12Mentre Gesù si trovava in una città, ecco, un uomo coperto di lebbra lo vide e gli si gettò dinanzi, pregandolo: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi». 13Gesù tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio, sii purificato!». E immediatamente la lebbra scomparve da lui. 14Gli ordinò di non dirlo a nessuno: «Va' invece a mostrarti al sacerdote e fa' l'offerta per la tua purificazione, come Mosè ha prescritto, a testimonianza per loro». 15Di lui si parlava sempre di più, e folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro malattie. 16Ma egli si ritirava in luoghi deserti a pregare.
Il tema La lebbra è allegoria crudamente realistica della condizione umana. Dalla sua posizione di destinato al nulla l'uomo che non si rassegna può comprendere che Dio è lì per lui. Questo episodio insegna a desiderare la vita.
La lebbra è la materializzazione della morte nel corpo che infatti comincia a disfarsi: è una metafora dell'esistenza umana, destinata al nulla e bisognosa di una salvezza completa: quello qui raccontato è dunque un segno di salvezza globale, come una resurrezione.
Questo brano sembra anche suggerire la trasgressione come chiave per andare verso la salvezza. Il testo contiene infatti ben tre violazioni della legge: il lebbroso è in città mentre dovrebbe vivere fuori e isolato; il lebbroso va incontro a Gesù mentre dovrebbe stare a distanza e gridare "immondo! immondo!" (Levitico 13,45) per allontanarlo; Gesù lo tocca mentre, per ovvie ragioni igieniche, non dovrebbe assolutamente.
Come prescritto in Levitico 13, l'unica legge che un lebbroso è chiamato a rispettare è la legge dell'esclusione: è escluso da tutto e non può (e non deve) partecipare al culto. Il lebbroso è quindi una sorta di cadavere ambulante.
Con grande contrasto viene descritto l'incontro di Gesù, pieno di Spirito di vita con quest'uomo coperto di lebbra di morte. E l'azione di Gesù introduce le polemiche sulla legge che saranno raccontate nei brani successivi. La condizione del lebbroso evidenzia come la legge sia utile per identificare il male ma non sia in grado di dare la vita e di salvare.
Il dott. Marcello Candia con i lebbrosi, presso l'ospedale S.Camillo e S. Luigi da lui costruito negli anni 1960-1972 (fonte).
Questo lebbroso rappresenta il tipo di uomo che non si rassegna a vivere nell'attesa della fine: va in città, trasgredendo le prescrizioni, vede Gesù e lo prega. Chi prega (parola con la stessa radice di precario) è cosciente della propria perdizione. Anche se ci sembra strano è proprio in questa situazione che possiamo vedere Dio che salva, molto più che contemplando un cielo azzurro. Questo lebbroso non è rassegnato: ha ancora il desiderio di vita ed è una lezione per noi: non bisogna rinunciare a desiderare la felicità.
Quando non si desidera più nulla si è morti. Sebbene il solo desiderio non crei il suo oggetto, quando questo non esiste, il desiderio è l'unica strada per ricevere quanto si cerca, se esiste. Avere grandi e importanti desideri è necessario: "Convive benissimo l'umiltà con i grandi desideri" (S. Teresa d'Avila). Nella nostra epoca sembra purtroppo che si sia abbassato il tiro: "basta la salute". Occorre osare di più, anche perché la salute prima o poi la perderemo comunque. Questo brano ci mette in guardia anche da certa ascesi dell'annullamento di sé (secondo lo stile orientale) che nulla ha a che vedere con la semplicità di vita di chi ha trovato la perla preziosa nel Signore.
E` proprio della natura umana "trasgredire" (cioè andare oltre): l'uomo, diversamente dall'animale, è cosciente del proprio limite e desidera superarlo. La nostra esistenza è guidata dalla cultura, non dalla natura, e la cultura ha lo scopo di andare oltre il limite attuale.
Il lebbroso prega dicendo "Se vuoi", mostrandoci che la salvezza non la possiamo pretendere ma solo chiedere e accettare come dono. Anche nelle nostre relazioni interpersonali l'atteggiamento non può essere di pretesa che non rispetta la libertà altrui.
Nell'espressione "Gesù tese la mano" si richiama la potenza di Dio che con mano tesa salva Israele dai nemici. Il potere di Dio serve per toccare il lebbroso, per toccare noi, i nostri limiti, il nostro peccato, che è il luogo dove noi invece ci attendiamo d'essere giudicati, condannati e infine schiacciati. Toccare è sempre un gesto reciproco: posso vedere senza essere visto ma ci si tocca sempre tra due. Schiacciare o colpire invece non è reciproco... Questa reciprocità fa del tatto un senso importante, anche nella sua forma figurata: essere toccati da un fatto, da una notizia. Gesù viene a toccare il male, a valicare il limite dell'esclusione cambiando questa in comunione. Se la legge aveva potuto solo fare una diagnosi, Gesù ha la terapia.
La salvezza arriva quando il nostro desiderio incontra quello di Dio, quando il nostro desiderio non viene spento dallo scoraggiamento: "non sono degno" (si veda invece la reazione di Pietro in Luca 5,8).
L'ordine di non dirlo a nessuno e di andar via mostra, come in altri casi, che Gesù non vuole pubblicità e non vuole nemmeno creare una dipendenza da sé in quest'uomo: è stato liberato, viva dunque da libero. Gesù non cerca gratitudine.
Il brano inizia in città e finisce nel deserto. Il lebbroso ora è in città e Gesù finisce nel deserto, quasi a significare che la lebbra si è spostata su Gesù che porta il male del mondo. In Isaia 53 il servo di Jahvè è descritto con i tratti di un lebbroso.
Questo segno operato da Gesù serve per liberare in noi i grandi desideri che non osiamo manifestare: anche se sono lebbroso, escluso, delinquente Dio esiste per venirmi incontro e toccarmi. Per contrasto in Giovanni 5,2-9a troviamo un paralitico da 38 anni che non si sa bene se vuol guarire e sembra quasi che voglia continuare a convivere con la sua vita di elemosina. Possiamo conoscere Dio solo nel nostro peccato e nel nostro limite. Innanzitutto perché questa è la nostra reale condizione e dunque non possiamo far altro che incontrarlo nella nostra verità. In secondo luogo se crediamo di incontrarlo nel nostro merito in realtà non incontriamo Dio ma un nostro idolo, uno come noi che sceglie i migliori e scarta gli altri.
Dio s'è servito del male per rivelare il suo bene, grande mistero ma anche grande realtà. Questo tema è ricorrente in Luca che si rivolge a persone già credenti che tendono a diventare "farisei" che si autogiustificano.