25Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». 26Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». 27Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso».28Gli disse: «Hai risposto bene; fa' questo e vivrai».
29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». 30Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all'albergatore, dicendo: «Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno». 36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». 37Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va' e anche tu fa' così».
Il tema La "buona novella" di Gesù non consiste nell'esortare a fare delle cose buone per i poveri, come pensava inizialmente il dottore della Legge e come pensiamo spesso anche noi. Gesù vuol farci prendere coscienza che siamo noi il povero uomo ferito e che Dio si china su di noi fino subire il nostro supplizio come samaritano eretico. Questo amore di Dio per noi ci porta poi a rivolgere agli altri lo stesso atteggiamento e questo nostro agire nella Chiesa sarà a sua volta lo stimolo per altri a fare lo stesso.
Pakistan, giugno 2009. Fa caldo. Ad Asia Bibi, che lavora in un'azienda agricola, viene chiesto di portare dell’acqua alle sue colleghe. Ma un gruppo di loro, musulmane, trova da ridire: Asia Bibi non prega Allah, non segue il Corano, lasci perdere perché è destinata a rendere impuri sia il recipiente che l'acqua. Ne nasce un vivace botta e risposta. Le donne musulmane cercano di convincere Asia ad abiurare il cristianesimo e a convertirsi all’Islam. Asia tiene il punto, spiega che Gesù Cristo è morto sulla croce per redimere i peccati di tutta l’umanità e chiede: «Cos'ha fatto per voi Maometto?». Asia Bibi, condannata a morte, tornerà libera (in Canada) solo nel maggio del 2019 dopo dieci anni di privazioni, vessazioni e violenze.
Il dottore della Legge che si avvicina a Gesù gli pone la domanda fondamentale e caratteristica dell'uomo: "Che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?". Solo l'uomo si domanda "che fare?" perché, diversamente dagli animali, l'uomo non è programmato dall'istinto. L'uomo ricerca la felicità, la gioia, l'amore ossia la vita eterna, la vita piena e realizzata; e si rende conto - se si ferma a riflettere - che questa completezza non dipende da quanto accumula. Già l'Antico Testamento aveva compreso che questa vita eterna è una eredità, cioè un diritto dei figli: si veda ad es. il Salmo 16 [1]. Anche il giovane ricco in Luca 18,18 [2] parla di eredità della vita eterna. Il dottore della Legge ha già una risposta alla propria domanda e, per questo motivo, Gesù gli risponde ponendo a sua volta due domande per sollecitare una ricerca personale. Tutta la Torah, la Legge Ebraica, consisteva di 613 precetti di cui 365 negativi (uno al giorno) e 248 positivi (uno per ognuna delle ossa del corpo). Il dottore della Legge però non si disperde nei singoli precetti, sa come leggere la Torah e ne individua il nucleo, l'amore, abbinando Deuteronomio 6,5 [3] e Levitico 19,18 [4]. Dio è amore e in tutta la storia della salvezza Dio cerca di insegnare all'uomo come amare.
Il comandamento dice innanzi tutto che l'uomo deve amare Dio in modo assoluto. L'uomo è stato creato ad immagine di Dio (Genesi 1,27), è della specie di Dio, si specchia in Dio, diversamente dagli animali che sono secondo la loro specie. Poiché è ad immagine di Dio non può realizzarsi altro che nella relazione con Dio, non può appartenere ad altri che a Dio, come la Sposa appartiene allo Sposo nel Cantico. Dunque il primo comando è amare Dio, perché così l'uomo diventa ciò che ama. Solo Dio può essere amato in modo assoluto (con tutto il cuore ecc.). Qualsiasi altra cosa, se amata in modo totale, è un idolo che prima o poi stanca e delude. Se ama Dio l'uomo diventa come Dio e può amare il prossimo. La parola amore è purtroppo parecchio usurata da un utilizzo eccessivo e improprio. S.Ignazio di Loyola, dopo che in gioventù aveva molto sperperato in fatto di amore, non utilizza più questa parola e per spiegare cosa significhi amare utilizza tre parole distinte: lodare (cioè essere contento che l'altro sia se stesso, così come è), riverire (cioè avere rispetto e non usare l'altro come strumento) e infine servire. Questo è l'amore alla maniera di Dio ossia il modo in cui Dio ama noi.
Gesù non è venuto ad abolire la legge (Matteo 5,17) e dunque, all'inizio, commenta la risposta del dottore della Legge con: "Fa questo e vivrai". Questo però significa già che se non si fa questo si muore. E chi può allora salvarsi se occorre amare Dio con tutte le forze, se occorre amare se stessi e infine amare il prossimo? Una Legge così esigente è la nostra condanna e il dottore della Legge ne è ben cosciente (vedi ad es. Galati 3,10 [5] che cita Deuteronomio 27,26 [6]). Così chiede: "E chi è mio prossimo?" I rabbini infatti, pur concordi sul fatto di amare anche gli stranieri (Esodo 22,20 [7]), ritenevano che ciò si limitasse agli stranieri residenti e che comunque fossero esclusi gli eretici, gli apostati e i delatori, dunque certamente i Samaritani [8]. Gesù arrivava per l'appunto dalla Samaria e dunque era sospettabile di simpatie pericolose le quali spiegano come mai il dottore della Legge volesse metterlo alla prova.
Così Gesù racconta una storia che, oltre al significato letterale, è anche l'allegoria della condizione umana. La storia dell'umanità si può rappresentare come quella di un uomo che si allontana progressivamente da Dio (da Gerusalemme) e si ritrova nudo, senza identità, percosso a sangue, nel bisogno, in attesa della morte, in un mondo in cui l'altro uomo è un nemico. I briganti rappresentano tutte le nostre risorse umane (forza, intelligenza, salute) le quali, se non sono utilizzate per amare, diventano strumento di antagonismo e di male degli uni verso gli altri. I briganti, anch'essi uomini, sono dunque dentro di noi. Chi viene in soccorso del poveruomo? Tutta la cultura umana si può interpretare come un tentativo di rimediare a questa situazione. Un primo tentativo è rappresentato dal sacerdote, il custode della Legge, sia essa religiosa o civile: l'uomo cerca un modo di distinguere il bene dal male. Ma anche il sacerdote scende per quella medesima strada, è anche lui lontano da Dio. Egli vede e si accorge del male, il che è già un passo avanti perché individua il male, ma non risolve. Sarebbe infatti peggio se non ci fosse la legge: significherebbe che il male è uguale al bene, come nel mondo animale e come in parte del pensiero contemporaneo occidentale. Ma la Legge - da sola - riesce solo a individuare l'errore e, anzi, più la legge è perfetta e più condanna tutti quanti, perché tutti pecchiamo. Con la Legge si vede il male ma non si ha modo di produrre il bene: è una diagnosi senza terapia.
Un secondo tentativo è rappresentato dal levita, simbolo del culto. La festa, sia religiosa che civile, o è la celebrazione nostalgica del mondo originario come fu creato oppure è la rappresentazione dell'ideale cui tendere ma che non si raggiunge mai. Le religioni celebrano l'Altissimo, il Santo ossia ciò che è totalmente diverso da noi. Il mondo laicizzato invece celebra la Dea Ragione o la Scienza con i rischi che sappiamo quando sono assolutizzate. In entrambi i casi abbiamo che, nella migliore delle ipotesi, il culto permette di vedere da lontano il bene, permette di sospirare "come sarebbe bella la vita se..." ma a questo segue la disillusione: il culto non è uno strumento per raggiungere il bene.
Ecco infine arrivare uno che viaggia dalla Samaria verso Gerusalemme. Sappiamo che proprio Gesù, a partire da Luca 9,51, ha iniziato il suo viaggio verso Gerusalemme partendo dalla Samaria, il territorio eretico ed etnicamente impuro che ogni Giudeo osservante evitava accuratamente, il luogo della massima distanza da Dio, secondo i Giudei, che quando devono offendere Gesù lo chiamano appunto Samaritano (Giovanni 8,48). Gesù parte dunque dalla condizione dei più lontani e tale viaggio lo porterà a Gerusalemme dove gli accadrà quel che è successo al malcapitato di questa parabola (Galati 3,13 [9]). Durante il suo viaggio Gesù incontra noi, che stiamo viaggiando in senso contrario verso la morte. Gesù si fa vicino e trasforma la nostra condizione di perduti nel luogo in cui lui ci incontra. Finché ci consideriamo nell'abbondanza e nell'autosufficienza Gesù non può incontrarci. Perfino i nostri successi spirituali e la nostra osservanza della Legge possono essere un ostacolo ad incontrare Gesù. Invece nel limite, nella sofferenza, nell'insuccesso, nel peccato e infine nella morte incontriamo il Signore. L'olio è simbolo della Parola di Dio che ci fa figli e il vino dello Spirito che dà la vita. Altri Padri vedono qui rappresentati i Sacramenti, i segni della vicinanza del Signore. Gesù si carica addosso [10] il nostro limite e il nostro peccato e ci conduce nell'albergo, il luogo che accoglie tutti, simbolo della Chiesa (come sarà l'ultima dimora di S.Paolo: Atti 28,30 [11]), dove Gesù si prende cura di noi.
Luca suddivide l'intera storia umana in 2 giorni (dalla creazione di Adamo fino all'Ascensione e dall'Ascensione fino alla Parusia). Per questi due giorni Gesù dà all'albergatore (cioè alla Chiesa) due denari. La Chiesa ha il mandato di fare come ha fatto Gesù - accogliere tutti - e dovrà fare la propria parte fino al suo ritorno. L'amore che noi come Chiesa doneremo al prossimo sarà ciò che lui ci rifonderà l'ultimo giorno.
A questo punto Gesù ripropone la domanda del dottore della Legge capovolgendola: chi si è fatto prossimo (cioè vicino) all'uomo che incappò nei briganti? la legge, il culto o Dio stesso? Il dottore della Legge aveva in realtà chiesto come distinguere chi sia il suo prossimo (e dunque da assistere) da chi prossimo non è in modo da circoscrivere e rendere praticabile l'impossibile comando di amare totalmente sia Dio che il prossimo. Gesù gli chiede invece chi è prossimo nel senso di chi è quello che presta assistenza. Il dottore della Legge risponde in modo formalmente corretto ma non si sa se abbia capito che è lui quell'uomo che scende da Gerusalemme a Gerico, che incappa nei briganti, che è ignorato dal sacerdote e dal levita e che è invece salvato da Dio che sta facendo il percorso contrario fino a Gerusalemme dove sarà lui invece ad essere ucciso.
La parabola si presta anche a essere raccontata come le filastrocche a ciclo infinito con il dottore della Legge che, al termine, non ha intuito il gioco e chiede "ho capito che devo amare il prossimo (come ha fatto il samaritano) ma a me chi mi vuol bene?" e Gesù che ricomincia: "Un uomo scendeva..." nell'attesa che il dottore della Legge comprenda che l'uomo che si allontana da Gerusalemme e viene assalito è proprio lui.
Non si tratta dunque, in prima istanza, di fare delle cose buone per i poveri, come pensava inizialmente il dottore della legge. Si tratta di prendere coscienza che noi siamo il povero uomo ferito e che Dio si china su di noi e va a "sostituirci" al supplizio. La comprensione dell'amore di Dio per noi ci porterà poi a rivolgere agli altri lo stesso atteggiamento. Questo nostro agire nella Chiesa sarà a sua volta lo stimolo per altri a fare lo stesso.
In questa parabola - in cui Cristo è il Samaritano - possiamo riconoscerci nella parte dell'uomo assalito, dei briganti, del sacerdote, del levita; la nostra vita sarà compiuta come figli quando arriveremo a realizzare in noi la parte del samaritano. Ma con la sola Legge non possiamo arrivarci.
L'interpretazione più comune di questa parabola è quella letterale e moralistica ossia di imparare a essere "buoni samaritani" nei confronti degli altri e di non fare alcuna preferenza di persone. In questa comune interpretazione la stessa espressione "buon samaritano" è un ossimoro ossia una contraddizione. Il termine samaritano è infatti un epiteto offensivo usato dai dottori della legge nei confronti di Gesù (Giovanni 8,48).
Questa parabola ci mostra soprattutto che l'essenza del cristianesimo non è basata su leggi e norme per raggiungere una perfezione o per compiacere la divinità ma si fonda sulla buona notizia dell'amore di Dio per noi. L'uomo non ama, fondamentalmente, perché pensa di non essere amato da nessuno, non sa di essere figlio di Dio. Spera di trovare la risposta nel possedere, come fanno gli animali (più cibo, più femmine, ... secondo la legge dell'autoconservazione della specie). Quando conosciamo d'essere amati allora possiamo a nostra volta amare.
[1] Salmo 16: ... Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: / nelle tue mani è la mia vita. / Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi: / la mia eredità è stupenda... non abbandonerai la mia vita negli inferi, / né lascerai che il tuo fedele veda la fossa. / Mi indicherai il sentiero della vita, / gioia piena alla tua presenza, / dolcezza senza fine alla tua destra.
[2] Luca 18,18: Un notabile lo interrogò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?»
[3] Deuteronomio 6,5: Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze.
[4] Levitico 19,18: Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore.
[5] Galati 3,10: Quelli invece che si richiamano alle opere della Legge stanno sotto la maledizione, poiché sta scritto: Maledetto chiunque non rimane fedele a tutte le cose scritte nel libro della Legge per metterle in pratica.
[6] Deuteronomio 27,26: Maledetto chi non mantiene in vigore le parole di questa legge, per metterle in pratica!». Tutto il popolo dirà: «Amen».
[7] Esodo 22,20: Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d'Egitto.
[8] Val la pena ricordare che il Corano non va oltre quanto già detto nell'Antico Testamento almeno un migliaio d'anni prima. Il comando non uccidere, ad esempio, viene ereditato dal decalogo e attenuato con molte eccezioni: «Per questo abbiamo prescritto ai Figli di Israele che chiunque uccida un uomo che non abbia ucciso a sua volta o che non abbia sparso la corruzione sulla terra, sarà come se avesse ucciso l'umanità intera . E chi ne abbia salvato uno, sarà come se avesse salvato tutta l'umanità» (Il Nobile Corano 5:32, traduzione di Hamza Piccardo, UCOII).
[9] Galati 3,13: Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione per noi, poiché sta scritto: Maledetto chi è appeso al legno.
[10] Il termine "la cavalcatura" rende l'espressione in greco "ciò che si è acquistato" ossia la condizione umana. Dunque la cavalcatura è un altro modo per indicare Gesù stesso.
[11] Atti 28,30: Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso in affitto e accoglieva tutti quelli che venivano da lui.