Articoli e lettere agli amici - 2016

p. Franco Cagnasso


2016


«Il mio Bangladesh e il Papa che vuole visitarci»

Franco Cagnasso

Mondo e Missione - 3 ottobre 2016


Da Dhaka padre Franco Cagnasso, missionario del Pime, commenta le parole del Papa su un probabile viaggio nel Paese nel 2017: «Saprà dirci parole di coraggio e di testimonianza cristiana che ci aiuteranno a ridimensionare le paure istintive e a vivere nella fede le paure che infondate non sono»

Dunque sul volo di ritorno da Baku e parlando dei prossimi viaggi apostolici la parola «Bangladesh» sembra sia quasi sfuggita al Papa, in associazione – come spesso accade – alla ben più nota e rilevante parola «India». Nessun giornalista l’ha raccolta, ma resta il fatto che – salvo smentite – l’anno prossimo Francesco verrebbe a visitarci.

Sarebbe bello!

Il ricordo delle poche ore di visita di Giovanni Paolo II nel 1986 qui in Bangladesh è ancora vivo; lo abbiamo ripreso quest'anno quando i preti ordinati da lui in quell’occasione hanno celebrato il loro trentesimo.

Sono cambiate tante cose, da allora. Il Paese è in fase di decisa crescita economica, la Chiesa cattolica è passata da 4 a 8 diocesi, e ha indubbiamente consolidato e collaudato organizzazione e strutture per andare avanti con le proprie forze, mentre il numero dei missionari si è assottigliato e la loro presenza fra non molto sarà quasi invisibile. Abbiamo persino inaugurato da poco un’«Università cattolica»!

I cattolici qui sentono in maniera molto forte il senso di appartenenza ad una realtà piu’ vasta, formata da tante chiese che fanno capo alla chiesa di Roma, e una visita del «capo» certamente li incoraggia.

Forse prima ancora che nella fede li incoraggia nella fierezza: ci siamo anche noi, e se qui siamo una piccola minoranza, nel mondo siamo una forza…


Al Papa i cattolici del Bangladesh vogliono bene, ma la sua opera ci raggiunge come un’eco lontana e smorzata. Per quel poco che lo si conosce, piace, risulta simpatico, e i vescovi si sforzano di far passare i messaggi fondamentali delle sue lettere e dei suoi messaggi. Piace la sua attenzione ai poveri, la sua semplicità; piacciono molto meno – anche se nessuno osa dirlo forte – i suoi interventi (così come vengono colti qui) a favore dell’accoglienza ai musulmani e – sembra un paradosso – anche ai migranti in genere. Dico «paradosso», perché anche fra i cristiani non sono pochi i «clandestini» e ancora recentemente – nonostante attentissimi controlli di vescovi e ambasciata – alcuni sedicenti pellegrini si sono squagliati nella folla di Roma e non hanno fatto ritorno.

Perché l’accoglienza li preoccupa? Non sono sicuro di capirlo bene, ma penso che si tratti di un timore analogo a quello di molti in Europa, che vedono la propria identità (vera o presunta) in pericolo; e se molti musulmani considerano le migrazioni come l’occasione offerta da Dio per islamizzare quel continente, i cristiani temono che sia proprio così, però non per grazia di Dio, ma per l’ingenuità e la debolezza degli europei, e anche del Papa (che – dicono – è sudamericano e quindi conosce ancora meno i musulmani). Questo e’ il sentire «di pelle» della gente, e anche il commento più esplicito di parecchi preti e qualche vescovo. Quasi quasi, fa piacere che il terrorismo abbia colpito anche il Vecchio Continente: chissà che le bombe riescano a svegliarlo e a renderlo più guardingo e forte?

Se il Papa verrà, comunque sarà una gioia grande, non solo per i cattolici ma per quasi tutti i cristiani e moltissimi indù e musulmani.

Persino l’Awami League, il partito di governo, sarà contento di far vedere quanto prestigio ha il Paese sotto la guida della sua inossidabile presidente, il primo ministro Sheikh Hasina… Qualcuno sarà preoccupato che tanta visibilità possa incattivire il fondamentalismo e anche il terrorismo, che recentemente hanno alzato la testa colpendo duramente. Non è da escludere che ci sia anche questo pericolo, ma val la pena correrlo: il Papa saprà certamente ascoltare anche l’espressione di questi timori, e dire parole di coraggio e di testimonianza cristiana che ci aiuteranno a ridimensionare le paure istintive e a vivere nella fede le paure che infondate non sono.

Saprà anche trovare parole che incoraggino atteggiamenti e scelte missionarie e pastorali, sempre a rischio di essere assorbiti dalle preoccupazioni organizzative, economiche, celebrative, di prestigio… Sì, anche in questa piccola chiesa abbiamo bisogno di ricordarci che le persone, specialmente chi è povero e soffre, e non le cose o i nostri programmi, sono al cuore del messaggio e della vita della chiesa.

Spero proprio che venga…

Lettera di Natale agli amici

Dhaka - dicembre 2016

Carissimi Amici,

vi scrivo da Mirpur, dove sono assistente in parrocchia dal gennaio scorso. Mirpur è un immenso quartiere popolare di Dhaka, pullulante di palazzoni, baracche, banche lussuose e immondi vicoli dove si scaricano e selezionano gli scarti della città. Qui il fondamentalismo cerca proseliti, e qui campeggia l’amatissimo stadio di cricket, gloria del Bangladesh. Pochissimi i cristiani, dispersi in una marea di persone; ma cercare con loro come essere fedeli al Vangelo in queste circostanze è stimolante e bello. Vivo con il parroco, p. Quirico, e una dozzina di studenti di college. Condividendo tempo, lavoro, preghiera, servizi, ed esperienze cerchiamo di aiutarli a trovare la strada migliore per loro, e qualcuno si orienta alla vita missionaria con il PIME. Sono contento di essere “approdato” in questa comunità, e di poter continuare anche altre attività che già avevo, alcune lontano da Dhaka.

A ovest, a Rajshahi, seguo il Centro Assistenza Malati, gestito dalle Suore di Maria Bambina. Anche le Suore di Madre Teresa hanno aperto un servizio in un quartiere vicino, quindi il numero dei nostri “clienti” poveri è calato leggermente, ma è aumentata la spesa, perché a noi arrivano le situazioni più complesse, specialmente tumori e problemi cardiologici – oltre alla tubercolosi, per cui abbiamo un reparto speciale. L’anno scorso in Bangladesh la TBC ha provocato la morte di 80 mila persone. Noi ne abbiamo salvate qualche centinaio...

Lettura braille

Sempre a Rajshahi si trova la comunità “Snehanir” con oltre 40 ospiti, per lo più disabili. L’anno scorso, abbiamo accettato 16 bimbi e bimbe con gravi problemi di vista e udito. Visitati da specialisti e curati, ora tre di loro ci vedono bene, e tutti stanno meglio. E’ bastato poco: un’operazione non complessa, medicine, cibo migliore.

Un bel grazie alla scienza, ricordando però le persone che hanno “scovato” questi bimbi in remoti villaggi, altre che li hanno accolti, amati, e che possono prendersene cura perché altre persone ancora, come voi, da lontano contribuiscono alle spese necessarie, permettendo il “miracolo” della loro vita nuova. Vogliamo che non si ripieghino sulla “disabilità”, e quando uno di loro ci lascia perché può farcela, la soddisfazione è grande; come quest’anno per Christopher, che insegna, Pauline che si sposa, e altri...!

A Bandarban, nel sud-est, seguo l’ostello dei Marma, fondato e guidato da Mong Yeo. In questi mesi, durante la stagione delle piogge, sono state messe a dimora ben 4475 piante da frutta (manghi, litchi, betel e altri). Speriamo che, con questi, e con gli alberi di gomma piantati in precedenza, l’ostello ricaverà il necessario per diventare autosufficiente.

Ragazzi e ragazze crescono, studiano, e lavorano con impegno, molto consapevoli che è in gioco il futuro loro e della popolazione Marma.

Magliette nuove

Dino e Rotna,la coppia di maestri che conoscete, ha adottato una ventina di ragazzine orfane, e prosegue la sua attività in una baraccopoli di Dhaka, gestendo una scuoletta per 150 bambine poverissime. Come “esca” per farle partecipare alle lezioni, offrono loro il pranzo, liberandole dalla necessità di elemosinare, rubacchiare, raccogliere spazzatura per procurarsi qualcosa da mangiare. Ultimamente, l’iniziativa aveva trovato il sostegno di vari stranieri residenti in città, e procedeva a gonfie vele . Purtroppo la strage terroristica del primo luglio scorso, in cui sono morti anche dieci italiani, ha diffuso la paura. Molti hanno rimandato le famiglie in patria, o in luoghi più sicuri, e le file dei sostenitori si sono molto assottigliate. Noi continuiamo il nostro modesto supporto sperando che ce la facciano,come già accaduto in altri periodi difficili.

Il terrorismo crea problemi anche ai missionari, non tanto a Dhaka quanto al nord, dove non ci è permesso uscire senza scorta e le missioni sono sorvegliate giorno e notte. P. Piero Parolari, vittima di un attentato nel novembre 2015, è salvo, ma non può tornare; per di più un'ondata di malanni seri ha colpito alcuni di noi, e ben nove sono in Italia.

La nostra Comunità ha dunque subito un "salasso" di quasi un terzo, e questi mesi sono piuttosto duri.

Anch’io l'anno scorso temevo di sentirmi dire: “Non puoi tornare in missione”, invece mi hanno rimesso in sesto, e al controllo di quest'anno il cuore è risultato a posto. A Dio e al medico un grande “grazie” – proprio “di cuore”!

Infine, il mio GRAZIE è per voi: per l'amicizia e il sostegno con cui seguite me, e tante persone a cui mi dedico .Un pensiero speciale a coloro che mi aiutano regolarmente anche, come a Lecco, Romano di Lombardia, Milano allestendo esposizioni di artigianato bengalese che richiedono tantissimo tempo, dedizione, fatica.

Auguro a tutti di non lasciarsi sopraffare da paura, angoscia, pessimismo: il mistero della nascita di Cristo, e della presenza di Dio nella storia dell’uomo e nella sua sofferenza ci dia la forza di vivere con fiducia e coraggio.

Un abbraccio e BUON NATALE

Franco Cagnasso