Lettere agli amici 2006

p. Adolfo L'Imperio


Lettere agli amici 2006

1 dicembre

20 dicembre


2006

Foglie

Dhanjuri - 29 gennaio

Gennaio anche qui è un mese freddo. Oggi c’è nebbia da tagliare con il coltello. La temperatura in questi giorni arriva di notte alla minima di 8°C. È difficile circolare anche con il rickshaw per non dire con le auto per la nebbia fitta.

Gli anziani ed i bambini sono quelli che ne soffrono di più. Abbiamo avuto nei giorni scorsi diversi casi di gente morta per il freddo nella zona nord del paese. Le case costruite con il bamboo sono le meno adatte per difendersi dal freddo. L’altro pericolo è il fuoco. Ci si mette attorno al fuoco fatto con la sterpaglia e le foglie cadute per riscaldarsi e qualche volta non ci accorge del pericolo; prendono fuoco i vestiti ed in poco tempo si consumano piccoli drammi. A volte il fuoco distrugge più di una casa.

Ogni persona cerca di difendersi dal freddo coprendosi come può.

Meno male che da qualche anno a questa parte sul mercato si trovano vestiti, giacche, maglie a basso prezzo. Sono gli scarti delle varie fabbriche tessili che fanno vestiti per l’Europa e l’America; ( produzione per esportazione). Ciò che non passa alla verifica o viene scartato è immesso sul mercato locale a prezzi accessibili ai bengalesi.

La mia Sr. Agostina è esperta nel comprare per i miei bambini.

L’altro aspetto, di cui voglio parlare, sono “le foglie”. È il periodo dell’anno in cui cadono le foglie. Gli alberi in due tre settimane si spogliano del manto verde che li ricopre, che ripara dal caldo per la maggior parte dell’anno. È come una continua nevicata….Basta un poco di brezza mattutina per aiutare le foglie a cadere. Con l’abbassarsi della temperatura aumenterà il vento ed allora la maggior parte degli alberi resterà senza foglie per poi far posto ai nuovi germogli.

Mi direte che non è niente di eccezionale. Capita in tutte le parti del mondo. Mi viene in mente la caduta delle foglie del viale dei platani sul lungomare di Gaeta.

L’aspetto diverso è che qui tutto avviene in poche settimane. A metà Febbraio avremo di nuovo il verde e le gemme sugli alberi.

Le foglie hanno un loro aspetto importante nella vita di tanti poveri. Vengono raccolte. È compito specialmente dei bambini e delle donne anziane recarsi nelle zone dove sono cadute le foglie e raccoglierle in gruppi per poi metterle in un sacco di plastica o di altro e portarle via. Sono importanti per cucinare a poco prezzo. La maggior parte delle “cucine economiche” nei villaggi sono realizzare facendo un buco in terra con una specie di rialzo come riparo e per metterci sopra la pentola. Le foglie vengono inserite in modo continuo in modo da alimentare il fuoco.

Questa mattina ho fotografato una mia bambina venuta a raccogliere le foglie per portarle a casa ed avere il fuoco anche oggi. La legna costa troppo. Ha le mani infreddolite e sporche. Prometto una saponetta per potersi lavare anche i capelli pieni di polvere. Come sempre mi sorride, dice grazie e …arrivederci a domani per altre foglie, dono della natura a coloro che hanno freddo per potersi riscaldare.

p.Adolfo

2006

Tallone d'Achille

Dinajpur - 19 febbraio

Per le strade di Dinajpur, cittadina del Bangladesh, il numero dei rickshaw che viaggia a varie velocità e in tutte le direzioni è proverbiale. P.Zanchi , Superiore Generale e in visita ai confratelli del Pime, esprime il desiderio di comprare un giubbotto o qualcosa da mettere sù in quanto il freddo in questi giorni si fa sentire. Decisione: si parte in tromba e Fabrizio con la sua moto fa da battistrada.

La gimcana è uno sport bello e per giovani, per cui l'apri strada è seguito dalla moto del Pierfrancesco con il Superiore e si dirige a velocità sostenuta ( e qui ci sono varie versioni in quanto sino ad oggi gli autovelox non sono stati ancora installati ) in funzione del traffico cittadino. Infatti il traffico cittadino varia a secondo delle strade in quanto un certo numero di rickshaw è parcheggiato lungo o sul marciapiedi, un certo numero di pedoni cerca di avanzare dando uno sguardo alle vetrine dei negozi ai due lati della strada e cercando di non farsi investire da bici o moto o altri veicoli che strombazzando si buttano nei due sensi della strada o si inseriscono da strade laterali senza preavviso. Ogni tanto ad un incrocio un vigile cerca con il suo fischietto di mettere un poco di ordine facendo dei segni che la maggior parte del traffico ignora.

In tutto questo, verso sera quando iniziano la prime luci ad illuminare le strade Fabrizio, nel tentativo di schivare un rickshaw che gli si presenta davanti, frenando ed inclinandosi verso terra per evitare l'impatto, prende con la scarpa il mozzo della ruota. La moto è a terra, il rickshaw è fermo, Fabrizio si alza e grida alcuni moccoli al guidatore del rickshaw che non sa che pesci prendere. Vede che il piede sinistro ha perso la scarpa e sembra che ci sia una ferita al "tallone di Achille". Intanto arriva la seconda moto, il Superiore resta a cura della moto che è a terra, Pierfrancesco mette sul sellino posteriore Fabrizio e via di corsa verso l'ospedale. Immediato l'intervento del dott. Gildo che non ritiene necessario mettere dei punti in quanto si tratta di una strisciata superficiale.

Fabrizio rientra al Boarding in rickshaw (un'altro non quello che lo ha investito!) dall'ospedale alla Bishop's House. I suoi 150 ragazzi sono ad attenderlo per accompagnarlo sino in stanza. Lui zoppicante con il bastone dà ordini perentori di lasciarlo in pace, meditando sulle gimcane sport per giovani.

Il giorno dopo Fabrizio è in giro con la stampella per dimostrare e assicurare tutti che è in buona salute.

p.Adolfo

2006

S. Pasqua

30 marzo 2006

Caro amico,

ti mando la lettera di auguri di Padre Adolfo, appena ricevuta. Vista l'impossibilità di distribuirla ti sarei grato di farne qualche copia e di circolarla tra gli amici che non hanno l'email. Tanti cari auguri anche da parte mia Bruno

Ti allego anche due foto di un bambino che è in cura presso il lebbrosario

Dinajpur 19 – 29 Marzo 2006

Amici carissimi,

Vi confesso che ho una grande confusione in testa per le tante cose che vorrei scrivere ed il tempo che fugge in modo implacabile. Ho iniziato questa lettera il giorno di S.Giuseppe per terminarla oggi 29. Per darmi una scrollata vi saluto con la preghiera che chiude la liturgia della terza Domenica di Quaresima "O Dio, che ci nutri in questa vita con il pane del cielo, pegno della tua gloria, fa che manifestiamo nelle nostre opere la realtà presente nel sacramento che celebriamo".

Ogni Venerdì mi incontro con un gruppo di giovani a leggere il Vangelo e confrontarlo con la vita. (Forse sarebbe più esatto dire "leggere la vita e confrontarla con il Vangelo")

Venerdì e giorno libero in Bangladesh paese Islamico. Leggendo il Vangelo di Luca al Cap. 22 ci siamo fermati su alcune parole. " Quando fu l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con Lui,....Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi... E preso un calice, rese grazie e disse "Prendetelo e distribuitelo tra voi... Poi prese un pane, rese grazie, lo spezzo e lo diede loro dicendo :"Questo è il mio corpo, dato per voi."

Vi è un tempo in cui ci si deve "prendere posto a tavola". In Bangladesh la tavola è la terra. Coloro che lavorano nei campi, i braccianti , vanno al lavoro al mattino presto. Verso le dieci arriva qualcuno da casa che porta il mangiare preparato a casa. Il più delle volte è riso con legumi. Nel 1987 guidai quattro giovani Bengalesi a visitare l’Italia. Il mio intendo fu quello di fargli vedere le "povertà dell’ Italia. Tra le altre esperienze andammo alla mensa della Caritas di Roma al Celio con don Luigi Di Liegro per il pranzo. Mille persone presenti, per lo più immigrati, per avere un pasto caldo. Al termine del nostro viaggio, nel fare una revisione e dire le proprie impressioni, la Mensa della Caritas aveva lasciato loro una impressione negativa. Perché ? Era un mangiare insieme ad estranei un pasto non preparato a casa.

I miei giovani hanno riflettuto sul "prese un pane". Gesù prende un pane preparato per essere cibo del gruppo. Anche oggi nell’Eucarestia Lui prende il "pane frutto della terra e del lavoro dell’uomo" che gli viene presentato. Nel celebrare l’Eucarestia in alcuni villaggi del Bangladesh spesso all’offertorio la gente porta all’altare un pugno di riso, una mini gallina, un ceppo di banane, delle patate, ecc. Sono i segni non solo del lavoro, ma spesso anche di sopravvivenza, di lotta per la giustizia, di solidarietà. Su questo "pane" la Chiesa riattualizza la presenza di Cristo tra noi perché il pane spezzato ed il sangue versato siano una forza viva e rinnovatrice tra coloro che credono.

È un Pane da distribuire, non da vendere, da cedere, da barattare. Pane che aiuta ad operare per la comunità che è fatta di persone che devono convivere. È un pane da darsi con amore, per amore e amando.

"Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio" (Mat. 4,4)

Stando a Dhanjuri con i malati, per la maggior parte non cristiani, viene da riflettere. Non è soltanto un curare, ma è un dover dare speranza; non è soltanto un aiutare ma è uno stare vicino per riprendere a vivere.

In queste settimane il Signore ci ha fatto il "regalo" di far ricoverare due ragazzi lebbrosi. Asikur di 13 anni che deve recuperare l’uso della gamba e Rajik di 10 anni che ha i nervi facciali infettati. Una ventata di primavera con il loro sorriso, il loro vociare e il fare amicizia. Asikur, che frequenta la sesta ha chiesto i libri per studiare e si è impegnato a insegnare a leggere e scrivere a Rajik che non va a scuola. Asikur è mussulmano, Rajiik appartiene al gruppo Hindu. Oltre ai lebbrosi a Dhanjuri abbiamo anche altre persone disabili che fanno fisioterapia per il recupero motorio. Tra questi c’è Paul, laureato, che deve rimettersi da una paralisi dovuta ad attacco cardiaco. Paul mi da detto che guiderà i due amichetti nello scoprire la gioia dell’imparare. Vivere insieme per rispettarsi, aiutarsi ed amarsi, non ostante le diversità e le difficoltà che la vita ci propone. Questo stare insieme diventa contagioso anche per Majud, di 28 anni. Costretto su una sedia a rotelle da anni con problemi di spina dorsale oltre alla lebbra, dopo tre mesi incomincia a sorridere.

Mi ha detto che vuole camminare, anche se con l’aiuto del bastone, alzarsi dalla sedia a rotelle.

Certo la presenza non rumorosa delle infermiere, di Sr. Swopna, di Cherubim e Bablu, responsabili della fisioterapia, sono l’altro aspetto dell’amore che è aiuto e sostegno del debole.

Benedetto Sedicesimo nella sua Enciclica "Dio è Amore" ce lo spiega facendo una riflessione su quello che stiamo vivendo oggi.

…"la carità cristiana è dapprima semplicemente la risposta a ciò che, in una determinata situazione, costituisce la necessità immediata: gli affamati devono essere saziati, i nudi vestiti, i malati curati in vista della guarigione, i carcerati visitati, ecc. Le Organizzazioni caritative della Chiesa, a cominciare da quelle della Caritas (diocesana, nazionale, internazionale), devono fare il possibile, affinché siano disponibili i relativi mezzi e soprattutto gli uomini e le donne che assumano tali compiti. Per quanto riguarda il servizio che le persone svolgono per i sofferenti, occorre innanzitutto la competenza professionale: i soccorritori devono essere formati in modo da saper fare la cosa giusta nel modo giusto, assumendo poi l'impegno del proseguimento della cura. La competenza professionale è una prima fondamentale necessità, ma da sola non basta. Si tratta, infatti, di esseri umani, e gli esseri umani necessitano sempre di qualcosa in più di una cura solo tecnicamente corretta. Hanno bisogno di umanità. Hanno bisogno dell'attenzione del cuore. Quanti operano nelle Istituzioni caritative della Chiesa devono distinguersi per il fatto che non si limitano ad eseguire in modo abile la cosa conveniente al momento, ma si dedicano all'altro con le attenzioni suggerite dal cuore, in modo che questi sperimenti la loro ricchezza di umanità. Perciò, oltre alla preparazione professionale, a tali operatori è necessaria anche, e soprattutto, la " formazione del cuore ": occorre condurli a quell'incontro con Dio in Cristo che susciti in loro l'amore e apra il loro animo all'altro, così che per loro l'amore del prossimo non sia più un comandamento imposto per così dire dall'esterno, ma una conseguenza derivante dalla loro fede che diventa operante nell'amore (cfr Gal 5, 6).

Operando per "un mondo libero dalla lebbra" siamo chiamati a fare in modo che non ci siano divisioni tra noi, divisioni molte volte volute come confronti tra gruppi e comunità. Ringrazio il Signore di lavorare per il controllo della lebbra e della TB, insieme a gruppi e persone Mussulmane, Luterane, o di altri gruppi Cristiani. Il vostro aiuto come quello di altri gruppi rende possibile il dare speranza. Grazie.

** Vi ringraziano i ragazzi/e che studiano nei villaggi e nel Boarding di Dhanjuri ; il sostegno allo studio resta un impegno che costruisce la speranza.

** Kimi vi sorride anche se continua la sua lotta contro la tassalomenia. Dice che è difficile voler bene ai dottori che fanno tante iniezioni e le prelevano sempre il sangue. Con lei Cecilia, Marta, e tanti altri che affrontano la malattia con coraggio.

** P.Lazarus, mio assistente, che ha tanta pazienza con me, si scusa se non ha imparato ancora l’italiano. Con lui i miei giovani scavezzacolli.

** Il gruppo delle ragazze del centro di cucito con Sr.Agostina, sorride e si scusa degli errori nei lavori di ricamo..

Il mistero dell’amore e della Resurrezione continua nel mondo avendo avuto inizio sul Calvario dove Gesù dalla Croce disse a sua madre "Donna, ecco il tuo figlio" ed al discepolo che amava " Ecco tua Madre".

È un affidare ed un confidare di cui tutti abbiamo bisogno, specie nei momenti difficili o nelle decisioni importanti della vita.

Buona Pasqua. Fr.Adolfo

2006

Ricostruzione umana e spirituale

Incontro con p. Adolfo L'Imperio

di Mariagrazia Zambon

17 maggio

da Passione per un popolo ed. EMI 2005

Arriviamo alla cattedrale di Dinajpur attraversando la città in risciò. Una gincana tra una miriade di risciò coloratissimi e biciclette, e lo sfrecciare strombettando di qualche moto, auto super lussuose e camion carichi all' inverosimile. I bordi delle strade - veri e propri palcoscenici di vita - sono tappezzati di gente che si contende negozietti di latta e plastica. Bugigattoli fatti di nulla e che vendono quasi nulla, ma dove è esposto di tutto. Anche gli alberi sono una buona occasione per appendere in bella mostra camicie e pantaloni in vendita per quattro soldi. Il tutto è molto calmo e dignitoso, pur nella povertà e nel sudiciume. Bellissimi i colori dei san delle donne, accovacciate a sminuzzare montagne di mattoni per farne ghiaia da usare come calcestruzzo. Le lunghe canne di bambù in vendita ovunque, i ragazzini che giocano spensierati. Tra questa gente piccola, minuta, magra e scura di pelle, in continuo via vai, mucche pelle e ossa che brucano tra l'immondizia e galline spelacchiate che razzolano in ogni angolo. Appena varcato il cancello del grande complesso dell'episcopio, sembra di entrare in un altro mondo: tutto ordinato, pulito.

C'è aria di festa. È la festa di San Francesco Saverio, patrono dei missionari e santo a cui è stata dedicata la cattedrale della diocesi. Bambini e ragazzine degli ostelli e delle scuole stanno facendo le ultime prove di canti e danze. E pronto un vasto palcoscenico.

Con questo chiacchiericcio nelle orecchie salgo nell'ufficio di p. Adolfo L'Imperio, parroco della cattedrale, responsabile del lebbrosario di Dhanjuri, incaricato di vari lavori di amministrazione e costruzioni edili. Classe 1930, nato a Zara - ma da sempre vissuto a Gaeta, dove è stato ordinato sacerdote nel 1967 - è partito per la prima volta per il Bangladesh nel 1969. Gli acciacchi cominciano a farsi sentire, traditi da un bastone che lo accompagna senza tregua ovunque, ma è ancora giovanile.

Occhietti furbi, sorriso malizioso, sempre la battuta pronta nel suo accento laziale ancora ben marcato nonostante i suoi trent'anni in terra bengalese. Nel suo ufficio pieno di carte, libri, tavoli e scaffali è alle prese con il computer che sul più bello - sarà il sovraccarico di corrente elettrica usata dagli altoparlanti in cortile, sarà l'ennesimo cortocircuito della città - si spegne e non ne vuole più sapere di riaccendersi. "Eh sì, è solo da sette anni che anche la computerizzazione è giunta in Bangladesh, sovvenzionata dalla Banca Mondiale: è una gran comodità... quando funziona! Ce n'è stata di evoluzione anche in questa nazione e di strada se n'è fatta in questi anni. Il progresso sta arrivando anche qui, ma da sempre il problema più grosso è la gestione delcapitale e delle persone", mi dice subito p. Adolfo, aprendo un lungo e complesso capitolo sull'economia del Bangladesh.

Da subito, già ne] lontano 1972, dopo la guerra d'indipendenza, egli si è trovato a dover organizzare l'aiuto alle migliaia di profughi, che, con la liberazione, si riversavano a frotte in Bangladesh. Esisteva già il CORR (Christian Organization Relief and Rehabilitation), nato in occasione dell'alluvione deI 1971, e a p.L'Imperio ne fu affidato il coordinamento, per convogliare tutti gli aiuti che provenivano dalle organizzazioni cristiane estere e in particolare dalla Caritas Internazionale. Dinaipur, a quei tempi era tutta macerie, non si trova nulla di nulla da comprare, una città fantasma. I soldati e i Bihari, ritirandosi, avevano distrutto tutto quello che potevano. I treni non funzionavano, le strade erano inagibili con ponti e strutture distrutte; per coordinare il lavoro sul territorio della diocesi comprò una jeep con la quale si spostava personalmente a verificare le varie emergenze. Finito il regime militare e terminata la guerra India-Pakistan del 1971, le circostanze lo hanno immesso senza sosta in un lavoro febbrile, necessario, non rimandabile: si trattava di folle senza cibo, senza casa, senza strumenti di lavoro, che arrivavano ai loro villaggi devastati e ad accoglierli non c'era una società organizzata con i mezzi necessari per venire incontro ai loro bisogni. In simili circostanze ogni uomo con un minimo di responsabilità doveva fare tutto il possibile.

Con la guerra e il ritorno di dieci milioni di profughi dall'India, i quattro vescovi del Bangladesh, che dirigevano l'Organizzazione, stabilirono un programma di lavoro che ammontava a trenta milioni di dollari. All'inizio l'aiuto è stato in gran parte di emergenza, il primo degli scopi del CORP. (che poi ha assunto il nome di Caritas); poi, a partire dalla fine del 1972, l'azione si concentrò più sulle opere di sviluppo, stimolando la gente ad essere sempre più corresponsabile. "Un esperto delle Nazioni Unite - sottolinea p. L'Imperio - ha riconosciuto che qui a Dinaipur il CORP. è riuscito non solo ad alleviare la fame, ma a salvare la disastrosa situazione della gente, offrendole la possibilità di collaborare al proprio sviluppo. L'orientamento era di dare un aiuto perché potessero fare da soli; se ci fossimo limitati a sfamarli, avremmo dovuto continuare a fare lo stesso fino ad oggi.

Dal 1972 abbiamo rinunciato a distribuire cibo e vestiti a coloro che ne avevano bisogno, perché il governo si era preso l'impegno di portare avanti questo lavoro. Noi cercammo di portare avanti il programma di sviluppo a lunga scadenza, impegnandoci soprattutto a risvegliare una nuova coscienza sociale. L'indipendenza ha trovato il paese in una situazione economica bloccata e con molte distruzioni. Il dopoguerra è sempre il periodo più difficile: è facile distruggere e ci vuole poco. È difficile cominciare da capo. E ancor più complicato è studiare come rendere la gente artefice del suo domani".

Sono in tanti a riconoscere che quello del COOR fu un gran bel lavoro. P. Ferdinando Sozzi dichiarò nell'intervista per "Mondo e Missione": "È stato un lavoro meraviglioso, si sono salvate centinaia di migliaia di vite e aiutati milioni di poveracci a rìcostruirsi tutto, dalla capanna al pozzo, dall'aratura del campo all'acquisto del primo bestiame. La Chiesa con il COOR ha dimostrato a tutti che la sua preoccupazione era quella di aiutare tutti allo stesso modo, cristiani e musulmani, bengalesi o santai, gente che noi sapevamo fino a ieri si è odiata. Abbiamo avuto dieci milioni di rifugiati che tornavano dall'India senza nulla, dieci milioni! E molti di quelli che erano rimasti avevano perso tutto... nella confusione generale, le uniche cose che hanno funzionato sono stati il COOR e l'esercito indiano.

L'esercito manteneva l'ordine, la Chiesa univa gli uomini di buona volontà per lavorare alla ricostruzione, amministrava i soldi di tutti per il bene di tutti. Quando il governo del Bangladesh fu impiantato, il presidente Mujibur Rahman ha voluto ricevere tutti i vescovi (tutti bengalesi) per ringraziarli a nome di tutto il Paese. Era una cosa incredibile vedere come tutti si fidavano solo dei preti e di quelli che lavoravano per noi: venivano commissioni dell'Onu, dell'India, degli Stati Uniti, di tutti i Paesi e di tutti gli organismi del mondo; studiavano, vedevano le necessità e poi davano i soldi a noi perché li facessimo fruttare per il bene di tutti. É stato un periodo di emergenza,che è bene che sia passato, perché ormai tutto è in mano allo stato, com'è giusto. Ma allora si è visto che la Chiesa era veramente al servizio di tutti: abbiamo costruito strade e case, canali d'irrigazione e pozzi, abbiamo distribuito viveri e vestiti e medicinali e nessuno ha potuto dire che abbiamo fatto gli interessi di qualcuno in particolare. Abbiamo fatto lavorare, nella costruzione delle strade e delle capanne soprattutto, centinaia di migliaia di disoccupati, pagandoli col riso e il grano che arrivavano gratis dall'America e da altri paesi. Il Signore ci ha aiutati visibilmente: sono passati nelle nostre mani e nelle mani della gente che lavorava con noi dei miliardi, delle decine di miliardi e non abbiamo avuto un solo caso grave di furto o di qualcuno che sia scappato con i soldi della comunità.

Credo che l'azione più grande di evangelizzazione l'abbiamo fatta con questa testimonianza di amore concreto a tutti, di modo che tutti hanno capito cos'è la Chiesa e cosa sono i missionari. Durante la guerra non pochi musulmani e i mullah (incaricati di dirigere la preghiera nell'islam) a vedere che la Chiesa dava tutto, aiutava tutti, prendeva iniziative continuamente per il cibo, le case, i profughi, i pozzi, i campi, pensavano e dicevano: questi missionari fanno così per interesse, poi ci battezzeranno tutti; quando avranno in mano il popolo diranno: chi vuol essere aiutato, deve farsi cristiano... E invece in quel periodo non abbiamo battezzato nessuno, c'eravamo anzi imposti la proibizione di parlare di conversione o di battesimi. Tutti ci guardavano stupiti, non sapevano spiegarsi tutto questo e di come non avessimo approfittato dei soldi che avevamo in mano, nè del potere, nè del governo: anzi, appena il governo è stato in grado di avere una sua organizzazione, abbiamo ceduto tutto senza la minima esitazione; e a volte erano i funzionari governativi che ci pregavano di non mollare tutto perché non sapevano cosa fare. Questa è stata una grande testimonianza, un'evangelizzazione che nei piani di Dio avrà prima o poi i suoi frutti. E li ha già avuti, perché i giovani bengalesi sono maturati nelle avversità e hanno assorbito la grande lezione di Gesù Cristo, che è di fare del bene agli altri senza aspettarsi nessuna ricompensa in cambio".

"Per me quel periodo è stata una grande esperienza di vita e di fede - vuole precisare p. Adolfo - mi sono reso conto di essere passato attraverso un'esperienza di grande sofferenza, ma anche di aver vissuto un'esperienza di solidarietà umana e cristiana di cui non è facile delimitare le proporzioni. Ho incontrato giovani di tante nazioni di Europa, America, Asia che sono venuti per ricostruire e testimoniare solidarietà con coloro che soffrono. Cristiani e non cristiani abbiamo lavorato insieme per costruire un avvenire migliore a fratelli che fino a ieri ci erano sconosciuti. Un mio amico ebreo che lavorava per l'Onu venne a chiedermi di pregare il sabato nella nostra cappella del Seminario. L'assemblea costituente del Bangladesh si concluse con la preghiera fatta in comune da tutti i parlamentari. Tante volte ho visto i padri recarsi la sera tardi con il lume a petrolio in cappella dopo una giornata senza respiro. Per la fine del Ramadan, tanti fratelli musulmani si prostrarono in preghiera insieme, all'unisono. Allora capii che non eravamo soli e che il domani sarebbe stato migliore dell'oggi.

E così spesso mi ritrovavo a pensare: "Può darsi che le leggi economiche e le statistiche sulla popolazione mettano paura, può darsi che il mondo occidentale continui a dare aiuti solo se l'indirizzo politico è di una certa linea: ma è anche vero che troverò la forza di dire quello che ho da dire, troverò la forza di capire colui che mi chiede aiuto, facendogli superare l'egoismo perché chieda non per se ma per il villaggio, troverò la forza di ricominciare dopo un fallimento, perché vicino a tutti c'è un Redentore che soffre e un Padre che accoglie. Se evangelizzare è uguale a "liberare l'uomo" - mi dicevo - qui si tratta di iniziare dal livello più basso. Il cristianesimo è un messaggio all'uomo di oggi, a qualsiasi individuo, un messaggio che parte dall'uomo libero; l'evangelizzazione è un problema molto più vasto che inizia nelle situazioni più diverse; qui da noi la prima istanza è lo sviluppo. La conversione è una cosa che parte da Dio: Lui si costruisce il Regno, a noi spettava - e spetta - solamente dare una testimonianza di vita che indichi la vita nuova che è in noi".

Terminata l'emergenza, dotato di uno spirito vivace, ricco di capacità organizzativa, p. Adolfo nel 1980 lasciò la direzione della Caritas nella sua diocesi per darla in mano ai laici e riprendere più direttamente in mano l'opera di evangelizzazione. "Era il tempo di lavorare per rendere autonomi i bengalesi, in modo che fossero essi stessi i costruttori del loro paese".

E p. Adolfo si dedicò maggiormente ai vari altri suoi impegni amministrativi e pastorali in Cattedrale, alla scuola di 1.200 ragazzi e giovani, al convitto con 70 "giovinastri", alla comunità cristiana a 40 chilometri dalla città, all'ospedale e al lebbrosario.., così, lui stesso afferma "finii di perdere i pochi capelli che mi erano rimasti", finché nel 1986 fu chiamato in Italia, ironia della sorte, per un incarico nell'economato. E ricominciò il lavoro tra montagne di scartoffie, dopo aver fatto un corso sulle nuove normative e legislazioni italiane. È lì che imparò ad usare il computer. Nel 1994 la nuova partenza, ovvero il rientro in Bangladesh. Tanta gioia, ma con essa la nuova fatica di ricominciare. La tentazione di rimanere in patria fu grande, ma la nostalgia per il paese d'adozione e la spinta missionaria furono più forti. E nel chiudere la valigia e lasciare l'Italia, una riflessione a quanti gli dicevano di restare. "Qualcuno mi ha detto che dovrei spiegare il motivo del mio ritorno in Bangladesh. Più di uno mi ha detto: perché non resti? C'è tanto da fare anche qui da noi. Anche l'Italia è terra di missione. Per me è un dovere far "sentire" la presenza di Dio, far toccare la paternità di un Dio buono e misericordioso in un mondo lacerato da odio e discordia. Ed è un diritto per milioni di persone avere conoscenza di Cristo, perché non ci può essere fede senza conoscenza e non c'è conoscenza se non si parla di Gesù.Parlare con la vita, muovendosi, stando vicino ad un altro, ad un diverso per lingua e cultura, nella sua realtà di vita, per poter arrivare a questa scoperta di Gesù che cambia la vita. In un paese come il Bangladesh, dove di persone ce ne sono tante, si può avere la tentazione di voler fare tante cose e non aver tempo necessario per ascoltare la persona. Allora bisogna saper andare, come Maria che visita ed è pronta a servire fermandosi e facendosi carico delle incombenze ordinarie di una casa dove deve nascere un bambino.

Se non abbiamo la stessa attenzione e tensione perdiamo tempo. Devo dirvi che mi è capitato tra i lebbrosi, tra i piccoli dei villaggi, a scuola come durante l'alluvione o i periodi difficili della vita. Bisogna giocare la vita, tutta la vita! Bisogna essere persone innamorate, appassionate di Dio e in Dio appassionate dell'uomo, senza mettere confini o limiti a questa passione, che deve assomigliare a quella di Gesù. Per questo parto. O meglio: riparto". Tornato in Bangladesh sperava di nascondersi in un villaggio senza troppe responsabilità, invece gli hanno chiesto di stare dapprima a Dhaka e poi nuovamente a Dinajpur. Nei sette anni di assenza trova un paese molto cambiato: traffico caotico di macchine e autobus, palazzi con ascensori, televisioni a colori, computer, ampliamento di industrie e di edilizia. Ovunque gente che viaggia. Autobus pieni, treni stracarichi, risciò che intasano il traffico. Anche p. Adolfo ha questa "malattia", tanto che qualcuno gli dice che deve essere nato in viaggio o in treno e viene soprannominato "padre viaggiante".

Sempre in movimento. Scrive in una lettera agli amici: "E la sera, nel momento del rendiconto con il Signore, lo ringrazio di avermi aiutato anche oggi... a viaggiare. Mi trovo ancora novellino, perché non ho saputo dare la giusta attenzione a coloro che hanno viaggiato con me, a quelli che alla stazione hanno cercato di iniziare un dialogo con me... perché non sono sempre stato accondiscendente alle pestate di piedi, perché non ho ceduto il posto a sedere a qualcuno più anziano di me. Accidenti! Penso tra me e me, il Signore vuole proprio degli eroi e io non ne ho la stoffa. Faccio del mio meglio ma... il troppo stroppia e quasi inizio con uno sfogo.

Poi penso a p. Giuseppe, che ha solo 75 anni, che continua a viaggiare in bici, con il sole e con la pioggia, visitando i villaggi; penso a suor Enrichetta, anche lei settantacinquenne, che continua a viaggiare per andare a trovare le "sue suore" nei vari conventi sparsi in questo paese e mi sento piccolo, molto molto piccolo. Spero che tra giovani di belle prospettive ci sia qualcuno che abbocchi all'amore e, per amore di Dio e del prossimo, venga a vivere questa stupenda avventura". Mi fissa negli occhi: "Sai, è tempo di lasciare il testimone, ora io mi sento un poco "fladu" - nonno -, soprattutto quando incontro persone conosciute da piccole e adesso hanno due o tre pargoletti dagli occhioni belli e scrutatori. Mi godo questi miei nipoti e penso: forza, il mondo ora è nelle vostre mani. Noi abbiamo lottato per rendervelo migliore: ora spetta a voi". La corrente elettrica è tornata: la musica sfonda le orecchie. Basta chiacchiere. Si scende in cortile, bambini abbracciano e salutano. Le bambine tirate a nuovo nei loro vestitini di pizzo e tulle variopinto si mettono in bella mostra aspettando i complimenti. Per tutti c'è una battuta e la foto ricordo. Comincia la festa.

2006

Nazioni Unite a Dinajpur?

21 giugno

Ero uscito per andare a comprare un ombrello per ripararmi parzialmente dalla pioggia monsonica che ha iniziato a cadere ed imperversare sul Bangladesh.

Entrato sulla strada dei negozi a prima vista ho pensato che avevano trasferito il quartiere generale delle Nazioni Unite a Dinajpur. Le bandiere di tante nazioni del mondo sventolano sullo sfondo del cielo azzurro del Bangladesh, nonostante l'intrico di cavi elettrici, telefonici etc.

Notavo subito la differenza con le bandiere ufficiali. Quelle sono in ordine, alla stessa altezza e tutte della stessa dimensione.

Queste sono di dimensioni variabili: lunghe, corte, alte o basse, forse per esprimere la forza di sostegno per la squadra del cuore.

Il tutto è dovuto non al trasferimento delle Nazioni Unite a Dinajpur ma alla febbre per il calcio. I miei ragazzi, e non soltanto loro, non fanno che ripetere: "World Foot Ball Cup" in Inglese o in Bengalese. Il Campionato mondiale di calcio avrà i suoi idoli anche questa volta. Mi capita di non saper rispondere a domande o richieste dei miei giovani. Cosa volete.....

P. Fabrizio ha messo alla finestra della sua camera la bandiera italiana per dire chiaramente da che parte sta. (speriamo almeno che la Nazionale non gli dia le disillusioni a cui è ormai abituato dalla sua Inter!) Io sono certo che la maggioranza dei suoi ragazzi tifa per il Brasile.

Col Brasile si gioca, si balla, si canta per cui si è più in sintonia con il Bangladesh.

Intanto fervono i preparativi per l'apertura di questo evento sportivo per cui si pianifica dove e come poter seguire questa notte per televisione l'apertura dei giochi.

In questi giorni sono aumentati i servizi televisivi per cavo e le vendite dei televisori. I giovani che non hanno la televisione a casa cercano case di amici o negozi con televisione per poter seguire l'evento. Qui sarà notte per cui domani mattina......vedremo molti occhi stanchi.

Or ora ricevo una telefonata di Bappy, uno dei miei ragazzotti, che mi dice che la scuola superiore, che frequenta a Dhaka, chiude per un mese. Io, cattivo, penso: "potenza del calcio !!!".

Buon lavoro. Sportivamente

Fr.Adolfo

2006

Lettera agli amici

Dhanjuri - 5 luglio

Carissimi Amici

Sono diversi giorni che ho in mente di scrivere , ma tutte le volte rimando a… dopo ed i giorni passano...

Il vedere il positivo nella vita quando molti scrivono e parlano delle cose negative sembra un'utopia, e invece è un atto di fede nell’uomo e nell’amore di Dio. Può essere anche un chiodo… fisso.

Da ragazzo sentivo che qualcuno gridava affermando che “aveva sempre ragione”. In quel periodo erano terminate alcune guerre ed iniziavano altre per imporre la propria “ragione”. Nel tempo che ha seguito la mia adolescenza il numero delle persone che “aveva sempre ragione” sono aumentate e molte sono scomparse. Alcune di loro hanno lasciato dietro strascichi e conseguenze “irrazionali” eppure dicevano di “avere sempre ragione”. Circa trenta anni fa in una riunione di “esperti” sul controllo delle nascite a cui fui invitato, un “esperto” mi assicurò che nel giro di pochi anni la crescita della popolazione del Bangladesh, nazione appena nata con circa 58 milioni di abitanti, sarebbe stata contenuta allo 0% utilizzando mezzi per il controllo della natività tra cui la TV ed altri mezzi di comunicazione che allora in Bangladesh non esistevano. “Daremo la Televisione in ogni villaggio”, era il suo slogan. Alla mia timida obbiezione che allora la maggior parte dei villaggi non aveva energia elettrica, mi rispose “Daremo l’energia elettrica a tutti i villaggi”. A trenta anni di distanza devo dare atto a quel signore che in parte “aveva ragione” perché oggi gran parte del territorio del Bangladesh ha l’energia elettrica e vi è anche la Televisione. In questi giorni il campionato mondiale di calcio è seguito con tifo super e dalle 8 di sera sino alle tre del mattino le televisioni sono prese d' assalto. Quello di cui “non aveva ragione” è che la crescita della popolazione sarebbe passata dal 3% allo 0% nel giro di pochi anni. Oggi il Bangladesh, secondo le stime dell’ONU ha superato i 142.000.000 di abitanti e continua ad aumentare dell’ 1,9 % annuale (circa 2.700.000 di persone in più ogni anno). Il Bangladesh ha deciso di iniziare l’anagrafe con la registrazione dei nati dal prossimo anno. Una legge in tal senso è in Parlamento.

Giacché parliamo di numeri oggi sono stati pubblicati i risultati del primo esame di stato che gli studenti del Bangladesh sono obbligati a dare dopo dieci anni di frequenza a scuola. La classe decima comprende 5 anni di elementare e 5 di scuola Intermedia. Di questo avevo scritto anche lo scorso anno. Il diritto all’educazione scolastica è sancito dalla Costituzione anche in Bangladesh. Solo che.....

Il numero di studenti in fascia di età che avrebbe dovuto sostenere quest' esame era stimato a circa 2.800.000. Hanno sostenuto l’esame 748.815, quasi il 27%. La media nazionale dei promossi è stata del 59,05% che significa che 442.000. Le scuole con risultati migliori sono quelle delle città (Dhaka, Chittagong, Comilla). Poveri i risultati delle scuole della zona rurale. Per questo chiedo di continuare nell’impegno di sostegno allo studio che con tanta costanza state portando avanti a Dhanjuri ed altri villaggi.

Un risultato non pubblicato indica che è aumentata in un anno di circa 2 milioni la forza lavoro analfabeta o semi-alfabeta, in particolare nella zona rurale. Aumentano a vista d’occhio le officine di vario tipo nei posti di mercato o villaggi lungo le strade di traffico, luoghi di lavoro per ragazzi e giovani senza “qualifica” che si ingegnano a riparare tricicli, motocicli. auto, camion o altre macchine Intanto in 40 anni è triplicato il numero dei “senza terra”. Aumentano i “rickshaw ed i van” (tricicli per il trasporto di persone o di cose). Mentre la popolazione rurale accetta passivamente gli avvenimenti e sta alla finestra a guardare i movimenti politici, in Dhaka, avrete letto sui giornali, sono in fermento gli operai che lavorano nell’industria tessile. È in crisi il settore che esporta vestiti in Europa e USA, per l’agitazione degli operai ( direi meglio delle operaie perché la grande maggioranza sono giovani donne) del settore che rivendicano un salario più adeguato al costo della vita e migliori condizioni. Scontri tra gruppi e con la polizia: un morto, feriti ed arresti. Dopo due settimane di scioperi e tafferugli si cerca con il negoziato di trovare il bandolo della matassa. È la speranza nutrita da circa 6 milioni di giovani, specie ragazze.

Da ragazzo sentivo che qualcuno affermava che “Dio non esiste” e lo dimostrava scientificamente o politicamente.. Molti lo avevano cercato, anche nel viaggio verso la Luna, ma non lo avevano trovato. D’altra parte era assente nella lotta dell’uomo per la giustizia o per una vita migliore. Lo avevano confinato in sacrestia. Poi ad un certo momento si è parlato della “morte di Dio”. Lo si è voluto escludere dalla vita sociale, specie quando comportava lotta per fare una società più giusta. Escludendo Dio dalla vita si sono cercate spiegazioni dell’inconscio nel “mistero” o nello spiritismo o cose simili. Uscendo fuori dal mondo “sviluppato” si scopre che oggi la maggior parte dell’umanità continua a credere in Dio. Basta guardare ad Oriente. Allora si vuole usare questo “credere”, specie dei giovani, politicamente, sino a farli suicidi :datori di morte. Ma Dio è datore di vita e non di morte...

Non tutti i giorni si celebra l’Eucarestia nella Cappella del lebbrosario di Dhanjuri. Quando mi capita è sempre una sorpresa. Due settimane fa, era giovedì, al mattino alle 6,30 trovai la cappella piena : una cinquantina di persone. Ci sono sempre le mie fedeli quattro “ragazze” che da circa 40 anni sono qui ricoverate con le loro stampelle, Binoe con Paul e Bablu, paramedici al servizio dei disabili e con loro il sempre sorridente Bipok che arriva con la sedia a rotelle, altri due giovani che devono recuperare l’uso delle gambe, le tre silenziose infermiere che ogni giorno assistono la Suora nella medicazione delle piaghe dei malati, alcuni operai e qualche malato Mussulmano o Indu. Il Signore conosce il cuore delle persone e non chiede il passaporto…..Sono loro la mia comunità che si unisce a Cristo che si fa presente nel tempo perché non si perda la speranza. Si canta come si può, si prega per tutti, si ringrazia per quello che è un nuovo giorno e sull’altare si portano i dolori del corpo deformato dalla malattia, il pensiero di quanti non ci accettano o ci emarginano, e il desiderio di poter essere utili a noi stessi e agli altri. Allo spezzare del Pane Cristo si fa presente e si adegua all’uomo alla sua situazione perché Lui possa sanare e rinnovare utilizzando le persone che si donano a Lui.. Bipok offre la sua debolezza ed il suo sforzo per poter imparare a camminare e a parlare.

Oggi la liturgia propone la festa della nascita di S.Giovanni Battista. Grande festa a Formia con fuochi di artificio finali. Di questo Santo le parole che troviamo nel Vangelo di S.Luca sono sempre attuali. Dopo aver ascoltato l’appello alla conversione “le folle lo interrogavano “Cosa dobbiamo fare? ”Rispondeva: ”Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha, e chi ha da mangiare , faccia altrettanto.” Vennero anche degli esattori a farsi battezzare e gli chiesero: ”Maestro, che dobbiamo fare?” Ed egli disse loro: ”Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato.” Lo interrogarono anche alcuni soldati: “ E noi che dobbiamo fare?” Rispose: ”Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno.”

E Gesù dirà : “Amatevi gli uni gli altri come IO ho amato voi”

Con un forte abbraccio e l’augurio di un sano e sereno riposo estivo, vi saluto

Fr.Adolfo

2006

Sostegno allo Studio - Dhanjuri

di Bruno Guizzi

Gaeta - 8 settembre

Nota: questa lettera viene mandata sia agli amici che ci aiutano a sostenere il nostro progetto che, per conoscenza, agli amici che non lo hanno ancora fatto. È un semplice modo per far conoscere a tutti loro sia la situazione generale e, in sintesi, come vengono utilizzati i nostri aiuti. Ricordo, per loro, che sostenere lo studio di un bambino è molto semplice ed anche poco oneroso: bastano 104 € all'anno/per bambino e, alternativamente, si può fare un versamento a Pimedit - Via Mosè Bianchi, 94 -20149 Milano ccp 39208202 indicando nella causale solo: p. Adolfo L'Imperio -Bangladesh

Ho appena ricevuto una lettera di p. Adolfo, spedita il 18 agosto con la situazione del boarding di Dhanjuri e, come dicevo prima, ne approfitto per informare gli amici.

Come sapete dal 1° giugno di quest'anno p. Adolfo non ha più la responsabilità della parrocchia cattedrale di Dinajpur ma…. oltre al programma del lebbrosario di Dhanjuri e del DLC (17 posti medici per la cura della lebbra), costruzioni varie etc etc etc è sempre impegnato al 200%!

Anche in Bangladesh il cambiamento del tempo, ormai planetario, si è fatto sentire e, come conseguenza, invece delle abbondanti piogge tipiche della stagione dei monsoni si è avuto un gran secco, con abbassamento della falda e col pericolo di avere un raccolto di riso ben al di sotto della media.

Recentemente si è poi avuto il problema di Phulbari, che i lettori di Banglanews conoscono bene. Si tratta in breve del fatto che in un'area a metà strada tra Dinajpur e Dhanjuri è stato scoperto un giacimento di carbone (oltre ad uno di granito già sfruttato!). L'insano progetto prevedeva l'evacuazione, in vari anni, di un'area abitata da 500.000 persone. Il programma immediato prevedeva l'evacuazione di 50.000 persone, in gran parte tribali di etnia Santal, che occupavano l'area da decenni, se non da secoli. Quattro giorni di sciopero generale, col completo isolamento delle strade e della linea ferroviaria, funestati anche da 7 morti ed un centinaio di feriti, hanno infine costretto il governo ad annullare il progetto.

Alla lettera p. Adolfo ha anche allegato la situazione finanziaria del primo semestre 2006, fatta sia dal parroco p. Cherubim (per quanto riguarda i ragazzi) che dalle Suore del Pime (per le ragazze), in quanto i due boardings sono gestiti singolarmente.

Mi rendo perfettamente conto che tanti benefattori gradirebbero notizie dettagliate sui bambini/e da loro aiutati/e ma questo è davvero difficile (d'altronde è chiaro che gli aiuti vanno destinati a tutto il programma e non ad un bambino in generale) e, nei limiti del possibile mi riprometto di mantenere contatti singoli in particolare per quelle classi (anche di catechismo) che hanno deciso di aiutarci…. in quanto i bambini sono più sensibili e motivati da un contatto diretto. Ne approfitto per rivolgere un appello ad insegnanti e catechisti per promuovere questa iniziativa che può essere anche (ma non necessariamente) inserita nel più vasto programma di "Educazione alla Mondialità", che portiamo avanti in qualche scuola della diocesi.

Il fatto positivo è che con i nostri aiuti (che sono dell'ordine di 30.000 euro all'anno ma che, con interventi straordinari e col recupero fiscale, arrivano anche a 40.000 euro) è stato possibile aiutare anche altre attività della parrocchia di Dhanjuri, sempre legate all'istruzione, in particolare:

1) Boarding per 25 bambine a Radhanagor, iniziato un anno fa. dopo aver frequentato le prime classi dell'elementare le bambine vanno successivamente al Boarding di Dhanjuri

2) Boarding di Khalipur. In quest'area, prevalentemente di etnia Santal, è stato costruito un sottocentro che presto diventerà una nuova parrocchia. Nel mio primo viaggio in Bangladesh ho potuto visitarlo (cosa che ho poi fatto in tutti i viaggi successivi) e non c'era niente. Adesso, oltre alla scuola, boarding, dispensario medico c'è il convento delle suore, la casa dei padri e la chiesa. Il nostro aiuto, come d'altronde avviene negli altri casi, serve anche per le spese mediche. Anche qui, dopo le prime classi elementari, i bambini andranno a Dhanjuri.

3) Beldanga - Con le campagne di avvento di fraternità di Natale 2001 e 2002 la Caritas diocesana di Gaeta ha permesso la costruzione di una casa di accoglienza che permette a 20-25 ragazzi delle superiori (per fare un paragone con le nostre scuole, dalla III superiore in poi) di frequentare a Birampur le scuole statali. Anche qui è davvero bello vedere che, dal niente, è sorto questo fabbricato che permette a tanti ragazzi di sperare in un futuro migliore.

E, finalmente, qualche notizia in particolare su Dhanjuri.

Il fatto che p.Adolfo trascorre a Dhanjuri gran parte del suo tempo è, da giugno, un ulteriore aiuto allo sviluppo del boarding ed alla nostra conoscenza delle attività che vi si svolgono.

Lo scorso anno, quando ero in Bangladesh, seguendo l'esempio del st. Philip Hostel di Dinajpur (di cui è direttore p. Fabrizio Calegari che sta portando avanti un progetto per l'ampliamento dello stesso) ho creato due piccole biblioteche, per i bambini e per le bambine. L'iniziativa ha avuto successo e i bambini sono sempre alla ricerca di libri… non solo di scuola!

Da quest'anno poi la scuola permette di studiare sino alla classe X (corrispondente alla nostra II superiore). Questo ha permesso anche di evitare la pressione dei bambini di Dhanjuri verso gli unici due ostelli della diocesi (appunto il St. Philip per i ragazzi e il Little Flower per le ragazze) che avevano la possibilità di far studiare dalla classe VI alla X.

Due suore della congregazione S.M.R.A. sono ora stabilmente a Dhanjuri, completamente dedicate alla scuola, in aggiunta alle suore del PIME che hanno la responsabilità del boarding delle bambine, del lebbrosario e del dispensario medico.

Il problema dell'istruzione è particolarmente importante in quest'area tribale in quanto spesso i bambini parlano in famiglia il Santali, la loro lingua che è completamente diversa dal Bengoli, ed hanno quindi una difficoltà aggiuntiva; in parole povere è un pò come se un bambino italiano di sei anni venisse brutalmente messo in una classe in cui si parla tedesco… e si pretende di conoscere anche un pò di inglese!

Le lacune principali sono poi nell'insegnamento della matematica e dell'inglese, cosa di cui mi sono potuto rendere conto personalmente. Visto il non alto livello d'insegnamento è quindi sempre necessario integrare la scuola con delle lezioni pomeridiane.

Un ulteriore sforzo deve essere fatto per l'educazione degli insegnanti che spesso usano il sistema di far imparare tutto a memoria con l'uso della bacchetta… spesso vera e non virtuale!

I bambini hanno poi necessità di essere curati in quanto la loro salute viene, nelle loro famiglie, spesso trattata con bassa priorità (la priorità principale è quella di sopravvivere!) e non infrequenti sono, oltre ai soliti raffreddori, casi di scabbia che vanno curati ed evitati con le basilari nozioni di igiene.

Ed ora qualche dato: Il boarding di Dhanjuri ha ufficialmente 129 bambini e 113 bambine. Una percentuale di essi (circa il 20%) proviene da altre parrocchie (anche di altre diocesi) ed è di altre etnie. Ciò ha permesso ai bambini santal una maggiore apertura verso il mondo esterno ed una migliore integrazione quando, dopo la scuola, si troveranno in una realtà completamente differente da quella del villaggio in cui hanno vissuto i loro padri ed i loro nonni.

Per darvi delle cifre in percentuale, il boarding va avanti all'80% col nostro aiuto, al 10% con il contributo delle parrocchie che mandano i bambini a studiare, al 10% con quanto viene prodotto dalla terra.

Le spese sono invece così distribuite: 45% alimentazione, vestiti, spese mediche; 35% libri, salari degli insegnanti, scuola; 5% attività ricreative; 15% spese generali (elettricità, attrezzature (coperte, lenzuola etc) etc).

Caro amico,

spero così di averti dato un'informazione generale, anche se sommaria, delle varie attività del boarding e, nel ringraziarti del tuo aiuto ti prometto di darti maggiori e più dettagliate notizie in occasione del mio prossimo viaggio che questa volta ho programmato nei mesi invernali.

Un cordiale saluto

Bruno

2006

Lettera agli amici

Gaeta - 15 novembre

Caro amico,

ho appena ricevuto per posta una lettera speditami da Padre Adolfo e ritengo mio dovere fartela conoscere. La copio così com'è, omettendo naturalmente le "note personali".

Prima che il mese di Ottobre, caro a Maria ed a noi Missionari, chiuda sono impegnato a scrivere a diverse persone e gli amici sono, come sempre, in testa alla lista.

Come già sapete il clima politico è molto caldo e dopo una pausa si calma per la fine del Ramadam con la festa dell'Eid sono iniziati i giorni "caldi" del confronto politico in vista delle prossime elezioni di gennaio. Il "caldo" è fomentato dai leaders politici che vogliono lo scontro in piazza. Sono circa 50 i morti e 2000 i feriti di questi giorni e da tre giorni è difficile viaggiare per il blocco dei trasporti. A pagare sono sempre i più deboli ed i poveri! (Chi riceve Banglanews ed ha la pazienza di leggerla ha settimanalmente ulteriori dettagli)

Con questa lettera ti invio il "resoconto annuale" del lavoro per i lebbrosi per il periodo Luglio 2005-Giugno 2006, che è l'anno finanziario in questo paese. Il nostro resoconto è in inglese, in quanto deve raggiungere vari uffici governativi, le parrocchie della diocesi ed alcuni organismi internazionali. Ti accludo alcune foto che parlano delle nostre attività o delle persone a cui diamo il nostro affetto ed il nostro tempo ed anche un CD con altre foto. Mi farai sapere se va bene o dobbiamo trovare una formula diversa. Ogni foto ha la sua storia che a volte non è semplice da raccontare.

Con le donne malate di lebbra che devono essere ricoverate in ospedale per alcuni mesi per le cure necessarie abbiamo anche i figli sino all'età di tre anni, per controllarli e prevenire un eventuale contagio. Allora capita di avere in ospedale un piccolo "asilo infantile" con il relativo gridare, piangere e sorridere che è proprio dei piccoli. Personalmente sono restio a scrivere i loro nomi perché hanno diritto il rispetto a loro dovuto in quanto "persone".

Il fabbricato che ospiterà la sezione di fisioterapia, costruita anche con il vostro aiuto, è alle rifiniture. Prevediamo di completarlo per la fine di Dicembre. Che fai? Vieni per tagliare il nastro? Oppure inviti qualche amico a venire?

Un caro amico anni fa mi ripeteva una frase che ancora oggi non capisco: "Bisogna sperare contro ogni speranza". San Pietro nella prima lettera dice " Essere pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi". Di fronte ad una società che propone "speranze" illusorie e nel contempo toglie a tanti la speranza della stessa vita, allora Sperare diventa un dono di Dio.

Un abbraccio a tutti gli amici con la speranza di incontrarti presto.

Fr. Adolfo

Caro amico, che cosa aggiungere? Le foto "parlano da sole".

Aggiungo soltanto che il programma di cui p. Adolfo è responsabile comprende un'area di 3543 km2 (metà dell'Umbria) con quasi 3 milioni di abitanti.

Nel 2005 si è raggiunto quella che viene considerata come l'eliminazione della lebbra ( meno di 1 nuovo caso ogni 10.000 abitanti) e questo anche grazie agli sforzi che il Centro ha fatto a partire dal 1927.

Vi sono 17 posti di controllo ed un ospedale (a Dhanjuri) con 85 letti.

Vengono curati, in collaborazione con l'Ospedale St. Vincent di Dinajpur anche casi di tubercolosi, malattia purtroppo endemica in Bangladesh, che trova "terreno fertile" in persone sottonutrite che vivono in un ambiente umido e poco salubre. Dal 2004 è stata aggiunta anche una sezione per i disabili.

È molto importante portare avanti, oltre alle cure che vengono effettuate sia nell'Ospedale che nei vari centri, anche un programma di fisioterapia e di riabilitazione che tende a far rientrare, per quanto possibile, i pazienti nella vita di ogni giorno e, ove necessario, avviarli anche ad un lavoro.

È inoltre indispensabile anche l'opera di educazione e sensibilizzazione che ha due aspetti: uno relativo al malato ed un altro a tutta la comunità.

È necessario informare il paziente di come seguire la cura, specialmente nel caso in cui lo stesso sia non sotto il diretto controllo dell'Ospedale.

È forse ancora più importante sensibilizzare tutta la comunità, con lo slogan "La lebbra può essere curata". Troppo spesso la lebbra è ancora considerata come una maledizione ed il malato viene abbandonato dalla propria famiglia e, una volta guarito, fa fatica a rientrarvi. Troppo spesso si ha paura di sottoporsi ad analisi preventive e moltissimi casi che potrebbero essere facilmente curati sin dall'inizio della malattia, diventano più gravi. In questi ultimi anni a questo programma è stata data una particolare importanza: scendere al di sotto dell'indice di 1 caso ogni 10.000 abitanti ha richiesto uno sforzo congiunto di decenni. Se si "lascia andare" risalire di nuovo al di sopra di detto indice è facile. La campagna di informazione ha richiesto un notevole sforzo, anche economico.

Caro amico, non sto qui a tradurre le varie pagine del rapporto a cui alludeva p. Adolfo nella sua lettera ma tieni sempre presente che, se vuoi vederlo o vuoi maggiori informazioni o vuoi aiutarci, non hai che da telefonarmi.. o farti vivo. Sono sempre disposto anche ad incontrare gruppi e/o associazioni.

Ti ripeto le coordinate. 0771-465104 - 3409206757 email brguiz@yahoo.it

Il nuovo email di p. Adolfo è limperio.adolfo@pime.org

Un forte abbraccio (mio e di Adolfo)

Bruno

Ps. il ccp postale è sempre 39208202 Pimedit Onlus - Via Mosè Bianchi 94 - 20149 Milano causale p. Adolfo L'Imperio - Bangladesh progetto Lebbra

2006

Natale 2006

Dinajpur - 1° Dicembre

Carissimi Amici,

Vi spero bene e penso che, dopo il periodo di vacanze, abbiate ripreso le vostre attività o impegni con serenità e coraggio.. Seguo gli avvenimenti dell’Italia attraverso i giornali che giungono qui dopo una settimana, o via internet ( quando le varie linee funzionano). Sembra che da voi ci siano pochi avvenimenti in positivo eppure i Bengalesi che vivono in Italia dicono che è un paese magnifico.

Novembre è terminato e si devono fare le conclusioni di un anno di lavoro, rendere conto di quello che si è ricevuto dalla generosità di piccoli e grandi, persone, gruppi ed istituzioni. Poi le lingue da usare sono almeno tre : Bengalese, Inglese ed Italiano. Avrei bisogno di più di una segretaria per fare tutto questo. Un superiore mi disse anni fa che il computer può fare.…tutto e allora “lascia l’idea di avere belle segretarie”.

Tutto questo è per scusarmi che ho scritto poco. Ed è vero; in questi mesi pensando a voi avrei voluto scrivere più di una lettera. Eccovi gli argomenti : “Le percentuali” – Per esempio : 45 % sono illetterati. Cosa dice o cosa nasconde ?Uno dei paesi più corrotti del mondo : il Bangladesh” – Una affermazione che non dice nè il perché nè il percome”.I grandi della Terra– affermazione o pretesa (“I poveri erediteranno la terra !!!!”) “Il sorriso di Bipok –Disabile felice”impegno di Carità e segno di speranza.. “Cosa è la democrazia- novità o illusione ? “Il coraggio di formare una famiglia” amore o scommessa.

Come vedete con tutto questo nella testa o nel cuore si può anche sognare o guardare al domani con ….speranza o paura.

Altre cose che rendono difficile il comunicare sono la situazione politica di questo paese di 143 milioni di persone che quest’anno ha creato tensione ed instabilità, ed il viaggiare continuo che devo fare tra Dhanjuri e Dinajpur. Uso molto il telefonino per essere in contatto con dottori, Suore, e personale disperso sul territorio per questo servizio ai lebbrosi ed ai disabili. Devo dire che mi stanco e la sera non riesco a lavorare dopo cena. A letto come un pigrone perché casco dal sonno!!! Cosa volete farci ? Telefonare in Italia ? Domani....

L’amico Bruno, che con voi è innamorato delle persone che vivono in Bangladesh, è sempre presente e stimolante con il Banglanews e lo devo ringraziare di cuore unitamente all’amico Bernini e al gruppo di Gaeta che danno sempre una mano senza apparire..

Eccovi alcune notizie in breve :

** Cecilia continua a seguire dal suo letto di dolore persone ed avvenimenti e con la preghiera e sempre presente per aiutare ed incoraggiare;

** Kimi, in classe ottava, è impegnata negli esami di fine anno e saluta tutti quelli che la ricordano;

** Il fabbricato della Fisioterapia dell’ospedale per lebbrosi a Dhanjuri è al termine. Stiamo pensando alle attrezzature, ad un laboratorio di lavoro e ad un campetto di gioco, per disabili.

** Continuo a sperare che qualche giovane dottore o dottoressa venga a darmi una mano a Dhanjuri. Un ospedale, 4 dispensari nel raggio di 40 Km. con tante poveri che aspettano chi li renda la vita più serena e sana.

** Intanto alcuni giovani (Paul, Binoe, Bablu) mi aiutano e lavorando si qualificano per aiutare persone malate a recuperare il corpo.

** Esami finali dell’anno per le scuole in Bangladesh, tra cui Dhanjuri e Dinajpur. Spero che i ragazzi/e che avete aiutato quest’anno si facciano onore. Vi comunicheremo i risultati.

** Con i giovani studenti delle Scuole Superiori della Parrocchia di Dinajpur continuo la lettura degli Atti degli Apostoli per dare una risposta alla domanda “Come nacque e come nasce oggi la Chiesa”.

** Abbiamo aiutato quattro famiglie ad avere una casetta in muratura. Altre sono in lista.

Scusate se ho dimenticato qualche notizia che vi avrebbe fatto piacere. Fatemelo sapere e sarete esauditi. Qualche idea ? Grazie.

Non sapevo che esiste anche un reparto di ricerca “archeologica” nel gruppo di amici di Gaeta. Comunque ho ricevuto da loro un “reperto” datato 1986 e ringrazio di cuore. Da esso prendo la preghiera con cui venti anni fa con un gruppo di Azione Cattolica aprivamo una riflessione su “lavoro e risorse”.

Avendo davanti il sempre più ristretto gruppo di Evangelizzatori a tempo pieno per me è giusto pregare, in apertura di Avvento:

Siamo un popolo pellegrinante nel deserto della storia;

siamo una carovana che si snoda monotona in mezzo alle contraddizioni.

Ci trattano da illusi, ci dicono continuamente di rinunciare.

Siano un piccolo gruppo, una minoranza, che viaggia

portando con sé un'acqua di felicità,

Siamo una famiglia...

e nei nostri occhi brilla la speranza.

Anche quest’anno un piccolo gruppo sarà testimone della nascita del Bambino che redime il mondo insegnandoci a credere e chiamare Dio : “Padre”.

Il Figlio viene di nuovo tra noi per confermarci nella speranza di operare.

"Non accettiamo di separare l'economico dall'umano, lo sviluppo dalle civiltà nelle quali si inserisce. Ciò che conta per noi è l'UOMO, ogni Uomo, ogni gruppo di uomini fino a comprendere l'intera umanità." (Paolo VI _ Populorum Progressio)

Resta attuale ma anche misterioso il messaggio della Notte Santa :”Pace agli uomini di buona volontà”

"Se i problemi, con cui l'uomo moderno deve confrontarsi, non possono essere compresi che tenendo conto della loro dimensione mondiale, sarà pure su scala internazionale che, in molti casi, dovranno essere cercate le soluzioni.(Soluzioni che non possono essere ricercate con le guerre ed il terrorismo) Giustamente, pertanto, oggi sempre più frequentemente si auspica un nuovo ordine economico internazionale, che, superando i modelli insufficienti ed inadeguati del passato, assicuri all'umanità una giusta partecipazione ai beni della creazione, con particolare sensibilità per i popoli in via di sviluppo."

La questione sociale è e resterà sempre "globale", per così dire, dal momento che essa tocca ciascuna persona umana in particolare e tutti gli uomini insieme: essa tocca l'uomo nella sua natura profonda e nella sua esistenza. (Giovanni Paolo II).

“E il Verbo si fece carne, e venne ad abitare in mezzo a noi” “E questo vi servirà di segno: Troverete un bambino avvolte in fasce che giace in una mangiatoia”.

Un augurio di un Buon Natale 2006 a tutti. Fr.Adolfo

2006

Lavoro e risorse

20 dicembre

Formia 16 Novembre 1986

Nota: Sì, non è un errore di battitura. La relazione è effettivamente di 20 anni fa. Ve la riporto così come è, con qualche piccolissima nota per adeguare i dati ad oggi, in quanto, dopo vent'anni è ancora attualissima. P. Franco mi dice che ogni tanto trovo qualcosa per il mio archivio di "archeologia missionaria" ebbene questa volta devo ringraziare Maria Teresa che ha scovato nel suo archivio una relazione così ben fatta.

1. Mi presento: P. Adolfo L'Imperio, 56 anni. Sono stato in Azione Cattolica dal 1948 al 1960 e nell'operare tra i giovani maturò la scelta Sacerdotale e Missionaria.

Dal 1969, dopo un anno in Inghilterra tra gli emigrati Italiani, sono stato in Bangladesh sino a pochi mesi fa. La mia non può essere una conferenza ma vuole essere solo una TESTIMONIANZA su una Esperienza di Vita che può illuminare,spero, il tema che vi siete prefissi. Certamente sarà limitata, ma sono fatti che confermano ciò che la Chiesa dice in modo profetico nell'additarci la via del Vangelo.

2. Nella preghiera di apertura ieri abbiamo detto:

Siamo un popolo pellegrinante nel deserto della storia;

siamo una carovana che si snoda monotona in mezzo alle contraddizioni.

Ci trattano da illusi, ci dicono continuamente di rinunciare.

Siano un piccolo gruppo, una minoranza, che viaggia

portando con sé un'acqua di felicità,

Siamo una famiglia...

e nei nostri occhi brilla la speranza.

Ebbene la mia Testimonianza si rifarà spesso a questa preghiera. La possibilità di vivere il Vangelo è stato sempre un interrogativo che ha accompagnato ed accompagna la mia vita, tra gente e società che spesso ti dicono di "adeguarti", di non "farti illusioni", di "fare come fanno tutti gli altri".

3. Iniziamo con l'essere d'accordo su alcuni termini e principi che ci vengono dai documenti della Chiesa.

Paolo VI, nella Sua grande Enciclica POPULORUM PROGRESSIO (che regalai ai miei amici invece dei confetti, il giorno della mIa ordinazione) afferma:

"Non accettiamo di separare l'economico dall'umano, lo sviluppo dalle civiltà nelle quali si inserisce. Ciò che conta per noi è l'UOMO, ogni Uomo, ogni gruppo di uomini fino a comprendere l'intera umanità."(N.14)

E, sul lavoro dell'uomo:

N.27 "…l' uomo deve cooperare col Creatore al compimento della creazione, e segnare a sua volta la terra dell' impronta spirituale che egli stesso ha ricevuta. Dia, che ha dotato l'uomo d' intelligenza , d'immaginazione e di sensibilità, gli ha in tal modo fornito il mezzo onde portare in certo modo a compimento la sua opera: sia egli artista o artigiano, imprenditore, operaio o contadino, ogni lavoratore è un creatore. ".

Questa visione fa del lavoro una VOCAZIONE o meglio LA VOCAZIONE ad operare dell'uomo ed è la visione che ogni cristiano deve avere se si vuole costruire una Umanità Nuova.

Il lavoro umano è quindi la chiave essenziale della società che deve camminare nella direzione di RENDERE LA VITA UMANA PIÙ UMANA.

Soggetto del lavoro è l'UOMO , come PERSONA. (Gaudium et Spes).

Il Lavoro è sempre vocazione all'UMANITÀ

4. Nei documenti della Chiesa vi è uno sviluppo ed un allargamento della visione del problema del lavoro:

Nei documenti "Rerum Novarum" e "Quadragesimo Anno" si pone l'enfasi sulla GIUSTA SOLUZIONE DELLA QUESTIONE OPERAIA.

Nella "Mater et Magistra" e "Populorum Progressio" si parte dalla constatazione di una distribuzione sproporzionata ed ingiusta della ricchezza. La visione non e più di "classe" ma "del Mondo". Il problema è M0NDIALE , GLOBALE.

Poiché dobbiamo parlarne in una visione del domani, mi permetto di darvi in poche cifre l'umanità dell'anno 2.000.

Nel 2.000 gli uomini del pianeta terra saranno così distribuiti:

Nota: le previsioni erano tratte da Asia Year Book, i dati reali da "World in figures"

La parte dinamica di questa popolazione, la gioventù, sarà in maggioranza in Asia dove il 50% è al di sotto dei 15 anni di età, mentre in Europa e Nord America è soltanto il 14%.

Se poi vogliamo approfondire questa realtà in rapporto alla ricchezza abbiamo:

46% dell'umanità vive in 26 paesi (su un totale di 203) con un reddito pro capite al di sotto di 200$.

16% dell'umanità in 24 paesi vive con un reddito di 10.200 $ pro-capite annuo.

In 172 paesi sotto-sviluppati 780 milioni di persone oggi sono in una situazione dì assoluta povertà, meglio detta Miseria.

"Una condizione di vita così caratterizzata da cattiva nutrizione, analfabetismo e malattia da trovarsi al di sotto di ogni ragionevole definizione di umana decenza" (relazione della World Bank)

850 milioni, per lo più al di sotto dei 15 anni di età, non hanno la possibilità di accesso ad alcun tipo di scuola.

550 milioni di persone vivono sull'orlo della fame.

1.500 milioni sono i malnutriti nel mondo.

(World Christian Encyclopedia)

Giovanni Paolo Il nella Sua allocuzione al Simposio Internazionale "RERUM NOVARUM LABOREM EXERCENS 2000" affermava

"Se i problemi, con cui l'uomo moderno deve confrontarsi, non possono essere compresi che tenendo conto della loro dimensione mondiale, sarà pure su scala internazionale che, in molti casi, dovranno essere cercate le soluzioni. Giustamente, pertanto, oggi sempre più frequentemente si auspica un nuovo ordine economico internazionale, che, superando i modelli insufficienti ed inadeguati del passato, assicuri all'umanità una giusta partecipazione ai beni della creazione, con particolare sensibilità per i popoli in via di sviluppo."

La questione sociale è e resterà sempre "globale", per così dire, dal momento che essa tocca ciascuna persona umana in particolare e tutti gli uomini insieme: essa tocca l'uomo nella sua natura profonda e nella sua esistenza.

5. Di fronte a questa visione mi permetto di portarvi la realtà di lavoro "non umano" dovuto ad un uso delle risorse che hanno come primo obiettivo non l'uomo ma il profitto.

5.1. Siamo abituati a bere il tè anche in Italia.

Ebbene nel 1986 la commissione "Giustizia e Pace" della Chiesa Cattolica del Bangladesh ha operato uno studio sulla situazione di coloro che lavorano nelle piantagioni di tè di quel paese. I risultati sono stati anche pubblicati sul settimanale del Bangladesh "Holiday", 24 Ottobre 1986.

Dallo studio si rileva:

a) Le piantagioni di tè del Nord del paese furono iniziati dalla compagnia Inglese "DUNCAN BROTHERS" nel 1854 portando sul posto lavoratori di altri parti dell'India con un "contratto penale": non potevano più lasciare il luogo di lavoro. Dopo circa 130 anni i lavoratori,in gran numero donne, sono ancora tenuti nelle stesse condizioni pratiche di vita.

b) Da un punto di vista economico, con un nuovo contratto siglato nel 1984 le paghe giornaliere sono Adulti Tk.12,5O (£. 812); adolescenti Tk. 11,80 (£. 767) e bambini Tk. 11,20 (£. 728)

Per avere un'idea per un Kg. di riso, che è l'alimentazione base per la popolazione del Bangladesh sono necessarie Tk. 8-12 a seconda il periodo dell'anno (£. 520 - 780) e lascio a voi trarre le conclusioni. (Nota attualmente, per avere un'idea, le paghe sono raddoppiate…. ma anche il riso è più che raddoppiato!! NDR)

Un lavoratore o lavoratrice raccoglie normalmente Kg. 23 di tè al giorno. Quanto è pagato il tè sul mercato ?

Sul mercato internazionale 1 Tonnellata (1.000 Kg) è pagata US $ 2.066 pari a £. 3.000.000 circa che significa £. 3.000/Kg. ed un lavoratore raccoglie Kg. 23 x 3.000 =£. 69.000 e ne riceve al massimo 800 !!

Alla fine del lavoro (pensione) un lavoratore ha diritto a ricevere una somma che al massimo raggiunge Tk. 1.200 (£. 78.000) che rappresenta il salario minimo necessario per un mese, secondo le Nazioni Unite per un Bengalese.

Il Direttore della "BROOK BOND TEA" Inglese, che controlla il 35%. della produzione del tè mondiale riceve in un giorno quanto un lavoratore delle piantagioni può guadagnare in un interno anno.

"JAMES FINLAY", altra compagnia inglese che opera in Bangladesh, ha guadagnato in un anno (profitto netto) 12 milioni di sterline uguali a 41.160.000.000 di lire Italiane.

5.2. Altro campo dove la Commissione ha fatto un'indagine è stato il campo di lavoro delle ragazze nelle industrie di confezioni tessili (specialmente camicie) per esportazione.

Questo tipo di "industria" 20 anni fa era fiorente in Hong Kong ed è poi passato in Filippine, Formosa e Thailandia ed ora è giunto in Bangladesh perché il costo del lavoro è ancora molto basso.

Una ragazza che lavora a volte anche 12 ore costa di media Tk.20 al giorno ( £. 1.300).

Non è solo il fatto finanziario, ma l'aspetto umano che è ancora più da considerare. Queste ragazze sono di età tra i 16 ed i 25 anni, anche se vi è un certo numero al di sotto dei 15 anni.

78% di queste ragazze non sono sposate e sono portate a volte da villaggi distanti e devono vivere. Se poi si considera che una ragazza normalmente in Bangladesh si sposa proprio nell'età tra i 16 ed i 20 anni e il matrimonio è un fatto sociale di villaggio e di famiglia si può intravedere l'ampiezza di detto problema. D'altra parte per il profitto si fa questo ed altro.

Tengo a sottolineare che queste situazioni, come quella dei coltivatori di juta o di canna da zucchero, riguardano centinaia di migliaia di persone, e non una piccola minoranza !!!

5.3. Qualche mese fa, tornato dal Bangladesh, andavo in macchina verso Napoli da Gaeta. Sono stato colpito dal fatto che all'altezza di Castel Volturno sul bordo della strada c'erano degli Africani in attesa.

Incuriosito ho fatto una piccola indagine. Risultato? C'è una "piccola" colonia di Algerini,Tunisini e Marocchini che dall'Africa vengono per i lavori agricoli a "basso costo" che noi Italiani non facciamo più o che per farlo costiamo di più.

Solo il 20% di questa comunità di circa 12.000 persone è in regola con la Polizia.

A Roma ci sono le Filippine e le Somale che operano nel lavoro domestico. Scusate non voglio essere contro questa emigrazione. Il problema è nel modo con cui queste persone sono introdotte nel lavoro.

Mi trovai, nel 1970, in Pakistan a visitare la diga di Tarbela, la più grande del mondo, realizzata da un consorzio a cui partecipava anche la ditta Italiana Lodigiani.

Vi erano circa 12.000, se ricordo bene, operai "stranieri" che vivevano alloggiati in un villaggio costruito apposta per loro con supermarket, piscina, cinema etc. Si poteva portare la propria famiglia, tanto che c'era la scuola anche per i figli degli Italiani, sia l'elementare che la media. La comunità era seguita anche da un cappellano Italiano che aveva la sua bella Chiesa.

A fianco a questo villaggio sorgeva quello dei lavoratori "Pakistani". Si notava la differenza!!!!!! Oggi il lavoratore Bengalese, operaio specializzato, autista, muratore, che per contratto va a lavorare nei paesi del Medio Oriente (sono circa 70.000 all'anno) ha un contratto di due anni, non può portare la famiglia, non ha diritto a vacanza durante l'anno e, in alcuni paesi, deve spendere parte del salario nel paese che dà loro il lavoro.

Ho conosciuto operai specializzati Italiani e di altri paesi Europei venuti in Bangladesh per lavoro. Possibilità di portarsi la famiglia, case confortevoli, servitù, paga in Svizzera sicura dalle tasse.

La Settimana del Clero n.32 del 14.SET.1986 riportava che in Italia esistono 2.982.000 miseri, secondo una indagine Governativa. Poi diceva tra l'altro "Tra i più poveri in senso assoluto, presenti in Italia, vanno considerati gli immigrati dal Terzo Mondo."

Essi superano il milione e l'80% sono "irregolari". (oggi sono il doppio e la percentuale non è molto cambiata NDR)

Personalmente 5 anni fa ho conosciuto un "nobildonna" romana che si vantava che ogni hanno andava in Somalia e tornava portando 10-15 ragazze (16-20 anni) per poter dar loro "il pane" piazzandole come domestiche in famiglie "per bene".

Basta domandare alla Caritas di Roma quante ragazze madri sono state assistite tra le Somale e Filippine con il rientro obbligatorio per aver messo al mondo un bambino ed essere stata messa in mezzo alla strada.

Penso che sia una VISIONE di vita che ha bisogno di conversione.

5.4. Tra i programmi di "aiuto ai paesi sottosviluppati" sono stati inventati diversi modi di "aiuto" che molte volte non hanno aiutato il sottosviluppo ma avvantaggiato l'altra parte.

Qualche settimana fa ho letto su un manifesto a Roma un programma per un paese povero dove si proponeva un progetto da realizzarsi con il metodo "Food for work" (Cibo per lavoro)

In poche parole pagare il lavoro con cibo.

Per esperienza personale detto metodo, oltre ad essere ingiusto, è anche poco umano.

Facciamo una semplice analisi:

Diciamo che il paese X voglia aiutare il paese Y con una certa quantità di derrate (es. grano) per alcune opere (es. strade).

Premessa che il paese X è il produttore del grano. Si compra in grano nel paese X ed il contadino coltivatore viene regolarmente pagato a prezzo di mercato. Poi utilizzando le navi del paese X (perché i paesi poveri non ne hanno) si manda il grano nel paese Y. Il prezzo del nolo va al paese X, evidentemente. Arriva il grano nel porto, lo si scarica ed immagazzina. In tale operazione un 10% si perde. Poi si deve passare dai magazzini ai trasporti locali del paese Y e, poiché passa il tempo e si passa da un carico ad uno scarico molto sovente un buon 15-20% si perde.. .per strada.

Raggiunti i magazzini di distretto si deve immettere il grano nei luoghi di destinazione. Altri carichi e scarichi ed altra perdita. Da un'analisi fatta in Bangladesh per l'USAID solo il 25-20% del grano di partenza riesce a raggiungere il "povero" il quale deve pagare una certa "tassa" al

Sindaco o chi per lui che gli darà il lavoro.

E poi, come è capitato, se lui non mangia il grano lo rivenderà al commerciante a metà del valore per poter comprare il . . ..riso. L'esperienza tra i poveri, in un paese povero come il Bangladesh mi ha fatto capire che gli uomini, anche se poveri, sono intelligenti e sanno trovare la soluzione ai propri problemi se chiamati in causa ed ad essere partecipi con responsabilità.

Il "retribuire" il lavoro fatto con il denaro è una prassi ed è il modo con cui l'operaio sente di aver "guadagnato" per cui essere padrone di fare delle scelte per la propria esistenza. La partecipazione comporta responsabilità e capacità di decisioni a piccolo o grande livello. Perché toglierlo al povero?

5.5. Tra gli altri programmi di "Sviluppo" che possiamo prendere in considerazione vi è quello di meccanizzazione dell'agricoltura, che credo sia un investimento non indifferente per i paesi sviluppati.

Anche qui parto dall'esperienza vissuta. Sapete che il Bangladesh è un paese prettamente agricolo. I monsoni e le alluvioni sono intercalati dalle stagioni secche. Tanta acqua in alcuni mesi e siccità in altri.

Uno degli interventi, allora, è operare per l'irrigazione dei terreni nei periodi di siccità. Davanti a questo problema nel 1972, facemmo uno studio su 150 pozzi di irrigazione predisposti dal Governo circa 10-15 anni prima, per poter fare una pianificazione. Risultò che i pozzi operavano al 15% delle loro capacità e solo in un numero ridotto. Quali i problemi che determinavano questa situazione? Troppi. Mancanza di meccanici, di pezzi di ricambio, gente non preparata ad un discorso di cooperazione etc.

Dal punto di vista di costi questi pozzi costavano nel 1969 US $ 30.000 l'uno, e potevano irrigare sino a 50 ettari. Per lo spezzettamento della proprietà e mancanza di propria canalizzazione non superavano mai i 20 ettari.

Vista la situazione puntammo sulla "educazione della gente" per utilizzare quello che avevano. Ma la "Banca Mondiale" aveva in programma di realizzare nella zona circa 3.000 nuovi pozzi.

Davanti a tale programma facemmo presente che oltre ai costi ed altri problemi, il numero uno era che nella zona non esistevano meccanici da poter assistere i contadini in tale operazione. Nella zona con 20 milioni di abitanti vi era una sola scuola tecnica che poteva preparare non più di 30 meccanici all'anno. Facendo il programma era necessario prepararne almeno 600 nell'arco di due-tre anni. Dopo contatti e discussioni venne approvato un progetto laterale a quello della Banca Mondiale per la preparazione di meccanici. Non riuscimmo a trovare nessuna organizzazione capace di implementarlo.

Qualche anno fa di nuovo vennero proposti altri pozzi di irrigazione per rimpiazzare i "vecchi".

Cercai allora di capire il perché di tante contraddizioni. Vedete: in un programma dove entrano le macchine l'incidenza per l'acquisto di macchinari, come nel caso che stiamo esaminando, entra con un'alta percentuale, che arriva anche al 75%. Per cui se la spesa per fare i 3.000 pozzi era di 90 milioni di dollari ben 67 milioni sarebbe andati in Germania o Italia per comprare le pompe, i motori, le canne, e pagare i tecnici specializzati, e solo il resto sarebbe speso in Bangladesh. Ora se queste operazione sono fatte con prestiti, anche se a lunga scadenza, si capisce come mai i paesi sottosviluppati hanno un debito con i paesi sviluppati che era di 8 miliardi di dollari nel 1955, passando a 36 miliardi nel 1965, a 600 miliardi di dollari nel 1983, ed oggi si parla di 1.000 miliardi di dollari, debito che deve essere pagato con il lavoro dei poveri.

Sarebbe interessante fare l'analisi dell'aiuto Italiano ai paesi sottosviluppati per vedere quanto è tornato in Italia e quanto è stato realmente dato.

Certo che in un sistema dove le decisioni sono prese troppe volte senza un dialogo e l'esperienza delle persone interessate si arriva a questi interventi che non possono essere giusti. D'altra parte il discorso è sempre in prima linea "cosa ci guadagno" anche se ciò non è detto o pensato a tutti i livelli.

La Chiesa dell'India, nello studio fatto per una "nuova società" dove il Regno sia la Missione, ha un'analisi molto chiara della sua situazione e di ciò che determina detta situazione.

Il sistema in cui il PROFITTO è al primo posto, al posto dell'uomo, crea una piramide di questo genere:

13 milioni di ricchi;

80 milioni di gente che vive bene

297 milioni di gente che combatte ogni giorno per il cibo;

300 milioni di gente sotto la linea di sopravvivenza.

Le cause storico-sociali sono passate, quelle attuali che continuano questo stato di cose, e lo accentuano, è il fatto che il potere finanziario mondiale ha la stessa struttura. 10 Nazioni ricche determinano la programmazione economica di tutto il resto del mondo. D'altra parte le organizzazioni mondiali economiche (UN, IMF, World Bank, Multinazionali) controllano il commercio internazionale che è troppe volte orientato da scelte "militari" o usato per raggiungere obiettivi militari o di forza e non DI CRESCITA UMANA. Inoltre questo potere utilizza anche i mezzi di comunicazione sociale (giornali, TV, radio) da una parte imponendo una "cultura" nuova ai popoli sottosviluppati (consumismo) e dall'altra non facendo un discorso di incontro tra CULTURE diverse, ma dando solo i lati negativi di società sottosviluppate (non lavorano, sono indolenti, non mangiano la carne delle vacche sacre, sono corrotti etc.)

In un paese dove l'analfabetismo raggiunge l'80% lo sviluppo si può attuare principalmente attraverso l'alfabetizzazione, che rende l'uomo libero e cosciente delle scelte che può fare.

Ma rendere gli uomini "alfabeti" significa metterli sulla strada di capire "l'ingiustizia" ed allora politicamente è più "redditizio" continuarli a tenere nella loro condizione che rischiare una rivoluzione. Il vivere ed il vedere queste cose mi porta ad affermare che c'è una politica della Fame (creare situazioni di fame come p.e. in Africa - "Feast and Famine" - di Bill Rau - pubblicato da Africa Faith and Justice Network- Box 29378 Washington DC 20017), ed una politica dell'analfabetismo che perpetua una situazione contro l'UOMO e l' UMANITÀ di domani.

5.6. Ci sarebbero tante altre cose da dirci, tanti fatti documentati, ma devo limitarmi.

Giacché parlavamo di speranza, mi domanderete : ma allora c 'è una speranza per il domani ?

Certo!

Credo che dovremmo adottare a livello - personale e di gruppo alcuni punti fissi, che poi sono di guida alla Vita ed alle scelte che facciamo

1. Coscienza della responsabilità che siamo tutti fratelli di una stessa umanità. Non esiste un Primo e Terzo mondo, un Nord ed un Sud, esiste una realtà in cui in modo diverso ci sono diseguaglianze che vanno viste come "nostre".

2. L'Uomo realizza con il suo egoismo un sottosviluppo. (Famiglia, società, ambiente di lavoro, nazione.)

3. I paesi e le persone privilegiate hanno l'obbligo morale di "partecipare" con quelli che sono meno favoriti. È sempre da studiare ed inventare i modi di analisi e di intervento

4. Il termine "assistenza" va cambiato in "cooperazione" che vuol significare: Né imporre, né sostituirsi ma "CRESCERE INSIEME"; obiettivi diretti o indiretti di imposizione economica di scelte o di strategia militare devono sparire dai programmi e dagli interventi per lo sviluppo dei popoli.

5. Promuovere l'umanità nel piccolo e nel grande deve sostituire il profitto che ancora oggi in larga parte regola interventi che riguardano il lavoro dell'uomo.

6. Noi Cristiani in modo particolare dobbiamo avere COMPETENZA E CORAGGIO di operare anche contro-corrente.

Sui muri di un fabbricato a Monteverde vecchio ho letto una scritta di quelle che lasciano i giovani di oggi "Non Istituzioni ma Uomini nuovi". È un grido di speranza ed è una sfida che la Chiesa, e con essa l'Azione Cattolica, deve saper accettare ed operare per dare alla società di domani UOMINI NUOVI PER UNA UMANITÀ NUOVA in cui ci si possa sentire ed essere più fratelli.