Articoli e lettere agli amici - 2015

p. Franco Cagnasso


2015


Al Posto giusto da 25 anni

Franco Cagnasso

Mondo e Missione - agosto/settembre 2015


L'Associazione Laici Pime (Alp) opera in missione da un quarto di secolo. Un impegno e una sfida che si rinnovano continuamente

Sta parlando sul serio o ci prende in giro?». Le facce degli ascoltatori erano decisamente perplesse e incredule, l'attenzione cresceva per cercare di capire dove mai volessi arrivare; si aspettava, curiosi, il colpo di scena finale che capovolgesse il discorso, chiarendo tutto. Invece il colpo di scena non venne: dissi loro che si, bisognava proprio accettare la realtà come avevo cercato di descriverla. Ero allora superiore generale del Pime, il superiore che aveva dato prova di credere nella missione dei laici, anche con impegni "a tempo", dando il via alla costituzione dell'Associazione Laici Pime (Àlp). E stavo parlando proprio a un gruppo di giovani che seguivano il corso di preparazione Alp. Per questo avevo deciso di parlare chiaro, anzi di provocarli, senza avvolgere la realtà nella retorica o nella carta colorata. «Il missionario che va a lavorare presso altri popoli e in altre culture - dissi - deve accettare il fatto di essere stupido, ingombrante, costoso e inutile". E spiegai. E' passato parecchio tempo, l'Alp ha compiuto 25 anni, io rimango della stessa idea. Intendiamoci bene: un'idea che ho anche di me stesso, missionario "a vita" in Bangladesh. Posso sperare che, con il trascorrere del tempo, queste caratteristiche si attenuino un poco, ma ritengo che non scompaiano.

E allora? E allora il missionario - ad vitam o "a tempo", religioso o laico, donna o uomo che sia - non deve cercare di persuadersi che la realtà in fondo non è così, che «anche io sono importante». Deve piuttosto accettare che le cose stanno in questo modo e prepararsi a una presenza che fa conto su criteri e valori diversi. Quando Gesù dice: «Vi mando come pecore in mezzo a lupi» (Mt 10, 16) non aggiunge, per consolarci: «Però avrete i denti aguzzi anche voi». Dice di andare, accettando queste condizioni e assicura che Lui non ci abbandona. I frutti, poi, li valuta Lui.

Quel giorno volevo togliere ogni appiglio a eventuali tendenze "trionfalistiche" o, meglio ancora, ingenue, spesso involontariamente favorite dal linguaggio del mondo del volontariato e dai missionari stessi. Conclusi la mia lezione ai giovani in formazione Alp dicendo che, nonostante tutto, «se ci si prepara bene, e se con umiltà ci si riconosce stupidi, ingombranti, costosi e inutili, non si faranno danni rilevanti a chi ci ospita e si tornerà arricchiti da un'esperienza bella, utile al missionario e alla sua Chiesa d'origine. Inoltre, se tutto si vive mettendo al primo posto un sincero, semplice desiderio di amicizia, allora si può sperare che resti pure una lieve traccia nei cuori di chi con pazienza ci ha accolto, curato e sopportato. Una traccia dell'amore e della gratuità di Cristo, per la quale vale la pena di sapersi stupidi, ingombranti, costosi e inutili».

Come dicevo, a 25 anni dalla fondazione dell'Alp rimango dello stesso parere; posso aggiungere però una cosa, che non è trascurabile: l'esperienza mi ha convinto che i missionari laici "a tempo" - quale che sia il lavoro che hanno compiuto, il progetto che hanno realizzato più o meno bene - effettivamente ne escono migliorati loro stessi, lasciano tracce buone fra coloro ai quali hanno offerto qualche anno della loro vita e diventano animatori delle comunità a cui ritornano.

L'Alp è nata con l'intenzione di venire incontro a molte richieste e per rispondere a diversi bisogni. Si è cercato, qualche volta a tentoni, di dar vita a un organismo che preparasse e sostenesse i laici a operare con i missionari del Pime, all'interno di progetti e situazioni che il Pime considera suoi (o delle diocesi in cui opera), creando per i laici spazi di collaborazione piena e cordiale, e spazi di autonomia per vivere un tipo di vita e una spiritualità che hanno le proprie caratteristiche. In altre parole: collaborare cordialmente, come Chiesa, senza "clericalizzare" i laici e magari pure le loro famiglie...

Si cercava anche un equilibrio, che per il Pime è importante, nei rapporti di questa iniziativa e dei suoi laici con le loro Chiese locali. Al Pime non piace ritagliarsi spazi propri, isolandosi; preferisce prendere iniziative in collaborazione e in continua interazione con le Chiese. Vedevamo anche i laici "a tempo" come un contributo ad animare missionariamente la Chiesa tutta, sia in Italia che altrove, e non soltanto come un sostegno a noi e alle nostre opere. L'Alp ha queste caratteristiche e vuole continuare ad averle, migliorando. Infine, si può dire che la gente che abbiamo incontrato in missione - o almeno i cristiani - abbiano acquisito un'idea più ampia e completa di che cosa sia la missione? Credo che per ottenere un risultato del genere sarebbero necessarie molte più presenze di missionari laici, inclusa quella di famiglie, e per un tempo più prolungato.

I primi 25 anni ci hanno offerto buoni spunti incoraggianti, ma nei prossimi 25 bisogna che facciamo ancora molto di più!

Lettera agli amici

Dinajpur - Natale 2015

Carissimi Amici,

Non posso iniziare questa lettera di notizie e auguri senza ricordare il mio confratello e amico, il medico p. Piero Parolari. Il 18 novembre scorso, come ogni giorno, si recava in bicicletta a visitare alcuni ammalati, quando alcuni sconosciuti lo hanno accostato e gli hanno sparato. Miravano alla testa, ma “miracolosamente” lo hanno ferito al collo senza ledere organi vitali. La caduta dalla bicicletta gli ha provocato fratture varie, ma la vita è salva. Ora si sta lentamente riprendendo in Italia, mentre la polizia presidia le missioni di Dinajpur, e noi possiamo uscire solo con la scorta. Una situazione che mette a disagio, e speriamo non duri a lungo.

Questo episodio si aggiunge ad altri del genere, forse causati dall’intento di destabilizzare il governo colpendo stranieri che vivono in Bangladesh. Fa parte di una situazione tesa e deteriorata. L’anno era iniziato con tre mesi terribili, pieni di violenza in tutto il Paese, di paura, di persone bruciate vive in autobus e camion, per aver osato sfidare l’assurdo blocco proclamato dall’opposizione.

Poi, gradualmente, la violenza s’è placata, seguita fino a settembre da una relativa calma che ha permesso di tornare alla vita normale.

Al Centro Assistenza di Rajshahi sono ricominciati a venire gli ammalati, mentre a Snehanir, la “casa della tenerezza”, ai circa 30 ragazzi e ragazze con problemi agli arti si sono aggiunti altri 15 fratellini e sorelline con problemi di udito e di vista. Dopo qualche giorno di lacrime e nostalgia, i nuovi si sono adattati bene e ora fanno pienamente parte del gruppo.

Per loro abbiamo preso quattro istruttrici che insegnano usando la scrittura braille e il linguaggio dei segni, secondo le esigenze di ciascuno. Sono la giovane suor Shewly, che affianca suor Dipika nella responsabilità di tutta la comunità; Shanti che, amputata ad un braccio a seguito di un incidente, viveva stentatamente e manteneva una sorella pulendo i gabinetti di un grosso ricovero statale; Paulina, che aveva appena terminato gli studi intermedi; e Agata, che sfida le conseguenze della poliomielite lavorando da noi e continuando a studiare per laurearsi. Tutte e quattro dicono molto ai loro alunni, con le parole, ma ancora di più con la loro vita.

La scuola di Dino e Rotna nella baraccopoli di Dhaka ha fatto progressi inimmaginabili: usando vecchi computer donati da scuole per stranieri, organizza per le ragazze di quinta elementare niente meno che un corso di informatica; i risultati scolastici sono ottimi, abiti smessi aiutano a restare puliti e in ordine accrescendo il rispetto di sé.

Nella baraccopoli, come nei villaggi più poveri, verso i 14 anni una ragazza in molti casi non può continuare la scuola, perché i genitori la vedono come un peso economico e cercano di sbarazzarsene sposandola. Allora Dino e Rotna intervengono promettendo alla famiglia 10/15 chili di riso mensili, a condizione che essa resti a casa, cresca e completi almeno le elementari.

L’ostello dei ragazzi e ragazze Marma “Hill Child Home”, nel sud, ha inaugurato i due dormitori, femminile e maschile a Tong Khyang Para, e ha costruito un recinto per proteggere da frequenti disturbatori i più grandi, che vivono in una sezione staccata vicino alla città. Anche per loro i risultati scolastici sono buoni, e la voglia di studiare c’è. Rimangono purtroppo tensioni continue fra gli aborigeni, come loro, e i bengalesi che le tentano tutte per impadronirsi delle loro terre. La situazione tesa offre alle autorità il pretesto per negare agli stranieri il permesso di entrare in quelle aree. Per questo – con mio grande dispiacere – quest’anno ho dovuto cancellare il programma di andare a visitare i ragazzi. Finora la zona dell’ostello è rimasta tranquilla, speriamo che prosegua in pace, e che io possa ritornare a condividere qualche ora di gioia con loro!

Personalmente, da fine luglio ho fatto un imprevisto intervallo di due mesi in Italia; i medici si sono dati da fare e mi hanno rimesso in sesto molto bene. A Milano, il 20 settembre, partecipando al tradizionale “Congressino Amici PIME”, mi sono reso conto dell’impegno e della “grinta” necessari per realizzare le “esposizioni” di prodotti del Bangladesh. Ogni anno, amiche e amici di Milano, Lecco, Romano Lombardo e altri affrontano più volte questa fatica per offrire un aiuto sostanziale alle persone e alle iniziative che seguo. La mia riconoscenza verso di loro, e verso tutti voi che ci aiutate, si è fatta perciò più consapevole e viva. Grazie!

Il mio incarico di superiore dei missionari del PIME in Bangladesh, svolto per quattro anni, è terminato, e mi succede il giovane p. Michele Brambilla – che era il mio vice. Mi hanno proposto, e ho accettato un nuovo compito: ritornare a Dhaka, quartiere Mirpur 2, dove mi trovavo prima di essere eletto nel 2011, per aiutare p.Quirico nel lavoro parrocchiale. Mi occuperò della formazione di un gruppo di studenti di College che mostrano interesse a diventare missionari e vivono collaborando con noi in parrocchia.

Continuerò anche, come faccio da anni, ad aiutare studenti e ammalati poveri, e a sostenere gli ostelli “Hill Child Home” e “Snehanir”, il Centro Ammalati, la scuola nella baraccopoli e le altre opere che dipendono dal vostro aiuto.

Le difficoltà non mancano, ma sento profondamente la bellezza di poterle vivere in condivisione con persone semplici, umili, povere, che non hanno responsabilità per i disastri che l’umanità sta provocando a se stessa. E’ il mio modo di credere nella più straordinaria delle condivisioni, quella di Dio stesso che in Gesù viene a “porre la sua tenda in mezzo a noi” e a camminare con noi. A Lui chiedo forza e gioia per continuare, sicuro che la mia vita è nelle Sue mani e non può certo essere distrutta dalla stolta violenza di persone acciecate dall’odio. Che nessuno si impadronisca della nostra anima, questo è l’importante!

E’ il mio augurio natalizio per tutti voi, accompagnato dalla preghiera riconoscente

Buon Natale!

Franco Cagnasso