Schegge di Bengala - 2007

p. Franco Cagnasso

2007

11/10

“Flood Friendly”   - Disagio - Volontariato - Nunzio - Telepredicatori 

11/9

Pesca del legname - Per la storia - Ramakrishna - Affollamento - Preparazione - Apolidi 

ago.

Memoria - Cristina - Lieto evento - Tabù - Choles Ritchil - Santità gentile 

mag.

Alberi - Teologia - Gabriella - Ad occhio - Regalo - Figlio - Addestramento - Le 2 - Pedagogia 

apr.

Anticorruzione - Biscotti - Calcoli - Velo - Potere 

feb.

Macerie - Meccanizzazione - Pedaggio 

feb.

Scure - Democrazia? - Ordinazioni - Ospitalità - Per esempio 

28

Dhaka, 11 ottobre 2007

 


“Flood Friendly”

Alcuni giornali stanno proponendo le vacanze scolastiche “Flood Friendly” (qualcosa come “Alluvione amica”). Le statistiche informano che ogni anno circa il 30% degli edifici scolastici del Bangladesh viene invaso dalle acque di alluvioni varie, oppure usato come rifugio per alluvionati. Questo accade nel periodo di solito riservato agli esami, provocando gravi inconvenienti ad alunni e insegnanti. La proposta è di anticipare il periodo degli esami. Così tutti potranno poi godersi le alluvioni durante le vacanze.

 


Disagio

Aalpin, inserto settimanale del quotidiano Prothom Alo, pubblicava regolarmente strisce di disegni comici. In settembre ne è apparsa una, in cui un anziano con abiti “islamici” chiede ad un bimbetto: “Come ti chiami?”. “Tutti mi chiamano Babu”. “Bene – gli risponde l’anziano – ma da bravo Musulmano devi ricordare che il primo nome è sempre Mohammad”. In un disegno successivo incontra lo stesso bimbo con un gattino in braccio: “Che bel gattino, come si chiama?”. “Tutti dicono gatto, ma io lo chiamo…(e associa il nome del Profeta a quello della bestiola)”.

L’autore della vignetta è in carcere. Il vicedirettore è stato licenziato. Il governo ha ritirato il numero di Aalpin e chiuso il settimanale. Diversi gruppi esigono l’arresto, la “punizione esemplare” del direttore e la chiusura anche del quotidiano. L’associazione dei giornalisti ha chiesto scusa in varie sedi, il direttore di Prothom Alo s’è fatto ufficialmente perdonare dal capo della principale moschea di Dhaka. I 500 lavoratori del giornale implorano di non essere lasciati senza lavoro a causa di questa “inaccettabile vignetta”. Molta gente che non l’ha vista, infiammata da prediche di moschee e da giornalucoli fondamentalisti, pensa ad orrende rappresentazioni blasfeme diffuse ad arte dal complotto sionista e crociato organizzato da Bush per distruggere l’Islam. Vari gruppi hanno inscenato manifestazioni, per la verità non molto seguite, e fermate dalla polizia… Molti musulmani autorevoli, anche capi religiosi, chiedono di darsi una calmata e non esagerare, ma il disagio è evidente.

 


Volontariato

Si dà per scontato che in Bangladesh il volontariato non attecchisce. “Non è nella loro cultura”, si dice, oppure si considera la situazione economica che rende impensabile il lavorare gratis per gli altri, quando a stento si riesce a mettere insieme il necessario per sopravvivere. Ma Fratel Lucio Bennati, pime, ce la sta facendo. Opera fra i ragazzi di strada di vari quartieri di Dhaka con un gruppo di oltre 30 volontari e volontarie di varia estrazione e religione.

 


Nunzio

 E’ arrivato poco meno di 5 anni fa. Mons. Paul Tschang In-Nam è il primo Coreano nominato Nunzio apostolico (= ambasciatore del Vaticano, a livello politico, e rappresentante del Papa, a livello ecclesiale), e il primo Nunzio apostolico asiatico a ricevere l’incarico a Dhaka. Piccolo, tranquillo, poche parole e molta gentilezza semplice, capace di fare domande, parte dal Bangladesh all’inizio di novembre, per il suo nuovo incarico in Uganda. Lascia, oltre al lavoro svolto, la comunità dei Coreani cattolici a Dhaka ben organizzata e impegnata; 8 missionari di tre diversi istituti coreani che ha convinto a venire qui per lavorare, e presto saranno seguiti da confratelli e consorelle; varie opere costruite o sostenute con aiuti dei cattolici coreani; un canale aperto fra le due chiese; un buon ricordo in tutti.

 

Telepredicatori

Anche in Bangladesh arriva un’infinità di canali televisivi. Parecchi sono di carattere religioso, per lo più islamico, in arabo, inglese, bengalese e altre lingue asiatiche. Caratteristiche comuni: la predicazione e le risposte al pubblico. Sullo sfondo s’intravede, per le trasmissioni in inglese, la preoccupazione di rispondere alle obiezioni occidentali specie su la posizione della donna, la poligamia, la libertà di coscienza, l’uso della violenza, ecc. dimostrando che sono l’infondate o pretestuose. Al cuore di tutto, l’assoluta certezza che l’Islam è “A complete code of life”: “un codice di vita completo”, che entra in ogni dettaglio e dà la risposta sicura e indiscutibile a tutti i problemi del mondo, dai più grandi (la pace nel mondo, la giustizia) ai più minuti (come vestirsi). Una sicurezza di sé che irrita e affascina allo stesso tempo.

 

p. Franco Cagnasso

27

Dhaka,  11 settembre 2007

 


Pesca del legname  

La corrente impetuosa trasporta sul fiume in piena una gran quantità di legname, alberi sradicati, rami secchi, pezzi di tronco. Sotto la pioggia battente i giovani di Bandarban, ragazzi e ragazze, appena vedono arrivare in lontananza un’isola galleggiante di questi detriti, si staccano da riva su lunghe agili barchette e remano a tutta forza contro corrente, puntando ad incontrarla verso il centro del fiume. L’affiancano e si lasciano trasportare verso valle, cercando coraggiosamente di agganciare un tronco o di tirare a bordo qualche grosso ramo.

Poi tornano a riva con il bottino e con l’ ammirazione dalla gente che dal ponte li guarda affascinata e con il fiato sospeso. Qualche tronco che sfugge verrà forse raccolto da giovani di villaggi più a valle. Qualche giovane scompare nei gorghi, e non si troverà più.

 


Per la storia

7 settembre 2007, l’arcivescovo di Dhaka dichiara che la comunità di Mirpur è costituita a pieno titolo come parrocchia, la quinta dell’immensa Dhaka (14 milioni di abitanti). Folla festosa, clima di famiglia, un po’ di commozione. P. Gian Paolo Gualzetti che è partito quasi da zero e con la gente in 12 anni è arrivato a questo buon punto, presto va in Italia per un servizio al Centro Missionario di Milano. “Una storia d’oro” commenta P. Livio, che ora prende in mano la comunità come primo parroco. Primo? No. L’arcivescovo il 7 settembre nomina Gian Paolo primo parroco, per un giorno. Dall’8 settembre entra in carica P. Livio.

 


Ramakrishna

Eravamo una settantina, cristiani, indù e due musulmani sufi. Sabato 11 agosto 2007 abbiamo trascorso la mattinata presso la sede della Ramakrishna Mission, una specie di ramo riformato e modernizzato dell’induismo, che ha vari centri anche in Bangladesh, uno dei quali a Dhaka. Accanto al bel tempio, insolitamente sobrio in rapporto agli altri templi indù, hanno il monastero, la casa di formazione, un centro culturale, un dispensario medico, un ostello. Tema dell’incontro: Il nostro rapporto con Dio. I monaci hanno iniziato con un canto di Tagore, al quale i cristiani si sono subito uniti perché  è un canto conosciuto e molto usato anche nelle nostre chiese. Lo scambio di riflessioni ha messo in evidenza le caratteristiche di ciascuno: gli indù hanno sottolineato la ricerca di Dio nell’interiorità, l’incontro con Lui nel silenzio del cuore; i sufi l’arrendersi a Lui, il consegnarsi a Dio nell’obbedienza; i cristiani l’incontro con Dio nel prossimo e nella carità. Ci si è capiti bene e si era a proprio agio. Poi, pranzo vegetariano servito da volontari della Ramakrishna Mission: una quindicina di assaggi diversi, tutti ottimi.

 

Affollamento

Popolarmente è ancora noto come “Colera Hospital” di Dhaka, anche se da tempo ha un nome più elegante ed è uno degli ospedali più qualificati a livello mondiale per malattie infettive intestinali. L’alluvione di luglio, e quella di settembre lo ha colmato di pazienti all’inverosimile. Hanno piantato tende anche nell’area di parcheggio per ospitare i malati, ma molti li devono respingere.

 


Preparazione

Presto inizia il Ramadan, il mese di digiuno e di festa, il più importante dell’anno. I giornali battono sul tema dell’aumento dei prezzi che sempre accompagna il Ramadan, quando si mangia solo al buio, e per sopportare il lungo digiuno diurno (niente cibo, bevande – nemmeno acqua – fumo, sesso) si mangiano cibi migliori, più nutrienti e costosi. Quest’anno i prezzi stanno raggiungendo livelli stratosferici, e si teme che il Ramadan li porti in orbita. Ma toccano anche altri temi, ad esempio relativi alla salute. Il digiuno è ordinato da Dio, quindi si pratica con gioia, non si discute, e certamente fa bene. Ciò non toglie che ci si possa organizzare per gestirlo bene: al mattino prima dell’alba mangiare cibi che vengono digeriti lentamente, chi ha il diabete si consulti con il medico e veda quali dosi di insulina iniettarsi poco prima dell’alba e subito dopo che scende il buio, attenzione a non disidratarsi, pillole e sciroppi vadano alla notte, si riposi il pomeriggio, non mangiare troppi fritti, chi pensa di essere dispensato per malattia o perché incinta, ma vuol tentare di farlo, senta un medico…

 


Apolidi

Per lo più erano abitanti del Bihar indiano, venuti nel Pakistan orientale per vivere in ambiente islamico. Nel 1971, quando il Pakistan orientale si ribellò e il Bangladesh nacque da 10 mesi di sanguinosa lotta per l’indipendenza, scelsero il Pakistan - che non li volle accogliere. Fino ad oggi sono vissuti in un “limbo” civile, sociale e politico difficile da districare: guardati come collaborazionisti dai bengalesi, rifiutati dai pakistani. Anni fa organizzarono una “marcia alla morte”, e si prepararono ad andare a piedi dal Bangladesh al Pakistan attraversando tutto il nord India. Non riuscirono nemmeno a partire, perché l’India dichiarò che avrebbe sparato nel mucchio senza paura, e il Pakistan che non avrebbe ricevuto chi fosse sopravvissuto alla traversata. Ora il governo provvisorio del Bangladesh sta organizzando le liste di elettori per il prossimo anno, e ha deciso di registrare anche loro, pare siano circa 35.000. Ci sono quelli che vorrebbero essere registrati in Bangladesh, ma finora non hanno potuto, gli irriducibili che ancora sognano il Pakistan, i figli e i nipoti (due generazioni) degli uni e degli altri. Forse le elezioni saranno l’occasione per far terminare la condizione di “non esistenza” civile della maggior parte, dopo 36 anni.

 

p. Franco Cagnasso 

26

agosto 2007


Memoria

Alcune schegge volano rapide, le vedi appena, scompaiono nell’erba o nella polvere e non le ricordi. Altre…

Arriva sotto la pioggia. Piena di febbre, cammina incerta sguazzando nelle pozzanghere con gli infradito logori ricuciti alla meglio. Esita ad entrare, poi si siede sulla poltroncina dell’ufficio, spaventata. Solo allora m’accorgo che sulla spalla, sotto il lembo del sari fradicio, regge un bimbo che dorme.

Le parlo pian piano, senza sapere che cosa dirle, sperando che basti la voce a darle un filo di luce. Mi risponde impercettibilmente, poi meglio, nel suo dialetto di cui capisco poco. Prima di rimandarla, appena la pioggia rallenta un poco, mi ricordo di chiederle: “Hai mangiato oggi?”. “No, niente”. Posso offrirle solo un pacchettino di biscotti e una bottiglia d’acqua.

…altre schegge invece s’infiggono nella memoria. Non andranno più via.

Un mucchietto di vita rannicchiato sulla poltrona, che ingoia quei biscotti e tre bicchieri d’acqua senza dire una parola, gli occhi vuoti, attenta solo a non svegliare il bimbo.

Si chiama Sila Mistry.

 


Cristina

Poco più di 20 anni fa Cristina morì in un incidente d’auto. La zia le aveva preparato la dote per il matrimonio ormai vicino, un miliardo di lire che volle offrire al PIME per costruire una chiesa in missione. Era troppo per una chiesa, la persuademmo a lasciarci suddividere la somma, da cui nacquero la “S.Cristina Hall” a Manila, il “S. Cristina Retreat Centre” a Bangkok, e la Chiesa di S. Cristina a Dhaka. Presto la Chiesa divenne parrocchia, vi lavorarono P. Gian Antonio Baio prima, P. Arturo Speziale poi.

Quasi subito, nell’immensa area urbana di S. Cristina P. Baio aprì il sottocentro di Mirpur, Regina degli Apostoli, e più tardi P. Speziale aprì un sottocentro rurale, parecchi chilometri a nord, nei villaggi dell’area di Aricha.

Mirpur, con P. Gian Paolo Gualzetti, ha generato altri sottocentri, all’EPZ, nell’area area industriale. P. Canton, P. Dotti, il diocesano P. Dominic Rosario, le suore PIME e locali hanno dato il via ai sottocentri di Faukal, ora parrocchia affidata alla diocesi, di Kewachala, dove lavora P. Baio dal momento del suo ritorno, e altri.

Il 19 agosto S. Cristina, con la nuova sala incontri dedicata a P. Mariano Ponzinibbi, è stata ufficialmente consegnata al clero dell’arcidiocesi. Presto Mirpur Regina degli Apostoli diventa parrocchia, con P. Livio Prete e P. Paolo Ballan. Aricha e tutti gli altri centri passano sotto questa nuova parrocchia; vi lavoreranno anche P. Baio e P. Giacomelli

 


Lieto evento

L’ostello di Lebubari, perso nella pianura allagata, è gestito dalla famiglia Sarker: padre e madre, 4 figlie di cui due sposate, un figlio, una nipotina di pochi mesi. La seconda figlia, mamma della bimba, risiede pure lei all’ostello con il marito che fa da maestro. La maggiore invece abita in un villaggio vicino, ma è sempre lì. Poi ci sono una altro maestro, cuoca con prole, guardiano, vicini di casa... insomma, quando vado trovo un sacco di gente e perdo il filo di chi è chi. Ultimamente, grande gioia in tutti: la figlia maggiore è incinta, nonostante vari medici avessero detto che non avrebbe potuto aver figli. Naturalmente mi congratulo, ma non tengo a mente per quale data il lieto evento sia previsto.

L'altra mattina mi telefona Thomas tutto contento e mi dice che è nato. “Ma che bello! Questa sì è una notizia, sarete tutti felici!” Chiedo se è maschio o femmina. Maschio. “La mamma sta bene?”. “Eh, sì, bene”. “Quando è nato?”. “Stanotte”. “In ospedale?”  “No no, qui all’ostello”. Poi Thomas parla dell’acqua che sale e minaccia di entrare nei pukur facendo scappare i pesci, borbotta qualcos’altro e ci salutiamo. La sera mi richiama e, cosa che avviene raramente, mi dice che la moglie vuole parlarmi. Noyon mi racconta che ha problemi ad una gamba, dovuti a un incidente di lavoro avuto anni fa e ora tornati, si parla di medici, di cure, ma non del lieto evento. Chiedo come sta il bambino, dice che sta bene e poi mi informa che è nato un vitellino.

La notte mi sveglio. Buio pesto, ma il tutto mi diventa chiaro. Thomas mi aveva informato che era nato non un baccia (bimbo), ma un bacciur (vitellino), e quando s’è accorto dell’equivoco non ha osato dirmi che avevo capito male, la sera ha fatto parlare la moglie, la quale pure mi ha dato il segnale indirettamente… e forse ancora adesso si chiedono se ho capito sì o no. Chissà cosa ha pensato quando ho chiesto se era nato in ospedale…!

 


Tabù

Non posso certo dire di leggere tutti i giornali, quindi moltissimi articoli mi sfuggono. Comunque il 15 agosto scorso, 60° anniversario dell’indipendenza dell’India e anche della partizione fra India e Pakistan, che poi si spezzò dando vita al Bangladesh, per la prima volta ho letto due articoli di riflessione storica che chiaramente dicono: la divisione fra India e Pakistan è stata un errore.

 


Choles Ritchil

Sono passati più di quattro mesi ormai. Choles Ritchil era un giovane tribale Garo, cattolico, che si dava da fare per difendere i tribali dalle false accuse di contrabbando di legname. La polizia lo ha arrestato con un pretesto e ucciso a botte. Ha proibito ai familiari di andare all’ospedale a vederlo. Ha negato che sia stato anche solo sfiorato con un dito – ma ci sono foto che ne mostrano i lividi orrendi e le fratture.

Era un uomo buono, benvoluto, non di parte, con famiglia. La denuncia di omicidio non è stata accettata. Dopo due mesi, a seguito di pressioni della stampa, il governo ha nominato un giudice in pensione membro di un “One man committee” (sic), cioè un comitato formato da una sola persona, con l’incarico di indagare. Da allora silenzio.

Nel frattempo, il governo provvisorio, che si dà da fare contro la corruzione, ha fatto arrestare parecchi pezzi grossi del corpo forestale, che hanno guadagnato milioni di dollari tagliando e vendendo il legname che dovevano proteggere. Accuse documentate, ma nessuno ricorda che oltre a rubare, gettavano la colpa sui tribali, facendoli arrestare e ammazzare.

 


Santità gentile

Il 2 settembre è l’anniversario della morte del primo bengalese arcivescovo di Dhaka, mons. Ganguli. E’ in corso la causa di beatificazione, e su di lui girano aneddoti. Un giorno va ad amministrare le cresime in un remoto villaggio Garo. La gente è emozionantissima, perché è la prima volta che vede un vescovo. Canti, danze, liturgia, poi il parroco accompagna mons. Ganguli alla casa del catechista per il pranzo. La moglie ha lavorato con tutti i sentimenti per preparare il meglio, naturalmente riso e maiale. Ma il Vescovo è allergico, niente maiale. Senza far storie mangia riso e lenticchie, cercando invano di confortare la signora, che piange desolata. Pochi giorni dopo il vescovo manda un messaggio al parroco: “Dì alla moglie del catechista che mi prepari qualcosa di buono che non sia maiale, la prossima settimana vado a pranzo da lei”. Si sobbarca due giorni di scomodissimo viaggio per darle la soddisfazione di assaggiare la sua cucina.

 

p. Franco Cagnasso     

25

maggio 2007

 


Alberi

Si chiama Kartik Pramanik, credo sia hindu, di Chapainawabgonj. Da bambino ascolta con attenzione la mamma che gli dice spesso: “In ogni albero c’è vita”, e a dieci anni ne pianta uno, che adesso vive il suo maestoso 55° anno di età. Era il primo, da allora non si è più fermato. Ha messo a dimora alberi nella sua terra, nelle terre dei vicini, lungo le strade, sulle rive dei pukur, su terreni demaniali, nei cortili delle scuole, girando paesi e città di un’area vastissima dove tutti ora lo conoscono… Nessuno sa quanti siano i “suoi” alberi, ma sono certamente tanti, e poche settimane fa è stato premiato. “Mi hanno dato 50.000 taka! Potrò piantare più alberi…”.

 


Teologia

Un visitatore straniero mi lascia cento taka, pregandomi di darle appena possibile alla donna che sbriciola mattoni vicino al seminario. Per due o tre giorni non la vedo, poi riappare, malconcia e piena di febbre. Mi fermo, le porgo le cento taka appallottolate. Dà uno sguardo distratto, poi trasecola: una cifra grossa per chi vive di stenti come lei! Alza subito occhi e braccia al cielo: “Allah, sii benedetto, ti ringrazio. Proprio di questo avevo bisogno per comprare le medicine!”. Verso di me solo uno sguardo di complicità: vedi come è grande e benefico Allah?

Sconcertato, nemmeno un grazie per me? Poi capisco la lezione di teologia: ha ringraziato Dio anche per me, per avermi dato il privilegio di essere strumento della sua misericordia.

 


Gabriella

Avevamo invitato P. Mariano Ponzinibbi a predicarci il ritiro annuale di fine aprile, e lo aspettavamo con gioia per rivederci e condividere tanto, dopo gli anni da lui trascorsi qui, poi in Italia, poi in Cambogia. Il 25 gennaio un infarto mortale, e un grande dolore per tutti. Sr. Gabriella, delle Missionarie dell’Immacolata - PIME, ha accettato di venire al suo posto anche, ha detto: “Pensando che Mariano sarebbe stato contento”.  So per esperienza che ci vuole “coraggio” a guidare il ritiro di 30 missionari stagionati e indisciplinati. Lo ha fatto con semplicità e competenza, risvegliando cose buone che sono in noi attraverso visite a tanti passi biblici fatte con occhi di missionaria, psicologa, donna. Sì, Mariano sarebbe stato contento.

 


Ad occhio

Attraverso a piedi Baridhara, il quartiere diplomatico, con strade pulite e quasi deserte. Qui si cammina volentieri, ma sono stanco, e faccio cenno ad un riscioala che sta venendo verso di me, senza passeggeri a bordo. Si ferma, gli chiedo se va alla chiesa di Nayanagar. “Sali”. “Quanto vuoi?”. Pare non capire e ripeto, allora brontola qualcosa che non afferro ma sembra voler dire: 8 taka. Cifra onesta, m’inerpico sul trabiccolo, lui fa una conversione a “u” e parte in direzione giusta. Più avanti bisogna voltare a destra, e tira dritto. Va bene, è più lunga ma tanto pedala lui. Ecco, ora andrà a destra, invece esita un poco poi gira a sinistra. “Ma dove vai?”. Niente. Lo ripeto più forte. Niente. Lo tocco, si volta, gli dico che ha sbagliato, mi guarda e finalmente capisco… è sordomuto. Gli faccio cenno con la mano, poi continuo a dirigerlo a colpetti sulle spalle. Quando sfociamo sulla strada grande, piena di traffico, mi guarda preoccupato: “Qui no”, fa cenno. Lo faccio fermare e scendo, manca poco alla chiesa.

Prima o poi morirà travolto da un’auto, ma si sarà guadagnato la breve vita con dignità.

 


Regalo

L’infernale aggeggetto, chiamato CNG (Compressed Natural Gas), è un triciclo originariamente Piaggio ora fabbricato in India e assemblato qua e là, carrozzato per portare persone e fare servizio di taxi. Dopo un’esasperante blocco sull’asfalto torrido ricoperto dai più svariati mezzi di trasporto è riuscito a divincolarsi, schizza fuori e ora saltabecca con il motore a tutto gas che strilla sulla larga strada libera. Nessuno davanti, nessuno dietro, incredibile fortuna, eppure… frenata brusca proprio davanti al giardino dell’ufficio del Primo Ministro. L’autista scende e va dietro il CNG, sembra guardare se sotto la carrozzeria tutto è a posto, raccoglie qualcosa da terra e risale. Arriva un altro CNG, frena e si affianca: “E’ maturo?”. “Quasi”. Ridono, ripartono allegramente, poi l’autista mi dice soddisfatto: “Il primo ministro non lo sa, ma mi ha regalato un mango!”

 


Figlio

Ogni mercoledì le “Blue Sisters” (= Movimento Missionario Charles de Foucauld, di Cuneo) distribuiscono gratuitamente medicine ai poveri, in un angolo del terreno della chiesa di Nayanagar, degli Oblati di Maria Immacolata. File lunghe, spintoni, tanta miseria e malattie anche semplici diventate brutte e dolorose per mancanza di cure elementari. S’avvicina una donna vestita bene, con in braccio un bel bimbo paffuto, sui 4 mesi di età. Non sembra ammalata. “Mio marito commerciava, si è indebitato in modo impossibile, non riusciamo a sopravvivere. Mi hanno detto che ci sono stranieri che desiderano bambini. Per favore, puoi comprare il mio?”.

 


Addestramento 

Da lontano, vedo una bimba (5 o 6 anni), che di solito chiede l’elemosina da questa parti, mentre sta mangiando un abbondante piatto di riso seduta sul bordo della strada. Entro per un momento in un negozio, quando esco ha già finito e si passa soddisfatta la mano sul pancino nudo, visibilmente ben rimpinzato. Mi vede, mi corre incontro. “Come stai?”. “Bene, e tu? Hai mangiato bene?”. Un sorrisone e un “sì” entusiasta, poi… esita, lancia un’occhiata verso la mamma, si mette a piangere: “Dammi qualche soldo, ho fame, non mangio niente da ieri…”. Un buffetto sul mento impiastricciato di riso e curry: “Domani”.

 


Le 2

“La politica meno 2”, così un quotidiano ha definito lo sforzo del governo di transizione, che dice di voler organizzare elezioni libere e serie, con politici puliti, e per il momento mantiene lo stato di emergenza e la proibizione di far politica anche “a porte chiuse”. I partiti si rinnovano meglio, ha pensato, se le due signore che li dominano con pugno di ferro e senz’ombra di democrazia interna, che si odiano ferocemente e non si rivolgono la parola da 15 anni, che si sono alternate come primo ministro ostacolandosi a vicenda in tutti i modi possibili… se ne vanno fuori dal Paese. Khaleda Zia, più devota, potrebbe star bene in Arabia Saudita, libera di fare pellegrinaggi a ripetizione; Sheikh Hasina è già negli Stati Uniti, dove ha il figlio sposato, parenti vari, tanti ammiratori e dove presto nascerà un nipotino che avrà bisogno delle sue coccole: perché non resta là? Ma il progetto non è andato in porto. Reazioni nazionali e internazionali l’hanno costretto a ritirare il decreto che proibiva ad Hasina di tornare, sospendere le pressioni per far partire Khaleda, e ora le due signore attendono ansiose di rientrare in politica.

 


Pedagogia

Rani è giovane e studia ancora, è felice perché “World Vision” (organizzazione protestante tipo Caritas) l’ha assunta per insegnare a bambine e bambini della baraccopoli, dalle 7 alle 9 del mattino. Ce la mette tutta, ma tenere la disciplina sembrava impossibile. “L’altro giorno, appena arrivata, ho distribuito un quadernetto ciascuno. Prima ancora che avessi finito, cinque o sei bambini avevano già stracciato il loro e stavano masticando carta. Allora ho finalmente capito e sperimentato: se prima di tutto do loro il pane e una banana, li fanno sparire in un minuto, poi si mettono tranquilli, gli faccio fare quello che voglio, e nessuno si mangia il quaderno”.

 

p. Franco Cagnasso 

24

aprile 2007

 


Anticorruzione

Sotto i precedenti governi, i partiti al potere gestivano il “racket” dei marciapiedi, non solo permettendo ad ambulanti e mendicanti di occuparlo dietro pagamento di una tangente, ma permettendo anche la costruzione di verande, negozi, scale, cartelli pubblicitari e via dicendo. Il governo  attuale ha lanciato la campagna anticorruzione, arrestando pesci grossi e piccoli, abbattendo migliaia di costruzioni abusive, grandi o piccole, dal muretto fino a palazzi di vari piani, e cacciando baraccati e ambulanti.

Molina, 35 anni, quattro figli, marito chissà dove, campa vendendo scialli e camicette che porta in un cesto. Seduta con il figlio undicenne accanto alla porta di una scuola, vede arrivare la camionetta della polizia. Tutti scappano, ma lei non capisce che succede. Due severi paladini anticorruzione l’accostano: “Che fai qui?”. “Vendo”. “Non va bene per una donna fare questo mestiere”. “Mio marito non c’è, i miei figli devono mangiare”. “Stai occupando suolo pubblico, hai violato la legge. Hai dato soldi a qualcuno?”. “Cento taka, per tutto il pomeriggio”. “Dunque corruzione, dobbiamo portarti in carcere”. “Ma ho altri 3 bambini più piccoli a casa soli!”. “Allora viene tuo figlio”. Pianti, implorazioni, clemenza: “Tornate a casa e non fatelo più”. Vanno via sollevati e pieni di gratitudine, mentre il corpo del reato, una gran cesta piena di vestiti nuovi trova posto nella camionetta della polizia, e l’ incasso nella giornata s’infila nelle tasche dei due agenti anticorruzione.

 


Biscotti

Appena esco dal cancello mi corre incontro, otto o nove anni di età, il nipotino della signora che vive raccattando e sbriciolando mattoni lungo il muro di cinta del seminario. Ha la faccia strana, sembra che voglia dirmi qualcosa ma esita… “Come stai?”. “Bene, però no, non tanto. Sono malato, ma sto bene”. “Cioè?”. “Ha la febbre – interviene la sorellina che gli trotta sempre dietro – tantissima febbre”. “Sarà un’influenza, hai la tosse?”. La nonna è in arrivo arrancando, dall’altra parte della strada inizia a fare ampi gesti con la mano a coltello sul palmo dell’altra: “Lo hanno fatto musulmano, due giorni fa!”. “Caspita – dico io – allora è segno che ormai sei grande! Congratulazioni”. “Sì, ma brucia!”. “D’accordo, d’accordo, ma passa presto”. “Passerà, però da due giorni è sempre peggio”. La nonna tenta il colpo: “Ci vuole la medicina, ma non abbiamo i soldi”. “Che medicina ci vuole? Non me ne intendo, perché lo sai che seguo un’altra religione, devi chiedere al tuo moulubi, lui certamente ha pratica”. “Tu… niente?” mi chiede il ragazzino con un po’ d’invidia. “La medicina forse gliela dà il moulubi – spiega la sorellina - ma tutti gli altri ragazzi hanno avuto la torta per festeggiare, lui neanche i biscotti!”. Crollano le mura di Gerico: 50 taka, così fanno un po’ di festa, e con i biscotti il bruciore certamente passa prima.

 


Calcoli

Abbiamo voglia di chiacchierare tutti e due. La serata è ancora calda, ma la luna piena non ci arrostisce come il sole ha fatto per tutto il giorno. Le strade sembrano un po’ meno affollate del solito, e lui pedala pian piano, spesso voltandosi, seduto di traverso sulla sella per guardarmi mentre domanda, risponde, riflette… “Perché non ti cerchi un lavoro migliore se ti pagano così poco?”. “Tu prendi meno di me e campi lo stesso, a me piace quello che faccio”. “Forse hai ragione, certo se stai qui ti piace il Bangladesh. Ma tua moglie parla il bengalese come te?”. “No”. “Sei musulmano?”. “No, cristiano”. “Beh, pazienza… ma tutto sommato la vostra è una bella religione. E tuo suocero? Tuo padre?”. “Tutti morti tempo fa, sono vecchio io”. Mi guarda: “Settant’anni o di più?”. “Sessantatrè, e tu invece? Da quanti anni pedali sul risciò?”. “Io trentacinque, da vent’anni sono a Dhaka e tiro il risciò. La mia città è Rangpur, una città magnifica, pacifica, si vive benissimo”. “E perché sei venuto via?”. “Sai, quando avevo 10 anni un americano voleva portarmi in America, ma poi mio papà è morto. Eh, ormai sono passati 40 anni…”. “Davvero?”. “Non sembra vero, eppure è così, proprio 40 anni…”. “Ma com’è che hai 35 anni e tuo papà è morto 40 anni fa quando avevi 10 anni?”. Tace a lungo, scuote la testa, calcola. “Forse hai ragione, non sono proprio quarant’anni. Però quasi”. Siamo arrivati.

 


Velo

Pudicamente, sta un poco in disparte dal gruppetto di passeggeri che attende l’autobus. Occhi bassi, burka nera da cui non sbuca altro che la punta dei piedi – unghie laccate, come hanno quasi tutte quelle che portano la burka. Velo viola scuro, solo una fessura per gli occhi. Borsa.

Sale per ultima e sembra cercare un posto, poi rimane in piedi fra le due file di sedili e appena l’autobus parte incomincia: “Onorevoli passeggeri, vi chiedo un attimo di attenzione”. Ha una voce armoniosa, non forte, e tutti tacciono incuriositi. Seduto accanto a me un vecchiotto con palandrana e cappellino bianchi, barbetta da musulmano devoto, rimane esterrefatto. “Vi auguro buon viaggio e spero che a casa vostra tutti stiano bene. Perché non portate ai vostri bambini un regalo?”. Vende matite. Il vecchietto si agita: “Una donna che fa questo lavoro? Ma roba da matti”. La guarda. La fessura del velo mette in risalto due occhi luminosi, splendidi; la burka nera, certo non troppo larga, copre il vestito completamente, ma non nasconde ciò che c’è dentro i vestiti… Il pio ripete a voce un po’ più alta per essere sicuro che io senta: “Una donna non deve girare a vendere. Il marito che fa?”. “Magari è morto” gli rispondo seccato. Borbotta parole incomprensibili. La ragazza passa lungo il corridoio e prima che l’autobus arrivi alla fermata successiva ha venduto 12 matite incassando 60 taka. Scende in fretta e si rimette in disparte, ad aspettare il bus seguente.

No, non credo che sia morto il marito. Credo che sia una studentessa che sa stare al mondo e ha trovato la via per pagarsi gli studi…

 


Potere

Prendete nota: Moeen Uddin Ahmed. E’ il capo dell’esercito del Bangladesh, che ha agito finora con grande discrezione, guidando da dietro le quinte il rovesciamento politico che s’è verificato dal 12 gennaio scorso, e che sempre più si dimostra come un piano studiato con grande intelligenza, passo dopo passo. Costituzionalmente la struttura statale e governativa attuale è un castello di carte, ma viene toccata con delicatezza perché non crolli del tutto: la facciata legale, vistosamente rabberciata, tiene. Il Presidente della Repubblica Iajuddin Ahmed, uomo del BNP cui ha obbedito ciecamente fino a quella data, è rimasto in carica e ora obbedisce al Generale. Fakhruddin Ahmed, capo del governo provvisorio, e i suoi dieci “consiglieri” hanno probabilmente accettato da lui con convinzione una scaletta di compiti che ora svolgono con competenza. Lui, Moeen (pron. Moin) Uddin Ahmed, lentamente sta uscendo allo scoperto e attraverso conferenze, seminari, articoli e interviste concesse con parsimonia sta mettendo in chiaro il suo progetto di creare una democrazia “alla bengalese”, secolare ma che tenga conto delle tradizioni religiose, dove il popolo si esprime ma i partiti sono controllati, l’esercito non fa politica ma svolge un ruolo di difesa della nazione, anche di cinghia di trasmissione con la base, freno alla corruzione. Forse sta dialogando a distanza con il Nobel per la pace Yunus, si studiano alla ricerca di un’intesa che imposti per il Bangladesh un’economia in crescita rapida, ma anche attenta alle esigenze delle classi povere. Centinaia di pezzi grossi sono in carcere per corruzione. “Se siete così avidi, e venite solo per sfruttare la miseria della nostra gente e avvelenarla, potete anche andarvene” ha detto il consigliere per l’industria (lui stesso grosso industriale farmaceutico) all’associazione dei fabbricanti di abiti e tessuti che resisteva all’idea di dover purificare le acque usate dalle loro industrie prima di reimmetterle nei fiumi.

Nessuno sa come andrà a finire, ma certo stiamo vivendo un passaggio interessante.

 

p. Franco Cagnasso 

23

febbraio 2007

 


Macerie

Non c’è villaggio, quartiere, mercato, marciapiede che si salvi. Viaggiare in Bangladesh significa passare tra due ali di macerie che fanno pensare a bombardamenti o terremoti. Sono invece i bulldozer o le maze del nuovo governo che abbattono ogni struttura illegale, costruita su suolo pubblico: il negozietto del te, la baracca del barbiere, il muretto del vice sindaco dove sedevano i suoi “clienti” in attesa, la tettoia con le bancarelle della frutta… L’edificio trasborda di 30 cm? Il bulldozer taglia 30 cm. Ma è un edificio di tre piani! Niente da fare, affettato anche quello di 30 cm (circa…) Hanno abbattuto interi condomini di 5 o 6 piani costruiti lungo il fiume a Dhaka, l’undicesimo e il dodicesimo piano di un ospedale, in funzione da anni, autorizzato per dieci piani soltanto. Un’orgia di mattoni ammucchiati, lamiere contorte, travi spezzate, saracinesche divelte. Molti già riparano quello che è rimasto dell’edificio affettato: lavoreranno più allo stretto. Qualcuno ha ripreso a vendere frutta, abiti, chapatti, te lungo le strade, ma ha messo le ruote al suo micronegozio….

 


Meccanizzazione

A proposito di mattoni: sono arrivate. Brutte, assordanti, puzzolenti, permanentemente avvolte da nubi di polvere rossa sono arrivate le machine a motore diesel che sbriciolano i mattoni per far ghiaia. Tre o quattro uomini buttano continuamente mattoni nelle loro boccacce che stritolano e divorano instancabilmente. Silenziose, donne, bambini, poveracci che campavano rompendo mattoni a colpi di marrtello osservano sedute a poca distanza queste bestiacce che fanno in poche ore il lavoro di 100 di loro.

 


Pedaggio

Si procede spediti su una strada stretta ma ben asfaltata, seguendo un rumoroso vecchio autobus stracarico di giovanotti urlanti che vanno in pic nic. L’autobus rallenta attraversando un bazaar di villaggio, poi si ferma in mezzo alla strada. Siamo alle solite! Ci fermiamo, cerchiamo di superarlo sulla sinistra. Procediamo adagio perché c’è gente, ed ecco appare il testone di un elefante, che si piazza a metà così da bloccare anche noi. Tranquillo ciondola la proboscide, ci saluta. Gli sfaccendati, raccoltisi a godere lo spettacolo gratuito, applaudono. Avanziamo un pò ma il bestione non si muove, anzi viene più vicino e allunga la proboscide verso il finestrino, come fanno i mendicanti. Finalmente capiamo! Gli porgiamo 10 taka, che delicatamente afferra e porge all’uomo sul suo dorso. Poi accarezza a tutta proboscide il finestrino anteriore, due o tre volte, con delicatezza, e si sposta per lasciarci proseguire…

e se qualcuno poi volesse fare il furbo, dando meno di quanto si aspetta l'elefante, sempre gentilmente, non abbocca, non accetta e, soprattutto, non si muove (da un'esperienza di p.Fabrizio, ndr).

 

p. Franco Cagnasso 

22

febbraio 2007

 


Scure

Come mai per parecchio tempo non sono apparse “Schegge di Bengala”? Dovevo far affilare la scure.

 


Democrazia?

Dopo mesi di proteste di piazza, vandalismi, scioperi generali, trucchi politici, morti e feriti, paura… il 12 gennaio e’ arrivata la calma. Abbiamo ora in carica un Presidente della repubblica screditatissimo, che ha dovuto rinunciare ai troppi poteri che si era preso; il parlamento e’ dissolto e le elezioni rinviate a tempo indeterminato. Il governo e’ affidato a 10 “Consiglieri” con un “Consigliere Principale” nominati dal Presidente. Alle spalle, in ombra ma forte, l’esercito, che non vuole il potere diretto, ma nemmeno vuole riconsegnarlo ai politici prima di aver “fatto pulizia” di corrotti e mafiosi, messi a tacere grazie alla proclamazione di uno “Stato di emergenza” di cui nessuno conosce esattamente le regole. La gente tira il fiato grazie all’inattesa calma sociale, gli imprenditori riacquistano fiducia e si danno da fare. I partiti mugugnano ma non osano opporsi apertamente. Forze dell’ordine e militari, per vari giorni hanno arrestato pesci piccoli: qualche decina di famosi capi mafia, banditi, assassini, ricattatori che, incuranti di lunghe liste di denunce, mandati di catture e condanne, erano diventati sindaci, capi  partito, commercianti. In molti casi, l’arresto e’ stato seguito da festeggiamenti da parte della gente. Ultimamente e’ arrivato il turno di una trentina di pesci grossi, fra cui 8 ex ministri di due differenti governi, centro sinistra e centro destra. Il famigerato figlio dell’ex primo ministro Khaleda Zia non si fa vedere in giro: nella rete ci sono vari suoi amici e colleghi suoi e della mamma.

Piangono baraccati e venditori abusivi, vittime innocenti di un sistema per cui i partiti al potere concedevano illegalmente l’uso di terreno pubblico, intascando i soldi delle concessioni. Si parla di 100mila almeno, le cui baracche sono state distrutte dai bulldozer.

Distrutte anche grosse costruzioni abusive di gente finora intoccabile.

I commentatori politici sentenziano che “elezioni” e “democrazia” non sono parole magiche. Occorre un buon governo, e l’esperienza insegna che partiti marci e corrotti non governano bene, anche se vanno al potere attraverso elezioni.

Dunque, elezioni fra breve ma dopo riforme radicali: separazione del potere giudiziario da quello esecutivo (subito avviata dall’attuale governo di “consiglieri”), disarmo dei cittadini, leggi che impediscano a evasori e corrotti di entrare in parlamento, controllo del fondamentalismo islamico, pulizia a fondo nelle fila della polizia, e quant’altro… “Bisogna fare in fretta – ha detto un Generale in un’intervista – prima che la corruzione entri nell’esercito come e’ successo in altri casi…”

 


Ordinazioni

Sono 16 i giovani con cui ho trascorso un mese di preparazione all’ordinazione diaconale (10 febbraio). Otto appartengono a quattro diocesi e otto da tre istituti religiosi. Salvo sorprese, quest’anno in Bangladesh verranno ordinati 21 preti, diocesani e religiosi.    

 


Ospitalità

Il mese di preparazione al diaconato si e’ svolto in localita’ a circa 30 km da Dhaka, nuova per tutti i partecipanti. Il programma prevedeva una giornata di deserto, in cui i 16 giovanotti si sono dispersi per le campagne e hanno attraversato vari villaggi, ognuno per conto suo. Ben 7 sono stati invitati da altrettante famiglie, musulmane e hindu’, a fermarsi in casa loro per un te’.

 


Per esempio

Corruzione e’ parola nota, ma astratta. Un quotidiano del 5 febbraio, pubblica il profilo di 30 arrestati e la “litania” (cosi’ scrive) delle accuse. Due esempi.

 

“Il nome dell’ex deputato del BNP Abdul Wahood Bhuiyan e’ sinonimo di violenza incontrollata e corruzione negli ultimi 5 anni. E’ accusato di aver provocato tensioni fra comunita’ indigene e bengalesi. Con suo fratello e suo nipote, terrorizzava il distretto di Khagrachhari; hanno pestato selvaggiamente almeno 8 giornalisti. Alcune migliaia di leaders e attivisti dell’opposizione, e persino qualcuno del suo partito hanno per questo lasciato il distretto. Ha undici accuse, alcune di omicidio e uso di esplosivi. Come deputato ha fatto trasferire almeno 5 commissari, 5 sovrintendenti di polizia e un comandante regionale. Ad un corrispondente del quotidiano locale ha fatto spezzare le ossa: uno dei metodi per zittire i giornalisti. E’ accusato dell’omicidio di Yasin, membro del suo partito che nel 1999 passo’ all’AL: lanciarono una bomba contro la sua auto, e quando’ usci’ lo pugnalarono. Una sua guardia del corpo pugnalo’ a morte un avversario davanti ai suoi famigliari, ma nessuno ebbe il coraggio di presentarsi a testimoniare (…). Infiammo’ la violenza etnica fra le due comunita’ nella zona, opponendosi al trattato di pace con i guerriglieri e creando un fittizio “Movimento per gli stessi diritti” per fare propaganda contro gli indigeni. Prima di essere eletto viveva in una casetta con il tetto in lamiera. Ora possiede un palazzo, su tre ettari di terra del governo. Controlla 8 province, attraverso parenti e amici. Si dice abbia accumulato tra 1,5 e 2 miliardi di taka in estorsioni in 5 anni, e abbia controllato tutti i progetti delle “sue” province. I suoi uomini si sono appropriati dei viveri assegnati dal governo a 250mila tribali di 78 villaggi”.

 

“Muovendosi a tutti i livelli, Salauddin Quader Chowdury si e’ coinvolto in numerosi crimini che vanno dal genocidio del 1971 agli assassini e all’estorsione. Era il consigliere d’affari parlamentari dell primo ministro Khaleda Zia ed era stato ministro durante il periodo dispotico di Ersad. Eletto al parlamento nel 1979 con la Muslim League, nel 1991 con il NDP e nel 1996 con il BNP. Il governo aveva invano tentato di farlo nominare Segretario Generale dell’Organizzazione degli Stati Islamici nel 2004. Noto criminale di guerra, era uno dei capi del traffico d’armi nell’Asia del sud-est e aveva forti legami con l’ambiente del contrabbando. Si trovarono 21 chili d’oro in una sua nave, ma l’accusa di contrabbando e’ stata insabbiata, come altre volte. Tenace oppositore della guerra di liberazione, insieme ad altri aveva comandato un gruppo di collaborazionisti, e usavano la loro casa come campo di concentramento in cui furono uccisi decine di membri di minoranze e partigiani. Nel 1974, tornato da un volontario esilio a Londra, ha costituito un’armata di mercenari che ha creato il regno del terrore a sud di Chittagong, dove si muoveva con un convoglio di 12 auto di uomini armati. Aveva ai suoi ordini un grosso gruppo di assassini, rapinatori e sequestratori riconosciuti e condannati, che aveva fatto liberare usando il suo potere sulla magistratura. Fra i suoi c’erano 2 sindaci accusati uno di due omicidi e altri 5 crimini, e un altro in 11 casi, fra cui tre omicidi. Lo temevano non solo gli avversari, ma anche i membri del suo partito. I piu’ colpiti erano i membri delle comunita’ minoritarie. Nel 2001 fu accusato, insieme a 26 altri, di aver ucciso il capo dell’organizzazione giovanile avversaria, di fronte alla sua (dell’assassino) casa. Ma il suo nome e’ stato misteriosamente cancellato dalla lista. E’ coinvolto in 50 casi di omicidio nella zona controllata da lui, fra cui 30 di attivisti dell’Awami League”.

 

p. Franco Cagnasso