Schegge di Bengala - 2016

p. Franco Cagnasso

2016

5/12

Vendetta - Giochi - Preghiera - Rohingya 

7/11

Fatica - Cibo - Veleno - Pellegrini? - Stillicidio 

27/9

Depositati - Armando Diaz - Tesoro - Onestà atea 

10/9

Clarisse - Matrimoni - Ucciso 

8/8

Concorsi - Cercatore - Dispersa - In famiglia

25/7

Comunione - Oratoria - Madre 

8/7

Perdonateci - Umorismo consolatorio - Madrasse? - Consigli

23/5

Come va? - Regole - Gentiluomo 

22/4

Fantasma - Ettore - Evento 

2/4

Bellezza - Rimpianto - Voci - Iniziativa 

23/1

Ozio - Miracolo - Preoccupazione - Tenacia - Preghiera - Crescita 

4/1

Bilancio - Sollievo - Groviglio - Madrelingua 

139

Dhaka,  5 dicembre 2016

   

Vendetta
Nonostante la barbetta ben curata e la pulizia, il lunghi e le ciabatte che indossa non fanno pensare che sia un avvocato, e tanto meno che sia il proprietario dell'agenzia viaggi in cui entro. Mi saluta cordialmente, un po' in inglese e un po' in bengalese, con la malcelata speranza - mi pare - di poter parlare nella sua lingua madre. Conosce tanti missionari, ricorda in particolare Fratel Mario Fardin, che durante la guerra (1971) lo aiutò più volte a sopravvivere e a salvare qualcosa di ciò che la sua famiglia possedeva, non lontano dalla missione. Parla, parla, salta fuori che mi ero sbagliato: la sua lingua madre non è il bengalese perché - mi spiega - "Sono uno dei cosiddetti "bihari"" Si tratta degli abitanti dello stato indiano del Bihar che, alla fine del dominio coloniale britannico, fra India e Pakistan scelsero quest'ultimo e vi si trasferirono, pensando di potervi meglio praticare la religione islamica. Nella loro nuova patria, si sentirono a casa per poco. Il movimento di indipendenza, e poi la guerra li spiazzarono completamente, trasformandoli da "fratelli di fede" in collaborazionisti traditori. "Fu un periodo durissimo, e un giorno, mio padre, madre, fratelli, cugini, vennero fucilati tutti, proprio là dove si erano rifugiati pensando di trovare protezione. Nessuno di loro era combattente, ma erano bihari! Io mi salvai perché mi trovavo lontano." L'avvocato parla senza rabbia, e quasi fra sé e sé prosegue a mezza voce: "Hasina pure, qualche anno dopo (1975), ebbe la famiglia sterminata e si salvò perché si trovava a Londra. Ora che è primo ministro organizza i processi per crimini di guerra e atti contro l'umanità, e appoggia le condanne a morte. Ha potuto prendere la sua vendetta perché la sua parte ha vinto, ma io non posso dire a nessuno che la mia famiglia ha subito questi crimini: sono un bihari e non posso avere vendetta. O giustizia?"


     
Giochi
Sullo schienale di una si legge a fatica un nome semicancellato: "Peppino", sull'altro è ancora ben visibile: "Gianna". Le mamme chiacchierano sedute nella veranda della chiesa, e per tutta la mattina bambini in divisa scolastica, urlanti e raggianti passano i brevi intervalli di lezione alternandosi e litigando su queste robustissime altalene, piazzate in un minuscolo pezzo di terra polverosa circondato da palazzi incombenti, dentro il recinto della parrocchia di Mirpur. Ma il bello viene il pomeriggio, quando il guardiano apre il cancelletto e i bimbi della baraccopoli si avventano e fanno piazza pulita dei concorrenti, cacciandoli ora dalle altalene ora dallo scivolo. Sono loro - abituati alla lotta per sopravvivere - che vincono sempre, e ogni tanto ci tocca consolare i perdenti in lacrime. Le altalene sono state un indovinatissimo regalo di amici italiani, cui è seguito un altro - più recente - un "calcetto" o - come si diceva ai nostri tempi - "calciobalilla". Assolutamente sconosciuto, ma imparato in fretta; da subito ha dominato la "hit parade" dei giochi. Purtroppo non abbiamo trovato altro posto dove metterlo che nel minuscolo pianerottolo che dà sulle scale e sul refettorio della comunità. Per godere di qualche intervallo di calma, sequestriamo le palline dalle 13 alle 15, ma invano: hanno prima tentato di giocare con palline di carta, poi sono passati alle palline da ping pong, e infine hanno scoperto che puo' andar bene una pallina da golf, anche se un po' grossa. Ogni tanto, qualche mamma, rigorosamente coperta dal burka, s'avvicina esitante, sbirciando curiosa, e pare avrebbe una gran voglia di giocare. Finora nessuna s'è azzardata a farlo. Ma sull'altalena qualcuna ci va, e ci resta pure a lungo, mentre il figlio è in classe dove impara a leggere e scrivere...
     

  
Preghiera
Padre, avevamo sentito che ti eri ammalato, e abbiamo pregato per te. Anche mia moglie ha offerto ad Allah il namaj (la preghiera rituale che si compie 5 volte al giorno), e poi ha offerto il pranzo a due poveri. Solo riso e lenticchie, ma come fare? siamo poveri anche noi...
      

 
Rohingya
Nella baraonda mondiale di fughe, migrazioni, rifugiati accolti e cacciati, ospitati e imprigionati, ci sono anche loro, i Rohingya. Un gruppo etnico del Myanmar, di religione musulmana, piazzato nello stato di Rakhin al confine con il Bangladesh. Da anni, ogni tanto, si parla di Rohingya che fuggono in Bangladesh per sottrarsi alle persecuzioni dei buddisti birmani, e ogni tanto cresce la tensione fra i due Paesi, perché il Bangladesh accusa il Myanmar di "pulizia etnica" e atrocità, ma respinge i profughi, mentre il Myanmar dice che in realtà sono bengalesi, dovrebbero tornarsene al loro Paese, e non li vuol riprendere.
Difficile capire bene come sia la storia del passato e del presente. In Myanmar, i rapporti fra gruppi etnici dei monti e birmani si sono espressi in un cinquantennio di guerriglie dure e tenaci. Recentemente qualche specie di accordo è stato raggiunto, ma saltano fuori i Rohingya di cui poco si parlava prima. I musulmani sono noti per sopportare a fatica di essere minoranza guidata da altri, e - come nel sud della Thailandia - gruppi estremisti si sono fatti sentire con attentati e attacchi. Da parte sua l'esercito del Myanmar è noto per la ferocia delle sue repressioni e rappresaglie, e anche i politici di buona volontà hanno poca voce in capitolo. ISIS e gruppi radicali in Bangladesh ci sguazzano. Da qualche tempo vengono diffuse fotografie agghiaccianti con didascalie tipo: "Che cosa aspettiamo a liberare i nostri fratelli da queste atrocità?" "I buddisti continuano lo sterminio dei musulmani, ora in Myanmar, domani in tutto il mondo" - e così via. Ma un quotidiano bengalese ha fatto qualche facile ricerca, scoprendo cose interessanti. La foto di un giovane che corre con gli abiti in fiamme non è quella di un rohingya attaccato dai buddisti, ma di un tibetano auto-immolatosi in Cina. La foto di numerosi monaci buddisti accanto ad un impressionante mucchio di cadaveri, presentata come "un esempio di violenza buddista contro i rohingya", è la foto di vittime di un terremoto in Cina, prima della cremazione ad opera dei monaci. Una ragazza, anch'essa vittima del fuoco, non fa parte del "genocidio dei rohingya", ma è guatemalteca; scene di tortura di un film americano sono state messe in rete come torture di rohingya. Già varie volte minoranze etniche e religiose in Bangladesh sono state assaltate e saccheggiate per punire foto e scritte "anti-islamiche" su Facebook. Erano tutte false, ma il trucco ha funzionato non è detto che non funzioni ancora.
 
p. Franco Cagnasso

138

Dhaka, 7 novembre 2016

  

Fatica

Un anno fa, mi stavo godendo a Dinajpur i primi giorni di “libera uscita” dall’incarico di superiore regionale del PIME in Bangladesh quando, verso le 8.30 di una mattina fresca e piacevole, è arrivata una telefonata: “P. Piero ha avuto un incidente, è in strada sanguinante, qualcuno dice di aver sentito un colpo, uno solo, forse gli hanno sparato... Fratel Massimo sta andando sul posto”. Inizia così una giornata di angoscia, confusione, rabbia, conclusa con un elicottero-ambulanza della marina militare del Bangladesh che trasporta p. Piero a Dhaka. P. Piero si è poi rimesso bene, ma le conseguenze di quell’unico colpo di pistola che l’ha colpito al collo sfiorandogli organi vitali si sentono ancora, qui fra noi, perché giustamente il Superiore l’ha trattenuto dal ritornare, e la sua assenza non è cosa da poco. E poi, molte cose sono cambiate: la polizia ancora controlla giorno e notte le nostre missioni del nord, e non si può circolare senza scorta; Le forze dell’ordine hanno insistito perché P. Belisario si trasferisse da Dhanjuri, dove lavorava, andando in un posto meno pericoloso. Gli amici che ci visitavano dall’Italia non sono più venuti a trovarci, far domande, mostrarci la loro simpatia. Le notizie di altri attentati ci hanno rattristato spesso, specialmente la strage di oltre venti persone, fra cui 10 italiani che alcuni di noi conoscevano, massacrati in un ristorante a Dhaka, il primo luglio. Ma non è tutto. Per ragioni diverse, prima fra tutte la salute, poi problemi di famiglia e incarichi in Italia, quest’anno  nove membri della comunita’ PIME (che ne conta in tutto 29) hanno dovuto lasciare il Paese. Qualcuno, speriamo, tornera’, ma per qualcuno le prospettive di ritorno sono a lungo termine o incerte. Intanto, nessuno fra quelli rimasti è diventato più giovane, e gli acciacchi non mancano.

Un anno faticoso.


 

Cibo

L’economia del Bangladesh sembra andare al galoppo. Non lo dicono solo le statistiche, si vede dal gran fervore di opere, costruzioni, iniziative, anche culturali, che pullulano ovunque. La produzione e la disponibilità di cibo hanno tenuto il passo con l’aumento della popolazione, e sono soddisfacenti: dicono gli esperti che possiamo inghiottire ogni giorno 2.318 calorie a testa, quando ne basterebbero 2.122 (non chiedetemi che fare con le 196 calorie in eccedenza...). Nel decennio 1997-2007 la denutrizione infantile è calata notevolmente in percentuale, e se nel 1997 colpiva il 55% dei bambini, nel 2014 ne affligge il 36%. I numeri in assoluto però non calano altrettanto, e si sa che la malnutrizione dei bambini piccolissimi ha gravi conseguenze sulla loro crescita intellettuale. Sono 40 milioni le persone classificate “insicure” a proposito del cibo, e di queste, 11 milioni sono considerate “alla fame”. Nel 2012 l’Assemblea Mondiale della Salute aveva indicato alcuni obiettivi per il 2015 e pare che il Bangladesh ci andrà forse vicino, ma non ce la farà a raggiungerne neppure uno. Con oltre la metà delle ragazze che, nonostante la legge, si sposano prima dei 18 anni, le gravidanze fra i 15 e i 19 anni si collocano attorno al 30,8%, con un piccolo calo in percentuale, il che significa un aumento in assoluto. Preoccupano l’aumento della salinità dei terreni in zone costiere, la rapidissima urbanizzazione che toglie terreni all’agricoltura, i cambiamenti climatici in atto o previsti, la necessità di diversificare la produzione agricola per variare la dieta, rimasta troppo dipendente dai cereali. Tutto questo (e altro ancora) afferma uno studio del Programma Alimentare Mondiale della FAO. La gente comune dice che i prezzi aumentano, e gli stipendi molto meno, perciò i prodotti sui mercati ci sono, ma i soldi per comprarli spesso no. Un ampio programma di commercializzazione di riso a prezzi calmierati per i poveri è stato avviato di recente dal governo, ed è pesantemente afflitto da spudorati imbrogli di signorotti locali. Se gli imbrogli siano fatti anche dai signoroni nazionali, non è dato sapere.

 


Veleno

Per chi campa pedalando su un riksciò, o su un “van” (triciclo con pianale, per trasporto merci) il sogno è di non dover affittare il mezzo ogni giorno, passando al proprietario una buona parte dei soldi guadagnati con tanta fatica. Al giovane Ahmed, propongono di comprarsi un “van” nuovo di zecca con tanto di motorino elettrico sussidiario per sole 52.000 taka. Suda e suda, mette da parte 20.000 taka, poi viene avvicinato da amici che gli offrono un prestito di 32.000 taka. Accetta, compra il van, e si gusta qualche giorno di gioia a guadagno pieno. Ma, quando restituirà? Già, non ci aveva molto pensato... Propone una quota giornaliera, ma gli amici non sono soddisfatti, l’interesse è alto (20% alla settimana), vogliono di più e in fretta. Passano altri pochi giorni e Ahmed viene bloccato mentre si trova al bazar, minacciato pesantemente, convinto a cedere a loro il van, con tanto di atto di vendita in carta bollata, in cambio della remissione del debito; gli interessi potrà pagarli dopo... Piange: “Lasciatemi almeno qualcosa per vivere, morirò di fame...” Impietosito, un amico gli dà 50 taka: “Tieni, con questi puoi comprare veleno per topi, lo prendi e muori in fretta. Ahmed compra il veleno, lo prende, e muore in fretta.

 


Pellegrini?

L’anno della misericordia ha visto numerose iniziative nella piccola chiesa bengalese, compresa l’organizzaziomne di tre pellegrinaggi a Roma, con 40 partecipanti per ogni gruppo. Ancora scottati dall’esperienza del giubileo del 2000, quando un buon numero di “pellegrini” se la squagliò appena arrivati a Roma, questa volta vescovi, parroci, nunziatura, personale dell’ambasciata d’Italia tengono gli occhi bene aperti, e si fa un’accurata selezione a controlli plurimi per evitare imbrogli. Primo requisito, pagarsi in anticipo viaggio e spese di permanenza; secondo requisito, la chiara volontà di tornare presso la propria famiglia, o ai propri affari, o lavoro. Chi può permettersi di pagare il viaggio, certo non lavora a giornata né pedala su un riksciò... La preparazione è accurata, con tanto di ritiro spirituale, solenne promessa che si intende ritornare, e chiamata personale con esortazione del Vecovo al minimo sospetto. Conclusione: del primo gruppo rimangono a Roma in 5, del secondo gruppo 5, del terzo gruppo 7. La tecnica, rispetto al duemila, è cambiata: si fa il pellegrinaggio completo, con la dovuta devozione. Il giorno della partenza si va all’aeroporto con i bagagli, si fa il check-in di gruppo e si prende la carta d’imbarco. Poi, mentre si aspetta la chiamata per salire sull’aereo, si “svanisce”. All’ultimissimo momento, ricerche, chiamate, imprecazioni, recupero bagagli... ma che altro possono fare il gruppo dei pellegrini veri e le loro guide? Quelli sono già su un treno per Parigi, o per la Germania, o magari in casa di un amico a Roma.

  


Stillicidio

Due anni fa successe a Ruma, nel sud. Sull’account Facebook di un giovane buddista si dice male dell’islam. La voce si sparge in un baleno: “offesa ai sentimenti religiosi! L’islam è in pericolo!” Migliaia di fanatici seminano il terrore bruciando case, profanando pagode e monasteri, picchiando e saccheggiando a man salva. Il colpevole scappa, poi – a giochi ormai fermi da tempo - si chiarisce che qualcuno era entrato nel suo account per mettere il testo incriminato e creare il caos. La scorsa settimana è toccata al nord, a Brahmanbaria. Stessa storia: sull’account di un giovane si trova la foto di una divinità hindu sovrapposta a quella della Kaaba, luogo sacro alla Mecca. Conseguenze: oltre 100 abitazioni e negozi di hindu bruciati, 17 templi profanati, gente picchiata, compresi alcuni musulmani intervenuti per difenderli. Nei giorni seguenti, altri episodi del genere, più ridotti. Ancora ieri (6 novembre), 10 templi hindu profanati in posti diversi. Il “colpevole”, un pescatore, dopo aver dichiarato che non c’entra per nulla, e che è dispiaciuto, rispettosamente facendo notare che non è così temerario da fare una cosa tanto rischiosa, è finito in carcere, forse il posto più sicuro per lui in questo momento. Fra gli assalitori sono stati notati attivisti e responsabili di vari partiti politici di solito acerrimi nemici, compresa l’Awami League (al potere), insieme a perdigiorno di villaggio, picchiatori di professione, e agli abitanti di un villaggio noto con il nome di “villaggio dei ladri”. Molti, forse la maggioranza, quelli provenienti da lontano, per azioni simultanee, quindi ben coordinate. Perché? Pare che i bersagli più numerosi siano stati poverissimi pescatori che gettano le reti in vaste aree alluvionali di proprietà governativa, su cui alcuni prepotenti, locali e non, hanno messo gli occhi e vogliono mettere le mani. Ma forse non è tutto così semplice, e c’è chi sta alacremente lavorando per sollevare polvere e creare confusione. L’importante è mettere paura, incertezza, e gli hindu – goccia a goccia – lasciano il posto, e anche il Paese.

  

p. Franco Cagnasso 

137

Dhaka, 27 settembre 2016

 

Depositati
Muhammad Nasar è un ingegnere di 28 anni, con un buon posto di lavoro vicino a Chittagong. Nove anni fa suo padre, che gestiva una piccola farmacia, si ammalò gravemente e rimase a lungo in ospedale prima di morirvi. Fu allora che Nasar, mentre si prodigava per accudirlo, si rese conto delle condizioni in cui si trovano i pazienti "sconosciuti" nel "Medical College" di Chittagong. Vittime di incidenti, risse, malori e altro, vengono depositati sul pavimento di una corsia, senza che nessuno si prenda cura di loro, neppure per una prima medicazione; nessuno che avverta i parenti, quando il ricoverato non è in grado di parlare e farsi valere. Nasar incomincia ad accostare uno di loro, poi un altro, e un altro ancora... si dà da fare "costringendo" infermieri e medici a prenderli in considerazione, chiama i famigliari, si entusiasma quando vede un miglioramento, una guarigione... Nell'ospedale si sparge la voce che da qualche parte c'è un giovane che si occupa degli abbandonati, e le richieste di aiuto si moltiplicano. Medici e polizia, insospettiti, pensano che si tratti di un ladro o ci sia sotto qualche imbroglio; ma poi incominciano a fidarsi, e ora loro stessi lo cercano quando arriva qualche paziente senza aiuti. Lui continua, mettendoci energie e tempo dalle 6 del pomeriggio, appena finisce il lavoro, fino alle 11 di sera. Il suo sogno è vedere qualcun altro che prende a cuore, disinteressatamente, queste persone che soffrono; ha aperto un website per facilitare l'identificazione dei pazienti, e incoraggiare chi vuol fare qualche cosa. www.mdnasar.org


Armando Diaz
Fortuna: non faccio in tempo a girare l'angolo che arriva Projapoti (Farfalla), l'autobus più comodo che collega la casa del PIME alla nostra parrocchia. Salendo do un'occhiata all'autista; pare un quindicenne ma, come tutti sanno, io non indovino mai l'età del prossimo. Il traffico è ancora poco, e il giovanotto guida baldanzosamente zigzagando con il vecchio autobus come fosse una bicicletta; taglia la strada, si ferma per raccogliere passeggeri bloccando sfacciatamente tutti i veicoli che lo seguono, ci sconquassa con riprese da Formula 1 e frenate da brivido. Dai e dai, riesce a urtare l'angolo anteriore sinistro di un altro autobus, guarda caso un altro Projapoti. Inizia una corsa da film americano, con spinte laterali, fiancate sbombate, spesse schegge di vernice che volano. Un passeggero redarguisce l'autista, finchè i due autobus sono costretti a fermarsi fianco a fianco, allora cambia partito: gli autisti tacciono, mentre i passeggeri si insultano attraverso i finestrini, ciascuno prendendo le parti del suo veicolo. Si riparte, poi di nuovo tutti bloccati: questa volta noi siamo dietro, e il posto strategico ci permette di dare una botta decisa alla parte posteriore del nemico. Gli autisti sempre zitti, ma scendono gli aiutanti, ad azzuffarsi. Poi calmo, lento, dall'autobus avversario emerge un distinto signore in giacca con uno stemma che (pare) è il logo di Projapoti. Si accosta al nostro autobus, sale, dà un robusto ceffone all'autista, e senza dire una parola se ne torna al suo posto. Il giovanotto incassa, aspetta che l'autobus vincitore riparta e scompaia all'orizzonte, poi riparte pure lui con guida prudente, lentissima, gentile, direi "dolce". C'è aria di mestizia, nessuno fiata anche se si va a lumaca. Guarda un po' - mi torna alla mente il "Bollettino della vittoria" scritto dal generale Armando Diaz alla fine della prima guerra mondiale. Nelle scuole tutti gli anni, il 4 novembre lo ascoltavamo proclamare che le truppe nemiche, umiliate e sconfitte, stavano risalendo in disordine "le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza" (diceva proprio così, lo ricordo bene). Ora il povero giovanotto è "umiliato e sconfitto". A tutto vantaggio delle ossa dei passeggeri.


Tesoro
L'inflazione c'è, i prezzi aumentano, dopo la scomparsa dei centesimi, ora vanno scomparendo le monete da una taka. Al villaggio, qualcuno incomincia a cercarle, e per averle è disposto a pagare anche 2, poi 5, poi 10 taka... Alla fine, si confida con un amico fidato, rivelandogli sotto segreto di aver saputo che le monete da una taka sembrano valer poco, ma il governo le usa come deposito nascosto: in superficie c'è uno strato di metallo senza valore, che copre un metallo preziosissimo all'interno. La notizia si sparge in un baleno, i prezzi vanno alle stelle, le monetine sono introvabili. Quando la faccenda si sgonfia, sono pochi i fortunati che non ci sono cascati, golosamente intascando una moneta da una taka in cambio di 1.500 taka...


Onestà atea
L'uomo, musulmano praticante, è un buon medico che pian piano sta salendo nella carriera all'interno dei programmi governativi. Gli propongono un periodo di esperienza e formazione in Corea del Nord e lui va in crisi. Gli piacerebbe, ma non sa come potrà stare in un Paese totalmentte ateo, senza moschee, dove non si può pregare in pubblico, e non sai che cibo ti servono, se permesso o proibito... Alla fine ritiene in coscienza di poter andare, e per le osservanze religiose farà del suo meglio. Arriva all'aeroporto di Pyonyang e prende un taxi. Dopo un lungo tragitto in assoluto silenzio, il tassista si ferma e con un faticosissimo inglese spiega che per proseguire ci sono due possibilità: la strada A è più lunga e il tassametro segnerà un prezzo più alto; il tragitto B è più breve e veloce, ma si tratta di un'autostrada e bisogna pagare il pedaggio. Lui non sa quale delle due costi meno, scelga il cliente la via che preferisce. L'uomo rimane trasecolato. Ci pensa bene, sceglie l'autostrada, paga il pedaggio, paga l'autista, Ma non smette di pensarci. "Io sono musulmano, vivo in un Paese musulmano, e sono sicuro che in un caso simile il tassista musulmano mi avrebbe succhiato una barca di soldi fingendo di farmi un favore. Quest'uomo è un ateo che vive in un paese ateo, nessuno lo controllava, e mi ha trattato onestamente... Ma che diavolo succede?" Quando torna a casa, racconta la storia agli amici, che rimangono pure loro colpiti. Pochi giorni fa, lui e una cinquantina di colleghi medici e impiegati del governo hanno pubblicamente preso un impegno solenne a non approfittare della gente e della loro posizione professionale, e non imbrogliare.

p. Franco Cagnasso

136

Dhaka, 10 settembre 2016

 

Clarisse
L'undici agosto scorso, festa di Santa Chiara d'Assisi, suor Mary Theresa Gomes ha pronunciato i voti perpetui nel monastero delle Clarisse adoratrici di Mymensingh, a nord di Dhaka. Il monastero, fondato circa 80 anni fa da monache provenienti dall'India, fa parte di una Congregazione di origine francese che segue la regola di S. Chiara e pratica l'adorazione perpetua. Circa 20 anni fa ha "gemmato" un secondo monastero che si trova a Dinajpur. Sono 25 le suore a Mymensingh, 11 quelle a Dinajpur, quasi tutte bangladeshi. Suor Mary Theresa è la sorella minore di Regan, seminarista del PIME che verrà ordinato diacono il prossimo primo ottobre, a Monza.


Matrimoni
Nell'ultimo breve corso di aggiornamento organizzato per noi del PIME in Bangladesh dal 22 al 26 agosto, p. Mintu Palma, della diocesi di Dhaka, ci ha fornito alcuni dati sui matrimoni nella Chiesa cattolica di questo Paese. Ogni anno ne vengono celebrati circa 1100-1200, di cui 70-80 fra un cattolico e un appartenente ad altra denominazione cristiana, 30-40 fra un cattolico e un non cristiano. Le convivenze fra cristiani sono circa il 2%. Mentre il dato generale del Bangladesh dice che quasi il 60% delle coppie si sposa al di sotto dell'età minima legale (18 anni), fra i cattolici questo avviene soltanto per il 4-5%; l'età per le nozze tende a salire: 22-23 anni per le donne, 28-30 per gli uomini. Rimangono molti matrimoni "combinati", mentre sono in aumento i matrimoni "d'amore", e questi ultimi risultano poi più fragili dei precedenti. Per le ragazze che studiano all'università, o come infermiere, sembra difficile trovare a sposarsi giovani cattolici con cui sposarsi, sia perchè i ragazzi temono una ragazza più istruita di loro, sia perchè' il numero dei cattolici in questi ambienti è basso, e ci sono molte occasioni per conoscere e innamorarsi di un non cristano. Con il crescere della migrazione nelle città, crescono anche i matrimoni fra persone che hanno diversa provenienza etnica e culturale (un bengalese con una mandi, una santal con un orao, ecc.), e non sembrano presentare particolari problemi. Molti i matrimoni civili, per lo più dovuti alla difficoltà di celebrare il matrimonio religioso e tradizionale nel proprio villaggio, per motivi economici e di lavoro; quindi, quando l'occasione si presenta, il matrimonio viene poi "regolarizzato". Le famiglie "allargate" stanno lasciando il posto a quelle
nucleari; nelle città si tende a limitarsi ad uno o due figli per famiglia. Nei matrimoni interreligiosi rimane la grande difficoltà per l'educazione dei figli che, se il padre è musulmano, dovranno essere musulmani anche se al momento del matrimonio gli accordi erano diversi. Le ragazze che sposano un musulmano vengono considerate "perse" e pochi cercano di tenere i contatti con loro: una grave carenza pastorale di cui pochissimi preti si preoccupano. Televisione e cellulari più o meno sofisticati sembrano essere la causa principale del fatto che, mentre in passato l'80% delle famiglie bengalesi pregava insieme, ora dichiara di pregare insieme solo il 20% delle famiglie.


Ucciso
Il 30 agosto i quotidiani del Bangladesh informano che un certo Khaled Hasan, alias Badar Mama, è stato ucciso, insieme ad un complice, durante uno scontro a fuoco con la polizia in località Sherpur, provincia di Bogra. Khaled sarebbe uno dei capi dell'organizzazione terroristica "Neo JMB" (Nuovo Jamahatul Mujahidin Bangladesh), rinato dalle ceneri del JMB che all'inizio del 2000
organizzò assassini e stragi per alcuni anni, fino a che i loro capi, fra cui il famigerato Bangla Bhai, vennero impiccati. Khaled, come comandante militare della zona nord del Bangladesh, aveva organizzato ed eseguito diversi azioni terroristiche, fra cui l'attentato a p. Piero Parolari a Dinajpur, l'esplosione di bombe ad una festa e a un tempio hindu, l'assalto con rapina ad un distributore di carburante. Secondo la polizia, una pattuglia sarebbe stata informata che era in corso una riunione di terroristi nella notte fra il 28 e il 29 agosto. Accorsa sul posto, era stata accolta da colpi d'arma da fuoco cui aveva risposto uccidendo i due uomini. Dal primo luglio scorso, giorno dell'assalto al ristorante di Dhaka, in cui persero la vita anche 10 italiani, sono una quindicina i presunti terroristi uccisi dalla polizia, e fra loro anche la "mente" e l'organizzatore di quell'assalto. Cinquanta gli arrestati, fra cui numerose donne. Molti giovani sembra siano stati "radicalizzati" all'inizio da predicatori locali, e poi all'estero, specie in Canada e in università in Malaysia.

p. Franco Cagnasso 

135

Dhaka, 8 agosto 2016

 

Concorsi
Il governo promette di assumerne 11.000; al concorso per l’ammissione partecipano 12.000 giovani infermiere diplomate. Un rapporto ottimo, che permette alle ragazze di sperare di farcela, se proprio non sono del tutto imbranate. Vanno a ritirare i regolamenti del concorso, e i questionari da compilare: un mazzetto di fogli che esaminano con cura e trepidazione scoprendo anche un pezzetto di carta bianco che fa capolino, e sembra trovarsi lì per caso, con un numero scritto a mano. Proviamo? Telefonano, e si sentono dire che sborsando l’equivalente di 2.000 euro avranno il posto.


Cercatore
Gli piace girare, cercare, conoscere, incontrare, promettere, progettare oltre i confini del compito rivevuto. Intraprendente e arruffone, come un cane da tartufi, dove altri non trovano nulla, p. Dominic (diocesano di Dhaka) scopre dove vivono famiglie cristiane isolate, gruppetti di tribali battezzati da evangelici e poi abbandonati a se stessi, persone in ricerca. Gli piace pure fissare punti di riferimento stabili, dove gli pare che saranno utili. Quattordici anni fa, mi chiese aiuto per comprare un terreno che a suo parere sarebbe potuto diventare un piccolo centro cristiano. Avevo ricevuto una donazione da usare liberamente e mi fidai, dandogli una mano. Per un bel po’, non si vide nulla.
Intanto, p. Gianantonio Baio ritorna in Bangladesh dopo vari anni di servizio in Italia. Ha le sue idee e preferenze, e il Vescovo di Rajshahi, che lo conosce, tempesta e insiste perchè vada nella sua diocesi dove: “c’è molto più bisogno che altrove”. P. Baio lascia decidere al superiore regionale del PIME, che accoglie la richiesta del Vescovo di Dhaka, e lo manda a Khewachala, zona rurale verso nord, dove c’è una cappella con una scuoletta, e dove le Missionarie dell’Immacolata-PIME hanno avviato un ostello per ragazze. P. Gianantonio va, mandando sulle furie l’Eccellentissimo di Rajshahi, che si sente “tradito” da lui e dal PIME... Non passa molto tempo, e l’Eccellentissimo viene trasferito; proprio a Dhaka, diventando addirittura “arci” vescovo! Il “traditore” candidamente gli comunica che è pronto – se vuole – ad andare a Rajshahi, dove “c’è più bisogno”. E lui risponde che è stata una sua magia a fare andare le cose in questo modo... Sono passati quasi dodici anni. L’area è diventata un formicaio di fabbriche con migliaia e migliaia di operai provenienti da ogni dove. Un’insperata serie di provvidenziali interventi di amici e fondazioni, permette di sviluppare le strutture della missione molto rapidamente. Ora Khewachala, oltre all’ostello per ragazze, vanta una bella, ampia chiesa, una scuola dalla sesta alla decima, e annesso campo di calcio, un ostello per ragazzi che vengono da famiglie povere e scombinate, una casa parrocchiale di rispetto; tutte opere del (quasi) architetto p. Ezio Mascaretti. Tanti i contatti stabiliti con gruppetti di cristiani che lavorano in stabilimenti e fattorie della regione. C’è pure un Centro dove p. Gianantonio sognava di offrire agli operai e operaie della zona un punto di incontro informale, di riposo e di conversazione negli intervalli del lavoro; ma il sogno per ora rimane tale, l’ambiente non sembra preparato. E il “tartufo”, il terreno comprato da p. Dominic? E’ a circa 20 chilometri di distanza da Khewachala, di cui è diventato un sottocentro, con un semplice, vivacissimo “asilo nido” residenziale. Le suore locali “Shanti Rani” si sono adattate ad alloggi più che modesti e ristretti, i bimbi e le bimbe non si sono fatti problemi e hanno gustato il loro affetto e le loro cure. Ora anche lì, a Shimulia, c’è una piccola bella chiesa e ci sono pure fedeli che la frequentano, oltre al conventino, al dispensario medico e all’ostello. Il 17 luglio P. Gianantonio, e con lui il PIME, ha passato il tutto alla diocesi, che lo affida a due giovani preti diocesani, e progetta di nominarne primo parroco, fra non molto, proprio p. Dominic... il “cercatore”.


Dispersa
Per qualche misteriosa ragione, ha perso contatti con il branco, e il 27 giugno scorso – senza passaporto – ha passato il confine indiano entrando nel nord del Bangladesh. E’ un’elefantessa, che da allora ha vagato sola soletta nelle vaste aree allagate che affiancano la riva orientale dell Brahamaputra, smarrita, spaventata, stanca. Un folto gruppo internazionale di specialisti, indiani e bangladeshi, l’ha seguita passo passo, nella speranza che arrivi in qualche area asciutta e possa essere “tranquillizzata”, cioe’ addormentata e trasportata con le dovute attenzioni al Parco Nazionale, per offrirle un bel check-up clinico, cure adeguate, dieta abbondante, e poi di nuovo la liberta’, da qualche parte nel suo paese d’origine. Un programma di lusso, ma finora (8 agosto 2016) l’elefantessa ha accuratamente evitato le zone asciutte e continua il suo viaggio, guadagnandosi così una fama da diva: cronache quotidiane con tanto di foto e aggiornamento sui chilometri percorsi, e folle di curiosi che sfidano le inondazioni per darle un’occhiata da lontano.


In famiglia
Mesi fa – dopo molti anni – la cupola del BNP, primo partito di opposizione, dopo aver messo in chiaro che il presidente non si cambia e rimane Begun Khaleda Zia, avendo come vicepresidente (con diritto di successione) il figlio Tareque Rahman, ha convocato e realizzato il Consiglio nazionale del partito, durante il quale si sarebbero dovuti eleggere circa 300 membri del Comitato Esecutivo Nazionale. Avviati i lavori, un consigliere di buona volontà chiese la parola, proponendo di votare che – invece di perder tempo e soldi per eleggere tutta quella schiera di membri del futuro comitato esecutivo - si affidasse alla Presidente il compito di sceglierli e nominarli di sua autorità. Con esultanza, la proposta fu accolta all’unanimità per alzata di mano, e dopo quattro mesi di duro lavoro sono stati pubblicati i nomi dei prescelti – 502 invece dei 386 precedenti. Oltre al rampollo Tareque Rahman, da circa 10 anni all’estero “per cure mediche” mentre in Bangladesh lo attendono le manette per una condanna a sette anni di galera per corruzione e innumerevoli denunce e processi in corso, la lista ha incluso un buon numero di membri indubbiamente “di buona famiglia”, e percio’ “al di sopra di ogni sospetto”. Ci sono i figli di un impiccato e un condannato all’ergastolo per crimini di guerra, il fratello del segretario del partito e tre figli di membri del Comitato Centrale; figli e figlie, fratelli e mogli di sindaci, e di consiglieri del partito. Per meriti personali e non per parentela sono entrati anche un ex deputato, condannato per un colossale traffico illegale di armi e un altro – ora latitante - coinvolto nell’attentato al Partito Awami League in cui anche Hasina rischio’ la vita. Consigliere di Khaleda è ora un ex deputato riconosciuto dal parlamento colpevole di corruzione per milioni di taka. Non mancano un nipote di Khaleda, e il figlio di un amico fedele, nonchè un segretario attualmente sotto processo in India, e la moglie. Il nuovo Comitato, ha spiegato il Segretario Generale del BNP, è “di grande dinamicità e riuscirà a riportare la democrazia nel nostro paese”.

p. Franco Cagnasso

134

Dhaka, 25 luglio 2016

 

Comunione
Di famiglia buddista, 32 anni fa ha ricevuto il battesimo in una piccola chiesa evangelica giapponese, ed è venuta in Bangladesh nel 1993 come volontaria, giungendo alla decisione di dedicare tutta la vita a disabili mentali, nella Comunità de l'Arche, che ora è affidata alla sua responsabilità. Semplice, di apparenza fragile, è coraggiosa, tenace, capace di organizzare, oltre che spontaneamente piena di affetto e di attenzioni per i "suoi" disabili. Nel suo lungo e difficile cammino ha trovato appoggio nei Fratelli di Taizè, in diverse confessioni protestanti, e specialmente nei cattolici, che sono la maggioranza. Con loro ha condiviso progetti, difficoltà, preghiera, una fede sostenuta da tanta meditazione e adorazione, sempre in contatto con la sua Chiesa di origine, che la sosteneva moralmente ed economicamente. Dopo la morte della mamma, e di due cari amici, un olandese e un inglese, anch'essi di origine protestante ma vissuti in ambiente ecumenico, ha riflettuto a lungo sulla sua propria morte, e ha desiderato che avvenga - come ha scritto agli amici - in piena adesione alla Chiesa cattolica, con cui pensa di trascorrere gli anni futuri. Ne ha parlato con la sua comunità d'origine, trovando comprensione, incoraggiamento, e anche la promessa che il loro appoggio continuerà. La sua piena accoglienza nella comunità cattolica è stata celebrata ecumenicamente, con il desiderio che fosse segno di riconciliazione fra i Cristiani; erano presenti amici di varie confessioni, compresi quelli della chiesa dove era stata battezzata. In una lettera comunica la sua decisione, e scrive: "Perdonatemi se qualcuno sarà rattristato o deluso da questa scelta. Amo la mia chiesa d'origine ancor più di prima, e la nostra comunione è diventata ancora più profonda."


Oratoria
La tragedia del primo luglio a Dhaka, quando giovanissimi terroristi hanno ucciso oltre venti persone fra cui dieci italiani, ha portato alla ribalta il problema delle fonti dell'ideologia terroristica. Fra l'altro, s'è saputo che uno o due degli assassini erano attenti spettatori del notissimo Zakir Naik, onnipresente e onnisciente predicatore sulla TV islamica "Peace", trasmessa in tutta l'India, in Bangladesh e in chissà quanti altri paesi, in inglese e in lingue locali. M'è capitato sotto gli occhi qualche volta, ma riuscivo a sopportarlo solo pochi minuti (stessa cosa mi succede con il cricket...). Alto, magro e ossuto, giacca e cravatta scuri sempre troppo larghi e l'immancabile bianco cappellino "islamico", sembra uno spaventapasseri animato, quando dall'alto della sua cattedra, in un ampio, affollato teatro di Mumbay, rovescia un fiume inarrestabile di parole su un pubblico maschile e femminile osannante. Si presenta come dottissimo conoscitore non solo del Corano, ma di Bibbia, testi sacri hindu e buddisti, religioni diverse, che cita a raffica con grande precisione. Tocca argomenti di ogni tipo, di dottrina, morale, attualità, spesso chiamando a dibattito membri di altre religioni che accettano di giocare sul suo campo, cioè il campo dell'interpretazione strettamente letterale e astorica di qualsiasi testo. Sa dimostrare mirabilmente, ad esempio, che le indicazioni che la Bibbia dà circa l'arca di Noè sono sbagliate, mentre il Corano indica il punto esatto in cui è approdata; e la Bibbia sbaglia anche nel dire quanto alta fosse l'acqua del diluvio... I suoi interlocutori sono accuratamente scelti per la loro ingenua stupidità, in modo che alla fine del dibattito - sempre formalmente rispettoso e condiscendente - brilli in tutta la sua chiarezza la verità espressa dal predicatore, a fronte della la ridicola stoltezza dei suoi interlocutori che - pur avendo evidentemente torto marcio - non cambiano idea. Non mi risulta che abbia mai predicato la violenza; anzi, ripete continuamente che l'Islam è la religione della pace, che è la religione più perseguitata al mondo e quella che cresce più in fretta (zac! Sullo schermo compaiono statistiche a gogò), che risolve ogni problema della vita personale, sociale, religiosa, politica, Il suicidio è proibito, e l'attentatore suicida, sbaglia - a meno che si tratti di opporsi a un nemico ultrapotente e a una possibile imminente aggressione, come per esempio i "kamikaze" giapponesi... Sarà difficile provare che incitava al terrorismo, ma certo è una valanga di derisione e disprezzo verso le altre religioni e idee. In questi giorni i governi indiano e bengalese hanno deciso di oscurare la trasmissione. Molti tirano un sospiro di sollievo, moltissimi vi vedono privati di una rassicurante conferma che non occorre pensare troppo: abbiamo comunque ragione "noi", e se qualche volta concediamo agli altri di esporre i loro errori grossolani, è proprio solo perché siamo bravi e tolleranti...


Madre
Cinquantacinque anni, si chiama Bilkis Banu, di religione hindu, è sposata con un insegnante, vivono a Kurigram e hanno 57 figli.
Oltre ai loro due figli naturali, ora studenti universitari, ne avevano adottati due, quando entra nella loro vita una bimba, nata sulla soglia di un negozio, vissuta randagia con la mamma mentalmente disturbata cui - in un anno e mezzo - non era mai venuto in mente di farle un bagno o lavarla in qualche modo. La mamma gliela offre, lei la prende in braccio e le dà un nome, Protilata. Nella notte, sogna Madre Teresa e decide di tenerla; non solo, ma di aprire casa e proprietà ad altri bimbi abbandonati, che ora sono 55, dalla culla fino alle scuole superiori. Gradiscono qualche aiuto, ma non lo chiedono, e mantengono tutta la numerosa famiglia con un loro negozio, lo stipendio del marito, qualche proprietà agricola, donazioni occasionali. Unico rammarico: "La gente guarda, loda, ma quasi nessuno viene per dare affetto ai miei figli, a trovarli nelle feste, a giocare con loro: sanno che sono ben curati, e non ci pensano più. Ma sono contenta. Cinquantasette mi chiamano mamma, e non penso di dover attendere altro dalla mia vita, che è piena e bella così".

p. Franco Cagnasso

133

Dhaka, 8 luglio 2016

 

Perdonateci
C’è tanta polizia, e ci sono capannelli di persone dall’aria mesta nel tratto di strada che conduce al luogo,ormai tristemente famoso, dove il terrorismo di radice islamica ha massacrato nel nome di Allah 22 persone, fra cui 9 italiani e 7 giapponesi. Il locale è devastato, danneggiata è anche la clinica che lo fronteggia nello stesso giardino. Qualcuno ha portato fiori, e fra essi campeggia una corona anonima, con due parole sul nastro: “Forgive us” – Perdonateci. Credo che esprima il sentimento dominante, o comunque molto intenso, che pervade tanti bengalesi dopo la strage. Stupore, incredulità, paura, preoccupazione per sé e per il Paese, e anche la sensazione che quei giovani di buona famiglia, ubriachi di potere e di una fede impazzita, uccidendo stranieri che abitavano e lavoravano qui, discriminando fra musulmani e non, abbiano anche violentato il Bangladesh e l’immagine che ha di sè. La percezione della realtà ora è diversa, e piena di disagio: siamo capaci di questo? Si vorrebbe pensare che non è vero, si vorrebbe trovare una causa precisa, ma non la si trova. Ci si vergogna di se stessi, mentre non si sa rispondere alla domanda che è in tutti: e poi? Le stesse sensazioni e domande si trovano fra gli espatriati che si trovano qui; s’è dissolto un clima che, nonostante i recenti attentati mortali a singole persone di svariate minoranze, rimaneva ancora fiducioso, convinto che qui in Bangladesh le cose sono diverse, e vanno meglio che altrove.
Passa e ripassa nella mente l’immagine del giovane Faraaz Ayaaz Hossain. Intrappolato dai terroristi insieme agli altri, poi liberato perché aveva saputo recitare parti del Corano. Poteva andarsene, ma è rimasto a condividere la sorte di due amiche, trattenute perché vestite all’occidentale, ed è stato ucciso insieme a loro. La sua mamma ha commentato: “Conosco mio figlio: se non lo avesse fatto, non avrebbe potuto perdonarsi, per tutta la vita”. Anche lui un giovane “di buona famiglia”; anche lui bengalese, anche lui musulmano. E ora, quasi un balsamo che attenua l’angoscia per le atrocità di cui siamo testimoni.
 

 
Umorismo consolatorio
Circola in questi giorni questa storiella. Una giovane coppia viene avvicinata da un terrorista che intima al marito di recitare versetti coranici per dimostrare di essere musulmani e sfuggire alla morte. L’uomo si guarda attorno smarrito, poi prende coraggio e recita alcuni versetti biblici. “Va bene, potete andare. Ma tu – dice il terrorista alla donna – vesti la burqa altrimenti la prossima volta non la scampi”. Mentre tirano il fiato riprendendosi dalla paura, lei chiede: “ Ma ti rendi conto che invece del Corano hai recitato la Bibbia? Come hai fatto?” “Sapevo – risponde lui – che se sono terroristi è perché non conoscono il Corano”.
 

 
Madrasse?
S’è detto e scritto molto a proposito delle migliaia di madrasse (scuole coraniche) che negli ultimi decenni sono state organizzate e finanziate da Paesi del Golfo per re-islamizzare i bengalesi, considerati musulmani all’acqua di rose e contaminati dal paganesimo. Ho spiegato questo fatto in varie “Schegge”, esprimendo la convinzione che stiamo ora assaggiando i frutti amari di questo lavoro, e ci troviamo con una generazione giovane che include molti seguaci di un Islam chiuso e intransigente, in qualche modo nuovo per questo Paese. Sinceramente, pur temendo che potesse accadere qualche cosa di grosso, non avevo pensato che gli autori potessero essere giovani di famiglie ricche, che hanno studiato non in queste madrasse, ma in prestigiose università private e internazionali. La strage dell’1-2 luglio scorso ci apre gli occhi su questa realtà inattesa, e suscita mille domande. Fonti che penso siano attendibili hanno messo in giro la notizia che sarebbero circa 300 gli studenti universitari e i giovani laureati che – in quest’ultimo anno – sono scomparsi. Le loro famiglie hanno pensato a rapimenti per avere il riscatto (ne succedono tantissimi), ma nessuno ha chiesto soldi. La polizia dice di essere alla loro ricerca, e sospetta che un punto di riferimento per loro si trovi in Malaysia. Ma si brancola nel buio, sapendo che 300 giovani fanatizzati così profondamente sono davvero tanti, e possono fare danni enormi.
Mi pare che questo aspetto della situazione, finora sottovalutato, non sia da pensare come una specie di smentita al discorso della formazione data nelle madrasse finanziate dall’estero. Le madrasse hanno fatto e fanno il loro lavoro, su cui nessuno è veramente informato in modo soddisfacente. A queste si aggiungono le violenze dei fondamentalisti nelle università, che non sono state né poche né leggere in questi anni. Forse le abbiamo sottovalutate perché non erano solo loro i violenti e i prepotenti, ma anche i giovani del partito al potere, e dell’opposizione; per cui tutto lasciava pensare solo a colossali (e spesso mortali) risse fra studenti. Ora ci ricordiamo che tutte le forme più radicali di ideologie totalitarie e violente, in ogni tempo e in ogni paese, hanno avuto ai loro vertici persone istruite, con tanto di “cattivi maestri” nel mondo universitario. E poi entra in campo il fattore “internet”. Che purtroppo ha aperto la porta non solo alle meraviglie della “telemedicina” (tanto per ricordarne una), ma anche ai pericoli del “telefanatismo”, il fanatismo diffuso via etere. Madrasse dunque, e università, e internet.
 

 
Consigli
Mentre ero in Italia, quanto accaduto ha spinto molti amici e persone care a suggerirmi di non ritornare in Bangladesh, almeno non subito, e a consigliare insistentemente prudenza.
Sono sinceramente grato a tutti loro, e commosso, e posso assicurare tutti che non ho certo il gusto di andare a cercare i pericoli o sfidare i rischi. Qualcuno s’è spinto un passo oltre, e m’ha detto che prega per noi perché abbiamo coraggio, e possiamo fare qualche cosa di bello anche in queste condizioni. Spero che questo sia il pensiero di tutti, anche se inespresso. Le persone a cui il Signore ci ha mandati come missionari non hanno bisogno di inviti alla prudenza, perché di preoccupazione ne hanno già per conto proprio. Hanno bisogno di non sentirsi abbandonati, e di essere aiutati a guardare oltre “coloro che possono uccidere il corpo”, per riscoprire la forza mite e piena di amore che ci viene dallo Spirito del Signore Gesù. La diversità e la bellezza del Vangelo possono ora risplendere.

p. Franco Cagnasso

132

Milano, 23 maggio 2016          

 

Come va?

In questi giorni mi  trovo in Italia, e non mancano le domande: come va il Bangladesh? Si legge di persone di varie “categorie” assalite e uccise a colpi di pistola, o di accetta, o sgozzate. E’ opera dell’ISIS? Come reagisce il governo?

Ecco la mia valutazione di “come vanno le cose”.

Decenni di impegno dell’Arabia Saudita e altri Paesi arabi, inteso a “rieducare” i musulmani del Bangladesh ad un islam a loro parere più autentico, depurandolo da tradizioni e da  commistioni con culture non islamiche o con la modernità, stanno dando frutti. Migliaia di ‘madrasse’, scuole coraniche gratuite, hanno instillato il loro Islam chiuso e duro in milioni di ragazzi e giovani, che ora rifiutano la tolleranza e l’apertura dei loro padri.

Esistono pure, e si fanno sentire, giovani, soprattutto studenti universitari, molto critici di queste posizioni, fino a spingersi verso l’agnosticismo o a chiedere più o meno esplicitamente una revisione profonda delle interpretazioni del Corano.

Il governo, di ispirazione laica e liberale, naviga tra scilla e cariddi, vuole cioè fermare i radicalismi che gli si oppongono politicamente, pretendono di introdurre le leggi della Shari’a, e spesso sono violenti; ma non vuole mettersi in contrasto con la grande maggioranza islamica, ancora tendenzialmente aperta, ma sempre pù difficile da capire e interpretare, proprio a causa delle trasformazioni generazionali che sono in atto. Sta giocando con determinazione la carta dei processi ai criminali della guerra del 1971,  nonostante le proteste dei partiti islamici, e anche di governi stranieri (primo fra tutti il Pakistan, affiancato dalla Turchia). Questi processi, che hanno annientato la leadership tradizionale del partito islamico Jamaat-ul-Islam, sembrano graditi alla maggioranza dei cittadini. Il governo, inoltre, ha messo al bando vari partitelli e gruppi fondamentalisti molto radicali e violenti, e ne persegue con forza i seguaci. Inoltre, agisce con pugno di ferro nei confronti dell’opposizione democratica (per quanto ancora si possa parlare di democrazia), attraverso limitaziomi alla libertà di dimostrazioni, di espressione, deferimenti alle autorità giudiziarie per corruzione o violenza, sequestri e uccisioni extragiudiziari. Cose che, se indeboliscono l’opposizione aperta, finiscono per alimentare quella clandestina.

Di chi sono opera le uccisioni cui ho fatto cenno sopra?

Sembra che siano questi gruppetti che, messi al bando, hanno studiato una strategia di disturbo per creare disagio in campo internazionale e in campo interno. Primo obiettivo loro sarebbe il governo, da rovesciare a tutti i costi; ma non mancherebbe un obiettivo più ampio: darsi una legittimità come terroristi, in qualche modo mettendosi sotto l’ombrello dell’ISIS (e di Al Qaeda?), che vorrebbero far arrivare con il suo “califfato” anche in Bangladesh.

La strategia consiste nel colpire tutti i tipi di minoranze, per ora con uccisioni sporadiche; quale sarà il passo successivo è difficile dirlo. Hanno colpito dapprima agnostici e atei (o persone da loro classificate come tali), poi stranieri appartenenti a O.N.G. che si occupano di diritti umani e delle donne, hindu, sciiti, omosessuali dichiarati, ahmadyia, un prete cattolico e un pastore protestante, un cristiano convertito dall’islam, buddisti, anche musulmani sunniti (per lo più insegnanti) accusati di favorire la tradizione “baul”, poeti e cantastorie molto popolari, che esprimono una religiosità di tipo mistico e non settario. La scelta cade su persone conosciute e stimate nelle loro zone come buone, dialoganti. Usano armi leggere, accette, coltelli, con la variante di qualche bomba fatta in casa. Il governo minimizza, la polizia sembra brancolare nel buio, ma dichiara di aver identificato alcuni “covi” estremisti; nell’insieme, il Paese va avanti come sempre, ed è in crescita economica – ma queste nubi scure all’orizzonte non si possono negare.

 


Regole

Nei giorni scorsi il radicalismo in Bangladesh ha compiuto un passo inedito. Non per la modalità, ma per l’obiettivo. La modalità infatti è collaudata: volantini diffusi a livello locale, lettere, scritte sui muri, “firmate” da gruppetti fondamentalisti che minacciano castighi a chi non osservi determinate regole dettate da loro. Tipica la minaccia alle giovani donne che lavorano: se non indossate il “burqa”, non garantiamo della vostra incolumità. A minacciare, ora, è il Islami Khelafot Mujahidin Bangladesh. Ritengo abbia a che fare con il movimento – emerso quasi dal nulla qualche anno fa e poi tornato nel silenzio -  che, per opporsi alla secolarizzazione, aveva organizzato a Dhaka una sterminata manifestazione di protesta, conclusasi con una notte di vera e propria guerriglia con decine di morti. Adesso il Khelafot si rivolge ad un obiettivo nuovo:  imprenditori, commercianti, artigiani non musulmani, ai quali manda una lettera ingiungendo di seguire otto punti precisi, pena provvedimenti severi per i disobbedienti. Fra i contenuti di questa “ordinanza”: tenere nei propri locali la scritta in arabo: “Nel nome di Dio Clemente e Misericordioso”, una copia del Corano, una riproduzione della “Kaaba” (Meta del pellegrinaggio alla Mecca); rimuovere qualunque statua, religiosa o meno, fotografie, ecc.; tenere a disposizione dei Musulmani un luogo adatto per la preghiera; non tenere cibi proibiti ai Musulmani; durante il mese di digiuno chiudere ogni locale che fornisca cibo; abolire qualsiasi trasmissione di musica o canti che non siano coranici. Infine: vietato assumere dipendenti donne, si licenzino al più presto quelle che fossero già assunte, e se proprio è necessario avere donne che lavorano (la lettera non precisa come mai potrebbe essere proprio necessario...) imporre che indossino il “burqa”.

 


Gentiluomo

Piccolo di statura, molto curato nel bianco pijama-panjabi bengalese e cappellino islamico, con i capelli candidi e la barba argentea non troppo lunga, ben pettinata, era riservato ma sorridente e cordiale. L’ho incontrato più volte in occasione dei ricevimenti che si svolgevano in Nunziatura a Dhaka, nell’anniversario della “intronizzazione” del Papa: comune alle Ambasciate per gli anniversari di indipendenza, repubblica, compleanno del re, ecc., è una tradizione che Papa Francesco ha abolito. Rigorosamente astemio, non disdegnava aggirarsi fra i diplomatici con un bicchiere di aranciata in mano; ma niente cibo, che potrebbe non essere “halal”, cioè puro per i Musulmani. E’ stato il primo ad apporre la firma sul registro esposto in Nunziatura per esprimere le condoglianze alla morte di Giovanni Paolo II. Si chiamava Nizami, era il Segretario Generale del partito islamico Jamaat-ul-Islam. Circa due settimane fa, dopo sei anni di processi e ricorsi, e dopo aver rifiutato di chiedere la grazia, è stato impiccato per massacri, torture e stupri commessi o organizzati durante la guerra del 1971, quando era segretario della sezione giovanile del suo partito, che collaborava con i Pakistani opponendosi all’indipendenza.

 

p. Franco Cagnasso

131

Mirpur  - Milano - 22 aprile 2016

 

Fantasma

Giovane, riservata, bella, cristiana. Ottima cuoca, conosce vari tipi di stili culinari (cucina italiana compresa), lavora come domestica in una famiglia di canadesi e guadagna benino, tanto che può permettersi di tenere in affitto due stanzette, linde e bene arredate. Ma è sola. Per persuadere il padrone a darle l’appartamento in affitto, ha dovuto dire che il marito lavora all’estero e i genitori sono al villaggio. Passano i mesi: “Tuo marito non torna? Non vengono i genitori a trovarti? Sei cristiana?” Quando è sicuro di aver capito bene  come in realtà stanno le cose, il padrone di casa passa a proposte precise, e lei decide di trasferirsi. Trova un altro alloggio e l’accolgono senza troppe difficoltà. perché al  primo colloquio si presenta con un’amica più anziana, e un prete, che si presentano come suoi genitori. Mancano pochi giorni al trasloco quando, mentre esce per andare al lavoro, il padrone di casa la ferma e la invita a lasciargli la chiave dell’alloggio, perché verrà qualcuno a visitarlo in vista dell’affitto. A sera torna, riceve la chiave, sale, apre: completamente svaligiato.Denuncia alla polizia, che scrive la bozza di un rapporto; “Non hai marito? Dove sono i tuoi? Vivi sola? Che fai? Come mai non sei Musulmana? Per completare la denuncia devi ritornare domani...”.

Ritorna, aspetta, dice che deve completare la denuncia. “Quale denuncia?” “Quella fatta ieri”. “Non abbiamo ricevuto nessuna denuncia ieri. Chi sei? Dove abiti?” Rispiega, vanno al palazzo, ma nessuno sa nulla: “La porta non è scassata, quindi non ci sono stati i ladri che lei immagina... deve essere matta”.

  

     

Ettore
Diplomato meccanico, ha 29 anni, un buon lavoro, e pensandoci si convince che il matrimonio non va bene per lui: perfezionista e preciso com’è, renderebbe difficile la vita a moglie e figli. S’accorge che si sente in pace, felice quando riesce a fare qualcosa di buono per gli altri, anche un piccolo aiuto nascosto. “Forse la mia vita deve essere spesa per i poveri. Ma quali poveri? Dove ce ne sono tanti, i più malconci.” Così Ettore Caserini, nato a Pizzighettone sulle rive dell’Adda, decide di accostare una ONG che opera nel “Terzo Mondo”, e poi trova qualcuno che lo orienta al PIME, dove entra nel 1961 e completa la formazione missionaria nel 1965. Per tutta la vita terrà fede al proposito iniziale: fare tutto quel po’ di bene che posso fare, ma farlo bene.
Parte per l’India, e mentre lavora alla scuola tecnica di Eluru (Andhra Pradesh) impara il telegu e l’inglese. Dopo la guerra che nel 1971 sgancia il Bengala dal Pakistan facendonascere il Bangladesh, Ettore chiede di andar là, a trovare gli amici che hanno sofferto a lungo. E’ fatto così: sembra un “lupo solitario” e sa stare da solo senza problemi; ma sa che cosa sia l’amicizia, condivide volentieri, s’interessa – ha cuore. I superiori non solo gli danno il permesso, ma lo invitano a trasferirsi per dare una mano nella nazione appena nata. Gli dispiace lasciare l’India, ma è pronto a ricominciare daccapo, studia il bengalese e per 10 anni ha un ruolo di primo piano nel mettere in piedi e far funzionare la “Novara Technical School” a Dinajpur. Il suo “pallino” è la formazione umana dei giovani, l’addestramento professionale visto come addestramento alla vita, perché i suoi studenti diventino uomini seri, affidabili, che sanno che cosa sono il dovere e la lealtà. Dopo 10 anni, altra svolta: il Vescovo gli chiede di prendersi cura di un sottocentro, Putimari, finora trascurato. dove la diocesi ha terreni mal coltivati, e un piccolo edificio accanto a villaggi aborigeni in parte cristiani. Ettore accetta e per 16 anni trasforma l’ambiente: “Caspita, ma tu qui hai messo insieme un pezzetto di Svizzera!” gli dico quando vado a trovarlo. Sorride contento: “Anche a loro piacciono le cose belle, funzionali, e le cose belle entrano nella persona”. Già, le cose belle... Racconta che durante il periodo di formazione visitò Firenze. Ne rimase tanto incantato che ebbe una “violenta” crisi vocazionale: “Come faccio ad andarmene chissà dove, lontano da tante meraviglie dell’arte?” Gli bastarono 24 ore per rimettere al primo posto Gesù e i poveri – ma l’amore per l’arte, pittura, scultura, architettura, musica non lo abbandonò mai.
A Putimari, Ettore è incaricato anche della cura pastorale dei villaggi, e vi s’impegna con lo stesso gusto e precisione con cui opera nel campo tecnico. E’ convinto che il Vangelo sia la chiave per una formazione umana completa. Fa catechesi, predica, visita i malati e altro, senza complessi di inferiorità verso i preti e senza clericalismi. In quel periodo visita i missionari del PIME in Myanmar, e mi dirà commosso: “Il mio modello è Fratel Felice Tantardini (oggi Servo di Dio), stare con lui mi ha veramente fatto bene”. Nel 1998, altra svolta: lo chiamano a dirigere la “Delegazione Missionari Laici” dell’Istituto; accetta con fatica, ma ce la mette tutta per dare fiducia, e rilanciare questa vocazione che lui vive con gioia e ritiene preziosa. Termina l’incarico un po’ deluso, ma non rifiuta un altro cambiamento rilevante: per permettere al suo successore (Fratel Mario Fardin) di lasciare la scuola tecnica di Watuluma, accetta di sostituirlo. Vive e lavora in Papua Nuova Guinea dal 2002 al 2004 quando, dopo un breve periodo in Italia, ritorna al suo Bangladesh, per custodire il santuario mariano costruito in occasione del giubileo del duemila.
Anche qui, con gli anni, farà emergere il suo gusto per il bello, per le cose organizzate a puntino, per la natura, per le devozioni ben seguite. Per tutta la vita è stato povero, sobrio, fedele alla preghiera, senza ostentazione, alzandosi la mattina molto presto, “Tanto io mi sveglio comunque...”
Negli ultimi anni cerca di nascondere la fatica e gli acciacchi, lavorando puntigliosamente e senza risparmio, finchè il suo organismo cede di schianto. Viene accompagnato in Italia, nella casa per gli ammalati, a Lecco. “Mi trovo bene – mi dirà – mi hanno accolto con tanta attenzione, e c’era persino il mio nome già scritto sulla porta della stanza”. Capisce che non è il caso di pensare al ritorno, accetta serenamente, contento di ricevere notizie, e delle visite di chi gli racconta come vanno le cose in Bangladesh.
Il Signore l’ha chiamato a sé il 9 aprile 2016. Secondo me, lassù, sta dando una mano a rendere più belli i posti che preparano per noi.
        

 
Evento
Il rudimentale, puzzolente macchinone, che ingoia mattoni sputando polvere e briciole da usare come ghiaia nel cemento, è fermo. Ferma la sega rotante che da tre giorni stride nel palazzo accanto. Nessuno sta scaricando tondini in ferro, o lamiere, da carretti stracarichi. La betoniera non gira. I Muezzin dormono, solo più tardi i loro giganteschi altoparlanti riempiranno la città con i laceranti, cacofonici richiami alla preghiera. Niente venditori ambulanti ad annunciare a gola spiegata quale merce vendono – o acquistano. Non si sentono auto, moto, campanelli di riksho per le strade. Nessun aereo e nessun elicottero romba nel cielo. Dalle baracche dello slum adiacente non si  sentono urla di litigi furibondi. Non ci sono bimbi che giocano e strillano nel cortiletto della parrocchia. Il negozio di telefonini ha spento il mangiadischi con musica simil-rock, i cani di tutto il vicinato tacciono...
Nella notte tra il 29 e il 30 marzo 2016, dalle ore 02,57 alle ore 03,06, a Dhaka (capitale del Bangladesh), quartiere Mirpur 2, zona Borobag ci sono stati 9 (nove) minuti consecutivi di silenzio. Ritengo doveroso segnalare l’evento, perché non so se e quando mai il fenomeno si ripeterà, ed è giusto che i posteri sappiano.

      

p.Franco Cagnasso   

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Mirpur , 2 aprile 2016 

  

Bellezza

M’è capitato in mano un libro di Bruno Maggioni, che oltre ad essere un apprezzato biblista, è anche un brav’uomo, con il vantaggio di esserlo anche in età avanzata (ancor più della mia!). Don Bruno scrive che dopo tanti anni non si  stanca del Vangelo perché vi trova sempre qualcosa di... nuovo? No, di bello! Sì, il Vangelo è bello e forse varrebbe la pena gustarlo di più.

Rimuginavo questo pensiero quando è venuto a trovarmi un amico buddista, e gli ho mostrato la nostra chiesa che ha, all’interno, quadri sui sette sacramenti. Ogni tela mostra, fianco a fianco, l’amministrazione di un sacramento, e una scena della vita di Gesù che ne fa da riferimento. Davanti al quadro del sacramento della riconciliazione, gli ho spiegato la scena dell’incontro di Gesù con la donna adultera condannata alla lapidazione. Ha ascoltato con interesse, perplesso, e mi ha chiesto di ripetere: “Voglio capire bene; alla fine che cosa ha detto Gesù?” “Ha detto proprio così: chi è senza peccato, scagli la prima pietra!” E’ rimasto senza fiato e s’è inchinato profondamente davanti al quadro: “Oh Signore, quanta meravigliosa sapienza!”

Una ragazza hindu all’ultimo anno di College mi dice che legge ogni giorno il vangelo e le piace molto. “Quale l’episodio, o il pensiero, che ti piace di più?” Risponde senza esitare: “Le nozze di Cana. Perché Gesù non fa magie strane, ma prende l’acqua, l’elemento più semplice e più comune che tutti usiamo per la vita, e vi immerge il suo influsso divino, trasformandola in vino che porta gioia...”

  


Rimpianto

Ignoti hanno sparato a p. Piero Parolari il 18 novembre 2015. A quattro mesi dall’attentato, il 24 marzo, il quotidiano di lingua inglese The Daily Star riprende la notizia intervistando a Dinajpur alcuni suoi pazienti, Suor Dipty, la suora che collaborava più strettamente con lui, alcuni colleghi medici. “La paura dell’estremismo c’è ancora, sottolinea l’articolo, e non tutti se la sentono di esprimere in pubblico il proprio pensiero.” Ma c’è chi si esprime, parlando della sua serietà professionale, ma soprattutto della sua attenzione e delicatezza con i pazienti, le loro famiglie, la loro storia, il fatto che servisse con la stessa attenzione persone di qualunque religione. Tutti sperano che ritorni. “Sarà pure nato italiano - commenta una cristiana della parrocchia in cui operava p. Piero – ma era bangladeshi al cento per cento. E tutti ne sentiamo la mancanza”.

Il capo della sezione investigativa della polizia di Dinajpur dice che sei persone sono state arrestate in connessione con il crimine, appartenenti a due diversi movimenti estremisti. L’inchiesta non è conclusa e si cerca di raccogliere ulteriori elementi.

 


Voci

Gli Ebrei sono un popolo che, dovunque vada, distrugge la religione del posto, ecco perché non si possono sopportare e bisogna eliminarli. Hitler prima di morire ha dichiarato che non ha finito il lavoro per vendicarsi: così gli Ebrei sarebbero tornati a crescere e tutto il mondo avrebbe capito quanto sono cattivi... 

Una volta, in qualche posto del mondo, un gruppo di Cristiani si mise a fare molta propaganda fra i Musulmani: se vi convertite, vi daremo questo e quello, sarete ricchi... Alcuni ci sono cascati e hanno accettato di trovarsi tutti in una chiesa per proclamarsi cristiani e ricevere i benefici. Ma quando sono stati raccolti nell’edificio, i Cristiani hanno chiuso le porte, appiccato il fuoco, e li hanno bruciati tutti. Era il Primo di aprile, e così è nata l’abitudine di fare  scherzi in quella data...


 

Iniziativa

A Dhaka ci sono molti passaggi a livello incustoditi. Un ambulante di verdure di mezz’età ha iniziato a  portare la sua cesta accanto ad uno di questi. La postazione si dimostrava buona, le vendite crescevano, la cesta andava rifornita di verdura fresca anche più volte al giorno. Vendi e vendi, l’uomo s’è accorto di quanti incidenti, gravi e meno gravi, accadevano sotto i suoi occhi. Allora s’è procurato qualche bambù, ha costruito una rudimentale sbarra con sistema per elevarla e abbassarla e si è auto-incaricato di fare il verduriere con annessa custodia volontaria, e gratuita, del passaggio ferroviario. Sono molti i pedoni, biciclette, rikscio, carretti, auto, camion, autobus che gli sfuggono, ma il lavoro non è inutile e gli incidenti sono diminuiti.

 

p. Franco Cagnasso  

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Mirpur, 23 febbraio 2016   

   
Ozio
Mi sono accorto con disagio che ultimamente sono scarseggiate le "Schegge". Un amico, con molta discrezione, invece di chiedermi perché non mi decido a scrivere, mi ha informato che i problemi tecnici legati al sito del "mio" blog sono stati risolti - e così mi ha fatto gentilmente capire l'antifona. Grazie!
Il fatto è che, da quando ho lasciato l'incarico di superiore regionale del PIME (novembre scorso) e mi sono trasferito come assistente in una parrocchia di Dhaka, molti si sono rallegrati con me, che finalmente avrei potuto riposare, prendere tempo, fare qualcosa di più leggero, visitare gli amici. Tra loro, qualcuno si è benevolmente preoccupato che non mi senta frustrato o depresso per l'improvvisa inattività, e, pensando che mi faccia piacere avere qualche cosa da fare, ha provveduto a fare proposte e chiedere collaborazioni che spaziano dalle confessioni alla revisione dei conti, dalle conferenze ai picnic. Il proverbio: "L'ozio è padre dei vizi" deve averli ispirati ad aiutarmi a non cadere nei vizi.
Il problema è che io vizi ne ho, però mi sento orfano di padre...


Miracolo
Nel grandissimo quartiere di Mirpur (Dhaka), la settimana di preghiera per l'unità dei cristiani è durata non 7, ma 11 giorni. Fatti i conti, ci si è accorti che nella zona ci sono ben 10 chiese di varie denominazioni, e volendo pregare insieme in ciascuna di esse, senza far torto a nessuno, si sono dovuti occupare 10 giorni, con un intervallo domenicale. Non c'erano grandi folle a questi incontri itineranti, svoltisi in chiese grandi, come quella cattolica e quella metodista, o piccole piccole, come quella dell'Esercito della Salvezza o delle "Assemblee di Dio"; però c'era un clima di gioiosa partecipazione, e qualcuno s'è fatto un punto d'onore nel non mancare a nessuno degli incontri di preghiera. Il Vescovo della Church of Bangladesh (confessione anglicana) ha detto che questo evento è un piccolo miracolo, e spera che contagi anche altri posti in Bangladesh.


Preoccupazione
Si riaccende la preoccupazione per l'aggressività del fondamentalismo islamico in Bangladesh, specialmente nella vasta regione chiamata Uttorbongo, nel nord ovest del paese. Negli ultimi mesi l'area è stata teatro di tre assalti armati a templi hindù, profanazioni di statue e simboli religiosi, tentato assassinio di un pastore protestante e di un missionario cattolico, e il 21 febbraio scorso dell'assassinio di un sacerdote hindu. L'uomo, che officiava in un tempio da lui stesso fondato ed era noto per la sua pietà e bontà, è stato accoltellato da sconosciuti mentre la mattina presto si recava al tempio per abluzioni e preghiere. Gli assalitori hanno poi sparato contro alcuni testimoni del fatto, ferendone uno, e hanno esploso bombe rudimentali per coprirsi la fuga, in motocicletta.
L'attentato è stato rivendicato da una fonte che si definisce dell'ISIS, ma la cui autenticità non è sicura. Si brancola nel buio circa i motivi della scelta di quel particolare "bersaglio", e anche per gli autori del delitto. La polizia ha arrestato tre uomini nella zona e li sta interrogando; uno di loro è membro di un gruppo fondamentalista fuori legge.
Le autorità hanno intensificato la vigilanza speciale - in opera già dal novembre scorso - sui luoghi dove vivono e operano missionari stranieri, in qualche caso obbligandoli a lasciare le loro stazioni isolate e a vivere insieme ad altri, in luoghi custoditi. Si fa notare però che in tutto il Bangladesh finora solo tre stranieri sono stati oggetto di attacchi o minacce, mentre per lo più si è trattato di bengalesi, hindu o cristiani.


Tenacia
Quando m'ha detto il suo nome, ho pensato che mi prendesse in giro, perché mi è sembrato un acronimo (qui li usano moltissimo). "Estiar", mi ha detto, che in inglese sarebbe S.T.R. Cioè? Con un po' di tira e molla, l'equivoco si è chiarito, si chiama proprio Astiar, nome che non avevo mai sentito, e appartiene alla popolazione Mandi, del nord est. "Che cosa desideri?" "Voglio fare il missionario con voi, da prete". Lo guardo perplesso, gli faccio un rapido quadro delle terrificanti difficoltà della vita missionaria, e gli fisso un appuntamento, convinto che stia facendo il furbo: viene perché lo aiutiamo a studiare e poi se ne va.
Il mio dubbio è legittimo in genere, ma in questo caso proprio non ha fondamento. Il giovanotto ormai maturo mi spiega che ha completato gli studi al college, e fra tre mesi darà l'esame finale. Terminata la High School a 15 anni, il papà gli ha detto che aveva altri figli a cui provvedere e non poteva più pagargli gli studi. Non s'è scomposto, e ha risposto: "OK, ci penso io". Ha detto che voleva entrare in seminario, ma il parroco gli ha risposto che per quell'anno era tardi. "OK, farò per conto mio". Ha incominciato a fare il contrabbandiere di legname: tagliava legna da ardere al di là del confine indiano, portandola in Bangladesh. Poi ha coltivato un "suo" pezzo di foresta, ha lavorato nei campi a giornata e dopo due anni - senza mai frequentare - si è presentato agli esami "Intermedi" e li ha superati. Per il College, è venuto a Dhaka facendo i lavori più fantasiosi, e anche - per sei mesi - trasportando passeggeri sui riksciò. E' un amico che lo ha indirizzato al PIME, e quando ho ripreso a parlargli delle difficoltà mi ha risposto che non gli fanno paura: si tratta solo di affrontarle una dopo l'altra, fidandosi di Dio. Ora è con noi, nella Comunità formativa che vive nella parrocchia in cui mi trovo, e se tutto va bene, fra qualche mese avrà pane per i suoi denti: lo studio della filosofia, insegnata in inglese, nel seminario nazionale.


Preghiera
Un entusiasta pastore metodista che officia a Mirpur (Dhaka), invitato a parlare sulla preghiera, ha raccontato la sua esperienza recente. Poco prima di Natale gli arriva un SMS: "Vuoi che ai tuoi funerali provveda la tua famiglia, o ci pensiamo noi? Fra 5 giorni di ammazziamo". Paura, preghiera, richiesta di preghiere ad amici e altri pastori. Il giorno dopo, stesso messaggio: fra 4 giorni ti ammazziamo. La faccenda si fa seria, e un gruppo di cristiani organizza una 72 ore di digiuno e preghiera. Intanto continua il conto alla rovescia: "tre, poi due, poi un giorno e ti ammazziamo..." Lui continua a chiedere l'aiuto di altri oranti, a condividere, a sperare. La vigilia di Natale termina il digiuno, e i giornali informano che la polizia ha scoperto a Mirpur, vicino alla chiesa metodista, un "covo" di fondamentalisti forniti di molte armi, che stavano organizzando assalti a 4 chiese del quartiere.


Crescita
"Stellare" - scrive un quotidiano - la crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL) del Bangladesh, che negli ultimi 10 anni si è mantenuta sul 6% annuo, mentre il Fondo Monetario Internazionale prevede salirà al 7%. Il reddito medio per abitante è ora di 1.314 dollari all'anno (nel 2005 era di 476 dollari), e colloca il Paese fra le 5 nazioni a più rapida crescita nel mondo, nella categoria non più a reddito basso, ma "medio basso". La produzione di cibo è triplicata dal 1980. Secondo un'inchiesta Gallup, i Bengalesi sono il popolo più ottimista a proposito della propria crescita economica nel 2016.

p. Franco Cagnasso 

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Dhaka, 4 gennaio 2016 

        

Bilancio

Ovviamente, anche per il 2015, attivi e passivi nel bilancio del Bangladesh.

Attivi

L’economia, con il tasso di crescita valutato a oltre il 6%, con le esportazioni di abiti in aumento, con l’avvio dei lavori per il grande ponte sul fiume Padma che unirà sud ovest e sud est del Paese, e parecchi altri progetti in via di approvazione da parte del governo. Una donna, Wasfia Nawreen, è il primo bengalese che ha completato la scalata delle sette più alte cime del mondo, incluso l’Everest. La nazionale di cricket ha registrato vittorie entusiasmanti con i nemici tradizionali. La primo ministro è stata premiata all’ONU fra i “Campioni del Mondo” per l’impegno ecologico... Dopo 41 anni è stato siglato un accordo con l’India per sistemare decine di “enclaves”: piccoli spazi bengalesi nel territorio indiano, senza vie di accesso al Bangladesh, e viceversa: pezzeti di India intrappolati in Bangladesh. Rapporti migliorati fra le due nazioni.

Passivi

Rimane vivo il pessimismo, dopo tre mesi di violenze politiche dell’inizio dell’anno, quando 95 persone persero la vita a causa di bombe incendiarie lanciate su mezzi di trasporto, e 45 in conflitti con le forze dell’ordine che praticano alla grande “esecuzioni extragiudiziarie” di criminali e di avversari politici, una cinquantina dei quali sono stati fatti “sparire”. Gli investimenti privati ristagnano. Quattro “blogger” sono stati accoltellati a morte con l’accusa di ateismo, e altri – minacciati – hanno lasciato il Bangladesh. In episodi distinti, tre ragazzi di circa 12 anni sono stati torturati e uccisi a botte da persone che li accusavano di averli derubati, e in un caso gli assassini hanno filmato la tortura mettendola in rete. Innumerevoli i linciaggi di ladri veri o presunti, e i conflitti anche mortali per il possesso di terreni. A fine anno rialza la testa un terrorismo che sembra aver scelto  le vittime per dare segnali chiari: un volontario (italiano) di una ONG (le ONG sono considerate il cavallo di Troia del secolarismo); un giapponese membro della religione Baha’i; tentato omicidio di un pastore protestante (bengalese) e di un prete cattolico (italiano); assalto con bombe a due templi hindù, ad una festa di musulmani Sciiti, ad una moschea della setta islamica Ahmadia, ad una moschea in zona militarizzata; uccisione di poliziotti ad un posto di blocco. Mancano al macrabo appello solo i buddisti, già vittime non molto tempo fa di attacchi a vari villaggi del sud. Le elezioni comunali svoltesi a fine anno sono state una parodia della democrazia: seggi elettorali occupati, schede pre-votate messe a forza nei box, avversari minacciati; forze dell’ordine colluse con i prevaricatori... Chi già aveva il potere, lo ha consolidato, confermando così che la democrazia è una facciata, e spargendo a piene mani i semi di violenza e terrorismo, visti come unica via per sottrarsi al regime.

E poi?

Disparati i pareri sull’impiccagione di tre criminali della guerra del 1971 e la condanna a morte di due assassini di un “blogger” ucciso tre anni fa. Giustizia o vendetta politica?

    


Sollievo

Dopo vari attentati,e minacce a pastori e preti, tensione e preoccupazione sono evidenti, specie fra i cristiani, in attesa del Natale. Messe “di mezzanotte” programmate alle 16 o poco dopo, ambasciate che raccomandano natali casalinghi, polizia ad ogni chiesa, anche con metal detector (non funzionanti, s’è scoperto...); nel nord, stranieri limitati nei movimenti, a Dhaka cancellati cenoni  negli hotel... Poco prima del Natale, le forze dell’ordine irrompono in un appartamento del quartiere Mirpur, a Dhaka, e arrestano 7 persone (lasciandosi scappare i due capi) con armi, bombe, e altre amenità; si stavano preparando ad assalire 6 luoghi di preghiera cristiani fra cui, forse, la nostra parrocchia.

E poi? per me, un Natale insolito, a Rajshahi, ospite della comunità Snehanir, che mi ha dato un’immagine di come dovrebbe funzionare il mondo. Per cantare e danzare i “kirton” tradizionali tutti insieme, i ragazzi in carrozzella o su barella, con stampelle o varie difficoltà motorie, si mettono al  centro a suonare e cantare; quelli che si muovono, tutti a danzare girando intorno; nessuno si stanca, l’entusiasmo è contagioso. Messa in cattedrale con inizio alle 18, chiesa vuota all’inizio e piena alla fine. Pranzo alla casa del Vescovo, che serve i ragazzi insieme al Cancelliere e alcune suore.

Il giorno dopo, tutti in autobus per 7 ore e nel villaggio di Tumilia, raggiungiamo la casa paterna di suor Dipika, pacata e sorridente direttrice di Snehanir. La famiglia (nove fratelli e sorelle, più mogli, mariti, nipoti, parentele varie) ci ha invitato per celebrare i 25 anni della sua professione religiosa. Fa freddo, la sistemazione è spartana, ma l’accoglienza avvolge come una coperta calda. Si celebra con l’arrangiamento di una cerimonia tradizionale nelle famiglie dei due giovani, la sera prima del matrimonio. Suor Dipika accende una candela davanti alle fotografie del papà, di un fratello e di una sorella defunti, e compie l’affettuoso atto di omaggio toccando i piedi a mamma e nonna. Poi venti persone, che hanno portato luce e sostegno nella vita di Dipika fin da quando era piccola, una dopo l’altra, accendono una candela ciascuno. Si canta. Un prete benedice una coppa con pasta di “holud”, polvere gialla considerata medicinale e portafortuna, usatissima nella cucina bengalese. Uno dopo l’altro, tutti ungono il palmo delle mani della suora con un poco di questa pasta, come augurio di bene. Discorsi  brevi ed elogi ragionevoli... poi ci si  scatena con i “kirton” natalizi.

Insomma, il Natale più gioioso da quando sono in Bangladesh. In tutto il resto del Paese nessun incidente, anche se qualcuno brontola perché ha dovuto offrire te e torta a non pochi poliziotti...

   


Groviglio

Nella scheggia “Storia”, del 22 dicembre scorso, dicevo che l’impiccagione di due criminali della guerra del 1971 potrebbe essere con-causa di alcuni recenti attentati a stranieri; l’”amico di blog” Mario commenta: “mi domando se la condanna non sia stata anche una conseguenza (una specie di “rappresaglia”) di azioni terroristiche avvenute prima”. Rispondo che i processi ai criminali di guerra 8 anni fa erano nel programma elettorale del partito Awami League, che ha vinto forse anche grazie a questo. Dissotterrare inimicizie e atrocità vecchie di oltre 40 viene presentato come un atto di giustizia e di purificazione che ridà dignità al Bangladesh. Politicamente, ha permesso di colpire pesantissimamente il partito islamico Jamaat-ul-islam, di cui fanno parte quasi tutti gli accusati, e di dare un segnale di forza, oltre che di rilanciare i principi secolari e “laici” del movimento di liberazione. Non manca, credo, una componente di rivalsa personale: la primo ministro è figlia del Padre della Patria ucciso  nel 1975 da quelli che poi hanno gradualmente fatto tornare in patria chi aveva avversato l’indipendenza, li hanno accolti in politica, hanno rimesso in gioco la religione islamica come elemento politico sempre più rilevante.

Mario scrive anche: “mi sembra che ci sia una connessione molto stretta tra il sentimento religioso e l’azione politica, e che la politica faccia di tutto per strumentalizzare la religione come strumento di controllo della vita delle persone, fino a vedere nella religione una possibile giustificazione di azioni terroristiche”. Questa “connessione stretta” c’è, ma trovo semplicistiche le posizioni di chi dà tutta la colpa all’Islam, come di chi riduce tutto ad un uso strumentale della religione fatto dalla politica. C’è un inestricabile groviglio di elementi da tener presenti, spesso confusi o indefinibili. L’Islam dalle sue origini – da quando Maometto ha assunto poteri politici, ha legiferato e governato motivando leggi e scelte politiche con rivelazioni ricevute – non distingue religione e politica, e si definisce come una religione capace di rispondere in pieno ai bisogni socio-politici dei credenti, oltre che a quelli personali. Nella storia questi princìpi, e la legge coranica o quella post-coranica non sono state applicate alla lettera che in pochi tentativi non concordanti fra loro e presto abbandonati; ma il principio e specialmengte la mentalità restano. Oggi, certamente politica ed economia usano l’Islam per i  loro interessi, ma è anche vero che musulmani arrabbiati e frustrati per varie ragioni storiche e attuali, e convinti che l’islam sia ovunque disprezzato, osteggiato, perseguitato e “in pericolo”, cercano strumenti politici per riaffermare dignità, forza, dominio dell’Islam, e trovano nella religione non solo giustificazione, ma incoraggiamento ad usare la violenza. E’ dunque anche la religione che usa la politica. Dire che i giovani combattono e si offrono come terroristi suicidi perché pagati lautamente è una semplificazione grossolana. Molti di loro hanno motivazioni religiose o ritenute tali, radicate in una lettura dell’islam discussa e rinnegata dalla grande maggioranza dei musulmani, e tuttavia accolta e propagandata con efficacia da minoranze consistenti e attive.

 


Madrelingua

P. Belisario, associato PIME colombiano, ha terminato il corso di bengalese, e in attesa di sapere a quale missione verrà assegnato, va a Mariampur per un po’ di “tirocinio”. Arrivato là, tocca con mano che, sì, il bengalese è capito, ma la lingua comune della gente è il santal, e la domenica una delle due Messe viene celebrata in santal. Non si  spaventa, e in pochi giorni impara a leggere le parti ordinarie della Messa. La settimana dopo mi telefona una ragazza santal che conosco bene, felice e commossa: “E’ arrivato un padre nuovo, e domenica ha già celebrato in santal! Si capiva benissimo. Pensa, subito ha voluto parlare come noi!” La ragazza è laureata, e parla benissimo il bengalese, ma la lingua dell’infanzia è quella che tocca il cuore...

 

p. Franco Cagnasso