5Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccaria, della classe di Abia, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisabetta. 6Ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. 7Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni. 8Avvenne che, mentre Zaccaria svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, 9gli toccò in sorte, secondo l'usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel tempio del Signore per fare l'offerta dell'incenso. 10Fuori, tutta l'assemblea del popolo stava pregando nell'ora dell'incenso.
Il tema Per quanto ci sforziamo, con la nostra giustizia, non salviamo né noi né il mondo. Solo Dio salva il mondo, come ha promesso già nell'Antico Testamento, rispettando la nostra libertà e sfruttando anche il male che tutti commettiamo.
Luca si rivolge a cristiani che vengono dal paganesimo e che dunque non conoscono la storia biblica di Israele. Di conseguenza in questi primi due capitoli egli si preoccupa di mostrare con quali metodi Dio agisce nella storia e di mettere in evidenza il fatto che la storia non è sotto il segno dell'Erode di turno.
Questi racconti da un lato non vanno considerati semplice cronaca e dall'altro non sono leggenda nel senso di racconto inventato, scritto per mostrare delle verità. Si tratta di racconti tipologici: si racconta una storia effettivamente avvenuta che, in più, viene caratterizzata evidenziando luoghi e personaggi come dei tipi rappresentativi in cui possiamo riconoscere la storia di Israele. Molta parte della Bibbia è scritta così.
Gesù è la realizzazione, ovviamente secondo i cristiani, della promessa che è stata fatta a Israele. Dunque, se vogliamo capire chi è Gesù, dobbiamo cercare prima di comprendere cosa sia l'Ebraismo. Se non seguiamo questo ordine facciamo un uso improprio del testo che stiamo leggendo e tagliamo le radici del cristianesimo, radici che si trovano nell'Antico Testamento, come spiega S. Paolo in Romani 11,18: "ricordati che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te". Se non partiamo dalla Promessa fatta a Israele otteniamo un Gesù che è l'attaccapanni delle nostre idee e non il vero Gesù storico uscito dalla radice che si chiama Israele.
Nel racconto troviamo sei nomi propri che ci dimostrano come Dio agisca nella storia concreta, in un tempo preciso, su persone definite, in luoghi determinati. Portando l'attenzione su personaggi e luoghi che altrimenti sarebbero ignoti si mostra anche che Dio opera in chiunque egli trovi ben disposto: non esistono prescelti e predestinati dalla sorte o caste di privilegiati.
E` questa una caratteristica propria, se non unica, del cristianesimo e dell'ebraismo, una caratteristica che li differenzia da qualsiasi altra religione. Per questa ragione dobbiamo sempre riferire le vicende della Bibbia a noi stessi che le leggiamo, perché si tratta di eventi che sono accaduti a persone come noi, per la salvezza di ciascuno di noi e che possono accadere anche a noi. Coerentemente con lo stile del racconto tutti i nomi hanno un significato.
La storia della salvezza coincide con la storia, per così dire, ordinaria. Quindi questi nostri tempi, che noi pensiamo sempre siano i peggiori che ci possano essere, fanno parte della storia della salvezza. E perfino Erode collabora alla salvezza, come vedremo al cap. 2. Da questo siamo incoraggiati a non lamentarci del tempo presente aspettando tempi migliori: la salvezza è ora, qui, in questa storia. Tutti i fatti, quelli buoni, quelli meno buoni e anche quelli cattivi, concorrono alla salvezza. Dio infatti ha il massimo rispetto della nostra libertà ma... anche lui è libero, e con i nostri "pezzi", forgiati più o meno bene, costruisce la nostra salvezza. Durante la Passione conosceremo un altro Erode quasi a significare che la salvezza di Dio arriva in un mondo governato da Erode e nonostante Erode. E quando ci accadesse di domandarci se, almeno qualche volta, Dio non abbia abdicato al suo ruolo (ad es. durante la Shoah) la risposta che ricaviamo dalla Scrittura è che Dio ha mantenuto lo stesso ruolo che ebbe sul Golgota e in tutti i casi in cui il giusto è stato maltrattato. Questo è il modo di agire di Dio, il quale non è un idolo, potente e affascinante. Dio poteva intervenire tagliando la testa a tutti i perversi... ma così saremmo tutti finiti... e anche lui sarebbe finito, come Dio: sarebbe Satana, non Dio.
La scena si svolge in Giudea, a Gerusalemme, nel Tempio, il luogo sacro per eccellenza per gli Ebrei. L'annuncio a Maria invece, come vedremo, avviene in Galilea, a Nazareth (circa 130 Km più a nord), in una casa, dove una giovane donna svolge la parte del Tempio, accogliendo l'Altissimo. Uno spostamento di luogo che indica come, d'ora in poi, il santuario è Dio in mezzo a noi. Storicamente il Tempio ove si svolge questo fatto è quello la cui ricostruzione, voluta da Erode stesso, era iniziata nel 17 a.C., l'epoca in cui possiamo anche collocare la nascita di Maria.
Zaccaria significa "Dio si ricorda". Zaccaria è dunque, per noi, il segno che Dio non dimentica le promesse. Se Dio si dimenticasse non sarebbe Dio, madre e padre insieme come possiamo leggere nel Salmo 27,10: "Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha raccolto", o in Isaia 49,15: "Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai" o, ancora, nel Salmo 139,13 dove il salmista loda e ringrazia Dio dicendogli: "mi hai tessuto nel grembo di mia madre".
Zaccaria è un sacerdote della classe di Abia ("Dio è Padre") a significare che il senso di tutta la storia è che noi ci ricordiamo che lui è Padre in modo da riconoscerci figli e fratelli. Questo sacerdote è sposato con Elisabetta ("Dio ha giurato''), discendente di Aronne (il fratello di Mosè). Si trattava comunque di persone modeste, non rilevanti: c'erano infatti 18.000 sacerdoti in Israele, suddivisi in 24 classi, turni di servizio settimanale per cui ogni classe serviva (per una settimana) circa ogni 6 mesi.
Tra i reperti di Qumran è stato ritrovato il calendario sacerdotale [1], il che ci permette di sapere che la classe di Abia era di turno (traducendo le date in calendario Giuliano) tra il 16 e il 23 settembre del 3 a.C. (due sabati), coerentemente con la tradizione orientale che colloca la festa del concepimento di Giovanni Battista al 23 settembre. Tra i numerosi sacerdoti della sua classe quella volta toccò in sorte a Zaccaria di entrare, da solo, nel Santo dei Santi a offrire l'incenso.
Ambedue erano giusti. Il giusto è colui che crede che Dio mantiene le sue promesse [2] ("Abramo credette a Dio e ciò gli fu imputato a giustizia" come scritto in Genesi 15,6, citato in 1Maccabei 2,52 e in Romani 4,3). L'ingiustizia maggiore che possiamo fare nei confronti di Dio è di non considerarlo Padre che dà la vita, come accade frequentemente anche nel rapporto genitori - figli. Dunque la giustizia radicale è la fede, non nel senso di convinzione teorica ma come fiducia operativa: io sono giusto se mi fido che Dio vuole che io viva e perciò seguo i suoi precetti perché essi mi fanno vivere (cfr. Salmo 1).
Elisabetta e Zaccaria non avevano figli. Non è detto che chi è giusto sia anche fortunato nella vita terrena. Basti pensare a Gesù Cristo... o a Dio stesso, che l'umanità non riconosce, a cominciare da Adamo che gli si nasconde. L'idea che la "fortuna" in questa vita sia collegata con la nostra giustizia è messa in crisi già nel libro di Giobbe, il quale chiede a Dio il motivo delle sue disgrazie nonostante la propria giustizia irreprensibile. Anche il Salmo 72-73 smentisce la connessione giustizia-successo: "ho invidiato i prepotenti, vedendo il successo dei malvagi". Infine i profeti, oltre a sgridare i re e il popolo (Isaia 50,1: "è per la vostra iniquità che siete stati venduti"), proclamano la promessa del Giusto che ci libererà portando l'iniquità di tutti, soffrendo di persona.
La sterilità di Elisabetta non è una eccezione: le matriarche della Bibbia sono infatti tutte sterili: Abramo e Sara (Genesi 18,11), Isacco e Rebecca (Genesi 25, 21), la madre di Sansone (Giudici 13, 2; dai giudici deriveranno i re d'Israele), la madre di Samuele (1Samuele 1,6; il primo dei profeti). Tutti questi fatti hanno in comune una promessa di vita che si realizza solo quando si comprende che è umanamente impossibile.
Quindi già nell'Antico Testamento è ben chiaro che, nell'immediato, la giustizia di chi cammina secondo la Legge risulta sterile: non ha successo. L'Antico Testamento, in cui la promessa viene mantenuta solo dopo che le speranze umane sono esaurite, ci fa scoprire che la vita è un dono e non è produzione nostra. Il primo risultato della sterilità iniziale è quello considerarci figli: non siamo noi a produrre la vita ma la riceviamo. Il secondo risultato è di considerarci fratelli cioè tutti ugualmente figli e dunque nessuno proprietario degli altri o del mondo. Solo a questo punto la vita ha un futuro.
Impariamo dunque che la promessa di Dio passa attraverso la sterilità ossia attraverso l'attesa paziente. Come nella relazione con l'altro: lo desideri, lo attendi, lo ami, ci dialoghi ma non è nella tua disponibilità e non lo possiedi. Se voglio possedere la vita ecco che l'ho già distrutta.
Tutta la storia d'Israele viene da poveri e da matriarche sterili: lì sta la promessa di vita. La storia, come la leggiamo nei libri, è invece una sorta di apologia di reato: è scritta dal potente di turno che, dopo aver distrutto i suoi avversari, giustifica il suo operato: è una storia di violenza e di morte che continuamente si ripete. E' la storia dei Faraoni e di Erode sulla quale Dio sovrascrive la propria. Avere questa coscienza dell'opera di Dio è la salvezza del mondo. Grazie a Israele noi disponiamo di questa "versione alternativa" della storia umana, una sorta di contro-informazione...
Questo meccanismo si manifesta anche nella preghiera: all'inizio ci sentiamo appagati dai nostri buoni sentimenti. Poi, magari attraverso una fase di aridità (cioè: sterilità), scopriamo la fiducia in Dio che ama me e la preghiera diventa contemplazione e comunione.
Il Tempio (= tagliato via, separato dal resto) è il centro della vita di Israele. In tutte le culture il tempio è la congiunzione tra il tempo e l'eternità, tra la terra e il cielo. Se termina questo collegamento finisce la vita sulla terra. Dunque il tempio non è una cosa da primitivi: tutti - atei compresi - cerchiamo un centro stabile perché sappiamo nel profondo d'essere relativi: in passato non c'eravamo e in futuro non ci saremo.
Il tempio è il luogo dove l'uomo trova se stesso, cioè Dio, di cui è figlio. Il tempio organizza tutta la vita: la legge, il calendario. Senza tempio domina l'arbitrio del più prepotente, l'ingiustizia, la schiavitù. E' importante dunque avere il proprio centro ed essere inflessibili sul mantenerlo. Ma, proprio perché assoluto e fondamentale, va scelto con estrema attenzione. Un qualsiasi personaggio o una istituzione sono in realtà relativi, finiti. Se di essi facciamo il nostro centro sacrifichiamo la nostra vita e la nostra libertà a questi. L'Assoluto deve essere qualcosa che non ho mai visto e di cui sono sempre in ricerca perché questo mi rende libero di cercare ogni briciola di vita e libertà. Quel che poniamo al centro è il nostro dio. Se nella city, al posto del tempio, poniamo le banche vuol dire che abbiamo un altro dio, quello del dominio e, in definitiva, della morte. Quanta gente è oggi depressa e devastata perché ha perso il motivo per cui vivere!
Il vangelo di Luca inizia nel tempio e finirà nel tempio. Zaccaria nel tempio offre l'incenso a Dio in ringraziamento dei doni ricevuti da Israele: l'uomo bene-dice Dio perché Dio bene-fa all'uomo.
La preghiera fondamentale è di lode, ossia quella preghiera contenta che Dio sia Dio. Questo atteggiamento si verifica anche nelle nostre relazioni, quando siamo contenti che l'altro è così come è e si gioisce della sua gioia. La lode a Dio ci fa riportare ogni realtà al suo principio: si loda Dio d'ogni cosa come S. Francesco d'Assisi nel Cantico delle Creature. La lode è la forza del creato. In un commento rabbinico al celebre passo in cui Giosuè chiede al sole e alla luna di fermarsi (Giosuè 10, 12) per poter finire la battaglia e vincere, è scritto che in realtà egli disse "taci" perché cantare la gloria di Dio è la forza che fa muovere gli astri (Salmo 19). Dunque se abbiamo la capacità di lodare Dio abbiamo anche l'energia per vivere e stare coi fratelli. Altrimenti siamo solitudine e morte. Per questo la Bibbia è piena di benedizioni.
Il contrario della lode è l'invidia. La lode è il paradiso, l'invidia l'inferno.
[1] La questione è stata spiegata per esteso da Vittorio Messori in un articolo del 2003. La sequenza dei turni delle 24 classi sacerdotali è stata ricostruita dal prof. Shemarjahu Talmon dell'Università ebraica di Gerusalemme.
[2] Nel mondo animale - come ci insegna la biologia - l'istinto basta per cercare il proprio piacere accumulando più cibo e più femmine per mantenere la specie. Gli animali sono specializzati per la sopravvivenza della propria specie. Per l'uomo non è così: l'uomo è cosciente che la vita non l'ha creata lui e che non ne dispone. L'uomo non è programmato dall'istinto ma è guidato dalla promessa cui crede: la molla d'ogni nostra azione - nel bene e nel male - è sempre una promessa di felicità. Come uomini dunque dobbiamo imparare a distinguere la promessa buona dalla promessa cattiva. Dio ha promesso la vita in termini di relazione con Lui. Anche il Nemico promette la vita: ma la sua menzogna è quella di promettere agli uomini di essere padroni della vita (Genesi 3,4: "se mangiaste dell'albero si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio").
Un primo indizio che identifica la promessa cattiva è che questa viene sempre gonfiata ("l'albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile") e resa affascinante come un idolo, tutto d'oro, splendente. La promessa vera invece passa addirittura attraverso la sterilità. Ciò che è promesso non è frutto di una conquista, di un potere, di un dominio, della cattura di qualcosa. E' frutto di relazione, di attesa, di dono.
Nel risultato poi tutto diventa più chiaro: ciò che provoca odio, divisione, dominio, arroganza, litigio, ingiustizia viene da un inganno. E' la storia che studiamo, attualità compresa. Possiamo dunque scegliere di considerare la vita come un dono e quindi che da Dio veniamo e a Dio siamo diretti oppure insistere a considerarci padroni della nostra vita finendo per distruggerla, in noi e negli altri.