Articoli e lettere - 2012

p. Fabrizio Calegari




2012


Un nuovo raccolto

Dinajpur – dicembre 2012

Siamo fuori dalla cappella, io e la gente, appena finita la Messa. Abbiamo festeggiato la festa di Cristo Re che, qui in Bangladesh, è sentita perché coincide con un’altra festa: quella del “lobanno”. Si festeggia il nuovo raccolto e la tradizione vuole che dopo la celebrazione Eucaristica ci si raduni e insieme si mangi il riso nuovo cotto con latte e zucchero o con la melassa della palma da dattero.

Intanto che le donne radunano tutti e preparano i “piatti”, ossia le larghe foglie di banano, benedico tutto il cibo preparato che ogni famiglia ha portato in cappella. Abbiamo ringraziato insieme il Signore per tutti i suoi doni e specialmente per il nuovo raccolto.

Sul mio pezzo di foglia diverse mamme cominciano ad accumulare cucchiaiate di riso fino a che dico basta perché mangiarlo tutto sarebbe impossibile. Almeno per me, perché a giudicare invece dalle porzioni degli altri, bambini compresi, non si direbbe. Del resto il riso per loro è tutto. Oggi diventa anche una golosità.

Mentre indugio sulla versione cotta con la melassa, che preferisco perché il profumo e il sapore sono particolari, mi diverto a guardare gli altri. C’è qui tutto il villaggio, dai vecchi ai bimbi ed è un bel momento di condivisione e di gioia. C’è un papà che aiuta il suo piccolo a mangiare imboccandolo con la mano, e lo stesso fa una bambina con la sorellina, portando il riso alternativamente alla sua e alla propria bocca.

Un anno è quasi finito e sento che il ringraziamento fatto durante la Messa deve comprendere anche tutto quello che in questi undici mesi del 2012 sono andato raccogliendo un giorno dopo l’altro. Molto direi, moltissimo.

I giovani della NTS accolgono il Vescovo Sebastian Tudu per la festa del 1° Maggio.

Con lui anche Fr. Massimo, direttore della scuola

Dallo scorso Gennaio gli ostelli da seguire sono diventati due. Un anno fa circa p. Franco, il mio superiore, mi chiese di farmi carico anche dell’ostello della nostra scuola tecnica, la Novara Technical School (NTS), rimasto senza direttore. Si dice che quando non ci sono i cavalli trottano gli asini. Un saggio amico francescano aggiungeva però che gli asini, in montagna, arrivano più in alto dei cavalli. Nella serena consapevolezza di non appartenere purtroppo neppure alla seconda categoria (con il ginocchio che mi ritrovo arranco anche in pianura), ho accettato subito la proposta.

Oltre al resto, mi stimolava l’idea di misurarmi con un ambiente educativo diverso.

Ci sono cinque km. di distanza tra i due ostelli, quindi una cosa fattibile a livello logistico. Non sapevo invece ancora come avrei potuto gestirmi nel doppio incarico e sdoppiarmi cercando di dare a tutti almeno il necessario. Il che significa per me, sostanzialmente, garantire una presenza non solo qualitativa ma anche quantitativa.

E quindi condividere il più possibile la vita dei ragazzi e creare un clima, un ambiente, che sia già di per sé educativo, senza demandare tutto ai momenti formativi che pure sono necessari. Una bella sfida.

La NTS è stata creata con grande lungimiranza dai nostri padri nella metà degli anni ’60. In quasi cinquant’anni di attività ha formato e dato lavoro a migliaia di giovani, perlopiù tribali, con i quali viviamo da sempre. Attualmente ci sono in attività quattro officine: carpenteria, meccanica, elettronica-elettrotecnica e riparazione auto. Sono due anni di corsi più un terzo per i migliori. Ma c’è anche un corso di un solo anno per i più…lenti ma bisognosi comunque di rovare un lavoro. La dirige con bravura e competenza fratel Massimo Cattaneo, maggiore di me di qualche anno, con il quale divido la passione per Il Signore degli Anelli e i fumetti di Tex.

La giornata alla NTS è bella piena (mattina scuola e dalle 13.00 alle 17.00 officina) e non sono molti i tempi nei quali posso inserirmi.

La “popolazione” è più o meno la stessa che ho all’ostello St. Philip, anche numericamente:110 studenti in entrambe le istituzioni, in grande maggioranza tribali cristiani. La differenza sostanziale la fa l’età, che è maggiore all’NTS, e il grado di istruzione, che è minore. Molti giovani infatti approdano qui proprio perché non riescono negli studi. Ma, a differenza dei loro amici che continuano a studiare, troveranno subito un lavoro appena finita la scuola.

Mi ha dato gusto, girando spesso nelle officine, vederli imparare. E’ stata un’esperienza nuova anche per me e molto arricchente.

Altra musica all’ostello St. Philip, che seguo ormai da nove anni. Anche qui la giornata è piena: sveglia alle 5.20 e poi in pista per tutto il giorno tra scuola, studio, gioco, ecc. fino alla sera quando scaglionati per classi si va a dormire. I grandi di decima (la nostra seconda superiore) finiscono lo studio alle 23.00.

Ho sempre detto che per fortuna gli adolescenti bangladeshi non sono difficili come gli italiani, perché altrimenti sarei scoppiato dopo appena una settimana, forse nemmeno. Ma l’adolescenza e la prima giovinezza restano tappe belle e complicate anche qui. Pur non cambiando rapidamente come in Italia, mi sono accorto con chiarezza che anche qui le generazioni mutano più rapidamente che in passato. Del resto è ovvio, perché assimilano per osmosi i cambiamenti sociali. Il sogno di avere un cellulare, per esempio, è un tarlo micidiale, soprattutto perché non se lo possono permettere. Poi magari lo userebbero per tutto tranne che per telefonare, ma questo è un altro discorso. Quando ho cambiato il mio, ho chiesto pareri e mi han saputo dire marche e prezzi a memoria, salvo poi guardare schifati il modello base che ho comprato senza neppure la fotocamera…

Naturalmente non è mancata la grande sfida a pallone (poteva?). Per me, che avevo preparato le due squadre, la fatica maggiore è stata quella di stare zitto per rimanere super-partes. Ero curioso di vedere come andava: da una parte l’NTS con maggiore fisicità e forza, dall’altra il St. Philip con maggior tecnica e organizzazione di gioco. Sul campo della scuola tecnica, col pubblico delle grandi occasioni, abbiamo assistito ad una bellissima partita vinta alla fine dal St. Philip per 3-2.

Accompagnare questi ragazzi e giovani nei due ostelli, aiutarli a crescere, a capire i mutamenti che avvengono in loro, a leggere la propria vita, a trovare nel Signore Gesù l’Amore che non viene meno mai, è una sfida affascinante che non smette di entusiasmarmi.

Non so dire quanto sia riuscito a centrare l’obbiettivo minimo di servire le due comunità, essendo presente significativamente in entrambe. Sono riuscito a trovare un certo equilibrio nelle attività e nelle proposte. Il resto lo dovrebbero dire i ragazzi. Certo adesso mi ritrovo con le batterie scariche, perché in un anno credo di non aver fatto due giorni di vacanza filati. Ma ne valeva la pena.

So che non è ancora tempo di raccolto. Si semina, si ara, si pota e si irriga. Sperando che un giorno, quando questi ragazzi saranno uomini, portino frutto nelle loro famiglie e comunità.

E ringrazino Dio, come noi oggi in villaggio.

Il grazie si estende anche a tutti voi nostri amici: da tempo ci seguite con affetto e sostegno concreto. Lavoriamo tutti per un nuovo raccolto. Vi ricompensi il Signore per ogni cosa. Da parte mia posso solo dire che ci state aiutando tanto e ve ne sono immensamente grato.

Vi auguriamo di cuore un Santo Natale e la pace che solo il bambino Gesù sa dare.

p. Fabrizio Calegari

La scomparsa di padre Enzo Corba

Dinajpur – 29 novembre 2012

Abbiamo perso il nostro carico da undici. In modo veloce e improvviso p. Enzo ci ha lasciato l'altro ieri notte alla 1.15. Da qualche giorno non stava bene, aveva febbre e grande affanno nel respirare. Ieri ha fatto le visite mediche allo Heart Foundation dove però non l'hanno voluto ricoverare. Adesso forse capiamo perché. Enzo fino all'ultimo è stato lucido e presente.

Ci lascia un grande uomo e un grande missionario. La scorsa assemblea ci ha dato dei fogli nei quali ha riassunto la sua esperienza missionaria: sono la prova che in lui la passione missionaria, per l'uomo e la Chiesa non erano sopite mai.

Ho avuto la grazia di poter fare con lui una bella, lunga, ultima chiacchierata, proprio su quei fogli. Propositivo, ottimista, incoraggiante, provocatorio come sempre. Potevo non essere d'accordo con lui su alcune cose, e lo sapeva, ma mai indifferente alle sue parole.

L'ho ringraziato dal cuore per la bellezza della condivisione e gli ho detto che la stessa devozione che più volte lui manifestava nei confronti dei pionieri, la provavo anch'io per lui. Adesso sono contento di averglielo detto in tempo.

Oggi alle 10.30 i funerali in Cattedrale, poi sepoltura a Singra secondo la sua volontà.

E' stato un anno difficile per la nostra comunità, tra ammalati e emergenze pastorali. Lo è ancora di più ora. Trovarsi la domenica sera a mangiare insieme, giocare al 2, non avrà più lo stesso sapore senza Enzo. Senza contare l'oca e il maiale arrosto che preparava per Natale. Ma lo sappiamo con il Signore che ha amato e servito per una vita, e questo ci consola.

Lo ricordiamo con il suo faccione onesto di missionario e il buongustaio che amava la tavola e la buona compagnia. Un compagno, nel vero senso cristiano del termine.

p. Fabrizio Calegari