo non crede a Dio, ne ha una immagine negativa, lo crede un oppressore prepotente, quindi, coerentemente, cerca di sopravvivere con la la violenza, l'ingiustizia, l'oppressione.
La storia umana è dunque una storia di violenza che, all'origine, non c'era. Ma l'uomo è violento perché è stato convinto dall'Ingannatore che Dio lo sia mentre in realtà è il contrario. Combattere questa lotta quotidiana contro la nostra stupidità, la menzogna, l'insensatezza, il "così fan tutti" significa "portare la propria croce ogni giorno" (Luca 14,27) al fine di vivere una vita degna, da uomini, da figli.
Il testo che stiamo leggendo è, per certi versi, il più bello e importante della Bibbia: descrive l'incontro con lo Sposo. Queste parole di Gesù sono oppure non sono spaventose secondo l'immagine che noi abbiamo già di Dio. Se pensiamo a Dio come al ladro che viene a rubarci la vita allora ne siamo terrorizzati. Se pensiamo a Dio come allo Sposo di tutti noi allora l'incontro è la realizzazione dell'attesa di tutta la vita. Il discorso di Gesù, così interpretato, acquista un sapore molto migliore di quanto ci viene trasmesso ad es. dai vari "Dies Irae" che la tradizione musicale ci tramanda oppure dalle tante rappresentazioni del Giudizio Universale.
Salieri scrive la partitura del Requiem sotto dettatura di Mozart nel film Amadeus. Musica bellissima ma che è purtroppo figlia di una cattiva immagine di Dio.
La nostra fine è il nostro principio, è il dies natalis, è il viaggio verso casa. Questo è quel che ci suggerisce la Bibbia in edizione ebraica terminando col Cantico dei Cantici. Questo è quel che esprime l'edizione cristiana terminando con i capitoli 21 e 22 dell'Apocalisse che parlano delle nozze tra Dio e l'umanità: Sì vengo presto (Apocalisse 22,20).
Questo messaggio è anche quello che ascoltiamo (ma potremmo recitarlo, almeno a bassa voce) nella S.Messa subito dopo il Padre Nostro: "... con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo". Noi attendiamo la beata speranza dell'incontro con il Signore.
Questo testo di Luca ebbe una prima realizzazione nella croce di Gesù: infatti alla morte di Gesù il sole "si eclissò e si fece buio su tutta la terra" (Luca 23,44), "la terra si scosse, le rocce si spezzarono" (Matteo 27,51). Dunque la fine del mondo è già avvenuta in Cristo: questa è la nostra fede. Questo stesso testo significa anche che ciascuno di noi, con tutto il genere umano, è accomunato al destino di Gesù: questa è la nostra speranza. Questo parto che procede si concluderà alla fine ma avviene anche continuamente ogni giorno: in ogni giorno siamo chiamati a vincere il male con il bene.
Il testo è costruito come una partitura in contrappunto, con il contrasto fra il tutto che crolla e la venuta del Figlio dell'uomo, che porta la liberazione. Tutto il testo è sostenuto dall' alzatevi e levate il capo finale perché la libertà dalla paura è il prerequisito per una vita libera. L'autore della Lettera agli Ebrei esprime bene le conseguenze della paura della morte:
Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne,
anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe,
per ridurre all’impotenza mediante la morte
colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo,
e liberare così quelli che, per timore della morte,
erano soggetti a schiavitù per tutta la vita.
Notiamo che non viene detto che i segni nel sole, nella luna e nelle stelle si verificheranno dopo le calamità, guerre, ingiustizie ma, semplicemente che avverranno, insieme, sia queste cose sia quelle, senza un prima e un dopo e senza che ci sia un rapporto causa-effetto. Noi immaginiamo la fine del mondo come un singolo avvenimento - in genere catastrofico - ben distinto dal corso ordinario degli eventi. Invece qui Gesù spiega che nel normale corso della storia avverranno tutte queste cose insieme. Il sole, la luna e le stelle scandiscono il tempo (i giorni, i mesi, gli anni) e il loro sconvolgimento rappresenta una vita in cui sembra non ci siano più futuro, obiettivi, speranze: una vita di angoscia. Queste frasi descrivono una sorta di de-creazione (il contrario della creazione che passa dal caos a un sistema ordinato) causata dal male operato dall'uomo.
Esiste un filone cinematografico molto ben remunerato che, avvalendosi di effetti speciali sempre più sofisticati e spettacolari, descrive il mondo che finisce o si disgrega. Queste rappresentazioni, evidentemente, vanno incontro alla sensazione diffusa che il mondo e la nostra vita personale debbano muoversi verso un destino tragico, descrivono un mondo di popoli in ansia (o, tradotto meglio: "senza scampo"). L'arte, insomma, non fa che rappresentare visivamente la sensazione di non-futuro che pervade l'umanità, che si sente come d'autunno sugli alberi le foglie.
Ricordate la fine del mondo nel 2012 che si spacciava per profetizzata dai Maya?
In ogni tempo vi sono poi fenomeni interpretati come "fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo" e che in realtà sono solo eventi naturali che non sono (ancora) stati spiegati, come erano ad es. un tempo le comete o le stelle cadenti. Le potenze dei cieli è una espressione che si riferisce a Dio. Ancora una volta questo testo anticipa quanto accadrà fra due giorni sul calvario: il Dio giudice, il Dio padrone dell'universo viene giudicato e viene ucciso. Crolla tutta una visione del cosmo. Crolla ogni certezza.
In questo stesso tempo, ossia nel mentre che accadono queste cose (ossia guerre, rivoluzioni, terremoti, carestie e pestilenze, assieme ai segni nel sole, nella luna e nelle stelle, assieme al fragore del mare e dei flutti), sarà possibile vedere il Figlio dell’uomo venire. Già sulla croce, nel momento più buio, si è manifestato Dio. L'espressione "figlio dell'uomo" (Daniele 7) fa riferimento al giudice supremo della storia ed è l'unico appellativo che Gesù applica a se stesso. "Figlio dell'uomo" è una espressione al tempo stesso vaga e precisissima: significa semplicemente uomo, ma anche profeta, Dio. Gesù realizza il suo essere figlio dell'uomo proprio sulla croce, nel momento in cui è considerato da tutti il non-uomo. Noi ci aspettiamo sempre di vedere Dio dappertutto tranne che nella croce e invece è proprio nella croce, il massimo male prodotto dalle nostre paure, l'unico luogo in cui possiamo contemplare Dio. Nel vangelo di Luca l'espressione "Figlio dell'uomo" compare ben 25 volte e fornisce un autoritratto di Gesù: il figlio dell'uomo è colui che perdona i peccati (5,24), il signore del sabato (6,5), colui che mangia con noi peccatori (7,34), colui che dovrà molto soffrire per mano di noi uomini (9,22) cui non rifiuta di consegnarsi (9,44; 24,7). Il "figlio dell'uomo" è colui che non ha dove posare il capo (9,58), colui che, come Giona, sarà segno per questa generazione (11,30), colui che compie le scritture (18,31), colui che è venuto a salvare ciò che era perduto (19,10), che viene su una nube (qui, 21,27) e che siede alla destra della potenza di Dio (22,69)
Per descrivere questa gloria di Dio che si manifesta sulla croce Gesù richiama l'immagine della nube, per gli Ebrei estremamente evocativa. Questa parola ricorda infatti l'Esodo con la nube oscura per chi inseguiva e luminosa per chi andava verso la libertà. Questa parola a noi cristiani ricorda la trasfigurazione: la nube è quel velo che Dio usa per manifestarsi. Ebbene sulla croce si manifesterà Dio con potenza e gloria grande quando il sole si oscurerà. Dio si manifesta come testimone dell'amore e della misericordia in tutte le situazioni "oscure" ossia i mali naturali (cataclismi, pestilenze, ...) e quelli provocati dall'uomo (guerre, persecuzioni, ...). Quando accadono queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.
In ogni occasione si può scegliere di vivere temendo il male (e allora lo realizziamo, cercando inutilmente di proteggerci) oppure sperando il bene, pur nelle situazioni di male, e dunque cercando di realizzare il bene comunque. E` quindi in questo mondo che si costruisce la liberazione, non in un ipotetico mondo futuro.