Lettere agli amici 1969 - 1985

p. Adolfo L'Imperio


Lettere agli amici 1969 - 1985



1969

1969

14 settembre

Sagardi

Carissimi amici,

sono trascorsi circa tre mesi, in Italia è trascorsa l'estate e qui è la stagione delle piogge.

Innanzitutto voglio ringraziare tutti quelli che mi hanno scritto. Una lettera dall'Italia non è soltanto il segno di un legame d’amicizia che ci unisce, ma e anche un "volare" con il pensiero, almeno per alcuni minuti, in luoghi e tra persone che si è conosciuto e amato.

Durante questi mesi qui abbiamo avuto, oltre a tanta pioggia, un incontro d’aggiornamento per i sacerdoti che lavorano qui in Pakistan. È stata una pausa dì alcuni giorni al quotidiano studio della lingua.

Ci siamo trovati così in circa 50 sacerdoti, di diverse nazionalità ed età, per discutere lo sviluppo teologico e l'adattamento liturgico in questo paese, pakistani, canadesi, americani ed italiani abbiamo pregato, discusso e ascoltato le esperienze degli altri, prese delle decisioni perché la liturgia possa essere espressione viva per la comunità cristiana. Certamente abbiamo anche cantato e riso insieme.

Vi sono tante cose da conoscere: lingua, usi e costumanze, tradizioni tramandate a voce sia per la mancanza di scritti (solo da alcuni anni si stampa in lingua bengalese), sia per l'analfabetismo (75 - 80 %). A questo si aggiunge lo sviluppo industriale con la migrazione verso le città, l'esistenza di tribù con proprie tradizioni e lingua. Tutto ciò richiede studio per avere una conoscenza della realtà in cui si vive.

D'altra parte noi siamo qui per aiutare questa collettività a crescere come comunità cristiana, e ciò significa pazienza, studio, comprensione, accettazione dei limiti, attesa e molta preghiera.

Fare una comunità prima di tutto sul piano umano. Un sacerdote pakistano durante una discussione ha detto: "Non riesco a parlare di liturgia ai miei cristiani se prima non ho pensato ed operato con loro per avere il "riso" quotidiano. I problemi crescono. Per questo si è impegnati sul piano sociale, dell’istruzione, dello sviluppo agricolo, della preparazione dei giovani ad una società in trasformazione. Questo "nostro pane quotidiano" è costantemente presente quando celebriamo l'Eucarestia. A tutto questo si aggiungono a volte le preoccupazioni che ci vengono nel sentire notizie di disordini, scontri, incomprensioni, ecc. dall'Italia e dall'Europa.

Spero, con la prossima lettera di dicembre, di darvi il resoconto delle offerte che ho ricevuto e di come le ho impiegate. Per ora ringrazio di cuore coloro che hanno posto fiducia nel mio lavoro e coloro che si sono adoperati per la raccolta di offerte, con la lotteria.

A tutti chiedo il ricordo della preghiera perché l'unione con Cristo sia l'aiuto reciproco a camminare in questo mondo, compiendo nella nostra vita la volontà del Padre.

Vostro aff.mo

Padre Adolfo

1969

16 novembre

Est Pakistan

Carissimi amici,

a volte è difficile scrivere la propria esperienza di vita per farne partecipi altri. Si può cadere o in una sterile cronaca o raccontare cose che non interessano gli altri. Scusatemi se inizio così la mia lettera, ma è un pò una giustificazione, in quanto vorrei scrivere ciò che realmente possa unirci nel realizzare nella nostra vita l'esperienza di chiesa come comunità che vive della vita di ciascuno di noi e di tutti insieme.

Diverse volte, prima di lasciare l'Italia, ho ripetuto che qui in Pakistan non venivo solo per mia iniziativa, ma come espressione della comunità cristiana di Gaeta.

Non sono io a compiere qui un servizio per la chiesa pakistana, ma siamo impegnati insieme. Ecco allora che le vostre notizie mi fanno partecipe dei vostri problemi, ringrazio vivamente quanti mi hanno scritto, e mi aiutano a non essere unilaterale nella visione dei problemi. Allo stesso tempo le notizie che cerco di darvi non sono solo per soddisfare una certa curiosità, ma per farvi partecipi della vita di fratelli che vivono la loro esperienza in una situazione socioeconomica tanto differente dalla nostra.

Eccovi alcune notizie. Dopo aver sostenuto un esame di lingua con un gruppo di sacerdoti, suore e laici, ho partecipato ad una settimana di studio sui problemi economici e sociali del Pakistan. È stata una settimana piena ed interessante. Oltre a lezioni e discussioni ci sono state visite a cooperative, dove si cerca di insegnare alla gente a saper essere autosufficienti, iniziando dal poco, campi con nuovi metodi dì cultura e villaggi in cui si può affermare che si è raggiunto un livello di vita umano.

Dopo di ciò ho trascorso una settimana a Dinajpur, in tempo per veder giungere dall’Italia i macchinari per il reparto meccanico della Scuola Tecnica " Novara ", a cui avete voluto contribuire con la vostra generosità per mezzo della lotteria dei mesi scorsi.

Approfitto ora per farvi un resoconto delle offerte che ho ricevuto o del modo come le ho impiegate.

Tra le offerte avute alla mia partenza dall'Italia e quelle ricevute a tutto il 30 ottobre 1969, avevo una cifra di L. 259.720, che ho così impiegato: ho comprato una moto Gilera 98 cc. con accessori e pezzi di ricambio, per una cifra di L. 207.000, una bicicletta per L. 25.906, mezzi che mi occorreranno per visitare i villaggi della Missione, risparmiando molto tempo. Inoltre ho acquistato libri tecnici e fatto alcuni abbonamenti per una spesa di lire 24.100. La spesa totale è stata di Lit. 257.000,

Ho ricevuto in seguito L. 100,000 da un gruppo di amici di Siracusa e le ho unite alla somma di L. 1.000.000 ricavato dalla lotteria, il tutto lo ho trasferito alla Scuola Tecnica come contributo alla spesa per l'acquisto dei macchinari.

Sono certo che la generosità con cui mi avete aiutato sino ad ora abbia una corrispondenza uguale nell'interesse per i problemi sociali o religiosi dei popoli di queste nazioni in via di sviluppo: un mondo che non possiamo assolutamente ignorare. Esso ha tanto bisogno non solo di solidarietà umana o di mezzi, ma anche e soprattutto di comprensione e amore.

Prepariamo i ragazzi, uomini del domani, a comprendere questo mondo in cui dovranno vivere per cambiarlo con la rivoluzione dell’amore.

Al termine dì questa mia non mi resta che augurare a ciascuno di voi personalmente ed ai vostri cari un santo Natale. Cercherò di avervi presentì tutti nel ricordo e nella preghiera, nei giorni di preparazione o nel giorno in cui ancora una volta vivremo il mistero di amore di un Dio fattosi uomo per amore di noi, poveri peccatori.

Ci aiuti il Signore ad essere uomini di " buona volontà", capaci di portare nello nostre famiglie e nella società quella pace che solo Lui può dare.

Vostro

Padre Adolfo

1970

1970

1 marzo

Sagardi

Carissimi amici,

nel prendere la penna per scrivervi, mi accorgo che il tempo vola realmente.

Debbo innanzitutto ringraziare e chiedere scusa a quanti mi hanno scritto direttamente qui in Pakistan.

Ringraziarli, perché ogni lettera che giunge dall'Italia è sempre attesa letta con gioia; e chiedere scusa perché ancora non sono riuscito a rispondere a tutti.

Penso che avrete potuto seguire e leggere alcune mie notizie sul periodico "Missionari del PIME", che ho provveduto a far giungere a tutti voi, in quanto ritengo che possa essere un mezzo che contribuisca a tenerci uniti; le altre notizie che vi devo dare sono che trascorsi il Natale a Dinajpur, dove rimasi per circa un mese.

Ho visto i macchinari, tra cui il tornio comprato con il vostro contributo, pronti per iniziare a lavorare. Attualmente una trentina di giovani hanno iniziato il corso per meccanici (primo anno); e speriamo che il numero aumenti non appena la ricettività a scuola lo permetta.

Inoltre ho potuto visitare alcuni posti utilizzando la moto "Gilera", che ha fatto il suo tirocinio sui sentieri o tra la polvere del Bengala. Dopo questa parentesi, sono tornato ai libri….e sino alla fine di aprile resterò qui a Sagardi per terminare il corso di lingua.

Poiché riesco a "leggere e scrivere" bengalese, ho approfittato negli scorsi due mesi, per recarmi in una parrocchia distante 40 Km. a celebrarvi la Messa e permettere così, ai due sacerdoti che si trovano lì, di recarsi in visita a qualcuno dei 40 villaggi che formano la loro parrocchia. È stata una bella esperienza, cosa che colpisce noi europei è il dominio del tempo ed il valore della musica nella vita di questo popolo.

Infatti non c'è fretta quando si viene per la Celebrazione domenicale. Si comincia ad orario, ma non vi è un orario fissato per la fine. Nessuno ha fretta. il risultato, almeno per me, è stato quello di celebrare con molta calma e con il tempo utile per immedesimarmi in ogni parte della Celebrazione. L'altro fatto è la musica che è differente dalla nostra e che, in un primo momento, può sembrare monotona; invece è una musica che favorisce la contemplazione e, per il popolo, è uno dei principali mezzi di espressione; e per queste motivo è molto usata nella preghiera.

Ed ora approfitto per augurare a ciascuno di voi ed ai vostri cari di gustare la gioia della Pasqua alla quale ci stiamo preparando nello sforzo di rinnovare noi stessi. E poiché siamo tutti uniti in Cristo, la nostra conversione è anche un aiuto reciproco nella ricerca e nel compimento della volontà di Dio nella nostra vita.

Il Signore ci aiuti ad essere quali dobbiamo essere nella vita di ogni giorno, nelle nostre famiglie, sul lavoro e nella società, in modo da portare a tutti il messaggio di amore che stiamo considerando in questi giorni. Il Signore ci benedica.

P. Adolfo

1970

7 maggio

Dhanjuri

Carissimi amici,

ieri sera sono arrivato alla mia nuova destinazione ed ho avuto la sorpresa di trovare le vostre lettere ad aspettarmi con i 70 ragazzi Santal del "boarding", ed i lebbrosi del lebbrosario, le ragazze, le Suore. Meglio di così... si muore.

Ho terminato il corso di lingua il 30 aprile e, dopo tre giorni di viaggio, sono arrivato a Dinajpur. Ieri con la jeep di Dinajpur ho percorso i 60 Km che separano Dinajpur da Dhanjuri. I primi 40 Km sono di strada abbastanza buona, chiamiamola asfaltata; gli altri sono di strada polverosa o fangosa, secondo le stagioni.

La mia nuova destinazione si compone di Santal, una delle tribù presenti nel Bengala, con loro lingua usi e costumi, diversi dagli altri. I ragazzi sono rimasti contenti del nuovo Padre, anche se ne avrebbero preferito uno più giovane, che sapesse giocare al calcio, tirare alla freccia e cantare, doti che non sono nel mio bagaglio. Comunque, meglio così che niente.

Accluso alla parrocchia vi é il lebbrosario. Vi sono tre Suore italiane delle Missionarie dell'Immacolata, che lavorano qui. Attualmente curano 2.300 lebbrosi., che vengono periodicamente per le medicine e le cure necessarie, restando a lavorare a casa. Solo i casi più "difficili" e gravi richiedono l'internamento nel lebbrosario, dove ne sono ricoverati circa 80.

La sera, al lume delle lampade a petrolio (perché non abbiamo la luce elettrica qui), i ragazzi e le ragazze hanno danzato in onore dei nuovi arrivati (eravamo in tre) e posso dire che si sono divertiti. Non volevano smetterla ed avrebbero danzato tutta la notte.

La parrocchia ha circa 2.000 cristiani sparsi in venti grossi villaggi. Qui al centro ve ne sono circa 900.

Per ora non ho altro da dirvi, poiché penso che avrò bisogno di un pò di tempo per poter conoscere bene i nostri amici.

Ed ecco il mio nuovo indirizzo:

Mr. Adolfo L’Imperio Dhanjuri Catholic Church P.0. BIRAMPUR Dt. Dìnajpur

East Pakistan

Un caro saluto e tanti auguri di ogni bene a tutti.

P. Adolfo

1970

29 giugno

Dhanjuri

Carissimi amici,

ho fatto la promessa a me stesso, questa sera, o, meglio, questa notte, di non andare a letto senza avervi prima scritto. Era mio desiderio farvi giungere questa mia per il 29 giugno, per ricordare insieme il giorno della mia consacrazione sacerdotale che con molti di voi vivemmo tre anni fa.

Due cose hanno ritardato il mio scrivere: il fatto che sono stato per un mese nel West Pakistan ed il fatto che al ritorno sono giunto alla mia nuova destinazione, cioè sul posto di lavoro. E, a dire il vero, dopo tre giorni di colloqui con il parroco, il cui nome é P. Enrico Viganò, da circa 20 anni in Pakistan, e con le Suore, vi dico che di lavoro ce n'è fin troppo. In questo momento i 53 ragazzi che sono nel "Boarding" dormono sulla stuoia poco distanti dalla mia camera. Essi provengono da vari villaggi, dove non vi è scuola e sono qui alla missione nel periodo scolastico per frequentare le lezioni. Cercherò di scrivere un poco più a lungo di loro alla prima occasione. Come tutti i ragazzi, sono vispi, allegri e un pò birbanti, ma ormai mi sono compromesso perché sono diventato loro amico.

Poi vi è il lebbrosario ed il dispensario. Anche di questo lavoro vi parlerò più a lungo. Al mattino, alle cinque, vi è gente giunta con i carri dalla stazione ferroviaria o da altri villaggi in attesa della Suora che, molte volte, solo con l'aiuto di una ragazza, deve svolgere un lavoro di indagine, di diagnosi dei vari casi e di prescrizione e distribuzione delle medicine.

C’è inoltre una cooperativa di terreni da seguire con consigli, cercando di insegnare nuovi metodi, non tanto con parole o nozioni teoriche, ma con esperimenti, ecc. E anche qui occorre pazienza e competenza.

Sempre di più bisogna ammirare i Padri che hanno iniziato a lavorare tra questa gente anni fa, diciamo circa 50, quando ancora non vi era nulla. Devono aver avuto un grande coraggio e spirito di sacrificio ed una grande fiducia nel Signore.

Ci sono, poi, una ventina di villaggi da visitare durante l’anno; e si riesce, per alcuni, ad andarvi appena tre volte nel giro di dodici mesi.

Davanti a questo quadro stasera mi sento piccolo e avverto i miei limiti, forse più che altre volte. Occorrerebbe una persona fissa per il lebbrosario, una per il dispensario, una per ... e qui l'elenco sì farebbe troppo lungo...

Ieri i miei amici del lebbrosario mi hanno fatto una festa con danze e canti, ed alla fine ho detto loro che sono venuto per scoprire e vivere con essi l'amore che Gesù ha portato nel mondo.

Per la generosità di alcuni di voi, potrò offrire qualche aiuto materiale (p.e. comprare una nuova stuoia a qualche ragazzo che non ha famiglia; e cose simili), ma prego il Signore che conceda me e a voi, attraverso questa esperienza di vita, di ricevere un pò di luce per vivere meglio il nostro essere cristiani, semmai specchiandoci nella povertà e nella semplicità di questa gente.

Vado a letto perché il petrolio della lampada è agli sgoccioli.

P. Adolfo

1970

6 settembre

Dhanjuri

Carissimi amici,

eccomi con voi per continuare la nostra scoperta. Mi auguro che stiate tutti bene e rinfrancati dalle vacanze estive. Da giugno ad oggi, molte cose sono avvenute nel mio piccolo mondo. Abbiamo avuto tanta pioggia e, nel sud, ci sono state vaste zone allagate. Noi fortunatamente non siamo stati danneggiati sino a questo momento e speriamo che il riso trapiantato nei mesi scorsi possa giungere a maturazione e dare un buon raccolto. Avere un buon raccolto vuoi dire assicurarsi il cibo sufficiente per un anno!

Per il resto, tra il lavoro e le difficoltà ordinarie, le nostre giornate sono riempite dalle grida e dalla curiosità dei ragazzi. Per essi, uomini di domani, lavoriamo per prepararli a vivere nel modo migliore la loro vita.

Il mio tavolino è ora circondato dai ragazzi che seguono ogni movimento delle mie dita sui tasti della macchina. Sono i ragazzi del "boarding". Che cosa è il boarding? Mi spiego. Non ogni villaggio ha la possibilità di avere una scuola elementare, per cui, quando nei villaggi lontani vi sono ragazzi intelligenti che vale la pena di far studiare per un avvenire migliore, i genitori li portano qui. In Italia lo chiameremmo collegio o cosa simile. Ma è tutta un'altra cosa. Certo studiano con gli altri ragazzi dei villaggi qui vicini che frequentano la nostra scuola. Giocano (sono dei magnifici tiratori di frecce), mangiano, dormono, pregano come tutti i ragazzi del mondo. Di questi ragazzi qui ce ne sono 52 (e 33 ragazze vivono presso le Suore).

Sono vispi, intelligenti e sanno essere anche molto seri, specialmente quando comunitariamente si prendono delle decisioni o si deve giudicare il comportamento di qualcuno che ne ha fatto una grossa. Sono leali ed hanno un forte senso della giustizia. Per questo dicono senza complessi quello che pensano e, se sbagliano, ammettono di aver sbagliato. Per cui, a loro contatto, c'è sempre da arricchirsi.

Per loro abbiamo tante idee e tanti progetti. Uno di questi, che credo più urgente, è la costruzione di un capannone, dove possano consumare i pasti. Attualmente devono accontentarsi di mangiare all'aperto, ma quando piove .., non si sa dove rifugiarsi! Potete aiutarmi? Potrebbe essere un bel regalo per Natale. Non è una grande cosa, ma qui verrebbe a costarci circa un milione.

Vi ringrazio per quello che farete. Sono grato a tutti quelli che mi hanno scritto. Saluto cordialmente tutti voi, cari amici, e vi auguro la luce e la forza per poter essere coerenti ciascuno alla propria vocazione.

P. Adolfo

1971

1971

5 marzo

Dinajpur

Carissimi amici tutti,

avrei voluto scrivervi con più calma, ma la situazione del paese negli ultimi giorni, come sapete dalle notizie della radio e della stampa (almeno in parte) è andata peggiorando.

P. Calanchi, che spero potrà venire a farvi una visita, vi potrà dire meglio a voce.

Questo ultimo mese è stato pieno di lavoro per me in quanto ho partecipato ad un incontro per il coordinamento del lavoro di controllo della lebbra, in cui anche noi siamo impegnati.

Una delle necessità più urgenti in tale campo è avere personale preparato e disponibile e lavorare in collaborazione con il Governo. Io spero vivamente che qualcosa si possa fare.

Siamo stati anche impegnati in diversi giorni di studio per rivedere e verificare la nostra presenza cristiana in questo paese.

Per quello che riguarda Dhanjùri, stiamo facendo i mattoni per dare nuovi locali alla Scuola che risulta troppo piccola per i 200 ragazzi che la frequentano. Vi manderò le foto appena possibile. Fatti i mattoni, spero di poter fare anche la veranda che faccia da refettorio ai miei ragazzi con l'aiuto che mi avete dato (circa 580.000 lire).

Abbiamo anche comprato un trattorino giapponese per i lavori dei campi, che speriamo di poter pagare con l'affitto ad ora ai membri della cooperativa, che incominciano a vederne l'utilità. Non hanno potuto affrontare loro la spesa in quanto non hanno il capitale sufficiente. I miei gioielli della 5A elementare fanno con me qualche lezione di come migliorare le colture e come fare l'esame chimico dei terreni. Ho con me una cassettina laboratorio che mi fu regalata ad Hoddesdom, quand'ero in Inghilterra, dai ragazzi della Scuola Cattolica e vedo che è proprio preziosa. Fra poco mi troverò nella necessità di avere bisogno di ricambiare i reagenti chimici. Spero di poterli trovare.

Al mio parroco ne capitano di tutti i colori. Il mese scorso è stato impegnatissimo per benedire i matrimoni delle nuove coppie dei vari villaggi. A dargli molto fastidio è stata ... la sua moto Guzzi che fa sentire gli acciacchi della vecchiaia. Spero che si converta per mandarla in pensione ...

Vi chiedo ora un favore particolare. È quello di pregare e di interessarvi perché e come questa giovane nazione possa trovare la sua strada sul piano politico e della unità. Oggi i giovani soffrono per questa realtà. Speriamo che non vengano condizionati ancora nella loro vita dalle esigenze e dagli interessi di gruppo o di alcuni, ma che trovino la strada migliore per potersi sviluppare in un mondo più umano e più giusto. So che anche in Italia, sotto altri aspetti, i giovani cercano questo ed a volte sembra che lo facciano in modo irrazionale. Stiamo attenti perché noi, come cristiani, abbiamo avuto maggiori possibilità per intuire le soluzioni migliori sul piano della giustizia, e che molte volte altri popoli ci guardano per trovare in noi un esempio una luce.

Non mi dilungo oltre. Vi auguro una vera conversione in questa quaresima ed una vera gioia di risurrezione con Cristo per la prossima Pasqua. Scusatemi e continuate a volermi bene..

P . Adolfo

1972

1972

29 maggio

Gaeta

Carissimi Amici,

sono venuto in Italia per pochi giorni, giunto il 7 maggio sera e riparto da Roma il primo giugno.

Devo chiedere scusa a molti perché avreste avuto il diritto dl vedermi e scambiarci due parole ma il tempo è stato tiranno. Il motivo principale della limitazione del mio tempo è stato il fatto che sono venuto in Italia non per vacanza, ma per ... lavoro.

Da gennaio, dopo l'indipendenza del Bangladesh, mi trovo impegnato a coordinare il lavoro di soccorso e di riabilitazione. che la Caritas internazionale si è impegnata a compiere in favore delle famiglie colpite da tanti tragici avvenimenti.

Il nostro programma, che copre circa il 10% delle necessità, prende il nostro tempo e qualcuno dice che ci lascia poco per respirare.

Nella Diocesi di Dinajpur stiamo aiutando 120.000 famiglie a ricostruire la casa e ad iniziare di nuovo la coltivazione dei campi che per mesi sono rimasti incolti. Gente che è tornata ai villaggi con niente e che ha bisogno di tutto.

Abbiamo trovato in loro la disposizione a volersi aiutare e la fiducia in una nuova vita, forse reazione ad una vita di stenti e sofferenza durata per otto mesi.

Questa è la mia giustificazione. Venuto a Roma abbiamo dovuto informare coloro che ci sostengono con aiuti del lavoro svolto, delle necessità e dei programmi per il futuro.

L'indipendenza ha trovato il paese in una situazione economica bloccata e con molte distruzioni. Prevediamo che sino al mese di dicembre di quest'anno, mese in cui ci sarà il raccolto del riso, dovremo affrontare una situazione di emergenza. Certo che un dopoguerra è sempre un periodo difficile. È facile distruggere e ci vuole poco. È difficile cominciare da capo.

L'altro aspetto che impegna noi è quello di studiare con la gente del posto il modo migliore per essere aiutati. Vogliamo evitare di fare di loro gente che dipenda continuamente da aiuti; il problema è essere artefici del domani.

In molti casi ci siamo riusciti. Tante volte abbiamo dovuto superare non poche difficoltà. Ma i risultati di questi cinque mesi di lavoro, ci dicono che dobbiamo continuare.

Scusatemi se sono stato confuso in queste poche righe, ma le ho volute scrivere prima di prendere l'aereo e tornare in Bangladesh. Cos'altro dirvi? Che sento molto la necessità di sentirvi vicini, di condividere i vostri problemi, di sostenerci a vicenda nella realizzazione del Regno di giustizia e di amore. È una realtà che si può realizzare. Ve lo posso dire, per esperienza. Può essere una realtà a condizione che operiamo in sintonia ed in un mutuo scambio di valori.

L'essere stato, anche se pochi giorni, tra voi mi ha fatto bene e ve ne sono grato. Tutti coloro che sono riuscito ad avvicinare mi hanno voluto dimostrare anche con una offerta concreta la loro solidarietà. Anche di questo ve ne sono grato.

Non mi sentirò solo nel lavoro, e potrò dire, vedendo gente che ritorna a vivere da uomini, che abbiamo fatto insieme un lavoro di amore dove altri non hanno fatto altro che imporre l'egoismo e il sopruso.

Avrei voluto ricevere di più, non in soldi, ma in umanità, in valori. Purtroppo, ed è una punta di spina, ho avuto l'impressione che in Italia manca l'incontro tra tanti, la stima reciproca dei valori che ciascuno ha, l'aiuto a realizzare meglio una vita di servizio. Specie tra i giovani a volte ho trovato delle pose, degli atteggiamenti che giungono alla sofferenza, ma restano improduttivi perché si cerca solo la colpa…o la demolizione di quello che c'è. La redenzione, sotto tutti gli aspetti, passa attraverso la sofferenza, ma in una dinamica di donazione.

Questo significa conformarsi, immedesimarsi ed attualizzare Cristo presente in mezzo a noi.

Noi dal Bangladesh abbiamo bisogno di questa testimonianza da voi, abbiamo bisogno di vedere che Cristo è vivo in mezzo a voi, non solo singolarmente, ma comunitariamente. Aiutateci a vederlo.

Vi ringrazio e vi saluto con le parole di S. Paolo :

Siate lieti, mirate alla perfezione, incoraggiatevi, siate uniti, vivete in pace e il Dio dell’Amore e della Pace sarà con voi

Vostro

p. Adolfo

1972

23 novembre

Hong Kong

Carissimi Amici,

giorni fa ho lasciato Dacca per un periodo di riposo che sto trascorrendo ad Hong Kong. Arrivato ad Hong Kong pensavo di poter inviare un poco di biglietti di auguri, ma gli indirizzi sono rimasti in Bangladesh. Mi ero ripromesso di scrivere a molti; anche perché il troppo lavoro mi ha fatto dimenticare che un poco dl tempo devo dedicarlo anche agli Amici, scusatemi, cercherò di rimediare il... prossimo Natale. Nella mia visita rapida fatta a maggio cercai di darvi un'idea dei problemi e della situazione del paese in cui mi trovo a dare la vostra testimonianza. In questi ultimi mesi mi sono reso conto di essere passato attraverso una esperienza di grande sofferenza umana ma anche di aver vissuto una esperienza di solidarietà umana e cristiana le cui proporzioni non è facile delimitare. Ho incontrato giovani di tante nazioni di Europa America ed Asia che sono venuti per ricostruire e testimoniare solidarietà con coloro che soffrono. Cristiani e non cristiani abbiamo lavorato insieme per costruire un avvenire migliore a fratelli che sino ad ieri ci erano sconosciuti. Ho incontrato giovani che hanno fatto questo solo per solidarietà umana, altri che lo hanno fatto perché... impiegati di una organizzazione internazionale, ma per noi cristiani, cattolici o protestanti, c'era un motivo più vero: coloro che soffrono ci fanno incontrare Cristo, e sono per noi un esame di coscienza. Due mesi fa' circa, un mio amico Ebreo che lavora per l'ONU è venuto a chiedere di pregare nella nostra cappella in occasione di una festa Ebraica. L'assemblea costituente del Bangladesh si è chiusa con la preghiera fatta in comune da tutti i parlamentari. Tante volte ho visto i Padri recarsi la sera tardi con il lume a petrolio in cappella dopo una giornata senza respiro. Per la fine del Ramadan tanti fratelli Mussulmani si sono prostrati in preghiera, insieme, all'unisono. Allora non siamo soli... il domani sarà' migliore di oggi. Può darsi che le leggi economiche, le statistiche sulla popolazione ti mettano paura, può darsi che il mondo occidentale continui a dare aiuti solo se l'indirizzo politico è di una certa linea; ma è anche vero che troverò la forza di dire quello che ho da dire, troverò la forza di capire colui che mi chiede aiuto, facendogli superare l'egoismo perché chieda non per sè ma per il villaggio, troverò la forza di ricominciare dopo un fallimento, perché vicino a tutti c'è un Redentore che soffre ed un Padre che accoglie.

Siamo a Natale, ed il Redentore viene. Viene ancora senza niente, nella povertà. Volete vederlo? Volete toccarlo? Volete il suo sorriso? venite in Oriente. Trovate Lui e potrete portare la buona Novella a tutti: è nato il Salvatore, ci è stato regalato un pargolo.

Mi accorgo di aver fatto un poco di poesia. Perdonatemi. È una settimana che non sono davanti ad una scrivania piena di conti, di progetti, di lavori da fare...e la vena poetica è venuta fuori davanti al panorama di Hong Kong. Certo, anche Hong Kong è una città orientale. È una città' commerciale dove il più potente è il danaro. Ma anche qui l'uomo è in cerca della sua identificazione, di qualcosa che vada oltre all'interesse, in cerca di un motivo di vita. Lo troverà ? Anche l'economia ha bisogno di un salvatore, cioè' l'uomo che usa il denaro etc... Ma qui il discorso rassomiglia a quello che dovrebbe essere fatto in Europa o in America.

Di nuovo vi chiedo scusa. Continuate a ricordarvi che cerco di essere vostro segno in mezzo ad altri e che ho bisogno della vostra preghiera, del vostro ricordo ed anche di una vostra lettera… anche se non riesco a rispondere.

Padre Adolfo

1973

1973

4 febbraio

Bangkok

Approfitto dell'attesa all'aeroporto di Bangkok, in viaggio di ritorno a Dinajpur per parteciparvi alcune riflessioni. A volte il riflettere su fatti o su dati ci fa soffrire ma penso che solo superando nella sofferenza si possa ancora avere la forza di andare avanti.. Ho letto molto in questi giorni ed alcune cose sono tornate a ripercuotersi in me. Su più di tre miliardi di persone nel mondo, solo circa un miliardo sono nelle condizioni di godere dei diritti dell'uomo, sanciti nella carte delle Nazioni Unite. Ed il resto? Diversi giganti dell'aria B52 sono stati distrutti in una settimana. Ognuno costa 8 milioni di dollari. A che cosa sono serviti? A portare morte, morte e distruzione. Il mondo ha speso 2 mila miliardi di dollari per armarsi nel 1972.È per vivere più da fratelli? Sono cose che fanno girare la testa.

Mi sono trovato ad Hong Kong, città in sviluppo continuo. Strade, macchine, fabbricati, grattacieli. È una di quelle città in cui l'uomo è riuscito a dominare la natura. Si spianano intere colline, si costruiscono riserve per l'acqua potabile, hanno fatto un tunnel sotto il mare per congiungere l'isola alla terra ferma, hanno costruito un aeroporto dove prima c'era il mare. Economicamente parlando c'è il capitale, c'è il lavoro. L'uomo produce, realizza, guadagna. Dove l'uomo e la comunità umana sono riusciti a dominare la natura, c'è stato questo progresso.

D'altronde l'uomo è stato chiamato da Dio a "dominare la terra". È un dominio che non è facile ed è fino ad un certo limite, comunque sia, l'uomo sente l'uomo realizzato, quando riesce a dominare la natura intorno a se. Dove la natura domina l'uomo, c'è l'uomo che si trova in una situazione di inferiorità, diciamo di sottosviluppo.

Da noi, in Bangladesh, l'uomo, la comunità sono ancora alla mercé della natura. Piove troppo? Alluvione. Non piove? Siccità. Tifone: distruzione di quello che l'uomo riesce a mettere su.

L'uomo non riesce a dominare la natura. Lo potrebbe? In un certo qual senso si, se la comunità mondiale si prendesse l'onere di aiutare là dove la comunità locale non è in grado.

Ma sino ad oggi questo discorso di aiuto reciproco, a livello mondiale, è fatto soltanto in caso di disastri, in casi di emergenza, in casi in cui si è quasi obbligati.

Il fatto è che i popoli o le comunità che riescono a dominare la natura si vanno sempre più chiudendo in un egoismo che fa paura. Si sono vinte le epidemie, le malattie, in alcuni paesi si può dire che ciascuno, se vuole, può avere anche due macchine, ma quando si parla dei problemi degli altri….il discorso diventa difficile.

L'atteggiamento attuale, generalmente, è quello di aiutare….ma fino ad un certo punto.

Sono malati? Gli mandiamo medicine.

Sono nudi? Gli mandiamo dei vestiti che non ci servono più.

Sono troppi? Gli pianifichiamo la famiglia come la pensiamo noi e con i metodi che vogliamo noi.

La strada più lunga, quella di aiutare l'altro a dominare la natura che lo circonda è un discorso molto difficile. Perché? Prima di tutto prevede l'incontro con l'altro, il capirlo, lo stimarlo, il fargli fare quello che può ed aiutarlo a fare quello in cui da solo non riesce.

È un discorso difficile…….ma è un discorso cristiano.

E perché lo comprendessimo e non ripetessimo gli errori dei nostri avi, Cristo è venuto tra noi per aiutarci nella liberazione e nella comprensione del disegno del Padre che ha voluto che l'uomo assoggettasse e dominasse la terra perché la potesse "abitare".

Nell'evoluzione della società questo disegno del Padre e l'azione di Cristo viene dimenticata, perché nella nostra piccolezza, ci costruiamo la nostra Torre di Babele. Pretendiamo di essere capaci di fare da soli, e capaci di fare qualsiasi cosa.

Così la contestazione diviene violenza, l'ordine diviene sopruso, l'aiuto diviene dispotismo, il dialogo incomprensione o monologo, …e così via.

Questo è vero nel mio ambito personale, familiare, ma assume dimensioni a volte tragiche quando tocca il piano nazionale o internazionale.

Cosa fare?

È qui che si inserisce la fede nel Padre, la speranza nella Resurrezione di Cristo, la certezza che l'Amore è l'unica condizione capace di compiere in me e negli altri la liberazione.

Ho scritto queste note in diversi momenti e le termino nella sala dell'aeroporto di Bangkok dove una piccola parte degli uomini che "dominano la natura" vivono forse le loro vacanze, o forse viaggiano per progredire nel dominio. Prego il Signore che aiuti me e voi a non dimenticare che dobbiamo aiutarci ad "abitare" la terra. Questo è quanto vi posso donare per la Santa Pasqua, che a tutti, auguro ricca di grazia, di pace, di gioia.

Padre Adolfo

1973

5 novembre

Dinajpur

Carissimi,

ieri sono tornato da un giro per le missioni e mi sono fermato anche a Dinajpur, dove stiamo costruendo una scuola. Quattro aule hanno bisogno solo dell'intonaco e di una mano di calce per poter essere usate. Le altre quattro devono essere ancora coperte. I muratori stanno lavorando per il ferro e P. Viganò sta cercando di ottenere 200 sacchi di cemento per poter finire i lavori.

Vi ringrazio del contributo che avete voluto donarmi perché questa scuola diventasse una realtà.

La Comunità dei Padri, in giugno, mi elesse Superiore e da allora il mio lavoro è cambiato. Cosa fa un Superiore? Forse la parola non rende esattamente il compito di un uomo a disposizione degli altri nelle piccole e nelle grandi cose, un uomo che sia segno di unità in un gruppo disperso in diverse migliaia di chilometri quadrati; uno che sia capace di captare le esigenze del momento e sia paziente nell'ascoltare gli altri. Carissimi, ce n'è abbastanza per scoraggiare chiunque. Questo è il lavoro al quale sono stato chiamato e la condizione è quella di pellegrino, infatti in tre settimane ho cambiato almeno dodici letti, o brandine, per riposare la notte.

Pellegrinando si ha tempo di pensare e di riflettere, di allargare gli orizzonti; di comprendere uomini e situazioni ed anche di aver paura della nostra piccolezza o incapacità di fronte a cose o avvenimenti.

Tre giorni fa ero a Beneedwar dove Padre Giulio mi ha detto che da solo non può seguire 2500 cristiani ed altrettanti catecumeni sparsi in più di 70 villaggi su una superficie di 2000 kmquadrati e con strade praticamente inesistenti. Parte il lunedì ed è fuori una settimana, poi torna a riposare per qualche giorno e poi di nuovo fuori per portare la Buona Novella a tanti che la chiedono: ieri sera due suore locali mi sono venute a trovare. Sono state al Nord per tre mesi, in giro per i villaggi, circa 100, insegnando di tutto: economia domestica, igiene, cucito, canti, catechismo. Sono qui per alcuni giorni e poi partiranno ancora per altri villaggi dove chiedono che qualcuno annunci loro il Vangelo.

Potrei continuare a non finire la lista.

Poche settimane fa ci lasciava, per tornare in Italia un Padre che, per 43 anni ininterrottamente, ha lavorato in questa terra. Era partito dall'Italia ed aveva fatto di questa terra la sua Patria. Il cancro lo ha forzato a tornare. Ora Padre Emilio è nelle mani di Dio e dei medici: Mi ha scritto ieri dicendomi " Ho già accettato tutto quello che verrà, anche la dura necessità di rinunciare a Bangladesh , anche alla mia povera vita".

Tornando, dopo 43 anni di vita missionaria, ha trovato l'Italia completamente rinnovata, moderna. Ma la sua vita è stata sulla linea di Padre Giulio e di Sister Luigina, che vanno ad annunciare per portare la pace, la serenità, la gioia, l'amore tra coloro che non conoscono che è possibile immettere questi valori nella nostra vita e che c'è stato un Uomo venuto per insegnarci e donarci, con la sua Vita, la Liberazione.

Forse qualcuno non comprende. Io ringrazio il Signore perché, tra i tanti grattacapi che incontro, mi ha dato la gioia di capire padre Emilio, Padre Giulio ed anche coloro che vengono a chiedere di avere il Messaggio della Salvezza.

Cosa altro dirvi? Siamo nel periodo dell'avvento. Ci prepariamo a meditare la nascita del Salvatore. Chiediamogli di venire ad insegnarci di venire a liberarci, di venire a rinnovarci per essere più umani, più annunciatori della sua Bontà.

Padre Adolfo

1974

1974

3 marzo

Dinajpur

Amico carissimo,

tre giorni fa, 28 febbraio, mi sono accorto di essere arrivato a 44 anni. Era sera e mi trovavo in una missione a Nord di Dinajpur, ai piedi dell'Himalaia. Qui ho trovato Padre Antonio e Padre Julian, uno italiano e uno bangladeshi, occupati ad istruire i loro 50 catechisti venuti per la riunione mensile. Qualcuno ha percorso una cinquantina di miglia per venire. La missione è molto estesa. La riunione si fa in Chiesa. Si parla, si discute. Si mangia all'aperto e si dorme tutti in due camere che potranno essere il dispensario, cioè la farmacia, di un prossimo o lontano futuro. La missione è quella di Ruhea dove tre anni fa Padre Lucas Marandi fu ucciso dai soldati.

Quarantaquattro anni sono tanti e sono pochi. Pensandoci bene mi sento con le mani vuote. Ringrazio il Signore di non avere il tempo per pensare a quello che non ho fatto ed a fantasticare su quello che vorrei fare. Sono abbastanza occupato a pensare di fare oggi qualcosa. In questi giorni di Quaresima la Chiesa ci chiede di pensare a Gesù che per amore del Padre e di tutti noi ha sofferto. Pensiamo che questa sofferenza ci avvicina al Padre, ci rende capaci di parlare con il Padre. Sono queste le parole che più o meno ho detto durante la S. Messa ai 50 uomini e giovani presenti. Dio Padre ci ama uno per uno.

La maggior parte è povera gente. Il più ricco avrà un pò di terra che gli dà la sicurezza del riso. Durante la riunione un bambino si mischia al gruppo e per pantaloncini.. ha uno straccetto che sì e no copre il 20 per cento. Padre Antonio prende un pantaloncino fatto con la stoffa dei sacchi della farina avuta dall'Europa o dall'America e lo dà al papà. Lui oggi ha lavorato e questo è parte della paga, tanto per non offendere, facendo pesare un'elemosina. È frutto del tuo lavoro. Il bimbo poco dopo riappare con i suoi pantaloncini.. nuovi !

Arriva un lebbroso. Prende un biglietto e va via per fare 90 miglia (forse due giorni di viaggio) per andare a Dhanjuri a prendere le vitamine per sopravvivere.

Arriva un anziano. Durante la notte gli hanno rubato i buoi. È un musulmano, ma il Padre è buono, ascolta tutti. Piange. Come farà a lavorare i terreni? Padre Antonio lo consola e gli dà 20 taka. Cerca di pensare qualcosa e.. ricomincia." Finché c'è vita c'è speranza."

Una ragazza si deve sposare, ma il fratello la vuole dare ad una famiglia poco buona. Non è giusto. Si parla. si discute per un'ora. Speriamo che il fratello si converta.

Durante la quaresima si farà penitenza. Padre Antonio e Padre Juilian discutono tra di loro. Che penitenza possono fare questi poveri? È il segno che vale. È l'amore che guida. Durante la S. Messa alcuni vengono all'offertorio e pongono sull'altare le loro paisa

(5,10,20 lire).C'è uno che porta una taka. Ha lavorato tutto il giorno per 4 taka. Una è la sua offerta come segno di risposta all'atto di Amore di Gesù.

Queste offerte, dice Padre Julian, saranno distribuite ai poveri alla fine della quaresima. Mi viene in mente in questo momento che, qualche settimana fa, un giornale riportava la "giornata commemorativa dei diritti dell'uomo sanciti dalle Nazioni Unite". Non so se piangere, se gridare, se ridere. Quanti di questi esseri che sono con me godono di questi diritti? Ho visitato il villaggio di fronte alla missione : diritto alla casa.. Una capanna di tre metri per quattro con le pareti di bambù ed il tetto di paglia: sette persone, vi dormono, mangiano, vivono. Non sono i soli. Se cammino fino a Dinajpur, 50 miglia, (75 Km) ne incontro migliaia di queste case.

Due ragazzi tornano con alcune vacche (io le chiamo minivacche perché sono piccole) ed alcune capre. Sono stati al pascolo (diritto all'istruzione)! Se non pascolano la famiglia non può tirare avanti.

Il Bangladesh ha 25 milioni di ragazzi in età scolastica ( sotto i 15 anni) Dove trovare le scuole, i maestri, i soldi? Diritto all'istruzione

È meglio che finisco altrimenti, caro amico, ti faccio fare una penitenza troppo grande.

Sono tornato a Dinajpur ed ho trovato la lettera di C., un amico di Gaeta che non vedo da molti anni; forse da quando sono entrato in seminario. Ho 44 anni e lui è Comandante ed ha due bambini. C, mi dice tante cose e mi parla anche delle mie lettere che lui riceve. Forse anche questa volta ho sollecitato in voi un sentimento di commiserazione e alcuni di voi concretamente, così sollecitati, manderanno qualche offerta. Ma ,caro C,, io non volevo questo. Volevo solo dire quello che vedo e constato e forse chiedere a me stesso ed a ciascuno di quelli che ho conosciuto: "Vedi c'è dell'ingiustizia" E poi "Fai giustizia. Vivi la tua giustizia, insegna ai tuoi figli ad essere giusti, a ricercare la verità e ad amarla e forse solo così il mondo di domani non avrà della gente, la maggior parte della gente, che vive una penitenza continua."

Domani il Vangelo parla delle tentazioni di Gesù " Ricordati che non di solo pane vive l'uomo" Anche oggi l'uomo, il singolo ed i gruppi passano per le tentazioni di Gesù: tentazione del potere, della gloria, dell'autosufficienza. Ci sono anche io tra loro.

Il Signore ci aiuti a superare la tentazione ed a credere che l'uomo vive dì ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Forse se sarò attento al messaggio che ogni giorno il Signore mi invia attraverso quelli che mi circondano, e presterò ascolto alla sua parola viva in quest'umanità che sopravvive nella sofferenza, forse allora avrò il dono della Fede, per credere in Lui che mi ha salvato.

44 non sono troppi per iniziare. Ma non è mai troppo tardi per iniziare a convertirsi. Aiutiamoci a vicenda.

Grazie della tua amicizia e della pazienza che hai avuto nel leggermi fino in fondo. Ti auguro la pace e la gioia ,doni del Cristo Risorto.

Padre Adolfo

1975

1975

4 marzo

Dinajpur

Carissimi,

oggi, venerdì di quaresima, mi sono fermato un momento. Sono 45 anni che sono trascorsi. Infatti oggi è il mio compleanno. Dalla vostra esperienza potete immaginare quanti pensieri si sono accavallati nella mia mente mentre cercavo di ringraziare il Signore di questo grande misterioso dono che è la vita. Persone care, amici, persone vicine e lontane, tanti che hanno avuto qualcosa da dire e da dare alla mia vita. È così che scopro che la "mia vita" è fatta di "altri" , arricchita da altri e fatta per altri.

Mi trovo nella parrocchia ai Bonpara dove la gente si è radunata in Chiesa per la Via Crucis. La Chiesa era piena e per 45 minuti abbiamo rivissuto quello che è stato ed è la via del dolore che redime. Pensavo a quante persone di quelle presenti la croce, il dolore è una cosa ai ogni giorno! Sofferenza materiale, sofferenza morale! Cose che a noi fanno venire....l'esaurimento nervoso..... Allora la mente mi ha portato alle sofferenza oggi presenti tra i miei cari, i miei amici fuori del Bangladesh.

In questa visione la croce di Cristo prende tutto un altro significato, la Sua redenzione ha un aspetto ancora più universale.

La ricerca della pace, della giustizia, la sete di amore, di amicizia che ho trovato nella vita in questi 45 anni in me ed in tanti che ho avvicinato, danno una risposta al dolore e la croce pone in evidenza quello che può nascere da un dolore redentivo.

E questo avviene quando perdiamo il contatto della vita terrena con loro. Penso a Gianni, al Prof. Maresca, a Mons. Gargiulo, alla Sig.ra Palmieri, a Peppino, Papà, Mamma e tanti altri in Italia, P. Maggioni, P. Cobbe, uccisi qui; il bimbo lebbroso o i feriti durante la guerra che morirono a Dhanjuri....

Di loro non hanno parlato i giornali, la radio, eppure la vostra vita è stata costruita con loro e le cose ordinarie dei nostri giorni hanno preso un significato vero al loro contatto.

E quello che è stato continuerà anche in futuro, perché in questo susseguirsi semplice dei nostri incontri, l'uomo, ciascuno di noi, può trovare la vera pace e la vera liberazione.

Forse ho scritto troppo fuori dello schema normale con cui scrivo, ma vi ho detto che oggi mi sono fermato ed ogni tanto è necessario fermarsi per vedere e poter ricominciare.

Qualcuno dice che dopo i 40 anni si è vecchi, forse è vero, ma non credo che questo momento di ripensamento mi abbia fatto venire la nostalgia o il desiderio di tornare indietro, che è un vero segno di vecchiaia. È aumentato il desiderio di andare avanti, anche se costa, cercando di avere l'attenzione a quello che di vero, bello e giusto c'è in ogni incontro, in ogni persona, in ogni avvenimento.

E questo è l'augurio che faccio a me ed a voi per la Pasqua di Resurrezione. Cerchiamo la liberazione interna, intima. Avverrà ancora una volta in noi nella ricerca della giustizia, nell'amore.

Padre Adolfo

1975

18 settembre

Dinajpur

Carissimi amici,

mi domando se ho il coraggio di scrivervi dopo tanto tempo. Forse non tutti voi sapete che in aprile venni in Italia per partecipare ad una riunione dei responsabili del PIME. Questa riunione mi tenne impegnato fino al 23 maggio. I rimanenti giorni fino alla partenza per il Bangladesh, che fu il 5 giugno, li dedicai ad altri incontri con gruppi che si interessano alla Diocesi di Dinajpur e pochi sono stati i giorni dedicati a voi. Di questo non credo mi debba scusare in quanto sono venuto in Italia per lavoro e non per riposo.

Il Signore comunque, mi ha dato la gioia di giorni pieni e di incontri con amici che non vedevo da anni, come Mario e Mauro, facendomi constatare ancora una volta che il suo Amore è grande e che ognuno di noi entra nel Suo piano di salvezza in un modo particolare e personale. Con alcuni mi sono potuto mettere solo in contatto telefonico ed altri nomi sono rimasti nella mia agenda per la prossima volta.

Se di questo non mi devo scusare, mi devo far perdonare per il fatto che da giugno ad oggi non sono stato capace di scrivere una lettera.

Guardo la mia agenda di viaggio e vedo che avrei la scusante dei chilometri che ho fatto con i relativi cambiamenti di letto e di branda ..... ma a dire il vero qualche volta ho avuto la tentazione ... di scrivervi ma non sono stato capace di trovare le parole adatte per esprimere quello che pensavo e quanto avveniva attorno a me.

Sono appena tornato da Ruhea, una missione a circa 90 km. a nord da dove mi trovo io. Ho trascorso la giornata con Luigi e P. Antonio. Luigi è un laico che è in Bangladesh da due anni, ha studiato il bengalese ed ora sta decidendo dove dare la sua testimonianza di vita. È agrimensore ed ha scelto una zona povera del nord. Povera perché il terreno non è molto fertile, per lo più sabbioso, e povera perché la gente ha una vita povera sotto tanti aspetti. Lui vuole vivere con loro in un villaggio per condividere i loro problemi ed aiutarli a migliorare, nella scoperta di ogni giorno, i loro metodi di coltura da cui traggono quello che serve loro per vivere.

Padre Antonio è in Bangladesh da 4 anni. Dopo 7 anni di missione, tornato in Italia, si è laureato in Liturgia ed è ritornato quaggiù 4 anni fa, ha continuato a portare la sua preparazione e la sua vita al servizio di questi poveri, la maggior parte analfabeti. Per lui la vita tutta diventa una liturgia e nell'aiutare le persone ad incontrare Dio deve sempre partire dal liberarle dall'ignoranza. È famoso tra noi per il gran numero di bambini e bambine che ha a studiare nelle varie scuole - convitto di Dinajpur- Quando arriva tra loro è il papà di tutti, per tutti ha un vestitino, una camicetta o una carezza. Luigi e P. Antonio vivono insieme, almeno nella stessa zona perché la missione è appena di 1500 kmq, si aiutano a vicenda e cercano di incarnare in modo diverso quello che è il messaggio di salvezza che è stato tale prima di tutti per loro.

Tornando sono passato da P. Julian, un sacerdote bengalese, che mi ha parlato di una ricerca maggiore di povertà evangelica da fare insieme. Facile a dire, ma molte volte difficile ad incarnare. Gli ho promesso di tornare presto per continuare il discorso iniziato. Ho pensato a P. Enzo che sta cercando di vivere in un villaggio del sud una vita povera. Ho anche pensato che molte volte io mi sposto da un punto all'altro del Bangladesh in macchina e che fino ad oggi, grazie anche a voi, non mi è mai mancato il pane né un tetto a differenza di tanti altri che incontro ogni giorno. Non chiedetemi una risposta. Questi e tanti altri pensieri accompagneranno il mio riposo, o meglio la mia notte.

Proprio in questo momento sono tornati Carlo ed Ettore (sono le 21,30 e piove). Carlo è finito fuori strada con la sua jeep in circa un metro d'acqua. È uscito dal finestrino della campagnola che lui usa per il lavoro tra i lebbrosi. Nessuno si è fatto male.. Tutto per schivare due ciclisti…..

Con la Chiesa anche questa sera preghiamo "Dio di verità tu mi hai redento, nelle tue mani affido il mio spirito", con la fiducia che domani continueremo ad avere la forza di credere nella verità e la forza di fare la verità.

Padre Adolfo

1975

26 novembre

Dinajpur

Carissimi amici,

Natale è ormai vicino ed ho il dovere di fare i miei auguri.

È un obbligo che mi aiuta a riprendere un contatto con Voi, anche se sarei del parere di rimandare perché non sono in "VENA".

Come al solito le cose da dirvi sarebbero tante e non so proprio da dove iniziare.

Il mondo cresce continuamente e gli avvenimenti dei nostri paesi si susseguono in modo tale che non ci danno respiro o tempo per un necessario silenzio o riflessione.

In questo ultimo mese ho incontrato tre suore ultra ottantenni, che per circa 60-65 anni sono state in Missione, senza mai tornare in Italia. Ho fatto loro un pò la corte e ci siamo voluti bene perché impossibile non voler bene a gente semplice che è stata capace di donare completamente una vita per il bene dei poveri o abbandonati.

Ho incontrato dei giovani impegnati ad essere autentici in una società che per sviluppo intende solo il lato economico, ma che è pronta a servirsi dell'uomo ma non a servire l'uomo. Autenticità che per loro è verità, impegno a cercare e lavorare per una società giusta dove lo sfruttamento e la divisione non abbiano posto. Forse idealisti ma li ho trovati uguali ai giovani che incontrai ultimamente una sera a Maranola o a Formia.

Queste persone mi hanno dato speranza a continuare il lavoro che sto facendo, perché a volte la realtà è così dura che puoi essere fermato o scoraggiato, come capita a me. So che per voi sarebbe differente, ma cosa volete farci devo ancora convertirmi e ce ne vuole.

Ho ricevuto lettere da D.A. e D.E. e li ringrazio perché sono i più bei regali che ho avuto in questi ultimi mesi. Risponderò presto, almeno lo spero.

La speranza è un grande dono che il Signore è pronto a darci perché nella nostra vita ci sia la gioia del domani e l'accettazione del passato.

La speranza ci fa gridare in questo periodo "VIENI SIGNORE GESU' " - Forse avrò paura di gridarlo troppo perché a me capita a volte di incontrarlo il Signore troppo spesso in una povera stalla in una mangiatoia, nudo e non è così' poetico come può sembrare.

Aiutatemi ad avere la forza di pregare e dire ". VIENI SIGNORE GESU'- ", nonostante tutto.

Vostro P. Adolfo

1976

1976

8 giugno

Dinajpur

Carissimi amici,

sono diversi giorni che mi dico che devo scrivere a voi tutti, ma non riesco a trovare il tempo materiale per raccogliere le idee e metterle sulla carta.

Sono molti i fattori che contribuiscono a questo fatto. Fra giorni termina il mio triennio come Superiore del gruppo del Bangladesh e sono stato impegnato per fare la relazione del lavoro svolto e indire le elezioni del futuro superiore, ecc. ecc.

Inoltre a fine mese dovrò andare negli USA per tre mesi, por conto della Diocesi.

I benefattori degli USA desiderano incontrarsi con due di noi ogni anno. Con me verrà P. Julian Rozario, bengalese, che poi passerà con me in Italia due mesi. Negli Usa avrò tre mesi di lavoro per cui penso, con forte determinazione, di avere due mesi buoni (ottobre o novembre) di completa vacanza e riposo in Italia prima di ritornare in Bangladesh.

Forse sono troppo egoista in questo, ma se non mi riposo un poco ne va del lavoro in Missione.

Seguo più col cuore che con la mente gli avvenimenti italiani così come li vengo a conoscere dalla stampa o dalla radio internazionale. Il terremoto del Friuli, le elezioni politiche, la tensione tra gli uomini che nella ricerca di una maggiore giustizia diventano giustizieri con conflitti di interessi che a volte lasciano molto perplessi. Per questo non riuscendo ad avere elementi per capire, mi riduco a sperare ed a pregare perché nella Eucaristia continui la Redenzione per una vera fratellanza che superi l'egoismo e il tornaconto.

Negli ultimi mesi ho macinato chilometri e chilometri per visitare i Padri, cercare medicine, trasportare cose. A fine maggio, il 25, abbiamo avuto la funzione della benedizione della Cattedrale. Il nome è molto pomposo, invece la realtà è un'altra. Il nuovo tempio realizzato con la utilizzazione di una struttura per capannoni industriali che abbiamo anche per la scuola tecnica, è il sogno per la nostra Comunità del meraviglioso lavoro che il Signore compie per realizzare la sua Chiesa. La vuole bella, pura, senza rughe, semplice e viva. La vuole unita nell'invocazione come nel ringraziamento, nella supplica come nella lode. Il tempio diventa vivo quando con la Comunità presente diventa il luogo della liturgia comune. Questi pensieri sono espressi nella funzione presieduta dai Vescovi e dai gruppi rappresentanti tutto le Comunità Parrocchiali della Diocesi. Giovani, uomini, donne. Per i bambini non c'era posto e si sono accontentati di stare fuori nella veranda. Il prossimo anno la Diocesi, la Chiesa di Dinajpur compie i suoi 50 anni. Una Chiesa molto giovane rispetto a quella di Gaeta che vanta il passaggio di S. Paolo ed il coraggio di S. Erasmo. Ma arriveremo anche noi!

Saluto tutti rimanendovi vicino con la preghiera e con l'affetto.

P. Adolfo

1976

22 ottobre

Carissimi Amici,

giunto in Italia i primi di Ottobre avrei dovuto scrivervi subito, ma, come al solito, tante circostanze hanno fatto in modo che riesco a scrivere questa lettera solo oggi.

Come vi scrissi sono partito dal Bangladesh a fine Giugno ed i primi di Luglio giunsi negli Stati Uniti. Ho trascorso tre mesi incontrandomi con diversi gruppi Parrocchiali che ci aiutano per il lavori di educazione nella nostra Diocesi.

È stato un fruttuoso scambio di esperienze e di realtà che mi ha arricchito nella conoscenza di una società che ha raggiunto dei traguardi sul piano economico, ma che forse rischia di chiudersi in un egoismo, di difesa di fronte ad un mondo giovane che è quello che attualmente è in continua crescita.

È stata anche una esperienza di Chiesa perché ho avuto la possibilità di aiutare un parroco anziano nel suo lavoro pastorale.

Altro risultato tangibile, che potrete constatare "de visu" sono gli 8 chili che si sono venuti ad aggiungere al mio peso.

In questi pochi giorni tra visita medica ed altro ho avuto poco tempo da dedicarvi. Il mio programma di "riposo", in quanto sono in Italia sino a Dicembre per "riposo" - come ha tenuto a sottolineare il mio Vescovo prima che lasciassi Dinajpur, il seguente :

dal 25 Ottobre al 7 novembre sarò a Milano, Bologna e Livorno. A Bologna parteciperò al convegno indetto dalla Associazione ''Amici dei Lebbrosi" che ci aiuta nel nostro programma di lavoro tra i lebbrosi; dal giorno 8 Novembre al 12 Dicembre resterò nella "Diocesi di Gaeta e cercherò di incontrarmi con quanti di voi potrò. Non voglio disturbare il vostro lavoro ed i vostri impegni, per cui niente di eccezionale quando busserò alle vostre porte per trascorrere un poco di tempo insieme, ascoltarvi e dare un bacetto ai vostri piccoli o un poco di affetto agli anziani.

Comunque, prima di ripartire, penso che sarebbe bello riunirci e trascorrere un momento tutti insieme. Allora abbiamo pensato. che lunedì 6 dicembre potremmo insieme celebrare l'Eucaristia presso la Chiesa di S. Paolo alle ore 18 e poi salutarci.

Quelli che non potranno essere presenti di persona potranno certamente unirsi per ringraziare il Padre per tutti i doni che ci ha fatto sino ad oggi e pregare per noi tutti e per i nostri Bengalesi.

Oggi il Signore ha chiamato a sè Don Luca D'Onorio, che è stato paziente con me quando ho lavorato per la Chiesa di Gaeta.

Ieri il Signore mi ha regalato un altro nipotino, Giuseppe, un altro cittadino del mondo di domani.

Avendo presente queste due dimensioni, l'eternità ed un domani illuminato dal sorriso dei bimbi, vi abbraccio caramente.

P. Adolfo

1976

27 novembre

siccome sono tante le cose che vorrei farvi conoscere, ho pensato utile racchiudere in questi pochi fogli informazioni che riguardano la mia presenza in Bangladesh.

Anche se alcuni si domandano se valga ancora la pena di parlare di missione "c'è tanto lavoro da fare qui " ed in quanto " abbiamo il nostro Bangladesh in Italia " penso che la nostra Comunità cristiana, Famiglia, Parrocchia o Diocesi, giunge ad una maturità vera il giorno che il fatto "cattolico" o "universale" non è soltanto una cosa ideale ma si concretizza in alcune persone e così diventano segno vivo di questa dimensione.

Non è quindi il singolo individuo (io, Padre Adolfo o Padre Mario Valente, salesiano di Gaeta nello Zaire o Sr. Filomena di Minturno in Bangladesh o Sr. Elda Soscia di Itri in Brasile o Sr. Viola di Gaeta in Congo) ad essere missionario, ma la Chiesa come Comunità che si esprime concretamente quando qualcuno accetta questo ruolo per un arricchimento reciproco. Il giorno in cui coloro che partono restassero isolati e dimenticati da noi, la loro presenza in alcuni paesi o Comunità non avrebbe più questo senso ecclesiale.

Ecco perché il Concilio dice "Sarà quindi utilissimo mantenere i contatti con

i missionari che in essa comunità hanno avuto origine, o con una parrocchia o con una Diocesi di missione, perché divenga visibile l'unione intima fra le Comunità" (Decret, "Ad Gentes" n.37)

Per questo ho insistito spesso ad avere notizie della vostra realtà, della nostra diocesi, delle vostre famiglie. Il reciproco interesse ci ridimensiona nella scoperta dell'unica cosa importante e "il discorso che Dio Padre fa a ciascuno di noi, facendoci vivere in modo pieno la nostra vita, non da isolati, ma insieme"

Sono 7 anni che sono in Bangladesh, nella diocesi di Dinajpur.

BANGLADESH, terra di poeti ed artisti come Tagore, premio Nobel per la letteratura; Rama Krishra, fondatore di un movimento di rinnovamento spirituale dell'induismo Jagadis Chandra Bose, scienziato in fisiologia. ed elettronica.

La breve storia di questo piccolo paese si può riassumere in breve:

Dal 1947 divenne la parte orientale del Pakistan, stato sorto da una divisione del sub-continente Indiano. Questa parte del Pakistan e stata sempre considerata, da un punto di vista politico ed economico, una colonia della parte occidentale. Il livello di vita era inferiore e le ricchezze della regione servivano soprattutto allo sviluppo della zona occidentale. L'unica cosa in comune, la religione islamica non poteva cancellare le differenze razziali ed impedire il sorgere di movimenti nazionalistici.

Il tremendo nubifragio del Novembre 1970 e la passività delle autorità di Islamabad in quella occasione aggravarono la frattura fra le due zone.

Le elezioni del 1970 provocarono una vera e propria vittoria degli autonomisti:

la legge Avdmi guidata da Muijbur Rahman ebbe la maggioranza dei seggi in parlamento (167) contro gli 85 del partito capeggiato da Ali Butto, che era il gruppo più forte della parte occidentale. Le Autorità pakistane non accettarono il responso delle urne e rinviarono la convocazione del parlamento in attesa di trovare una soluzione. Ma alla fine del Marzo 1971, dopo giorni di tensione e disobbedienza civile, i militari diedero inizio ad una repressione violenta di ogni movimento di autonomia. Muijbur Rahiman venne arrestato ed ebbe inizio la guerra civile che terminò il 16 dicembre 1971 con l'intervento dell'India, derivato dal fatto che 10 milioni di rifugiati avevano creato una situazione insostenibile lungo tutto il confine indopakistano.

L'esercito pakistano fu sconfitto in 15 giorni ed il 12 aprile 1972 il Bangladesh diventa uno stato indipendente.

Ma per l'uomo della strada, poco cambia. I dirigenti pakistani vengono sostituti da "esperti" Indiani e Sovietici per la programmazione politico-economica del nuovo stato. La nuova classe dirigente non seppe arginare la corruzione ed il contrabbando. Le elezioni del 1973 diedero ancora a Muijbur Rahman ed al suo partito la maggioranza. Nel 1974 il Pakistan riconosce ufficialmente il nuovo stato e sorge la speranza di nuovi scambi commerciali e della divisione dei fondi nazionali esistenti della separazione dei due stati (scissione). Il 1974 è un anno disastroso per l'inondazione di alcune parti del Bangladesh con conseguente situazione di fame che vede una moria più alta del periodo postbellico.

Il 15 agosto 1975 un colpo di stato militare pone fine al regime di Muijbur Ramhan. Il nuovo capo dello stato, Knondakar Mohstaque Ahmed si limita alla lotta contro la corruzione ed a una economia di austerità.

Il 2 novembre 1975 il generale Khaìid Musharaf assume il controllo del paese ma viene ucciso dopo pochi giorni e prende la guida del paese, dopo giorni di incertezza, il generale Ziha Rahman. Si forma un triunvirato e i militari governano il paese, promettendo le elezioni per il l976.

Il Pakistan riconosce il nuovo governo unitamente agli Stati Uniti e alla Cina. Cambiano i "consiglieri" e la pianificazione economica. Per la povera gente una cosa positiva è che il raccolto del riso è buono, ed i militari riescono a contenere il prezzo di questo alimento fondamentale ad un livello eguale anche nel periodo di scarsezza, cosa che non avveniva da decenni.

Un fatto negativo, che ha teso ancora di più le relazioni tra India e Bangladesh, è stata l'inaugurazione della diga di Faracca, costruita dall'India al nord di Calcutta per deviare parte delle acque del Gange a vantaggio del porto di Calcutta. Questo compromette l'irrigazione nella stagione secca di una buona parte del Sud del Bangladesh.

Paese di sole e di acqua la grande pianura del Bengala formata dai due grandi fiumi che scendono dalla catena dell'Himalaia, Gange e Bramaputra, è la zona dove si estende il Bangladesh. Una grande pianura! Il clima tropicale monsonico è sorgente di fertilità e di disastri naturali.

Su questa pianura fertile vive la popolazione di razza bengalese, 75 milioni su 142.774 Kmq. con una densità di 609 abitanti per Kmq. L'aumento della popolazione è del 2,7% annuale. Circa due milioni di nuove vite all'anno. Pur essendo mussulmani non è fatto religioso, ma piuttosto fatto sociale, quello di avere una famiglia numerosa. In una società agricola la famiglia è il perno essenziale della struttura economico-sociale. È la forma di assicurazione per la vita e la vecchiaia, e per un ruolo nelle vicende della società

INTERROGATIVI

Alcuni spesso si domandano se c'è risposta a situazioni come questa. Esperti economici e politici dicono no. Kissinger ha definito il Bangladesh "un cesto che non produce nulla e che si deve sempre riempire dall'esterno senza mai riuscirvi, dato che si vuota continuamente"

Il Dott. H. Hardin, dell'Università della California ha inventato la teoria della scialuppa. "L'umanità è come una folla di naufraghi in balia del mare: ormai la nave è andata al fondo ed è inutile salvare tutti nella nostra .. scialuppa perché si andrebbe a fondo insieme. Non vale nemmeno argomentare sul diritto della vita perché in questo caso "giustizia totale equivarrebbe a catastrofe totale". Un altro Professore, Pott. Forrester, invita ad esaminare i limiti e le conseguenze dell'umanitarismo.

La salvezza del Bangladesh non è in una soluzione meramente economica ma nell'uomo. E io, P. Adolfo, credo ancora nell'uomo, nelle sue capacità di superare l'egoismo, che tante volte ha anche il nome di strutture o di bisogni "terziari" ecc. ecc.

Leggendo Tagore ho avuto tanta speranza. Vi riporto una poesia:

“Di questo ti prego, Signore,

colpisci, colpisci alla radice

la miseria che è nel mio cuore.

Dammi la forza di sopportare

serenamente gioie e dolori.

Dammi la forza di rendere il mio amore

utile fecondo al tuo servizio.

Dammi la forza di non rinnegare mai il povero

di non piegare le ginocchia

davanti all'insolenza dei potenti.

Dammi la forza di elevare il pensiero

Sopra le meschinità della vita di ogni giorno

e dammi la forza di arrendere con amore.

la mia forza alla tua volontà”.

È la preghiera di un bengalese, di un "non cristiano", come diciamo noi. E poiché io ho fiducia negli uomini, specie nei giovani (e i bengalesi sono per 40 milioni ragazzi e giovani !!), allora dico che una soluzione per una realtà come quella bengalese c'è soltanto se saremo giovani anche noi e capaci di leggere il vangelo e viverlo ogni giorno nelle piccole e nelle grandi scelte, così come dice Tagore.

LA CHIESA IN BANGLADESH

Ed ora eccovi alcun dati della Comunità Cristiana del Bangladesh :

Nella seconda metà del 16° secolo erano presenti nella zona dell'Est Bengala comunità di cristiani e di cattolici. Nel 1850 nasce la prima Diocesi, quella di Dacca, mentre nel 1855 i Padri italiani del PIME sono incaricati di lavorare nella nuova Diocesi di Krishnagar, di cui fa parte anche Dinajpur. Nel 1927 Dinajpur viene separata da Krishnagar ed eretta Diocesi a se.

L'unica vera città è Dacca, che conta oggi circa 1.200.000 abitanti. Altre città sono Chittagong, Khuln, Rajshahi. Solo il 15% dei bengalesi vive in queste e nelle altre cittadine. L'85% vive in 65.000 villaggi sparsi sulla grande pianura del Bengala, dediti all'agricoltura. .

La preoccupazione principale è il sopravvivere, per cui ogni metro quadrato di terra arabile è coltivato, questo ha portato negli ultimi anni al taglio di gran parte delle foreste che prima esistevano in questa zona. Oggi resta solo una piccola zona del Sud del delta che è anche rifugio per la famosa tigre del Bengala, di cui rimangono appena 200 esemplari. Le precipitazioni rendono fertile il terreno sabbio-argilloso di questa grande pianura. La media delle precipitazioni è di 2039 mm di pioggia all'anno, il periodo delle piogge tropicali va dalla metà di giugno alla metà di ottobre. La temperatura media è di 18°C in gennaio e di 30°C in maggio.

ECONOMIA

Cosa si produce? Il Bangladesh non ha risorse minerarie. L'unica ricchezza è l'agricoltura, anche per questo, nel nostro sistema economico, è un paese sottosviluppato.

Il paese produce:

Riso: 16-18.000.000 di tonnellate annue

Juta: 777.000 “ “

The: 30.000 di tonnellate annue

Cereali: 17.000.000 “ “

Canna da zuc. 7.000.000 “ “

Il patrimonio zootecnico: 27 Milioni di bovini, 11 Milioni di caprini, 674.000 bufali

Ci vuol poco, avendo 75 milioni di abitanti, per vedere che quello che si produce non basta neppure al fabbisogno locale.

È stato trovato un deposito di gas naturale, che attualmente viene sfruttato per la zona urbana. Alcune società petrolifere stanno effettuando ricerche nella zona della Baia del Bengala nella speranza di trovare petrolio.

L'83% delle esportazioni è costituito dalla juta, seguono le pelli.

Il prodotto nazionale lordo è di circa 45.000 lire per abitante (contro le 100.000 dell'India ed i 2.000.000 dell'Italia).

Il deficit del paese è di circa 400-500 Miliardi all'anno.

Il tasso di analfabetismo è di circa l'80%.

Circa 30.000 sono le scuole elementari. Solo il 10% degli alunni giunge alla scuola media. Da tenere conto che il 45% della popolazione è al di sotto dei 15 anni. Vi sono soltanto 4 università in tutto il paese.

MALATTIE

Non più a livello endemico, ma ancora presenti sono il colera (3000 morti all'anno), la malaria (5000 morti); il vaiolo invece, per la prima volta nella storia del Bengala, è ora sotto controllo. La lebbra è presente con circa 250.000 malati di cui soltanto il 21% sono curati.

Nel 1958 la Comunità viene ancora divisa e due comunità che si trovano in territorio indiano formano la diocesi di Jalpaiguri e la prefettura di Malda.

L'attuale diocesi di Dinajpur copre un'area di circa 37.000Kmq con una popolazione di circa 18 milioni, 32.000 cattolici e 5.000 catecumeni.

La crescita della popolazione cattolica è del 4% annuo.

4 sacerdoti locali e 38 italiani sono per la cura pastorale e per il lavoro sociale (scuole, dispensari, cooperative) coadiuvati da 89 suore (61 locali e 29 italiane) e da circa 450 catechisti laici.

Circa 15.000 sono i ragazzi, cristiani e non, che beneficiano del servizio di educazione scolastica in cui siamo impegnati. Nei 12 dispensari circa 175.000 malati sono curati annualmente.

15 sono i giovani che studiano attualmente in filosofia e teologia per diventare sacerdoti nella comunità cattolica.

Circa 250 sono le coppie che formano annualmente nuove famiglie cristiane, primo nucleo di comunità in cui è presente l'amore di Dio.

Circa 5.000 sono le famiglie impegnate, in un modo o in un altro, in un miglioramento sociale attraverso cooperative e casse di risparmio. 3400 sono quelle impegnate in un programma di educazione sanitaria.

Tanti numeri. Solo cifre? Ma dietro ogni numero c'è un nome, non importa se Alì o Carlos, Sundor o Fatima, il nome di una persona e l'impegno di conoscerci per crescere assieme, come figli dello stesso Padre, che ci ama e che ci vuole "salvi".

Salvati dalla Fame di pane, una schiavitù che trova la liberazione quando sappiamo spezzare il nostro pane con il prossimo.

Salvati dalla Fame di Libertà e Giustizia, che è vinta quando riusciamo a rispettare noi stessi e gli altri come "persone".

Salvati dalla fame di verità, che è un aprirsi agli orizzonti del bello, del buono e del vero che esistono in ciascuna persona, famiglia o società.

Salvati dalla sete di pace, che riposa nella conversione del cuore di ogni uomo che riesce a ripudiare l'odio, la violenza e la mistificazione.

Allora è vero che facciamo un cammino insieme.

Camminare nella Chiesa non è dolo "dare" o "ricevere", ma crescere in modo nuovo e cioè come figli del Padre.

Lo facciamo noi a Gaeta.

Lo facciamo noi a Dinajpur.

RESOCONTO

C'è stato un aspetto particolare di questo incontro con il Bangladesh, che voi Amici avete concretizzato, donandomi annualmente delle somme, frutto di vostri sacrifici. Dal 1969 a tutt'oggi (novembre 1976) mi avete offerto la somma di L. 6.175.320

Questa cifra è stata quella che è stata raccolta qui a Gaeta dal Gruppo "Amici di Padre Adolfo". Inoltre io personalmente io ho ricevuto da alcuni di Voi altre offerte per un totale di L. 425.000.

Quindi in tutto L. 6.600.320.

Ho utilizzato queste somme nel seguente modo:

1 - Contributo per l'acquisto di un tornio per la scuola "Tecnica Novara" di Dinajpur L.1.000.000

2 Contributo per la costruzione della scuola elementare di Dhanjuri e

per i ragazzi di Dhanjuri L. 3.800.000

3 - Contributo per la chiesa cattedrale di Dinajpur L. 300.000

4 - Aiuti per vestiti e cibo a gruppi di ragazzi L. 320.000

5 - Medicinali acquistati e ricoveri in vari ospedali in Bangladesh L. 435.000

6 - Spese spedizione lettere agli amici in 6 anni L. 131.320

7 - Spedizione di materiale a P. Adolfo L. 31.600

TOTALE L. 6.017.420

In cassa (6.600.320 - 6.017.420) = L. 582.900

Vi ringrazio per il vostro aiuto, ma molto di più vi ringrazio per le lettere che alcuni di voi mi hanno scritto. Per me ogni lettera è un grande dono che a volte mi ha aiutato a superare momenti difficili. Vi ringrazio con tutto il cuore.

Termino queste note con quanto la Chiesa ci dice iniziando il documento del Concilio "La Chiesa nel Mondo contemporaneo"

" Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, dei poveri e soprattutto di quelli che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di più genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore.

La loro comunità è infatti composta di uomini, i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il Regno del Padre ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti. Perciò essa si sente realmente solidale con il genere umano e con la sua storia."

P. Adolfo

1977

1977

10 gennaio

Dinajpur

Carissimi amici,

sono partito da Roma il 22 per Bangkok ed il 24 partivo da Bangkok per Dacca.

Il 24 notte alle 23,30 arrivo nella parrocchia di Benjara dopo tre ore di jeep ed in tempo per concelebrare la Messa della Natività in terra bengalese. Ci siano stancati a distribuire le comunioni, ed eravamo in due a concelebrare: "300 o 400"! Ed il giorno dopo sono andato in una cappella vicina, a 5 Km ed anche lì le comunioni non finivano mai!

Si vede che Gesù voleva veramente nascere nel Bengala. "Questo è il mio Corpo, queste è il mio Sangue". e poi... "Il Corpo di Cristo"! Una vera nascita umana in una umanità che distratta attende la venuta di qualcuno che possa salvare fare nuova la terra ed i cieli.

Questa sera vi scrivo dalla camera di un morente. È F. Sozzi che va spegnendosi come una candela nella sua lotta con il cancro che lo ha colpito da 4 anni. È stato sempre un lottatore ed è alla sua ultima battaglia. Sono belle parole ma penso al vuoto che ogni tanto il Signore crea intorno a noi. Perdo un amico. Sono vuoti che non si possono più colmare.

È stato sempre così per tutti quelli che, conosciuti, abbiano amato, Quando ci lasciano c'è il vuoto, il deserto. È la nostra sofferenza che però ha anche una gioia perché il vuoto lo vuole colmare Lui che ha saputo raccogliere la sofferenza e l’amicizia dì ciascuno e di tutti, tanto da divenire l'unico vero Amico a cui possiamo confidare il nostro cuore.

Ecco forse perché tanti nella sofferenza trovano la forza di un'offerta per il bene di tanti altri, mentre ci sono altri che restano nel vuoto della disperazione, della "non - speranza".

Non so proprio perché vi scrivo così, ma è un momento di preghiera con uno che ha lavorato e sofferto per 48 anni qui nel Bengala nella scoperta del grande Amore che Dio ha per tutti noi. Uno che crede a questo Amore, anche se significa accettare un dolore fisico che lo vuole distruggere, ma è sicuro che dopo non c 'è il vuoto, ma il Padre che lo attende.

E a voi il Natale cosa ha portato? Pace ? Gioia? Lo spero con tutto il cuore per ciascuno di voi.

A me il nuovo anno ha portato tante cose nuove, anzi responsabilità nuove: il Vescovo mi ha chiesto di prendere la cura pastorale della Cattedrale, una scuola di 1200 ragazzi e giovani, un convitto con 70 giovanetti, una comunità distante circa 40 Km, e tante altre piccole cosette. Forse finirò per perdere tutti i pochi capelli che mi sono rimasti!, ma è uno cosa che avevo quasi messo nel conto!! Ah!, mi dimenticavo l'Ospedale di 70 letti.

Avrete eco delle mie gesta ogni tanto se avrò il tempo di scrivervi. Vi trascrivo il mio indirizzo putacaso qualcuno mi volesse scrivere. Grazie.

Adolfo L'Imperio Bishop's House DINAJPUR BANGLADESH

Per il resto ringrazio di nuovo Don Cosimino ed il gruppo di S. Paolo che tanto ha fatto e fa per me. A loro potete chiedere diapositive e foto nel caso vi servissero.

Scusatemi la lettera impersonale, ma è quello che forse riuscirei a scrivere a ciascuno di voi. Devo anche chiedere scusa a molti di voi che non sono riuscito a vedere e salutare nei tre mesi di permanenza in Italia. Mi stava venendo la tentazione di restarci! per cui mi perdonerete. Un saluto caro a tutti voi e un bacione ai vostri piccoli, unitamente alla Benedizione del Padre di tutti.

Copia del testamento del P. Sozzi Emilio della Diocesi di Dinajpur.

"Saidpur. - Chiesa della Beata Vergine di Lourdes. 24/2/1965

Io, P. Emilio Sozzi, con mente calma e serena in Dio dispongo di lasciare tutto che mi appartiene per qualunque titolo, al Vescovo della mia Missione, a cui donai i miei beni e la mia Vita.

Per amor Tuo Gesù in perfetta obbedienza e adorazione a DIO, UNO e TRINO, fino all'ultima consumazione della mia povera esistenza. Così sia.

F.to P. Emilio Sozzi “

(postilla)

Richiamato espressamente dal mio Vescovo, Mons. Rozario, sono ritornato in missione per riprendere il mio lavoro, ma dopo pochi mesi ho capito che il Signore mi richiamò per l'ultima mia giornata missionaria al privilegio della croce di Cristo...? O Gesù, ecco la tua vittima, falla pura, falla santa onde sia degna di essere sacrificata con Te, in Te, per Te... per la glorificazione del Padre, nella giustizia della Croce, per la distruzione del peccato della carne, per la Redenzione in Cristo, per la trasfigurazione attraverso la morte nella Vita.

Così sia.

P. Adolfo

1977

16 aprile

Dinajpur

" la sera di quello stesso giorno, il primo giorno dopo il sabato.., mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse : "Pace a Voi".

E la Pasqua del Signore, carissimi amici, ha iniziato ad essere l'incontro di quanti, avendolo conosciuto una volta personalmente continuano a cercarlo a trovarlo per avere la Pace ed essere portatori di Pace.

Spero vivamente che per ciascuno di noi la Pasqua di quest'anno sia stata una ricerca di Pace per essere portatori di Pace. Belle parole che perdono molto della loro poesia quando si devono incarnare in realtà di violenza di cui anche l'Italia non fa eccezione; almeno per quello che riesco a captare sui giornali bengalesi o dalla radio BBC..

Per questo molte volte chiudiamo le porte.. delle nostre riunioni domenicali. Poi arriverà la Pentecoste, non abbiate paura!

Ed ora che vi ho fatto gli auguri e ..la predica, passiamo a dirci quattro parole da buoni amici che si incontrano una volta ogni tanto.

Ringrazio, innanzi tutto, quelli che mi hanno scritto. È sempre una grande gioia rivivere con voi alcuni momenti della mia giornata o nottata (dipende da quando riesco a leggere con calma le vostre lettere). Anche se poi c'è il lavoro arduo di rispondere. A volte abituato al bengalese ed all'inglese, trovo fatica a scrivere in italiano e forse qualche mia insegnante di lettere - che ora vive a Roma - sta facendo l'analisi logica delle mie lettere e non mi darebbe il 6 per "passare". Meno male che ci sono i ragazzi (anche quelli di Cristo Re di Formia) che mi ospiterebbero sempre, anche se non passo.....

Oltre alla perdita di P. Sozzi, questi mesi ci hanno portato il vuoto per la perdita di Don Salvatore Cicerone e di Don Mario Bartolomeo. Una perdita umana ed un arricchimento nella crescita del Regno, perché "Ai tuoi fedeli, o Signore, la vita non è tolta, ma trasformata" dice la liturgia, e così i momenti vissuti insieme prendono la loro vera dimensione universale ed eterna. Scrivendo a macchina mi viene in mente la macchina di Don Mario, su cui ho fatto tante volte pratica scrivendo le circolari per la GIAC.

E qui cosa mi è capitato? È bruciata la casa di Santus; ho battezzato di notte Flora, che stava per morire, ma poi si è mostrata in braccio alla mamma bella e sorridente; è bruciato un villaggio in dieci minuti per il caldo afoso ed un poco di fuoco; devo trovare il modo di insegnare un mestiere a due ragazzi che altrimenti non hanno futuro, oltre al solito lavoro di Parroco, di Preside di una scuola di soltanto 1200 ragazzi con soltanto 10 aule (120 ragazzi per stanza..!); Ilarius di 18 anni con la TBC e Montu che è riuscito ad essere tra i primi cinque del College (liceo) di Dacca.

C'è anche da fare la spesa per i miei 50 gioielli, le caramelle per i bambini che vengono al catechismo, i bambù per fare il letto alla vedova ed il pianto sincero di Cirillo che mi ha dato un dispiacere ma mi ha chiesto perdono.

Ed a Pasqua eravamo in tanti a ricordare la sofferenza e la resurrezione di Cristo, ed abbiamo pregato anche per voi tutti, anche se a tavola non c'era l'ultima colomba o uovo di cioccolato o l'ultimo "Pandoro" di grido. Per l'occasione abbiamo ammazzato un maiale di 120 Kg e lo abbiamo mangiato in 500 persone. Un poco a ciascuno non fa male a nessuno!! Se avete invidia venite pure, siete i benvenuti!!

Dimenticavo che in Marzo, e precisamente il 16, la Diocesi di Dinajpur ha compiuto i suoi 50 anni. Abbiamo avuto soltanto ...4.000 Cristiani venuti da tutta la Diocesi e vi assicuro che i tamburi facevano concorrenza a qualsiasi televisione. C'era anche il corrispondente de "Il Messaggero" oltre all'ambasciatore italiano, al Nunzio Apostolico, 70 Preti e... anche Io "

Avreste dovuto vedere la mostra dei 50 anni allestita dalle Suore. C'erano delle foto "storiche" da non crederci. Ma è difficile scrivere queste cose a quelli che non le hanno mai viste. Rischio di scrivere un libro...io continuo a pensare ai 4.000 seduti sull'erba sia per la Eucaristia come pure per il pranzo; e la cena. E tutti hanno avuto il loro pugno di riso, anche abbondante e tanta gioia dentro il cuore.

Mi avete fatto fare le 11 questa sera e domani è domenica e mi devo ritrovare con i miei nell'attesa che si faccia presente il Signore a dire "Pace a voi". Solo allora l'assemblea diventa una cosa nuova, una cosa vera, una Pasqua di Resurrezione.

Come sarà la vostra Domenica? Grazie per avermi letto fin qui con pazienza. Vi abbraccio ad uno ad uno, da Gaetano a Enzo, da Ettore a Gianni, e vi assicuro che vi ricordo con tanto affetto, tutti, anche se non posso nominarvi tutti, perché il Padre di tutti ci aiuta a vivere insieme, gli uni per gli altri.

Padre Adolfo

1977

24 giugno

Carissimi,

quasi un mese fa mi ero ripromesso di scrivervi per ricordare insieme un momento di dieci anni orsono. Sono trascorsi dieci anni dal giorno in cui fui accettato dalla comunità Cristiana per il servizio sacerdotale. Se vi ricordate bene era il 29 giugno. È stato l'anno della "Populorum Progressio" di Paolo VI la cui lettura mi ha ispirato e sostenuto tante volte in questi anni di lavoro dove il sottosviluppo è una realtà terrificante.

Vorrei tanto che la rileggessimo, non per fare un consuntivo o un esame di coscienza, e neppure per fare un convegno, ma perché aiutasse me e voi a sperare in un modo nuovo di vivere e progredire come uomini.

"In questo cammino siamo tutti solidali", diceva alla conclusione della Enciclica il Papa, e penso che è una verità che resta oggi più che ieri di attualità, specie il cambiamento e le tensioni che sono presenti anche nella società del "benessere".

Ho paura di rileggerla da solo, lontano da voi, perché è facile che reagisca facendo il confronto di realtà e situazioni, il farlo insieme mi aiuterebbe a ridimensionare le mie reazioni di ribellione specie davanti ad ingiustizie o squilibri voluti e giustificati a nome della solidarietà o dell'aiuto.

Cerco un poco di forza per continuare, un poco di speranza per avere il coraggio di essere, a volte, solo e incompreso tra persone che parlano di sviluppo a proposito ed a sproposito; cerco un poco di luce per avere Fiducia nell'uomo, in qualsiasi uomo, così come è con la sua vocazione ad essere uomo completo, universale ed eterno.

Utopia ? Poesia? Restano o diventano tali se ciascuno di noi nel proprio posto non realizza la giustizia nell'amore a cui è chiamato.

In questi dieci anni alcuni amici ci hanno lasciato e non leggeranno questa mia perché sono passati nell'eternità, nell'amore di Dio. Alcuni di loro hanno creduto a queste cose, le hanno vissute e ci hanno lasciato esempio di vita. Non importa quanto o quello che hanno fatto, vale "quello che sono stati" nella coerenza al Vangelo.

Mi accorgo di aver fatto una predica, senza averne l'intenzione. Ma non rileggo quello che ho scritto altrimenti non parte neppure questa volta. Ringrazio quelli che mi hanno scritto, a cui spero di rispondere una di queste sere. Ringrazio per i libri per la Scuola. Auguro a tutti, con invidia, delle buone vacanze ai monti o al mare (il bel mare di Serapo!) che ogni tanto sogno con nostalgia. L'Amore di Dio, che sorpassa ogni conoscenza sia con ciascuno di voi e con i vostri cari e ci aiuti a restare "Amici".

Padre Adolfo

1977

4 novembre

Dinajpur

Carissimi amici,

è passato quasi un anno da quando ci siamo detti "arrivederci" con un poco di "magone" che mi ha accompagnato per un pò di tempo. Questa lettera è nata questo pomeriggio mentre assistevo agli esami scritti di 52 dei miei studenti che si preparano a dare la licenza ginnasiale tra quattro mesi. C'era un silenzio, neppure le zanzare mi hanno dato fastidio!

Ma andiamo un pò per ordine. Carlo Berriola (a proposito, oggi è S. Carlo: auguri ai tanti Carlo a cominciare da mio fratello) è arrivato sino a Chittagong, il porto più importante del Bangladesh a circa 600 km da Dinajpur, ma non sono riuscito a vederlo. Che peccato!

Ringrazio quelli che mi hanno scritto, in particolare G. Buonomo, i miei nipotini, Francesco e Valeria, Pogioli ed altri. Forse non ho risposto a tutti, ma il fatto è che fare il Parroco, il preside, il rettore del collegio, + i lebbrosi, + qualche altra cosa, porta alla solita richiesta di non avere giornate di sole 24 ore, ma almeno di 36!!!!

Ma il Signore è buono ed ha ascoltato la mia preghiera. Fra pochi giorni darò la consegna di Parroco a P. Canton Angelo che viene qui ad aiutare. Prenderà anche il collegio dei ragazzi, il lavoro dei campi ed a gennaio, anche la scuola. Non vi preoccupate, fortunatamente non resto disoccupato. Il Vescovo mi ha già " trasferito in Seminario a sostituire il Rettore che va in Italia, con le lezioni di S. Scrittura per le future Suore Bengalesi, il lavoro per i lebbrosi e le solite aggiunte, per cui saremo : punto e a capo.!

Dovreste vedere la mia stanza, dove sto traslocando!! Farebbe certamente invidia e concorrenza spietata a quella di mio fratello o di Don Paolo o meglio, a quella dei miei vari "nipotini". Se la volete vedere, affrettatevi, perché fra giorni inizierò a metterla in ordine e, forse, finirò....al prossimo trasloco. !!!

Altra notizia utile per voi è che con i miei parrocchiani non abbiamo fatto le vacanze al mare o in collina o ai monti, ma abbiamo trascorso insieme il tempo, lavorando come al solito. L'80% dei bambini, ragazzi, ragazze e giovani viene al catechismo (e da voi?) ed il 90% dei miei Cristiani viene a Messa..... Martina, una maestra di scuola elementare, che ha insegnato per 20 anni, sta diventando cieca! Senza pensione, senza assicurazione e con 7 figli che vanno a scuola... Marco è stato così bravo che lo faccio studiare per passare dalla seconda alla quarta elementare. Alfredo, che ha perso il papà per la TBC (Tubercolosi) ha anche la sorella TB e lui deve andare a scuola (fa la quarta) ed in più deve anche mangiare. Ed è un elenco che rischia di non finire. Ma anche voi avete il vostro: con rapimenti, estorsioni, disoccupati, anziani soli!

In tutto questo parapiglia ancora una volta sentiamo il bisogno di "luce", di una luce nuova che illumini quelli che sono nelle tenebre, che ci aiuti a "vedere" e "scoprire" come realizzare la "pace" nella giustizia senza distruggere l'amore che deve unire noi uomini di tanta o poca "buona volontà".

È un grosso problema che un "bambinò da tanto tempo viene a proporci riempiendo dl speranza e di gioia il cuore di tanti e riuscendo, a volte, a rompere l'egoismo e la violenza di alcuni.

È l'augurio per il Santo Natale, per me e per voi perché, in piccolo o in grande, tutti noi (parlo di me e degli uomini come me) abbiamo i nostri egoismi e violenze da annullare per fare posto alla "luce" che viene perché ogni uomo possa conoscere la "Bontà vera"

Sentendovi tutti tremendamente vicini (si dice così oggi?) nell'Eucaristia, vi ringrazio e resto vostro.

Padre Adolfo

1978

1978

3 marzo

Dinajpur

Amici cari,

il tempo vola e si diventa "anziani", ed una delle caratteristiche degli "anziani" e quella di pensare che gli altri sono tenuti a conoscere quello che è nella loro mente.

Mi accorgo che, avendo superato il traguardo dei 48, mi è congenito credere che quello che ho nella mente sia conosciuto anche da voi. Per cui un'altra bella scusa per rimandare lo scrivervi. Ma a dire il vero questa mentalità è anche in molti dei miei amici, perché di lettere in questi ultimi mesi se ne ho viste molto poche. Va bene che c'è la crisi del Governo (e quando non c'è stata?), la congiuntura, la guerra più o meno dichiarata in Africa o in varie parti di quel continente che vi tengono avvinti ed aumentano la distanza di comunicabilità tre me e voi. Non fa niente! Siamo nel periodo di Pasqua e tutto viene "riconosciuto" e "perdonato".

Qui, nella chiesa di Dinajpur, c'è un bel pò di movimento. Il Vescovo, che alcuni di voi conobbero a Gaeta tre anni fa, è diventato Arcivescovo di Dacca. Ci lascia dopo Pasqua. Aspettiamo il nuovo Vescovo e preghiamo che sia un Pastore come quello che ci lascia.

Io mi sono trovato Rettore (+ o - magnifico) del Seminario con 45 bravi ragazzi che mi fanne arrossire per la disciplina e per l'impegno che mettono nel fare anche le cose più ordinarie. Ci vorrebbe Don Ettore!!! Però mettono anche un bell'impegno nel mangiare e la pignatta del riso è sempre pulita al massimo dopo la refezione.

L'altro lavoro che mi capita di fare è il '"Procuratore", una bella parola per dire a uno che deve pensare per gli altri e procurare come può quello che è "necessario"

E qui la gamma va dal DDT alla carta per scrivere, oppure ad una Jeep o alle lampadine. Chi più ne ha, più ne metta!

In gennaio ho avuto la visita di un gruppo dell'Organizzazione di MANI TESE con il Presidente Graziano Zoni. Non credo che verrà a Gaeta, ma ha fatto un bel pò di foto e ve ne potrebbe inviare qualcuna.

In febbraio, il 12, è stata benedetta la Chiesa di Santa Rita a Mathurapur. Accludo alcune foto per l'albo dei miei Amici. È bella e riesce a contenere circa 800 persene. Ho trovato anche una pittrice bengalese che ha fatto un quadro della Madonna col bambino (è il primo nella storia del Bangladesh). Lei è mussulmana, ma ha voluto leggere il Vangelo per poter esprimere dall'interno, qualcosa di vivo (come dice lei). Ora sta facendo i quadri della Via Crucis.

Il raccolto del riso, qui al Nord, è andato abbastanza bene, per cui sino a maggio si può tirare il respiro. Il freddo ci ha lasciati ed è cominciato il vento caldo. Ora si sogna la neve ed il venticello di tramontana, oltre ad un buon gelato!!

Tutto questo fa correre il tempo e dà anche la gioia di vivere tra tante difficoltà ed incomprensioni. Noi le chiamiamo "spine" ( sempre noi anziani) e le colleghiamo sempre con le tre spine o dolori che un uomo di 30 anni ,tanti anni fa, si accollò perché l'Umanità diventasse "libera" dal peccato e dal male. E sulla Sua traccia che camminiamo, volente o nolente, a volte credendo, a volte disperando, a volte nel buio. Ma Lui ci attende e ci rinnova con la Sua resurrezione, non per noi, ma per farci capaci di trasformare "la creazione tutta" che è in attesa della liberazione. Sia questa l'esperienza pasquale di quest'anno. Lo auguro di tutto cuore a ciascuno ai voi ed a me stesso.

Vostro P. Adolfo

1978

28 maggio

Amici,

questa volta prima di tutto scrivo una lettera di scusa. Sono venuto in Italia, chiamato per partecipare ad una riunione di lavoro a Roma per alcuni giorni, ed ho avuto la gioia di trascorrere cinque giorni a Gaeta e dintorni. La volontà di incontrarmi con tutti voi in parte c'era, ma il tempo è volato, per cui devo chiedere scusa di non aver potuto visitare ognuno di voi. Ho voluto scrivere subito, (sono giunto il 25 a Dinajpur), per non essere preso di nuovo dalle tante cose e.. non avere più il tempo di mettermi alla macchina e scrivervi.

Oggi Paola riceve la prima Comunione a Gaeta, ed oggi Madre Enrichetta ha celebrato i 50 anni di consacrazione al Signore, di cui 48 spesi in missione!!!. Non abbiamo avuti i confetti o tante altre cose, ma abbiamo pregato insieme perché il Signore ci conceda altre persone come Madre Enrichetta, che nel silenzio hanno guidato ed aiutato centinaia se non migliaia di ragazze e ragazzi a diventare uomini e a volere bene al Signore, ed agli uomini, anche ai nemici.

È difficile dirvi le impressioni della mia venuta lampo italiana. La società europea sta attraversando un periodo difficile, e quella italiana anche doloroso. Tante cose sono venute meno e la violenza sembra una nuova forza che con la soppressione vuole dare illusione di libertà o di avvenire.

Nella storia dell'umanità questo si è ripetuto tante volte. La vera libertà non è mai frutto di intimidazione e violenza, ma di responsabilità e coraggio.

Io sono ritornato tra i miei 82 milioni di Bengalesi di cui sentivo la nostalgia. Piove che è una bellezza! Al mio arrivo da tre giorni non vi erano aerei per Thakuraaon (l’aeroporto più vicino a Dinajpur) a causa di temporali. Con me c'è stata una schiarita, io ne ho approfittato.

Ho ritrovato la "folla" che lotta per una vita di sopravvivenza invece che per il rinnovo del contratto di lavoro, che digiuna perché non ne ha; invece che per protesta. E questa sera alla radio la notizia che il colera è apparso nei campi dei 200.000 profughi provenienti dalla Birmania (in Italia i giornali non ne parlano neppure) con il pericolo di una epidemia. Sembra che la vita sia sempre interessante e rischiosa da queste parti.

Vi accludo un ritaglio di un giornale italiano, con un articolo di Zoni Graziano che scrive le sue impressioni dopo la sua ultima visita in Gennaio. Meno male che non faceva il caldo che fa ora e la pioggia che c'è ora. Comunque Graziano lo conosco e parla con il cuore, leggetelo: forse vi aiuterà.

Ed ora vi debbo lasciare perché domani sposa Elia, una orfanella che ha lavorato qui per alcuni anni e c'è da fare qualche cosetta.

Mi scuso di nuovo con tanti, i ragazzi della classe V del De Amicis, i ragazzi di Cristo Re, Ester che mi voleva per domenica prossima per la sua 1° Comunione, Libero che mi ha scritto il 15 Maggio, Giuseppe che mi avrebbe voluto parlare (quando vieni?), gli anziani che avrei voluto visitare ed ascoltare. Come siamo limitati .!!

Nonostante tutto è vero quello che leggo nel Vangelo di domani " Non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi, a motivo di me e del Vangelo, che non riceva al presente il centuplo in case e fratelli o sorelle"

Penso che a volte il Signore mantiene un poco troppo la sua parola.

Vado a dare la buona notte ai miei 42.....

Vostro

Padre Adolfo

Allegato:

VERGOGNA E SPERANZA ( di Graziano Zoni)

Non è facile descrivere ciò che si sente nel primo e sempre nuovo impatto con questo paese. Confesso di aver provato per tutto il periodo della nostra permanenza nel "sonar Bangla" un grande senso di disagi, un grande tormento di vergogna. Oh! se avessi potuto aver con me la mia famiglia, dire addio all'Italia coi suoi problemi, i "non problemi", con le sue tavole rotonde; sull'alternativa, coi suoi convegni sulla promozione umana, coi suoi dibattiti sull'impegno politico, con le sue celebrazioni della beatitudine, della povertà in abiti alla moda e con la pancia piena...se avessi, ancora, saputo liberarmi della mia mentalità occidentale, delle mie necessità e comode abitudini borghesi, della mia macchina fotografica per poter a pieno diritto condividere la lotta di questo popolo per sopravvivere, lavorare insieme per capire o far capire che esso così non sarebbe se il mondo ricco fosse meno egoista e più giusto, per capire e far capire a questi milioni ai fratelli che essi hanno diritto per giustizia a vivere da uomini nel rispetto e nella interdipendenza con tutti gli altri uomini..

SI! il Bangladesh è oggi questo: 80.000.000 di uomini, donne, bambini che lottano disperatamente con costanza, in silenzio, per sopravvivere!

80.000.000 di fratelli che hanno il diritto di vivere non più dimenticati, non più umiliati dall’elemosina, ma nella fierezza del loro lavoro! È quanto essi chiedono. Non si tratta di guadagnare un "contratto ai lavoro"; di protestare contro il blocco della contingenza, non si tratta di avere il "pensiero" a dove passare le ferie, o il problema di dover cercare la casa per il week-end o la rabbia per il sacrificio di dover rinunciare alla bistecca o alla fettina giornaliera... si tratta di lotta e dura, per sopravvivere!

Ma 80.000.000 di poveri in lotta silenziosa per la vita, non fanno notizia... un radicale che digiuna, invece si…..poche decine di femministe che protestano, invece sì. . una diva del cinema che si sposa per la quinta volta, invece sì... Dove sono i veri difensori degli oppressi? Perché non scendiamo in piazza, in massa, a proclamare il diritto di chi non conta niente?. Quale vergogna!

Scrivo queste cose e penso con una stretta al cuore, con rabbia e vergogna a quanto viene sciupato spesso solo per scherzo o divertimento, nella nostra società! Ma com'è la povertà del Bangladesh? È una povertà totale, di massa resa ancora più cruda dalla nostra indifferenza e dimenticanza. È una povertà dignitosa, generalmente. Ricordo le linde casette al fango di Danjury e quelle ai legno o stuoia di Delpara.. .pochi metri quadrati per 6,8,10 persone con nulla dentro... un pugno di riso a bollire sul fuoco ed un pò di erbe per condimento...

Delpara, Danjury, Boyra, Nijpara, Satkira, Slilmulia. . . alcuni dei 65.000 villaggi bengalesi, stesso ambiente, stesse capanne, stesse scene : i bambini bellissimi rovinati dalla fame o dalla sottoalimentazione, stesso sguardo dolce e triste, stessa gente al lavoro nei campi o intenti a lavori artigianali, stessa folla di disoccupati in attesa di una chiamata, stessa folla stipata sugli autobus, stessa processione di carri, bufali e buoi, stessa cordialità e desiderio di fare amicizia, di parlare, di conoscere. Chi potrà dimenticare ad esempio la cordialità e la serenità con cui fu servito fra le capanne di Delpara "l'aperitivo" di palline di riso amalgamato nel lattice della palma da dattero e poi il gustoso pasto dl riso, curry e verdure varie velocemente consumato con le mani in semplicità, anche se per noi un pò con disagio, forse perché colti di sorpresa? Come dimenticare la voce squillante delle bimbe di Khulna che scandivano divertite con tanta amicizia il nome di Antonietta o le orfanelle di Satkira che ripetevano perfetta dizione cantando con noi " Oh! bella ciao"

Come valutare fino in fondo la costanza di questo popolo perseguitato (dalle ingiustizie e da calamità politiche e naturali, sempre costretto a ricominciare daccapo, sfidando le forze della natura e l'indifferenza della comunità mondiale? Sicuramente, vi si trovano difetti umani privati e pubblici come in tutte le parti del mondo ma vi si trovano anche e soprattutto valori che da noi devono essere riscoperti. La liberazione del Bangladesh avverrà per la presa di coscienza del popolo, quando vedrà i suoi diritti e convinto delle proprie capacità e fiero dei suoi valori, saprà utilizzare le proprie risorse per la soluzione dei suoi problemi.

Il governo, pur con i limiti e difetti naturali a tutti i governi, fa quello che può. Abbiamo visto continui lavori di ampliamento delle strade, ponti in costruzione ecc... Molto bene impressionati siamo rimasti dalla Chiesa bengalese e missionaria, vera speranza per il futuro di questo Paese: una Chiesa, autentico "piccolo gregge" che sa resistere alle tentazioni delle opere d'arte grandiose di pietra, per preferire i capolavori umani direttamente usciti dal Creatore, convinta di non poter parlare di Dio, Padre e Fratello o Spirito d’Amore e di Giustizia, ad un popolo che soffre i dolori della fame endemica a conseguenza del tradimento dei fratelli cristiani che hanno regolato gli ingranaggi della storia passata e che tuttora reggono l'economia mondiale. Una Chiesa preoccupata soprattutto di testimoniare nei fatti, l'Amore di Dio per l'uomo!

Le diverse tombe di missionari uccisi a causa della Giustizia, parlano al cuore dei semplici più di mille quaresimali e portano a Dio più di tante cattedrali romane, gotiche o moderne.

Laici di vari Paesi a fianco di serie organizzazioni bengalesi di volontari operano e lavorano nei villaggi per una coscientizzazione capillare: la soluzione non verrà da noi, dai nostri soldi, ma dai bengalesi.

C'è speranza allora anche per questa grande potenza di poveri? Direi proprio di si! Essenziale è di non rovinare e non tarpare le ali a questa speranza; pretendendo di forzare la mano, imponendo i nostri tempi, i nostri schemi, i nostri ideali!

Scegliere di collaborare coi poveri, significa accettare di partire e lavorare con quello di cui il povero vive, con quello che egli ha, sa e vuole.

Ciò richiede pazienza, costanza, vero spirito di accettazione e di partecipazione

e, pieno ed autentico rispetto dell'uomo. Ciò deve spingerci ad essere veramente e totalmente cristiani.

Ciò richiede di avere, di sviluppare, di favorire o di alimentare anche una volontà politica per risolvere i problemi dell'uomo. Ciò deve spingerci ad un impegno concreto.

Qui, ed in paesi simili al Bangladesh, si verifica e si realizza la nostra stessa integrale liberazione. Qui è in gioco pertanto la nostra stessa sopravvivenza di uomini liberi!

Infatti ciò che tutti abbiamo riportato di ESSENZIALE da questo pur breve viaggio è la riscoperta, faccia a faccia, non solo della immensità delle sofferenze e dei bisogni del Bangladesh, ma anche dei tesori nascosti di quei fratelli che noi chiamiamo "sottosviluppati" e di un'acuta presa di coscienza di ciò che manca al nostro sviluppo.

Coraggio! Non siamo soli.

Graziano Zoni

1978

28 agosto

Dinajpur

Sono tentato di iniziare questa vostra con un "Caro amico"- o 'Caro ...e il tuo nome per rendere questa lettera a me e a voi meno impersonale. Ma poi mi dico che è un raggiro, e, per per essere nel vero, diciamo ancora:

Indimenticabili amici,

poiché è proprio vero che non è facile dimenticare persone come voi e non è. possibile trovare altri come voi, anche girando tutto il mondo. Non scherzo.

Siete tornati dalle vacanze di Ferragosto e la Chiesa si è trovata con un nuovo Pontefice alla sua guida, che ha voluto riassumere con un nome tutta la sua responsabilità col chiamarsi Giovanni Paolo. È un grande segno di speranza per la Chiesa e per il mondo.

Proprio in questi giorni abbiamo avuto un incontro di giovani qui a Dinajpur organizzato da un Comitato di giovani cristiani, ha visto riunito Protestanti e Cattolici, Battisti e Luterani in tre giorni di preghiera e discussione, che è stato come contemplare quella che dovrebbe essere l'Unità della Chiesa. Ho detto, tra me che l'Ecumenismo non è una chimera ma che saranno i giovani a farlo.

Dal mio ritorno dall'Italia c'è stato tanto da fare che mi sembra che il giorno che ho lasciato Roma sia tre anni fa. Abbiamo avuto un incontro di tutti i sacerdoti delle quattro diocesi del Bangladesh, eravamo presenti l'82% dei preti, indovinate quanti? 120! Abbiamo discusso in diverse lingue: bengalese, inglese, italiano, francese, con varie sfumature di accenti, sembrava di essere al Concilio. Tema di fondo: "il rinnovo della Chiesa in Bangladesh.". Concretamente: la giustizia. Il fare la giustizia nell'amore. Vi dico che sono stati cinque giorni sofferti ma belli. La mia parte è stata quella di raccogliere e preparare statistiche utili a tutti, per cui un mese e mezzo, con l'aiuto di tre o quattro a turno. Siamo riusciti a preparare un libretto di cui vi ho inviato una copia. 120 sacerdoti per 82 milioni di bengalesi. È una bella matematica!

È proprio vero che si sparisce, che ci si sente niente nella massa, ma è anche vero che un fiammifero acceso nel buio della notte rischiara alcuni e diventa punto di riferimento per molti.

Poi, tornato a Dacca, ho dovuto riprendere il lavoro di Rettore a tempo pieno con i miei magnifici 42 e tra l'altro mi tocca insegnare anche l'inglese, oltre al resto. Qui c'è da credere ai miracoli!! E dire che quando volevo entrare in seminario don Ettore insisteva perché imparassi il latino "rosa~ ae"..

Ma tra le tante cose il Signore è ancora buono con me, mi ha fatto trovare aiuto in suor Paola, una suora bengalese che è diventata un pò la mamma dei miei 42 giannizzeri, per rattoppare camicie e pantaloni, fare la spesa, coltivare i peperoncini e cose simili.

Intanto l'acqua ha inondato parte del Bangladesh, non molto, mentre qui al nord abbiamo dovuto piantare il riso pompando l'acqua perché non piove da 15 giorni!! Cosa da matti! e stiamo nella stagione delle piogge!

Il governo birmano ha trovato un accordo con il governo bengalese per sistemare i 200.000 rifugiati della Birmania, dicono che saranno sistemati prima di Dicembre.

Per consolazione mi hanno scritto Don Antonio e Don Vincenzo. Non me l'aspettavo Solo adesso non ricordo se, avuta la lettera, abbia loro risposto subìto, poiché in quei giorni ero super occupato. Cosa fare? Scrivere ancora? cosa ne dite?

Ecco mi sono sfogato un pò, perché ne avevo anche bisogno, e spero anche di avervi fatto contenti. Ora sino a Dicembre potrò riposarmi un pò, perché scrivere in italiano per me diventa sempre più difficile. Forse sarà bene scrivervi in bengalese o in inglese.

Fratel Francis sta diventando cieco e con il cuore che fa i capricci, credo che presto farà parte della Chiesa Trionfante.

Padre Mario che ha de anni più di me ( indovinate allora quanti ne ho io) lo hanno portato all'ospedale con una mezza paralisi e un colpettino al cuore; ma lui se ne è infischiato e in dieci giorni già parla di tornare al villaggio a fare questo e quello!!!

Domani dovrò spiegare la creazione alle novizie ed ancora non mi sono preparato. Ho sonno e dovrò anche dormire. Vedremo. Finché c'è vita c'è speranza, dicono i sapienti. E voi che ne dite?

A volte mi viene la curiosità di vedere cosa fate, cosa discutete, dove andate. Poi mi dico che non posso mettere tutto in questa povera testa che ormai sta perdendo tutti i capelli che erano rimasti dopo la chiamata...e allora mi limito a portarvi tutti presenti nell'Eucarestia, vedervi lì, intorno o sull'altare con le vostre gioie e sofferenze, desideri e speranze, frustrazioni e rivincite e chiedo a Lui di ripetere il miracolo che riunisce i cuori, che fa di noi persone che credono e vivono per una realtà migliore ed un mondo rinnovato.

P. Adolfo

1978

21 ottobre

Amici sempre cari,

ci sono dei giorni in cui ti viene il dubbio che quello che stai facendo serva a qualche cosa. Altre volte, discutendo con altri, ci sono di quelli che vedono tutte le pecche e tutti i fallimenti del passato, del presente e del futuro. Oggi e la giornata missionaria e anche a me è capitato di pensare a tante cose. A quello che ho lasciato, a quello che ho trovato, a quello che mi aspettavo, a quello che sono....Però ieri sera i miei magnifici 40 sono venuti a dirmi che oggi rinunziavano alla carne per dare la loro offerta per le Missioni, o meglio per la Chiesa, perché sia missionaria...Mangiano la carne una volta alla settimana (la colpa e un pò di tutti),sono ragazzi in età di sviluppo ecc. ecc., eppure ho dovuto accontentarli.

Questa mattina il Parroco in chiesa ha fatto la stessa scoperta. Ogni famiglia della Parrocchia ha dato la sua offerta, e generosa. Forse facendo le percentuali con la mia parrocchia di Gaeta ci farei brutta figura! Ma lasciamo da parte le statistiche, perché un amico mi dice che si può dimostrare quello che si vuole con esse…Mi fido del giudizio del Padre comune.

A Mimensingh, una cittadina del Bangladesh distante da qui circa 200 Km in linea d'aria, c'è un convento di Clarisse in clausura. Conosco Madre Antony, anche se non l'ho mai incontrata, e da qualche settimana sta male. Ha il cancro e sta per morire. Oltre a questo è stata paralizzata per molti anni e deve far uso delle stampelle. Ho pensato, giorni fa, che un'altra persona amica ci avrebbe lasciato. Invece adesso ho ricevuto notizie che sta meglio, che gira con la sedia a rotelle, dando gioia e coraggio alle consorelle e che fa a meno anche delle medicine.

Pensavo alla Chiesa. Molti l'hanno data morta. Nei momenti difficili sembra che stia per scomparire. Quando muore il papa tutti dicono che sia impossibile trovarne uno come quello che ci ha lasciato. Alcuni sono insoddisfatti di essa perché dicono che è ricca. Altri perché è troppo conservativa. Uccidono i suoi Vescovi e Preti perché sono con la gente che soffre o perché difendono gli oppressi. Eppure a me sembra che questa Chiesa, con tutti i suoi difetti, con tutte le sue remore, dopo una sofferenza appare con un volto nuovo, con un altro uomo mandato dal Padre agli uomini a rendere testimonianza alla Verità ed all'Amore.

Può darsi che mi sbagli, o sono ancora nel gruppo di quelli che sognano un domani "più migliore" (povero italiano!!)

Ecco perché devo andare a comprare il pietrisco per fare una gettata. Statemi bene.

"Ringraziamo per sempre Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere, memori davanti a Dio e Padre nostro del vostro impegno nella fede, della vostra operosità nella carità e nella vostra costante speranza nel Signore nostro Gesù Cristo" (I Tess.1, 1-5)

Padre Adolfo

1979

1979

11 febbraio

Dinajpur

Carissimi Amici,

è trascorso un mese da quando don Ettore e don Gianni arrivarono qui a Dinajpur a farmi una sorpresa di cui ringrazio tanto il Signore. Spero che per loro sia stata una ventata di primavera, incontrandosi con una Chiesa giovane, ma piena di vita e anche con i suoi problemi, come tutti i giovani.

Certo che per me è stata una gioia, ma anche un poco una....sofferenza. Mi hanno fatto fuori una 128 e una jeep, cosa che nemmeno il ciclone era riuscito a farmi. E poi la polvere che ho dovuto mangiare facendomi trainare per trenta chilometri da un'altra Land Rover su una strada che fa concorrenza alle piste del Sahara.

D'altra parte non ci sono rose senza spine od io purtroppo vi ho fatto conoscere solo le spine. Le rose sono state le bottiglie, il salame, il cioccolato , il torrone, ma, principalmente la loro presenza. A me è sembrato che potessero anche restare. Un pò di Bengalese Don Gianni iniziava a balbettarlo meglio di don Ettore.

Come tutto le cose è finita.. troppo presto.

L'altro giorno venendo in treno da Dajshahi, affollato sopra, sotto e in mezzo, pensavo all'anno dell'infanzia che è celebrato quest'anno. Quanti discorsi, manifesti e pubblicazioni parleranno dei ragazzi , dei loro diritti e problemi !!

Alla stazione di Dajshahi saltarono dal tetto del treno una cinquantina di ragazzi con le loro fascine di legna e di sterco per bruciare, da vendere al mercato. Ma è arrivata la Polizia, ha confiscato i "beni" perché non avevano pagato il biglietto. Il treno correva ed io pensavo che forse sarei dovuto scendere e pagare il biglietto dei cinquanta......

Sul treno c'erano i soliti venditori di tante cose, dall'elisir di lunga vita, alla medicina "guarisci tutto", ai libri religiosi ed anche il cantastorie sugli ultimi eventi tragici o amorosi.

E mentre il treno correva, con noi tutti attenti, abbiamo sentito un rumore sul tetto del treno. Qualcuno è cascato dal treno in corsa. Il treno non si è fermato. Sul tetto c'era un gruppo di ragazzi con i loro sacchi. Uno non giungerà più a destinazione. Il suo nome?

E sono arrivato a Saidpur, subito circondato da quattro bambine più o meno vestite che chiedevano qualcosa e mi hanno accompagnato fino alla casa parrocchiale ripetendo la domanda di qualcosa…come una nenia. Non ho detto nulla.. e non ho dato nulla. Ce n’erano oltre trenta - quaranta pronte a scattare se avessi dato una "paisa" ad una di loro Mi sono vergognato di avere un vestito che attirasse la loro attenzione e di non poter far niente perché non abbiano a chiedere.

Non è finita: arrivato a sera a Dinajpur , mentre il "rickswa" mi portava a casa, ho rivisto il mucchio di stracci sotto gli alberi grandi che fiancheggiano la strada. Sotto gli stracci una decina di corpi che cercano di ripararsi dal freddo (di notte la temperatura scende sino a 8° e si sente). Domani riprenderanno a girare per la città cercando di vivere un altro giorno. Ho sbagliato, volevo dire sopravvivere un altro giorno. Perché il problema è quello di sopravvivere, loro e noi. E sembra che noi e loro continuiamo una gara che è inumana.

Ma è proprio senza speranza questo mondo? Se fosse così sarebbe da disperarsi.

La speranza sono proprio i ragazzi. Quelli di cui vi ho parlato e quanti altri di tutto il mondo, se avranno il coraggio di sorridere e cercare quello che c'è di vero e giusto nelle ansie, domande e rivolte di tanti. I ragazzi bengalesi sono intelligenti, hanno volontà.

Anche i ragazzi italiani hanno intelligenza e volontà. Perché non cercare di incontrarsi, conoscersi, volersi rispettare e, così, crescere insieme?

Se i ragazzi potessero sognare ed aspirare a ciò, avranno il coraggio, da grandi, di non porre barriere allo sviluppo ed alla crescita degli altri, non si faranno guidare dall'egoismo nelle scelte, non cercheranno il loro interesse con mezzi ingiusti ed inumani.

Cari figli dei miei amici, vorrei tanto trovare voi tra questi aperti alla gioia di vivere!

Sono illuso? Non credo. Ho una grande speranza: quella che gli uomini possano cambiare e la certezza che i ragazzi sono quelli che costruiranno il mondo di domani.

Non è stato forse un giovane crocifisso a redimere il mondo?

Non è stato forse lo stesso che, da bambino, è nato in una stalla per portare la "luce" a tanti?

Sofferenza.. che porta gioia, Luce.. che risplende tra le tenebre, Verità.. che confonde l'egoismo, Carità…. che annienta l'odio. Abbiamo tempo per pensarci mentre ci avviamo verso una nuova Pasqua di Resurrezione. Sarà per un "passaggio" dal meno al più?

Sara per noi una nuova liberazione? Lo auguro a ciascuno di noi.

P. Adolfo

1979

11 marzo

Dinajpur

"O Dio , pastore eterno, che edifichi la Chiesa

con la multiforme ricchezza dei tuoi doni

e la governi con la forza del tuo amore,

concedi al tuo servo Teutonio,

che hai scelto a capo della comunità,

di presiederla in nome di Cristo

come maestro, sacerdote e pastore."

Carissimi amici,

quella sopra riportata è la preghiera di apertura della liturgia che noi celebriamo qui, a Dinajpur , il 4 aprile di quest'anno, perché quel giorno avremo la gioia di avere un nuovo maestro, sacerdote e pastore della nostra comunità.

È un giorno di gioia, per questo vi chiedo di unirvi alla Chiesa di Dinajpur per ringraziare il Padre del dono e di chiedere per il nuovo Vescovo luce e coraggio per essere quello che il Padre vuole che lui sia per la nostra comunità.

Fr. Teutonio Gomes, Vescovo eletto, succede a Mons. Michele Rozario che è attualmente Vescovo di Dacca. Ha quindici anni di sacerdozio ed è laureato in sacra scrittura. È un Vescovo giovane per una Chiesa giovane. È un bel dono del Padre.

Con questa gioia e con questi sentimenti la Comunità diocesana si prepara a riceverlo. Verranno da tutte le 16 Parrocchie e 486 villaggi per accoglierlo.

Quel giorno, davanti a tutti, prima della sua ordinazione gli sarà chiesto di:

- compiere sino alla morte il suo ministero di servizio

- annunciare il Vangelo di Cristo

- custodire la fede trasmessa dalla Chiesa

- edificare il Corpo di Cristo, che è la Chiesa viva

- amare il suo popolo, con i suoi sacerdoti e collaboratori

- essere segno, tra i poveri e gli erranti, segno di amore, salvezza, giustizia.

Non è una cosa facile. Però, se insieme preghiamo per lui, certo il Signore lo aiuterà

e compierà in lui quello che tante volte gli uomini cercano e desiderano, ma non riescono a trovare: Uno che serve con amore in nome della giustizia.

" Vi ho chiamati amici, perché vi ho fatto conoscere tutto quello che ho udito dal Padre mio" . È quello che sentiamo Giovedì Santo, nuova Pasqua, e sarà il motivo della liturgia che vuole aiutarci nella liberazione dal peccato e dal male, per essere capaci di servire.

L'augurio che faccio a ciascuno di Voi, a me, al mio Vescovo specialmente, è proprio quello di assimilare, penetrare e vivere questa Pasqua per ottenere la gioia della donazione.

Scusatemi se sono stato lungo. Abbraccio ciascuno e tutti, sicuro che il 4 aprile e durante la Pasqua saremo uniti nella preghiera in Cristo.

P. Adolfo

1979

14 luglio

Dinajpur

Non so proprio come cominciare. Da una parte mi sento in colpa per il lungo silenzio dall'altra non mi sono accorto che sono volati 4 mesi dalla mia ultima lettera. E poi sarete indaffarati con le ferie ed il ferragosto per cui ho i miei dubbi se scrivere o meno. Alla fine ho deciso ed allora:

Amici carissimi,

sarà stato il fatto che il caldo ha avuto punte di 48° per ben due mesi, che sono dovuto scappare per tre settimane per rimettermi un poco dal troppo lavoro. Oppure dal fatto che la pioggia si fa desiderare e si rischia di avere un'annata brutta con le conseguenze di fame come nel 1974, ma tutto ha contribuito a farmi scrivere questa lettera solo oggi.

Vi scrissi alla vigilia dell'ordinazione del nostro nuovo Pastore che con gioia abbiamo accolto e ricevuto. Eravamo forse 5000, ma il numero non contava, era un'anima sola ed un cuor solo che contava. Ce l'abbiamo messa tutta e, grazie alle vostre preghiere, le cose sono andate bene.

Il fatto è stato che il lavoro è aumentato su tutti i fronti. I miei pupilli in 14 hanno dato gli esami di licenza ginnasiale, poi per loro ed altri 15 delle altre Diocesi del Bangladesh abbiamo dovuto preparare un corso speciale di tre mesi. Così, da Maggio, i ragazzi in casa sono 58. Meno male che P. Patrick mi è venuto in aiuto e lui fa lezione di inglese, conversazione, catechismo, organizzazione della giornata e tante altre piccole cose, per cui tiriamo la barca in due.

Il lavoro di ufficio mi tiene occupato dalle 6 alle 8 ore per conti, resoconti, statistiche, servizi ai Padri, costruzioni e chi più ne ha più ne metta. Pensavo di fare una richiesta all'ONU per prolungare le ore da 24 a 48 per ogni giornata, ma le complicazioni sono troppe. E poi ci sono quelli che vogliono la settimana corta!!!! Come la mettiamo? Però bisognerebbe fare qualcosa per non far salire il termometro a temperature sopra 45°,perchè,vi assicuro, è come stare in un forno.

In tutto questo guazzabuglio devo ringraziare tanti ragazzi di Scauri e di Gaeta che mi hanno scritto reagendo alla mia lettera di febbraio. Le loro lettere mi hanno fatto tanto bene. Purtroppo non sono riuscito a scrivere loro lettere personali in risposta, come avrei desiderato. È proprio vero che i ragazzi sanno fare miracoli! Danno coraggio, speranza, gioia e si fanno perdonare quando ne combinano qualcuna.

Perché sono sinceri e riescono a dire : "Perdonami, non lo faccio più", cosa che noi grandi difficilmente riusciamo a dire.

Scusatemi: parlo di me e dello persone come me, gli altri non vengono toccati

Mentre scrivo penso ai profughi che devono lasciare la propria terra per cause che hanno radice nella incomprensione o nell'egoismo. Penso ai tanti che lasciano la casa per un lavoro, che molte volte è schiavitù bella e buona. Penso a tanti che non hanno il diritto al lavoro per un fatto di discriminazione. E poi c'è chi non ha il pane o un pugno di riso per l'egoismo di pochi o di molti, tra cui ci sono anch'io che spesso ho tante esigenze.!

Meno male che tra tutta questa gente, che qua é facile incontrare, ci sono i ragazzi. Ti guardano, molte volte stendono la mano o sono lì a guardarti, ma se riesci a parlare con loro ti sorridono, si fanno aiutare, o ti guardano con due occhi che ti danno tanto.. coraggio, coraggio di fare anche cose dell'altro mondo.

Ringrazio il Signore per voi e per loro. Il Signore continua a parlare con noi in modo semplice attraverso queste cose e chiedo a LUI la luce per non essere uno stupido nel rifiutare questo modo di parlare. Capirlo significa poter sperare, poter credere in un mondo più bello e migliore.

Le lettere dei ragazzi di Gaeta e Scauri mi hanno aiutato in questa linea. Sono dei ragazzi magnifici, super!!!

Il sorriso e gli occhi dei miei ragazzi bengalesi mi hanno dato la stessa speranza!!! Anche essi sono la speranza del mondo!!!!

Sono certo.. che mi aiuterete a continuare a credere in questo con la vostra Preghiera e con la vostra amicizia.

P. Adolfo

1979

20 settembre

Amici carissimi,

ora che le ferie sono trascorse e che la maggior parte è ritornata all'occupazione, o al "tran tran ordinario" (come si diceva ai miei tempi), vi vengo a disturbare.

Le ferie estive hanno portato una stasi nella corrispondenza e vi assicuro che ho potuto tirare un sospiro di sollievo perché da luglio ad oggi ho ricevuto solo due lettere di "amici". Potenza delle vacanze. D'altra parte anch'io non ne ho scritte molte.

Il seminario si è vuotato e 28 dei miei giovanotti sono partiti per continuare i loro studi superiori. Di loro 23 hanno scelto di continuare in seminario mentre 5 hanno fatto una scelta diversa.

Da Maggio alla fine di Agosto siamo stati insieme e con P. Patrick, sacerdote novello bengalese, abbiamo fatto un corso speciale di inglese, catechismo, studio della Bibbia. Molti hanno imparato dattilografia, frequentando un corso esterno ogni giorno e tutti hanno ricevuto un diploma al termine di un corso di 'leadership', che sarebbe di "Direzione", cioè di persone capaci e responsabili di dirigere gruppi di lavoro e simili.

Ora ho tirato il respiro e la sera non sono assalito da molti che vogliono parlare, perché quelli rimasti sono molto impegnati nello studio in quanto devono prepararsi all'ultimo esame ed il tempo diventa oro.

Certo però che, come capita sempre nella vita, la partenza di Andrea, Pius, Prottush, Giuseppe, Speratus e tutti gli altri ha lasciato un vuoto che è difficile colmare. È una cosa che constatiamo tutte le volte che facciamo amicizia. È proprio come tanti anni fa con Fabio, Luzio, Antonio, Libero, Enzo, Ettore, Gianni e tanti altri.

Ogni nome un volto, ogni volto una vita piena di desideri, di scelte, di...litigate, che quando tornano alla mente riempiono la nostra vita di significato, perché la vera amicizia è stata uno scambio di doni, non un semplice dare o avere, ma un arricchimento che non si perde, ma che porteremo con noi per l'eternità.

L'amicizia è un grande dono, è la cosa più bella creata dopo la luce. Con la luce riusciamo a vedere le cose, ma con l'amicizia riusciamo a conoscere le persone, a rispettarle, a voler loro bene. Mi accorgo che queste cose le sto dicendo a me stesso, forse perché ne ho bisogno e forse perché, se ho iniziato la lettera con la parola "amici" cerco di vederne il significato profondo, anche perché, quando sei nel tran tran giornaliero, lo scoraggiamento, le delusioni e tante altre cose, piccole o grandi, mettono in questione quello che sei o quello che fai.

Ho appena ascoltato la BBC (programma radio inglese) che ha dato la notizia del terremoto in centro Italia. Non ha detto molto, ha menzionato l'Umbria dicendo che ci sono stati solo 5 morti. Il mio pensiero è volato ad Avezzano, Rieti e dintorni scendendo piano piano sino al mare ed ho sperato che i miei amici non abbiano a soffrire. Fatemi sapere qualcosa. Grazie.

Vi lascio perché domani parto per un giro per alcune Missioni e devo ancora preparare la borsa.

Oggi, perché termino la lettera dopo 24 ore, è S. Matteo. La liturgia mi è piaciuta perché Paolo scrive a degli amici e penso di concludere questa mia con le sue parole:

"Fratelli, vi esorto io , prigioniero del Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con tutta umiltà, mansuetudine e longanimità, sopportandovi a vicenda nella carità, cercando di conservare l'unità dello spirito nel vincolo della pace."

E penso che questo può diventare anche per noi vero se viviamo la nostra amicizia.

Grazie. Un abbraccio ed un ricordo vivo in Colui che ha inventato l'AMICIZIA

P. Adolfo

1980

1980

5 marzo

Amici sempre cari,

sono quindici giorni che penso di mettermi alla macchina da scrivere ed adempiere l'obbligo di darvi mie notizie. Ho rimandato sempre perché non trovavo le parole per esprimere certe cose.

Con i miei 47 baldi giovanotti che formano la mia famiglia, qui in Seminario, all'inizio della Quaresima ci siamo interrogati sul dolore. È stata di quei giorni la notizia dell'assassinio di Vittorio Bachelet, fratello di due cari miei amici, P. Adolfo e P. Paolo Bachelet.

Ho rinunciato a capire certe forme di vigliaccheria che aumentano il dolore della perdita di persone care, che ci restano però vicine nell'Amore.

Anche in quei giorni uno dei ragazzi ha avuto la mamma molto male. Ho mandato Clement a casa per vederla. Ha la TBC e non credo che si riprenderà. Una settimana fa Benedetto si è messo a letto con la varicella. Lo abbiamo isolato e ieri ha incominciato a stare meglio. Vaccinati tutti gli altri perché può essere il primo passo per il vaiolo.

Ieri è giunta la notizia dello morte della morte della madre di P. Calanchi che mi aiuta in Seminario. Sarebbe dovuto partire ma non è riuscito ad ottenere il permesso di rientro.

E poi, giacché i dottori erano un pò liberi, mi sono messo a letto anche io ed ho trascorso una settimana di riposo in posizione orizzontale.

La sofferenza ed il dolore restano attuali e rimangono un mistero, ma quando ci toccano da vicino o nella nostra persona allora prendono una dimensione diversa. Direi che ci purificano, ci rendono sensibili e più vicini agli altri. Altre volte però, specie quando la sofferenza è inattesa o non capita, ci rivolta, ci isola. Per noi è un'ingiustizia, non possiamo capirla ed accettarla.

Soraja, la pittrice mussulmana, che ci ha dipinto la Via Crucis che abbiamo in cappella, mi spiegava perché non aveva dipinto il volto dì Cristo in tutte le 14 rappresentazioni. È difficile, diceva, per me esprimere il volto di uno che soffre ingiustamente perché la reazione naturale umana è rabbia, odio. Ora Cristo nella sofferenza ha doto pace e serenità. Infatti nei quadri in cui si vede il volto di Cristo, il volto è sereno come quando incontra la Madre, le donne e la morte in croce. Le altre volte è sempre dipinto di spalle.

Soraja ho avuto una vita sofferta ed è stata malata per lungo tempo. Quando ha dipinto il quadro di Maria, ha rappresentato una donna giovane dagli occhi grandi e belli, seria e senza gli ornamenti che le donne bengalesi usano portare: collane, braccialetti. Maria non ha chiuso gli occhi di fronte al mistero del Figlio, specie quando gli ha dato dolore, ha affrontato la realtà con coraggio, rinunciando volontariamente a quanto, normalmente, hanno gli altri. Sul quadro ha fatto i segni degli ornamenti, ma non li ha dipinti.

La sofferenza ci avvicina al Padre. È per questo che Cristo ha fatto del suo dolore la Via per ricondurci al Padre. Lui ha fatto sue le nostre sofferenze. L'unica dimensione che mi rende più fratello suo e mi dà la forza di credere che Lui riesce a vincere l'ingiustizia. Senza di Lui non riuscirei a capire i giovani che sono stati messi in prigione perché difendevano la loro terra dagli imbrogli di alcuni ricchi e potenti gli occhi senza espressione dei bambino abbandonato dal papà lasciato solo per la strade, gli occhi pieni di mestizia di alcuni giovani che non trovano lavoro e per questo non riescono a nutrire se stessi e la famiglia; le povere donne che bivaccano all'aperto della stazione cucinando quello che hanno raccolto elemosinando durante il giorno!

C'è anche il ragazzo scappato di casa che lascia i genitori nell'angoscia, o il bambino che non è più tornato a casa e nessuno lo ha visto. Cose del Bangladesh? Ma anche cose dell'Italia.

A questo mistero, molte volte dovuto alla nostra condotta o ingiustizia, rispondiamo in tanti modi. Con le conferenze, con la produzione, con l'aiuto, con l'incolpare ...gli altri, con il fare la guerra piccola o grande, la rivoluzione, ma alla fine il bilancio è l'aver accresciuto il dolore e la sofferenza. A volte mi domando se è un circolo vizioso. L'Unico che smentisce il mio scetticismo, la mia paura è " l'Uomo dei dolori ", il CROCIFISSO.

Perché "è per me che ha sostenuto l'insulto" a me dice: se i vostri peccati sono come scarlatto, diventeranno bianchi come la neve ed afferma : "Io sono la Via, la Verità e la Vita." E lo continua ad essere realmente perché vince ancora la morte, il peccato nel liberarmi dal mio egoismo e mi rende capace di liberare altri.

La Luce e l'Acqua, simbolo della nuova creazione compiuta da Cristo, segni che incontreremo la notte di pasqua, siano per me e ciascuno di voi, ancora una volta nella nostra vita, segni della speranza che è nei nostri cuori, di una vita nuova, di una vita in cui ci sia la gioia e la serenità.

P. Adolfo

1980

19 marzo

Carissimi amici,

oggi qui è festa perché il seminario è intitolato a San Giuseppe. E la festa, oltre al fatto che i miei 48 scugnizzi sono rimasti a casa (qui) e ne stanno facendo di tutti i colori, è anche un momento per riflettere. Una cosa che ritorna alla mia mente è l'esperienza di alcuni di noi viaggiando poi riportano quando ci si incontra a volte dopo anni.

Il seminario si è vuotato e 28 dei miei giovanotti sono partiti per continuare i loro studi superiori. Di loro 23 hanno scelto di continuare in seminario mentre 5 hanno fatto una scelta diversa.

Due fatterelli accaduti in questi giorni. Un Padre che ha lavorato in Africa, come Missionario, e poi tanti anni in Italia, all'età di 66 anni decide di venire a trovare alcuni compagni di seminario che non vede da 40 anni o più. E così arriva anche in Bangladesh (perché alcuni suoi amici sono qui). È uno di vecchio stampo, giunge a Dacca senza problemi e poiché non c'è posto sull'aereo (un 40 posti 4 volte la settimana per quelli che volessero venire) per Dinajpur, decide di venire in treno. Solo 18 ore se tutto va bene.

C'è da attraversare il fiume sul traghetto (due ore soltanto), ma lui ha deciso. Alcuni veterani del Bangladesh a Dacca cercano di scoraggiarlo perché "non sai la lingua", "cosa mangerai "e poi "chi ti indica la strada" e così via. Ma Padre Giovanni ha deciso e parte.

Arriva a Dinajpur dopo 18 ore di viaggio. Ma lui arriva col "rickswa" (triciclo per trasporto di persone e cose) senza problemi. Ha trovato sul treno persone gentili che non solo con qualche parola di inglese sono riusciti a discorrere durante il viaggio, ma gli hanno offerto il pranzo sul treno e gli anno pagato il "rickswa" per arrivare a casa.

Due ore fa è giunto dall'Italia P. Luigi che è stato in Bangladesh solo 32 anni. Era andato in Italia per 6 mesi di vacanza dopo 7 anni. Ha viaggiato da Milano a Dacca in aereo. Lui ha una bella barba da patriarca che è la delizia dei ragazzi ed un segno di imponenza quando si trova fra la gente.

Anche lui è arrivato a Dacca ed ha viaggiato per venire a Dinajpur . Ha fatto subito amicizia con i compagni di viaggio per la sua barba ed anche perché parla fluentemente il bengalese ed il santal. Ma la storia è stata diversa a viaggiare con gli Italiani da Milano verso Dacca. Non solo è stato difficile conversare con qualcuno, ma la barba, che lo faceva classificare tra "i preti reazionari missionari" è stato addirittura un motivo di separazione.

A volte mi capita di andare a Dacca ed avere contatto con tanta gente. Qui il clergyman non lo si porta per cui non è possibile sapere se appartengo al clero o al laicato. Veramente per i bengalesi, sino a poco tempo fa, qualsiasi straniero era cristiano e, in alcuni villaggi, qualsiasi straniero era o "Padre" o "Suora". Non c'era via di scampo. Perché? Semplice…tra di loro per un secolo soltanto i Missionari si erano fatti vedere.

Ora invece, specialmente a Dacca, gli stranieri sono migliaia e ben pochi sono "Padre" o "Suora". E molti hanno anche molto poco di cristiano.

Ho incontrato un bengalese che lavora a Londra e ogni tanto viene a trovare la sua famiglia qui in Bangladesh. Lui dice che è necessario dare testimonianza della realtà di Dio in un mondo "paganeggiante" come quello europeo.

Forse è il momento in cui nel nostro mondo la testimonianza di fede in Dio ci viene da tanti poveri che emigrano per vivere o sopravvivere, a volte disprezzati per il colore della loro pelle o per quello che spesso noi diciamo "fanatismo religioso". D'altra parte la rivoluzione del Vangelo e sempre venuta dai poveri. È un fatto storico. Ed i poveri non possiamo inquadrarli o classificarli.

Il nostro mondo industriale e consumistico ci ha fatti più che sufficienti e l'evoluzione storica della nostra società ci ha portato a forme di vita tanto diverse da quelle di alcuni anni fa. È quello che constato nell'incontro con gli Europei o Americani qui in Bangladesh. Se poi incontro turisti trovo e provo "un vuoto" di persona e di cultura che a volte è pauroso, tranne poche eccezioni.

Questo vuoto porta alla mancanza di rispetto, al non essere capaci di incontrare... l'altro, di fermarsi al superficiale e basta. Ed allora sono solo giudizi negativi su impressioni e fatti secondari.

Mi domando se questi due mondi tanto diversi che vanno sempre più conoscendosi reciprocamente potranno trovare un punto di incontro o se la loro conoscenza sarà un fatto di divisione o di distanziamento sempre più grande. Lo è stato sul piano economico. Lo sviluppo ha aumentato il sottosviluppo. Il mondo "ricco" è sempre "più ricco" e quello "povero" è sempre "più povero". È un fatto che ormai non si discute più.

Sta avvenendo così anche per le persone?

Grazie per avermi letto. È stato una specie di sfogo nel considerare alcuni fatti. Non desidero arrivare a conclusioni perché sono alla ricerca come voi della presenza viva e vera dell'Amore del Padre in questa unità tanto diversa e tanto uguale. Questo Amore che mi rispetta e mi aiuta a vivere nella speranza è l'unica cosa che mi dà la forza di rispettare gli altri, verso un incontro che non è resa ma intesa.

Fra giorni è Pasqua. Forse leggerete questa mia quando la Pasqua sarà trascorsa. Comunque spero e mi auguro che la gioia di questo avvenimento di liberazione sia ancora presente in voi e nelle vostre famiglie, e la stessa gioia ci dia la forza di continuare a vivere nella speranza che l'amore di Dio è presente tra noi.

Un abbraccio forte forte a tutti e grazie per avermi scritto.

P. Adolfo

1980

18 settembre

Dinajpur

Carissimi Amici,

questa lettera sarebbe dovuta iniziare diversi mesi fa...ma.

Feci una scappata in Italia in aprile per questioni di lavoro, in tutto quindici giorni. Scusatemi ma non è stata né programmata né pensata da me ed il risultato è stato che sono apparso in qualche parte e poi scomparso. Ringrazio tanti che mi hanno aiutato ed accettato così di fretta e mi scuso con tanti che non ho potuto salutare neppure per telefono.

Tornato avrei voluto mettere già alcune righe di riflessione su alcuni fatti che mi avevano colpito, ma il tempo è volato e non lo si riesce a fermare.

Infatti ritornato a Dinajpur, il gruppo dei miei ragazzi è aumentato di altri 33 ,sono venuti dopo aver finito il ginnasio per poter entrare in Seminario, e mi hanno fatto sgobbare non poco. P. Patrick mi ha aiutato come lo scorso anno. Alla fine di quattro mesi 22 giovanotti sono entrati in Seminario.

Intanto fratel Mario, responsabile dell'ospedale si era ammalato ed è dovuto rientrare in Italia per curarsi per cui parte del suo lavoro è venuto anche a me. Il mese di agosto mi ha fermato dallo scrivere in quanto vi ho pensato ai monti o al mare.

La distruzione senza ragione di Bologna mi ha lasciato perplesso e con tanti pensieri circa l'Italia e noi italiani. Un momento di gioia era venuto poco prima quando avevo ricevuto le lettere di alcuni dei miei terribili nipoti con la notizia degli esami passati o un telegramma per la maturità raggiunta. In tutto questo è necessario avere qualche momento di calma per riflettere e capire la nostra vita.

Ma da noi l'alluvione è venuta a farci riflettere sulla temporaneità delle cose. Un decimo del paese sotto acqua con otto milioni senza tetto o in pericolo di perdere la casa per l'acqua. Sono stato una settimana nella zona allagata di Dacca. C’ho fatto l'abitudine a viaggiare in barca: passeggeri capacità 200 ….passeggeri 300!!!

Ed ho fatto anche l'abitudine all'acqua. Mi sembrava di essere anfibio!!! Meno male che non si pensa al domani, perché il vero problema sarà fra un mese, quando andata via l'acqua non ci sarà niente nei campi né per la gente né per le bestie.

Meno male che i Bengalesi vivono il proverbio " finché c'è vita c'è speranza" e accettano l'alluvione come i banditi o i ladri che li visitano con la filosofia della sopravvivenza.

Ho interrotto questa lettera già due volte, e non mi è facile ritrovare i nessi e connessi.

Il mio Vescovo viene in Italia per partecipare al Sinodo. Anzi è già arrivato. Gli ho chiesto di venirvi a trovare per potervi conoscere, gli ho dato come riferimento l'indirizzo di S. Paolo. Spero che riesca a fare una scappata una domenica e portare il suo saluto. Parla bene italiano per cui non avrete problemi.

Oggi con i miei "gioielli" abbiamo celebrato l'Eucarestia per la pace nelle famiglie e nel mondo. Ne abbiamo avuto di fatti su cui posare la nostra preghiera. I giornali e la radio con le notizie di ogni giorno. Certamente c'eravate anche voi, con le vostre famiglie, con i dolori che conosco e che non conosco, con le gioie e le ansie che sono di diversi di noi. Gioie, dolori e ansie che nascono da noi o ci vengono da altri sono come una rete che forma la nostra giornata e ci accompagna ed a volte ci chiede anche degli eroismi.

Abbiamo pregato il Padre perché ci doni la pazienza per discernere, il coraggio per aiutare, la luce por correggerci e perdonare, ed in questo la speranza che ci viene dalla presenza di Cristo in ogni fratello perché la pace entri e rimanga nei cuori di ciascuno di noi.

In questo momento storico in cui tanti parlano di pace e sembra che pochi siano quelli che la realizzano mi sembra importante continuare a chiedere perché quello che noi uomini non riusciamo a fare oggi sia una conquista per coloro che verranno dopo di noi.

Grazie di avermi letto e scusate se chiudo adesso, altrimenti con un altro pò di interruzioni arriverò a Natale.

P. Adolfo

1980

22 novembre

Carissimi Amici,

questa lettera doveva essere scritta da giorni, ma per scrivere ci vuole il momento opportuno, un poco di calma, pazienza per ordinare le idee e poi mettersi a scrivere, e io tutto questo non riesco ad averlo per mille motivi che non vi dico.

D'altra parte non farsi neppure vivo a Natale sarebbe peggio che…..non riconoscersi, per cui ho deciso di scrivervi due righe.

La nascita è sempre stata un avvenimento importante nella vita di ciascuno. Noi non ricordiamo la nostra, ma tutte le volte che avviene di assistere o seguire la nascita di una persona è sempre un avvenimento che comporta trepidazione, ansietà, dolore e gioia messi assieme.

A nascita avvenuta c'è una nuova persona che porterà un nome, sarà amata, seguita e sarà la speranza di quelli che hanno trepidato e sperato.

Il Natale è il momento dell'anno in cui si rinnova, per coloro che credono nell'Amore che si fa visibile, momenti di speranza, trepidazione, dolore e gioia.

Si rinnova in questi giorni un messaggio antico e sempre nuovo:

"La luce vera, che illumina ogni uomo, veniva nel mondo.

Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di Lui,

ma il mondo non Lo conobbe.

Venne nella sua casa, ma i suoi non lo conobbero,

ma a quelli che lo accolsero diede il potere di diventare Figli di Dio" (Giov.1, 9 e seg.)

Questa "luce" che nasce ancora a portare "vita" rinnova la nostra speranza in un domani diverso, ci fa trepidare perché ci chiede di cambiare in modo da rendere visibile il volersi bene, ci fa soffrire perché si presenta a noi tra i poveri o meglio "incarnato" in tutto ciò che è povero, ci da gioia perché crediamo nella vita.

Lasciamo che "IL VERBO SI FACCIA CARNE E DIMORI TRA NOI" non come una bella poesia, ma come una realtà.

Vi auguro il coraggio di accettarlo quando prenderà il nome del vostro fratello o della vostra sorella, dell'amico o dell'amica, ed anche quando sarà "carne" nell'estraneo, nel diseredato, nell'anziano o nell'escluso.

BUON NATALE

Padre Adolfo

1981

1981

12 febbraio

Carissimi e sempre veri amici,

Le note di gioia della visita di Don Franco Vaccelli e Don Vincenzo Macera ancora non si sono spente.

È stato un bel regalo e ringrazio di cuore tutti quanti hanno aiutato perché il loro viaggio potesse divenire realtà.

Purtroppo non sono riuscito a far mangiare loro la polvere delle strade in quanto il clima è sempre stato a loro favore, come pure li ho dovuti tenere diversi giorni in seminario poiché i miei gioielli erano tornati da casa ed io dovevo iniziare uno dei miei lavori, fare il Rettore. Spero di averli convinti a venire a sostituirmi o trovarmi un sostituto……….

Domenica scorsa la liturgia della parola mi ha portato con la mente a voi tutti, sempre forse sotto l'influenza dei due grandi visitatori. Il messaggio della liturgia si riassumeva in "voi siete il sale della terra", "voi siete la luce delle Genti". È la vocazione dell'uomo di fede perché riesce a dare un senso agli avvenimenti lieti e tristi della vita.

Ma questa "vocazione" la realizziamo insieme, non da isolati. Stando qui capisco quanto importante è stata per me la vostra amicizia, il vostro aiuto, il vostro interesse ed il vostro incoraggiamento. Il "voi siete il sale della terra" è un plurale, come il "Voi siete la luce delle Genti".

E questo "essere" si concretizza, secondo Isaia, nello spezzare il pane con l'affamato, nel non sopprimere, nel saziare l'anima afflitta.

A volte, assorti in mille problemi e in tante cose, c'è pericolo di dimenticarci quanto questo sia importante per la nostra vita. Lo dico per me qui ma penso sia vero anche per voi lì.

Mi spiego. Siamo pronti ad aiutare, tante volte, ma delegando. Abbiamo tanto da "fare" che il concretizzare "l’essere" sale e luce viene fatto tramite un altro o, peggio, tramite l'organizzazione …. E basta. Invece "l'essere" evangelico comporta sempre un rapporto personale. E qui me lo hanno ricordato Don Franco e Don Vincenzo quando, portandoli in giro e dovendo spiegare loro tante cose che credevo di sapere troppo bene, mi sono accorto del povero che mi aspettava e per il quale non avevo tempo, dell'afflitto che con pazienza attendeva un poco di incoraggiamento, e così via.

Ad un certo punto, quando hanno parlato delle vostre offerte dentro di me ho sentito come una ribellione. Ma venite voi a spendere i soldi per i poveri, perché per me sono una sofferenza nella relazione umana. Molte volte non mi fanno essere "sale" e "luce".

Non ho potuto dare una risposta, ma solo ho continuato a pensare che la fede, come dice S. Paolo, "riposi non sulla sapienza degli uomini, ma sulla potenza di Dio." Dio che, pur essendo Creatore, si è "fatto" come noi.

Allora, mi sono detto, è un equilibrio interiore che illumina la vita perché diventi testimonianza che si può essere fratelli e non diversi, che ci si può comprendere, anche se le lingue sono diverse, che ci si può aiutare senza diventare differenti.

Scusatemi per questo sfogo, ma scriverlo mi fa bene. Ho ormai superato i miei cinquanta, per cui devo pensare che qualche altro potrà prendere il mio posto, ed è bene che sappia bene cosa sarà.

Vi ringrazio di nuovo e, come al solito, chiedo scusa perché non ho trovato il tempo materiale per rispondere a tante lettere che si sono accumulate sul mio tavolo. Spero che Don Vincenzo e Don Franchino siano riusciti o riescano a sostituire questa mia mancanza con la loro parola.

Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone, e rendano gloria al vostro Padre, che è nei cieli

Grazie

Padre Adolfo

1981

18 aprile

Amici sempre cari,

oggi è Pasqua. Un altro "passaggio" dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita, dal peccato alla gioia, per me e per ciascuno di voi. È il mio augurio.

Il pensiero di scrivervi è ritornato molte volte durante le scorse settimane, in modo particolare quando la liturgia, con il "Vangelo della Resurrezione di Lazzaro" mi ha dato lo spunto di meditare ancora una volta sul grande dono dell'amicizia che il Signore ha voluto farci in quanto uomini.

Quattro giorni fa ho lasciato Dinajpur per venire ad aiutare Padre Viganò qui a Maturapur, ed oggi, in un'attesa della funzione della sera, ho trovato il tempo di scrivervi queste due righe.

Chissà perché, ma è forse scherzo della vecchiaia, o anzianità che si fa avanti, in questi tre giorni mi siete stati sempre presenti durante la preghiera. Giovedì Santo per via dell'Eucarestia che ci lega gli uni agli altri in un modo vero che ci fa come da tramite per uno scambio di sostegno, di comprensione, di aiuto, di accettazione. E poi il dono del Sacerdozio di Cristo che ci rende uniti in una carità che non è fatta di parole ma di atti di vita.

Venerdì Santo mi ha ricordato la processione del Cristo morto a Gaeta, il ricordo delle cose o avvenimenti che ci hanno diviso ed esclusi gli uni dagli altri, le incomprensioni, le dicerie, le mancanze di affetto, le dispute, le invidie che sono ancora presenti nel nostro mondo. A questo ho aggiunto la sofferenza dei piccoli, dei deboli, le angherie verso quelli che non "contano", che qui sono all'ordine del giorno, ed allora la croce di Cristo è diventata viva ed attuale, una realtà parlante.

E questa sera mi sento confuso, mezzo illuso, ma pieno di speranza, non perché io possa fare qualcosa per cambiare le cose, anzi a volte le complico, ma perché stasera "l'Amico degli Uomini" ritorna a dire : "Non aver paura, io ti ho salvato".

È una salvezza che non fa numero, non vince e non opprime nessuno, è la salvezza che viene dalla croce.

È la salvezza che porta la giustizia di Dio per chi perdona, chi è stato offeso, chi è stato oltraggiato,

È la salvezza che porta la verità, che non è proclamazione di verità assoluta ma scoperta interiore di ogni uomo, luce che illumina la vita di ciascuno alla ricerca di quello che è giusto, buono, vero.

È la salvezza che porta pace, che non è compromesso o imposizione con la spada, ma è rispetto di ciascun individuo che viene unito all'altro non nell'uniformità, ma nell’Amore del Padre, che è innanzitutto rispetto della persona.

Ho interrotto per l'ennesima volta perché mi hanno chiamato a confessare. Avrò, in tre giorni, dato il perdono di Dio a più di cinquecento persone, uomini, donne, bambini, ragazze, giovanotti, tutti alla ricerca di speranza o amore per vivere.

Non un fatto psicologico ma un fatto di rapporto tra due di cui uno è Dio.

E Dio non è proprietà di nessuno, ma è uno che entra nella vita dell'uomo e prende dimora nel cuore dell'uomo perché ci ama.

"Vi diranno: Eccolo là, o: eccolo qua; non andateci, non seguiteli. Perché come il lampo, guizzando, brilla da un capo all'altro del cielo, così sarà il Figlio dell'Uomo nel suo giorno" (Luca 17. 22-25).

Cercalo nel tuo cuore e nel cuore di ogni uomo e capirai

Vi ricordo ed abbraccio con gioia

Padre Adolfo

1981

29 giugno

Amici carissimi,

Leggendo giornali e sentendo la radio per seguire gli avvenimenti del mondo, a volte mi viene il dubbio che il mondo possa essere sulla strada del miglioramento. Terrorismo a volte vero, a volte causato, giochi di potere ( si dice così?) che portano a sorprese circa persone o gruppi ed a volte calunnie che vengono fatte circolare per togliere la fiducia che la gente ha su persone o istituzioni.

Questo capita da voi come da noi, anche se in modo diverso e con tonalità più o meno accentuate. Ultimamente discutevo con un ingegnere bengalese ed altre persone sulle difficoltà tecniche e di dogana dovute a persone che chiedono la "bustarella" o un poco di "olio per ungere" ; nel discutere mi è stato detto : Anche in Italia capita. Non era una domanda, ma un'affermazione.

Se continuo così, la mia lettera finisce di essere quella di un vecchio che oltre ad essere un MAT (matusa) è anche PPLF (pronto per la fossa)!!!

Giorni fa, e precisamente durante il periodo della Festa di Pentecoste, alcuni fatti mi hanno rinnovato la speranza che ho in cuore: che il mondo va verso un domani migliore.

Il giorno di Pentecoste avevo qui a Dinajpur 98 giovanotti, seminaristi che studiano al ginnasio ed al liceo qui ed a Dacca. erano riuniti per una giornata di riflessione sulla loro vita e sulla vita della loro Diocesi (20.000.000 di abitanti di cui 40.000 cattolici), è stata una bella esperienza. Pur essendo di gruppi diversi, con culture differenti, si sono sentiti uniti, direi di più,' si sono sentiti veramente "all'unisono" se questo rende meglio l'idea.

Nella Diocesi di Dinajpur ci sono gruppi di aborigeni come i Santales, gli Oraon, Mali, Mahali etc, che hanno lingua, usi e costumi diversi dai Bengalesi.

Per avere un'idea: in Seminario i miei cinquanta, ed a volte settanta gioielli, quando recitano il rosario in gruppo secondo la loro lingua, vedete tre gruppi che pregano: sono i gruppi più grossi : bengalese, santal, oraon.

Ebbene il giorno di Pentecoste questi ragazzi divisi in gruppi per discutere e riflettere, sul loro mondo di apostolato, si sono visti diversi culturalmente e linguisticamente, ma parlavano lo stesso linguaggio di servizio e testimonianza di amore che mi ha dato tanta gioia ed aumentato la speranza in un mondo migliore.

Con 15 di loro che si preparano ad entrare quest'anno in Teologia, avevo trascorso due giorni nel rivedere un impegno di due mesi di lavoro in diverse parrocchie in aiuto ai sacerdoti.

Hanno visitato villaggi, percorrendo chilometri e chilometri, hanno istruito i ragazzi, discusso con i giovani, preparato tanti a ricevere la prima comunione o il battesimo, hanno lavorato con la gente, diviso con loro il cibo frugale del villaggio e fatto tante altre cose.

Questa esperienza è stata la base per discutere con il Vescovo, o meglio riflettere con lui su questa realtà, nella prospettiva di un servizio sacerdotale in futuro. La loro riflessione ha fatto bene a me per la maturità con cui sono riusciti a vedere la gente, i loro problemi, le ingiustizie, le prospettive future, ma principalmente per il fatto che nessuno di loro aveva la risposta oppure chiedeva la soluzione a tutto, si è alla ricerca ed alla scoperta di un disegno in cui l'uomo non sia oggetto, ma soggetto creativo, da rispettare.

Allora la lettura della liturgia di Pentecoste mi è sembrata vera ed attuale : " C'è poi varietà di doni, ma un solo Signore, c'è varietà di attività ma un solo Dio che opera tutto in tutti. Ed a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'unità comune". "Siamo stati infatti battezzati tutti in un solo Spirito per formare un corpo solo, sia Giudei che Greci, sia schiavi che liberi, e tutti siamo stati abbeverati nel medesimo spirito" ( 1 Cor 12, 4-7,13).

E allora, se ci sono di questi giovani, non dobbiamo avere paura, il domani sarà migliore di oggi.

La sera, a conclusione della giornata, dopo tanta gioia per essere stati insieme nonostante i disagi e tante piccole cose che avvengono quando ci si trova in tanti in uno spazio ristretto, abbiamo pregato insieme:

"Vieni Santo Spirito, Padre dei poveri, Datore di doni, Luce dei cuori. Consolatore perfetto, nella fatica Riposo, nel calore Riparo, nel pianto Conforto,….

Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina.

Dona perché ciascuno di noi possa essere un canale di donazione per la realizzazione di un mondo migliore".

Lo spero per me, per i miei ragazzi e per ciascuno di voi.

Con questo vi abbraccio e vi ringrazio per avermi letto sino in fondo

P. Adolfo

1981

11 ottobre

Amici sempre cari,

a dire il vero stavo rimandando questa lettera anche questa mattina perché devo terminare due progetti da portare a Dacca martedì e solo la domenica o la sera riesco a trovare tempo per poter fare qualcosa su quella linea.

Ma rimandare, mi sono detto, è un poco rompere i ponti o ridurre la comunicabilità (bella parola, no ?) tra di noi.

La mia ultima lettera a voi risale alla fine di giugno ed in tre mesi di cose ne sono capitate ed è un poco difficile riassumerle tutte.

Una esperienza che mi ha dato tanta gioia ed allo stesso tempo mi ha fatto riandare con il pensiero in Italia e tra di voi è stata la settimana trascorsa in Birmania.

Non riesco neppure a sapere con esattezza, ma sta il fatto che mi hanno chiesto di andare a dirigere gli esercizi spirituali ad un gruppo di seminaristi in Rangoon. Sino all'ultimo momento sono stato in dubbio di poter andare per questioni di "visa e di re-entry visa" che è troppo complicato riassumere. Domenica 13 settembre ero in volo per Rangoon da Dacca e trovavo un gruppo di ben 98 giovanotti, studenti di teologia, che mi aspettavano.

Ho trascorso con loro cinque giorni riflettendo sulla nostra vita alla luce del Vangelo. E, come è naturale, ho parlato di Gaeta e di molti voi presenti o assenti: Giovanni, Mons. Gargiulo, Antonio, Fabio, Alessio, Don Luca, don Paolo, Ettore, Gianni etc etc unitamente a mamma, nonna, Luisa, Giovanna, Laura, Anna etc….Ricostruire la vita di ciascuno di noi alla luce del Vangelo è scoprire cose nuove e cose belle. Farlo con altri si riceve un aiuto a capire meglio, a correggersi, a trovare il coraggio di cambiare, di andare avanti, a rafforzare la poca fede propria in questo Signore che poi è un Amico che salva.

Forse è la vecchiaia, ma quei cinque giorni sono stati proprio belli, e devo ringraziare quei giovani birmani della loro amicizia e della loro testimonianza di vita che mi ha confermato ancora una volta che il Signore continua a voler bene a questa umanità.

Alla fine di agosto da Dinajpur ; alla fine di quattro mesi di corso speciale e di trenta, venti giovanotti avevano fatto la scelta di vita come servizio agli altri.

Dopo ore di discussione e riflessione avevano riassunto la figura del sacerdote come " Un uomo chiamato o scelto da Dio ad essere guida e sostegno tra coloro che soffrono"

Uomo come gli altri, con i limiti e le debolezze. Non un "Super", ma uno ordinario lo hanno desunto dalla loro origine di villaggi poveri, famiglie con tanti problemi etc.

Scelto per vivere con altri o solo per gli altri, non per essere un "leader" ma per essere capace di "vivere con" e di "vivere per".

La scelta delle parole in lingua bengalese dava l'idea. Tutto questo mi ha fatto pensare di essere sacerdote e quanto devo ancora cambiare o convertirmi.

È proprio vero che nell'umanità i ragazzi sono quelli che ci fanno cambiare, volendo o nolendo. Sono la forza di Dio.

Forse per questo abbiamo paura di loro, dei loro sfoghi, della loro impazienza, della loro "rabbia". Ma in fondo sono sempre loro che azionano la società e nella vita dell'uomo le forze di rinnovamento.

Purtroppo la "comunicabilità" tra noi e loro a volte diventa frattura e finiamo per non capirci, per imporci gli uni agli altri o ad accettarci per paura. Non c'è un dialogo basato sul rispetto e sulla ricerca della verità che è la base della "comunicabilità".

Da una parte vogliamo dare quello che noi pensiamo sia giusto e vero, e dall'altra si vuole cambiare secondo quello che si pensa sia giusto e vero, anche ricorrendo alla forza ed alla distruzione.

Non c'è una ricetta a questo "impasse". C'è solo la risposta che viene da un vivere insieme "con" e "per". Pensiamoci un poco.

San Paolo, nella sua lettera ai Filippesi diceva:

"Fratelli, non siate preoccupati di alcuna cosa, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste con preghiere e suppliche e ringraziamenti e la pace di Dio, che sorpassa ogni comprensione, custodirà i vostri cuori ed i vostri pensieri in Cristo Gesù. Per il resto, o fratelli, tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, sia oggetto dei vostri pensieri. Ciò che avete appreso, ascoltato e veduto….è quello che dovete fare. E il Dio della pace sarà con voi".

E con l'augurio che la pace di Dio sia presente anche oggi nella vostra famiglia e nei vostri rapporti con gli altri, vi lascio e tolgo il disturbo ringraziandovi di avermi letto ancora una volta e di avermi dato la gioia di comunicare con voi.

P. Adolfo

1982

1982

18 febbraio

Dinajpur

Amici sempre cari,

Fratel Mario, direttore dell'ospedale qui a Dinajpur mi dice che devo essere nato in treno o in nave, comunque in viaggio. Le novizie, a cui faccio lezione di Bibbia, mi hanno soprannominato Padre viaggiante. I miei tesori, i seminaristi, dicono che sono sempre in moto e, a furia di dirlo, veramente mi trovo sempre in viaggio.

Ieri, per esempio, tornavo dalla missione di Borni, distante un 200 - 250 km (secondo la strada che fai possono essere anche 300) da Dinajpur. Volete la descrizione del viaggio? Eccovela. Partenza alle 6 del mattino e, con un "caballero 50" faccio un poco di motocross. Fa bene alla salute. Dunque circa 30 Km, meno male che al mattino la polvere è poca. E dire che in qualche parte del mondo c'è gente che costruisce - percorsi difficili- per avere il brivido dell'esperienza.

Qui ci hai il brivido, l'esperienza ed anche la paura "gratis et amore Dei"!!!

Alle sette, bella media di 30 km/ora sono a Bompara e P. Giovannini accoglie con un sorriso ed una bella colazione (cosa importante), resto per 4 ore per vedere i lavori del tetto, parlare con un maestro, bighellonare un poco, mangiare una frittatina e ripartire per fare altri 18 Km con una vespa Ape.

Prima di partire l'autista sistema la frizione con filo di ferro e pinza, si fa spingere da sette o otto ragazzini per partire e poi ci accoglie (siamo in tre più l'autista) e partiamo per la stazione ferroviaria.

A velocità folle (un'ora per fare 18 Km) sfiorando i camion o meglio sfiorati dagli elefanti della strada di pochi centimetri, trattenendo il respiro ogni volta che uno di loro ti viene incontro prima di dare strada e continuando l'assimilazione della polvere arriviamo alla stazione ferroviaria.

C'è la fila allo sportello. Un centinaio di persone che spinge. I marciapiedi della stazione sono proprio strapieni di piedi……dove andrà tutta questa gente?

La risposta è all'arrivo del treno. Le vetture sono piene. I tetti sono occupati, le porte hanno un gruppo umano che fa da tappo. Alla fine faccio la risoluzione eroica ed entro da un finestrino. Che spettacolo! Uno "shaheb" che si arrangia come uno di noi !!! La vettura è quella "ristorante". Mi accomodo nel corridoio con altri quindici viaggiatori. Non il corridoio lungo, ma quello corto. Con tutto ciò oltre a noi quindici, ad ogni stazione salgono i venditori di sigarette, spagnolette, dolci etc etc ed il via vai di quelli che vanno a prendere il riso nel ristorante non è coordinato. Io sudo, cambio piede ogni tanto per non farmi venire i crampi; sorrido ogni tanto e cerco di pensare ad altro. Devo stare attento anche alla valigia.

C'è tutto un gusto e sapore "orientale" in un viaggio simile, mi dico per tirarmi su. Ti chiedono dove vai, cosa fai, cosa mangi, perché sei stanco etc etc: ed alla fine dov'è tua moglie ed i tuoi figli. Dopo quattro ore arrivammo alla stazione di Phulbari che dista 40 Km da casa ( Dinajpur ) Il treno arriva, si ferma. È un attimo ed inizia la corsa alla presa dell'autobus. Cosa da vedersi, Il viaggiatore prende il suo bagaglio, lascia la vettura prima che si fermi completamente il treno, si lancia di corsa per arrivare prima degli altri al posto dove sono allineati il rickswa (tricicli portapersone) e con occhio linceo sceglie il pedalatore più in gamba e grida :"jao" (che significa…va). Il pedalatore, vedendo un bianco, con la speranza di poter guadagnare una mancia, parte a tutta birra ( peccato che è soltanto un modo di dire perché qui di birra non ne trovi) e cerca di portarsi in testa alla lunga fila di tricicli in attesa. Supera il primo, il secondo, il terzo, ed io penso alle corse come quelle del giro d'Italia o al tour de France. Forse un giorno organizzerò quello del Bangladesh , ma solo per rickswa.

I due chilometri di distanza dalla stazione all'autobus sono coperti a tempo di record, mentre un acquazzone minaccia di pulire la polvere. Riusciamo a prendere solo alcune gocce, il grosso ce lo lasciamo alle spalle.

Salto dal rickswa all'autobus in maniera atletica per poter essere tra i sessanta fortunati ad avere un posto a sedere. Questa volta sono stato fortunato. Un amico è arrivato prima di me e mi ha conservato il posto. Devo sistemare la valigia tra il sedile e la gamba, ma con un poco di sforzo riesco a farla entrare sotto il sedile.

Quando l'autobus ha raggiunto "il pieno passeggeri" (ne conto circa 120). Dopo cinque false partenze, parte sul serio e si dirige a velocità sostenuta ( 40 KM/ora) verso Dinajpur. Mi sento psicologicamente a casa. Meno male. Continuo con qualche Ave Maria perché non si buchi e scoppi qualche gomma o che il motore vada in panne, o che si resti senza benzina, tutte cose che devi mettere nel conto quando ti metti in viaggio.

Oggi siamo fortunati. Alle sei di sera siamo al "terminal" di Dinajpur , altra scelta di rickswa, altri tre chilometri e siamo a casa. Sono stanco e mi riprometto che prima di mettermi in viaggio la prossima volta…….etc etc ma sono le solite promesse da marinaio. Una doccia e la cena con gli amici distende l'animo e comincio a pensare che la settimana prossima, mercoledì 24, dovrò partire per Dacca…….

La sera, nel momento del rendiconto con il Signore, lo ringrazio di avermi aiutato anche oggi a ….viaggiare. Mi trovo ancora novellino perché non ho saputo dare la giusta attenzione a coloro che hanno viaggiato con me, a quelli che alla stazione hanno cercato di iniziare un dialogo in inglese….che non sono stato sempre accondiscendente alle pestate di piedi quando ero in piedi nel corridoio del treno, che non ho ceduto il posto a sedere a qualche anziano (direi più anziano) che era in piedi. Accidenti!, penso tra me e me, il Signore vuole proprio degli eroi ed io non ne ho la stoffa. Faccio del mio meglio ma….il troppo storpia e quasi inizio con uno sfogo. Poi penso a P. Giuseppe, solo 75 anni, che continua a viaggiare in bici, con il sole e l'acqua, visitando i villaggi, penso a suor Enrichetta, anche lei 75 anni, che continua a viaggiare per andare a trovare le "sue Suore" nei vari conventi sparsi in questo paese, e mi sento piccolo e molto molto piccolo. Spero che tra di voi, giovani di belle e super prospettive, ci sia qualcuno che abbocchi all'amore e, per amore di Dio e del prossimo, venga a vivere questa bella e stupenda avventura.

Vi saluto ed abbraccio tutti, uno per uno.

P. Adolfo

1982

2 maggio

Gaeta

Amici carissimi,

questa volta vi scrivo da Gaeta, dove sono arrivato da pochi giorni.

Ho lasciato il Bangladesh per un periodo dì riposo che spero non si prolunghi oltre i cinque mesi, sempre se le circostanze lo permetteranno.

Cosa dirvi? Da una parte sono un pò frastornato per il modo di essere che ho trovato in Italia e dall'altra c'è il continuo pensiero per le persone che sono in Bangladesh con le quali ho vissuto nei 12 anni trascorsi come un baleno.

Tornando ho avuto la possibilità di andare a trovare un mio compagno di ordinazione, che è missionario in Filippine. È stata una bella esperienza per l'incontro avuto con una comunità di fede che testimonia con la sofferenza il Vangelo. Le Chiese di Asia vivono una primavera di fede, difficile, ma piena di speranza.

E la nostra Chiesa? Non è un confronto che desidero fare, è una riflessione. In un mondo che cerca di liberare l'uomo dalle sue immediate necessità materiali con le tecniche moderne che aprono sempre nuovi orizzonti, c'è qualcuno che trova fuori luogo la parola o la presenza della Chiesa. Cosa sorpassata o d'altri tempi. Altri la trovano di fastidio perché sembra limitare o sovvertire, altri di comodo.

La Chiesa, comunità di persone che credono, operano e sperano, diventa una presenza necessaria perché la tecnica non diventi prigione, anonimato, perché l'uomo non diventi oppressore ed egoista, perché la società possa servire l'individuo e non servirsi dell'individuo. Spero di poter trascorrere questi mesi vivendo con voi alla scoperta della comunità di Fede che è presente tra noi. Non ho ancora fatto un programma dei miei giorni. Ho solo programmato il mese di giugno che trascorrerò a Roma per un corso che vedrà insieme missionari di vari paesi del mondo, riuniti insieme per uno scambio di esperienze e di conoscenza.

Il mio recapito? "P. Adolfo L'Imperio - Santuario Montagna Spaccata - 04024 GAETA" oppure "Amici di P. Adolfo c/o Parrocchia S. Paolo 04024 GAETA".

Ringrazio, a nome dei miei ragazzi di Dinajpur, quanti mi hanno aiutato negli anni trascorsi. Da gennaio Patrick mi sostituisce in Seminario come responsabile. È un giovane sacerdote, ordinato tre anni fa, che mi ha aiutato ogni anno per il corso speciale che facciamo per i ragazzi che desiderano andare al Liceo.

Ha un pò troppi impegni, oltre il Seminario, e l'ho assicurato che tornerò per novembre e lo aiuterò con la preghiera tutti i giorni. Con lui P. Carlo Calanchi che soffre di artrosi e difficilmente fa 500 metri al giorno, dalla sua stanza aiuta i ragazzi a crescere umanamente e spiritualmente. Poi come linguista traduce libri, insegna alle suore e fa tante altre piccole cose.

Purtroppo nell'altro incarico di amministrazione diocesana, il mio sostituto è andato a finire a Hong Kong per un'operazione alla spina dorsale. Speriamo che si rimetta presto, per il momento una suora locale, Sr. Enrica, tira la baracca e lavora per tre.

Con loro Fratel Franco, un bengalese di quasi settanta anni che aspetterà il mio ritorno e mi segue ogni giorno con il suo rosario.

Vi ho scritto questo per darvi un'idea di come sono legato alla Chiesa di Dinajpur, una comunità fatta di persone che credono, operano e sperano come noi, anche se in situazione diversa. Sentiamoci vicini a tutti loro.

Con questo vi saluto e vi abbraccio tutti caramente

Padre Adolfo

1982

1 novembre

Gaeta

Amici carissimi,

questi sei mesi in Italia sono letteralmente volati e fra dieci giorni prendo l'aereo che mi porterà in Bangladesh.

Solo poche righe per dire un grazie di tutto cuore per i momenti di distensione e di fede che giovani e "non giovani" mi hanno voluto donare.

Scusatemi ma non riesco a fare nomi perché ciascuno di voi ha contribuito, in un modo o in un altro, a donarmi sei mesi distensivi e di riflessione per poter tornare e continuare il mio lavoro.

Nominare alcuni sarebbe ingiusto perché dovrei fare il nome di tutti.

Oggi, Festa di tutti i Santi, ricordo nell'Eucarestia voi in modo particolare. Domani il ricordo sarà per quelli che ci hanno preceduto nel segno della Fede e vivono in pieno l'esperienza dell'amore di Dio.

Vi allego una cartolina. È la riproduzione di uno dei quadri ad olio realizzati dalla pittrice mussulmana Soraya per la cappella del seminario di Dinajpur .

Attraverso i colori e i segni ha voluto dare il suo messaggio: Giuseppe, uomo giusto, riceve il bambino che ha una vocazione particolare (rappresentata dalla luce di sfondo e dagli occhi del Bambino rivolti verso Dio ). A Lui Giuseppe insegna il suo lavoro (martello tra le mani del Fanciullo) e lo educa rispettandolo e contemplando la sua crescita ( posizione delle mani e sguardo rivolto verso il Bambino).

Vi lascio questa cartolina con il pensiero che noi cristiani, come Giuseppe, dobbiamo saper avere verso la parte dell'umanità più povera e sofferente un atteggiamento non solo di operosità, ma anche di rispetto e di contemplazione, proprio perché per fede crediamo che Cristo continua a farsi presente tra coloro che sono più poveri ed abbandonati.

Infine chiedo scusa a tanti per non aver avuto tempo a disposizione per tutti per poter penetrare e condividere le vostre preoccupazioni e prove di vita. A volte è mancato il tempo materiale, a volte è mancata l'intuizione o la capacità di ascolto. Perdonatemi.

Continuate a considerarmi, come sono, parte dell'esperienza di vita nella Fede che stiamo facendo insieme, e preghiamo perché l'amore del Padre ci sostenga ed aiuti ad essere sempre più segno del suo Amore per tutti gli uomini.

Vi abbraccio uno ad uno

P. Adolfo

1982

20 novembre

Dinajpur

Amici carissimi,

dopo quasi 20 ore ho raggiunto Dhaka, ( il nuovo modo di tradurre dal bengalese il nome della capitale), il giorno 11 novembre.

Don Vincenzo Macera mi ha voluto essere vicino a Roma ed accompagnarmi all'aeroporto, forse per essere sicuro che veramente me ne andavo…..!

Ho ben poco da dirvi. Ho trovato i vecchi ed i nuovi problemi del paese e della chiesa. Dal 16 al 19 novembre tutti i sacerdoti della Diocesi, italiani e locali, si sono riuniti per discutere e rivedere la nostra pastorale.

Sono state giornate piene di lavoro e di preghiera. C'eravamo tutti, con il Vescovo, nella ricerca di poter leggere questo momento storico e rendere visibile il piano di amore del Padre per ciascun uomo in questa terra piena di contraddizioni e piena di gente.

Poiché non credo di potervi scrivere gli auguri per il santo Natale in modo separato, lo faccio adesso.

Per esprimere meglio il mio augurio vi allego la cartolina che raffigura la Madonna con il Bambino, quadro anche questo della pittrice Soraya, di cui vi scrissi la volta scorsa.

La sua interpretazione del quadro è : "Una fanciulla che cerca di portare la luce nelle tenebre, significato dal colore chiaro alle spalle di Maria ed il contorno scuro del quadro. Maria accetta, per operare questo, di essere povera. Veste infatti lo "shari" delle donne povere ed ha i segni dei braccialetti al polso. Ha rinunciato volontariamente alle ricchezze perché, essendo vicino a Dio, potrebbe avere tutto. La sua dipendenza dalla volontà di Dio è espressa dagli occhi rivolti verso l'alto. Il vedere è il suo credere. Non sorride perché il Figlio soffrirà e per questo c'è un segno di croce che segna il figlio, ricevuto per darlo e non per tenerlo, significato dalla posizione delle mani."

È Natale che viene ancora con lo stesso messaggio: di non dipendere dal potere, ma dall’amore del Padre per noi, nella ricerca serena e sofferta di quello che è il mistero di portare la pace o meglio di essere operatori di pace con tutti gli uomini di buona volontà.

Con questo mio augurio questa volta c'è un grazie perché vivendo con voi gli scorsi mesi ho potuto vedere che c'è tanta bontà e tanta speranza. Grazie di cuore ed aiutatemi ancora con il ricordo al Signore. Vi abbraccio tutti ad uno ad uno

P. Adolfo

1983

1983

28 febbraio

Dinajpur

Carissimi amici,

forse un poco per pigrizia, forse un poco per il troppo lavoro, che in questi giorni non mi lascia un minuto di respiro, ma anche perché le riflessioni della s.ra Soraya sulla Via Crucis, anche se da parte di una persona di religione mussulmana, mi hanno colpito, allora le prendo come testo per farvi i miei auguri per la Pasqua di Resurrezione.

Siamo un poco tutti condannati e consumati, accettiamo il dolore e siamo affaticati da esso, nella sofferenza incontriamo, supplichiamo e abbiamo bisogno di affetto. La lotta vuole la compassione e molte volte ci sentiamo soli, spogliati di tutto, trapassati nella carne da ciò che altri fanno contro di noi, consumati in un sacrificio di vita che è diventata donazione di ogni giorno nella famiglia, nel lavoro. Vogliamo essere accolti da chi ci ama sul serio e sepolti nella Luce perché l'essere risorti è la nostra SPERANZA ed è il segno che Cristo ci ha dato per poter percorrere la nostra "Via della Croce".

"nella tua luce, Signore, vediamo la luce", siano le parole che ci aiutano a credere nella speranza che il Signore ci vuole bene, nonostante tutto

Un abbraccio in Lui che è Risorto

Padre Adolfo

TRADUZIONE DEL COMMENTO ALLA " VIA CRUCIS" ( FATTA DA SORAYA, CHE HA DIPINTO LA STESSA)

1. CONDANNA : L'amore immolato, vittorioso, appare nell'orizzonte infinito dell'amarezza; ha tracciato un emblema vero e bello sulla fronte rigata di sangue.

2. ACCETTAZIONE : Nel dono totale di se stesso porta il peso del dolore; cammina da solo in vesti rosse, in silenzio ed a capo chino.

3. AFFATICATO : Pellegrino di luce molto lontana cammina portando un carico pesante; non regge e si abbatte al suolo, a refrigerio della sua stanchezza

4. INCONTRO : Pupilla degli occhi, membra piegate e sudicie ; mesto sorriso in un abbraccio di compassione

5. SUPPLICA : Mesto cammina nella visione delle rive dell'infinito; supplicando va avanti in silenzio senza guardare indietro.

6. AFFETTO : Presa dalla sua pena; sulla via le lasciò, sul candido panno bagnato di lacrime, un tocco intimo.

7. LOTTA : Pellegrino di una via inaccessibile spremuto nel corpo e nell'anima; cade spezzato sulla via, tuttavia sta sterro al timone.

8. COMPASSIONE : Fissa i suoi occhi alle loro note di tenerezza; alzata la mano le consola e continua il suo cammino

9. SOLO : La tenera bellezza del creatore, ahimè; cade distesa nella polvere, prende fiato stringendosi al petto la sua terra.

10. SPOGLIATO : Colpito dalla pena non resiste più ai colpi innumerevoli; strappate le vesti macchiate dalle membra ferite a sangue.

11. FORATO : Tormentato e perforato si fece pallido; ad occhi chiusi percepisce la tragedia dentro il cielo.

12. CONSUMATO : Elevato allarga le braccia lungo il tramonto rosso di dolore; chinato il capo chiede benedizione sul dono della vita.

13. ACCOLTO : Alla fine del dolore l'Immortale scende nel seno della Madre; visioni e speranze immerse nel sonno eterno.

14. SEPOLTO: I gigli della notte versano profumo uniti tutti in un canto di lode; scintille di luce gli si fanno accanto sulla via delle stelle lontane.

P. Adolfo

1983

22 maggio

Dinajpur

Amici carissimi,

oggi, festa della Pentecoste, sono stato sorpreso dal pensiero che mi ha portato indietro di un anno.

Un anno fa ero in Italia e godevo anche questo dono dello spirito. Il tempo è volato e restano solo i ricordi ed alcuni segni. Ma alcune cose spariscono, come il peso (ben 8 Kg !!!) che le buone suore di Lenola ed i vostri pranzi e cene mi avevano regalato, si sono ridotti alla misura primitiva. Qui per "farsi la linea" non ci sono speciali Istituti di bellezza. L'aria, il cibo e qualche indesiderato ospite sistema la linea anche nel giro di ventiquattro ore…provare per credere!!

A volte, la tentazione di impiantare un istituto per la "linea" mi prende in modo da avere una buona pubblicità. Però c'è il fatto che gli amici che mi vengono a trovare (Don Stefano e Don Gianni) cosa dicono? A volte aumentano di peso, ma è colpa delle benedette Suore, anche qui, che trattano sempre troppo bene gli ospiti!!! Non credo di avere niente di speciale da comunicarvi.

Al mio ritorno dall'Italia il Vescovo mi ha chiesto di prendere la responsabilità della Scuola elementare - media - ginnasio. Per cui i miei "gioielli" sono diventati 1543 !!! che mi tengono impegnato dalle 7.30 alle 16.30. Meno male che la suor Vincenza si è presa la responsabilità della sezione elementare ( circa 900 scolari) e posso avere un pò di tempo per l'ufficio, dove con Suor Enrica e Gaetanina prepariamo e seguiamo i problemi logistici e finanziari di tutte le missioni.

Certamente che lasciare il Seminario con i miei ragazzi "in gamba" mi ha fatto venire il magone, ma cosa devo farci? Le cose hanno sempre un inizio ed un termine. Ora Fr. Patrick è il rettore e ce la mette tutta per fare meglio di me e ci riesce!!! Il lavoro di ufficio sembra non avere mai fine. Carte, lettere, cose da pagare, relazioni da ciclostilare. Una ne finisci ed una ne cominci. E tutto questo fa volare il tempo ed, a volte, ti fa sentire fuori o lontano da quello che è l'annunzio da dare agli uomini: "La Pace sia con voi".

Ma la cosa che non vediamo, ma che lo Spirito realizza, è fare di tutti noi un "solo Corpo in Cristo" per cui nessuno è estraneo all'altro ed il lavoro di ciascuno è utile all'edificazione di questo misterioso Cristo che dona il suo Spirito perché l'umanità diventi "Una" come nel progetto del Padre.

È il pensiero che è venuto dalla liturgia di oggi, che mi ha dato di nuovo la speranza ed un poco di gioia per ritornare al lavoro di ogni giorno.

Ho pregato che la stessa speranza e gioia venga data a voi, ciascuno di voi, che forse è certamente più di noi sentite il fatto alienante di una vita tecnica che a volte sembra non avere compassione della persona.

Vi lascio perché devo andare in Scuola. Qui la domenica è lavorativa. Vi tengo nel pensiero e nel cuore e vi auguro che lo Spirito vi doni i suoi carismi perché la speranza che è in ogni uomo si possa trasformare in gioia completa.

Padre Adolfo

1983

19 settembre

Dinajpur

Carissimi Amici,

è un pò di tempo che sono giù di tono, per diversi motivi e passa anche non solo il tempo ma la voglia di scrivere. Più di una volta mi sono detto : " È ora di scrivere agli amici", ma sedutomi al tavolo il foglio è rimasto bianco. Cosa dire, o meglio, come scrivere le cose che fanno soffrire?

A volte , o quasi sempre, nel dolore il tempo lo si trascorre nel silenzio.

Oggi è vacanza, per i fratelli mussulmani è la festa della riconciliazione. Sono tre giorni di preghiera e di incontro a casa, i bambini ricevono i vestiti nuovi, mentre ai poveri è assicurata l'elemosina. I ragazzi del collegio e del seminario ne hanno approfittato per andare a vedere un film, il terzo dell'anno.

Sono in ufficio da solo con le carte che si accumulano e non soltanto lavori urgenti da fare, scritti sulla tabella. Ma di fare non ho entusiasmo, per non dire voglia, perché? Il mio lavoro, o meglio, quello che in tre cerchiamo di fare, deve aiutare gli altri Padri e Suore a svolgere il loro con minore preoccupazione. Ma troppe volte l'aumento della burocrazia senza senso è di grandi dimensioni e non aiuta proprio niente.

Ci sono le carte per coloro che danno, o meglio aiutano, ai quali devi rendere conto, scrivere, giustificare. Ci sono le carte per quelli che ricevono, con i perché, i dubbi dell'uso che si fa dei soldi o meglio utilizzarli. In tutto questo tante volte ti accorgi che è tutto un girare a vuoto o un non riuscire a far comunicare gli uomini tra loro, per realizzare qualcosa di nuovo. E la sera, andando a letto, sentendo la radio inglese (BBC) ti arrivano le notizie delle tensioni nel mondo che non danno un'idea che gli uomini stanno comunicando tra loro.

Si, in quei momenti i miei o nostri problemi sembrano piccoli di fronte a quelli dell'aereo coreano abbattuto o la battaglia di Beirut senza senso, e senza fine etc….

E , come qui, tutti i responsabili parlano di "progresso", di "benessere", di "pace" che vogliono realizzare. Forse è per tutto questo che sono un pò giù!

Scusatemi, ma certamente non mi sono spiegato. Qualcuno mi dirà che è l'età per cui sto diventando "Matusa" o qualcosa di simile, per cui le cose le vedo un pò "nerofumo".

Vi assicuro che sono tremendamente ottimista. Ma, se pensate diversamente, fate una preghierina perché il Signore mi dia ancora un poco di "incoscienza della fede" per esserlo.

Forse è perché sono una lucerna che dovrebbe dare luce, ma è mossa dal vento e non riesce ad essere una luce certa e fa muovere le cose che le sono intorno. Anche in questo caso fate una preghiera perché si calmi il vento….. Bell'amico, tiro sempre l'acqua al mio mulino……!!

Scusate l'inconsistenza di questa lettera, ma il non scrivere mi sembrava un poco un tradimento. Alcuni di voi, certamente mi diranno che hanno problemi più grandi dei miei e preoccupazioni ancora maggiori. Vi ringrazio.

Io continuerò a cercare di leggere questo Vangelo o Buona Notizia per l'anno 1983 nella Fede e nella Speranza per poter essere capace di vivere l'amore nelle piccole cose di ogni giorno, anche se queste fanno soffrire o tolgono la serenità ( che a volte può essere la tentazione del "non mi disturbare perché sto bene").

L'altra cosa da continuare a fare è "bussare alla porta" perché è anche vero che: "Se dunque Voi che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri Figli, quanto più il Vostro Padre del Cielo darà lo Spirito Santo a coloro che glielo domandano."

E lo Spirito è luce e forza, due cose necessarie nel periodo del buio.

Padre Adolfo

1983

26 dicembre

Boldipukur

Carissimi Amici,

sono venuto a Boldipukur, a circa 80 Km da Dinajpur a trascorrere il Natale. Ho pensato molto a voi in questi tre giorni. Cosa volete.. Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi.. Ho cercato di usare la macchina da scrivere, una Remington del 1932, ma ho dovuto rinunziare. Dovrà fare doppia fatica il gruppo a cui chiedo di ciclostilare e spedire questa mia. Grazie!!

Oggi i canti e le danze sono terminati. Ci sono solo alcuni ragazzi a pulire il cortile dove ieri sera hanno mangiato circa 400 persone il "Pranzo di Natale". Menu? Riso e "torkari" di maiale per tutti.

La notte abbiamo celebrato l'Eucarestia e la Chiesa era piena di giovani. Dall’una alle sette del mattino hanno danzato e cantato. Notte di gioia, notte di canti perché è nato un Bambino portatore di Pace.

È "l'Utopia del Vangelo" che si ripete e fa ardere gli occhi dei bambini, fa fremere il cuore dei giovani, che sembra si ripetano che allora la pace è una cosa possibile.

Dove hanno fallito "I Grandi" riusciremo noi!!

Sono stati tanti i pensieri che si sono affollati nella mente, prima, durante e dopo questa Notte speciale che ritorna ogni anno a dare speranza a tanti che sono stanchi, abbattuti, depressi, impoveriti, impauriti. "Non abbiate timore, Io vivrò con voi" è Lui la luce che viene ad illuminare la vita di ogni uomo.

Guardandoci in faccia ed attorno troppo spesso pensiamo ed operiamo con tanta poca fiducia in questo messaggio. È un messaggio che non da sicurezza come la "Polizza di Assicurazione" o il mantenere l'ordine pubblico quando c'è un Governo forte.

L'ultima volta che sono stato con voi in Italia ho riflettuto molto sul fatto dell'umanità come "Famiglia". È il piano di Dio, noi uomini abbiamo diviso e dividiamo questa nostra umanità in tanti "settori". C'è il terzo mondo, c'è lo sviluppo ed il sottosviluppo, ci sono i grandi ed i piccoli, i tecnocrati e gli incompetenti, i ricchi ed i poveri…e via di seguito. E più dividiamo, sezioniamo e più non troviamo il bandolo della matassa.

Il Libano lo abbiamo vivisezionato in maniera tale che quelli che riuscivano a vivere insieme ora non hanno altro motivo che di essere diversi e per questo combattono. Lo stesso in America Latina, in Asia, in Europa.

Il problema di fondo è il rapporto tra persone, il saper "accogliere" l'altro.

Dunque più ci penso e più sento che è vero che abbiamo bisogno continuamente del "Natale".

Dio viene per farsi "accogliere" dall'umanità ed è questo inserirsi nella vita dell'uomo che lo fa "Uomo tra gli uomini". È il segno vero dell'accogliere l'altro, che noi non potremmo mai fare da soli.

Provate a pensarci e vedrete che il fatto della Redenzione è un fatto di rapporto nuovo perché il rapporto esistente porta allo scontro, all'odio, alla divisione.

Ecco perché il messaggio di questo "Bambino" è un messaggio di Amore, cioè di un rapporto nuovo tra Lui e noi, e noi tra di noi, basato sul fatto che "perché Lui, siamo tutti fratelli".

È una cosa così semplice ed allo stesso tempo così impossibile che molti la chiamano "Favola", altri "Utopia", altri "Pazzia".

L'essere venuto, o meglio, aver avuto la fortuna di fare questa esperienza in un paese come il Bangladesh, mi ha portato a credere che l'unica forza che può cambiare l'umanità è questo "Bambino".

Questo Bambino diventa "VANGELO" ed "EUCARESTIA", che per me oggi sono l'unico mezzo per continuare a sperare ed a vivere.

Il Vangelo perché mi si ripropone ogni giorno il fatto di avere un rapporto nuovo con gli altri. Quelli che incontro oggi.

C'è Matteo, la Samaritana, l'adultera, Giuda, il cieco nato, il giovane ricco, il lebbroso etc. Quante volte mi ci ritrovo e scopro l'amore di Dio nelle persone attraverso il Vangelo. A volte è come una spada che penetra il profondo della carne e fa male. A volte è dolce e soave come la carezza della mamma sulla guancia del suo bimbo. Comunque resta il metro per misurare il "rapporto" con "te" che sei l'altro, perché si riferisce all'ultimo rapporto vero che è in me che è quello che ho con il Padre.

L'Eucarestia è la sorgente della forza per realizzare il rapporto con il Padre e con gli altri. Senza l'Eucarestia sarei un disperato, un abbattuto, un vinto. Non può esserci, almeno per me, un "mondo nuovo" cioè che fa novità se non è innestato in questo momento in cui Cristo prega.

Pregare con Lui è avere un rapporto "vero" o di verità e di amore con Dio, nostro Padre, papà mio e tuo, ed è il momento in cui il rapporto con l'altro riceve luce fino al punto di perdonare e di donare.

Se non ci fosse questo momento sarei rimasto senza speranza e senza coraggio per affrontare tante situazioni difficili o superare ostacoli posti dal mio egoismo e dalla mia incapacità di lavorare per fare dell'umanità una sola famiglia.

Capisco perché nei giovani c'è la tentazione al terrorismo, bianco o nero o rosso che sia. Capisco perché in nome della libertà individuale si arriva al divorzio, all'aborto, all'assassinio.

Capisco, ma non giustifico, perché il vangelo non mi fa giudice ma fratello. E allora? Mi sono sfogato, prendete questa lettera come uno sfogo. Cose pensate, cose vissute che forse ci siamo anche dette nei nostri incontri.

Vi ringrazio di avermi letto e sono contento dell'Amicizia che ci lega in Cristo perché è il segno che nella nostra vita abbiamo vissuto insieme una parte di questo grande "Piano d'Amore" che il Padre ha pensato dall'inizio dei tempi per il nostro bene.

"Alla tua luce vediamo la luce" dice il Salmo.

Il mio augurio è che la luce che viene ad illuminare la vita di ogni uomo risplenda nella nostra vita di ogni giorno e ci aiuti a vivere in modo vero il rapporto tra noi uomini.

Grazie

Padre Adolfo

1984

1984

29 gennaio

Dinajpur

Carissimi "giovani" amici, veramente, dovrei cominciare, per essere onesto, con "giovani" amiche in quanto la maggior parte delle lettere che sono sul mio tavolo sono di Silvia, Paoletta, Loretta, Maria, Daniela, Maria Grazia, Graziella etc, per cui le amiche battono gli amici per….. Tra gli amici alcuni si salvano inviandomi un telegramma o un offerta per dirmi in altro modo che si ricordano di me, ma questa lettera è scritta perché le lettere dei giovani, sia italiani che bengalesi, mi hanno costretto a farlo.

Per dover rispondere personalmente a ciascuno mi occorrerebbero due segretarie, che non ho, e poi anche un poco di tempo in più, diciamo giorni di quarantotto ore. Oggi, in attesa di celebrare per la comunità di giovani, circa trecento tra "amici" ed "amiche", voglio cercare di continuare il dialogo con voi.

La prima reazione alle vostre lettere, oltre a quella della gioia, è la paura di tornare in Italia, ma questo è un poco difficile a spiegarsi. Non saper niente di "judo" e di "joga" o di musica a tre dimensioni, di problematica spaziale computerizzata, e cose simili mi fanno una persona fuori del tempo.

Ma tra le righe viene fuori l'eterno problema delle relazioni tra le persone, cosa che è la crescita di questa umanità. Care giovani amiche non dovete aver paura di vivere in modo diverso, di sognare un mondo migliore, di cercare un senso vero per tante espressioni verbali come pace, serenità, giustizia. Sono sempre un fatto di relazione tra te e gli altri.

Quando uno si innamora di una persona tutte le relazioni con gli altri sono necessariamente condizionate e centrate verso la persona "nuova" che si ama. Deve essere una novità che riesce a prendere il tempo, la mente, i sogni, anche se molte volte i "ragionamenti" dei grandi ci vogliono dire che è meglio…., sarebbe opportuno….., devi cambiare…… etc etc.

Ora l'avventura della vita è un grande innamorarsi, un continuo "voler bene" in modo concreto. E questo è possibile solo se si è capaci di cambiare ogni giorno accettando per il bene dell'altro perché la relazione tra noi sia una relazione di Amicizia. E questa relazione, se è vera, è fondamentalmente onesta.

Per questo troviamo difficile fare relazione con tanti politici che vogliono pensare per noi, decidere per il nostro meglio, operare scelte mature e plurivalènti per il bene della società…e cose simili. Per questo troviamo difficile fare "relazione" con persone che cercano solo se stesse, centrano la vita sull'interesse, operano per poter ricavare per se senza mai pensare di donare.

Noi giovani cerchiamo la verità, la giustizia, o meglio il vero, il giusto, il bello e lo vogliamo gridare a tutti. Perché ci dicono che è utopia, che è impossibile? Cose dell'altro mondo (che non c'è) sempre sull'esperienza fatta?

A me sembra che Cristo è proprio venuto tra di noi per dirci che questo lo possiamo realizzare se poniamo la nostra capacità di Amare come forza per stabilire una relazione "nuova" con gli altri, come singoli e come gruppo.

Tra cento anni l'umanità avrà metà degli uomini in Asia (56%), il 20% in Africa ed il 12% in America Latina. L'Europa solo il 5%, la Russia il 4% ed il Nord America il 3%. Che tipo di relazione potrà esistere se questo 12% (5+4+3) con l'aggiunta del 2% Africo-Arabo detiene il 75% delle ricchezze ed il potere sulle vite di tutti gli altri?

Ma che idee mettiamo nella testa dei giovani. Piuttosto…facciamoli lavorare, devono essere disciplinati…devono obbedire!!……..

Certo, devono fare anche questo, ma essenzialmente devono "pensare", devono "creare" cose nuove, tendere al giusto, al bello, al vero.

Se non c'è questa volontà di scoperta verso una "novità" la soluzione che viene dalla lezione della storia è la violenza, il razzismo, la segregazione, la schiavitù che ha poi tanti nomi diversi secondo le epoche.

E la cosa più aberrante è che tante volte queste cose vengono giustificate in nome della religione, cosa che è la più grande bugia che l'uomo possa inventare.

Cristo si è fatto uomo perché ognuno possa avere una relazione personale con Dio, che è Padre o meglio Papà. Lui si fa uomo, carne e sangue, perché ogni uomo nel tempo e nello spazio trovi la capacità di avere rapporti e relazioni con gli altri sulla base della stima, del rispetto, della libertà, il che in una parola è Amore nelle sue sfumature della vita.

Per questo l'innamorarsi della vita non è utopia, non è un sogno impossibile. È una cosa possibile se la concretizziamo noi accettando il sacrificio, la sofferenza ed il dolore che l'accompagnano.

D'altronde, ed è l'esperienza di tutti noi anziani, non c'è amore che non è accompagnato da questi segni. La vita di Cristo ne è il segno più visibile e con Lui tutti quegli uomini che in un modo od in un altro hanno voluto accettare di fare come Lui.

Ho finito la predica perché devo andare a celebrare l'Eucarestia. Oggi vi ricorderò in modo particolare perché il Vangelo è quello delle Beatitudini, che è il messaggio di Cristo a tutti coloro che vogliono essere giovani.

Dite una preghiera anche per me. Grazie. Vi abbraccio

Padre Adolfo

1984

3 maggio

Dinajpur

Amici carissimi,

anche questa volta ho mancato all'appuntamento e non sono riuscito a farvi gli auguri per una Santa e gioiosa Pasqua. Scusatemi.

In questi giorni i ricordi delle feste pasquali si sono "vivificati" con alcuni avvenimenti che cercherò di scrivervi.

Pasqua, ai miei tempi, era connessa con il suono delle campane, con la sorpresa dell'uovo di Pasqua, con l'avventura del lunedì di Pasqua o "pasquetta" che era una bella scampagnata a "Muro Torto" o a Calegna o alla spiaggia di S. Agostino. Che festa!!!

Sono andato a trascorrere la Pasqua con Don Cesare a Pathorgata, dove, mentre le campane suonavano la Resurrezione, un gruppo di…..ladruncoli alleggerivano, col metodo del buco, il magazzino del riso di circa 300 chili!!! Si vede che avevano veramente fame!!! A circa cinquanta chilometri di distanza, in un'altra missione, sempre al suono festoso delle campane della Resurrezione, i ladri, che avevano iniziato il lavoro di "pulitura" del magazzino sono scappati lasciando la refurtiva fuori la porta.

Stesso suono con due risultati diversi. Certo che ancora oggi la "resurrezione" viene accolta in modo diverso ed a volte opposto, da noi poveri uomini alla ricerca della libertà e della luce nel cammino della nostra vita.

A Pasqua, da ragazzo, l'attesa era grossa, oltre ai dolci preparati dalla mamma e dalla nonna, vi erano le sorprese delle uova di Pasqua, specialmente quelle che venivano da Taranto dagli zii. Sembravano più belle e più grosse delle altre.

Quest'anno alcuni amici avevano spedito in settembre - ottobre alcuni pacchi perché il mio Natale fosse meno monotono e potessi dividere con altri alcune "specialità" italiane.

I pacchi sono arrivati il Lunedì di Pasqua, quattro bei pacchi! Mobilito un aiutante per aprirli e…sorpresa : Pasta italiana!! Qualche scatoletta, qualche minibottiglia, del cioccolato!! Che pacchia!! L'unico inconveniente è stato che in un pacco, colui che lo ha preparato, forse preoccupato della mia folta capigliatura, ha voluto anche mettere due flaconi di shampoo che a contatto con una scatoletta di Simmenthal, tra i vari carichi e scarichi dall'Italia al Bangladesh , si sono aperti con la conseguenza che la pasta "italiana" è anche profumata allo shampoo. La cuoca dice che la può cucinare…sarà un'altra ricetta da far pubblicare. Non so se ci saranno le bollicine che verranno fuori dal piatto o una bella insaponata dopo la bollitura. Ve lo farò sapere alla mia prossima.

L'altro pacco era invece stato confezionato dal droghiere, perché oltre alla pasta c'era il caffè in buste, un pacchetto di biscotti, due di nocciolato che a contatto con le scatolette di carne (sempre loro!) si sono aperti e miscelati…..

Risultato: Pasta all'odore di caffè con retrogusto di cioccolato e caffè in polvere con pasta frantumata. Dopo una bella selezione e pulitura la mia cuoca ha sentenziato : È tutto buono da cucinare. Vedrà che minestrone!! Vi farò sapere i risultati.

Comunque l'attesa, la gioia di scoprire le sorprese si è rinnovata e ringrazio chi ha voluto sobbarcarsi tale incomodo ed il Signore per avermi fatto rivivere momenti della "fanciullezza", che è bene avere ogni tanto alla mia età.

La "Pasquetta" è invece stata una giornata di completo riposo.. o quasi. Dopo tre ore di moto sono arrivato a casa e la stanchezza oltre al tempo che cambia mi hanno giocato lo scherzo di farmi addormentare sulla sdraio. Mi sono risvegliato col desiderio di un panino al prosciutto e di un bicchiere di vino. Curioso, non penso tanto a queste cose per non restare deluso……ed invece quel giorno avevo l'acquolina in bocca. Mi sono dovuto accontentare di quello che passa il convento e tornare a dormire…..

Dovrei continuare ma il tempo stringe e devo andare a scuola e poi mi devo preparare per andare domani a Dhaka.

Ringrazio i giovani che hanno reagito alla mia lettera precedente. Chissà se non potremo continuare il dialogo, anche se qualcuno mi ha fatto la predica ed altri mi hanno dato consigli. Grazie, la gioia della Pasqua rimanga con noi, per essere testimoni nella vita del fatto che Lui risorto è il solo che ha cambiato la nostra vita ed è l'Unico che è capace di cambiare la vita facendone una NOVITA'.

Padre Adolfo

1984

27 agosto

Dinajpur

Amici carissimi,

passato il caldo, passato il tempo delle ferie, che a volte sono più faticose del lavoro ordinario, si ritorna al "tran-tran" quotidiano e come sorpresa mi faccio vivo anch'io.

Vi faccio tutti bene e riposati con un pò di tintarella. Qui il caldo e l'acqua sono stati più che abbondanti e la necessità di un periodo di ferie è più che impellente, ma sapete com'è il mondo, esso è bello perché è vario e bisogna saper scoprire il bello e il vero dove a volte non vedi altro che tanta acqua e non riesci a dormire per la calura umida e la sinfonia delle zanzare. Godo del vostro riposo. Ogni tanto mi sogno le belle "tuffate" nelle acque azzurre di Gaeta a Fontania, mia spiaggia preferita ai bei tempi.. e torna in bocca il sapore dei fichi d'India che mangiavamo insieme di ritorno dal bagno pieni di sole e di appetito. Qualche volta ci rimetteva qualche filare di uva o una pianta, con la frutta matura, tra le urla del proprietario che per noi era sempre uno Zio...

Nostalgia è una parola che è molto adeguata a quelli che hanno passato la cinquantina (come me)... Devo ringraziare molti perché ho ricevuto lettere con foto ed alcuni pacchi con la pasta e addirittura ... il cioccolato!!! Grazie a tutti. Non sono riuscito a rispondere per ringraziare personalmente un poco per il volume di lavoro ed anche perché sono "giù di giri". Non è facile scrivere i motivi, ma è facile fare l'elenco dì ciò che c'è da fare.

Voi avete il terremoto "facile", la camorra e la mafia, la cassa integrazione e le olimpiadi...

Io ho la scuola con gli esami da organizzare, il controllo dei conti di tutta la diocesi (perché spendi, come li spendi, per chi li spendi?), relazionare sulla situazione dei giovani cattolici che studiano al liceo o all'università e poi dirigere i soliti lavoretti al Convento di Santi Ranì o alla Parrocchia di Chandpukur o al fabbricato ultra centenario delle Suore di Madre Teresa, che fa acqua da tutte le parti.

Ma quello che mi ha messo più giù di giri è stato forse il fatto che alcune delle mie "ragazze" mi hanno lasciato.

La prima è stata Suor Ferdinanda. A 16 anni era entrata in convento. Era il 1935 e da allora è stata la Suora che ha speso il suo tempo per fare incontrare la gente con Gesù. Sorridente e paziente, tra la sua gente e con tutti non ha fatto che tessere un lungo discorso e lo ha continuato anche quando è stata costretta a letto per diversi anni. La sua stanza un sottoscala. A Gennaio decidemmo di darle una stanza più decente e, fatti alcuni lavori, era pronta, ma lei se n'è andata silenziosa il Venerdì Santo dopo tre giorni di coma e la sua vita è terminata con la Settimana Santa ed è iniziata in modo nuovo con la Resurrezione. Non credo che di lei i giornali abbiano parlato, né gli è stata data la medaglia d'oro per la vita spesa per gli altri.

Poi è stata suor Francesca, una Bergamasca tutta cucina e lavoro che ha trascorso 62 anni in Bengala insegnando con la dedizione ed il lavoro a tante ragazze. A 90 anni le hanno detto di tornare in Italia perché malata!!!

Ed ora c'è anche l'Enrichetta che tutti chiamano "Madre" che dopo 52 anni di Bengala si appresta a lasciarci in questi giorni per un "piccolo tumore". Ha 80 anni e non sta mai ferma. Mi supera anche nel viaggiare per essere vicina alle "sue suore" aiutarle ed incoraggiarle.

Provate a perdere qualcuna di queste "ragazze" e vedrete che anche voi andrete "giù di giri".

D'altra parte il Vangelo mi ricorda che:

"Il Regno dei Cieli è simile ad un seme che cade nel terreno e muore..."

"Il Regno dei Cieli è simile ad un tesoro nascosto..."

"Il Regno dei Cieli è simile ad una perla di grande valore..."

Ed allora credo che l'amore di Dio farà che questi semi che muoiono diventino alberi grandi dove gli uccelli del cielo fanno il loro nido.

Credo che per l'amore di Dio altri sono capaci di vendere tutto quello che hanno per comprare il tesoro nascosto.

Credo che per l'amore di Dio altre perle di grande valore porteranno la gioia a persone che saranno capaci di scoprirlo, una gioia piena, satura che nessuna età o difficoltà potrà diminuire o distruggere.

Questa fede nell'amore di Dio e nella Chiesa, comunità di persone che sono capaci di fare certe cose, è l'unico aiuto a "tirarmi su" quando sono "già di giri". È vero che la fede è un dono. E allora pregate per me perché ottenga questo dono per poter continuare nonostante l'acqua, il caldo e le zanzare.

A voi il mio abbraccio e il ricordo al Signore.

Padre Adolfo

1984

15 dicembre

Dinajpur

Miei cari amici,

è tempo di fine anno. Molti fanno i conti per vedere come è andata, altri pianificano le "vacanze invernali", altri vivono nella speranza che il prossimo anno, 1985, sia migliore di quello che finisce. E voi?

In questi giorni, tra una cosa e l'altra, mi torna di frequente all'orecchio la frase "Venne in casa sua, ma i suoi non lo ricevettero", dal Vangelo di Giovanni.

"Casa sua" . È aspirazione di ogni uomo di avere "casa sua", il luogo dove ci si ritrova, ci si sente liberi, amati, noi stessi. A vedere oggi "casa sua", cioè l'umanità, mi viene in mente la commedia di Eduardo De Filippo " Filomena Marturano".

Ci sono tante cose da nascondere, tante altre da giustificare, cambiare le apparenze, le luci perché quella di "casa" non abbia ad accorgersi della realtà….

Da tanti, forse troppi, "casa sua" è messa a posto dal di fuori. Liberi dallo sporco con il "super pulito", liberi dal futuro con le "assicurazioni" per la vita, per la malattia, per il pensare ed il fare…

In "casa sua" sono di casa i rappresentanti di commercio e la televisione…..

E Lui , quando rientra, lo si mette a sedere in un cantuccio per quando avremo tempo di parlargli, intanto stia buono perché Lui non riesce a capire tutte le nostre esigenze, le nostre preoccupazioni….

Una persona istruita e conoscitrice di "computer" mi diceva che ormai l'uomo ha raggiunto la tecnica per risolvere tutti i problemi. Non c'è tempo per la poesia tipo il Vangelo. Sono utopie che non possono essere più tenute da conto.

"……ed i suoi non lo accolsero".

È il fatto più critico del giorno: l'accoglienza.

Abbiamo diviso e vogliamo una casa divisa. Quelli sviluppati separati dai sottosviluppati, i menomati dai sani, i bianchi dai neri, i ricchi dai poveri, il Nord dal Sud, il primo mondo dal terzo mondo, i protestanti dai cattolici, i cristiani dai mussulmani, e così via.

In tale casa non c'è accoglienza che è simpatia, conoscenza, stima, confidenza, amore

E allora? La buona notizia è che: " Oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia".

Certo per gli esperti dei computer è difficile se non impossibile accettare che un "bambino" che giace in una mangiatoia (tra le bestie) sia capace di risolvere i problemi del mondo.

A me viene in mente una bambina di sette anni che tutti i giorni porta il suo fratellino, menomato, in Chiesa. Si siede in fondo e lo tiene tra le braccia, lo trastulla onde non disturbare la preghiera degli altri, è paziente e lo segue quando si muove e cerca di anticipare quello che lui vuole. Tra i due c'è tanto amore.

Il bambino viene a farsi accogliere per fare "accoglienza", scusatemi per l'italiano ma non so proprio come dire.

Il segno è che, soltanto trovando questo bambino, potremo vedere colui che salva Ed il salvare di Cristo è un fare tutto nuovo, non un rinnovare o, come si dice, mettere le pezze, ma fare luce, generare alla vita, perché a "casa sua" ci sia l'accoglienza in cui ogni uomo sia illuminato di luce vera.

L'augurio che faccio a me ed a voi in questo tempo è di credere in questo Bambino che viene ed accoglierlo per essere capaci di avere la forza di accogliere gli altri

Padre Adolfo

1985

1985

21 febbraio

Dinajpur

Carissimi Amici,

questa è una lettera che, come altre, doveva essere scritta da parecchio tempo. La prima idea era quella di scriverla insieme alle due "pellegrine" venute a trovarmi : Maria Chinappi ed Anna Fantasia.

È stato un periodo di vacanza forzata per il sottoscritto in quanto volevo far vedere loro tante cose o meglio tante persone con cui riflettere su questa realtà che alcuni vedono a "colori" ed altri "in bianco e nero", per cui ho dovuto girare un poco più del solito.

Quello che hanno visto ed udito potranno dirvelo direttamente. Come "pellegrine" non hanno portato la macchina fotografica, ma alla fine la tentazione è stata troppo grande ed abbiamo scattato due rullini, per ricordare.

Ora capiterà come per le visite precedenti. Vi diranno " Non è possibile spiegare, bisogna vedere". Ed il risultato sarà che avrò altre vacanze forzate in futuro. Ben venuti!!!

L'altra notizia da darvi è che Don Stefano Castaldi è giunto a fine gennaio, puntuale nonostante il freddo polare italiano, ed ad accoglierlo qui c’era il sole meraviglioso del Bangladesh . Mi sono incontrato con lui a Dhaka alcuni giorni fa, e siamo rimasti d'accordo che in futuro faremo due lettere che manderemo unite.

Poiché questa la scrivo io, vi dico che dopo una settimana già ha il coraggio di parlare con la gente, è un "secchione" !! ( vecchi ricordi di scuola per indicare uno che studia troppo).

Sta bene, sorride e gli piace questo… disastro di paese….

Ieri è iniziata la Quaresima, periodo di ripensamento e di conversione. Oggi qui è festa che ricorda la rivolta che trentatré anni fa avvenne, perché la lingua bengalese non venisse rimpiazzata con altra lingua. Oggi i giovani studenti vanno a piedi scalzi a rendere omaggio a quelli che trentatré anni fa si ribellarono ad una imposizione.

Questo periodo che precede l'avvenimento della Resurrezione lo vedo come una richiesta da parte di Dio a ciascuno di noi di non accettare le imposizioni che ci condizionano e ci rovinano la vita. Quante volte a fatti ed avvenimenti o a situazioni si sente rispondere :" Ma lo fanno tutti quanti!" "Ormai è un fatto scontato" "È un fatto imposto dalla società"…….Sono le imposizioni che ci determinano all'interno e ci bloccano nel dialogo del Padre e con gli altri. Quanti sorrisi…diplomatici, strette di mano (false), frasi di "convenienza".

Il Signore ci vuole guidare alla ricerca ed all'acquisizione del Vero del Buono che è costato sangue. Per questo chiedo nella preghiera che la liturgia ci offre per me e per tutti voi:

" O Dio, nostro Padre, concedi a noi che cerchiamo di esserti fedeli, di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo che, non impone ma propone, e di testimoniarlo con una degna condotta di vita su ciò che è Vero, Buono e Giusto".

Vi abbraccio

Padre Adolfo

1985

12 maggio

Dinajpur

Amici carissimi,

ieri mi è giunta un'altra lettera da Gaeta che comincia "Le confesso che il suo prolungato silenzio ci impensierisce un pò. State bene? Procede tutto per il meglio? Ci riassicuri..."

Avete ragione., come ha ragione Loretta che mi ha scritto la lettera. Ho fatto troppo silenzio. Personalmente sto bene, ma il momento Storico che attraversiamo è complesso e pieno di ansie e sofferenze che non è facile mettere per iscritto o tentare di spiegare in una lettera.

Tempo fa volevo scrivervi per chiedervi di pregare per delle cause impossibili. Oggi in Bangladesh, come in altre zone dell'Asia, c'è un'economia programmata non per l'uomo ma che fa l'uomo servo o schiavo. Per cui per fare le camicie a poco prezzo per l'estero sorgono industrie tessili dove ragazze di 14 - 18 anni lavorano 16 - 18 ore al giorno dopo aver lasciato il villaggio e vivono una vita che potete immaginare.

Il fatto economico porta a scontri d'interessi in cui i più forti o i più interessati non escludono di usare il fattore religioso per il proprio tornaconto. Mettere in lotta i gruppi umani per poter poi avere la possibilità di "possedere" questa terra, in piccola o grande porzione, è un fatto ingiusto, ma cosa comune. Per cui si, "espropriano" le zone dove sono i poveracci che non sanno come fare e dove andare, per dare a quelli che già hanno. Allora devi trovare un posto dove accomodare 5 o 15 famiglie che devono ricominciare a farsi una casa di paglia e bambù e riuscire a sopravvivere sino a quando non ci sarà un altro "esproprio" da parte di qualche altro prepotente.

E se ti opponi in qualche modo a questo modo di essere allora si inventa qualsiasi cosa pur di farti andare in galera. Ed in questi giorni un padre locale, Fr. Samson Marandy, è in prigione per accusa falsa di aver fatto bastonare un ladro che poi è morto. Il fatto è che il morto era un bandito che, preso dalla gente, è stato picchiato. Ma poiché un signorotto della zona vuole i terreni di alcuni Poveracci e non ha la collaborazione del "padre" allora dopo tre mesi dalla morte imbastisce un processo falso ecc...

Capite bene, per rispondere a Loretta, dovrei scrivere che tutto procede bene? Allora... resto in silenzio per cercare di capire cosa vuol dire il Padre a noi in questa situazione.

Avete certamente letto il fatto capitato nelle Filippine, dove è stato ucciso P. Favali Tullio dalle milizie governative, mentre cercava di proteggere la gente del luogo dai loro soprusi.

Il Vangelo di oggi mi ripete "Nessuno ha amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete quello che vi comando." Ed il comando è quello che complica tutto "come io ho amato voi, così amatevi gli uni gli altri".

E allora il morire colpiti dalle pallottole, o il morire per la sofferenza che alcune situazioni ti danno, riceve la sua luce, è un fatto legato al Vangelo.

I giovani di oggi vogliono un mondo diverso, un mondo nuovo. Molti dopo la prima delusione, la ricercano nella rivolta, nell'oblio della droga, nell'evasione della ricchezza. Solo quelli che hanno il coraggio di pagare per gli "amici" sono quelli che costruiscono un mondo nuovo e diverso.

E allora? La speranza si fa preghiera e ci fa dire con la Chiesa nella liturgia di oggi.

"Accogli, Signore, l'offerta del nostro sacrificio (piccolo o grande, nascosto o conosciuto), perché, rinnovati nello Spirito (interiormente),possiamo rispondere sempre meglio (sempre = continuamente; meglio = migliorando) all 'opera della tua grande bontà (anche se misteriosa e sofferta ma sempre GRANDE e per il nostro BENE).

Te lo chiediamo nel nome di CRISTO che è colui che con la sua vita ci ha fatti amici".

Grazie Loretta che mi hai dato la possibilità di scrivere e scusatemi se non riesco a rispondere personalmente alle lettere ma continuate a scrivermi perché le vostre lettere sono un segno che l'amicizia in Cristo può fare anche possibili le cose impossibili.

Padre Adolfo

1985

26 agosto

Dhaka

63, 57, 53 non sono numeri per il lotto, cari Amici, ma numeri che in questi giorni sono diventati tra di noi segno di persone che hanno creduto che è possibile fare un "mondo nuovo".

Dunque, andiamo con ordine, altrimenti qualcuno penserà che sto…. dando i numeri.

Qualche giorno fa ho ricevuto da Loretta una lettera con un'intervista fatta da Radio "G" il giorno 11 luglio scorso. Verso la fine si diceva… c'è qualcosa nella generazione nuova che vuole che qualcosa cambi, noi vogliamo che si costruisca un mondo diverso, un "mondo nuovo"…

Tre giorni fa sono venuto a Dhaka perché la Francesca, Pierina e Giovanna ricevevano dal Presidente della Repubblica Italiana la onorificenza della repubblica per il servizio fatto in Bangladesh.

A prescindere dal fatto che dovrebbe essere onorificenza di "Amazzone"… l'occasione è stata di ritrovarsi insieme per fare un poco di festa a queste tre semplici persone che, a 88, 81, e 74 anni di età hanno ancora il coraggio di credere e lavorare per costruire un "mondo nuovo".

Vedete, Suor Francesca partì per il Bengala nel 1922 e per 63 anni ha lavorato insegnando alle ragazze dei villaggi, a cucinare, cucire e a diventare delle buone mamme di famiglia.

Ancora oggi non riesce a star ferma e passa dalla cucina al laboratorio per rammendare i vestiti. Era tornata in Italia perché dicevano che oltre al diabete avesse anche il cancro, ma l'anno scorso è voluta tornare in Bangladesh perché lei vuole morire qui. È illogico per molti, ma è la logica del Vangelo: se il seme non muore….. Non vi nascondo che ho un debole per la Suor Francesca, che è la mia "girl friend" n° 1 e questo porta un poco di gelosia tra le altre.

Cosa dirvi della Pierina che continua ad 81 anni, dopo 57 anni di lavoro, a portare avanti un dispensario visitando 85 - 100 malati al giorno. Cose da pazzi! Per lei prima ci sono i malati e poi il tempo per i pasti……

La Suor Giovanna è ancora giovane, solo 74 anni, per cui lavora nell'ospedale di Jessore dopo aver servito per 20 anni nell'ospedale governativo delle Ferrovie.

Come loro ce ne sono altre che, nonostante l'età, continuano giorno per giorno, momento per momento, a costruire un "mondo nuovo" perché hanno creduto al Vangelo.

Non vogliamo bene per quello che hanno fato, ma per quello che sono. Sono delle persone che hanno preso sul serio la parola " Vai e fa tu lo stesso" che è alla fine della Parabola del samaritano.

Mettendomi alla macchina da scrivere pensavo di avere tante cose da dirvi, ma vedo che ora mi diventa difficile continuare.

In testa mi frullano in questo momento tanti pensieri. Penso al fatto che tanti oggi hanno il timore e la paura dell'impegno per "tutta la vita". Si vuole avere la libertà di cambiare…..

Altri pensano che per fare certe cose bisogna essere "super" , "ultra dotati", "ultra preparati." La logica del Vangelo è diversa perché:

"Ha guardato… l'umiltà della sua serva. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente…. Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore, ha rovesciato i potenti, ha innalzato gli umili"

La comunione con i poveri e gli oppressi non spoglia soltanto la nostra ricchezza, la nostra superbia, il nostro saper fare, ma spoglia anche la nostra fede.

Resiste solo se è diventata matura nel capire e cogliere Cristo in colui che ha fame oggi, che ha sete, che non ha casa o che è prigioniero oggi qui, nella realtà in cui vivo anche se a volte il vivere a me sembra un "sopravvivere".

La "Francesca, Pierina e Giovanna", sono di quelle persone che hanno saputo vivere credendo a questo ed oggi, dopo tanti anni lo si capisce solo stando loro vicino e cercando di capire il loro sorriso semplice che non ti disturba e non ti fa sentire colpevole ma solo invita e ti dice….. perché non provi anche tu?

Come vedete quando si prendono le cotte si danno facilmente i numeri. Prendeteli come volete e cercate di vincere il " Lotto della Vita".

Padre Adolfo