Le Cartoline di p. Silvano - 2018

p. Silvano Zoccarato


2018

Natale in Camerun

Convocati attorno all’Eucarestia, chiamati a rivivere l’esperienza dei discepoli la mattina di Pasqua

Conferenza generale degli anglofoni del Camerun - Delusione! Niente conferenza - Beatificazione dei 19 martiri dell'Algeria

Chiesa dalle genti, radunati dalla speranza - Beatificazione dei 19 martiri dell'Algeria

Risorgere, Kum, tema di Dialogo - Papa Giovanni accoglie e benedice i frutti del Concilio - I Fidei Donum italiani scrivono una pagina nuova

Collaborazione tra Chiese sui Migranti - Non senza l'altro

L'Islam che... pensiamo ma non esiste - Il martire cristiano, un semplice cristiano d'una speranza che è in lui - Don Alessandro Pronzato e Don Ermete Sattoloni

Arrivederci, don Gianantonio, in Paradiso coi nostri amici del Nord Camerun - Passione civile dei Valdesi - Missionari della gioventù in Africa

Santa Messa alla Madonna delle Caneve - Forme di comunicazione considerate non appropriate alla vita monastica - Fede e preghiera dell'altro musulmano in me

A Bari, incontro a porte chiuse e ecumenismo di popolo - Delpini e la bara.ka

Tailandia unita col fiato sospeso sforzi fisici e nuova ondata di spiritualità - "Rompiamo il silenzio sull'Africa"

Esequie a Rancio di Lecco - Nuovo clima ecumenico a Ginevra

Mi sento a casa - Sentiamo una nostalgia tremenda di condividere

Un’intesa intorno al discorso su Dio - Non eroi cristiani

Quali novità nel Pime?

L'arcivescono Delpini alla ricerca di una spiritualità dell'ospitalità - Santità vicina ricordando padre Gheddo

L' Algeria si sentirà amata e più unita

Come "dire" Gesù nel mondo "plurale" d'oggi? - Via Crucis coi migranti

L'avvenire delle parrocchie - Aperture del presidente Al-Sisi verso i cristiani

L’iraniana che ha osato leggere i testi sacri - Ibn Battuta alla scoperta dei mille Islam

Profanatori di una statua di Maria “condannati” a memorizzare la Sura del Corano sulla Madre di Gesù - L’islam condivide con ebraismo e cristianesimo il suo alfabeto religioso.

Dalla schiavitù alla comunione - Papa Giovanni pellegrino a Sotto il Monte - Cei: un incontro per la pace nel Mediterraneo nel solco di La Pira

Sono partiti due grandi missionari - Vie islamiche alla non violenza


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Natale in Camerun

22 dicembre 2018


Dopo 50 anni dal mio primo arrivo in Camerun, rimetto piede in luoghi di foresta, di savana e di città del Cameroun, a momenti con grande gioia, a momenti con sofferenza. Alcune strade sono oggi una via crucis. Qualcuna migliora superficialmente, solo prima di una elezione. Ma la sera, nonostante tutto, la città di Yaounde è in piena vitalità e in questi giorni, già natalizi, è uno splendore e un concerto. Macchine e moto strisciano stirando o impolverando persone e ogni sorta di frutta, verdura, vestiti e oggetti dei lati della strada diventati un unico mercato. Visitando alcune zone del Nord ho osservato i terreni lavorati per il miglio, gia con le spighe, il cotone e le cipolle. Meraviglie della natura, dopo due anni di siccità e di carestia, e dico le parole che il Card Tumi pronunciò negli anni 80, arrivando da Bamenda al Nord : "Il Camerun

non è povero". Perché allora la miseria di alcuni? Risponde ancora il Cardinale : "Perché, dentro un tribalismo persistente, c'è poco senso del bene comune, poco spirito di responsabilità in ogni incaricato a un servizio, continua corruzione e assenza di giustizia". Al Nord, una suora italiana rimasta dopo la bufera di Boko Aram, mostra la sua sofferenza nel descrivere una Chiesa che nel 2015 ha visto partire molti missionari stranieri e assistere al rapimento di tre. La comunione di vita di missionari stranieri con sacerdoti e religiosi locali manteneva la Chiesa in buona vitalità. Oggi si sente un vuoto che sarà certamente colmato, ma lentamente e con un aumentato impegno di docilità e fedeltà allo Spirito Santo. Non è una novità per la Chiesa attraversare momenti difficili e poi risorgere rinnovata. I missionari del Pime sono rimasti e devono accettare di aver in casa i militari e di viaggiare sempre scortati. Come lo sono stato nel miei viaggi. A Muda, dove padre Danilo incominciò anni fa ad accogliere i bambini abbandonati o che strisciavano per terra, ora c'è un vero villaggio chiamato Fondation Bethleem, dove lavorano 184 salariati nei diversi settori di assistenza sanitaria, formazione e lavoro tecnico, artistico. Un migliaio di persone vi vivono: 60 bambini accolti dopo la morte della loro mamma. Ne arrivano frequentemente. Classi di alunni di formazione tecnica. Classi di sordomuti, ecc, ecc. Nel dispensario, malati di vario genere, compresi alcuni militari feriti fisicamente e psicologicamente in scontri con Boko Haram. Il centro oggi è diretto in collaborazione con gli Operai Silenziosi della Croce, congregazione italiana dedita all'assistenza sanitaria e alla promozione umana integrale. Suor Rosa che vigila su tutto, soprattutto sui bambini, non fa che dire : "Il centro è un miracolo, qui c'è Dio". Quante cose ho notato in un quaderno. Le scriverò poco alla volta. Termino dicendo che la più forte emozione è stata di poter pregare in savana sulla tomba, ben curata, di un catechista ucciso a causa della stregoneria. Lo considero un santo martire e ne ho parlato anche al vescovo della diocesi di Yagoua.

Per ora gradite i miei auguri di Buon Natale.

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Convocati attorno all’Eucarestia, chiamati a rivivere l’esperienza dei discepoli la mattina di Pasqua

27 novembre 2018

Venuto per dare un corso di storia delle missioni e del PIME, questa mattina, celebro nel nostro seminario di Yaounde. A destra concelebra padre Fabio Bianchi, mio discepolo quando eravamo nel seminario teologico di Milano ed è ora rettore del seminario. A sinistra, padre Giuseppe Parietti che ho accolto nella missione di Guidiguis, condiviso con lui la vita di missione per oltre vent'anni e ora padre spirituale. Ancora a sinistra, padre Patience Kalkama del Nord Camerun, che ho accolto a Maroua per i primi passi verso il seminario e il sacerdozio, ora vicerettore. Presenti alla celebrazione i seminaristi della Costa d'Avorio, della Guinea Bissau, del Camerun e del Ciad. Mi sento veramente in famiglia tra membri di 4 età che con nomi familiari nominerei: Bisnonno, Nonno, Figlio, Nipote, nomenclatura che piace al mondo africano. Si, mi sento bisnonno spirituale.

Celebrare insieme, come ogni mattina di Pasqua, significa continuare insieme una vita come quella di Gesù per poi, in giornata e nella vita, essere la sua parola e il suo amore. Cari amici, voi capite la nostra gioia.

Un giorno, come altri già, i seminaristi saranno missionari in varie parti del mondo e celebreremo ancora uniti il mistero della Pasqua. E voi? Non siete qui come qualcuno amerebbe, ma voi credete e vi sentite vicini, accanto, anche voi convocati, in vari modi, età, mezzi, tempi del cuore. Anche in voi c'è l'oggi missionario, appartenenti alla famiglia del PIME : parenti, amici, fratelli, sorelle, padrini, madrine, benefattori, ex alunni, missionari laici, collaboratori, ecc.

A giugno ho celebrato accanto a padre Patience alla sua prima messa nella parrocchia di Usmate dove ha esercitato il suo servizio prima da seminarista e poi da Diacono. Sono rimasto meravigliato a vedere non solo l'entusiasmo di amicizia con lui, ma soprattutto l'apprezzamento di quello che è stato per la gente col suo servizio. Ormai il PIME sta prendendo un volto e un cuore nuovo con l'apporto di missionari di culture e vitalità di continenti diversi. Mi piace ripetere. Voi sapete, sentite che tutto ciò che è del PIME vi appartiene e dunque insieme viviamo vita cristiana e missionaria e insieme convocati attorno all'Eucaristia per celebrare insieme l'unico mistero di Pasqua.

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Conferenza generale degli anglofoni del Camerun

16 novembre 2018


L'emerito vescovo di Douala, il card Christian Tumi, assieme al Reverendo Babila Georges Fochang della chiesa presbiteriana (Epc) e l'Imam Tukur Mohammed Boubakar, a nome del collegio dei leaders religiosi, sta preparando la conferenza generale anglofona (Agc) per il 21 e il 22 novembre prossimo. Tumi è anche in contatto coi separatisti della diaspora per farli partecipare agli incontri. Nella conferenza stampa del 14 novembre, il cardinale ha detto che la conferenza avrà lo scopo di capire le cause della tesa situazione sociopolitica in cui stanno vivendo le regioni anglofone del Camerun ormai da alcuni anni, di procedere oltre la crisi per estirpare le cause profonde della marginalizzazione degli anglofoni e di pensare a eventuali soluzioni durevoli. La crisi ora tocca sicuramente due delle regioni anglofone, ma bisognerebbe capire i problemi di tutta la nazione perché non è solo il problema che oppone due comunità linguistiche, le francofone e le anglofone. Per questo, dopo la conferenza che si terrà a Buea, si vorrà arrivare anche a Yaounde e presentare al presidente della Repubblica quanto uscirà dai lavori perché questo servirà di base di lavoro in vista di un dialogo allargato e 'inclusivo'. Per sostenere le spese di questo avvenimento importante, senza l'aiuto del sindaco di Buea che fa di tutto per impedire l'avvenimento, il cardinale assicura la stampa che non è una difficoltà, anche perché non esclude un 'aiuto di accompagnamento' del governo della Repubblica.

Delusione! Niente conferenza

21 novembre 2018


Oggi, 21 novembre 2018, Mathias Mouende Ngamo scrive nel giornale Le jour che gli organizzatori della conferenza degli anglofoni non hanno ottenuto una autorizzazione scritta a procedere e quindi restano in attesa e accordano al governo il tempo per poter rispondere alla loro domanda, anche se i loro avvocati dicono che si potrebbe procedere. Il cardinale Tumi dice che la conferenza non è annullata e si resta in attesa della prossima data. Restano fissi i due punti principali dell'ordine del giorno, la ricerca delle cause della crisi e di organizzarsi in piccoli gruppi di riflessione per proporre soluzioni, da presentare poi al presidente della Repubblica, perché, dice ancora il cardinale, si tratta di un problema nazionale. Senza autorizzazione, gli organizzatori non procederanno nell'iniziativa.

Delusi saranno i camerunesi, soprattutto gli anglofoni che si sentono vittime di una guerra che arriva al terzo anno con villaggi bruciati, rapimenti, e bambini che non vanno a scuola. Alcune persone sono venute dalla Germania, dagli Stati Uniti e restano una settimana in attesa di ripartire. Altri sono venuti dal Nord Est e dal Sud est del Camerun. Anche alcuni separatisti attendono di parteciparvi, mentre da varie parti e personalità del Camerun giungono approvazioni e aiuti per la realizzazione del progetto. Il cardinale ha ricevuto la visita di numerosi responsabili e capi tradizionali e persino alcuni ministri. "Il corpo diplomatico è con noi e pronto ad aiutarci", dice con gioia il Cardinale.


Beatificazione dei 19 martiri dell'Algeria

23 novembre 2018


Una grazia per la nostra Chiesa.

Mons Paul Desfarges, arcivescovo di Algeri, ha scritto una lettera pastorale in preparazione della beatificazione dei 19 martiri dell'Algeria dell'8 dicembre prossimo a Orano. La lettera inizia così: "La Chiesa offre alla nostra Chiesa e al nostro mondo 19 nostri frateli e sorelle come modelli per la nostra vita di discepoli, oggi e domani. Beati, sono davanti a noi sul cammino di testimonianza che la nostra Chiesa è chiamata a dare su questa terra d'Algeria che fin dal primo secolo è stata irrigata dal sangue dei martiri. (...) Riceviamo la loro beatificazione come una conferma della vocazione della nostra Chiesa a essere, come ci domanda il Santo Padre, "sacramento della carità di Cristo" per tutto il popolo dove essa è piantata".

La lettera è bella e densa con testimonianze dei martiri, uomini e donne. Sembra sviluppi il cammino verso la donazione della vita e di apertura alla santità vissuto dai martiri ma anche il modello per ogni cristiano, guidata dal pensiero del Papa Francesco Gaudete et exultate. Il testamento di Christian de Chergé è il testo base che aiuta a capire l'ispirazione che ha sostenuto non solo la vita dei 19, ma anche di come la Chiesa continua a donarsi in Algeria. La lettera merita di essere meditata soprattutto nelle testimonianze.

Suor Caridad : "Sono molto contenta, quando la gente viene. Preparo tutto col mio cuore e con la mia anima. Per me la missione è : disponibilità, gioia, accoglienza..."

Suor Odette : "La nostra ricerca contemplativa del volto di Dio... è un cammino privilegiato per vivere questo incontro con l'Islam in un dialogo religioso, spesso silenzioso, rispettoso, attento. Immersi in Dio in un popolo diverso, assumere in noi, nella nostra povera vita quotidiana, tutta la ricerca della Chiesa, e concretizzarla in piccoli atti banali, nascosti, gratuiti, che si vorrebbe portatori d'amore e di comunione. Tensione silenziosa verso Dio nell'attesa... nella speranza, col cuore sempre aperto all'altro, attento al suo cammino... attraverso tempi lunghi, le lentezze dell'amicizia e dei suoi tesori".

Fratel Luca, medico : "La salvezza ci viene dagli altri che sono per noi la presenza di Dio che chiama alla vita. La Fede salva volgendo il nostro sguardo verso un altro... crea relazione che strappa dalla solitudine mortale. Ogni volta che lasciamo la preoccupazione per noi, per l'attenzione all'altro, viviamo questa Fede che, anche inconsciamente, è Fede in Dio e "perdere la vita per il Cristo".

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Chiesa dalle genti, radunati dalla speranza

5 novembre 2018

Concludendo e sintetizzando i lavori del Sinodo, l'arcivescovo di Milano, Mario Delpini, ha detto: "Siamo il popolo radunato dalla speranza, convinto dalla fede nelle promesse di Dio, animato dal dono dello Spirito Santo... popolo della comunione al futuro... (...) popolo in cammino... Chiesa sempre più multietnica, in una società sempre più multietnica che cerca vie nuove per annunciare e vivere il Vangelo ed essere sempre più autenticamente ambrosiana... e cattolica... e universale. Le preghiere e i canti in italiano e in latino. Ma anche in inglese, in francese, in spagnolo, in tigrino, in romeno, in ucraino. Che cos'è che unisce i molti? Quale via perché le genti si raccolgano nell'unica Chiesa per diventare un cuore solo e un'anima sola? La comunione al futuro si racconta come un cammino. Non si tratta di attuare una normativa, né di dare vita a nuove strutture e istituzioni, ma alzare lo sguardo sulla Sposa dell'Agnello per appassionarsi dell'audacia di un cammino che non si lascia intralciare dalla paure del nuovo, dalla paura dell'altro, da ciò che mette in discussione le abitudini consolidate e anacronistiche. Siamo il popolo radunato dalla speranza, della comunione al futuro che si fa incontro... a tutti.

Quattro le sfide da affrontare :

- Sfida pastorale : riconoscere come parte integrante della Chiesa Ambrosiana i cattolici di altri Paesi, riti, lingue, culture.

- Sfida spirituale e la chance ecumenica con cristiani di altre Chiese e confessioni, soprattutto ortodossi.

- Sfida identitaria e opportunità per lo sviluppo del dialogo interreligioso, per la presenza numerosa di fedeli musulmani.

- Sfida per la presenza degli stranieri della fede... battezzati in terre ambrosiane... la cui fede pare inaridita.

Chiesa con vocazione profetica per realizzare integrazione e relazione positiva superando le difficoltà generate dagli intensi flussi migratori. Capace anche di apportare il proprio specifico contributo in termini di maturazione di una coscienza politica orientata al bene comune e al riconoscimento dell'appartenenza di tutti all'unica famiglia umana".

Sto facendo la valigia

7 novembre 2018


Qualcuno ha detto che il missionario è l'uomo che non disfa mai la valigia. Giovedì prossimo, 15 novembre, partirò per il Camerun dove passerò due mesi, uno di insegnamento nel nostro seminario di Yaounde e uno di incontri con sacerdoti e catechisti africani. E' vero che ci sono pericoli in certe zone del Camerun, ma in ambito missionario i pericoli ci sono sempre e dappertutto, soprattutto quando in un modo o nell'altro si deve accostare la realtà viva e profonda di sofferenza e di ingiustizia in cui sta vivendo grand parte dell'umanità. Quello che è bello è quando puoi sentirti in grado di aiutare, amare, star vicino, incoraggiare e sentire anche di essere amato, non solo per quello che sei e che fai, ma per quello che rappresenti e che vuoi continuare a far vivere. Cristo chiede ai cristiani di continuare a mantenerlo vivo e attivo nella loro esistenza. Consacrandomi sacerdote, il santo Paolo VI, arcivescovo di Milano, mi disse che Gesù voleva mettere il suo cuore nel mio e il mio nel suo. Ora vivendo a Sotto il Monte, accanto a Papa Giovanni, mi lascio formare ancora alla sua bontà e alla sua apertura mondiale. Aveva detto: "Tutto il mondo è la mia famiglia. Questo senso di appartenenza universale deve dare tono e vivacità alla mia mente, al mio cuore, alle mie azioni. Questa visione, questo sentimento di universalità vivificherà innanzi tutto la mia costante ed ininterrotta preghiera quotidiana".

Ricordo a voi, miei amici, che ho sempre vissuto con voi la mia vita missionaria. Continuate ad accompagnarmi con la preghiera.

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Risorgere, Kum, tema di Dialogo

22 ottobre 2018


Silvia Camisasca in Avvenire del 18 ottobre 2018 ci fa dono di una pagina intera su un prossimo dibattito : Rinascere a nuova vita per condividere e rigenerare l'altro in una sorta di rivoluzione della responsabilità universale.

Assistendo alle proposte di questi incontri interreligiosi, vedo con interesse l'invito ad aprirsi, ad ascoltare e a fidarsi della Parola dell'Altro. Al festival Kum di Ancona del 21 ottobre 2018, dialogheranno il teologo don Luigi Epicoco, il monaco buddista Rinpoce e il rabbino Della Rocca Roberto. Talitha kum significa 'Bambina, alzati', ordine rivolto da Gesù alla figlia morta del rabbino (Mc, 5-41). Filosofi, psicanalisti, storici e teologi saranno a confronto attorno al grande tema delle Resurrezioni : un'occasione di riflessione sui molteplici significati del "rinascere" dalle ceneri della sofferenza. Interrogarsi sul bisogno di prendersi cura dell'altro, di farsi carico delle croci dell'umanità, di condividere un percorso comune: quello di restituire vita alla vita. Tentativo laico e coraggioso di sdoganare un tema tanto complesso.

Così si annuncia don Epicoco: "E' l'esperienza liberante di chi riesce a ripartire. Credere in Cristo non è solo condivisione di pensiero, ma accettazione di quella resurrezione".

Il lama buddista Rinpoce : E' il risveglio di questa umanità confusa. All'uomo vinto dalla sofferenza Dio dice "Alzati", e "Risvegliati" è il monito di Buddha all'uomo caduto nel sonno delle illusioni : inviti simili a uscire dal torpore della morte interiore e risorgere a nuova vita".

Il rabbino Della Rocca : "E' l'Eterno che ci chiede di realizzarci in pienezza. Su quale rinascere o risorgere si possono incontrare tutti gli uomini, al di là del loro sentire religioso? Al di là di ogni fede, dove si ritrova la grande attualità della Resurrezione?".

Don Epicoco precisa : "Sdoganare questo tema e metterlo al centro dell'attenzione del dibattito significa dire che quello che può apparentemente sembrare un problema teologico, pervade l'uomo in quanto tale, lo coinvolge nel suo complesso. In un tema simile non è in gioco solo l'anima, ma la persona tutta intera".

E Costantino Gilardi, domenicano psicanalista : "Ogni colpo d'ala, ogni volta che il bene è più forte del male, ogni volta che la luce è più forte delle tenebre e ogni volta che la vita è più forte della morte, si compie una piccola grande risurrezione. E vi sono risurrezioni laiche e risurrezioni dall'alto, senza poter mai dire dove inizia una e finisce l'altra".


Papa Giovanni accoglie e benedice i frutti del Concilio

27 ottobre 2018


Oggi, 26 ottobre 2018, nella nostra chiesa di Sotto il Monte accanto alla casa natale di Papa Giovanni, ho assistito alla celebrazione della Parola e della comunione eucaristica presieduta da un Diacono. La chiesa era piena di pellegrini tedeschi e il diacono, tedesco pure lui, con le carte in regola, si è presentato a chiederci i paramenti per un diacono e le chiavi del tabernacolo. Ho seguito tutta la celebrazione : canti ben preparati, buona partecipazione dei fedeli, letture della liturgia della messa del giorno, omelia, intenzioni, preghiere di preparazione alla comunione e assunzione del diacono e dei fedeli dell'Eucaristia, ringraziamento con preghiere e canti. Certo, il diacono non ha consacrato il pane eucaristico, ma ha potuto aprire il tabernacolo, prendere tra le mani l'Eucaristia e condividerla coi fedeli. Ero sorpreso e contento di come si svolgeva la celebrazione. Partendo, il diacono mi disse che il loro parroco si era ammalato ed era incaricato a guidare e ad animare il pellegrinaggio.

Ho pensato a Papa Giovanni che accoglie, accompagna e benedice con gioia questi pellegrinaggi provenienti da tutto il mondo. Deve anche sentirsi soddisfatto e fiero di constatare i frutti del Concilio, voluto da lui.

Il primo frutto che ho visto è quello del diaconato permanente, ripristinato dal Concilio e che in questi ultimi decenni ha conosciuto in numerosi luoghi forte impulso e ha prodotto frutti promettenti, a tutto vantaggio dell'urgente opera missionaria di nuova evangelizzazione.

Il secondo frutto è quello del cambiamento della lingua voluto da Papa Giovanni. Qui a Sotto il Monte senti le preghiere in tutte le lingue. Dal Concilio Vaticano II, la Chiesa non utilizza più il latino come lingua esclusiva delle liturgie Romana ed Ambrosiana e dei riti latini della Chiesa cattolica. Papa Giovanni in Paradiso è lieto di sentire tutte le lingue del mondo.

Il pellegrinaggio a Sotto il Monte continua a essere simbolo vivo ed efficace del cammino verso il Paradiso con la carezza e la benedizione di Papa Giovanni e soprattutto con la forza del pane vivo di Gesù Eucaristia che dà forza, fede e rinnova il cuore. Con la sorpresa di sentirsi tutti in cammino, accanto a fratelli di ogni continente.


I Fidei Donum italiani scrivono una pagina nuova

29 ottobre 2018


Già l'avevano scritta qualche anno fa quando i vescovi del triveneto avevano preso la decisione di mandare in Asia i presbiteri che vi si rendevano disponibili. Si trattava di una novità importante perché fino allora si partiva soprattutto per l'Africa e per l'America Latina. Altre pagine nuove le hanno scritte i laici, Fidei Donum pure loro. Si assiste già alla consegna del crocifisso a delle coppie e del piccolo crocifisso ai loro figli.

Su questo argomento, tempo fa, il teologo trevigiano Franco Marton aveva espresso anche un suo sogno: "Ad Ambam, in Camerun, per qualche anno sono vissuti insieme alcuni Fidei donum di Treviso, alcuni ‘padri missionari’ del Pime e anche qualche laica lombarda. (...) Ripensando al tutto si potrebbe anche guardare al futuro con coraggio. Nulla impedisce che un Vescovo, a nome della sua chiesa locale, invii ad gentes una équipe formata da Fidei donum della sua diocesi, da religiosi o religiose missionari di qualche Istituto, battezzati nella sua chiesa locale, con laici o laiche della stessa chiesa. In qualche rara diocesi si sta già facendo. (....)da un punto di vista teologico il progetto starebbe perfettamente in piedi, come dal punto di vista del Concilio. Avrebbe, inoltre, una forza spirituale molto grande, perché tutti i membri dell’équipe si sentirebbero spinti ad aiutarsi nell’approfondire la propria fede, attingendo tutti a quello Spirito che resta il vero protagonista della missione. Non dovrebbe essere vista come una ‘soluzione pastorale’, subita da una chiesa locale ormai ridotta nei numeri delle vocazioni missionarie, ma come una scelta consapevole e motivata. Stiamo sognando o stiamo guardando al futuro con lo sguardo di un missionario che continuiamo a chiamar indifferentemente don Silvano o Padre Silvano, intuendo che dietro a questa benefica ‘confusione’ potrebbe nascondersi qualcosa di buono per il futuro della missione della diocesi? Se ci fosse il coraggio di rischiare…".

Leggo oggi in Avvenire, 27 ottobre 2018: "Stasera in Duomo Delpini invierà 11 "fidei donum" e ne accoglierà otto. E' la prima volta che leggo questo : ... invierà... e accoglierà... Accoglierà cioè i preti inviati da diocesi africane alla diocesi di Milano, dove si dedicheranno agli studi o al servizio pastorale. In realtà nell' attuale diocesi di Milano, definita ora Chiesa dalle Genti, gli stranieri sono numerosi e hanno bisogno di assistenza di vario genere e alcuni preti provenienti dai loro paesi, sono già al loro servizio".

Altra novità per me : In questi giorni ho ricevuto la lettera di un presbitero Tupuri del Nord del Camerun che avevo conosciuto ragazzo mentre era col padre catechista nel centro che dirigevo. Mi dice che sta preparandosi a raggiungere una parrocchia di Francia come Fidei Donum.

Alcuni vescovi, ultimamente, si sono sentiti costretti a limitare la partenza dei loro presbiteri, ma ce ne sono ancora alcuni convinti dell'importanza del dono e dell'apertura della loro diocesi e permettono ad alcuni presbiteri di partire. Oggi sta nascendo in qualche vescovo italiano anche la possibilità di mandare in Francia o in qualche paese europeo, qualche suo presbitero per aiutare una parrocchia senza prete, ma anche con un progetto di comunione tra diocesi europee perché ormai si vive una comune situazione di sofferenza e quindi anche di vivere la ricerca insieme di come affrontare situazioni comuni e trovare soluzioni da condividere e sostenere.

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Collaborazione tra Chiese sui Migranti

3 ottobre 2018


I vescovi della Regione Nord dell'Africa (CERNA) riuniti a Tangeri (Marocco) il 23-26 settembre scorso, nel comunicato finale sul tema dei Migranti, dicono : "La migrazione in situazione di aumento nel mondo intero resta per noi la più grande realtà di sofferenza che accostiamo nei nostri paesi. Ci interroga sulla nostra solidarietà presso quelli che soffrono e più ampiamente sul rispetto per ogni persona umana, in qualsiasi situazione si trovi. Denunciamo il disprezzo dei diritti fondamentali verso i Migranti. Impegnamo la nostra solidarietà fattivamente verso di loro nei quali riconosciamo il volto sofferente di Cristo nostro Signore. Ci siamo trovati d'accordo e sostenuti in questa decisione nella condivisione di esperienze con la commissione per i Migranti (CEMI) della conferenza episcopale italiana (...), venuta a Tangeri per rendersi conto della situazione. Questo ci incoraggia a collaborare per poter affrontare insieme la grande sfida per le nostre Chiese e per le nostre società divise.


Non senza l'altro

15 ottobre 2018


Leggo nel giornale L'eco di Bergamo di lunedì 15 ottobre 2018 :

La comunità di sant'Egidio ha organizzato a Bologna un Meeting internazionale sull'attualità delle parole di Paolo VI sulla guerra : "Non più gli uni contro gli altri o senza gli altri. L'umanità deve porre fine alla guerra o la guerra porrà fine all'umanità". Queste parole sono risuonate al Meeting per bocca del vescovo di Bologna Matteo Zuppi. Erano presenti molti rappresentanti di tutte le religioni del mondo. Una delle relazioni introduttive è stata affidata a Ahmad el-Tayyeb, grande imam dell'università di Azhar del Cairo. Ha affermato : "Il terrorismo che getta nel panico coloro che vivono in pace e li priva della sicurezza, non può essere l’operato di un popolo credente. Questo comportamento è sicuramente opera di un gruppo di persone che sono facili preda di disinformazione, di lavaggio del cervello, del commercio delle coscienze e anime”. Parlerà anche Bernice, la figlia di Martin Luther King, per invitare a costruire un mondo senza razzismo e violenza. Il vescovo di Bologna ha detto : "Il pericolo oggi è proprio quello di stare senza l'altro, circostanza alla quale non possiamo abituarci, come scongiurava Paolo VI". E Papa Francesco nel suo messaggio al Meeting: "Siamo chiamati ad impegnarsi insieme per congiungere le persone e i popoli. Il timore più grave è l'indifferenza per cui non basta accontentarsi di stare in pace".

La parola chiave del Meeting è Dialogo con l'impegno di costruire ponti. Riccardi della comunità sant'Egidio ha ricordato che Paolo VI vedeva nel dialogo "un'origine trascendentale, con intenzione stessa di Dio".

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L'Islam che... pensiamo ma non esiste

15 settembre 2018


Riassumo di quanto l'Avvenire (14.09.'18) riporta su un saggio dello storico Aydin* che spiega come sia nato il fraintendimento sull'esistenza di un mondo musulmano unitario, idea oggi alimentata dagli estremismi contrapposti. Pare che i musulmani, circa 1.600.000 fedeli in tutto il mondo siano grosso modo un quarto dell'umanità e si sente dire di continuo che sono un tutt'uno una sola umma (in arabo: أمّة umma 'comunità', 'nazione', 'etnia') dei credenti che si riconoscono nell'unicità di Dio, nel Corano e nel messaggio di Maometto e che amano alludere a se stessi e ai loro correligionari chiamandosi "fratelli" e "sorelle". E' così, è così davvero, è stato sempre così? All'indomani della scomparsa del Profeta, l'Islam ha conosciuto la fitna : parola-chiave il cui campo lessicale è amplissimo e che va dalla lite tra vicini fino alla lotta civile e religiosa al tempo stesso tra comunità contrapposte. La fitna è dal VII secolo quella tra sunniti e sciiti e poi proseguì fino a cristallizzandosi nella lotta tra i due imperi musulmani, l'ottomano del sultano sunnita a ovest e degli shah sciiti a est. Continua oggi tra l'Arabia saudita e l'Iran dall'altra. Oggi il fondamentalismo islamico continua ad essere persuaso che esista "un mondo musulmano" compatto e coeso. Gli unici, veri nemici dei fondamentalisti musulmani e degli islamofobi... sono quanti cercano la convivenza nella discussione e nel rispetto reciproco. E' questa la proposta di Papa Francesco; è questa la proposta della comunità comunitaria musulmana almadiyya, animatrice di un simposio annuale di pace a Londra. L'unità universale e spirituale si attua nella pluralità intellettuale e nella diversità culturale.

* Cemi Aydin L'idea di mondo musulmano, Una storia intellettuale globale. Umma


Il martire cristiano, un semplice cristiano d'una speranza che è in lui

24 settembre 2018


La missione della Chiesa ha per vocazione l'amore". (Card Duval)

Traduco e riassumo un testo di alcuni amici di un gruppo di riflessione (GREA) per la prossima beatificazione dei 19 martiri dell'Algeria.

La beatificazione fa nascere alcune domande sul termine Martire, ormai titolo definitivo dei 19 beati per i cattolici e specialmente per i membri della Chiesa in Algeria. Inseriti dentro il popolo algerino e accostando la fede musulmana della maggior parte dei suoi abitanti, i membri della Chiesa cattolica sono portati a testimoniare ciò che caratterizza la loro fede in Dio e la ragione della loro speranza. Da ciò appare una tensione tra il cammino ordinario di ogni uomo e la particolarità del cristiano. Confessando la loro fede in Gesù Cristo, dicono anche che Dio è unico e che è Amore e Misericordia e in questo raggiungono la fede dei musulmani. Nel rapporto tra Dio e gli uomini c'è una comune chiamata a camminare sul "giusto cammino", ma la storia dice che all'interno dell'umanità nascono contrasti tra credenti e ogni forma di violenza. Qui sta la differenza: i cristiani testimoniano la speranza che vive in loro, credono profondamente che questa violenza il Cristo l'ha subita sulla croce. I cristiani si lasciano coinvolgere nel mistero profondo di un Dio che crea l'universo ma che rinuncia alla sua onnipotenza morendo sulla croce. Qui c'è la vocazione e la particolarità del cristiano. Papa Francesco vede il cristiano che vive i suoi limiti come persona ordinaria nella sua vita quotidiana e la sua fragilità davanti al male, soffre per il dramma della tortura e dell'uccisione della persona umana, ma porta una speranza che viene dalla fede e che si fonda sulla Resurrezione di Cristo e sulla prospettiva di un altro mondo, mondo interiore di pace e di giustizia. Diventa segno di speranza. Pur vivendo come gli altri, dice e testimonia qualcosa superiore a lui, per questo resta fratello e sorella di tutti. Uniti in questa speranza, i cristiani formano la Chiesa tra loro e vivono la beatificazione di 19 cristiani uccisi insieme a tanti uomini e donne e bambini, vittime della stessa violenza. La Chiesa onora in loro e in tanti altri lungo i secoli, persone che hanno cercato di dire che questa violenza... vendetta... egoismo... indifferenza... non sono le soluzioni ai conflitti e alle disuguaglianze tra uomini, e non sono neppure il progetto di Dio per noi tutti.


Don Alessandro Pronzato e Don Ermete Sattoloni

27 settembre 2018


Il cardinale Bergoglio adoperava i commentari al Vangelo scritti da don Alessandro Pronzato, ora defunto, per preparare le sue omelie. E, fatto Papa, non ha esitato a contattarlo. Una malattia polmonare lo costringe a un lungo ricovero al sanatorio di Pineta di Sortenna, in Valtellina, dove rimarrà a dirigere per vent’anni un centro di spiritualità. Scrisse 136 libri. Ne trovai uno a Beni Abbes (Algeria) su Don Ermete Sattoloni della diocesi di Nocera Umbra che dopo alcuni anni di parroco aveva voluto vivere a Beni Abbes, fattosi anche lui Piccolo Fratello assieme a Carlo Carretto. Leggete quanto scrisse dopo una sua visita:

“Fratel Ermete manovra la cazzuola con disinvoltura e non ha certo paura dei calli alle mani. Si distinguono perfettamente quando innalza l’ostia, oppure apre le palme al “Padre Nostro”. Fanno un bel vedere.

Due giorni prima della mia partenza, è venuto a cercarmi nella cella, prima ancora di andarsi a rinfrescare. Sai? Alessandro, oggi mi è successo un fatto curioso. Un manovale della mia squadra, durante la breve sosta di mezzogiorno, mi ha domandato all’improvviso: “Ermete, spiegami un po’ che cosa ha fatto di straordinario per te Gesù Cristo che lo ami tanto”. “Non so se ti rendi conto...E’ la prima volta, in tre anni, che mi sento rivolgere una domanda sulla mia fede. Guarda che strano. Embé, che devo dirti, Alessandro? Sono contento.”

Non posso guardarlo negli occhi. Ma mi porto dentro l’avvenimento. Mi servirà, ne avro’ bisogno, senza dubbio. Una parola su un argomento religioso in tre anni.

Penso ai nostri trionfalismi, alle nostre cifre, statistiche, registri, alle nostre “molteplici attività apostoliche”, all’ansia di vedere dei risultati, allo scoraggiamento per gli insuccessi, alle proteste contro l’indifferenza della gente e i tempi cattivi...”ma vale la pena di continuare cosi?”, “che cosa ci sto a fare in un ambiente come questo?”, “...per quel che ottengo..;”.

Ermete, invece, è felice. Ce l’ha fatta a piazzare una parola in tre anni. Un seme piccolissimo, invisibile, che “si perde” nella sterminata vastità del Sahara.

Può darsi, che fra tre anni, abbia la possibilità di buttarne un altro in quel deserto immenso, terrificante e meraviglioso.

Lui è felice. Perché sa che il deserto fiorisce soltanto a questo prezzo della pazienza, dell’amore. Non ha tempo di controllare i risultati, Ermete. Deve lavorare. Domani partirà presto, come al solito. E, come al solito, si sarà alzato due ore prima, per pregare.

Non dimenticherà certo di mettersi sotto l’ascella il lungo sfilatino. Al silenzio c’è avvezzo. Al digiuno, no. A quello sono abituati soltanto i suoi compagni musulmani che però si mangiano quotidianamente il suo pane. E magari sono curiosi di sapere cos’è Gesù Cristo per Ermete, proprio perché vedono che cos’è Ermete per loro.

Ermé, non ha per caso un piccolo seme di pazienza da gettare nel mio deserto di tutti i giorni?”

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Arrivederci, don Gianantonio, in Paradiso coi nostri amici del Nord Camerun

29 agosto 2018


Rapito da Boko Haram con don Gianpaolo Marta e una suora canadese, e poi liberato, era rientrato in Italia e ritornato al servizio di una parrocchia. Con don Gianantonio Allevi, prete Fidei Donum della diocesi di Vicenza, ho vissuto una lunga e profonda amicizia in Camerun, in Italia e dall’Algeria. Mentre era parroco in diocesi a Vicenza dopo i suoi primi anni vissuti in Camerun, mi confidò che sentiva ancora il desiderio di ritornarvi. Sapendomi in Algeria, mi scrisse: “Grazie sempre delle tue “meditazioni”….anche perché sono spesso imbevute di spirito foucauldiano. Dal 14 al 19 novembre noi qui (a Rimini) faremo l’Assemblea nazionale delle fraternità sacerdotali Jesus Caritas, sarebbe bello che mi scrivessi due righe “dall’Algeria” per noi che simpatizziamo per Fr. Charles e per tutti quelli che come te imparano “necessariamente” a vivere il suo stile…. ma comprendiamo appunto anche noi sempre di più che la Nuova evangelizzazione passerà con l’intuizione di Fr. Charles: l’icona di Nazareth e quella della Visitazione dovrebbero essere la nuova immagine di Chiesa… noi ci crediamo, ma è ancora difficile proporla nelle nostre “pastorali” così strutturate e ingabbiate negli strumenti umani". Quando scrissi che aspettavo un compagno perché ero solo, mi rispose: "Aspetti un Fidei Donum? Chissà… se il Signore chiama… Ciao”. Gli avevo risposto: “Coraggio, parti”!


Passione civile dei Valdesi

2 settembre 2018


La Tavola Valdese ha concluso (1 settembre 2018) una settimana di Sinodo. Eugenio Bernardini, rieletto moderatore ha sottolineato la "passione civile" dei Valdesi, il loro impegno per i migranti in "straodinaria convergenza ecumenica" con esplicito riferimento a papa Francesco e alla dichiarazione congiunta "L'Europa torni a difendere i diritti umani", firmata con il presidente della Chiesa evangelica tedesca dell'Hessen-Nassau, Volker Jung. Il Sinodo si è pronunciato sulla tutela dell'ambiente, sui diritti umani, la lotta alle mafie, il contrasto al femminicidio e l'impegno sul piano sociale e culturale. L'intento è di render conto del nuovo clima ecumenico creatosi con l'elezione di papa Francesco. Il documento pro eutanasia per ora è solo di autorevole orientamento di pensiero offerto ai singoli e alle Chiese.


Missionari della gioventù in Africa

6 settembre 2018


Riassumo e sottolineo la lettera inviata, in vista del Sinodo dei Giovani, al Papa ritenuto "un pastore che può guidarci col suo esempio e la sua saggezza", da un gruppo di giovani africani di età compresa tra i venti e i trent'anni, appartenenti a diverse chiese cristiane, che Anna Pozzi riporta in Avvenire del 6 settembre 2018. "Siamo impegnati a diventare "veri missionari nei confronti dei nostri giovani"... Ci sentiamo ispirati dalle Beatitudini e desideriamo vivere una vita di impegno per Gesù che sia pienamente africana... A volte siamo intimiditi di fronte alle strutture della Chiesa e all'atteggiamento prevalente dei nostri leader che è quello di istruirci, molto raramente quello di condividere con noi la gioia del Vangelo"... Sentendo l'importanza e il bisogno di modelli africani: "Conosciamo i martiri dell'Uganda e i "martiri della fratellanza" di Buta, in Burundi... sono un esempio di come il Vangelo può assumere e portare a un livello più alto le nostre tradizioni africane". Sul problema dell'ecumenismo e delle troppe divisioni - eredità anche della storia europea trasferita in Africa "osiamo suggerire che nel calendario ordinario delle nostre chiese locali, almeno una volta all'anno ci sia una celebrazione speciale per tutti i cristiani". Il rapporto coi musulmani "ha bisogno di crescere, così da poter lavorare insieme al servizio dell'umanità e di Dio in tutte le questioni secolari". Ricordando il messaggio del Papa durante la sua visita a Nairobi del 2015, i giovani esortano la Chiesa a "uscire per strada"... Infine, "ci rendiamo conto anche di una nostra debolezza: siamo tutti maschi!... ti assicuriamo che lavoreremo per migliorare l'inclusività e il rispetto... delle donne nella nostra società". " Continua a guidarci... Santo Padre".

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Santa Messa alla Madonna delle Caneve

23 luglio 2018


Oggi 21 luglio 2018, ho avuto la gioia di celebrare a Sotto il Monte nella cappellina della Madonna delle Caneve, tanto amata da Papa Giovanni. Prima di entrare, anch'io ho guardato la Madonna dalla finestra alla quale mamma Marina aveva sollevato il piccolo Angelo dicendogli che lo consacrava a lei. Il luogo è meraviglioso, sù... in collina, nascosto tra gli alberi, al fresco e al profumo di una natura amata e rispettata. La cappellina era piena di fedeli. Mi faceva da chierichetto un pro-pronipote, cioè figlio di un pro-nipote del Papa, aiutato da Don Angelo che vive a Sotto il Monte, prete molto impegnato in pensione. Era commovente assistere all'attenzione amorevole dell'anziano sacerdote mentre aiutava il bambino, fiero del suo servizio all'altare. Dopo la messa fui invitato a bere il caffé nella cucina della casetta attigua alla cappella. In una stanza, mi sembra di tre metri per cinque, mi sono trovato con una ventina di persone grandi e piccole, maschi e femmine, nipoti e pronipoti e adesso anche pro-pronipoti di Papa Roncalli che si ritrovano liberamente nella casetta di Nonna Pina, regina senza stellette, come avveniva un tempo nella casa di Marina, mamma di Angelo. Mentre bevevo il caffé, mi divertivo a guardarli. Si spostavano tranquillamente a parlarsi e a risolvere i loro impegni giornalieri. Cercavo di ritrovare in loro qualche tratto del volto di Papa Giovanni. Ora, scrivendo, mi sembra di rivivere un sogno.... quello vissuto questa mattina. Prima la celebrazione della Santa Messa in quel luogo e vicino a un pro-pronipote alto una spanna e insieme all'anziano sacerdote, quello come nei tempi passati. Poi quella famiglia, difficile a contarla, che respira pacatezza, riposante anche per chi ha la gioia di osservarla. Non vi mancheranno le difficoltà, certo, ma famiglie così, col cuore pacato e aperto, restano sempre l'ideale migliore. Vorrei anche augurare a tanti la fortuna di arrivare in quel luogo e di ricevere il dono che Dio fa ai pellegrini, cioè di lasciare casa e impegni quotidiani per salire un po' tra i boschi, darsi un'ora di riposo spirituale, ritrovare la serenità della preghiera, pace del cuore, e risentire la carezza di un uomo che tanto ha amato Dio e l'umanità.

Forme di comunicazione considerate non appropriate alla vita monastica

6 agosto 2018


Nell'OSSERVATORE ROMANO del 04 agosto 2018 leggo che il patriarca Teodoro II impone ai religiosi la chiusura dei profili internet. La notizia arriva dopo quella della morte in circostanze ancora da chiarire del vescovo copto ortodosso Epiphanius, abate del monastero di San Macario il Grande (Dayr Abu Maqar), trovato senza vita all’interno del monastero all’alba di domenica scorsa. Il religioso è stato ucciso mentre si recava ad adempiere l’ufficio delle preghiere mattutine. La morte violenta dell’abate ha, in sostanza, impresso una brusca accelerazione al profondo ripensamento già avviato nella Chiesa copta dal patriarca sul tema della comunicazione. Alcuni giorni prima, Tawadros (Teodoro) II ha invitato monaci e monache della Chiesa copta ortodossa, nessuno escluso, a chiudere entro breve tempo (un mese circa) gli account personali e gli eventuali blog da essi gestiti sui social media, come facebook e twitter. Entro quel termine di tempo dovranno prendere congedo dalle forme di comunicazione considerate non appropriate alla vita monastica, se non vogliono incorrere in pene canoniche. Il Patriarca disse: "Il tempo è il dono più prezioso che Dio ci concede ogni giorno e bisogna saperlo usare. I cristiani devono santificare il loro tempo». Le nuove disposizioni per i monaci copti sono state formulate dal comitato per i monasteri e la vita monastica del sinodo copto, convocato dal patriarca e a cui hanno preso parte diciannove tra vescovi e capi dei monasteri. Le misure puntano a custodire la vita monastica nel suo tradizionale tratto di condizione appartata dalle frenesie mondane, scandita da momenti di preghiera, lavoro e silenzio. Per questo viene chiesto ai monaci anche di ritirarsi dai social media.

Dopo le disposizioni ratificate dal patriarca, anche altri esponenti della gerarchia copta, come il vescovo Raphael, hanno annunciato la chiusura dei propri account e blog personali.


Fede e preghiera dell'altro musulmano in me

6 agosto 2018


Uscita da una famiglia musulmana e vivendo nella società musulmana, il prossimo che avvicino è musulmano e musulmana. Sono cristiana per grazia di Dio. Lo sono perché Dio è venuto ad incontrarmi ; mi ha chiamato e l'ho seguito. Incontrando Gesù ho trovato un tesoro, e questo ha prodotto in me una gioia che mi ha riempita e che desideravo condividere con quelli che vivevano con me. Ero come Andrea che dopo aver incontrato Gesù andò a trovare suo fratello Simone per annunciargli di aver trovato il Messia. Volevo condividere la mia gioia coi membri della mia famiglia, ma subito mi accorsi del pericolo in cui incorrevo, cioè di essere esclusa, rigettata, perseguita.

Allora nascosi la mia fede, mi sono rinchiusa in me per paura della reazione dell'altro. L'altro è mio fratello, mia sorella, il mio prossimo, il musulmano che non accetta che un altro cambi di religione e vede questo come un tradimento contro Dio e la comunità musulmana. Ciò proviene dalla sua convinzione di essere nella verità totale e che l'altro è nell'errore, che l'Islam è l'ultima delle religioni e che il suo profeta è l'ultimo dei profeti. Qualcuno della mia famiglia mi disse: "Farò di tutto per farti uscire da questa situazione, da questo indottrinamento". Altri :" E' mancata una buona relazione tra noi". Mia sorella mi nascose il passaporto perché non lasci il paese e non diventi cristiana. Ero diventata una persona che bisognava salvare dal baratro in cui ero caduta. Ma mio padre profondamente credente e timoroso di Dio, quando gli dissi : "Ora credo in Dio con l'aiuto del Vangelo e della Bibbia", mi disse :"Lo so, continua a farlo, ma dovresti anche leggere il Corano". La sua saggezza e la sua fede nel Dio Creatore gli hanno permesso di vedere il mio avvicinarmi a Dio come una cosa più grande e la sua parola non fu un rifiuto. Un'amica volle incontrarmi e chiedermi : "Sei sicura d'essere nella verità? Chi prende una religione diversa dall'Islam non è accettato da Dio". Me lo diceva con le lacrime e con una tale convinzione che mi sentii scossa nella fede. Ora frequentare la Messa e nutrirmi dell'Eucaristia, là dove abito, è sempre una lotta interiore. Ma Gesù mi accompagna e nel mio dubbio sento che Gesù mi dice : "Chi guarda indietro, non è degno di me". E ritrovo la forza dicendogli : "Signore, tu sei qui, ho fiducia in te, è per te che vado avanti, con te vado avanti, tienimi per mano".

Debole nella mia poca libertà d'azione, accetto la difficoltà e faccio attenzione a ciò che dico per non scuotere l'altro senza negare la mia fede in Gesù. Non penso di convertire l'altro, ma nella discrezione desidero poter vivere col mio prossimo nel rispetto delle differenze e nella gioia d'essere insieme. Prego spesso per i miei fratelli musulmani perché possano incontrare Gesù, il Salvatore: "Donaci Signore la tua saggezza e il tuo Santo Spirito perché ciascuno possa fare la tua volontà".

Vivo senza paura perché non ci si può fare del male tra gente che crede in Dio, anche se non abbiamo e non condividiamo la stessa fede e le stesse convinzioni. Gesù ci dice :" Vi riconosceranno miei discepoli per l'amore che vivrete tra voi". Ebbene, posso vivere l'amore vero e sincero anche col mio fratello musulmano, con mia sorella musulmana, lo stesso che vivo col mio fratello cristiano e con mia sorella cristiana.

N. Meriem

Extrait de l’écho de Constantine

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A Bari, incontro a porte chiuse e ecumenismo di popolo

9 luglio 2018


Vittoria Prisciandaro nella rivista CREDERE (8, 7, '18) presentando l'incontro ecumenico di Papa Francesco coi Patriarchi e i capi religiosi cristiani, ricorda che nel 1054 si tenne a Bari un concilio per tentare di riannodare il dialogo tra latini e greci. San Nicola, quindi, patrono di Bari, ha alimentato la vocazione ecumenica nella Chiesa da tanto tempo e continua ancora oggi. Il 21 maggio 1917 la reliquia è andata in pellegrinaggio a Mosca. E' stato un evento di popolo senza precedenti : due milioni e mezzo di pellegrini. Il Patriarca Kiril ha dichiarato: "Davvero Bari è il centro che unisce Oriente e Occidente". Ora Papa Francesco, presente a Bari, vive anche un momento a porte chiuse. Quale dialogo? Quale tema privato? Forse si deve pensare che l'ecumenismo procede col proprio ritmo, col suo metodo, coi suoi segreti. Come quando Papa Francesco incontrò il Patriarca Kiril a Cuba. Ma sappiamo che mentre il Papa incontra a porte chiuse, fuori il popolo accompagna l'evento invocando il Principe della Pace. L'ecumenismo è cammino di Chiesa. Mimmo Muolo, in AVVENIRE dell'8 giugno trae dai discorsi del Papa la volontà della Chiesa di farsi voce di chi non ce l'ha, contro l'indifferenza di chi non vede le lacrime del Medio Oriente e invita i membri delle Chiese a unirsi, a mettersi insieme, a pregare, ad agire e chiede che la solidarietà possa essere approfondita. L'unione dei cristiani è il più grande dono da ottenere e da realizzare per la pace e la vita del mondo. C'è da aspettarsi di risentire quanto affermava e scriveva con coraggio negli anni '40, l'apostolo dell'ecumenismo, Padre Paolo Manna, del PIME, nel suo libro : "I Fratelli separati e noi" : "L'unione sarà fatta quando i fratelli, ora divisi, si saranno riconosciuti e nei loro cuori avvamperà di nuovo l'amore". Paolo VI e Athenagora vivevano l'ecumenismo dell'amore. Suor Maddalena, Piccola Sorella di Gesù, incontra a Tre Fontane il Patriarca Athenagora e questi le chiede: “Come sta mio fratello Paolo VI?” Poi Athenagora racconta: “Siamo caduti (sic)le braccia dell’uno, nelle braccia dell’altro, l’anima dell’uno, nell’anima dell’altro. Ci hanno chiesto . “Quante volte?” Risposi: “Quando due fratelli si incontrano dopo nove secoli, gli abbracci non si contano!” – E in che lingua parlavate? - Risposi: “Dopo nove secoli, è il cuore che parla… ed è inesprimibile!”. Ora Papa Francesco parla dell'ecumenismo della sofferenza, del sangue : «Come il sangue dei martiri è stato seme di forza e di fertilità per la Chiesa, così la condivisione delle sofferenze quotidiane può divenire strumento efficace di unità».

Delpini e la bara.ka

17 luglio 2018


Bellissimo il senso della Benedizione del Cardinale Mario Delpini. Nella lettera pastorale per l’anno 2018-2019, ai cristiani impegnati in politica, nelle amministrazioni e nella società, il cardinale dice :“La proposta cristiana si offre come una benedizione, come l’indicazione di una possibilità di vita buona che ci convince e che si comunica come invito, che si confronta e contribuisce a definire nel concreto percorsi praticabili, persuasivi con l’intenzione di dare volto a una città dove sia desiderabile vivere”. “La dottrina sociale della Chiesa, il magistero della Chiesa sulla vita e sulla morte, sull’amore e il matrimonio, non sono una sistematica alternativa ai desideri degli uomini e delle donne, ma – evidenzia – sono una benedizione”.

Di solito si dice 'benedizione' l'invocazione della grazia e del favore di una o più divinità su qualcuno o qualcosa. Per estensione, è un'invocazione di bene per qualcuno o qualcosa. Qui il cardinale estende il senso della benedizione come segno, mezzo dell'amore, del dono, dell'azione di Dio attraverso la vita, l'azione e l'insegnamento della Chiesa e la pratica dei cristiani. Mi è piaciuto sentire la parola benedizione pronunciata in quel testo e mi ha ricordato quello che mi disse una signora araba, i primi giorni del mio vivere in Algeria, quando gli raccontavo che venivo dal Cameroun dopo tanti anni di vita missionaria per restare coi musulmani in Algeria : " Ma'za:lt elbara.ka!". "La benedizione non è finita!". Sentivo la gioia di essere accolto e riconosciuto dentro una mentalità di fede. Nel mondo arabo la bara.ka è intesa come una misteriosa forza sacra e benefica che emana da persone ritenute sante, oppure da oggetti o luoghi, o insegnamenti considerati sacri, e arreca grazie d'ordine materiale a coloro che tocchino quelle persone o cose, o anche indirettamente vengano con esse a contatto. La mia presenza in Algeria era considerata una benedizione da tanti amici musulmani.

Penso che il cardinale continuerà a dire e a spiegare il suo pensiero sulla benedizione-bara.ka, dono di Dio, della dottrina della Chiesa e di quanti l'ascoltano e "vivono percorsi praticabili, persuasivi con l’intenzione di dare volto a una città dove sia desiderabile vivere. La baraka.a che pioverà sulla città delle genti di Milano sarà che nessuno si sentirà straniero o non supportato. Si avrà la benedizione di imparare ed ascoltare lingue difficili… quelle dei cittadini del futuro che ci aiuteranno ad allargare i nostri orizzonti e il nostro pensiero".

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Tailandia unita col fiato sospeso sforzi fisici e nuova ondata di spiritualità

3 luglio 2018


Le ricerche della squadra di calcio intrappolata nelle grotte di Tham Luang, nel distretto settentrionale di Mae Sai, sono giunte al nono giorno. Agevolate dal miglioramento delle condizioni meteo, le squadre di soccorso annunciano che i sommozzatori si sono avvicinati oggi ad un'area rialzata, dove sperano ancora di trovare vivi i 12 bambini ed il loro allenatore. Mentre tutto il Paese segue l’evolversi della situazione con il fiato sospeso, gli sforzi fisici dei soccorritori sono accompagnati da una nuova ondata di spiritualità.

Questa mattina, diversi rappresentanti della minoranza tribale Lisu si sono recati presso l’entrata delle cavità sotterranee; hanno cantato e sacrificato polli e maiali in un'offerta al fiume e agli spiriti della foresta, implorando il ritorno sicuro dei ragazzi. “Stiamo chiedendo perdono per le cose che abbiamo fatto male, chiedendo loro (gli spiriti) di rilasciare i bambini”, ha dichiarato Anucha Poorirucha, 44 anni, capo villaggio della vicina provincia di Pai.

Più tardi, un eremita - conosciuto in tailandese come “reusee” - è stato visto in piedi immobile e silenzioso su una strada vicina , mentre i fedeli delle diverse religioni della nazione continuano a convergere presso le grotte. Riti d’offerta sono stati eseguiti nelle case, scuole e nei templi di tutto il Paese. Il Patriarca supremo, capo del clero buddista, ha invitato la Thailandia ad unirsi in preghiera per la salvezza della squadra. Cantando brani del Vangelo, diversi cristiani sono giunti a Tham Luang. Ai musulmani di tutta la nazione è stato chiesto di dedicare le preghiere del venerdì ai ragazzi dispersi. Chiang Rai (AsiaNews/Agenzie)


"Rompiamo il silenzio sull'Africa"

4 luglio 2018


Così Padre Alex Zanotelli nella rivista Mosaico di Pace ai giornalisti italiani. E continua: "E' inaccettabile il silenzio sulla situazione di guerra e di sofferenza di Somalia, Sudan, Libia, Eritrea, Centrafrica…. Ma i disperati della storia nessuno li fermerà".

Forse meditando una poesia di Turoldo, i giornalisti apriranno il cuore, la mente e diventeranno realmente 'Fratelli del Mondo' con lo scritto e la preghiera.

Tu padre del mondo

In una poesia, Turoldo chiama Papa Giovanni 'Padre del mondo', e ricorda che aveva definito 'appena un'aurora', 'un grande giorno per tutta l'umanità', il Concilio, il nascente ecumenismo e il risvegliarsi dei popoli poveri.

Papa Giovanni, tu padre del mondo, uomo della pace per tutte le terre: così hai scritto: a rispetto di tutte le fedi e razze e culture: "in terris", quale necessaria e libera armonia per tutto l'universo: tu che hai creduto alla Ragione perciò hai bollato di follia la guerra: Papa Giovanni, tu padre del mondo, uomo che eri serenamente timorato del divino mistero perciò non amavi i profeti di sventura e dicevi di quale pace soave lo spirito gode pur dentro la bufera: e tu per primo lassù così in alto, finalmente hai distinto l'errante dall'errore e perciò eri amico di tutto l'universo umano, e dicevi che verità antica per nuova lingua si fa novela... Papa Giovanni, tu padre del mondo, che mai dalla terra hai tagliato le radici mai rinnegata la origine tua di uomo della terra: i poveri sono ancora traditi e soli, impedita anche da noi la loro liberazione; e fratelli continuano ancora a morire di morte caina e il Grande Potere subito calpesta appena germogli di speranza accennano a fiorire: poiché nulla di nuovo deve avvenire e meno ancora se da Oriente!...E intanto il mondo è di nuovo ferito e più neppure alla porta del tempio attende: Papa Giovanni, tu padre del mondo, uomo di fede, ritorna...ritorna almeno tu a dirci: "poiché non ho né oro né argento... io vi dico: alzatevi e riprendete il cammino!..."

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Esequie a Rancio di Lecco

15 giugno 2018


Questa mattina, 13 giugno 2018, nella nostra casa di Rancio di Lecco, abbiamo salutato padre Luciano Lazzeri che fu padre spirituale nel nostro seminario di Milano. Venuto da Hong Kong, l'ho avuto vicino per alcuni anni e quindi ho usufruito della sua saggezza e del suo fraterno aiuto. Oltre ai parenti, erano presenti alcuni sacerdoti, il parroco di Bogliasco (Genova) dove padre Lazzeri aveva prestato servizio per 20 anni, un suo compagno di seminario di Como, don Donato di Isolaccia, padre Sergio Fossati e padre Achille Boccia del PIME, anche loro della comunità di Genova Nervi. La cerimonia è stata molto semplice. Dopo la messa il suo corpo è stato portato a Isolaccia dove riposerà con la sua gente. Trovandomi ora a Sotto il Monte, non manco di partecipare alle esequie dei nostri missionari e vivo sempre un bel momento di preghiera della famiglia del PIME. A volte è un confratello col quale ho lavorato vicino, come il padre Angelo Rusconi, padre spirituale del seminario, a volte si tratta di qualche anziano conosciuto da giovane seminarista, come il padre Redaelli, o di qualche conterraneo di Treviso, come il fratello Francesco Sartori. Oltre al rapporto coi defunti, durante le esequie avvengono incontri coi confratelli di Rancio e delle nostre case vicine che vi partecipano. Il saluto del Superiore Generale, presente o rappresentato da qualcuno o con uno suo scritto, fa sentire che si è membri di una famiglia. La presenza poi dei parenti e dei sacerdoti amici del missionario, realizza l'ampiezza della famiglia del Pime, unita nello spirito missionario, ritenuto e vissuto come dono di Dio. Ognuno di noi coglie il momento alla sua maniera. A me piace sentire crescere in me il legame vissuto sulla terra e che continuerà in Paradiso. Papa Benedetto, ai bambini di Milano che gli avevano chiesto come pensava il Paradiso, rispose : "Con la mia famiglia ho fissuto una infanzia bellissima. In Paradiso sarà ancora così". Il card Martini ha ricordato che Jacques Maritain descriveva con semplicità e profondità la misteriosa e tenera relazione che unisce ciascuno di noi con i membri della Chiesa che ci hanno preceduto nel regno eterno. Coloro che stanno presso Dio non cessano di interessarsi delle realtà per le quali si sono spesi nella vita terrena e che ora contemplano nella luce di Dio. Con loro possiamo entrare in conversazione, confidando ciò che ci sta a cuore e che anch'essi ebbero a cuore, per cui lavorarono e soffrirono". Il Pime è già una grande famiglia in Cielo. Manteniamo vivo il ricordo di tanti per poter poi vivere altrettanti incontri felici in Cielo.


Nuovo clima ecumenico a Ginevra

19 giugno 2018


Andando a Ginevra, giovedì prossimo, per il 70° anniversario del Consiglio Ecumenico delle Chiese, papa Francesco troverà un nuovo clima. Leggo in Avvenire del 19.06 l'intervista di Stefania Falasca al vescovo Farrel, leader del gruppo di lavoro, che dice : "La collaborazione tra la Chiesa cattolica e il consiglio ecumenico è cresciuto e affrontiamo insieme molte situazioni del mondo d'oggi. C'è un clima di maggiore cooperazione… di camminare, pregare, lavorare insieme. E la cooperazione continuerà a Roma dal 12 al 15 settembre prossimo nella conferenza su "Migrazione, Xenofobia e Populismo". Nell'intervista e nell'ambiente di preparazione si risentono accenti, desideri, volontà che ricordano e fanno pensare a quanto il santo Papa Giovanni aveva iniziato e acceso. Ci fa bene ed è incoraggiante rileggere le testimonianze di quel momento che spiegano il clima d'oggi.

Alla morte di Papa Giovanni, l'anglicano dott. Ramsey : "Con la freschezza delle sue vedute, la semplicità della sua devozione a Dio e il suo interesse per l'unità di tutti i cristiani, Papa Giovanni ha prodotto un urto costruttivo sulla storia del nostro tempo, egli è di quelli che vivono e muoiono vicinissimi a Dio e bruciano come il fuoco della carità divina che li riempie". Lord Fisher, arcivescovo di Canterbury, visitò il Papa nel dicembre 1960 e testimoniò : "Ha scosso la sua Chiesa e tutte le Chiese. Ancorché separate egli è riuscito a convincerle che sono fratelli nella Chiesa di Cristo e devono quindi intrattenere rapporti di buon vicinato. Ha acceso una luce che non si spegnerà". Il pastore Clark Fry ha detto ch'egli "loda Dio che ha donato questo Papa. I cuori dei cristiani di tutte le confessioni sono uniti ad un punto mai raggiunto da parecchi secoli, davanti al Papa dell'unità, universalmente stimato e amato... Avremmo voluto che i suoi giorni si prolungassero spalancando le porte della mutua comprensione, fondendo gli antagonismi che hanno separato i fratelli in Cristo... Preghìamo perché l'amore del suo spirito non si raffreddi e le dimensioni delle sue vedute non si restringano". Il pastore Westphal : "Il suo rifiuto d'indurimento che aggravano le divisioni, la sua volontà di rendere possibile un vero dialogo e relazioni nuove con le Chiese non romane, la sua grande preoccupazione di rinnovamento della Chiesa e d'apertura al mondo e la sua passione della pace e dell'unità, ci hanno riempiti di rispetto e di riconoscenza". Il priore di Taizé, Roger Schutz : "Sperava contro ogni speranza, ha avviato un processo di riconciliazione". Il pastore M. Boegner : " La sua preoccupazione di non dire nulla che potesse ferire i suoi "fratelli separati", c'impose a tutti la convinzione che tra ciascuno di noi e il sovrano pontefice della Chiesa cattolica, s'era stabilita una vivente comunione di fede, di speranza e di amore. (...) Abbiamo la certezza che qualcosa d'irreversibile è stato compiuto".

Accompagniamo papa Francesco col cuore in preghiera, nella fiducia e con gli stessi sentimenti di tanti, un tempo Fratelli separati, ora sentendosi uniti dallo Spirito Santo.

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Mi sento a casa

30 maggio 2018


In questi giorni, col ritorno di Papa Giovanni a Sotto il Monte, noi missionari del PIME incontriamo tanta gente anche nel segreto del confessionale. Siamo ancora agli inizi e solo fra alcuni giorni potremo fare un bilancio di questo evento che si fa sentire già straordinario. Parecchie espressioni dei pellegrini vanno nel senso di un ritorno... ripresa di ricordi, pace, serenità, bisogno di riconciliazione, di spiritualità. Conclusione di molti del paese e venuti da lontano : "Mi sento a casa".

Anche Papa Giovanni si sente a casa sua e risaluta tutti come faceva quando ritornava a Sotto il Monte. E così ha salutato l'ormai anziana signora ridicendole : "Rosina, te se balosina". Me lo ha detto lei...col sorriso e con qualche lacrima... di gioia.

Anche i bambini, i giovani, assistono e sentono in profondità l'emozione dei loro genitori. Sotto il Monte è commosso, risente Papa Giovanni vivo.

Sentiamo una nostalgia tremenda di condividere

9 giugno 2018


Nell'ECO DI BERGAMO dell' 8 giugno, leggiamo che il card Scola a sindaci, amministratori e politici riuniti a Sotto il Monte davanti a Papa Giovanni, dice : "Il lavoro di ricezione del Concilio Vaticano II sarà ancora lungo". Andrea Valesini, direttore del giornale, gli domanda : "Nelle encicliche del Papa, c'è anche un'idea di bene comune attualissimo. Che compito ha oggi la politica nella ricostruzione di un senso di comunità? Il cardinale risponde : "Oggi assistiamo ad una involuzione in questo campo. Per questo scopo rifarsi alla figura e all'insegnamento di Papa Giovanni è un'ottima garanzia". Nella stessa pagina del giornale, don Gianni Gualini immagina che Papa Giovanni rivolga delle domande alla sua gente, per esempio : "Vivete in pace tra voi?" e don Gianni, a nome della gente risponde : "Sentiamo una nostalgia tremenda di avere qualcosa di grande da condividere e per cui darci da fare". Poi si rivolge al Papa e gli dice : "Siamo contenti del tuo ritorno. Esso ci aiuta a ritrovare... la strada del Vangelo di Gesù, di cui il tuo volto ne è il riflesso". Il Concilio e Papa Giovanni ci aiutano a ritrovare la strada del Vangelo a condizione che lo vogliamo. La nostalgia ci deve portare a prendere sul serio i valori ricordati da Scola nelle encicliche del Papa intorno a quattro cardini : verità, giustizia, amore e libertà.

Nostalgia di condividere domanda di mantenere il cuore, la porta di casa, il volto aperti a tutti come ha fatto Papa Giovanni che salutando i cattolici Bulgari, ricordava la tradizione irlandese di mettere alla finestra delle case una candela accesa la notte di Natale, in ricordo di Giuseppe e Maria che cercavano un alloggio, e diceva: "Ovunque io sia, anche in capo al mondo, se un bulgaro passerà davanti alla mia casa troverà sempre alla finestra una candela accesa. Potrà battere alla mia porta... sia cattolico o ortodosso, troverà nella mia casa la più calda e la più affettuosa ospitalità".

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Un’intesa intorno al discorso su Dio

23 maggio 2018

In questi giorni il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha incontrato i patriarchi cattolici in Libano e alcuni responsabili musulmani. Vicino al cardinale siede la ministra sciita Inaya Ezeddine. «Diciamo no alla violenza – afferma – e sì alla giustizia». Richiama la Quaresima il muftì sciita Hassan Abdallah per dire che «vivere nella fede è una ricchezza» e il «rispetto di ogni credente è fondamentale». Per questo, aggiunge, «respingiamo ogni forma di estremismo». E il muftì vicino a Hezbollah, Nawef al-Mausawi, cita san Giovanni Crisostomo per evidenziare che le religioni «sono faro per i popoli»; poi richiama il Corano quando esorta «a essere vicini a chiunque crede». E sarà il muftì sunnita Medran al-Habbal a caldeggiare l’incontro «fra mezzaluna e croce, fra moschea e chiesa» perché si crei «un movimento mondiale per proteggere l’uomo dal degrado morale e spirituale». Fino a osservare: «Molti hanno voluto dividere cristiani e musulmani. Oggi servono capi religiosi che desiderino camminare sulla stessa strada». È quanto «insegna il Libano, luce per l’Oriente e l’Occidente», ribadisce Bassetti. E precisa monsignor Ivan Santus, incaricato d’affari ad interim della nunziatura apostolica: «La comunione è possibile quando si trova un’intesa intorno al discorso su Dio. Ed è proprio il Signore che permette l’incontro».


Non eroi cristiani

27 maggio 2018

Giorni fa, il vescovo di Orano, Jean Paul Vesco, ha scritto che si sente toccato profondamente nella preparazione della Beatificazione dei 19 religiosi morti in Algeria e desidera che tutto si svolga nel segno dell'umiltà. Non si tratta di celebrare degli eroi. I religiosi non si ritenevano cristiani eroi. Jean Paul Vesco era in noviziato in Francia quando fu ucciso il vescovo Pier Claverie, domenicano come lui, e si rese disponibile a partire. La stampa in questi giorni è impaziente di conoscere il decreto di beatificazione, la data e il luogo e sulla venuta del Papa Francesco in Algeria non si sa niente. Jean Paul spera che la beatificazione sia ad Orano, in Algeria, dove i religiosi erano rimasti durante la guerra civile che ha fatto 200.000 morti. Che cosa sono 19 cristiani tra 200.000 algerini e 100 Imams assassinati? Sì, si viva il momento in umiltà e che sia segno di speranza. La celebrazione sia un segno di prossimità fra comunità cristiane e musulmane secondo i legami di amicizia e solidarietà vissuti tra monaci e algerini durante la guerra civile. Non ci fu "odio della fede", ma si volle abbattere un simbolo come lo fu ultimamente in Francia per padre Hamel. Stessa cosa per i monaci di Tibherine e i religiosi. Quello che avvenne in Algeria continua oggi in varie parti del mondo. La beatificazione avviene in piena attualità e si svolgerà all'interno di un incontro interreligioso.

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Quali novità nel Pime?

2 maggio 2018


Non ricordo in quale contesto gli studenti del PIME del seminario di Yaounde mi abbiano domandato : "Qual'è l'avvenire del PIME?". Stavo vivendo, nel novembre 2017, con 24 studenti africani del Cameroun, Costa d'Avorio, Guinea Bissao e Ciad un mese di insegnamento di un corso di Storia delle Missioni che toccava anche la storia e la spiritualità del PIME. Un pò sorpreso della domanda, non tardai a rispondere: "L'avvenire del PIME siete voi!". Nove di loro verranno presto a Monza per continuare il loro percorso di formazione assieme a studenti indiani, brasiliani, bengalesi, birmani, fiippini e italiani. E la domanda : Quali novità nel PIME? resta di attualità vivente. Preparandomi a ritornare a Yaounde per il prossimo corso, e così contribuire alla formazione del PIME futuro, mi è capitato in mano il libro Francesco il Papa delle prime volte di Gerolamo Fazzini e Stefano Femminis con la prefazione di Federico Lombardi che dice :"Le Chiese "giovani" hanno molto da dare alla Chiesa universale". Questi nostri studenti, appartenenti alle Chiese giovani, non solo sono la continuità del PIME, ma apporteranno novità di vario genere dentro il vero spirito missionario. Anche il card Martini aveva toccato il tema della novità di vita del Cristianesimo dicendo : "La Chiesa è chiamata continuamente a distinguere l'essenziale dall'accessorio. L'essenziale è il vangelo, proclamare Gesù Cristo risorto, è insegnare a vivere come viveva Gesù. Tutto il resto è in funzione di questo". A commento del pensiero di Martini, il docente spagnolo di storia della Chiesa, Laboa Juan Maria Gallego scrive nel libro Perle di Martini: "Viviamo momenti forti. La cultura occidentale sta diventando una tra le altre culture, e nella stessa Chiesa coesistono diverse teologie, sia perché quella occidentale non risulta tanto suggestiva, sia perché in altre Chiese sorgono teologi interessanti che rispondono meglio alla sensibilità dei loro credenti. Francesco, il Papa venuto da lontano è oggi la speranza in un tempo di profondo cambiamento. Il cristianesimo non deve identificarsi con l'Occidente. Dobbiamo leggere e vivere le parole di Gesù a partire da esperienze e vissuti di altri popoli". Tornando al tema della formazione di studenti di varie nazionalità e culture e al libro Francesco il Papa delle prime volte, mi aspettavo di trovare novità di ordine filosofico e teologico. Indubbiamente ci sono e vanno conosciute. Ma Federico Lombardi dice che la più importante novità portata da Papa Francesco è dentro la sua fedeltà al Vangelo, la stessa fedeltà e novità che ogni popolo cristiano può vivere in ogni tempo. Leggo: "La straordinaria e inattesa energia che si manifesta nell'attività del nuovo Papa non trova altra spiegazione - anzitutto per lui stesso - se non nella "grazia di stato" che lo sostiene e accompagna nell'affrontare la nuova missione. (...) La tranquilla fiducia nell'accompagnamento dello Spirito è una sorgente molto abbondante di libertà interiore che si traduce subito nella libertà esteriore e nella spontaneità innovatrice di numerosi gesti e comportamenti, nei quali non vi è ombra di calcolo o di artificio. Francesco si sente libero di essere "normale", di essere "se stesso" senza particolari vincoli di protocollo, libero di esprimersi..., di prendere iniziative..., se vi vede un'occasione di servizio apostolico. (...). Diversi capitoli e contributi dell'enciclica Laudato si' mettono bene in luce che la novità è quindi da vedere piuttosto nella prospettiva pastorale-missionaria del pontificato di Francesco e nella sua ispirazione radicalmente ed esplicitamente evangelica. (...) Il suo centro si trova nel messaggio della misericordia... Le omelie "dialogiche" di Papa Francesco... ci mettono direttamente a confronto con la parola viva di Gesù, cosicché il Vangelo entra subito in rapporto con la vita concreta nostra e della gente comune. (...) Sembra svelarci un segreto: anche oggi, nel mondo globalizzato e tecnologico, l'evangelizzazione si fa con il Vangelo! (...) Altra novità di Papa Francesco è il modo e l'insistenza con cui parla del "discernimento" e del suo esercizio a tutti i livelli della Chiesa... nuovo da parte di un Papa. (...)... Papa che viene dalla viva esperienza ecclesiale dell'America Latina...ha certamente già fatto fiorire molte cose buone e nuove sul solido e antico tronco della vite del Signore!"

Non possiamo dimenticare che fu Papa Giovanni ad aprire una nuova pagina della storia dentro il Vangelo e "riconoscere i segni dei tempi, coglierne l'opportunità e guardare lontano". Una settimana prima di morire, egli trova il tempo per affidare ai più stretti collaboratori - il cardinale Cicognani, monsignor Dell'Acqua, monsignor Capovilla...- le sue ultime raccomandazioni. Quasi un testamento spirituale. "Ora più che mai, certo più che nei secoli passati, siamo intesi a servire l'uomo in quanto tale e non solo i cattolici; a difendere anzitutto e dovunque i diritti della persona umana e non solamente quelli della Chiesa cattolica... Non è il Vangelo che cambia: siamo noi che cominciamo a conoscerlo meglio. Chi è vissuto più a lungo e s'è trovato agli inizi del secolo in faccia ai compiti nuovi di un'attività sociale che investe tutto l'uomo; chi è stato, come io fui, vent'anni in Oriente, otto in Francia, e ha potuto confrontare culture e tradizioni diverse, sa che è giunto il momento di riconoscere i segni dei tempi, di coglierne l'opportunità e guardare lontano".

Ora, osservando Papa Francesco troviamo che la sua grande novità sta nella sua fedeltà al Vangelo vissuto in piena libertà e generosità. In realtà è il Vangelo che continua a essere vissuto in persone di ogni lingua, nazione, cultura e religione.

La novità all'interno del PIME, portata dai nuovi membri di nazioni, culture e tradizioni di altri paesi, sarà una vitalità evangelica animata ancora dallo Spirito sempre attivo e nuovo.

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L'arcivescono Delpini alla ricerca di una spiritualità dell'ospitalità

23 aprile 2018


Il 16 aprile scorso, l'Arcivescovo di Milano si è recato in Ucraina con cento giovani preti ambrosiani e ora spiega il senso del pellegrinaggio.

"Forse continuiamo a essere ingenui e domandarci : Per costruire l'Europa dei popoli, per costruire un mondo di pace, contano più gli interessi o le speranze? E' più efficace la diplomazia o la preghiera? Contano più le paure dei vecchi o i sogni dei giovani? Ce ne torniamo con molte domande e molti motivi per pregare. E' stato un pellegrinaggio con incontri e dialoghi sorprendenti. Alla scoperta di un'Ucraina "terra di martiri". Un viaggio dal tema :"La ricerca di una spiritualità dell'ospitalità" per prendere maggior consapevolezza che siamo Chiesa delle genti. "Gli ucraini possono contribuire allo slancio missionario delle vostre chiese" ha suggerito l'arcivescovo greco-cattolico Sviatovlav per l'accoglienza dei nostri migranti. E Delpini riconosce che "gli immigrati hanno un patrimonio di esperienze e di domande che

necessitano in noi un maggiore approfondimento. Vogliamo essere Chiesa che sa imparare dalle genti, che non riduce l'ospitalità al soccorso immediato, mettendo l'altro, invece, nella condizione di raccontare la sapienza che ci porta. La Chiesa, dunque, non come stazione di servizio dove si trova qualche genere di conforto, ma comunità di fratelli e di sorelle, chiamati ad essere pietre vive di un edificio santo".


Santità vicina ricordando padre Gheddo

28 aprile 2018


In questi giorni, il giornale Avvenire presentava l'ultimo documento di Papa Francesco Gaudete et exsulate con questo titolo Santità vicina. Ho trasalito di gioia ricordando quanto avevo scritto in Missionari del PIME all'occasione della beatificazione del padre Vismara con lo stesso titolo Santità vicina : "Questo avvenimento mi resterà a lungo impresso. Momenti belli, sentimenti forti, incontri…

Ci tengo a comunicarvene tre.

Trovandoci insieme, noi missionari del Pime, abbiamo vissuto questi giorni con gioia serena e con semplicità. La frase più bella sentita riguarda un ricordo di padre Filipazzi, uno dei compagni del Vismara, che quando sentì che si incominciava il suo processo di beatificazione, esclamò: “Se fanno beato lui, devono fare beati tutti noi!”.

Ne ho visti tanti di missionari birmani, compreso il Bellotti, venuto poi in Camerun, ed erano tutti dello stesso calibro ed entusiasmo.

La seconda cosa straordinaria è Agrate. Se Vismara è stato riconosciuto ufficialmente beato è perché lui ha vissuto in Birmania ma strettamente unito alla sua parrocchia. E il gruppo missionario l’ha sempre sostenuto, sobbarcandosi poi e in modo meraviglioso, anche economicamente, tutto il cammino e tutta la celebrazione della beatificazione.

Il terzo è il pensiero della santità. Ho sentito in questi giorni che la santità è vicina. (...) Sapendo che c’è una lista dei nostri in procinto di essere riconosciuti tali dalla Chiesa, basterebbe che mi impegnassi un pochino di più, non per essere riconosciuto, ma per esserlo veramente. Dimentico però una cosa. Ci vuole, è vero, una scelta precisa e fedele, ma nello stesso tempo ci vuole la caparbietà di padre Clemente di stare unito a Gesù e alla gente e di lasciarsi guidare. Questa caparbietà è dono ricevuto da Dio".

Per continuare in clima pimino, ricordo ancora che quando ci si preparava alla beatificazione del Vismara, qualcuno diceva : "Non stiamo troppo vicini a padre Gheddo perché fa santi anche noi", e padre Gianbattista Zanchi avrebbe aggiunto : "Si, pensiamoci pure..., ma prima mettiamo nel testamento dove trovare i soldi". Ora forse, dopo la morte di padre Gheddo, qualcuno penserà : "Senza padre Gheddo, avremo ancora dei santi?". Non esageriamo, padre Gheddo coi suoi scritti e la passione pimina ha contribuito solamente. Ne avremo altri ancora... Ma oggi pensando che Papa Francesco vuole far risuonare la chiamata alla santità, nel contesto attuale, e aiutarci a tenere ben largo il nostro sguardo, tenendo ben dritta la direzione del cammino della traiettoria della santità, possiamo rileggere uno scritto di Gheddo, appassionato di fedeltà al nostro carisma.

"Tornare al nostro carisma missionario vuol dire informarci di più del lavoro missionario che il Pime svolge sul campo delle missioni. Io credo che la nostra “formazione permanente”, come membri di un Istituto missionario sia questa: conoscere e far conoscere la nostra vocazione e far conoscere il Pime e il lavoro del Pime per la Chiesa e il Regno di Dio. Ma per fare questo, tutti assieme, dobbiamo essere convinti ed entusiasti della nostra vocazione. Noi siamo missionari anche se siamo in Italia, il che vuol dire innamorati della nostra vocazione, del nostro ideale, del nostro Istituto. Il Superiore generale, padre Gian Battista Zanchi, ha scritto (vedi “Il Vincolo” n. 228, dicembre 2010) : “La crisi, che tutti gli istituti e le congregazioni stano sperimentando può e deve diventare un’occasione di purificazione, ci sta aiutando ad andare all’essenziale della nostra vita… Dobbiamo credere che il nostro carisma è ancora attuale… Il cuore della nostra crisi sta proprio nel fatto che anche noi siamo travolti dalla sfiducia generale e poco crediamo che abbiamo qualcosa da dire e da proporre alla Chiesa e al mondo. Forse ci sarà bisogno di rivedere lo stile, le modalità, il modo….ma se dovesse capitare di pensare che “non c’è nulla da fare”, allora è meglio ritirarsi. Già in passato avevo scritto che la crisi ci obbliga ad una maggior coscienza delle nostre responsabilità”.

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L'Algeria si sentirà amata e più unita

11 aprile 2018

Il ministro degli Esteri Abdelkader Messahel in un’intervista rilasciata a Parigi all’emittente televisiva France 24, ha detto: «L’Algeria ha dato il suo benestare alla beatificazione in Algeria dei monaci di Tibhirine e degli altri religiosi uccisi durante gli anni Novanta e questa notizia è stata comunicata al Vaticano».

Ora possiamo prepararci all'evento. Il fatto che la beatificazione potrà avvenire in Algeria sarà un fatto molto importante non solo per la piccola Chiesa locale, ma anche per i tanti amici musulmani che non hanno dimenticato i religiosi che proprio in nome dell’amicizia con questo popolo hanno deciso di non abbandonarlo nell’ora più difficile, pagando con il prezzo della propria vita, questa scelta.

Sulla grave situazione degli anni Novanta, il 2 gennaio 1994, i Vescovi avevano scritto alla Chiesa in Algeria : “Camminando, con il popolo algerino siamo presi dal vortice di una crisi la cui conclusione si fa attendere. Non possiamo sapere cosa ci riserva l’avvenire...In questi tempi di incertezza, continuate a fare coscienziosamente il vostro lavoro, sapendo, con i numerosi amici algerini, che ponete le basi più sicure per l’avvenire. Noi vogliamo anzitutto rendere grazie a Dio per questa serenità e tenacia in mezzo a difficoltà quotidiane talvolta angoscianti”.

Il priore di Notre Dame de l’Atlas, padre Christian Marie de Chergé, aveva scritto tre anni prima della sua tragica morte, nel testamento spirituale: “Se mi capitasse un giorno (e potrebbe essere anche oggi) di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, mi piacerebbe che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia si ricordassero che la mia vita era donata a Dio e a quel Paese…"

All’annuncio del riconoscimento del martirio di questi 19 missionari da parte della Santa Sede, e quindi della loro prossima beatificazione, i Vescovi hanno scritto: “La loro morte ha rivelato che le loro vite erano al servizio di tutti: i poveri, le donne in difficoltà, i disabili, i giovani, tutti musulmani… I più angosciati, al momento della loro tragica morte, furono i loro amici e vicini musulmani, che si vergognavano si usasse il nome dell'Islam per commettere tali atti.... Queste beatificazioni sono una luce per il nostro presente e per il futuro"

Alla beatificazione dei 19 religiosi, l'Algeria si sentirà amata e più unita. Ce lo assicura la lettera di una mamma algerina musulmana dopo l’uccisione dei sette monaci. "Dopo la tragedia e il “sacrificio vissuto da voi e da noi, dopo le lacrime e il messaggio di vita, di onore e di tolleranza trasmesso a voi e a noi dai nostri fratelli monaci, ho deciso di leggere il testamento di Christian, ad alta voce e con profonda commozione, ai miei figli perché ho sentito che era destinato a tutti e a tutte. Volevo dire loro il messaggio di amore per Dio e per gli uomini... Nostro compito è quello di continuare il cammino di pace, di amore di Dio e dell’uomo nelle sue differenze. Nostro compito è innaffiare i semi affidatici dai nostri fratelli monaci affinché i fiori crescano un po’ ovunque, belli nella loro varietà di colori e profumi. La chiesa cristiana con la sua presenza tra noi continui a costruire con noi l’Algeria della libertà delle fedi e delle differenze, l’universale e l’umanità... Grazie alla chiesa di essere presente in mezzo a noi oggi... Grazie a voi monaci per il vostro grande cuore: continui a battere per noi, sempre presente, sempre tra noi…E ora riposino tutti in pace, a casa loro, in Algeria". (lettera firmata. 01.06.96)

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Questa volta la cartolina è un articolo... per la Settimana Santa, incoraggiato da quanto leggo in Avvenire: Si piange Frizzi, volto e cuore della TV più gentile. Valeria: "Mi donò il suo midollo, gli devo la vita". Vi trasmetto il contenuto di due incontri che ho tenuti in questi giorni. Con tanti auguri di Buona Pasqua.

Come "dire" Gesù nel mondo "plurale" d'oggi?

27 marzo 2018

Il libro "Solo con l'altro. Il Cristianesimo, un'identità in relazione" (Emi), scritto da Erio Catellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola, presentato in Avvenire del 22 marzo 2018, tratta questo argomento: Come "dire" Gesù nel mondo "plurale" d'oggi? Il testo indaga nel dualismo dialogo/annuncio cristiano che ha spesso contrapposto pensatori e diviso anche i credenti. Il libro mi interessa molto anche perché anch'io sono stato oggetto e soggetto di interrogativi, quando dopo trenta anni di annuncio e evangelizzazione vissuta in Cameroun, sono passato in Algeria e vissuto dieci anni, mentre anche alcuni membri dell'Istituto missionario PIME si chiedevano perché sprecare missionari nel deserto dell'Algeria dove non ci sono cristiani.

Il brano del libro presentato continua dicendo: "I cristiani non devono aver paura del plurale, sia perché Gesù stesso è stato compreso e annunciato fin dall'inizio in diversi modi, sia perché l'accoglienza della sua singolarità permette di discriminare il vero dal falso pluralismo e di apprezzare tutto ciò che di autentico vi è nella pluralità delle culture e delle religioni. (...) Da qui la necessità per la Chiesa di mettersi in ascolto delle istanze dei contemporanei... Una delle più grandi sfide della teologia è oggi proprio quella relativa alla bellezza. Bonhoeffer precisa: "Per secoli l'annuncio si è innestato nell'insufficienza umana, nel "brutto" della sofferenza e della morte... E' tempo, per la fede e la teologia di pensare a fondo l'annuncio del Vangelo come pienezza del bello".

Nella stessa pagina dell'Avvenire c'è il titolo POP-THEOLOGY non solo canzonette. Il vescovo Staglianò e il teologo Lorizio sono a confronto sui "semina Verbi" presenti nei testi di musica leggera da De André a Gabbiano, nel genere fantasy e fantascientifico oltre che in tanti film come il recente trionfatore degli Oscar "La forma dell'acqua". Stagliano conclude dicendo: "La Pop-theology è una sorta di aratura che smuove il campo del nostro cattolicesimo convenzionale e apre a una Chiesa in uscita. Valorizzando la grammatica dell'umano che si esprime nelle canzonette, possiamo rintracciare i semina Verbi laddove si trovano. Essa è terreno fecondo di scambio tra il Vangelo, la fede e le forme di espressione tipicamente umane, anche quando non dichiaratamente non cristiane". Argomenta Staglianò: "Da sempre sono convinto che la "canzone da niente" come la chiama Rahner, abbia un valore culturale specifico e una sua qualità letteraria chiara".

Ci raggiunge la cantante Suor Cristina, sempre in Avvenire del 21 marzo 2018, che dice : "Nel nuovo disco la gioia di Dio". Nel video di "Felice", lei balla coi ragazzi e si riempie di colori. E spiega : "Quando l'essere umano trova un equilibrio fra ciò che è terreno e ciò che è divino, è invaso da una gioia incredibile. La felicità è qualcosa di molto profondo, la certezza che dentro di te c'è qualcosa che ti tiene in equilibrio... Quando incontri Gesù hai bisogno di correre a raccontarlo agli altri. poi il il Signore usa le forme più disparate. Si è servito anche di una giovane suora vista in un talent. Gesù non era ordinario, era criticatissimo, il suo obiettivo era andare verso gli ultimi, verso coloro che non avevano ancora incontrato il suo sguardo.Desidero arrivare anche a chi Gesù non l'ha ancora incontrato, con testi che, in una maniera implicita, contengano comunque il suo messaggio. Sono canzoni d'amore che io dedico a Dio, ma qualcuno può dedicarla alla mamma, alla fidanzata, al marito".

Anche il Corriere della sera di venerdì 23 marzo, scrive di Suor Cristina che alla domanda: "Qual è la sua missione con la musica?", risponde : "Arrivare ai cuori delle persone, è stato grazie alla musica che il Signore mi ha chiamato a sè. E ora voglio ridare quello che ho preso: usare del potere della musica per poter comunicare. Nelle mie canzoni non parlo apertamente di Gesù, ma c'è sempre un messaggio implicito di amore, bellezza e speranza".

In Algeria non potevo portare la croce e non potevo fare proselitismo. Il mio pulpito era il marciapiede, dove bevevo il té seduto con chi mi invitava. Insegnando in francese o in italiano, a casa, testi di buona educazione, di buon umanesimo. Accogliendo il cuscus delle mamme dei miei alunni, o la parte di carne che i vicini dedicavano ai poveri nella festa del montone. E dopo aver celebrato la messa presso le Piccole Sorelle di Gesù, arrivando in piena piazza centrale, seduto a fianco del carrettiere sul carretto tirato dall'asino e salutato dai poliziotti come un generale. Alla fine sono diventato amico di tutti e alcuni mi hanno salutato dicendo: "Arrivederci in Cielo!"

Partendo dall'Algeria, un professore col quale ho lavorato e dialogato tanto, ha voluto scrivere: "Quando trovi l’amore, non lasciarlo passare: sia la cosa più bella della tua vita. E’ ciò che ci insegna padre Silvano. Si è impegnato perché l’amore regni nella nostra regione, e sia un simbolo sacro e vivo per tutti i Tuggourtini. Ha acceso tante lampade di giovani e anziani. E’ stato paziente nelle difficoltà, ad insegnare il Francese. Che Dio Onnipotente lo protegga e l’aiuti a portare un di più a questa regione. Che avrà sempre bisogno di lui".

Anche Frizzi ha testimoniato Gesù!

Via Crucis coi migranti

31 marzo 2018


Venerdì santo, ore 15, Via Crucis coi migranti ospiti a Sotto il Monte. Il gruppo degli anglofoni, cristiani di varie espressioni, si sono uniti per ricordare Gesù in croce. Li incontro spesso e avevo loro suggerito l'idea. Han fatto tutto loro e i responsabili della Cooperativa Ruha li hanno sostenuti come permettono ai migranti musulmani di fare i loro incontri. Per me era commovente assistere alla loro preghiera e vivere col pensiero della Via Crucis. Aiutare i migranti a fare i loro incontri secondo la loro cultura ed espressione religiosa, vuol dire riconoscere l'apporto che le varie religioni, vissute nella loro autenticità, possono portare all'intesa tra i popoli e allo sviluppo della vera pace. Papa Giovanni Paolo II disse che in ogni preghiera autentica, lo Spirito Santo prega. I diversi credenti non solo vanno accolti, ma devono anche essere aiutati, nel rispetto di tutti, a vivere fedeli alla loro cultura e religione e ad essere riconosciuti degni nel loro dovere e diritto di contribuire ad una migliore convivenza mondiale. E' umiliante pensare che mentre ci crediamo superiori in tante cose, abbiamo bisogno di fare attenzione agli esempi e agli aiuti che possono apportarci?

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L'avvenire delle parrocchie

10 marzo 2018


Nel giornale L'ECO DI BERGAMO di venerdì 9 marzo, Sabrina Penteriani scrive l'articolo L'unità pastorale missionaria con 60 nazionalità. Vi leggiamo: La parola "accoglienza" nell'unità pastorale di Verdellino-Zingonia non è un'idea astratta ma una pratica quotidiana. (...) Gli italiani in generale e i cattolici sono in calo : i battesimi, dieci anni fa erano una quarantina all'anno in ognuna delle due parrocchie, nel 2017 sono stati 18 fra tutte e due. Nelle scuole il 60% dei bambini ha genitori di origine straniera. Sul territorio convivono 60 diverse nazionalità. Don Marco, parroco di Zingonia, dice ; "La parrocchia è una comunità cresciuta con grande slancio missionario. Proprio per la presenza di gente di diverse provenienze, c'è uno spiccato senso di accoglienza e in generale una mentalità molto aperta. (...). Tra gli immigrati ci sono cattolici presenti e attivi nelle comunità. I nostri aiuto-sagristi vengono dal Togo e dall'India. A volte, nella comunità entrano anche "gli altri", i non cattolici, anche solo per condividere qualche momento di gioco all'oratorio, le attività sportive, oppure i giorni di festa. Sul territorio si trovano luoghi di culto di altre religioni, come la moschea nelle Torri. La convivenza è pacifica, ci sono contatti rispettosi e amichevoli anche se non frequenti. (...) "A Zingonia - racconta Paola infermiera e catechista, - c'è un pot-pourri di persone, bisogna fare i conti con tanti modi di pensare e di vivere differenti. I gruppi di catechisti e volontari si sono amalgamati, hanno imparato a conoscersi, dialogare". "Abbiamo scelto una logica di inclusione - conclude don Marco - E' più faticoso, ma permette di arricchire i rapporti umani e fa crescere la comunità".

Aperture del presidente Al-Sisi verso i cristiani

20 marzo 2018


“Dal momento della sua elezione a presidente dell’Egitto – scrive il francescano Chéhab Bassilios – Al-Sisi ha portato avanti una precisa strategia di avvicinamento ai copti: ha avuto il coraggio di recarsi per gli auguri natalizi nella cattedrale, durante la messa di mezzanotte. In precedenza l’evento avveniva in maniera formale presso la sede del patriarca. È una scelta che assicura al presidente un posto nei cuori dei fedeli”. Per il religioso si tratta di una “inversione di rotta rispetto al regime precedente dei Fratelli musulmani, che consigliavano i loro adepti di non concedere nulla ai cristiani d’Egitto”. Altro elemento che, scrive padre Chéhab Bassilios, “fa ben considerare il presidente da parte dei copti è l’atteggiamento verso le chiese che non godono ancora di autorizzazioni ufficiali. Negli anni scorsi, questi luoghi di culto venivano chiusi immediatamente. Quest’anno, l’organismo governativo preposto al culto ha annunciato che più di 2.500 luoghi di culto sparsi in 14 province verranno mantenuti aperti in attesa del loro riconoscimento in base ad una legge emanata nel 2016. L’autorizzazione attuale è basata su un’intesa tra la polizia di Stato e le autorità cristiane del Paese, cattoliche, ortodosse e protestanti. Secondo il quotidiano “al-yôm al-sâb” (Settimo giorno), il totale delle chiese chiuse

negli anni scorsi per mancanza (vera o presunta) di autorizzazioni raggiunge la cifra di 3mila, 2mila appartenenti alla sola Chiesa copta. A ciò si aggiunga la costruzione dell’enorme cattedrale della Natività di Cristo, in quella che sarà la capitale amministrativa dell’Egitto, “dono dello Stato egiziano e del presidente al-Sisi” alla comunità cristiana del Paese. AgenSIR 18 marzo 2018

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L’iraniana che ha osato leggere i testi sacri

23 febbraio 2018


Nel numero 65 del mensile dell'Osservatore Romano DONNE CHIESA MONDO, leggiamo un servizio su Donne e islam. Elena Buia Brut scrive l'articolo Táhirih Qurratu l’Ayn: L’iraniana che ha osato leggere i testi sacri.

"Táhirih Qurratu l’Ayn, poetessa e teologa iraniana finisce i suoi ultimi anni di prigionia a Teheran tra il 1842 e il 1852, avendo sfidato la feroce chiusura del potere islamico politico e religioso in Persia. Sotto la dominazione di Shah Nasiru’d-Din, in un’epoca in cui le donne in Iran non hanno il diritto di imparare a leggere e scrivere, Táhirih, nata in una famiglia di eruditi mullah, osa studiare i testi sacri, discutendone in pubblico con competenza, primeggiando addirittura con coraggio sugli uomini. Il padre l’ha educata «come un ragazzo», insegnandole a leggere e a scrivere, permettendole così di accedere al Corano e di esprimere in poesie e in preghiere il suo talento artistico.(...)

Táhirih Qurratu l-’Ayn, il cui nome significa la “Pura” e “Consolazione degli occhi”, diviene nel frattempo leader della fede Babi, accettando la rivelazione di Ali Muhammad di Shiraz, il Báb, divenendone, unica donna, devota seguace. La Conferenza di Badasht, del luglio 1848, vede la rottura di questo nuovo credo con l’islam, rottura fortemente voluta da Táhirih che interpreta il babismo come una religione autonoma, intenzionata a prendere le distanze dall’islam di cui riconosce il Corano ma non la sharīa: Táhirih, infatti, rifiuta innanzitutto il ruolo di sudditanza e invisibilità in cui vengono relegate le donne musulmane. Ella è «la donna che ha letto troppo», il cui accesso al sapere ha fatto maturare un’imprescindibile consapevolezza di sé: è il vessillo della libertà ottenuta attraverso una conoscenza fatta di letture, ponderazione, creatività, una libertà che l’autorità maschile non ha intenzione di concedere alle donne. (...). Le donne persiane, fino all’incirca al XX secolo, non sono state autorizzate a «lasciare traccia di sé», nessun pensiero, neanche il nome, la propria firma. Eppure, in tale “deserto”, la poetessa di Qazvin combatte l’autorità patriarcale con incrollabile fiducia, senza mai essere abbandonata dalla speranza di un cambiamento futuro; sfida lo status quo in modo spettacolare, togliendosi il velo in pubblico in un’assemblea di uomini; insegna instancabilmente a leggere, a scrivere e a pensare alle altre donne, affinché siano «autonome», dunque libere. A seguito di un tentativo fallito di uccidere lo Shah da parte di alcuni giovani fanatici babi, la madre dello Shah scatena una feroce ritorsione, che provoca l’assassinio di migliaia di persone innocenti. Táhirih, giudicata complice dell’attentato ed eretica, è imprigionata e giustiziata nell’agosto del 1852 a soli 38 anni: viene strangolata... dopo essere stata tenuta prigioniera per tre anni. Si reca all’esecuzione vestita a festa, pronunciando parole che parlano forte e chiaro anche al mondo di oggi: «Potete uccidermi quando volete, ma non potete fermare l’emancipazione delle donne».


Ibn Battuta alla scoperta dei mille Islam

8 marzo 2018


In Avvenire del 7 marzo 2018, Franco Cardini scrive l'articolo L'avventura di Ibn Battuta attraverso l'Oriente alla scoperta dei mille diversi islam. Avvicinandosi le vacanze, il giornalista consiglia di leggere il libro di Follath Al di là dei confini…( Ed. Einaudi) che ripercorre il viaggio

di Ibd Battuta indugiando, soprattutto, sulle principali città da lui visitate : Tangeri, Cairo, Damasco, Mecca, Shiraz, Dubai, Samarcanda, Dehli, Malé, Giacarta, Hangzou, Granada, come le vedeva un avventuriero maghrebino del Trecento che si muoveva nel mondo islamico "come un pesce nell'acqua" ma che talora ci si trovava spaesato e meravigliato; e come le vede oggi un giornalista tedesco in grado di apprezzare quel che di allora è rimasto, e di riflettere su quel che è scomparso e su quel che è mutato. Il giornalista non vuol perdersi in elogi del libro. Raccomanda solo due cose. Primo : leggerlo se si hanno ancora dei pregiudizi sull'Islam: si constaterà quali e quanti Islam esistano al mondo, quanto sia sbagliato e ingiusto sentenziare che l'Islam è questo, che pensa quest'altro che vuole quest'altro ancora. Secondo: leggerne ogni sera qualche pagina e decidere anche alla luce dei suoi consigli e delle sue riflessioni la prossima meta di viaggio.

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Profanatori di una statua di Maria “condannati” a memorizzare la Sura del Corano sulla Madre di Gesù

12 febbraio 2018


Due giovani, allievi musulmani della scuola tecnica di Mounjez (un villaggio abitato in gran maggioranza da cristiani, nella regione di Akkar), alcuni giorni fa si erano introdotti in una chiesa e avevano compiuto gesti oltraggiosi nei confronti di una statua della Madonna. I due ragazzi avevano anche filmato la loro bravata sacrilega, e l'avevano diffusa tra i loro compagni attraverso i social media. La polizia li aveva arrestati, e gli organismi giudiziari si erano subito attivati per stabilire la pena da comminare con sollecitudine, anche per dare un segnale rapido e efficace e prevenire l'accendersi di nuovi conflitti settari. Il giudice Jocelyne Matta, incaricata di pronunciarsi sul caso, all'udienza di giovedì 8 febbraio ha preferito impartire ai due imputati una lezione di cultura religiosa islamica, piuttosto che ricorrere a pene detentive. In sede processuale, il magistrato Matta ha letto da una copia del Corano la Surah al Imran, che esprime la venerazione tributata a Maria nel Testo Sacro dell'islam, disponendo come pena per i due giovani imputati la lettura, la memorizzazione e la recita di quel testo. La proposta del magistrato è stata approvata e notificata dal tribunale di Tripoli, che ha dato mandato a un responsabile del tribunale dei minori di aiutare i ragazzi nella memorizzazione della Sura coranica su Maria. Prima di essere rilasciati, i due imputati hanno espresso pentimento per l'azione compiuta.

L’islam condivide con ebraismo e cristianesimo il suo alfabeto religioso.


13 febbraio 2018

Per i miei amici lettori, (non so quanti mi leggono ancora), mi permetto di cogliere parte di un vecchio testo di Lorenzo Fazzini su Avvenire del 9 gennaio 2010 e consiglio di rileggerlo intero in Internet.

Joachim Gnilka, noto esegeta di Münster (lodato da Benedetto XVI per il suo Gesù di Nazaret. Annuncio e Storia, Paideia), affermava di recente in un suo saggio – in Francia edito da Cerf con il titolo Qui sont le chrétiens du Coran – che le radici cristiane del Corano sono prettamente di ambiente matteano e probabilmente di natura giudaico-cristiana. Scoperta che faceva dire a Gnilka: «Riteniamo che il Corano non presuppone una conoscenza diretta degli scritti canonici neotestamentari», ma solo una parte di essi, quella accettata dai giudeo-cristiani eretici rispetto alla comunità canonica retta da Pietro. Un dato comunque che conferma la linea-Cuypers, membro della Fraternità dei Piccoli Fratelli di Gesù : il Corano si è modellato su una radice semitica, simile a quella biblica. Scrive Cuypers: «Il risultato più

importante è stato mostrare che il Corano è un testo costruito a dovere, letterariamente molto elaborato. È una constatazione che deriva da un’analisi metodica e rigorosa del testo». In cosa si nota questa «razionalità» del Corano? «Il testo obbedisce esattamente a tutte le regole della retorica semitica», soprattutto alle composizioni simmetriche quali parallelismi, chiasmi, composizioni concentriche, ripetizioni, sinonimie, antitesi, figure retoriche che Cuypers riprende da Meynet, esegeta della Gregoriana. Cuypers annota ancora: «Una lettura attenta del testo mi ha convinto di numerosi riferimenti [nel Corano, ndr] a testi anteriori: prima di tutto la Bibbia (Antico e Nuovo Testamento), ma anche testi rabbinici (la Mishnah) o apocrifi (Infanzia di Gesù). Alcuni di questi riferimenti sono noti da tempo, ma altri sono nuovi o inattesi (come il Deuteronomio, alcuni Salmi, il capitolo 6 del Vangelo di Giovanni, Passi di San Matteo o della lettera agli Ebrei)». L’islam condivide con ebraismo e cristianesimo il suo alfabeto religioso. In tempi di stentato dialogo interreligioso, non è annotazione da poco.

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Dalla schiavitù alla comunione

22 gennaio 2018


Il materiale per la Settimana di preghiera di quest'anno è stato preparato dalle chiese dei Caraibi. La storia del cristianesimo in quella regione contiene un paradosso. Da una parte, infatti, la Bibbia fu utilizzata dai colonizzatori per giustificare la loro opera di assoggettamento degli indigeni di queste terre, insieme ad altri che furono condotti dall'Africa, dall'India e dalla Cina. Molte persone furono sterminate, ridotte in catene, schiavizzate, o furono costrette a ingiuste condizioni di lavoro. Dall'altra parte, però, la Bibbia divenne una fonte di consolazione e di liberazione nelle mani di coloro che soffrivano in mano ai colonizzatori. Oggi la Bibbia continua ad essere fonte di consolazione e di liberazione, e ispira molti cristiani nei Caraibi a farsi carico delle condizioni che oggi minano la dignità umana e la qualità della vita. Mentre la catena di ferro della schiavitù viene fatta cadere, nasce un nuovo vincolo di amore e di comunione nella famiglia umana che esprime l'unità per cui le nostre chiese pregano.


Papa Giovanni pellegrino a Sotto il Monte

26 gennaio 2018


Anche i santi hanno nostalgia. Lo ha detto Papa Benedetto alle famiglie riunite per un incontro, quando andò a Milano alcuni anni fa. Bella la sua teologia della vita. Bello il paradiso che incomincia già adesso. Il paradiso è quello che viviamo ora e che stiamo preparandoci. E’ tornare a casa. E diceva : “Nella mia famiglia, eravamo un’anima sola e ci si nutriva di una gioia fatta di cose semplici e di un amore reciproco… forte. Un gusto di paradiso. Se cerco d’immaginarmi, il paradiso… lo penso come al tempo della mia giovinezza: eravamo felici. Il paradiso dovrebbe essere simile a ciò che era la mia giovinezza, in un contesto di amore, di confidenza, tutto semplice… e… andando nell’altro mondo, spero di ritornare a casa”.

Ho immaginato che Papa Giovanni abbia tuittato così a Papa Francesco : "Senti Francesco, mi lasci andare un po' in vacanza a Sotto il Monte?"- "Vacci pure, quando vuoi", gli rispose Francesco. "Senti Francesco, questa volta vorrei andare col mio corpo... tutto intero!". Alle domande che si faceva Francesco, un po' dubbioso, giunse in Vaticano quanto aveva già risposto don Ezio Bolis su l'Avvenire del 24 gennaio 2018 :"L'intero pellegrinaggio delle reliquie è costruito per offrire un itinerario di riflessione attraverso luoghi esistenziali, che vanno ben oltre la mera biografia del Papa santo".

Certo, Papa Giovanni vuol rivedere la sua terra, benedirla, ascoltare tante mamme in pena per i figli che non pregano più, tante famiglie in attesa di figli. Vuole accarezzare bambini, ammalati, poveri senza lavoro e i nuovi venuti da terre lontane per restare lontani da guerre, carestie e persecuzioni. Vuol pregare ancora accanto alla sua casa natale e nella chiesetta del suo battesimo. Il problema sarà quando vorrà avvicinarsi alle tombe dei suoi genitori, dei fratelli, sorelle, amici... Glielo permetteranno?

Ecco le tappe del pellegrinaggio dal 24 maggio al 10 giugno : Il carcere di Bergamo, l'ospedale, il Seminario diocesano, i Santuari di Cornabusa, di Baccanello, e finalmente Sotto il Monte.

Don Bolis vede : "Un'occasione speciale e gioiosa per ricordare Giovanni XXIII al di là dei cliché nel quale è imprigionato, e superare il mero approccio devozionale. Un cammino di avvicinamento, ma, anche, semi gettati perché diano frutti anche dopo la conclusione del pellegrinaggio delle reliquie. Già oggi chi sale fino a Sotto il Monte, trova un cammino che lo aiuta a percorrere la spiritualità di papa Giovanni, scoprendo una figura decisamente più ricca e complessa di quella che la sua storia ci ha consegnato, uno spessore umano sconvolgente".

Il parroco di Sotto il Monte, monsignor Claudio Dolcini, sta impegnandosi "a far sì che siano giorni di grazia, di preghiera, condivisione, approfondimento della fede, e un'occasione per conoscere ancora di più il magistero e la testimonianza di questo grande santo".


Cei: un incontro per la pace nel Mediterraneo nel solco di La Pira

27 gennaio 2018


«Far incontrare culture e popoli, stimolando anche l’Europa a sentire maggiormente la realtà del Mare Nostrum». È questo l’obiettivo dell’Incontro di riflessione e di spiritualità per la pace nel Mediterraneo, proposto dal presidente della Cei, il card. Gualtiero Bassetti, e che «ha suscitato un consenso unanime e convinto» del Consiglio permanente.

Lo si apprende dal comunicato diffuso oggi al termine dei lavori. L’iniziativa “intende collocarsi idealmente nel solco della visione profetica di Giorgio La Pira” e sarà attuata “coinvolgendo i vescovi cattolici di rito latino e orientale dei Paesi che si affacciano sulle sponde del Mediterraneo”, “a partire dalla valorizzazione di alcuni luoghi a forte valenza simbolica”. “Uno sguardo di particolare attenzione – prosegue il comunicato – il Consiglio ha chiesto che sia posto per la Terrasanta, per Israele e Palestina”. “La proposta – affermano i vescovi – nasce dalla constatazione di come da diversi anni l’area mediterranea sia al centro di profonde crisi, che coniugano instabilità politica, precarietà economica e tensioni religiose: dal Medio Oriente alle coste africane, dai Balcani alla Spagna”. La Conferenza episcopale italiana “intende muoversi per favorire la conoscenza diretta, condizione che consente una lettura profonda delle situazioni, la difesa delle comunità cristiane perseguitate, la promozione del bene della pace e la tutela della dignità umana”. (Riccardo Bigi, toscanaoggi.it, 25 gennaio 2018)

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Sono partiti due grandi missionari

1 gennaio 2018

Il padre Maurice Bormans della Società dei Padri Bianchi è morto il 26 dicembre a Bry-sur-Marne. Con lui scompare una delle più grandi figure del dialogo islamo-cristiano. Lo afferma Mgr Aveline, presidente del Consiglio per le relazioni interreligiose e le nuove correnti religiose. E' autore di numerose pubblicazioni e di incontri internazionali.

Il 20 dicembre 2017 dopo alcuni giorni di ricovero all’ospedale San Carlo di Milano, è morto, all’età di 88 anni, padre Piero Gheddo, del Pime, uno dei missionari-giornalisti più importanti d’Europa, figura ecclesiale e culturale di spicco nella Chiesa e nella società italiane.

«Da qualche giorno padre Piero era in ospedale, ma non ci aspettavamo una morte così improvvisa», ha dichiarato il superiore generale del Pime, padre Ferruccio Brambillasca, che da Roma ha appena raggiunto Milano. «Con la morte di padre Gheddo – continua padre Brambillasca - la Chiesa, il Pime e la missione perdono un missionario prezioso, vitale ed entusiasta. Padre Gheddo ha contribuito molto alla causa missionaria come giornalista (ha portato nelle nostre case la missione “fino agli estremi confini della terra”), come storico (ha seguito fino all’ultimo la storia delle missioni del Pime e non solo) e come animatore missionario: ha suscitato, infatti, attraverso i suoi scritti, molte persone che sono poi diventate missionari/e oppure hanno sostenuto con la preghiera e l’aiuto economico le missioni».

Vie islamiche alla non violenza

7 gennaio 2018

E' il titolo del libro che presenta il pensiero del musulmano Jawdat Said, nato nel Golan siriano. Jawdat Said ha scritto 15 libri in cui tratta soprattutto la questione del cambiamento pacifico da diverse angolature e punti di vista : coranico, sociale, umano, storico e civile. Per il Gandhi dei musulmani, così è definito, la non violenza è l'unica opzione possibile. Nel libro, egli parte e fa riflettere da questo testo coranico ( 5, 27-28 ) : "Recita loro la storia dei due figli di Adamo, in tutta verità, quando offrirono a Dio un sacrificio e quello dell'uno venne accettato e non venne accettato quello dell'altro. Costui disse : "Io ti ucciderò", e il secondo rispose : "Dio accetta solo il sacrificio di chi Lo teme, e se stenderai la mano contro di me per uccidermi io non stenderò la mano su di te per ucciderti perché ho paura di Dio, il Signore dei mondi". Leggendo il libro si trovano altri testi coranici interpretati profondamente nel loro contesto spazio-temporale in tono positivo e aperto e leggiamo l'interessante analisi e descrizione della Jihad come lotta interiore e non solo come guerra. Riguardo alla sharia, Jawdat afferma : "La sharia di Dio si realizza quando la giustizia si realizza".

Nell'introduzione al libro, il teologo musulmano tunisino Naser Dumairieh, professore alla Gregoriana e al Pisai (Pontificio Istituto di studi arabi), afferma che l'appello di Jawdat alla libertà e al rispetto della diversità, così come il suo rifiuto della violenza, sono questioni essenziali e radicate nella sua comprensione del Corano, dell'uomo e della storia. Sempre Naser termina l'introduzione traducendo questi pensieri di Jawdat : "Tra i giovani del mondo islamico vi è chi è disposto a sacrificare se stesso e i propri beni sulla via dell'Islam, ma difficilmente trovi tra essi chi si fa avanti per dedicare anni della sua vita a uno studio serio, a elaborare un argomento, o arrivare a chiarire una verità". " Ciò che manca ai musulmani è il discernimento, non la devozione - almeno al momento attuale - e in altre parole ciò che manca è la scienza, non la fede, le capacità e non la volontà".

Jawdat Said è stato più volte incarcerato e continua a soffrire per le sue Idee. Il suo libro scritto in arabo come tutti i suo libri, è il primo tradotto in Italiano. Ormai possiamo leggere altri libri come questo, scritti per i musulmani, perché si aprano a un dialogo. Tradotti ora per il

mondo occidentale, perchè si conosca veramente il mondo musulmano, oggi in fermento, e si abbia fiducia che un dialogo pacifico e costruttivo è possibile.