22Poi disse ai suoi discepoli: «Per questo io vi dico: non preoccupatevi per la vita, di quello che mangerete; né per il corpo, di quello che indosserete. 23La vita infatti vale più del cibo e il corpo più del vestito. 24Guardate i corvi: non séminano e non mietono, non hanno dispensa né granaio, eppure Dio li nutre. Quanto più degli uccelli valete voi!25Chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? 26Se non potete fare neppure così poco, perché vi preoccupate per il resto? 27Guardate come crescono i gigli: non faticano e non filano. Eppure io vi dico: neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 28Se dunque Dio veste così bene l'erba nel campo, che oggi c'è e domani si getta nel forno, quanto più farà per voi, gente di poca fede. 29E voi, non state a domandarvi che cosa mangerete e berrete, e non state in ansia: 30di tutte queste cose vanno in cerca i pagani di questo mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. 31Cercate piuttosto il suo regno, e queste cose vi saranno date in aggiunta. 32Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno. 33Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. 34Perché, dov'è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
Giglio di San Giovanni o Giglio rosso (lilium bulbiferum) è una pianta comune sulle Alpi.
Il tema L'uomo cerca giustamente la vita: le cose fondamentali della vita né si producono, né si consumano ma vanno accolte. Così l'esistenza, le persone, Dio. La strada sbagliata parte dalla convinzione che veniamo dal nulla e che andiamo verso il nulla. Siccome questa è una conclusione intollerabile per l'uomo, che è insopprimibile aspirazione alla vita, in modo del tutto illogico, si cerca di trattenere la vita per mezzo delle cose.
Gesù continua, in questi capitoli, a mostrare i due spiriti, i due lieviti che fermentano la nostra vita quotidiana: lo spirito muto, figlio della paura di non essere, e lo spirito del figlio, che manifesta la sua figliolanza con la fraternità. Nessuna nostra azione è neutra: tutte discendono da uno spirito o dall'altro, spesso anche da una commistione tra i due.
Il tema di questo brano è l'affanno, una sensazione che tutti conosciamo, specie in quest'epoca in cui l'ansia e la preoccupazione sono diffuse in tutti. Come unico animale cosciente di morire l'uomo cerca giustamente la vita. La strada sbagliata fa coincidere la vita con le cose che si accumulano, che si producono e che si consumano. Per tutto ciò che esula da questa visione tecno-economica non c'è tempo. Di qui l'affanno a produrre e consumare mentre le cose fondamentali della vita né si producono, né si consumano ma soltanto vanno accolte: l'esistenza, le persone, Dio. Il nostro modo di vivere che molti classificano come "moderno" in realtà è la strada sbagliata di sempre: infatti viene descritto anche in questo vangelo di 2.000 anni fa. Questa strada sbagliata parte dalla convinzione che veniamo dal nulla e che andiamo verso il nulla. E' una conclusione intollerabile per l'uomo, che è insopprimibile aspirazione alla vita. Dunque, in modo del tutto illogico, secondo questa strada, si cerca di trattenere la vita per mezzo delle cose.
Perfino i bambini oggi, poverini, hanno la vita così amministrata, tra educatori, animatori, tutori, allenatori, intrattenitori (la tv e internet innanzitutto) al punto che anche loro vivono nell'ansia di "cosa fare dopo" e hanno perso la creatività spontanea del gioco, della passione per le cose, dello stare insieme gratuito.
Il brano inizia con l'imperativo: non preoccupatevi: questo comando svela innanzitutto che la pre-occupazione, ossia l'ansia che ci impedisce di occuparci delle cose importanti, è la malattia spirituale più diffusa nell'umanità. Infatti la gran parte delle nostre preoccupazioni riguarda fatti sui quali non abbiamo la possibilità di incidere - né per produrli né per evitarli - dunque perché stare in ansia?
Il comando è rivolto ai discepoli e non a scribi e farisei, segno che questo male spirituale coinvolge tutti, credenti e non credenti: ogni uomo è pervaso dalla preoccupazione, dall'angustia, dal senso di soffocamento e dalla paura di morire. E ogni uomo cerca una strada per sopravvivere. La strada giusta è capire che non si è destinati alla morte, non si è figli di nessuno (ossia del caso o dell'evoluzione biologica) ma si è figli di Dio.
L'ansia principale è mangiare che, in senso lato, significa assorbire e consumare, oltre al cibo, la cultura, il prestigio, il potere. Significa anche considerare le persone in modo strumentale per quello che possono fornirci (in servizi, amicizia, amore). L'industria della moda è il ritratto fedele dell'ansia per quello che indosserete: somme di denaro enormi e tantissime persone sono impiegate a pensare, produrre, vendere, acquistare e perfino smaltire oggetti destinati a coprire la nostra nudità interiore. Invece nella Genesi leggiamo che, appena creati, Adamo ed Eva erano nudi e non provavano vergogna (Genesi 2,25) perché loro vestito era l'essere immagine di Dio. La relazione originaria con Dio faceva sì che accettassero senza imbarazzo di essere quel che erano, creature figlie di Dio. Rotta la relazione con Dio non si accettarono più per quel che erano e intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture (Genesi 3,7): in questo modo gli uomini hanno cominciato a nascondersi gli uni agli altri, a cercare di dare una immagine diversa di sé, a nascondere le proprie vergogne come si dice argutamente in modo popolare. Dio diede ad Adamo ed Eva due tuniche di pelli (3,21) anticipazione delle vesti che Gesù deporrà simbolicamente nella Lavanda dei Piedi (Giovanni 13,4.12) e che saranno prese dai suoi carnefici (Luca 23,34) ai piedi della croce.
L'ansia per il corpo simboleggia tutte quelle attività umane dedicate alla immagine di se stessi: il vestito, come la carta delle caramelle, serve a far apparire più invitante quello che sta dentro. L'uomo, drammaticamente convinto d'essere nessuno e di doversi vergognare e nascondere, tenta in tutti i modi di apparire diverso da quel che crede di essere.
Gesù spiega che la vita e non il cibo, il corpo e non il vestito sono il vero valore e sono stati ricevuti entrambi gratuitamente. La vita umana non coincide con la vita biologica (propria degli animali): la vita è comunione e relazione. L'identità umana non coincide con l'immagine che mostriamo agli altri: l'identità umana è la figliolanza divina.
Il corvo è per lo più simbolo della malasorte e della perdizione (anche se è un corvo ad alimentare Elia in 1Re 17,6).
Al termine dell'Angelus del 26 gennaio 2014 due ragazzi liberarono colombe ("verso il basso!", raccomandò papa Francesco, perché non rientrassero nella stanza) ma le due colombe furono immediatamente attaccate e uccise da un corvo e da un gabbiano.
I corvi sono animali immondi per gli Ebrei: Gesù ironicamente mostra che Dio si occupa persino di loro e invita a convincersi che, agli occhi di Dio, si vale certamente più di loro. Col nostro affannarci a trattenere la vita ci dimostriamo meno liberi dei corvi, ci dimostriamo prigionieri di una fatica di Sisifo [1]. Quanti di noi si ricordano di ringraziare Dio al mattino per il fatto di esserci, di avere un mondo a disposizione e le persone con cui relazionarsi [2]? Nessuno nega che la giornata porti con sé tutta una serie di incombenze ma è ben diverso alzarsi con l'affanno di cercare di sopravvivere (idea fallimentare) o con la serenità di essere stati chiamati alla vita. Questa serenità ci farà apprezzare anche il valore del riposo settimanale (anticipazione della vita eterna), come Dio si è riposato il settimo giorno [3]. Dunque, in estrema sintesi, possiamo dire che è bene lavorare ma non è bene affannarsi.
La Palestina ha un clima caldo e non vi sono grandi foreste per cui il legno è prezioso come materiale da costruzione. Dunque, come combustibile, si deve usare l'erba secca che è invece abbondante. I gigli selvatici sono fiori dai colori e dai profumi delicati ma anche dall'esistenza effimera. Per l'uomo sono solo erba per fare il fuoco e cuocere nel forno il proprio pane. Eppure Dio pensa anche a loro, altrimenti non esisterebbero: ogni creatura è una parola di Dio. Se i gigli sono vestiti così certamente l'uomo ha un vestito infinitamente più bello, la figliolanza divina, la relazione con Dio.
Tutto il problema della vita non è dunque un problema morale, è un problema di fiducia: siamo gente di poca fede in Dio mentre Dio ha, da sempre, molta fede nell'uomo, al punto che l'ha considerato molto buono nel crearlo (Genesi 1,31) e si è consegnato, in Gesù, nelle sue mani. Ovviamente Gesù non chiede di diventare puro istinto animale (come i corvi) o addirittura insensibilità vegetale (come i gigli) ma di usare la nostra umanità per avere una marcia in più rispetto al resto del creato, non una marcia in meno. La fede non è né fatalismo né disimpegno: è operatività nella serenità.
Gesù ripete e sottolinea più volte il concetto: non state a domandarvi che cosa mangerete e berrete, e non state in ansia (v. 29) perché questo modo di ragionare è proprio dei pagani ossia di chi è orfano di Dio e dunque vaga affidandosi ora a questo ora a quello: è l'idolatria delle cose che produciamo. L'inutilità di questo criterio è sintetizzata nel detto popolare "i soldi non danno la felicità". Infatti la felicità non è un bene che si produce: la felicità è data dal modo di stare insieme, dalla relazione tra noi e gli altri. La ricerca affannosa e inconcludente dei beni materiali produce anche i disagi psichici tipici del nostro tempo: anoressia e bulimia.
Dio sa che abbiamo bisogno delle cose, ci ha creato lui così. Ma non è il pane che dà sazietà: accumulare significa innanzi tutto affamare gli altri e poi morire comunque povero e solo, alla fine. La vita piena si ha cercando il regno di Dio che è tra noi quando ci relazioniamo con Dio come Padre e con le persone come fratelli. Vivendo in questo modo ci sarà dato in omaggio (in aggiunta) anche il necessario per la vita fisica.
Tra le nostre paure c'è quella d'essere un piccolo gregge cioè vulnerabili. Ma il bene, secondo Dio, è sempre piccolo come il granello di senapa. L'amore si fa piccolo per lasciare spazio all'altro: Dio si è incarnato in un bambino invece di venire con potenza come il deus ex-machina teatrale. Quand'anche i cristiani fossero la maggioranza essi devono restare agnelli in mezzo ai lupi perché anche mille agnelli non mangiano un solo lupo. Se lo fanno non sono più agnelli, diventano lupi e non sono più cristiani.
Il segreto della felicità è dunque la condivisione, raffigurata come una borsa che non invecchia cioè non si buca e non perde soldi. Realizzare la figliolanza di Dio (il tesoro nei cieli) e relazioni fraterne significa condurre una vita che ladri e tarli non possono né rubare né consumare.
[1] L'espressione greca "allungare anche di poco la propria vita" potrebbe anche essere tradotta come "aggiungere una spanna alla propria statura" ma il significato è identico. Sisifo è un personaggio della mitologia greca che, per aver sfidato gli dei, viene condannato a spingere per l'eternità un masso su per una montagna, a vederlo rotolare giù e a dover ricominciare ogni volta.
[2] La preghiera tradizionale del "Ti adoro" va con semplicità e schiettezza in questa direzione.
[3] Un biblista mio amico, rifacendosi agli eremiti che vivevano sulle colonne (detti stiliti) o sulle piante (i dendriti) i quali ricordavano ai cittadini che c'era un'altra vita oltre quella materiale che li affannava, proponeva, argutamente, l'istituzione dei semaforiti cioè di nuovi eremiti che, seduti sopra i semafori, invitassero la gente ad attendere il verde con sufficiente serenità. Si tratta di Filippo Clerici s.j..