Il tema Un pellegrino laico arriva a Sion per svolgere la visita al Tempio, occasione per meditazioni sul camminare, sulla casa del Signore che è casa di tutti e sulla presenza universale di Dio.
1Al maestro del coro. Su «I torchi...».
Dei figli di Core. Salmo.
2Quanto sono amabili le tue dimore,
Signore degli eserciti!
3L'anima mia languisce
e brama gli atri del Signore.
Il mio cuore e la mia carne
esultano nel Dio vivente.
4Anche il passero trova la casa,
la rondine il nido,
dove porre i suoi piccoli,
presso i tuoi altari,
Signore degli eserciti, mio re e mio Dio.
5Beato chi abita la tua casa:
sempre canta le tue lodi!
6Beato l'uomo che trova in te il suo rifugio
e ha le tue vie nel suo cuore.
7Passando per la valle del pianto
la cambia in una sorgente,
anche la prima pioggia
l'ammanta di benedizioni.
8Cresce lungo il cammino il suo vigore,
finché compare davanti a Dio in Sion.
9Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera,
porgi l'orecchio, Dio di Giacobbe.
10Guarda, o Dio, colui che è il nostro scudo,
guarda il volto del tuo consacrato.
11Per me un giorno nei tuoi atri
è più che mille altrove,
stare sulla soglia della casa del mio Dio
è meglio che abitare nelle tende degli empi.
12Poiché sole e scudo è il Signore Dio;
il Signore concede grazia e gloria,
non rifiuta il bene
a chi cammina con rettitudine.
13Signore degli eserciti,
beato l'uomo che in te confida.
Questo salmo viene letto alle lodi mattutine del lunedì della terza settimana e ci mostra un pellegrino che sta arrivando a Gerusalemme, probabilmente all'inizio dell'autunno, stagione delle prime piogge come ci indica il versetto 7. In questo periodo (15-22 Tishri) si celebrava lo Sukkot o Festa delle Capanne, festa gioiosa a conclusione dei raccolti agricoli in cui si rievocavano, per otto giorni, i 40 anni nel deserto raccontati nel libro dell'Esodo. L'israelita praticante costruiva, in casa o in giardino, una capanna di frasche e la utilizzava per riti e preghiere che dovevano ricordargli la precaria vita nel deserto e quanto fosse prezioso il dono della terra promessa. In questo periodo dell'anno si situa anche l'episodio evangelico della trasfigurazione (ottobre del 32 d.C.) in cui Gesù, parla del suo prossimo esodo (cioè la passione) con Mosé ed Elia e in cui Pietro propone di accamparsi lì e fare tre capanne. La passione di Gesù avverrà 6 mesi dopo.
Il salmista non è un sacerdote: è un laico che può essere ammesso al massimo all'ingresso del Santo (gli atri del Signore) ossia nel cortile d'Israele o degli uomini. Egli considera questa possibilità come una grazia grande e osserva come anche i passeri e le rondini possano fare il nido nelle travi del tempio, presso gli altari: Dio è veramente il Dio di tutte le creature e tutte le creature trovano casa nel Tempio dove abita la presenza di Dio. Gesù riprende questa immagine quando descrive il Regno di Dio come un albero che si sviluppa dal seme di senape (figura di Gesù, della Parola) e che ospita il nido degli uccelli (Luca 13,19).
Questo pellegrino prova inizialmente una certa invidia per chi è sacerdote perché "abita la casa del Signore e canta le sue lodi" ossia ha tempo in abbondanza per pregare nel tempio mentre lui è lì solo di passaggio. Ma subito si riprende: beato è anche l'uomo giusto che trova in Dio il suo rifugio e che ha le sue vie (cioè la Legge) nel suo cuore.
Nido di cicogne sul tetto di una chiesa di Belorado (Spagna).
Dio non abita solo nel Tempio ma è accessibile a chiunque pratichi la giustizia, come spiegherà Gesù alla samaritana: «viene l'ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre... i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità» (Giovanni 4, 21-23). Possiamo leggere questi due versetti anche in forma negativa: una persona può anche stare perennemente nel luogo più santo ma, se non pratica la giustizia, è lontana da Dio: «Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Matteo 7,21).
La valle del pianto o valle delle spine era una piccola valle, irta di cespugli spinosi, che portava alla valle della Geenna (la discarica di Gerusalemme) e infine alla città, venendo da sud. L'uomo giusto è qui presentato come colui che rende puro (cambia in una sorgente) anche l'ingresso in Gerusalemme meno nobile. E' la persona che dà valore al luogo e al tempo e non viceversa. Non esiste un luogo e un tempo propizio per fare il bene: il luogo e il tempo appropriato per praticare la giustizia è qui e ora. Anche la pioggia durante il cammino (solitamente non gradevole) diventa occasione di benedizione.
Il vigore del pellegrino cresce man mano che cammina, non perde tempo, lascia i bagagli non necessari, allena il fisico. Arrivato a Gerusalemme può finalmente manifestare la sua preghiera, che inizia con una supplica per il re: guarda, o Dio, colui che è il nostro scudo, guarda il volto del tuo consacrato.
Anche noi dobbiamo pregare per chi ci governa nella consapevolezza che i potenti sono i più esposti a commettere ingiustizie con gravi ripercussioni nella vita di tutti. Così raccomandavano anche S.Paolo (1Timoteo 2,1-2 [1]) e S.Pietro nelle loro lettere.
La preghiera poi diventa lode: un giorno nei tuoi atri è più che mille altrove (o: a casa mia, secondo altre fonti testuali o vocalizzazioni) anche perché un incontro col Signore produce frutti duraturi come vediamo in molti esempi del vangelo (Zaccheo, Maria di Magdala, Matteo, il paralitico, il lebbroso...): chi ha incontrato Gesù poi torna a casa e la sua casa rinasce. Oltre i sacerdoti, che abitano dentro, e i pellegrini che vivono al di fuori, anche chi "sta sulla soglia" beneficia della presenza di Dio: nessuno è escluso.
Il pellegrino-salmista conclude che qui nel Tempio o in qualsiasi altro luogo l'importante è confidare nel Signore. Dio è chiamato con l'appellativo di scudo, lo stesso usato per riferirsi al re, quasi a sottolineare che l'unico vero re è il Signore. Dio non è solo scudo: è allo stesso tempo anche colui che dà luce e calore (sole): un Dio che si manifesta in molti modi apparentemente contrastanti. Il tono fiducioso ma non estatico di questa preghiera rivela che questo pellegrino è cosciente di vivere in un mondo che contempla anche la presenza di nemici.
Questo salmo è un canto di cammino che dovrebbe spingerci a riconsiderare le domande fondamentali: da dove vengo? dove sono? dove vado? Il salmista viene dal deserto dell'Esodo, dai sukkot cioè dalle tende e va a Gerusalemme a visitare il Signore. Noi dovremmo ogni tanto riconsiderare la nostra origine perché nessuno si è fatto da sé e quel che siamo - nel bene e nel male - dipende da quello che abbiamo ricevuto dai famigliari, dagli amici, dal paese che abitiamo. Inoltre dovremmo verificare la nostra direzione perché, anche se crediamo o pretendiamo di stare fermi, camminiamo comunque: se ci rifiutiamo di procedere, allora è il tempo a camminare per noi. Con l'"esame della coscienza" possiamo verificare se siamo coscienti di dove stiamo andando e se stiamo andando nella direzione giusta. L'esame è finalizzato alla conversione ossia alla correzione di rotta per rientrare nella via giusta. La nostra vita è sempre e comunque un cammino e Gesù è la via (come dice a Tommaso in Giovanni 14,6). La relazione fondamentale col Signore è la sequela: "vieni e seguimi" ossia cammina dietro di me. Chi pur avendo i piedi e non cammina è come un idolo (vedi Salmo 115). E potrebbe accadere che noi ci facciamo idolo di noi stessi sia in positivo (considerandoci giusti come il fariseo della parabola) sia in negativo (considerandoci irrecuperabili): è per quest'ultima categoria che Papa Francesco sottolinea spesso che il Signore perdona sempre.
[1] 1Timoteo 2,1-2: Raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio.