Schegge di Bengala - 2014

p. Franco Cagnasso

2014

18/12

Scale - Mukto - Kharma/Destino - Giaccone 

10/11

Dilemma - Credit Union - Lobbying - Donne - Faro 

19/10

Simpatia - Sconto - Sepoltura - Coetanei 

22/9

Myanmar - Scheggette birmane 1 - Scheggette birmane 2 - Al tuo paese 

30/8

Ispirazione - Messaggio 3 - Latino

7/8

Canton - Pause - Risse 

14/7

Indizi - Kalpara - Chirurgia - Messaggio bis 

9/6

Messaggio - Aia - Risorse - Sostegno 

20/5

Pellegrinaggio - Risultati - Camensì - Bilancio Rana Plaza 

13/4

Telefonata - Recupero - Pian piano - Numerati 

25/3

Scandalo - Miracolo - Archivio 

9/3

Malattia - Lingua madre - Mosè - Oggi 

4/2

Affaroni - Sgonfio - Significati - Cinquantesimo - Dubbi

19/1

Votazioni - Khidirpur - Leggendo - Emorragia - Effetto Francesco

118

Dinajpur - 18 dicembre 2014

 

Scale

E' normale che molti viaggino sui tetti dei treni, a vederli da lontano sembrano pure comodi e tranquilli; qualche ragazzotto fa anche le corse da un vagone all'altro. Il salire e scendere però, agganciandosi a finestre, ganci e affini, è un altro discorso. Qualcuno mostra evidenti segni di fatica. Nelle grandi occasioni si avventura anche qualche donna, e allora il problema diventa grave - specie se indossano il sari. Ma sarà così ancora per poco tempo, perché si sta diffondendo il mestiere dello "scalista". Ragazzi intraprendenti stanno pronti; basta un cenno del passeggero, corrono con una scala a pioli, l'appoggiano nel punto richiesto, e il passeggero/a sale o scende senza troppa fatica, spesso aiutato dallo zelante scalista, sistemandosi adeguatamente sulla sua porzione di tetto o andandosene con il suo bagaglio. Tutto con la modica spesa di taka 10.

 

 

Mukto

"Mukto" significa "libero". Mesi fa c'è stata un'energica campagna di stampa contro l'uso, diffusosi fra contadini, macellai, pescatori e commercianti di usare abbondante formalina per conservare frutta, verdura, carne, pesce. Le autorità sono intervenute esaminando, sequestrando e distruggendo carichi sospetti diretti a Dhaka; ma la stagione dei mango quest'anno è stata magra e triste per la paura diffusa. Sono stati messi in vendita anche "kit" per esami "fai da te" rivelatisi in seguito non corretti, e sono apparsi qua e là mercati con la vistosa scritta: "Formalinmukto Bajar": Mercato libero dalla formalina.

L'idea è piaciuta a qualche pezzo grosso. Poiché la legge che proibisce la mendicità, solennemente approvata dal parlamento, non ha avuto neppure l'ombra di un risultato, ora le autorità di uno dei due municipi di Dhaka hanno creato le aree libere da mendicanti. Un bel cartello stradale triangolare di un simpatico colore arancione reca la scritta "bhikkhuk mukto elaka" ("zona libera da mendicanti"), e l'immagine di un anziano che tende la mano. E c'è una X sovrapposta - per fortuna non sul mendicante ma sulla mano tesa. Le zone libere per ora sono tre: quella delle ambasciate, quella dell'aeroporto, quella degli hotel di lusso. Chi viene a Dhaka può tenerlo presente.

P.S. Una dispettosa fotografia pubblicata da un quotidiano riprende il cartello in primo piano, e sullo sfondo tante auto incolonnate, con due mendicanti che si destreggiano fra l'una e l'altra, con  la mano tesa per chiedere...

  

 

Kharma/Destino

Shundori (Bella) ha quindici anni, sta studiando - con un po' di fatica - in seconda elementare, viene da Bhutahara, un villaggio di Orao dove da qualche anno p. Emilio ha fondato una missione. Sta con noi a Snehanir, perché dalla nascita ha i piedi storti e non cammina. A casa si spostava gattoni, appoggiando a terra non il palmo ma il dorso delle mani su cui s'è formato un callo; piegandoli all'interno, ha finito per stortare anche i polsi, ma questo non le impedisce di usare le mani benino e anche di fare lavoretti di artigianato. Ora ha una carrozzella su cui la portano a scuola, e si trova molto bene in comunità.

Credendo di fare una cortesia, ero andato a trovare la famiglia, trovando un'inattesa atmosfera di gelo. P. Emilio ci aveva detto: "State molto attenti a tenere i rapporti con la famiglia: sono hindu tradizionalisti, non volevano lasciar andare Shundori a Snehanir, ma lei ha insistito. Sono sospettosi e ostili. Non sono mai andati a trovarla..."

Il mese scorso, suor Dipika l'ha accompagnata a Khulna, dove ogni anno, per una ventina di giorni, un gruppo di ortopedici italiani visita e opera, nell'ospedale S. Maria, dei missionari Saveriani con le Suore di Maria Bambina. I medici hanno detto che Shundori, se operata, potrà rizzarsi in piedi e camminare. Possono operare subito, oppure l'anno prossimo; costo totale, simbolico, 10 euro. Abbiamo avvisato il fratello maggiore che sta a Rajshahi e a sua volta ha avvisato i genitori. P. Emilio ha parlato con loro. Il giorno dopo, la sentenza del papà: "Niente operazione: è nata così, viva così." 

 


Giaccone

Mi hanno regalato un giaccone da motociclista, imbottito, perfettamente su misura per me, caldo. Un poco fuori moda, ma bellissimo. Protegge ottimamente dal vento. In precedenza avevo avuto in regalo un casco da motociclista. Pure lui un poco fuori moda, ma bellissimo

Io non ho la motocicletta.

 

BUON NATALE A TUTTI

 

p. Franco Cagnasso

117

Dhaka - 10 novembre 2014

 

Dilemma

Questa "scheggia" sarà per il pellegrinaggio, o per Fratel Ettore? Vedete voi...

Il pellegrinaggio si è svolto il 31 ottobre a Rajarampur (Dinajpur), al santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei, la cui costruzione, nel 2000, è stato un raro esempio di stretta collaborazione fra i nostri missionari "esperti" in edilizia - tutti autodidatti, tutti abili, ma con idee e stili differenti. Un primo miracolo?

In una giornata splendida, il programma si è svolto con perfetto ordine (in queste occasioni i tribali sono disciplinatissimi, pazienti, silenziosi), organizzazione lodevole, addirittura puntualità. Presenze maggiori del previsto: circa 5.000 persone. Nella sua bella omelia (va beh, meglio ancora fosse stata un po' meno lunga...) il Vescovo ha spiegato che vuol creare una tradizione diocesana.

Purtroppo, nonostante la mia buona intenzione di pregare devotamente, l'insolita puntualità, con la straordinaria bellezza del posto e dei fedeli mi hanno distratto: mi guardavo attorno quasi dovessi trovare Fratel Ettore, che ora sta a Lecco, e vederlo felicissimo per l'evento, ma anche ansioso - il perché lo dirò.

Fratel Ettore Caserini da Pizzighettone (Cremona), dopo alcuni anni nella nostra scuola tecnica di Eluru (India), ne dedicò molti altri alla scuola tecnica di Dinajpur (Bangladesh) contribuendo a dare gli elementi fondamentali dell'organizzazione che ancora adesso funziona. Poi gli venne affidato il sottocentro di Putimari e lui, solo soletto, ispirandosi alla tradizione monastica, fece ampi lavori di bonifica dei terreni della missione e della gente, curando anche la loro formazione umana e cristiana e rendendo il luogo, come gli dissi quando andai a trovarlo - un sorprendente angolo di Svizzera in Bangladesh. Dopo una pausa in Italia, e un periodo alla scuola tecnica di Watuluma (Papua Nuova Guinea), quando sembrava arrivato il momento del meritato riposo, Ettore tornò, accettando l'incarico di "custode" del santuario.

Un custode solo soletto, ma decisamente attivo, e preciso. Cucinando per sé, aveva inventato la minestra di verdure (coltivate da lui) "a ciclo continuo", che bastava cuocere ogni tanto, senza mai svuotare la pentola... Lavorando la terra, chiamando gli artisti e tenendoli ben disciplinati accanto a sé, verificando tutto ciò che veniva fatto, e anche l'ordine preciso con cui crescevano gli alberi (se un ramo non era in riga... zac!), seguendo con pazienza la gente del villaggio e tampinando preti e vescovi perché venissero regolarmente a celebrazioni e feste... ha reso Rajarampur un gioiello. Un grande "pukur" (stagno artificiale) all'entrata, con maestosi alberi all'intorno e illuminazione notturna (per ragioni estetiche e ittiche, perché le lampade attirano gli insetti che nutrono i pesci) rende la vista della bella facciata ancora più bella. Lungo un ampio muro di cinta, bassorilievi con i misteri del rosario, presso il pukur la Via Crucis, sul lato sinistro acqua, panche e servizi per i pellegrini, alberi da frutta, salette di riunione, parcheggio esterno, proibizione assoluta di picnic, di foglie secche fra l'erba,  e di chiacchiere inutili; prato... non alla svizzera ma all'inglese.

Attenzione, questo non è un necrologio in cui si possono anche ingrandire le virtù, tanto nessuno contraddice: Ettore è vivo e sta bene!. Perciò dovete credermi: Rajarampur è davvero bello, e i pellegrini, il 31 ottobre, continuavano a dirlo, meravigliati.

Contentissimo del pellegrinaggio sarebbe stato anche lui, perché ho parlato di ansia? Eh sì: per l'erba inevitabilmente calpestata da migliaia di piedi, e per cartacce e sacchetti di plastica inevitabilmente sfuggiti al servizio ordine e pulizia; che era buono, molto buono, ma... senza Ettore...

  


Credit Union

Il sistema delle Credit Union, qui in Bangladesh, è stato avviato da un missionario americano 59 anni fa. Il principio è semplice: sei povero e vuoi aiuto? Incomincia ad aiutarti tu stesso dai un contributo alla Credit Union, piccolo piccolo, secondo le tue possibilità, ma regolare. Vuoi che la Credit Union ti dia fiducia? Bene, ma trovati qualcuno che ti conosce e ha fiducia in te quanto basta per farti da garante. In questo modo, ci si aiuta e ci si controlla a vicenda, e il metodo dà buoni frutti - senza escludere periodici guai, imbrogli, litigi...

Il 31 ottobre scorso a Bonpara si sono radunate - dicono - ben 4.000 persone per festeggiare i 50 anni della Credit Union locale, fondata dal nostro P. Luigi Pinos. I primi membri erano 19, con un capitale di 58 taka (50 centesim1 di euro). Ora sono in circolazione ben altre cifre, e i membri della Credit Union sono 2.754 - molti dei quali lavorano nella capitale, o all'estero. Non è solo questione di soldi, le Credit Union cercano di formare alla solidarietà, responsabilità, ad un risparmio intelligente.


Lobbying

Come tadurre lobbying? Intrigare forse; persuadere il prossimo che le cose stanno proprio come le voglio o le dico io, così che, alla fine, la legge vada dalla mia parte.

Mir Qasem Ali, 62 anni, era giovane quando si dedicò con impegno a torturare, uccidere, stuprare la sua gente a Chittagong, per contrastare il movimento popolare che  nel 1971 portò alla creazione del Bangladesh (allora Pakistan Orientale). Sconfitto, scomparve per 6 anni, riaffiorando quando, dopo l'assassinio del Padre della Patria, il vento cambiò direzione. Si diede a riorganizzare gli ex collaborazionisti in vari gruppi di opposizione radicale, e a far soldi a favore suo e del partito Jamaat-ul-Islam, di cui era segretario generale aggiunto. Era nella direzione di ben 36 imprese: banche, istituzioni educative, ospedali, centri di studio, televisioni, ecc. Nel 2010 il vento soffia di nuovo contro: parte l'ondata di processi di capi del Jamaat, con l'accusa di crimini contro l'umanità. Mir Qasem, arrestato con 14 capi d'accusa, firma un contratto da 25 milioni di dollari con una società americana perché faccia "lobbying" a suo favore, convincendo giornalisti, opinione pubblica, ambienti politici in USA, e nel mondo intero, che il tribunale opera contro i diritti umani, viola le norme internazionali, e che lui è innocente. Poi, per buona misura, ne versa altri 50 ad un'altra società.

Il 2 novembre scorso, la Suprema Corte del Bangladesh ha confermato per Mir Qasem la condanna a morte per impiccagione.

 


Donne

So bene che l'autobus parte sempre in ritardo, ma non riesco ad adeguarmi, arrivo in anticipo e mi siedo solo soletto nel buon posto che mi è toccato alla prenotazione: C4. Pian piano i viaggiatori scendono da riksciò vari con marmocchi e bagagli, e si sistemano. Una giovane donna viene alla mia fila, confronta due volte il suo biglietto e i numeri sui sedili, si guarda intorno, mi scruta a lungo convincendosi, penso, che oltre ad avere una età veneranda, ho anche un passato integerrimo. Si siede sul sedile a fianco, C3, senza una parola - e io doverosamente la ignoro. Ne arriva un'altra, più anziana. La guarda, mi guarda, si agita, esita, sbuffa, poi sussurra all'orecchio della mia vicina: "Qui c'è un uomo, cambia posto!". Forse ha problemi di udito, perché il sussurro viene sentito da tutti i viaggiatori, che ovviamente fanno finta di non aver udito. La risposta suona sicura: "Lo so mamma, non preoccuparti, va bene così." La donna si guarda attorno in cerca di solidarietà, insiste, poi si rassegna, saluta la figlia e se ne va. Arriva il controllore: "Che posto ha lei?" "Il C3". "Scusi, adesso vediamo di cambiarlo." "Lasci pure, va bene così." Torna la mamma, di fretta: "Ho parlato con l'autista, ora provvede lui." "Vai a casa mamma, non c'è problema." Arriva l'autista: "Le ho trovato il posto, vada là..." La giovane cambia posto. L'autobus sta per partire, ma un riksciò si para innanzi e lo ferma, scende in fretta un'altra signora - ben più larga della precedente. S'affanna a bordo e si schianta sul sedile rimasto libero. Iniziano le grandi manovre del controllore, che attraverso un attento gioco maschi-femmine riesce a liberare un altro posto e a mandarvi la signora. Io naturalmente non ho visto e non ho sentito nulla, ma confesso che viaggiare con il sedile a fianco vuoto non mi dispiace affatto. Senonché... c'è una fermata prima di uscire da Dinajpur. Sale una persona sola, una giovinetta (magra). Si siede. Il controllore sa bene che ora il bus è al completo, e fa finta di niente. La fanciulla dorme quasi ininterrottamente per 11 ore, e io - vi assicuro - mi sono comportato in modo integerrimo.

 


Faro

L'Unione Europea sta finanziando un progetto di sostegno alle scuole elementari in Bangladesh, attraverso organizzazioni locali, fra cui la Caritas. Si chiama "Lighthouse", in bengalese "aloghor", in italiano "faro" - della conoscenza, presumo...

Sguinzagliati fra scuole e scuolette, gli incaricati Caritas hanno anche il compito di provvedere ai bambini che a scuola non ci possono andare. Infatti, nei primi due anni del progetto quinquennale, ne trovano parecchi con problemi fisici o mentali. Per aiutarli devono appoggiarsi a opere già esistenti, che però sono pochissime o non affidabili. Così - nonostante le perplessità di qualche funzionario europeo che, mi dicono, avrebbe fatto volentieri a meno di rivolgersi a opere della Chiesa Cattolica - approdano anche alla diocesi di Dinajpur e ne sistemano alcuni. Poi, a Rajshahi, si fanno vivi con il nostro Snehanir (Casa della tenerezza), per la sua esperienza decennale e la sua bella comunità mista di ragazzi e ragazze, normodotati e con handicap, affidata alle suore locali Shanti Rani. Ci fanno abbondanti complimenti, promettono sostegno economico e organizzativo, e ci convincono (non ci voleva molto...) ad accettare venti bambini e bambine non vedenti o non udenti. Nel prossimo gennaio si aggiungeranno agli altri 28 ragazzi già in comunità che, ne sono sicuro, daranno ancora una volta prova del loro grandissimo spirito di accoglienza e aiuto reciproco. Intanto, nuove maestre e assistenti - tutte prese dal nostro "giro" - si stanno preparando con il braille e con il linguaggio dei gesti.

Venti bambini sono pochissimi, ma per ciascuno di loro sono proprio contento.

 

p. Franco Cagnasso

116

Dhaka, 19 ottobre 2014

 

Simpatia

Lo sciagurato aveva tranciato obliquamente un grosso filo di ferro per fissare il pignone della ruota del suo riksciò, parcheggiato nel bazar in mezzo alla strada. Arrivo io, zigzagando lentamente tra un carretto, una capra, una bancarella, un mendicante; urto leggermente il riksciò, e la ruota quasi nuova si squarcia... neanche avessi usato un coltellaccio. Naturalmente non so dove siano gli attrezzi, naturalmente i giovanotti che accorrono montano il crick dalla parte sbagliata, naturalmente la ruota di scorta è sgonfia, naturalmente fa un gran caldo, e naturalmente si mette a piovere... Non ne possiamo più. Naturalmente abbiamo parecchi spettatori che commentano; fra gli altri, una famigliola musulmana povera povera che ha la capanna proprio dove siamo fermi. Pian piano, passano dalla curiosità alla simpatia per suor Dipika con il suo abito bianco, e per me, straniero accaldato che balbetta la loro lingua. Dopo qualche esitazione e consultazione fra marito, moglie, zia, nonna e vicini di casa, ci invitano nel cortile, offrono acqua, comprano biscotti per rifocillarci, e poi ci invitano per il pranzo. Ancora una volta, il Bangladesh si fa voler bene.

 


Sconto

Treno affollato, come sempre. Passa il controllore, come raramente. "Biglietto" intima ad un tipo benvestito. "Non ce l'ho." "70 taka, più la multa di 500". "Lo sconto?". Pausa, silenzio, ammiccamento. "Mi dia 50 taka". "Ma poi?" "Poi, nessun problema". Le 50 taka passano di mano, il biglietto non si vede. Stessa scena con un buon numero di passeggeri, e dopo una ventina di minuti il treno si ferma, in campagna. Un'occhiata dal finestrino... manca pochissimo alla stazione. I passeggeri che hanno avuto lo sconto scendono e proseguono a piedi. Il treno riparte per la fermata ufficiale, dove altri controllori sono all'erta, e scendono quelli che hanno il biglietto. Nessun problema.

 


Sepoltura

"Fino a pochi anni fa, quando qualcuno moriva, eravamo costretti ad avvolgere la salma in una stuoia, legare dei sacchi di sabbia ai fianchi e buttarla nel fiume. Poi è arrivato p. Arturo che si è interessato di noi. Ora il nostro villaggio ha un pezzetto di terra dove possiamo seppellire i nostri morti."

   

Coetanei

Carissimo Achille,

71.

"Una bella età", si diceva una volta. Oggi invece dicono: "Ancora giovane!"

Comunque sono 71, e a me va bene che sia un'età bella.

L'età in cui ci si distacca, ma con pace, ci si arrende, ma non da sconfitti.

L'eta' in cui si accoglie senza pretendere di possedere, e in cui si è indulgenti senza abbandonare ciò che è giusto.

L'età in cui Dio si avvicina, e noi possiamo incominciare a sorridergli senza rivolgergli troppe domande. Un abbraccio. Franco


Carissimo Franco,

parole sagge che meditiamo insieme mentre il cammino procede.

Angelo Silesius mi sta aiutando con le sue sintetiche ma profonde meditazioni:

"Nulla da te Dio vuole se non che in Lui riposi.

Fa' questo e Lui per te farà ogni altra cosa".

Un grande abbraccio ! Achille

 

p. Franco Cagnasso

115

Dinajpur, 22 settembre 2014

Myanmar

Dopo 7 anni di pausa, torno per un breve corso di teologia ai seminaristi dell'anno di spiritualità: sono 47, provenienti da tutte le 16 diocesi del Myanmar. Nel frattempo i media ci hanno parcamente informato che il regime militare ha allentato un po' i freni, ci sono state elezioni per un parlamento dove la maggioranza dei membri non viene eletta, si profilano prudenti cambiamenti verso maggiore libertà, rispetto per le minoranze politiche e etniche. Alcune aree di guerriglia sono state pacificate. Aung San Su Kyi, liberata da anni di custodia domiciliare, gira e fa politica, ma non partecipa alle elezioni presidenziali perché una clausola impone che non solo i candidati, ma tutta la famiglia siano cittadini birmani. Guarda caso, il defunto marito di lei era inglese. Sembra che sia amata, ma non idolatrata: se non diventa presidente, pazienza, ora la porta è aperta per scegliere qualcuno che faccia bene.

  


Scheggette birmane 1

Per un osservatore occasionale, è cambiato qualcosa in questi ultimi anni?

Il traffico, aumentato, rimane calmo e ordinato, quasi silenzioso. Innumerevoli le moto piccole e gli scooter, niente motori ruggenti. Moltissime, forse la maggior parte, sono guidate da donne... e questo sorprende davvero chi viene dal Bangladesh!

Si costruisce molto, ma non ho visto "mostri" edilizi. Taunggyi continua a tenere industrie e case popolari ai piedi del monte, mentre uffici, scuole, banche, alberghi stanno su e possono permettersi di apparire un'isola felice, ricca di pagode scintillanti, fresca e tranquilla.

La moda cambia, le ragazze hanno ancora i capelli lunghi, ma non incredibilmente lunghi come prima. Gli abiti tradizionali rimangono, per uomini e donne, largamente più usati dei jeans e delle magliette.

Pubblicità? Le marche di birra dominano incontrastate, seguite dalle creme e dalle varie miscele solubili "three in one": caffè, polvere sostitutiva del latte, zucchero. Noi lo chiameremmo cappuccino. Non vedo (per adesso) lavatrici né frigoriferi.

Di politica prima si taceva, ora si sussurra. Speranza contenuta, fierezza quando si usa il passato: "C'era la dittatura militare", o il futuro: "L'anno prossimo nuove elezioni". Si guarda con desiderio a paesi più "progrediti", ma anche con timore, consapevoli che non tutto è oro quello che luccica. Non sembra che ci sia la corsa ad imitare, ma la voglia di essere se stessi, in libertà.

Molte regioni che prima erano chiuse perché afflitte da guerriglia, ora sono pacificate, e si lavora intensamente per trovare accordi anche dove ancora si combatte, specie nell'ovest. Si tratta, si spera, ma rimane una domanda che rode dentro: si potrà mai credere che manterranno le promesse? L'esercito è ancora "blindato", saldamente in mano solo ad alti ufficiali di etnia birmana e religione buddista.

  


Scheggette birmane 2

Le suore di Maria Bambina avevano accanto a Taunggyi un piccolo centro per ospitare persone con handicap mentali e fisici. Fratel Felice Tantardini aveva lavorato sodo alle modeste costruzioni, ed è stato sepolto là in una semplice tomba spesso visitata da parecchi. In questi anni le strutture sono aumentate e migliorate, pur restando semplici e povere, e undici suore, tutte del Paese, si prendono cura di 205 ospiti, oltre a 32 piccoli orfani. New Humanity ha allestito una sala di fisioterapia come si deve.

L'unico seminario maggiore del Paese, che serve 16 diocesi con un milione di cattolici, è stato suddiviso in tre: filosofia vicino a Mandalay, e spiritualità a Taunggyi, mentre la teologia è rimasta a Yangon; ci sono un totale di quasi 350 seminaristi, in locali molto ridotti. Dal prossimo anno, si avvia il nuovo seminario di teologia a Loikaw, raccogliendo candidati di 5 diocesi, tutte fondate dal PIME.

Mi racconta p. Charles: "E' venuto a trovarci p. *** e si stupiva perché ricordiamo continuamente il PIME e il suo lavoro. Come non ricordare? Siete voi che ci avete fatto conoscere Gesù!"

  


Al tuo paese

Dopo la parentesi in Myanmar, di nuovo in Bangladesh.

P. Giulio si azzarda a viaggiare in moto nonostante sia stato proclamato un "oborodh", blocco totale della circolazione. Altre volte ce l'ha fatta, ma questa volta incappa in un posto di blocco dall'aria aggressiva. "C'è oborodh, non deve circolare nessuno." "Ma io pensavo che l'adesione agli scioperi e agli oborodh fosse libera, partecipa chi è d'accordo..." "No, devono partecipare tutti, non importa quello che pensano, e tu non puoi circolare" "Ma questa non è democrazia!" "Se vuoi la democrazia, vai a cercarla al tuo paese"" "D'accordo, vado subito": ingrana la marcia e li lascia con un palmo di naso...

 

p. Franco Cagnasso

114

Taunggyi (Myanmar),  30 agosto 2014

  

Ispirazione

Da un anno p. Adriano lavora in una parrocchia che non conosco. In occasione di una sosta a Bangkok vado a trovarlo; ma quando arrivo, sta per uscire: "Devo incontrare alcune persone, vieni con me, poi ti riporto a casa." "Mi dispiace, ma non ho tempo, devo preparare il corso sul mistero di Cristo...". Adriano taglia corto: "Per il corso su Gesù, i piccoli ti ispirano meglio dei libri, vieni!" Ma come? Il mio corso è una cosa seria, va preparato bene! Seguo Adriano brontolando fra me e me. Si ferma a salutare  un branchetto di ragazzi che giocano lungo un canale. "Sono buddisti - mi dice. Vengono in parrocchia il sabato pomeriggio per qualche ora di doposcuola; poi leggiamo e commentiamo un pezzetto di Bibbia; sembra che piaccia." Segue lungo colloquio con un giovane disoccupato perché mandi i figli a scuola, poi visita a una vedova che stirando mantiene due nipoti, perché  figlio e nuora sono in galera. La gente ci guarda, commenta, qualcuno saluta...

Ci spostiamo in riva al fiume. Seduto su un tavolo in mezzo a barche in riparazione, un anziano magro, magro accoglie Adriano con entusiasmo e racconta animatamente: "Stanotte sono stato molto male, il cuore faceva 'huef, huef...' Volevo chiamare, non riuscivo a parlare. Allora ho ricordato quello che mi hai detto, che Dio è padre, e ho detto il Padre nostro. Vedi che sto bene?" "A noi sembra scontato, mi spiega Adriano, ma incominciare a credere che Dio è nostro Padre porta una rivoluzione nelle persone. Per ora ha imparato solo questo, ma vedi com'è contento?" Poi continua: "L'altro giorno, con alcuni ragazzi e adulti del quartiere, abbiamo letto in un salmo: Grandi sono le opere del Signore. Ho chiesto: secondo voi, quali sono queste grandi opere del Signore? Lunga pausa, poi arriva la risposta: quelle che fai tu."

Eccola qui l'ispirazione per il corso sul mistero di Cristo...

Non partirò spiegando Gesù e i suoi tempi, ma dicendo che il mistero è qui, oggi: perché quest'uomo viene dall'Italia alla Thailandia a cercare quattro mocciosi senza futuro, a dar tempo a un fannullone, ad ascoltare cosa pensano alcuni analfabeti? Dice che lo fa per seguire Gesù. E come avvenne per Gesù, il suo fare e dire rimandano oltre. Le "grandi opere di Dio" sono certo gli oceani e i cieli, ma più ancora sono quelle di un Nazareno figlio di falegname che si china sui bimbi, perdona le prostitute, tocca i lebbrosi, capovolge i nostri criteri di giudizio, si lascia crocifiggere pregando per chi lo uccide. Il "mistero di Cristo" è lì, nel suo proporci un Dio diverso e nel nostro crederlo presente proprio in Lui. Senza saperlo, è questo il Dio di cui sentiamo il bisogno, non una brutta copia ingigantita delle nostre storture. Oggi, come tanti, tanti anni fa.


 

Messaggio 3

Il "bicchier d'acqua" di Naomi (cfr. Scheggia "Messaggio" nelle Schegge 111, e "Messaggio bis" nelle Schegge 112) ne ha fatti arrivare altri, anche telefonici, fra i quali ne scelgo due.

10 agosto 2014 - Carissimo, non scrivo mai ma stavolta lo devo fare. Ho appena finito di leggere il tuo Messaggio Bis. Mi sono commosso, perché è così vero.

Accettare che a una certa età bisogna essere capaci di chiedere aiuto, e lasciare che altri ci diano una mano, è una lezione che sto imparando ogni giorno. La verità è che spesso mi arrabbio perché non riesco a fare quello che ho in testa. Mi mancano proprio le forze fisiche. Specialmente nel lavoro con i bambini e nella campagna. Non riesco più a lavorare tutto il giorno con loro o a salire sul trattore senza tirarmi su con una corda. Da ridere, spesso. Ma è anche bello. Rido di me stesso quando devo inventare qualcosa che mi aiuti a fare dei lavori che prima facevo senza pensare. I bambini hanno cominciato a chiamarmi "papa" - nonno in dialetto locale. Prima ero Mr. Gigi. Fantastico. Gli anziani invece mi chiamano " Uncle" - segno di rispetto. Tirem innanz.

8 agosto 2014 - Caro padre Franco, che bella questa scheggia!

Davvero dovremmo imparare a stimare di più la fragilità  a cui quasi tutti, prima o poi, in qualche modo andremo soggetti, e le persone che la vivono già sapendo che, come dice l'apostolo, quando sono debole, è allora che sono forte! (2Cor 12,10).

E' davvero triste che ci siano persone (io pure ne conosco), magari anche impegnate nella carità  verso questi nostri fratelli, ma che pensano che la loro vita, in fondo, non sia degna di essere vissuta; eppure la storia umana dovrebbe averci ben insegnato le conseguenze pratiche di questo modo di pensare! (...) Pace e Bene! Mario

  

Grazie a tutti! A Mario chiedo scusa: mi ha dato pure l'indirizzo di un sito dove entrare per trovare conferma di quanto scrive, ma non ci sono riuscito: misteri della navigazione in internet... A Gigi suggerisco d'inventare il gioco "Mettiamo il nonno sul trattore", con ricchi premi per chi riesce a issarlo più in fretta, ma con la dovuta delicatezza, per non danneggiare il nonno stesso...

  


Latino

Anni fa, nella mia posizione di cappellano semiufficiale degli stranieri che frequentano la chiesa del seminario a Dhaka, il coro mi chiese con insistenza di imparare qualche canto gregoriano. Mi diedi da fare con il Pater Noster e la prima difficoltà fu aspettare che il chitarrista, dopo molti ostinati tentativi, si persuadesse che non poteva accompagnarlo ritmandolo alla chitarra. Dopo la sua resa sconsolata e un po' offesa, la preparazione procedette speditamente e arrivammo alla prima volta, durante una Messa domenicale. Stupore, compiacimento, complimenti... ma dopo altre due o tre volte, il chitarrista si prese la rivincita e a ritirarsi fu il canto Gregoriano, presto dimenticato.

In Myanmar, al seminario maggiore che raccoglie i seminaristi di tutto il Paese, due volte la settimana Messa, Rosario e altre preghiere sono in latino. Mi dicono che in alcune diocesi la gente sa cantare la Messa in Gregoriano (per la precisione la Messa "De Angelis", e se i lettori giovani non sanno che cosa sia, peggio per loro!) Ci tengono, perché usandolo si sentono parte della tradizione universale e non piccolo gruppo isolato fra i monti. Ci restano male, se vengono a sapere che l'universalità del latino non c'è più...

Sulla qualità del canto, non mi pronuncio. Ma il problema non riguarda solo il Gregoriano!

 

p. Franco Cagnasso 

113

Dhaka, 7 agosto 2014

 

Canton

Ci ha lasciati in punta di piedi il 29 luglio, nella casa di Lecco dove risiedeva da qualche anno, il fisico in buone condizioni, la mente colma di ricordi vivi ma disordinati, quasi sempre spersa a ricercare la sua vita passata in Bangladesh.

Ha vissuto e lavorato in Pakistan (poi Bangladesh) per 57 anni, realizzando un numero imponente di opere varie: scuole, dispensari, parrocchie...

Ma non solo costruzioni! L'arcivescovo di Dhaka, un religioso, diceva: "Ho capito la vocazione del prete diocesano conoscendo p. Canton, il suo attaccamento alla parrocchia, il pensiero costantemente rivolto alla sua gente. La mattina era lui a suonare la prima campana e poi andava in chiesa, a pregare e aspettare che arrivassero i fedeli. Noi religiosi "lasciamo" la comunità per dedicarci alla pastorale, per lui la pastorale era tutto: impegno, comunità, famiglia."

A volte burbero e spiccio, autoritario, decisionista, sapeva trattare con chiunque e aiutare tutti, anche se parlava un bengalese che noi, per prenderlo in giro, chiamavamo "cantonese". Nel difficile periodo della guerra e del dopoguerra la sua autorevolezza venne riconosciuta da tutti e fu utile a molti. Aveva il gusto della competizione: se p. Gerlero costruiva un ostello a Bonpara, lui doveva costruirlo più grande a Borni, se un altro spendeva poco per comprare il riso, lui doveva riuscire ad averlo a meno ancora. Competizione benevola, un po' sbruffona, che favoriva le battute e l'amicizia con tutti.

Sempre ottimista e infaticabile; p. Quirico Martinelli scrive rivolgendosi a lui: "Mai Paura! Era la tua frase ricorrente... Di fronte ai guai e ai fallimenti (e ne hai avuti anche tu, senza farlo sapere troppo in giro...) riprendevi di nuovo come se niente fosse, senza scoraggiamenti e lamenti.   "Mai paura" e forse aggiungevi nel tuo cuore " Il Signore c'e' ! ". Sei stato il mio primo Parroco. Ero arrivato dall'Italia che avevo 25 anni, tante idee, tanto entusiasmo, ma un giovincello senza esperienza. Mi hai insegnato prima con l'esempio che con le parole (non facevi tanti discorsi) a lavorare sodo per il Signore, senza perder tempo, e ad amare la gente. Gente semplice ed insieme difficile, che tante volte ti faceva arrabbiare: allora gridavi, tanto che ti sentivano anche al di la' del fiume... e io accorrevo pensando che fosse successo chissà che cosa e invece niente, erano problemi normali, di tutti i giorni. La gente ha però un sesto senso per capire che erano parole che venivano dal cuore e ti voleva bene: avrebbe fatto qualunque cosa per te."

Qualche volta mi disse: "Fra poco lascio, torno in Italia in una parrocchietta di montagna nel mio Friuli, dove stare finalmente tranquillo". Gli rispondevo: "Canton, quella parrocchietta non esiste, non è stata ancora inventata..." Infatti, ha lasciato il Bangladesh proprio contro voglia, solo quando la mente ha incominciato a tradirlo.

Mi piace pensare che, arrivato in Paradiso, abbia subito detto: "Date un'occhiata giù, alla svelta: quando c'ero io certe cose non succedevano, hanno bisogno di aiuto. Ascoltate me e mettiamo a posto tutto..." Speriamo che lo ascoltino!

 


Pause

Mesi fa hanno iniziato a costruire una piccola moschea a tre-quattrocento metri di distanza dalla nostra casa a Dinajpur. Come sempre in questi casi, a fianco della strada dove sta sorgendo, hanno piazzato un tavolino, qualche sedia, un registratore con megafono dove persone di buona volontà si alternano nell'invitare i passanti a lasciare un'offerta. Tutto bene. Il problema è che il registratore funziona ininterrottamente dall'alba fino a  sera, e - pur lontani come siamo - ci ritroviamo la casa inondata di canzoncine, filastrocche, racconti, e poi ancora canzoncine, filastrocche e racconti, e poi ancora canzoncine... sempre uguali. Per essere giusti non dovrei dire "ininterrottamente", perché quando risuona, cinque volte al giorno, il richiamo alla preghiera, l'altoparlante tace per non soverchiare il richiamo e poi per lasciare il tempo di pregare senza disturbo. In queste condizioni, credo che anche un ateo privo di dubbi ammetterebbe che pure la preghiera ha una sua utilità...

 

  

Risse

Un giovanotto di un villaggio vicino va a Kurigram  dal calzolaio per far gonfiare il pallone; accidentalmente uno schizzo di liquido per lustrare le scarpe gli sporca la camicia. Conseguenza? Una rissa colossale che coinvolge 2 villaggi, con 150 feriti, di cui 17 ospitalizzati, e almeno 50 (cinquanta) case incendiate insieme ad un pulmino, 6 tricicli elettrici e cinque riksciò, mentre la polizia accorsa spara 65 bombe lacrimogene e arresta 28 persone... Nello stesso giorno, il primo agosto, un quotidiano riferisce anche di un altra località, dove si lamentano un morto e 10 feriti a seguito di un disaccordo sul luogo dove tenere la grande preghiera della festa Id-ul-Fitr. Tre giorni prima, due morti e molti feriti in una cittadina di provincia per una rissa nell'acquisto dei biglietti del treno prima delle feste.

Ci sono i casi "seri", vere e proprie battaglie per questioni di proprietà delle terre; ma ci sono anche queste improvvise fiammate, in cui persone normalmente tranquille e gentili perdono completamente il controllo, e si lotta alla morte senza neppure sapere perché.  I giornali ne parlano soltanto quando ci scappa il morto, o quando i feriti superano la cinquantina, o quando il traffico viene bloccato per ore. Non solo nei villaggi! Un universitario che fa una battuta su una ragazza dell'altra università è una scintilla per lotte che durano giornate intere e sfasciano aule. Quando si chiede loro il motivo, spesso la risposta non arriva: pura solidarietà di gruppo: se sei dei miei, certamente hai ragione...

 

p. Franco Cagnasso 

112

Dinajpur, 14 luglio 2014

 

Indizi

Alle due di notte del 7 luglio, una quindicina di uomini fa irruzione nella casa parrocchiale di Boldipukur (diocesi di Dinajpur), sfondando la porta e bloccando il vice parroco p. Anselmo. Mettono a soqquadro la camera, chiedendo con insistenza dove sono i soldi, portano via computer, calice, il poco contante che c’è...

Contemporaneamente, altri immobilizzano e legano due guardie notturne, uccidono uno dei cani, sfondano la porta dell’edificio del dispensario medico entrando nella stanza dove dormono alcune donne addette alla portineria e le picchiano duramente perché dicano dove si trovano le suore. La più anziana, con problemi motori, è lasciata a terra svenuta e sanguinante.

La suora che dorme al piano di sopra sente le urla, accorre, e i banditi la inseguono fino nella sua stanza, dove picchiano anche lei buttando per aria tutto. Poi passano alla casa delle suore sfondando, devastando stanza per stanza, frugando, picchiando, insultando. Sono una quarantina, quasi tutti giovani, armati di coltellacci da macellaio, indossano solo il lunghi, sembrano organizzati e sicuri di sé. Solo dopo un’ora e mezza l’arrivo della polizia li mette in fuga, senza che nessuno venga arrestato.

Sono arrivato sul posto poche ore dopo, pensando a uno dei tanti comuni episodi di banditismo che succedono in abbondanza in Bangladesh, anche perché la missione  si trova in una zona nota per assalti, conflitti e ruberie – che s’intensificano nel periodo del Ramadan, forse perché qualcuno vuol celebrare meglio la festa conclusiva...

Fondata dal PIME fra popolazioni prevalentemente di etnia Orao, Boldipukur è parrocchia dal 1951, e ora vi operano due preti diocesani e otto suore Missionarie dell’Immacolata-PIME: una indiana e sette bangladeshi. Non è nuova, purtroppo, a momenti difficili e turbolenze, perché i rapporti con una parte della popolazione locale, bengalese e musulmana, sono tesi per questioni di terre, create a alimentate da un signorotto arricchitosi con gli aiuti che arrivavano dopo la guerra (1971).

 

Tuttavia, l’assalto di cui è stata oggetto nella notte fra il 6 e il 7 luglio non sembra proprio “normale”: per il numero degli assalitori, lo stile, l’organizzazione.

Specialmente il comportamento con le suore è un indizio preoccupante. Finora, in Bangladesh, le suore sono state rispettate da tutti, anche da chi sa solo che vestono una divisa, sono cristiane, si dedicano a scuole e ospedali, e sono... le mogli dei preti. Ma perché questa volta, mentre il vice parroco l’ha passata relativamente liscia, loro sono state picchiate e minacciate di morte? Si tratta di un segnale perché – oltre che nel frequentatissimo dispensario – operano nella scuola, e uno dei motivi di tensioni è il terreno adiacente alla scuola? O questo fa parte di un imbarbarimento che sembra stia avvenendo nella società bengalese? Oppure ancora si vuol far capire che non c’è posto per le minoranze tribali, cristiane o no che siano?

“Aiutateci: ci sentiamo proprio soli...!” ha detto un anziano catechista al vescovo che ripartiva dopo la lunga visita piena di sfoghi, riflessioni, domande rimaste senza risposte.

 


Kalpara

Domenica prossima leggeremo nel Vangelo lo sconcertante sfogo/preghiera di Gesù, che ringrazia il Padre perché ha rivelato il Vangelo ai piccoli, e lo ha nascosto ai sapienti e agli intelligenti; e continua: “Venite a me, voi che siete stanchi...”. Per tutta la settimana mi sono chiesto come commentarlo, come ritrovarlo o collocarlo nella vita delle persone con cui avrei celebrato la Messa. Sabato, il parroco P. Gianni mi chiede di andare a celebrare a Kalpara: “Non ci sei mai stato ma non è lontano, e si raggiunge facilmente”. Infatti. M’accompagnano due ragazze dell’ostello, su stradette fangose, in un’area periferica ancora ariosa e silenziosa, nella prima mattinata. Ad una svolta si fermano a guardarmi e sorridono, mentre subito dopo di loro arrivo e alzo lo sguardo sulla chiesetta. “Ti piace?”. Sì è bella, un edificio semplicissimo, ma gradevole, una sorpresa inaspettata dopo tante casette anonime, cortili disordinati, piccoli magazzini, qualche campo...

Pian piano, la gente arriva. Mi spiegano che ci sono 31 famiglie Orao, di cui 19 cattoliche, sparpagliate nell’area. Lavoratori a giornata, alcuni mantengono moglie e figli tirando il riksciò, o con altri lavori da poveri e poverissimi. Molti ancora analfabeti, si sforzano di mandare i figli a scuola, e di vivere nelle loro tradizioni e cultura anche lontani dai villaggi d’origine e sommersi dall’immensa maggioranza bengalese e musulmana. La domenica, in quella chiesetta, rendono visibile la chiesa che Cristo ha fondato, raccontano con la loro presenza del suo amore e della sua risurrezione. Come commentare il vangelo di oggi? Ho detto loro: Gesù, senza dubbio, parlava pensando proprio a voi...

 


Chirurgia

La politica, qui, non va per il sottile: se non hai la tua banda di picchiatori stai tranquillo che non vai lontano. E i picchiatori, zelanti, sono sempre alla ricerca di metodi efficaci per far capire e accettare le loro ragioni. La sezione giovanile del partito islamico Jamaat, ad esempio, trova persuasivo il metodo di tagliare i tendini dei piedi o delle braccia ai giovani del partito arcinemico, Awami League. I giovani ne hanno sofferto, ovviamente, ma hanno imparato: si sono messi a usare lo stesso metodo, perfezionandolo. Ora non è infrequente sentire che, nella lotta per appalti e controlli di aree universitarie che devasta l’Awami League al suo interno, due diverse fazioni dello stesso partito vadano oltre il taglio dei tendini, e trovino più efficace l’amputazione totale: un piede, una mano o due, una gamba...

 


Messaggio bis

“Ciao Franco, come stai? Sono andato a leggermi le ultime “Schegge del Bengala”, mi sembrano un po’ calate o sbaglio? Poi cos’è questa storia del  “bicchiere d’acqua’ soltanto? Hai problemi di salute o è solo una meditazione sulla morte, tipo quelle che si facevano durante gli esercizi spirituali? Ti spero in salute, seppure un po’ invecchiato (ma quello capita anche a me)”.

 Così m’ha scritto un amico, riferendosi alla “Scheggia” intitolata “Messaggio”, andata in rete il 16 giugno scorso. Parlava di Naomi, la volontaria giapponese che dirige la Comunità dell’Arche, e della sua gioia perché dopo vari anni finalmente un loro ospite era riuscito a bere da solo un bicchier d’acqua. La Scheggia concludeva così: “Ora che gli anni aumentano e l’attività inevitabilmente deve calare, trovo il “messaggio” di Naomi di straordinaria verità. Fra non molto potrò soltanto offrire un bicchiere d’acqua e nient’altro. Forse neppure potrò offrirlo, ma solo riceverlo; ma anche allora sarà possibile uno sguardo di riconoscenza, che accolga e offra il volersi bene”.

Ho risposto al mio amico che ha ragione, le Schegge sono sottotono, perché ho attività sempre più disparate che sembrano sfuggire al mio controllo. A volte mi sento assalito da mille cose e cosucce che soffocano la possibilita' di guardarsi intorno con calma, di annotare un'osservazione che viene in mente... il tutto, ovviamente, aggravato dal fatto che con l'eta' la fatica si fa sentire e la "produttivita'" diminuisce drasticamente.

Ma vado avanti perché l’ho promesso a Maria, una nuova amica per corrispondenza che mi ha scoperto proprio attraverso quello che scrivevo.

Gli ho anche scritto che il riferimento al “bicchier d’acqua” non è frutto di un momento di cattivo umore o di un pio esercizio spirituale, ma “è un mio pallino non certo recente. Se sfogli il mio libro: "La forza della debolezza" (EMI) vi trovi un articolo dedicato ai missionari che non sanno invecchiare, che non accettano di dover essere aiutati: è una debolezza grande, camuffata da forza eroica. Tanti anni fa un amico con cui mi trovavo ogni tanto ad accompagnare un handicappato mi disse: "Se dovessi finire come lui, mi ammazzerei". La cosa mi fece riflettere molto. Ci vidi una specie di involontaria inautenticità: assistere, aiutare, scherzare, ma in fondo pensare che quella vita sarebbe meglio non viverla! Da allora ho spesso riflettuto sull'ipotesi che a me succeda qualcosa del genere (chi sono io perche' non debba succedermi?), e non vorrei  essere aiutato da gente che pensa che farei bene ad ammazzarmi. La conversazione con Naomi non ha fatto che farmi ritrovare gli elementi di questa riflessione che, come ho detto, sono anche alimentati dall'esperienza quotidiana con confratelli "eroici" che mai ammetterebbero di aver bisogno di un bicchier d'acqua, e che pretendendo di non essere di peso - diventano pesantissimi. E allora sì, anche se può suonare mestamente, non trovo nulla di male se a 70 anni di età si prende atto che la direzione in cui camminiamo è quella, e ringraziare Dio perche' ci sono persone come Naomi che trovano la pienezza della loro vita anche solo nel sostenere il bicchiere di uno spastico... Assieme a "eroi" rompiscatole si trovano anche anziani e ammalati che sono davvero un ristoro per la mente e lo spirito, nonostante i loro acciacchi: vorrei tentare di essere uno di loro, preparandomi per tempo”.

Ed ecco la sua risposta: “Bene, sono contento dell’interpretazione del bicchiere d’acqua. Riprendi ciò che mi hai scritto, togli tutti i riferimenti personali e scrivi un’altra bella scheggia di riflessione, tipo: “Ritornando sul bicchiere d’acqua di Naomi”. Ho trovato molto bello ciò che scrivi. Mio nonno, passando davanti al cimitero, mi diceva sempre: “Vedi, tutti questi si credevano indispensabili”. E’ una frase che mi accompagna spesso. Di “bicchieri d’acqua” donatami da altri ne ho bevuti parecchi in questi anni; qualche piccolo bicchiere l’ho sporto anch’io. Stai tranquillo, Franco. Saprai invecchiare serenamente senza rompere le scatole … Continua a scrivere Schegge, anche quelle sono i tuoi  “bicchieri d’acqua” e si possono scrivere anche a novant’anni (sempre che ti regga la testa… ma te l’auguro). Ti assicuro che  fanno bene, sono una sorsata di acqua pura … Un lettore come vedi è assicurato. Stammi bene”.

Gli ho dato ascolto, come vedete.

 

p. Franco Cagnasso

111

Dinajpur, 9 giugno 2014

 

Messaggio

Naomi è una volontaria giapponese, in Bangladesh dal 1997. Attualmente è la responsabile della Comunità dell’Arche, che a Mymensingh ha una comunità divisa in tre gruppetti di “diversamente abili” mentali, e volontari che vivono con loro. Poiché parecchi di questi volontari provengono dai gruppi aborigeni della zona di Dinajpur, l’Arche sta pensando di aprire una nuova comunità qui, e Naomi è venuta a trovarmi per sondare il terreno, alla ricerca di contatti per un primo approccio.

In una giornata molto calda, davanti ad una tazza di tè, con una lunga, tranquilla chiacchierata nel suo bengalese dall’accento insolito ma molto corretto, mi ha comunicato la passione della sua vita. E mi ha pure offerto un’immagine che la esprime e riassume: quattro anni di tentativi e poi una gioia immensa, quando uno dei loro “diversamente abili”, per la prima volta, è riuscito a bere un bicchier d’acqua - da solo!

“Questi amici nostri – mi spiegava – vanno all’essenziale; a parole e con i fatti ti chiedono in fondo una sola cosa: di voler loro bene. E te ne vogliono tanto. Chi li guarda da lontano dice: “poverini”, ma sono i miei maestri, perché anch’io – come loro – di che cosa ho bisogno se non di essere amata e di amare? Voler bene, nel modo più semplice e immediato, ecco ciò che noi scopriamo e continuamente cerchiamo e viviamo. Non abbiamo programmi e progetti che cambino la società: si può forse fare un progetto che preveda quattro anni per imparare a bere da sé? Proponiamo, silenziosamente e umilmente, di guardare la realtà con questi occhi e con questo cuore, capace di non considerare tempo perso la dedizione a tempo pieno anche ad una sola persona”.

Sì, questa di Naomi è davvero una proposta ”alternativa”, e lo è anche perché si trova alla portata di tutti. Guardare l’altro con occhi nuovi, di affetto. Con umile e paziente tenacia.

Ce lo dice il Vangelo di Giovanni, che leggiamo nel periodo liturgico fra Pasqua e Pentecoste, proponendo alla nostra attenzione la chiacchierata finale in cui Gesù ai suoi amici offre, chiede, propone amore.

Ora che gli anni aumentano e l’attività inevitabilmente deve calare, trovo il “messaggio” di Naomi di straordinaria verità. Fra non molto potrò soltanto offrire un bicchiere d’acqua e nient’altro. Forse neppure potrò offrirlo, ma solo riceverlo; ma anche allora sarà possibile uno sguardo di riconoscenza, che accolga e offra il volersi bene.

 


Aia

La strada che conduce da Mithapukur a Fulbari si chiama pomposamente “biswaroad”, “strada mondiale”, perché si dice che faccia parte di un colossale progetto che collegherà l’Afganistan con la Cina, attraverso il Pakistan, l’India, il Bangladesh, di nuovo l’India, la Birmania. Vi par poco?

Per ora, più modestamente, si accontenta di essere una strada nuova lunga circa 40 chilometri, bene asfaltata e liscia, piuttosto abbondante in curve, ma comoda e  poco frequentata. A differenza di quasi tutte le altre strade, non ha alberi che ne accompagnano il percorso, perciò è molto assolata. Si può immaginare qualcosa di meglio per i periodi dei raccolti? Nel mese di maggio si trasforma in un’aia lunga 40 chilometri, ininterrotta serie di larghe strisce a destra, o a sinistra, o da entrambi i lati, dove lavorano instancabilmente piccole trebbiatrici a gasolio, si batte e si ventila il riso, lo si fa asciugare alternandolo a lunghi tratti di chicchi di granturco, si accumulano mucchi di paglia, si chiacchiera commentando il tempo, il raccolto, i prezzi... Tutti contenti.

E gli autisti? C’è posto anche per loro, naturalmente: basta che facciano un poco di attenzione...

 


Risorse

Diminuisce il numero dei missionari italiani, aumenta quello di altri paesi, molti dei quali poveri. Chiaro che la povertà, secondo il Vangelo, non è uno svantaggio, ma un vantaggio per annunciare il Regno; anche per questo l’arrivo di missionari di nuova provenienza è una benedizione! Il cambiamento ci porta ad interrogarci sulle risorse di cui disponiamo e di cui abbiamo bisogno. Anzitutto cercando di scegliere e dare la precedenza alle attività più importanti, di usarle al meglio, di chiederci quale futuro possono avere quando passano in mano a chi non ha molti amici e conoscenti che aiutano con generosità. Ci invita anche ad arrivare a passi concreti su una strada di cui parliamo da anni: come coordinare meglio il nostro lavoro e aiutarci fra noi, perché la quantità del lavoro che ciascuno fa non dipenda prima di tutto dalla capacità di raccogliere offerte?

Ne abbiamo parlato di nuovo durante l’Assemblea della Regione PIME in Bangladesh (27-28 maggio 2014), presenti due consiglieri generali che avevano concluso il loro giro di visite a ciascuno di noi nel proprio luogo di lavoro. Fa piacere costatare che, senza clamore, l’aiuto reciproco c’è da sempre; ora vorremmo anche renderlo più sistematico e incisivo. Dibattito, decisione quasi unanime, ora vediamo se siamo capaci di cambiare in meglio...

 

Sostegno

Il “Sostegno a distanza” (così dette “adozioni”), se offerto all’interno di un progetto chiaro e  preciso, aiuta con regolarità scuole e ostelli, indipendentemente da chi ne è responsabile, missionario o locale, italiano o africano. Speriamo che sia un mezzo efficace a prevenire un rischio che per noi si sta avvicinando, e che è diventato realtà tantissime volte nella storia della Chiesa: che una scuola, o una struttura sanitaria, fondata per i poveri, diventi gradualmente una scuola o una clinica per elite benestanti. Per arrivare alla “autosufficienza” che molte Organizzazioni non Governative pretendono, bisogna accogliere gente che può pagare; ma se si accolgono i poveri, i soldi da loro non arrivano, e bisogna provvedere diversamente.

 

p. Franco Cagnasso

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Dhaka, 20 maggio 2014

 

Pellegrinaggio

Eravamo in piena settimana santa: martedì e mercoledì, 15-16 aprile scorso. La decisione di tenere l'annuale pellegrinaggio diocesano dei "diversamente abili" era stata presa all'ultimissimo momento, scegliendo come luogo di pellegrinaggio la struttura di Snehanir, la "Casa della tenerezza" dove abita il gruppo che io seguo. Io mi ero precipitato pieno di rabbia, indignazione e preoccupazione: perché non pensarci prima? Come ce la caveremo?

Se la sono cavata benissimo. Il numero dei partecipanti è stato pressapoco come al solito, mentre i ragazzi di Snehanir si son dati da fare con entusiasmo, ordinati e bene organizzati da suor Dipika, che anche in mezzo a una situazione del genere sembra che non abbia nulla da fare, ma riesce a fare tutto. E abbiamo pure mangiato benino...!

Giornate di preghiera intensa, aiutate da una "Via Crucis" dove non c'era bisogno di parole per capire che Gesù ha portato la Croce perché anche gli "ultimi" si sentano accolti - e i più vicini a Lui. Giornate di gioia, anche se si dormiva per terra e le zanzare hanno banchettato alla grande. Giornate di condivisione intensa, che mi ha sorpreso per la libertà e la profondità: storie di sofferenza grande, soprattutto di mamme, giudicate "colpevoli" per avere un figlio o una figlia con handicap, senza aiuti, a volte anche lasciate dal marito. Le "star" delle giornate erano tre: "il medico" come tutti lo chiamano, Flora e Martin. Affetti da gravi problemi motori, tutti e tre in modi diversi hanno lottato e sono arrivati ad una posizione di autonomia. "Il medico" gestisce un piccolo studio "di medicina di villaggio", Flora lavora alla Caritas in un progetto per bambini di strada, Martin dalla barella su cui deve sempre stare sdraiato lavora come contabile.

Le loro storie hanno dato speranza a tutti.

Risultati

I risultati finali degli esami "di maturità" in classe decima sono migliorati ancora nel 2014: oltre il 92% di promossi a livello nazionale. Qualcuno insinua che il governo allarga le maglie per rendersi popolare, ma sembra che un miglioramento effettivo degli studenti ci sia, grazie all'introduzione di qualche cambiamento che stimola la creatività. A fronte di questi successi, e al fatto che ogni anno nascono scuole nuove, c'è anche da ricordare la miserevole situazione di zone rurali remote, dove ogni anno se ne chiude qualcuna. Non perché manchino gli studenti, ma perché dopo due, tre, quattro anni consecutivi in cui il 100% degli studenti viene bocciato, il ministero incomincia a dubitare che ci sia qualcosa che non va. Chiede spiegazioni, si sente rispondere che tutto va bene ma ci sono i vetri rotti e mancano i banchi... dai e dai, alla fine non resta che chiudere per non continuare a pagare insegnanti che non vanno mai a insegnare.

 


Camensì

La frase del Vangelo "Vieni e vedi" (in inglese "come and see") è popolare fra i cattolici del Bangladesh. Diocesi e istituti religiosi, maschili e femminili, chiamano "camensì"   giornate "di discernimento" che organizzano per i giovani dopo l'esame di maturità. Vieni, vedi, poi se ti va e noi ti riteniamo adatto/a puoi diventare dei

nostri.

Tutto bene, però mi ha sempre dato un po' fastidio questo metodo inevitabilmente selettivo, che accoglie chi "ha la vocazione" e rimanda chi "non ha la vocazione".

Metodo in cui ognuno (diocesi e istituti, appunto) propone e seleziona per la "sua" vocazione.

Si può schematizzare in questo modo una chiamata evangelica?

Il PIME in Bangladesh ha una storia un po' diversa per l'accoglienza di candidati: fino a pochi anni fa le porte erano chiuse, per paura di non dedicarci abbastanza alla crescita delle chiese locali. Ora sono aperte, ma non vorremmo infilare i giovani in un percorso obbligato: o con noi o niente. Si tenta di proporre un metodo formativo che agisce soprattutto attraverso l'esperienza, e che apre i giovani a pensare alla loro vita anzitutto come un dono da offrire, per poi scoprire come e con chi: con noi, con altri, nella vita matrimoniale... Siamo moderatamente soddisfatti di questa scelta, che cerchiamo di perfezionare con l'esperienza. Ci incoraggia sentire che anche i Fratelli della Comunità di Taizé, a Mymensingh, offrono a giovani la possibilità di un periodo con loro non con la prospettiva "dentro o fuori", ma per uno sguardo completo e profondo sulle loro scelte di vita, orientate dal Vangelo.

 


Bilancio Rana Plaza

Il primo anniversario ha riportato alla memoria e alla ribalta il crollo del palazzo "Rana Plaza" avvenuto a Savar il 24 aprile 2013. Vi persero la vita almeno 1.137 persone, innumerevoli i feriti, i mutilati, i danneggiati fisicamente e psichicamente.

Che è successo, dopo? L'indignazione ha smosso le acque, mobilitando organizzazioni internazionali e nazionali per offrire aiuti e soprattutto per fare in modo che disastri del genere non si ripetano. Ci sono stati risultati?

Le famiglie dei defunti, se le salme sono state ritrovate, hanno avuto somme in denaro; per molti feriti si sono organizzate istituzioni che ne curano la riabilitazione. Sono stati fatti accordi fra produttori e acquirenti perché si mettano in atto condizioni di maggiore sicurezza, e di lavoro più umano. Si sono visti maggiori controlli, ma la loro qualità costituisce un gran punto di domanda: quando la corruzione dilaga senza freni morali, più controllo spesso significa solo una cifra maggiore da pagare perché il controllore chiuda gli occhi nonostante il rischio che potrebbe correre.

Nel gran parlare che si fa, raramente si trovano persone che hanno voglia di capire senza partire dai propri dogmi ideologici e politici. Ognuno ha i suoi schemi e la sua valutazione deve per forza entrarvi, anche se la realtà - qui - è diversa e bisognerebbe tenerne conto. Un esempio per tutti: il ruolo che dovrebbero avere e il ruolo che di fatto hanno i sindacati sia nel difendere i diritti dei lavoratori, sia nell'intervenire specificamente per aiutare le vittime di questi eventi. Le parole che si usano sono uguali, ma le realtà cui si riferiscono sono diverse...

Nella vita quotidiana, i giovani che lasciano il villaggio perché devono assolutamente trovare un lavoro in fabbrica, rispetto a un anno fa trovano differenze? In molti stabilimenti le condizioni igieniche generali sono migliorate; il salario minimo è considerevolmente più alto; non assumono più chi non ha l'età minima; per tutti ci sono meno possibilità di essere assunti; gli straordinari continuano ad essere obbligatori, e sono molto più pesanti.

 

p. Franco Cagnasso

109

Rajshahi, 13 aprile 2014

 

Telefonata

Telefona Mong Yeo. Sullo sfondo, le voci dei ragazzi che giocano. Saluti... "Che notizie?" "Niente di speciale, tutto bene, ma c'è Phru che ti vuol parlare...". Phru frequenta - se non sbaglio - la quinta elementare, e ricordo il suo faccino simpatico, con due grandi occhi tondi e i capelli a caschetto, in una sua foto dove, piccola piccola, trasporta con fierezza una specie di materasso che quasi la sommerge. Mi saluta contenta, mi chiede come sto, quando vado a trovarli... chiedo notizie e risponde con sicurezza, poi conclude: "Guarda che ti ricordiamo tutti i giorni, però anche tu ricordati di noi." Forse voleva solo farmi sapere che ormai è grande, e quindi è capace di telefonare. Ripenso ai primi tempi, quando ci siamo conosciuti e i bimbi mi guardavano timidissimi, smarriti, affogati nei loro vestitini malconci, incerti sull'identità di questo straniero che parlava in bengalese a loro, che capivano solo la lingua marma. Phru non c'era all'inizio, è arrivata dopo qualche anno, anche lei impacciatissima. Sentirla ora che mi dice, spigliata e fiera: "Volevo proprio parlarti", è stato come bere un sorso di acqua freschissima, o come ricevere un fiore appena sbocciato.

 


Recupero

Febbraio e marzo. Dopo le elezioni parlamentari, stravinte il 5 gennaio dall'A.L. (Awami League) perché tutti i concorrenti per protesta si erano ritirati, si sono svolte per aree in 5 tornate successive le elezioni amministrative, cui tutti hanno partecipato. Alla vigilia del primo round, BNP e partito Jamaat dichiarano che certamente le elezioni sono truccate. Poi le elezioni si svolgono in modo quasi regolare e pacifico, loro vincono nettamente e se ne vantano. L'AL dichiara: "Visto? Con noi al governo le elezioni sono giuste e corrette!". Secondo round; parecchi casi di imbrogli e violenze, AL migliora le sue posizioni. Terzo round; crescono violenze, schede pre-votate, elettori minacciati, e AL recupera ancora. Così fino al quinto round, quando in certi casi sono le forze dell'ordine ad allontanare gli elettori che aspettano in fila, per permettere ai sostenitori dell'AL di entrare in massa e truccare le schede come vogliono. A.L. vince, sul totale rimane in testa il BNP, la democrazia perde.

 


Pian Piano

Per cinque anni, il Bangladesh ha avuto un Nunzio vaticano coreano. Tra l'altro, ha raccolto molti Coreani che lavorano qui e li ha seguiti pastoralmente (con qualche battesimo di adulti) e ha fatto in modo che venissero in Bangladesh ben tre congregazioni di origine coreana, che hanno trovato sistemazione in tre diocesi. Fra loro, dopo ricerche, dubbi e tentativi, le Suore dell'Istituto Missionario di Corea sono approdate a Dinajpur. Hanno faticato non poco, a cominciare dalla pioniera suor Fiat (sì, come Alfa Romeo) che sembrava fragile fragile e invece s'è dimostrata tenace quel che basta per non scoraggiarsi. Difficile la lingua (qualcuna non ce l'ha fatta ed ha fatto ritorno alla base), la cultura, il cibo, il clima, intendersi con i locali e fra loro - ma difficile soprattutto scoprire che cosa fare, come "situarsi". Intelligentemente, hanno deciso di darsi tempo e iniziare dentro strutture e iniziative di altri: un ospedale diocesano, una scuola tecnica... Il primo tentativo di far da sé s'è rivelato un flop - proprio come la prima missione del PIME in Papua (1855), anche se non così drammaticamente. Ora però, qualcosa sta prendendo forma. Pochi giorni fa, il Vescovo, ha benedetto le fondamenta di una nuova scuoletta per "diversamente abili", che sorgerà proprio vicino alla loro casa anch'essa in costruzione. Auguri!

 


Numerati

L'anno scorso ho comprato un campo. Non chiedetemi quanto grande, perché ve lo so dire solo in misura bengalese (4 biga e 1/3) e non so come spiegarlo in misure italiane. Non immenso, comunque. L'ho comprato con i vostri soldi, presentando un progetto al fondo "5x1000" messo a disposizione del PIME, grazie a chi lo ha scelto come destinatario di questa fettina di tasse che il governo assegna ad usi sociali gestiti da organizzazioni non governative. Il progetto si chiamava "Riso per crescere", perché il campo va coltivato a riso, che - debitamente raccolto, trebbiato, ecc. - sfamerà ragazze e ragazzi del centro "Snehanir", che devono appunto crescere.

L'altro ieri sono venuto a Rajshahi, ospite di Snehanir, dove sta per tenersi il pellegrinaggio annuale dei "diversamente abili". A cena hanno messo in tavola alcuni "ciapati", che sono una specie di pane simile alle piadine, anzi meglio, le piadine sono simili ai ciapati. Ne prendo uno, e m'accorgo che tutti mi guardano curiosi, mentre lo addento. Buono, ma... che c'è? "C'è - mi dicono trionfanti - che li abbiamo fatti noi, con la farina del primo raccolto del "tuo" campo!". Il campo di riso, per questa volta ha dato frumento, non solo, ma anche se voi saggiamente direte che sono impressioni psicologiche legate al fattore emotivo, ecc. vi assicuro che quei ciapati sono i migliori che io abbia mai mangiato. Anzi, i migliori del mondo. In assoluto - come si dice.

Abbiamo deciso di concedere a qualcuno il privilegio di assaggiarli: li mettiamo in vendita. Non a casaccio però, in balia di un pubblico che non li sappia apprezzare! Saranno ciapati numerati, come le riproduzioni d'arte e come le Ferrari. Da uno a cinquanta e basta... anzi, da uno a trenta.

Il prezzo? Pagatevi il viaggio per venirci a trovare, e ve li diamo gratis.

 

BUONA PASQUA!

 

p. Franco Cagnasso

108

Dinajpur, 25 marzo 2014 


Scandalo

Prendo il coraggio a quattro mani e m'arrischio a scandalizzare qualcuno, condividendo qualche punto interrogativo che la vita in Bangladesh continua a pormi.

Matrimonio. Sarà vero che il matrimonio combinato dai genitori è un'esecrabile tradizione da "superare"? Fuori dubbio che la vita moderna lo sta rapidamente mettendo fuori uso, e scomparirà, ma forse non vale proprio la pena di accelerarne il processo di eliminazione. Certo, se immaginiamo una ragazza piangente trascinata a forza a dire sì ad un uomo, vecchio e prepotente, che non ha mai visto, o a un giovane che non può sopportare, allora non ho dubbi. Ma se ci guardiamo attorno e vediamo due giovani che, cresciuti, hanno voglia di sposarsi, e le loro famiglie che si guardano attorno con attenzione, riflettono, parlano, si consigliano, e alla fine li presentano l'uno all'altra; e se vediamo che i due giovani, fiduciosi che papà e mamma cercano il loro bene, si trovano accettabili, poi incominciano la loro vita sapendo che saranno accompagnati da regole e consigli delle famiglie e della comunità, che se ci saranno crisi qualcuno li aiuterà a risolverle, che dovranno servire i genitori ma saranno sempre appoggiati da loro... ma! Sarà proprio peggio questo di una "fuga d'amore" frutto di un innamoramento repentino, o di desiderio di ribellione, seguita da delusione, infinite litigate, rotture?

Governo. Attribuiscono a Churchill la riflessione: "La democrazia è un pessimo modo di governare, ma gli altri sono peggio".  Sarà vero che non si può pensare a qualcosa di diverso (e di meglio) che la democrazia? Quella che comporta partiti perennemente in lotta fra loro, che si esprime con votazioni a seguito delle quali la maggioranza fa quel che vuole, che presume di essere la forma giusta e di imporsi in qualunque cultura e situazione? Forse culture diverse non possono avere modi diversi di esprimere la partecipazione, oltre a quello "magico" delle urne e del criterio "la maggioranza vince"?

I disastri delle dittature sono noti a tutti, e sono terribili. I disastri delle attuali forme di democrazia chi li prende sul serio?

Ho altri dubbi, ma per ora mi fermo qui...

 


Miracolo

Niente da fare, magari di poco, ma il sonno se ne va sempre prima che suoni la sveglia. E' ancora buio, riaffiora il pensiero dell'ultima telefonata di ieri sera e delle lacrime che sono arrivate fino a me in cerca di consolazione. Poi un lavoro non finito... il programma o lo "sprogramma" di oggi... quella famiglia terrorizzata dai creditori... il rendiconto del progetto da stendere... Il primo "muezzin", quello che ha l'orologio in anticipo, inizia il suo canto roco, e uno dopo l'altro arrivano i tanti che chiamano a pregare: uno pio e ben modulato, uno trasandato, l'altro stonato... Penso alle strade che si animano di rari passanti, tutti uomini, diretti frettolosamente alle moschee, molti con le tonache svolazzanti. La doccia fa bene, e un caffè, ma... ci vuol altro!

Ed ecco il miracolo quotidiano che continua a stupirmi, che non so spiegarmi, di cui sono infinitamente grato. Con tutto quello che ho da fare, mi trovo a perdere un sacco di tempo

in cappella. Lì la solitudine si colma di presenza. Lì i problemi non scompaiono affatto, anzi diventano più chiari e impellenti, ma si immergono in un invisibile, incomprensibile mistero d'amore. Lì vedo il tempo vissuto e il tempo che m'attende come un dono da riempire di vita, mia e altrui. Lì recupero alla mia coscienza i piccoli grandi segni che non tutto è insensato, inutile, vuoto, crudele.

Com'erano le albe del Figlio dell'Uomo?

 

 

Archivio

P. Gregorio, dopo l'operazione alla valvola cardiaca, non s'è ristabilito bene, ma ha voluto tornare fra noi. Debole debole, lo abbiamo aiutato a coniare un'espressione per spiegare come si sente: non "stanco morto" perché morto non è, ma "stanco vivo". Letto, quattro passi - proprio quattro di numero, al massimo cinque - mezzo piatto di minestrina, letto. Ogni tanto sbuffa, ma subito dopo lo senti canticchiare i canti dei bei tempi: La Montanara, Fazzolettino, Piemontesina bella... P. Fabrizio gli propone una variante, "Che sarà" di Sergio Endrigo. Lui ascolta curioso, ma non gli va dietro: "Ma questi sono canti moderni, io non li so..."

Partendo, ognuno di noi missionari ha portato con sé un piccolo, personale archivio musicale: le canzoni e filastrocche dell'infanzia, i canti della giovinezza, quelli in parrocchia... Poi ne ha imparati altri, ma in altre lingue e stili; l'archivio rimane nel fondo della memoria, e non s'aggiorna. Riaffiora, e si spolvera quando abbiamo le riunioni e celebriamo insieme in italiano, e allora magari salta fuori il canto offertoriale "Al tuo santo altar", primo in assoluto (credo) del rinnovamento liturgico post-conciliare, oppure "Esci dalla tua terra" che, anche se nessuno lo sa, è stato ideato e composto da due missionari` del PIME sul punto di partire: P. Ghislandi e P. Cocquio, primissimi anni '70. Fuori di chiesa, quando arriva un poco di nostalgia, da soli o insieme, ecco i canti di montagna, quelli degli scout, dell'oratorio, Sul mare luccica e Oh mia bela Madunina... a noi sembrano nuovi, e vibrano come allora.

Se qualcuno vuol fare ricerche archeologiche musicali, venga a trovarci!

 

p. Franco Cagnasso

107

Dinajpur, 9 marzo 2014

 

Malattia

Nel corso di un Seminario organizzato il 18 febbraio 2014 dal ministero della salute, sono stati comunicati i risultati di alcune ricerche, effettuate da organismi vari, circa l'incidenza della malattia sulle condizioni economiche della gente. Ogni anno, a causa di malattie che colpiscono membri della famiglia, passano sotto il livello di povertà 6 milioni e quattrocentomila persone, circa il 4% della popolazione del Bangladesh. I poveri spendono mediamente in medicine, visite, esami clinici e altro il 16,5% delle loro risorse, i ricchi circa il 9,2%. Il divario, non eccessivo, va attribuito anche al fatto che moltissimi poveri non si curano affatto. Delle risorse messe in circolazione per la sanità, il 64% sono private, il 36% di origine governativa o altro. Le spese pro capite per la salute in Bangladesh sono le più basse fra i paesi del sub-continente: 27 dollari all'anno, contro i 30 dollari in Pakistan, 33 in Nepal, 59 in India, 97 in Sri Lanka. Negli ultimi anni s'è verificato un calo considerevole nella mortalità materna e infantile, mentre continuano carenza di medici, infrastrutture, infermieri, equipaggiamento, e risulta sempre difficile trovare medici che accettino di lavorare in zone rurali.

 


Lingua madre

I Bengalesi sono appassionati della loro lingua e dei loro poeti. Il 21 febbraio si celebra la giornata dei "martiri della lingua", uccisi nel 1952, durante manifestazioni per impedire l'imposizione dell'urdu come unica lingua nazionale; da allora prese forza il movimento che è sfociato nell'indipendenza dal Pakistan. Con gli anni, l'ONU ha accettato di proclamare quella data come "giornata della lingua madre", a onore e difesa di tutti i linguaggi che si usano nel mondo. Anche i cristiani sentono molto questo amore linguistico, compresi - sembra - gli aborigeni per i quali la lingua madre è tutt'altra: si uniscono al coro di elogi del bengalese, con molta - almeno apparente - convinzione. E la Chiesa ha accolto questo fatto culturale preparando una liturgia speciale per quel giorno. Si legge, come prima lettura della Messa, la storia dei sette fratelli Maccabei, che si lasciano uccidere per rimanere fedeli alla legge dei loro padri - implicando che i martiri della lingua siano stati come loro. Si legge s. Paolo, "nulla, neppure la morte ci può separare dall'amore di Cristo" - implicando che neppure la morte ci separa dall'amore per la nostra lingua. Si legge il Vangelo con le parole di Gesù "non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l'anima" - implicando che la fedeltà alla propria lingua sia salvezza dell'anima. Si prega per ringraziare di una lingua così bella, e per chiedere che venga conosciuta e usata appropriatamente.

Il bengalese davvero è una bella lingua, ricca, sonora, dolce, e questo amore per la lingua e la cultura mi commuove. Ma sinceramente gli accostamenti biblici mi lasciano molto perplesso.

E mi chiedo anche: quando gli aborigeni, ancora ufficialmente inesistenti nelle Carta Costituzionale del Bangladesh, vedranno riconosciute la loro esistenza e le loro lingue?

 


Mosè

Quattro giorni, otto conferenze di circa 40 minuti l'una, su 15 versetti della Bibbia: Esodo 3, 1-15 - vocazione di Mosè. Ci ha intrattenuto così (senza stancarci, questo il miracolo!) dal 25 al 28 febbraio scorso don Davide Caldirola, che non ha alle spalle anni di studi biblici, ma il normale curriculum di un normale prete, oggi parroco a Milano. Il di più che ha, è una grande passione per la Parola di Dio, costanza nel meditarla anche con altri, senso pratico nel trovare gli accostamenti alla realtà che viviamo. Ha cercato di farci sentire dei piccoli Mosè, carichi di pretese andate in fumo, di dubbi su chi realmente siamo, qualche volta di rimpianti per le cipolle che avremmo potuto avere, custodi di un gregge che non è nostro, spesso aridi come un deserto - ci è riuscito, come è risucito a farci percepire che il fuoco che arde ma non consuma c'è, in mezzo al rovo aggrovigliato e spinoso che è la nostra vita, e che da quel rovo infuocato continua a chiamarci e a farci togliere i sandali il Mistero di una fede che chissà come è rimasta viva, e ci attira - e ci manda, patetici pastori sbrindellati, a cercare di dar fastidio a un Faraone furbo e ottuso allo stesso tempo, potente, ostinato. E alla fine, riesce pure a farci sgusciare lontano da lui, verso una libertà che lui neppure sa che cosa sia... Un bel grazie a don Davide!

 


Oggi

8 marzo 2014, mi trovo a Rajshahi - sulla riva sinistra del Gange. Celebro alla Messa nella chiesetta del CAM (Centro Assistenza Malati) davanti alle ragazze di due ostelli, parecchie suore, alcuni dipendenti. Nonostante i buoni propositi serali, dimentico di fare gli auguri alle donne presenti - e sono la maggioranza. Che figura... Omelia breve breve, ma non si può omettere: che non pensino che sono da meno del Papa!

Colazione, poi giro con le infermiere nelle due sezioni del CAM. Alla sezione TB ci sono oggi 29 ammalati, quasi tutti con TB ghiandolare. Un'ammalata - arrivata ieri, è in fase contagiosa e va accompagnata all'Ospedale, insieme ad altri 12 già ricoverati, mentre uno sta all'ospedale generale; anche loro vengono seguiti dal personale del CAM. Segue breve preghiera, poi i malati della sezione generale - 29 pure loro, oltre a 9 in ospedale - salgono a gruppetti sul microbus che fa la spola per portarli chi ad una visita, chi ad un esame, chi all'ammissione. Torneranno verso le 13. Le sale da pranzo sono i davanzali delle verande, con piatti e bicchieri disposti in bell'ordine lungo la balaustra, così si mangia con lo sguardo sul giardino fiorito. Poi ognuno lava le sue stoviglie e prepara per la merenda e la cena. Le posate non occorrono. Nelle sezioni femminili ci sono alcuni bimbi piccoli, con le loro mamme o sorelle o zie. In giornata alcuni ammalati tornano a casa, altri arrivano, mandati dalle varie missioni: cristiani, indù, musulmani, bengalesi, aborigeni... chi ha già una diagnosi, ma deve controllare, oppure ha una chemioterapia; chi non ha ancora visto un medico. Accoglienza; domani tocca a loro salire sul microbus e andare dove le infermiere ritengono opportuno per la loro condizione. Un mondo di sofferenza sereno, molto discreto, che cerca di non farsi notare. Posso chiedere a chiunque "come va?" e sono sicuro che subito dice "bene". Poi magari aggiunge: "Ho un fortissimo dolore, sto male, ho la febbre, sono in cura da mesi senza risultati..."

Verso le 11 faccio quattro passi e arrivo a Snehanir, la Casa della Tenerezza. Venticinque ragazzi e ragazze dai 5 ai 20 anni, per lo più con disabilità fisiche, tre mentali, altri "normodotati". Una comunità "mista" per vari aspetti, in cui vado sempre molto volentieri: serena, vivace, dove la condivisione fa norma, guidata da suor Dipika con l'aiuto di suor Carolina, anche lei con handicap, la sordità. Passo qualche ora a fare conti per mandare a Milano il resoconto del 2013: si va avanti, infatti, grazie al "Sostegno a Distanza" (o "adozioni a distanza") di molti amici italiani. Poi mi avventuro nel tentativo di far scrivere a ciascuno una frase in italiano, da mandare al rispettivo o rispettivi donatori. Impresa ciclopica che i ragazzi affrontano con allegria. Faccio quattro chiacchiere con i nuovi arrivati, il simpaticissimo Anup, la nuova mascotte di cinque anni che cammina solo con il girello. Ha ancora bisogno che la mamma stia con noi per aiutarlo, ma rapidamente impara a mangiare da solo e a cavarsela in molti modi, stimolato dall'esempio degli altri. Emily, 14 anni, caduta nel fuoco da bambina, è guarita ma la pelle pian piano si è formata saldando il braccio destro al torace. Speriamo in ottobre di farla operare e "liberare". Intanto, impara a danzare con le altre ragazze, ed è felice.

Le danze arrivano infatti verso le 18.30, in onore dell'amica Virginia, che viene ogni anno da Senna Lodigiana per portare e ricevere affetto. La chiamano "Lal Pisci" "zia rossa", per via dell'abito che indossava al primo incontro con loro; questa sera veste di blu, ma il nome rimane. Le ragazze più grandi stanno proprio imparando bene, si fanno carine, si divertono un mondo; ma le piccoline non sono da meno. Tutti hanno la loro parte di spettacolo. Mira - spastica - fa un "a solo" di danza veramente inedito, e spontaneamente le si affianca Susmita, down, staccandosi dalle braccia di Virginia. Martin, che vive in una barella con le rotelle e fa il contabile al SAC, suona con gusto la tobla (tamburelli)...

Ritorno al CAM dopo le 21, stanco morto, per mettere in ordine le idee per l'omelia di domani, domenica. E per dire grazie.

 

p. Franco Cagnasso 

106

Dinajpur, 4 febbraio 2014

    

Affaroni

Alla sua destra, sta il venditore di banane, a sinistra quello di pile elettriche, poi quello di mutande e canottiere da uomo, poi quello di custodie per cellulari, poi la striscia di terra polverosa fra il marciapiede ed il muro si restringe e finisce. Il lustrascarpe che lavora all’angolo fra Mirpur Road e Asad Avenue a Dhaka ha la faccia corrucciata, tre denti, un sorriso luminoso, l’eloquio incomprensibile, molti tipi di spazzole, pennellini, panni, stracci, creme, vernici con cui fa un ottimo servizio. Una spazzola è a disposizione dei passanti che vogliono dare una passatina alle scarpe impolverate – gratis. Su un metro quadrato e mezzo di tela steso sulla polvere, sistema tutto - compreso se stesso, accoccolato dalle 9 alle 20. In più, mette in mostra alcune paia di scarpe usate (alcune anche di terzo o quarto piede), in vendita a prezzi davvero convenienti!

 


Sgonfio

Sono tutti preoccupati per il crescere del fondamentalismo militante, specialmente nel sud-ovest e nel nord. Appena salito al potere cinque anni fa, il governo di Hasina (Awami League) aveva iniziato a usare i metodi forti per contrastarlo, e a muovere i servizi segreti. Continua tuttora, con un certo successo. Ma qualcuno, compreso il capo del RAB (Rapid Action Battalion), il corpo di polizia che ha mano libera per intervenire ovunque e come vuole, aveva avvisato che la forza non basta, bisogna contrastare le idee che si diffondono. Il governo nomina allora il “Comitato di resistenza e prevenzione alla militanza”, che decide una serie di provvedimenti di sensibilizzazione: documentari e brevi film da proiettare nelle scuole e alle TV, pubblicità varie, lezioni e dibattiti nelle università, formazione degli insegnanti, e istituzione di cellule operative nei villaggi, formate dal corpo paramilitare degli Ansar (350.000 membri, distribuiti anche in zone remotissime) con gruppi di difesa locali...

Il Comitato, che doveva radunarsi una volta al mese, cioè 144 volte in cinque anni, s’è riunito 16 volte, mettendo a verbale sempre le stesse proposte mai attuate.

La “Islamic Foundation”, istituzione controllata dal governo, che ha il compito di difendere e diffondere l’Islam, ha cercato di influire sulle 260.000 moschee che si trovano in Bangladesh, esortando e preparando i 300.000 imam che vi guidano le preghiere e tengono i sermoni, a parlare contro l’attivismo radicale e violento. Poche migliaia hanno aderito, gli altri si sono rifiutati.

Un quotidiano commenta che il Comitato s’è trovato con le gomme sgonfie subito dopo la partenza; il “Ministro di Stato” che lo presiedeva dice che la campagna ha avuto pieno successo.

 


Significati

Una lingua va imparata anche sui libri, ricordando però che spesso non registrano tutte le sfumature di significato. L’esperienza insegna che:

 

Poramorsho significa:

Secondo i libri: consiglio, suggerimento. Es. Che cosa mi consigli (poramorsho deo),  compro questa bicicletta o quell’altra?

Nella vita: aiuto finanziario. Es. Padre, devo parlarti, ho proprio bisogno di un tuo “poramorsho

 

Ashirbad significa:

Secondo i libri: benedizione, favore (celeste). Es. A Pasqua i preti benedicono (ashirbad dee) le case.

Nella vita: aiuto finanziario. Es. Padre, devo parlarti, ho proprio bisogno di una tua “ashirbad”

 

Khoma significa:

Secondo il dizionario: perdono. Es. mi ha dato un calcio in uno stinco ma l’ho perdonato (khoma diechi): era due volte più grosso di me.

Nella vita: aiuto finanziario. Es. Padre, ti ho detto un sacco di bugie e ti ho imbrogliato (ma solo una volta!), per favore dammi il tuo “khoma”

 

Nota: a differenza dei due termini precedenti, l’uso di “khoma” nel senso indicato è strettamente ed esclusivamente limitato ai casi in cui:

 

il Reverendo abbia smascherato il bugiardo e imbroglione al di là di ogni ragionevole o irragionevole dubbio, o possibilità di negazione.

 

l’individuo abbia urgente bisogno di un nuovo aiuto dal Reverendo stesso.

 

L’uso di “khoma” quando si possa ancora dire “non ti ho mai detto una bugia”, o quando non ci sia urgente bisogno di un nuovo aiuto, è assolutamente scorretto, improprio e inopportuno.

     

 

Cinquantesimo

Il 16 gennaio festa tra le Suore dell’Immacolata -PIME: Suor Golapi (Rosa), popolazione orao, la prima ragazza bangladeshi che ha pronunciato i voti come missionaria nel loro istituto, celebra i 50 anni di vita religiosa. Ora è ovviamente anzianotta, e anche un poco svanita – ma non troppo. Ha un curriculum di tutto rispetto, con innumerevoli villaggi visitati, per anni e anni, una grande capacità di contatto, voglia di comunicare il Vangelo, di aiutare – e tanta preghiera. Viaggiava e agiva quasi sempre con l’italiana suor Mariassunta Giacomelli, ora ammalata e a Monza, che è rimasta la sua più cara amica.  Quando ormai l’età avanzava, e si incominciava la missione dell’Istituto a Dhaka, entrambe erano state trasferite, e hanno continuato la loro missione in città, con lo stesso impegno, percorrendo scale e attraversando cortili, invece di sentieri, entrando in piccolissimi appartamenti invece che capanne. Un esempio proprio bello per le più giovani.

 


Dubbi

L’aiuto economico a persone o famiglie, è veramente un aiuto?

Sì, quando si tratta di urgenze per situazioni eccezionali: malattia, ciclone, licenziamento. Devi solo prepararti a sopportare l’invidia degli altri, e i loro tentativi di prendere qualcosa anche se non hanno proprio nessuna situazione eccezionale.

E quando ti propongono un prestito per avviare un’attività che risolva i loro problemi?

Il sogno di tutti è un “cha dokan”, negozietto per servire il the: si avvia con pochissimo, non costa fatica, permette di chiacchierare con un sacco di gente. Ma può trattarsi anche di un riksciò (per uomini), una macchina per cucire (per donne), una motozappa, un triciclo elettrico, una somma per comprare sari e lunghi da rivendere...

Se dai il prestito, dopo poco tempo ti diranno che occorrono altri soldi, perché la concorrenza ha costretto a chiudere il cha dokan, il riksciò è stato rubato, se non compra gli occhiali non riesce a usare la macchina per cucire, il motore della motozappa s’è bruciato (non avevo i soldi per comprare l’olio!), bisogna cambiare la batteria del triciclo, le donne non vestono più i sari e gli uomini non usano più i lunghi... Perdi i soldi e guasti il rapporto.

Se fai un regalo, dopo poco tempo ti diranno che occorrono altri soldi, perché la concorrenza ha costretto a chiudere il cha dokan, il riksciò è stato rubato, se non compra gli occhiali non riesce a usare la macchina per cucire, il motore della motozappa s’è bruciato (non avevo i soldi per comprare l’olio!), bisogna cambiare la batteria del triciclo, le donne non vestono più i sari e gli uomini non usano più i lunghi... Perdi i soldi, ma il rapporto resta buono.

In entrambi i casi, ti sei assicurato a vita uno (o una) che ritiene di aver diritto a essere aiutato/a sempre e comunque, perché sei il suo “baba”.

Ma decidere di dire “no” è un tormento, tutte le spiegazioni che tenti di dare sono inutili, e ti rimarrà sempre la domanda: “Ho fatto bene?”

La stessa che rimane quando decidi di dire “sì”.

 

p. Franco Cagnasso 

105

Dinajpur - 19 gennaio 2014

 

Votazioni

Cambia leggi, sciopera, protesta, picchia, blatera, ammazza, brucia, distruggi... alla fine le elezioni parlamentari si sono svolte il 5 gennaio, con tensione alle stelle e gran paura. 153 deputati erano già nominati perché i maggiori partiti di opposizione si erano ritirati e nessun altro era candidato oltre all'Awami League (AL). La quale, trionfante, ha fatto votare per i restanti 147 seggi sfidando strapelati rappresentanti di 3 o 4 partitelli insignificanti e qualche transfuga presentatosi come indipendente.

Ma se è così, chi andrà a votare? Un giornalista cattivello ha registrato le istruzioni di un candidato di AL ai suoi sostenitori: "Andate ai seggi in gruppi di circa 100 e mettetevi in fila. Man mano che ciascuno vota, torna in coda alla fila, aspetta e, arrivato il suo turno, vota di nuovo. Così una, due, tre volte, fino alla fine della giornata. Non si dirà che non c'era nessuno, e i giornalisti vedranno un buon numero di partecipanti ordinatamente in fila. Oltre tutto, alla fine avremo molti voti!"

Il furbacchione poteva ricordare un altro vantaggio ancora: il cittadino medio, dovendo andare al seggio in una giornata molto fredda, e sotto la minaccia di quei mascalzoni dell'opposizione, sarà ben contento che qualcuno si prenda la pena e il rischio di votare al suo posto, mentre lui se ne sta tranquillamente in casa a guardare la televisione...

La furbizia non è bastata. I giornali hanno pubblicato foto di seggi elettorali desolatamente vuoti, e di avversari che bastonavano i pochi che si avventuravano a votare. AL dice di avere vinto...

  


Khidirpur

Nel muro di giornate, blocchi e scioperi che ci affligge, il Vescovo Sebastian ha colto al volo uno spiraglio il 31 dicembre, e in tutta fretta ha anticipato l'apertura di un nuovo centro nella diocesi di Dinajpur, Khidirpur, che era stata programmata per il primo gennaio. La gente ha accorciato i grandi festeggiamenti in programma, ma era contenta lo stesso.

Khidirpur: un villaggio ancora senza energia elettrica, ai margini di un grande bosco, cosa rara da queste parti! Il Centro: un piccolo gruppo di casette fra cui la cappella. Vi fanno capo 23 villaggi, quasi tutti Orao, alcuni cristiani e altri interessati ad avvicinarsi alla Chiesa. Lo aveva fortemente voluto p. Carlo Menapace, parroco di Mariampur, che aveva fatto i primi passi per la fondazione nel 1991. Poi il tumore ce lo portò via a poco più di 40 anni, e fu P. Quirico Martinelli a raccogliere l'eredità e svilupparla; lo seguirono altri, PIME e poi diocesani, fino ad oggi.

Ha una comunità affiatata e simpatica che, con la sua organizzazione, insistenze, e promesse di collaborazione, ha convinto il Vescovo a fare i passi per formare una vera parrocchia. Dal 31 dicembre vi abitano e lavorano p. Ovidio Lakkra, diocesano, e Almir Magno, missionario brasiliano del PIME, appena sfornato dalla scuola di bengalese. Beh, dire "sfornato dalla scuola" è decisamente improprio: a scuola ci andava davvero, ma prendendosi numerosi spazi di respiro per dare sfogo alla sua esuberanza. Fin dai primi giorni s'è tuffato nella vita quotidiana di Dhaka, in mezzo ai giovani, e il bengalese l'ha imparato soprattutto con loro e... facendo il tira-molla sui prezzi con i venditori alle bancarelle. Appresa la notizia che gioca molto bene al calcio, ragazzi e ragazze di Khidirpur sono esplosi in grida e applausi di gioia, proclamando di essere sempre stati sostenitori del Brasile. Tutti, eccetto due che hanno coraggiosamente rivelato di essere tifosi dell'Argentina...

Nel discorsetto di circostanza ho ricordato brevemente p. Menapace. Sono venuti i più adulti a ringraziarmi commossi...

  


Leggendo

Perché mi piace la "Esortazione Apostolica" di Papa Francesco "La gioia del Vangelo"? Provo a scoprirlo.

 

 1. Quando parla della Chiesa, Francesco non pensa prima di tutto a vescovi, papi, preti, suore e affini, e poi ai laici, con precedenza ai "laici impegnati". Pensa ai papà e alle mamme che faticano ad andare in chiesa alla domenica, e magari non ci vanno sempre; che mandano i bambini all'oratorio e non sanno che pesci prendere quando diventano grandi e non ne vogliono più sentire; ai vecchi che vorrebbero fare qualcosa ma non trovano spazi; ai malati che pregano o si disperano; alle mamme; a chi non ricorda più la strada che porta alla chiesa; ai movimenti, alle parrocchie, alle opere caritative e missionarie; ai santi che non andranno mai sugli altari. Fra tutti loro, con tanto affetto e attenzione - pensa alle suore, ai preti, ai vescovi, che si dedicano a questo popolo variegato. Un popolo bello e zoppicante, che incoraggia ad aprirsi, senza paura di sporcarsi; lo pensa prima di tutto quando sta nelle strade, nelle case, nelle officine e negli uffici, nella politica. Sì, fra le tante, belle immagini di Chiesa che la Bibbia ci offre, ha davanti agli occhi quella di "Popolo di Dio": non un'idea, ma un'esperienza di cui è innamorato.

 

 2. Questa Chiesa è sparsa per il mondo, grande e piccola, da secoli o da pochi anni. Si sente che nell'esporre difficoltà e prospettive, crisi e speranze, Francesco non guarda il mondo facendo a partire dall'Occidente, e che il resto del mondo non è solo un'aggiunta...

  

 3. Questa Chiesa non è un monolito che accetta con qualche fatica alcune differenze culturali, preoccupata soprattutto di controllarle; è una sinfonia di popoli diversi in cui il Vangelo lavora, trasforma, si riesprime. L'unità è il comporsi in armonia dei diversi, qui sta la sua bellezza. E se c'è qualche stonatura, niente paura, si metterà a posto: l'importante è che tutti insieme tentiamo di suonare "un canto nuovo".

 

 4. In questo Popolo di Dio i fedeli non sono fatti in fotocopia, con qualche variante. Sono ognuno una storia, umana e di grazia. I carismi sono la sua ricchezza e bellezza, il cammino la sua dimensione. La fede non è "prêt à porter" (si scrive così?), che com'è fatto s'indossa e si porta fino alla fine. Certo, non ce la costruiamo a piacere, la accogliamo dalla Chiesa, ma diventa cammino personale e di insieme, con tempi, esperienze, maturazioni, errori e santità diverse, irripetibili - da accompagnare.

 

 5. La missione non è prima di tutto organizzazione, programmi, speciali vocazioni. Siamo noi messi in mezzo a tutti, con la nostra fede anche se debole, con i nostri doni e carismi anche se poveri. Il dialogo non si fa con le religioni, ma con uomini e donne di ogni religione, incontrandoli, facendo amicizia, condividendo, rispettando e amando ciò che essi sono e credono, non perché "tanto è tutto uguale", ma perché tutti siamo immagine di Dio, in tutti opera misteriosamente lo Spirito, tutti devono lottare contro il male.

 

Ci sarebbe tanto altro da dire, ma basta questo per essere contenti come pasque, anche se a Pasqua manca ancora molto.

  


Emorragia

Questa volta, l'alta tensione, che è cresciuta gradualmente per tutto il 2013 con l'approssimarsi delle elezioni parlamentari, ha visto aumentare la violenza fino a raggiungere livelli mai toccati prima, se si fa eccezione per i 10 mesi di guerra di liberazione nel '71. Sporadicamente ne avevano fatto le spese anche minoranze buddiste, indù e cristiane, con assalti a volte fomentati da ignobili trucchi, come mettere nel sito di un buddista affermazioni offensive per il Profeta e poi far circolare nei bazar la notizia per infiammare la reazione, o spargere dagli altoparlanti delle moschee la notizia che una moschea era stata assalita.

Dal tre gennaio, antivigilia del giorno delle votazioni, l'obiettivo di questa strategia si è focalizzato sugli indù, che sono la minoranza più consistente, con una serie impressionante di assalti ai loro negozi, abitazioni, templi.

Ma perché, quando la politica impazzisce lasciando il posto alla violenza, a farne le spese sono sempre inermi commercianti o villaggi indù, spesso remoti e poverissimi?

E' un'eredità purtroppo antica. Il Bengala era buddista, poi indù, infine l'islam ha preso il sopravvento erodendo gradualmente la comunità indù. La politica coloniale ha giocato su queste divisioni, e la libertà, per cui aveva pacificamente lottato Gandhi, fatto nascere non un'India sovrana e unita, ma due stati, India e Pakistan, divisi su base religiosa. L'indipendenza (1947) fu insanguinata da stragi spaventose di indù in Pakistan, e di musulmani in India, con fughe in massa nelle due direzioni.

Il Pakistan voleva essere uno stato di musulmani e secolare nello stesso tempo, ma s'infilò in una serie di regimi militari, colpi di stato, mutamenti della costituzione di cui ancora non si vede la fine. Già nel 1950 scoppiarono gravissimi disordini con stragi e fughe di indù, e nel 1964 fu il governo stesso ad appoggiare le violenze contro di loro per costringerli a lasciare il Paese. Nel 1971 l'esercito pakistano tentò di impedire il distacco e la creazione del Bangladesh, e le prime vittime della crudele repressione e delle vendette furono anche questa volta gli indù, ritenuti sostenitori dell'indipendenza, tentando di metterli in fuga e di annientare la loro rilevanza culturale ed economica, che era di tutto rispetto. Moltissimi loro beni furono incamerati come "proprietà del nemico".

Nonostante questo, alla nascita della nuova nazione la minoranza indù aveva una consistenza di circa il 25% della popolazione. Ma il tempo dell'armonia finì presto. Ucciso nel 1975 il fondatore del Bangladesh Mujibur Rahman, tornò gradualmente a farsi sentire chi considera gli indù nemici del paese, intrusi, proprietari di terre e beni che fanno gola. Ci furono di nuovo episodi sporadici di assalti e saccheggi, e l'emorragia di questo gruppo riprese lentamente, finché nel 2001 la netta vittoria elettorale del partito nazionalista BNP, con l'alleato fondamentalista Jamaat-Islam, aprì le porte a una serie di persecuzioni violentissime con stupri, saccheggi e omicidi in almeno 2.500 villaggi. Di nuovo molti se ne andarono, poi, dopo un altro periodo di calma, siamo arrivati ad oggi: si rivedono capanne e case bruciate, donne che piangono, uomini smarriti, file di profughi.

Vogliono creare problemi, interni e internazionali, al governo, vogliono formare una nazione esclusivamente islamica, vogliono vendicarsi delle oppressioni sui musulmani in India, vere e presunte, e non mancano i fondamentalisti più radicali che ritengono che questi "infedeli" non abbiano diritto di esistere. Vogliono impadronirsi dei loro beni, una ragione fondamentale che, miscelata con le altre, forma il micidiale veleno che distrugge le minoranze indifese.

Nessuno reagisce? Certo, reagiscono tanti! Partiti, organizzazioni civili, gruppi di buona volontà, intellettuali e gente semplice. Formano "catene umane" di solidarietà e per chiedere giustizia, aiutano, fanno quello che possono. Tutto questo conforta, ma la paura rimane.

Intanto, la minoranza indù in Bangladesh è scesa sotto il 10%. E poi?

 


Effetto Francesco

Sollievo! Scioperi e blocchi sospesi a tempo indeterminato, mi rimetto finalmente in viaggio.

Rivedo con gioia i ragazzi di Snehanir (casa della tenerezza), diversamente e non diversamente abili. Natale? Benissimo, a casa! Ma so che sei ragazze e un ragazzo sono rimaste qui perché senza famiglia. "Spero siate state contenti anche voi!". "Più di loro - mi dicono con fierezza - sai che per pranzo ci ha invitato il Vescovo e abbiamo mangiato a casa sua? E poi abbiamo ballato e cantato con lui..." Già, davvero un evento da ricordare. Riferisco al Vescovo del loro entusiasmo e lui, con semplicità: "Il Papa dice e fa, bisognava pure che facessi anch'io qualcosa! Ho invitato loro, e i ragazzi più poveri del quartiere. Ma ho sbagliato metodo. Non potendo andare personalmente, ho affidato ad alcune autorità del quartiere il compito di invitarli. E che han fatto? Mi hanno mandato i loro figli e nipoti "travestiti" da poveri. La prossima volta trovo un altro sistema".

 

p. Franco Cagnasso