9Poi prese a dire al popolo questa parabola: «Un uomo piantò una vigna, la diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano per molto tempo. 10Al momento opportuno, mandò un servo dai contadini perché gli dessero la sua parte del raccolto della vigna. Ma i contadini lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. 11Mandò un altro servo, ma essi bastonarono anche questo, lo insultarono e lo mandarono via a mani vuote. 12Ne mandò ancora un terzo, ma anche questo lo ferirono e lo cacciarono via. 13Disse allora il padrone della vigna: “Che cosa devo fare? Manderò mio figlio, l’amato, forse avranno rispetto per lui!”. 14Ma i contadini, appena lo videro, fecero tra loro questo ragionamento: “Costui è l’erede. Uccidiamolo e così l’eredità sarà nostra!”. 15Lo cacciarono fuori della vigna e lo uccisero. Che cosa farà dunque a costoro il padrone della vigna? 16Verrà, farà morire quei contadini e darà la vigna ad altri».
Udito questo, dissero: «Non sia mai!». 17Allora egli fissò lo sguardo su di loro e disse: «Che cosa significa dunque questa parola della Scrittura:
La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo?
18Chiunque cadrà su quella pietra si sfracellerà e colui sul quale essa cadrà verrà stritolato».
19In quel momento gli scribi e i capi dei sacerdoti cercarono di mettergli le mani addosso, ma ebbero paura del popolo. Avevano capito infatti che quella parabola l’aveva detta per loro.
Il tema La storia della relazione fra Dio e l'umanità è la storia di un amore non corrisposto. Dio dona all'umanità il creato, la vita, il giardino dell'Eden. Per il popolo ebreo opera la liberazione dall'Egitto e poi da Babilonia ossia resta sempre fedele nonostante l'infedeltà continui e si accresca fino al massimo male che è l'uccisione del Figlio. Ma Dio compie un'opera che è una meraviglia ai nostri occhi: offre la vita a chi gliela toglie, dimostra di amarci oltre la morte, trasforma il massimo male nel massimo bene.
Con questa allegoria Gesù svela qual è il suo potere ossia risponde alla domanda che gli è stata posta nel brano precedente e alla quale sembrava non volesse rispondere. Questa parabola è un capolavoro di sintesi di tutta la storia della salvezza, della vicenda personale di Gesù e delle prospettive che si apriranno poi. Nello spiegare questo testo va ricordato - ancora una volta - che il vangelo è stato scritto per noi cristiani, per la nostra conversione continua e non per giudicare persone o eventi passati. Ce lo ricorda S.Paolo ad es. in 1Corinzi 10,5-6:
Ma della maggior parte di loro Dio non si compiacque e perciò furono abbattuti nel deserto. Ora ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono.
Il significato generale del racconto è che la storia della relazione fra Dio e l'umanità è la storia di un amore non corrisposto. Dio dona il creato, la vita, il giardino dell'Eden, la liberazione dall'Egitto e poi da Babilonia ossia resta sempre fedele nonostante l'infedeltà continui e si accresca fino al massimo male che è l'uccisione del Figlio. Questa parabola mostra in modo eloquente che, paradossalmente, tutto il male che noi facciamo (fino ad uccidere il Figlio) non fa che aumentare il bene che ci viene donato:
«... Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio». (Giovanni 3,16-21: Colloquio di Gesù e Nicodemo)
La nostra infedeltà e la fedeltà di Dio si incrociano sulla croce. L'apparente impotenza di Dio di fronte alla nostra infedeltà è un amore più forte della morte come suggerisce il Cantico dei Cantici. Sacrificarsi è la scelta estrema di Dio per farci comprendere che siamo da lui amati. Se comprendiamo d'essere amati possiamo diventare liberi, liberi di amare a nostra volta.
L'inizio della parabola riprende il Cantico della vigna del capitolo 5 di Isaia in cui il Signore lamenta di aver coltivato con amore una vigna ottenendo però uva selvatica. Piantare un vigneto è l'ultima attività che si intraprende quando si giunge e si prende possesso di una nuova terra: l'uva e il vino non sono beni di prima necessità (come invece il grano e l'olio) e un vigneto, prima di essere produttivo, ha bisogno di vari anni di cure. L'uva - e con essa il vino - è il segno di un popolo che si è installato ormai da tempo e può organizzare le feste e i costumi, un popolo che gode felicemente della terra che è stabilmente sua. Il primo miracolo di Gesù - come sappiamo da Giovanni 2,1-11- fu a Cana, a una festa di matrimonio, di cui salvò la gioia e la spensieratezza trasformando l'acqua (segno della Legge) in vino (simbolo dell'amore).
Dio, racconta Gesù, ha affidato il suo popolo che ama (la vigna) a degli amministratori, (il re, gli scribi, i farisei e gli anziani ossia i contadini) che dunque non ne sono i proprietari ma solo gli affittuari. Poi se ne andò lontano per molto tempo: Dio, cioè, lascia il mondo nelle nostre mani, dopo avercelo donato e dà spazio alla nostra responsabilità. La parte del raccolto che gli affittuari devono rendere al padrone sono i frutti di giustizia che Dio si aspetta (cfr. Isaia 5,7). I tre servi rappresentano i molti profeti, mandati da Dio al momento opportuno ossia, come leggiamo nell'Antico Testamento, nei momenti di ingiustizia, di crisi, di mancanza di fede. Tutti i profeti stigmatizzano l'abbondanza di liturgie, culti e sacrifici volti a occultare la mancanza di giustizia e di misericordia (vedi ad es. Isaia 1). Dio costantemente manda profeti a ricordare che lui ama l'opera delle sue mani e si aspetta giustizia e misericordia: Matteo, nel brano parallelo (Matteo 21,33-45), scrive che Dio mandò altri servi, più numerosi dei primi. Come sappiamo, tutti i profeti ebbero vita molto difficile e molti finirono uccisi. E anche oggi è purtroppo così.
Il vangelo di Luca, orientato a rispondere alla domanda "che fare?" posta dai cristiani del presente, ci mostra ora un Dio che si domanda "che cosa devo fare?". La parabola ci rappresenta l'angoscia di Dio che ha donato la vita a dei figli che non si comportano come tali. E` l'angoscia dei padri e delle madri quando non sanno più cosa fare, quando vedono irrimediabilmente distrutto ogni loro tentativo di dare una vita buona ai propri figli. In questa domanda è sintetizzata l'impotenza di Dio davanti alla libertà dell'uomo, libertà che Do rispetta in modo assoluto (a differenza di come facciamo noi con chi ci è accanto). Ma anche Dio è libero. E` libero di amare comunque fino a compiere un atto perfino ingenuo: manderò mio figlio, l’amato, forse avranno rispetto per lui. Il Figlio amato - l'abbiamo visto nel battesimo (Lc 3,22) - è Gesù.
San Paolo spiega ulteriormente:
Infatti, mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito. Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. (Romani 5,6-8)
Quindi:
Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?... Io sono infatti persuaso che [nulla] potrà mai separarci dall'amore di Dio... (Romani 8,31-39)
A questo punto Gesù profetizza, ancora una volta e con molta precisione, quello che gli accadrà fra qualche giorno. Si noti che - soprattutto nel modo di pensare antico - uccidere il Figlio è peggio che uccidere il Padre: in una famiglia i figli rappresentano la continuità, il futuro, la speranza. La massima offesa possibile ad un re era uccidere l'erede al trono. L'uccisione del figlio contiene un di più di premeditazione (appena lo videro, fecero tra loro questo ragionamento...) ed è dunque molto più grave di quella dei profeti. Per il padre è l'amato, per i contadini è l'erede. La motivazione degli assassini (uccidiamolo e così l’eredità sarà nostra) è paradossalmente vera: è proprio togliendo la vita a Cristo che abbiamo ereditato la salvezza: Cristo ha donato la vita a noi. Dio trasforma il massimo male nel massimo bene, il più grande rifiuto nel massimo amore. La bibbia è piena di allusioni a questa tecnica di Dio di utilizzare il male, che noi facciamo, per trarne un bene (mentre noi facciamo il contrario: utilizziamo i beni di Dio per fare il male). Si veda ad esempio Genesi 50,20 quando Giuseppe rassicura i fratelli che l'avevano venduto [1] o anche Apocalisse 17,17 [2].
Gesù conclude la parabola promettendo la nascita di un nuovo popolo con una diversa immagine di Dio. L'Ebraismo, incapace di andare oltre la Legge, incapace di produrre i frutti di giustizia attesi, sarà sostituito da altri. Questa profezia (verrà, farà morire quei contadini e darà la vigna ad altri) non va intesa come condanna di un intero popolo: molti ebrei, notabili e non, seguiranno infatti Gesù (ad. es. Giuseppe d'Arimatea, Nicodemo, ...). Questo detto di Gesù è inoltre applicabile anche a noi che ci diciamo cristiani: rendiamoci conto che se vi sono aree (l'Europa in primis) in cui il cristianesimo scompare è perché i cristiani non hanno saputo testimoniare efficacemente l'amore ricevuto. Inoltre sappiamo dalla storia e dal Nuovo Testamento che il rifiuto di gran parte d'Israele ha comportato la salvezza dei pagani (cfr. Romani 11) mantenendo la speranza, dice San Paolo, nella conversione dell'antico popolo dell'Alleanza, gli Ebrei cui Paolo appartiene.
Gesù cita il Salmo 118 giocando sulle parole "pietra" e "figlio" che hanno la stessa grafia in ebraico. Il Figlio che i contadini affittuari hanno scartato è diventato pietra d'angolo del nuovo tempio. Gesù è la pietra che unisce le due pareti, i Giudei e i Gentili, di cui è composto il mondo. Con il suo sacrificio universale Gesù supera l'ambito ristretto di ogni religione, di ogni cultura e unisce Cielo e terra, è l'opera del Signore: una meraviglia ai nostri occhi (Salmo 118,22-23).
Poi Gesù fa due allusioni, a Isaia 8,14 [3] e a Daniele 2 (il sogno di Nabucodonosor sul gigante dai piedi d'argilla abbattuto da una singola pietra) per indicare che questa pietra, ossia la sua croce, distruggerà il grande idolo, la falsa immagine di Dio. Su questa pietra ognuno inciamperà e cadrà, apostoli compresi, come vedremo tra poco. Tutti noi davanti alla apparente totale insensatezza di un Dio che va in croce ci sfracelliamo, la nostra ragione va in frantumi e la falsa fede vacilla. E` un passaggio obbligato.
Questa parabola, a differenza di molte altre, viene subito capita anche se provoca la reazione che Gesù aveva appena profetizzato. Infatti cercarono di mettergli le mani addosso... avevano capito infatti che quella parabola l’aveva detta per loro.
[1] Genesi 50,20: Se voi avevate tramato del male contro di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene, per compiere quello che oggi si avvera: far vivere un popolo numeroso.
[2] Apocalisse 17,17: Dio infatti ha messo loro in cuore di realizzare il suo disegno e di accordarsi per affidare il loro regno alla bestia, finché si realizzino le parole di Dio.
[3] Isaia 8,14: Egli sarà laccio e pietra d'inciampo e scoglio che fa cadere per le due case di Israele, laccio e trabocchetto per chi abita in Gerusalemme. Tra di loro molti inciamperanno, cadranno e si sfracelleranno, saranno presi e catturati.