Le Cartoline di p. Silvano - 2013

p. Silvano Zoccarato


2013

E’ mio fratello

Fiducia nel Signore e nei vicini - Come vieni Signore?

Piccola Sorella Hayat - Sei Clemente? - Fede ricaricabile

Incontrare l’anima musulmana - Fede di musulmani

Rapporti personali profondi - Cogliere l’occasione della “Grazia”

Arricchire la Chiesa di povertà

Auguri per la festa El Adha - Consolidate le vostre relazioni con i musulmani

Felici gli occhi che vedono

Il compagno indivisibile - Monigo comunità aperta

Senza una stelletta in più - Uniti in preghiera per la pace

I musulmani nostri fratelli

E' ancora Gesù

Ramadan - Di una cosa sola c'è bisogno - La fede forma la fraternità

Misericordia - 812 missionari trevigiani nel mondo

E’ arrivato in fretta

Costruire ponti e guardare il bene - Il vecchio cammello non è più solo

Tamanrasset - Servi di Dio Pierre Claverie e 18 compagni - Festa dell’amore fraterno - Vi porto all’altare

Dio sulle sabbie di Hassi Messaud - Che notizie ci sono? - Nella mano del Padre, il giorno nuovo

Mons. Ilario Antoniazzi, Arcivescovo di Tunisi - Il vaso rotto

Tre beduini nel deserto

E’ Pasqua!

Laura Boldrini, il vescovo di Gardaia e i profughi saharawi dell’Algeria - Voglio vivere e dare voglia di vivere - Di chi è la terra? - Il pane ci unisca

Vivere la propria fede in terra straniera - Che cosa chiediamo al Papa? - Figlio di migranti, amico dei poveri

La quaresima proposta dalla Caritas in Algeria - Dove è scritto il nostro nome? - La voce dei cristiani della Nigeria in conclave

Il Papa non si ritira, va a Nazareth - Le vie sono diverse, la meta è unica

E la tua famiglia? - Sempre e ovunque si può vivere la propria fede - Il papa si ritira a pregare - Papa Ratzinger guarda la Chiesa e pensa al cielo

Settimana dell’unità bellissima - Quando ci sarà pace? - Ci sentivamo fratelli

L’intimità del deserto - Ai nostri amici delle basi della regione di Hassi Messaud


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E’ mio fratello

Touggourt, 26 dicembre 2013


Per la giornata della Pace, Papa Francesco ci dice: “Nel cuore di ogni uomo e donna alberga…un anelito insopprimibile alla fraternità”.

Spesso la Tv ci fa vedere dei fratelli che si incontrano dopo anni di separazione o che si incontrano per la prima volta senza mai essersi conosciuti. La commozione è grande. Il legame del sangue è forte. Nella fratellanza tutto è bello. La bambina che porta un bambino grande come lei, a chi le chiede se è pesante, risponde: “No, è mio fratello”.

C’è anche il legame della fede.

Piccola Sorella Maddalena, la fondatrice delle Piccole Sorelle di Gesù, incontra il Patriarca Athenagora e questi le chiede: “Come sta mio fratello Paolo VI?” Poi Athenagora continua: “Siamo caduti (sic)le braccia dell’uno, nelle braccia dell’altro, l’anima dell’uno, nell’anima dell’altro. Ci hanno chiesto . “Quante volte?” Risposi: “Quando due fratelli si incontrano dopo nove secoli, gli abbracci non si contano!” – E in che lingua parlavate? - Risposi: “Dopo nove secoli, è il cuore che parla… ed è inesprimibile!”

C’è ancora il legame dell’amore che perdona. Nel testamento, il monaco Christian di Tibherine lascia scritto prima di morire: “Venuto il momento, vorrei avere quell’attimo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, e nel tempo stesso di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse colpito”.

Dove sono, qui a Touggourt, mi capita di accogliere africani sub-sahariani in situazione difficile. Non è facile capire bene la loro vera situazione. Ma il discorso del cuore riesce a stabilire un rapporto che incoraggia e rimette in cammino.

Mi è capitato di dialogare con cristiani di diverse famiglie religiose. Anche lì c’è l’aiuto della Grazia per giungere a sentire bene insieme quanto ci unisce. Molto importante è superare l’indifferenza e restare desiderosi dell’unità e della comunione.

Non è facile riconoscere e accogliere il fratello quando ci sono storie lunghe difficili, quando si sentono interessi minacciati, quando si tratta di cambiare vita. Papa Francesco ricorda: “Ciò comporta tessere una relazionalità fraterna, improntata alla reciprocità, al perdono, al dono totale di sé, secondo l’ampiezza e la profondità dell’amore di Dio, offerto all’umanità da Colui che, crocifisso e risorto, attira tutti a sé… Che Maria, la Madre di Gesù, ci aiuti a comprendere e a vivere tutti i giorni la fraternità che sgorga dal cuore del suo Figlio, per portare pace ad ogni uomo su questa nostra amata terra”.

Cari amici, auguri! L’anno nuovo ci veda tutti… artigiani di Pace.

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Fiducia nel Signore e nei vicini

Touggourt, 12 dicembre 2013


Rimasta sola nella sua fraternità delle Piccole Sorelle di San Francesco di Wargla, Margherita Clouet ha voluto mantenere una presenza cristiana. Ci racconta: “Attorno a me si è creata una grande solidarietà. In ambito diocesano, alcune suore di Hassi Messaud, Touggourt, Ghardaia sono venute per qualche tempo per restare con me o mi hanno accolto presso di loro. Ottima occasione per sentire e vivere la dimensione universale della nostra diocesi. Anche gli amici della fraternità e le famiglie dei disabili che accompagno sono molto presenti, attenti a rendermi piccoli servizi, a invitarmi a pranzo presso di loro. La vicina Rachida mi reca un pasto caldo per festeggiare l’arrivo della mia superiora generale. Hadja, infermiera all’ospedale, passa spesso a vedermi e veglia su di me. Nouna, la mamma del malato Nadir, arriva un giorno per dirmi: “Ci hai cambiato la vita con Nadir, ora tocca a noi aiutarti”. Djamel si occupa per mantenere bello il giardino e dovunque si vedono rose, garofani, giacinti… e gli amici vengono a gustarsi momenti di riposo. E che dire di Boussaud, uomo tuttofare che mi mantiene in ordine la casa.

Come vieni Signore?

Touggourt, 19 dicembre 2013


“Natale di Gesù, festa della fiducia e della speranza, che supera l’incertezza e il pessimismo. E la ragione della nostra speranza è questa: Dio è con noi e Dio si fida ancora di noi!”… con queste parole il Papa ci augura il Buon Natale di questo anno 2013.

In Algeria i cristiani si preparano a una grande riunione che avverrà nell’ottobre del 2014. Si stanno domandando come, dove trovano il Signore e come lo testimoniano.

Eccovi alcune testimonianze :

“Ogni giorno sentiamo cinque volte l’appello alla preghiera. Sì, Dio è presente tra noi sulle nostre strade, Emmanuele, con noi nei nostri incontri giorno dopo giorno”.

“La vita con questo popolo, la loro ospitalità generosa, l’amicizia quasi-protettrice, la loro apertura all’altro diverso, la loro fedeltà alla preghiera, il gusto della condivisione, la loro solidarietà … tutto mi testimonia che il Regno è già presente, che Gesù è presente e cammina con noi”.

In Algeria i cristiani vivono coi musulmani nell’amicizia e nel rispetto reciproco. Ma in molti paesi le tensioni nelle relazioni tra credenti di diverse famiglie religiose sono estremamente tese e tragiche, come in Siria, Egitto, Libia, Africa centrale e…

Il trevigiano Mons. Ilario Antoniazzi, arcivescovo di Tunisi, intervistato da Maria Laura Conte, dice: “Percepiamo la grande tensione che segna il Paese. Più che per la situazione attuale, appena uscita da una certa stagnazione, temiamo per quello che potrebbe accadere. Soprattutto che si crei un vuoto politico, che solo Dio sa chi potrà riempire. Ci sono stati arresti di gruppi salafiti, sono state trovate delle armi, siamo come in una pentola bollente, che potrebbe scoppiare. Gruppi di salafiti sono andati a combattere in Siria e quando tornano importano l’esperienza della guerriglia, sono pronti a tutto, fino a farsi martiri per la guerra santa nel nome di Dio. Ciò che mi tranquillizza è che il popolo tunisino ama la pace….

«Il mio primo Natale a Tunisi mi sta insegnando molto. L’assenza di luminarie e di segni evidenti dei preparativi della festa mi colpisce in modo particolare…

Ma proprio questa sorta di nostalgia mi costringe a un ritorno all’essenziale. Mi invita a sbarazzarmi di tutto ciò che è secondario, per lasciarmi condurre al significato essenziale del Natale: Gesù che viene. Quel Gesù che proprio là dove non mancano luminarie e decori di ogni genere, come nel ricco Occidente, quasi non si nomina più. Ecco: a Tunisi siamo aiutati a riandare all’essenziale».

Cari amici, Vi auguro di trovare il Signore nella preghiera e nell’incontro di ogni altro che vedete sulla vostra strada… e con la gioia del Vangelo nel cuore. Buon Natale!

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Piccola Sorella Hayat

Touggourt, 24 novembre 2013


La vedevo arrivare alla cappella come un pulcino intirizzito e dopo la messa mi insegnava a leggere la messa in arabo. Ho ancora la sua voce registrata…Nel 2006 arrivò a Touggourt dopo aver vissuto 50 anni… infermiera a Tamanrasset. Non dimenticherò mai il suo sorriso dolce, celestiale. Questa mattina (24.11.’13) è partita ad abbracciare la fondatrice Maddalena e altre Piccole Sorelle. Ora mi sorride dal Cielo.

Alla partenza da Tamanrasset il vescovo Claude Rault aveva scritto:

“Alcune settimane fa ho visitato la Fraternità delle nostre Piccole Sorelle di Gesù che si preparavano a lasciare Tamanrasset dopo una presenza di 53 anni. Sono stato profondamente toccato dalla testimonianza di ognuna di loro. Due di loro hanno vissuto a lungo in tenda in mezzo ai Tuareg, condividendo con loro… vita, variazioni e spostamenti dei pascoli. Una esistenza dura, vicina alle famiglie in situazione di precarietà. Un’altra ha lavorato a lungo in ospedale condividendo la vita e il lavoro delle infermiere. Tre esistenze piene che ora prendono una svolta. Certo, grande è la sofferenza di lasciare ambiente, relazioni e il profondo inserimento che ha marcato questa Fraternità. Gli amici ce lo manifestano chiaramente. Ma ciò che è stato seminato nell’amore verso questa popolazione dell’Hoggar, non può morire.

Nella nostra esistenza di discepoli di Gesù arriva a volte il momento di interrompere…, di trasmettere il lavoro ad altri, di fare la valigia e di transumare altrove, sia per una partenza definitiva sia solo per un certo periodo… Resta il rammarico… di lasciare ciò che si è vissuto e che non tornerà più.

Ma ciò che è stato seminato non se ne va… e porterà frutto!

Sei Clemente?

Touggourt, 29 novembre 2013


E’ la domanda che alcuni Algerini facevano continuamente a Clément Bigirimana, studente del Burundi , giunto nel 2007 e ritornato al suo paese col diploma di licenza di insegnamento della lingua francese ottenuta all’università di Wargla. Prima di partire ha raccontato: “Ho vissuto un bel periodo in cui scopersi che la vita è un ‘sistema’ dove tutto si capovolge: il bene e il male, la salute e la malattia, la gioia e lo sconforto, l’incertezza e la convinzione, il disgusto nella vita… E per me?

Qui in Algeria non vidi mai in nero la mia vita. Condussi una vita semplice che mi rese ‘vicino’ e disponibile a tutti. Scopersi un’altra immagine della Chiesa Famiglia di Dio. Ciò mi diede coraggio e gioia per vivere in mezzo a un popolo col quale tessi amicizie che non mi attendevo. Allora mi resta ancora forte la domanda degli Algerini: “Sei Clemente?” Sì, me lo chiedo anch’io, perché questo nome del mio battesimo mi mette in relazione diretta con Dio che è clemente e che vuole che il suo amore sia il segno di chi sa viverlo”.

Fede ricaricabile

Touggourt, 5 dicembre 2013


L'amico Abderrahmane Lassaker, ci confida che la fede non è il frutto di una riflessione intellettuale, ma qualcosa che Dio mette nel nostro cuore, come l’amore… e ciò non si può spiegare.

Così racconta: “Mi sono sempre ispirato ai profeti. Noè, per esempio… tutti lo deridevano quando costruiva l’Arca e si salvò per la sua fede. Faccio parte di una confraternita musulmana e abbiamo dei maestri spirituali che trasformano alcune idee celestiali in azione sociale, azione per la giustizia, ecc. Per essere fedele ai principi del corano mi chiedo sempre cosa sia lecito o non lecito. Ma per la mia fede, vado ad aiutare persone in difficoltà e di qualsiasi appartenenza religiosa. Un giorno diedi aiuto a un gruppo di siriani che portavano la croce al collo. Operai che lavoravano qui. Nessuno si fermava ad aiutarli. Si nutre la fede mettendosi a servizio degli altri, per piacere a Dio, e non in vista di una ricompensa. Nelle difficoltà della vita quotidiana (arroganza di chi detiene il potere), nei momenti duri (incidenti, perdita di un parente), la fede è un conforto. Essa permette di sopportare gli insulti, le ingiustizie, i comportamenti incivili, piuttosto di rendere male al male. Avevo un posto di direttore di relazioni umane. Era spesso difficile. Con la fede potei affrontare i problemi. Altrimenti avrei dato le dimissioni. La fede è come un portabile, va sempre ricaricata. A chi mi legge voglio dire che siamo tutti fratelli, qualsiasi siano le nostre convinzioni religiose e dobbiamo costruire un mondo dove ognuno troverà il suo posto. (Trad. dalla rivista Pax et Concordia)

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Incontrare l’anima musulmana

Touggourt, 19 novembre 2013


Abd-el-Jalil era un musulmano del Marocco. Si convertì al cristianesimo e si fece frate francescano. Morì nel 1979. Alla sua conversione, suo padre celebrò una cerimonia funebre. Divenne professore universitario e insegnò lingua, letteratura araba e islamologia all’Istituto Cattolico di Parigi. Conservò un vivo rispetto per la religione che aveva vissuto e scrisse numerose opere sugli aspetti interiori dell’Islam. Diceva: “Non dobbiamo permetterci noi cristiani di dare giudizi approssimativi sui musulmani. Il Corano insegna ai musulmani che i cristiani sono dolci umili misericordiosi e orientati verso la ricerca della perfezione. Dovremmo essere esigenti con noi stessi in favore degli altri credenti, particolarmente in favore dei musulmani che attendono da noi mansuetudine, umiltà, misericordia e ricerca di perfezione”.

All’epoca del Concilio era molto impegnato in conferenze sull’Islam e partecipò alla Settimana di missiologia di Lovanio nel 1964 con una conferenza dal tema “All’incontro dell’anima musulmana”.

Abd-el-Jalil diceva: “Avvicinarsi all’Islam richiede tatto e delicatezza. Come fece Gesù verso l’umanità. E un cammino completo. Molti cattolici hanno la preoccupazione di difendere la verità cattolica. Piuttosto di vedere un pericolo nell’Islam, Massignon ( padrino di Battesimo) affermava che si deve vedere uno stimolo, un pungolo, sul fianco della Chiesa perché manifesti la carità”.

Dalla rivista Oasis, N. 7

Fede di musulmani

Touggourt, 23 novembre 2013


Alcuni amici raccontano volentieri la loro fede. Aicha Naili si definisce Assetata di Dio e scrive:

“E’ una gioia per me dire il centro della mia vita, la mia relazione con Allah. La prima parola che mi viene per avvicinarmi a quello che sento nel mio cuore verso il mio Dio è Amore.

Come non amare chi è sempre con me, mi sente, mi conosce e tutto ciò per proteggermi, aiutarmi e guidarmi in un mondo dove sono così debole, fragile e impotente.

Quante volte mi sono sentita sola, e solo Lui toglieva la solitudine del mio cuore appena mi rivolgevo a Lui. Quante volte ero in piena confusione e Lui solo mi recava con dolcezza estrema il conforto e la guida la più illuminata. Non posso che sciogliermi d’amore al ricordo di tutte le volte che mi sono diretta verso Lui, divorata da un dolore profondo. Come lo zucchero si scioglie nell’acqua, così il mio male si scioglieva nella misericordia del Misericordioso e questo subito dopo la mia preghiera. Non posso contare i miei errori e il male che mi hanno prodotto. Ma Lui non smette mai di promettermi il suo perdono ogni volta che glielo chiediamo. Come non amare Colui che mi ha dato la vita…, questa fortuna di conoscerlo e di essere al suo servizio…come creatura.

Perché Allah ci offre una misericordia così grande? Una sola è la risposta: ci ama. E’ vero che lo amo, ma è lui che mi ha amata per primo”. (Traduzione dalla Rivista Pax et Concordia)

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Rapporti personali profondi

Touggourt, 6 novembre 2013


Nel settembre scorso ho partecipato a un convegno su Le frontiere dell’Interculturalità nel seminario teologico del Pime di Monza. Le conferenze erano tenute da persone competenti ma per due volte non sono riuscito a trattenermi dall’esprimere una certa distanza che sentivo in me dal contenuto che mi appariva teorico e da quello che vivo a contatto con popolazioni di cultura e religione diversa.

Mi trovo d’accordo con quanto scrive Christian van Nispen, il gesuita che dal 1964 ha insegnato filosofia e islamologia all’università copto-cattolica del Cairo, nel suo libro Chrétiens et Musulmans frères devant Dieu?

“Per un dialogo interreligioso con l’Islam, fecondo e vero, è essenziale mettere insieme due elementi. Da una parte, la conoscenza dell’Islam (istituzioni, storia, realtà…) è importante per cogliere il senso dei termini utilizzati dall’interlocutore musulmano e il fondo del suo pensiero; infatti ogni persona è segnata, molto più di ciò che si pensa, dal sistema religioso, culturale o ideologico che ha ereditato e nel quale è stato educata.

D’altra parte, i rapporti personali profondi con alcuni musulmani non sono meno importanti.

Certo, le relazioni personali necessariamente presentano qualcosa di particolare, ma senza questa dimensione l’incontro resta astratto. La relazione permette di scoprire la fede religiosa – atto fondamentale personale – nell’esperienza vissuta di persone concrete. La scoperta dell’esperienza religiosa vissuta dall’altro credente può creare una vera comunicazione, meglio comunione nella differenza. Cogliere il senso della fede nella vita reale delle persone illumina questa fede di una luce ben diversa da quella di una conoscenza teorica del contenuto dei dogmi dell’altra religione”.

Cogliere l’occasione della “Grazia”

Touggourt, 7 novembre 2013


“Grazie, padre Silvano, per le tue cartoline, in modo particolare per questa di oggi… (Rapporti personali profondi). Ogni mattina ho una signora del Marocco che mi accudisce ( mi lava, mi veste , mi siede sulla carrozzina ) e, in tutto questo tempo, ci raccontiamo le nostre esperienze con figli , marito , rapporto con fratelli, cognate, dove acquistare e come preparare i cibi, i lavori di casa, le sue esperienze nella sua famiglia in Marocco…. e di religione: confrontiamo le nostre feste, le nostre preghiere, il nostro vivere la religione. Io ho seguito le sue giornate di digiuno, ogni mercoledì lei mi augura “buona preghiera”, e io le dico “pregherò per te” e lei mi ringrazia…non troviamo molte differenze.

“Cogliere il senso della fede nella vita reale delle persone illumina questa fede di una luce ben diversa da quella di una conoscenza teorica del contenuto dei dogmi dell’altra religione”.

Questa occasione è “ Grazia”!”

Grazie R. per la “Grazia” della tua testimonianza che desidero far conoscere a tutti i nostri amici. Anche loro si lasciano aprire il cuore all’azione dello Spirito che vuole una sola famiglia e farci sentire la gioia di essere veramente fratelli. Nell’umiltà dei nostri rapporti scopriamo le ricchezze dell’altro…cresce il cuore…un mondo nuovo.

Appena scritte queste righe, trovo nel Breviario : “In ogni vita… il silenzio dice Dio. Tutto ciò che è… esulta perché gli appartiene. Siate la voce del silenzio in attività. Proteggete la vita… essa loda Dio!” (trad. dal francese)

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Arricchire la Chiesa di povertà

Touggourt, 1 novembre 2013


La quarta nota della Chiesa in Algeria descritta dal vescovo Claverie, ucciso nel 1996 : “Accettare la propria povertà come ospite, spogliata di quanto aveva e lasciarsi amare. Accogliere l’aiuto dell’altro, il consiglio, l’orientamento che nascono da una condivisione di vita e di vera comunione”.

«Sono qui non per “fare notizia”, dice papa Francesco ad Assisi, ma per indicare che questa è la via cristiana, quella che ha percorso san Francesco... Francesco fece la scelta di essere povero. Non è una scelta sociologica, ideologica. E’ la scelta di essere come Gesù, di imitare Lui, di seguirlo fino in fondo. Gesù è Dio che si spoglia della sua gloria». Così il Papa alza lo sguardo e si chiede: «Di che cosa deve spogliarsi la Chiesa?».

«La Chiesa deve spogliarsi di ogni mondanità spirituale, che è una tentazione per tutti; spogliarsi di ogni azione che non è per Dio, che non è di Dio; dalla paura di aprire le porte e di uscire incontro a tutti, specialmente dei più poveri, bisognosi, lontani, senza aspettare; certo non per perdersi nel naufragio del mondo, ma per portare con coraggio la luce di Cristo, la luce del Vangelo”.

Il cappuccino Hubert Le Bouquin che vive a Tiaret (Algeria), vede il papa come il nuovo Francesco e scrive : “Chiamarsi Francesco non può essere un programma di pontificato. Francesco d’Assisi non era un uomo di programma. Il nome è soprattutto un segno. Segno di una Chiesa che vuol essere povera, che vuole vivere nella sua carne la beatitudine evangelica: - Felici voi poveri! -. Non una Chiesa per i poveri, che deve andare verso i poveri e chinarsi verso di loro, ma una Chiesa che si lega a loro, che assume la loro condizione, che prende ella stessa i cammini della povertà come il suo Signore Gesù, lui, che da ricco che era, si è fatto povero per arricchirci della sua povertà e che non smise mai di legarsi con amore ai poveri. Si è fatto povero perché la Chiesa come lui arricchisca il mondo della sua povertà”.

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Auguri per la festa El Adha

Touggourt, 16 ottobre 2013


A tutti i musulmani e musulmane, a tutti gli amici della Chiesa Cattolica del Sud dell’Algeria.

Cari amici

La festa est sempre l’occasione per manifestarvi i nostri legami di fraternità nel nostro antenato Abramo.

Più particolarmente questa festa ci ricorda la sua fedeltà a Dio. Quando l’Altissimo gli ha chiesto di sacrificare suo figlio, non si è sottratto, ma grazie alla sua sottomissione, è stato benedetto. Ed è un montone che è stato sacrificato al posto del suo figlio beneamato.

In realtà Dio è il creatore e il protettore de tutta la nostra vita. E’ lui che ha creato gli esseri umani e non vuole che il loro sangue sia versato perché la vita e la morte gli appartengono.

In questi tempi dolorosi di conflitti, soprattutto nel Medio Oriente, le nostre lacrime si uniscono quando il sangue innocente di cristiani e di musulmani è versato dalla violenza dovunque venga. Quelli che compiono questi atti o li sostengono agiscono contro Dio e contro l’umanità. Spesso credono di onorare Dio e lo tradiscono. Più che mai ci sentiamo figli e figlie di Abramo. In nome della nostra fraternità, adoratori dello stesso Dio Creatore e Protettore della Vita continuiamo a vivere il buon combattimento della dignità di ogni vita umana ma con le armi pacifiche del dialogo, della preghiera e della misericordia.

Che l’Altissimo vi benedica, che benedica le vostre famiglie e la nostra grande famiglia umana.

Claude Rault. Vescovo de Laghouat-Ghardaïa.

A nome della comunità cattolica del Sud dell’Algeria

Consolidate le vostre relazioni con i musulmani

Touggourt, 18 ottobre 2013


E’ il desiderio di papa Francesco espresso ai vescovi dell’Africa del Nord riuniti a Roma per la Conferenza episcopale.

Il mio vescovo Claude Rault ci dice su quale certezza egli basa il suo impegno di relazioni:

“Siamo una vasta famiglia umana amata da Dio. Tutti, fratelli e sorelle impastati della stessa umanità. Gesù è il nostro fratello maggiore, è il punto di riferimento. Ci ha tracciato il cammino di una fraternità senza frontiere e ci invita a seguirlo.

In ogni persona c’è una fiamma d’umanità comune anche quando è indebolita dalle forze del male: violenza, voglia di potere a tutti i costi, ricerca di ricchezza, odio dell’altro diverso. Questa fiamma c’è, anche se debole può essere sempre ravvivata.

E’ la preghiera che mi fa raggiungere i miei fratelli e le mie sorelle in profondità, a cominciare dalle persone vicine nel lavoro, nei doveri sociali e nella vita quotidiana fino all’infinito.

Consolidare le relazioni è il modo visibile e concreto d’incarnare tale fraternità: relazioni abituali, familiari… ma anche piccoli gesti colti come un dono: il poliziotto di frontiera che mettendo il timbro sul passaporto, al mio ritorno da Roma, mi dice: “Che Dio vi benedica, padre”; l’anziano che non conosco e mi dice: “Come stai padre?” e alla mia risposta : « El hamdou li Llah ! », mi risponde :« El hamdou li Llah ! », come dire Alleluia!

E’ necessario parlare, informare…anche all’interno della Chiesa. Sta crescendo una sfiducia nei confronti dell’Islam e dei musulmani influenzata dai media e dal comportamento di minoranze islamiste estremiste. E’ vero, non si può misconoscere che alcuni cristiani sono perseguitati perché cristiani. Ma anche molti musulmani cadono sotto le bombe di altri musulmani! Dio fa la differenza? Alcuni musulmani sono spesso i primi ad essere colpiti dalla grande divisione che il mondo dell’Islam sta attraversando. Infine c’è in me una intima convinzione nella mia fede nel mistero pasquale: misteriosamente, le grandi sofferenze del mondo sono una energia accumulata, in riserva per la costruzione di un mondo più fraterno”.

Mgr Sabbah, Patriarca latino di Gerusalemme ha detto:

“Nel vuoto di ogni speranza, facciamo sentire oggi il nostro grido di speranza. Crediamo in un Dio buono e giusto.Crediamo che la sua bontà finirà per trionfare sul male dell’odio e della morte che regnano ancora sulla nostra terra. E finiremo per vedere “una terra nuova” e “ un uomo nuovo” capace di mettersi in piedi col suo spirito fino all’amore di tutti i suoi fratelli e sorelle che abitano questa terra”.

Claude, vostro fratello vescovo

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Felici gli occhi che vedono

Touggourt, 12 ottobre 2013


Un mattino m’incammino verso le Piccole Sorelle per celebrare l’Eucaristia. Sento sotto i portici un fracasso. Lontano cento metri, un uomo batte con un bastone saracinesche, porte e muri…. e grida frasi incomprensibili. Ho paura di avvicinarmi. Passo dall’altra parte della strada… Mi vede e mi viene incontro. Allora gli vado incontro anch’io col sorriso più angelico che potevo fare e gli tendo la mano. S’avvicina…, ci guardiamo, mi dà la mano e pone la guancia sulla mia spalla destra come si fa tra amici. Poi continua la sua strada. Lo guardo ancora… si siede sul marciapiede e piange. Durante l’Eucaristia parlo a Gesù di lui.

Questo momento mi è rimasto impresso e mi sono domandato che cosa poteva significare per la mia vita qui a Touggourt dove incontro tante persone. Alcune mi chiedono un aiuto scolastico, altre si confidano e raccontano la loro vita. Mi vedono come una persona con la quale vivere momenti di dialogo e relazione amichevole. Molti hanno vissuto coi Padri Bianchi, con le Suore Bianche e con le Piccole Sorelle tanti momenti di vita insieme, di lavoro, di scuola, di divertimento, di formazione. Le Piccole Sorelle hanno accolto nella loro casa parecchie partorienti. Molti abitanti di Touggourt mi dicono con gioia che sono nati nelle loro mani e si considerano loro figli. Ora tutte queste persone, mi vedono e mi accolgono col clima di famiglia creatosi in tanti anni di presenza e di servizio da quanti mi hanno preceduto.

L’incontro con quell’uomo che urlava, lo sento come una immagine-simbolo di tanti momenti vissuti da Gesù nei suoi incontri con la gente e vissuti poi da tanti discepoli di Gesù durante i secoli e in tutto il mondo. Gesù incontra il cieco nato… Francesco incontra il lebbroso…

L’amore vissuto unisce, lenisce, rimette in cammino.

Quante ore passo ad ascoltare… e a farmi sentire vicino.

Alla base di questo modo di vivere a contatto con persone di culture, religioni, lingue diverse e bisognose d’aiuto e di calore umano, c’è un principio di fede che permette di vedere, di sentire in un modo nuovo. E’ la contemplazione di cui parla Gesù: “Felici gli occhi che vedono”. “Vedono ciò che molti profeti e giusti hanno desiderato di vedere”. E’ vedere Gesù vivente, attivo, presente e che ti tende la mano…e ti abbraccia.

Questa contemplazione è stata la prima attività della Chiesa, la preghiera. Cioè vedere e sentire con Dio tutto ciò che arriva nelle nostre vite di ogni giorno. Trovare Dio in ogni creatura, in ogni fratello.

“Il primo frutto della contemplazione, dice il biblista trevigiano don Antonio Marangon, è di suscitare la speranza e la fiducia nei confronti della razza umana e della nostra vita quotidiana”.

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Il compagno indivisibile

Monza, 21 settembre 2013

"Ecco il compagno indivisibile delle tue fatiche apostoliche, il tuo sostegno nei pericoli e nelle difficoltà; il tuo conforto nella vita e nella morte". Così disse p. Ferruccio Brambillasca, nuovo superiore generale, domenica 15 settembre, a Milano, dando il crocifisso a 11 missionari del Pime: 3 sacerdoti, 1 fratello, 2 suore, 1 della comunità missionarie laiche, 4 dell'associazione laici. Preti, suore, laici, un' unica famiglia missionaria. Un unico compagno, il crocifisso. Unico programma, annunciare il vangelo. Unica gioia, vivere e portare la Bella Notizia. Unico amore, quello messo nel cuore da Gesù.

Dal 17 al 19 settembre ho vissuto tre giorni nel nostro seminario di Monza dove si preparano alla vita missionaria una quarantina di giovani di 12 nazionalità. Sanno che, ordinati sacerdoti, saranno mandati alle Genti, ad Gentes; in un paese diverso da quello di origine, ad Extra; missionari per tutta la vita, ad Vitam; e vivranno il loro apostolato insieme ad altri confratelli, Cor Unum.

Gli stranieri provengono dai paesi dove hanno lavorato i nostri missionari. Sono i vescovi stessi di quei paesi, che cresciuti e formati dai missionari, ora sono contenti di affidarceli perché li formiamo e perché un giorno essi stessi possano mandarli ad annunciare il Vangelo.

L'internazionalità del Pime è una testimonianza della missione iniziata da Gesù e che continua in tutti i paesi e con qualche novità. Nell'intervista ai gesuiti il Papa Francesco ha detto: "Le Chiese giovani sviluppano una sintesi di fede, cultura e vita in divenire, e dunque diversa da quella sviluppata dalle Chiese più antiche. Per me, il rapporto tra le Chiese di più antica istituzione e quelle più recenti è simile al rapporto tra giovani e anziani in una società: costruiscono il futuro, ma gli uni con la loro forza e gli altri con la loro saggezza. Si corrono sempre dei rischi, ovviamente; le Chiese più giovani rischiano di sentirsi autosufficienti, quelle più antiche rischiano di voler imporre alle più giovani i loro modelli culturali. Ma il futuro si costruisce insieme".

Tra quei giovani ce ne sono due che ho aiutato in Camerun a fare i primi passi. Altri tre sono già in terra di missione. Non vi nascondo la gioia di vedere i seminaristi di Monza, belli, sorridenti, cordiali e i loro superiori uniti e ben determinati a trasmettere lo spirito di un Istituto che ha dato tanti santi e martiri alla Chiesa e al mondo. Mi cresce la voglia di accompagnarli nella preghiera e vi invito ad avere la grazia di fare altrettanto.

Il 25 prossimo ritornerò in Algeria. Aprendo la porta di casa mia, cercherò la lucetta nel luogo di preghiera. Mi dirà che Lui è lì e che mi aspetta, compagno indivisibile.

Monigo comunità aperta

29 settembre 2013

Louis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila, dice che durante il Conclave il card. Bergoglio aveva fatto un appello per una Chiesa più missionaria che si concentri sulla "periferia" piuttosto che su se stessa. Questo è stato condiviso da molti cardinali.

Una Chiesa che riesca a portare calore, ad accendere il cuore. La nostra preghiera perché il Signore riscaldi il nostro cuore e ci sostenga nell'affascinante missione di portarlo al mondo. Una chiesa che ha una profonda simpatia per l'uomo, che accoglie la donna e l'uomo di oggi, che cammina con loro condividendo il loro percorso di vita che cerca di manifestare ed esprimere il volto di un Dio che ama l'uomo appassionatamente.

Oggi Papa Francesco vive e insegna: "Voglio che la chiesa esca per le strade verso le periferie del mondo. Le parrocchie... le istituzioni sono fatte per uscire fuori".

Durante le mie vacanze in Italia ebbi numerose occasioni di raccontare la mia vita coi musulmani in Algeria e trovai interesse e apertura. Dopo un incontro con un bel numero di amici, il parroco di Monigo, don Giuseppe Mazzoccato scrisse:

"I problemi di rapporto con i musulmani rimangono... tuttavia rimangono anche queste oasi di convivenza nella simpatia reciproca le quali, oltre ad essere segni di speranza per il futuro, attestano la possibilità di una convivenza non solo pacifica, ma reciprocamente arricchente. Il buon cristiano si accredita (anche) per la sua capacità di accoglienza e di relazione.... Il primo tra voi sia colui che serve, dice il Vangelo, ed uno dei servizi a cui oggi siamo richiesti è di far incontrare la gente rompendo quei muri di indifferenza che ha creato tanta solitudine e talvolta anche litigi e querele. Il lievito di cui parla il Vangelo mi sembra sia oggi ogni azione capace di far incontrare le persone, a partire dal posto in cui abita, testimoniando il valore dell'incontro, prima di ogni appartenenza e pratica religiosa".

Quasi ogni giorno celebrai l'Eucaristia nella bella chiesa di Monigo accanto agli amici che portavano all'altare la loro vita, le loro attenzioni a tante persone disabili, la loro apertura missionaria e io portavo all'altare anche l'umile e nascosto servizio di quanti nelle loro case vivevano accanto ai loro ammalati. Anche quelli sono le "periferie del mondo" di Papa Francesco.

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Senza una stelletta in più

29 agosto 2013


Nelle mie vacanze italiane, la gioia più bella è stata di arrivare nella nostra cappella a Roma e di trovare padre Gian Battista Zanchi in preghiera, proprio il giorno prima del suo ritorno in Bangladesh. Mi vede..., accenna un sorriso e dice :"Algeria". Mi è bastato quel momento... quella parola... per risentire una comunione profonda e un senso forte di Istituto.

So quanto ha creduto in una presenza del Pime in Algeria e quanto ha fatto in questi anni per assicurarmi dei compagni. Oggi poi, la presenza dell'Istituto è aumentata per l'arrivo delle Missionarie dell'Immacolata del Pime, che stanno svolgendo un ottimo servizio. Di che presenza si tratta?

Giorni fa papa Francesco ha detto: "I musulmani sono nostri fratelli"

Per me e per chi vive in Algeria come discepoli di Gesù è far sentire ai musulmani che incontriamo e in mezzo ai quali viviamo che sono nostri fratelli e siamo testimoni dell'accoglienza che ci riservano e delle ottime relazioni di stima e di servizio reciproco.

Mi sento riconoscente verso p. Gian Battista Zanchi e per la sua apertura apostolica.

L'ho visto partire per il Bangladesh, nella massima semplicità: 71 anni di età, 7 anni di servizio come vicario generale del Pime; 14 anni di servizio come superiore generale. Partito come soldato semplice, con nessuna stelletta in più. "Anni di servizio" come ha definito sempre la sua vita missionaria. Il vangelo della messa che abbiamo celebrato insieme, riportava la parabola degli operai chiamati a tutte le ore. Dopo la messa gli chiesi: "Tu in quale gruppo ti vedi?", "Tra gli ultimi", mi rispose. Nel documento conclusivo del 'servizio' dell'ultima direzione generale, Gian Battista lasciò scritto quanto gli stava a cuore: la ricchezza del Pime e la missione nuova. "La ricchezza del PIME sono i suoi uomini: una convinzione tuttora valida. Mi pare sia la verità di questo piccolo Istituto, con tanta tensione verso l'esterno, ed anche con una ricchezza umana incredibile. Una bellezza che sorprende e che si manifesta ... quando meno la si aspetta. Segno di una vitalità presente, ma che forse ha bisogno di essere meglio espressa e coordinata... La missione non è solo andare ed annunziare agli altri che il Signore è risorto, ma è anche mantenere gli occhi ed il cuore aperti per accogliere la testimonianza da coloro ai quali siamo inviati. Spesso la missione è pensata esclusivamente in termini di donazione, ma la vera missione è anche ricevere. Se è vero che lo Spirito di Gesù soffia dove vuole, non c'è persona che non possa dare quello Spirito".

Uniti in preghiera per la pace

2 settembre 2013


Sabato prossimo 7 settembre preghiera e digiuno per la pace. Papa Francesco ci unisce tutti. In quel giorno mi sono proposto di rileggere gli indirizzi degli amici a cui spedisco le mie cartoline e immaginare di rivedervi e di sentire che siamo veramente tutti uniti e vicini. Sarà bello! Nessuno mancherà. Ripropongo quanto ha detto papa Francesco:

«Rivolgo un forte Appello per la pace, un Appello che nasce dall'intimo di me stesso! Quanta sofferenza, quanta devastazione, quanto dolore ha portato e porta l'uso delle armi in quel martoriato Paese, specialmente tra la popolazione civile e inerme! Pensiamo: quanti bambini non potranno vedere la luce del futuro! Con particolare fermezza condanno l'uso delle armi chimiche! Vi dico che ho ancora fisse nella mente e nel cuore le terribili immagini dei giorni scorsi! C'è un giudizio di Dio e anche un giudizio della storia sulle nostre azioni a cui non si può sfuggire! Non è mai l'uso della violenza che porta alla pace. Guerra chiama guerra, violenza chiama violenza! Con tutta la mia forza, chiedo alle parti in conflitto di ascoltare la voce della propria coscienza, di non chiudersi nei propri interessi, ma di guardare all'altro come ad un fratello e di intraprendere con coraggio e con decisione la via dell'incontro e del negoziato, superando la cieca contrapposizione».

Cari amici... a risentirci vicini!

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I musulmani nostri fratelli

14 agosto 2013

"Il mondo arabo attraversa la fase più difficile della sua storia", afferma Foad Aodi, presidente di Amsi (Associazione medici stranieri in Italia) e Comai (Comunità del mondo arabo in Italia). "Speriamo di poter trovare una personalità araba di alto spessore e alto profilo che possa fare quanto fa Papa Francesco in Occidente", che sappia "unire e far ragionare il mondo arabo in modo che ritrovi serenita' e identita'. Ora Papa Francesco "sta dando tutte le risposte che aspettavamo da anni, che vanno dritte al cuore". Hamza Piccardo, fra i fondatori dell'Ucoii (Unione delle Comunita' islamiche d'Italia) dice che il messaggio di papa Francesco è stato accolto con "straordinario piacere" e "gratitudine. Le parole del Pontefice richiamano quelle contenute nel messaggio inviato ai musulmani per la festività di Id el fitr, la celebrazione che conclude il Ramadan, ma è "importante" che abbia voluto ribadirle davanti ai fedeli riuniti all'Angelus''.

Colgo le parole del Papa come un grido di fraternità, ma non sono sicuro che sarà accolto così da una parte di musulmani e da una parte di cristiani. "Amici sì, diceva un giovane musulmano a una ragazza cristiana, ma non fratelli, perché non preghi come me!" E forse alcuni cristiani non sono disposti a sentire i musulmani 'fratelli'. Sento che il Papa sta provocandoci con le sue affermazioni e portandoci verso un cambiamento di mentalità e di vita.

"Gli esegeti che hanno computato le parole del Corano hanno rilevato - sottolinea l'Ucoii - che il centro perfetto del Libro è un espressione 'wa lyatalattaf' che abbiamo tradotto: 'con gentilezza'". La stessa "gentilezza" che Papa Francesco "ci propone e che, con educazione e rispetto - assicura la maggiore associazione islamica presente nel nostro Paese - devono far parte della nostra prassi quotidiana, ognuno per quello che può e sa, e spesso un sorriso vale più di mille parole".

Il Papa ci da l'esempio della 'gentilezza' e i musulmani accolgono e cercano nel Corano il corrispondente. Continuiamo a rispettarci con gentilezza e a ritrovare nei libri sacri quanto c'è dell'amore di Dio e dell'amore del prossimo. Allora ci sentiremo veramente Fratelli.

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E' ancora Gesù

3 agosto 2013


Mi piace collocare gli avvenimenti nel loro contesto e lasciar libera la memoria a ricordare. Mentre il papa era in Brasile, qui in Italia ho incontrato alcuni missionari del mio istituto Pime e li vedevo contenti, fieri. Ricordo i missionari che Mao tse Tung aveva cacciato dalla Cina e che partivano per il Brasile. Il mio Istituto come altri continuò a mandare molti missionari e lo fa tuttora. Una delle attenzioni d'oggi è per sostenere lo spirito missionario della Chiesa in Brasile. Infatti nel mondo ci sono missionari/e brasiliani. In Guinea Bissau abbiamo anche un vescovo brasiliano. Non posso dimenticare mons. Pirovano, uno dei primi. Volle terminare la sua vita tra i lebbrosi di Marituba e riuscì a far venire papa Giovanni Paolo II. Così racconta : “Quel pomeriggio ho temuto per la salute del Papa. Faceva un caldo infernale, circa 42-43 gradi all'ombra. In mezzo alla siepe di gente spuntò un braccio senza mano di una lebbrosa. Il papa ebbe un momento di ribrezzo, poi si chinò, prese il braccio, arrivò presso la lebbrosa che piangeva sul suo carretto. I lebbrosi gridavano in coro: “Uba, uba, uba, viva o Papa de Marituba”. E il papa gridava coi lebbrosi... poi continuò cantando: “Ol, ol, ol! Marituba, muito sol! Volle chiamare vicino Marcello Candia che da industriale si era fatto apostolo dei lebbrosi, e lo baciò in fronte”.

Ora Papa Francesco continua a fare quello che faceva Gesù, quello che fecero tanti discepoli di Gesù coi bambini, coi malati, coi peccatori, con tutti... in tutto il mondo. E' ancora Gesù... vivo tra noi!

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Ramadan

16 luglio 2013


Vivendo tra i musulmani e coi musulmani, il Ramadan ti impegna non solo al rispetto e all'attenzione per non mettere te e loro in disagio, ma anche a quella che amo definire e sentire comunione. Senti anche tu che per chi lo vive pienamente il Ramadan è un tempo di disciplina fisica e spirituale, di religiosità profonda, di comunione con tutti. Ti senti interrogato..., invitato a farne parte..., a desiderare il benessere di vivere la tua giornata vicina a Dio e al Prossimo. E' quanto esprime il mio vescovo Claude che approfitta di tutte le occasioni per dire ai tanti amici che ci conoscono e ci amano che li sentiamo vicini e fratelli e li stimiamo proprio nel loro forte e profondo senso religioso e umano. Comune è il desiderio, la preghiera per la Pace. Che tutti sentiamo e che il Signore veda che siamo uniti in peghiera e ci esaudisca. Vi traduco gli auguri inviati a tutti i nostri amici.

Auguri di buon Ramadan

A tutti i musulmani e musulmane amici della nostra diocesi del Sud dell'Algeria

Cari amici, mentre siamo nel cuore dell'estate, voi entrate nel mese sacro del Ramadan. A nome della comunità cattolica del Sud dell'Algeria, vengo per assicurarvi del nostro profondo legame e offrirvi auguri di Santo Ramadan. Che Dio benedica le vostre famiglie. Che Dio sostenga il vostro digiuno e la vostra preghiera per rendervi più vicini a Lui e al vostro prossimo. Con voi innalziamo la nostra preghiera perché questo mese di privazioni e di festa riavvicini i cuori e porti la Pace al nostro mondo là dove è più minacciata. Vi assicuriamo la nostra preghiera e la nostra amicizia. Che Dio Onnipotente e Misericordioso vi accordi un Ramadan buono e santo.

P. Claude Rault. Vescovo cattolico di Laghouat-Ghardaia (Sud Algeria)


Di una cosa sola c'è bisogno

20 luglio 2013

Il mio vescovo del Sahara, Claude Rault, scrive :

"Il Cardinale Lavigerie, fondatore dei Padri Bianchi diceva ai suoi missionari:

"Che il missionario sappia che egli è uomo di preghiera, che appartiene interamente a Dio, perché è inviato da Dio; ma soprattutto che sia sempre unito a N.S. Gesù Cristo...

La testimonianza dei grandi oranti in Algeria è molto eloquente. Non soltanto Fratel Carlo di Gesù... Piccola Sorella Madeleine, Carlo Carretto, Fratel Ermete... e tanti altri: quelli e quelle che vivono nel cuore delle città o dei deserti, questo faccia a faccia con Dio, più particolarmente nell'adorazione eucaristica, e sempre nello spirito di nascondimento di Nazareth.

La vera preghiera testimonia dell'assoluto di Dio. E lo testimonia ancor più in terra d'Islam, dove l'adorazione del Dio Unico e Misericordioso ci mette immediatamente all'unisono con quelli e quelle con cui viviamo. La preghiera, qualunque essa sia, costituisce un patrimonio comune, al di là delle forme che possa assumere. E'un atto gratuito d'adorazione e d'Amore "in vista di Dio solo", ma l'orante e la comunità orante divengono allo steso tempo una testimonianza viva che Dio è il centro di tutta la vita. "Là dove è il tuo tesoro, là sarà pure il tuo cuore". La preghiera non è uno "strumento apostolico", è gratuita, testimonia per se stessa la grandezza di Dio.

Interrogato dall'Agenzia FIDES sulla maniera in cui pratichiamo la convivialità con i Mussulmani nella Diocesi del Sahara, ho riassunto il nostro approccio intorno a due polarità:

- Una presenza che potremmo dire "attiva", o anche "apostolica", tra questa popolazione, attraverso differenti impegni nel campo culturale, o in quelle attività che vengono chiamate "caritative",

- E una presenza più "gratuita" e adoratrice attraverso comunità e fraternità di preghiera che vivono molto vicine alla popolazione mussulmana.

Il giornale algerino francofono El Watan a mia grande sorpresa ha conservato come degna di nota soltanto la presenza di comunità di preghiera e di prossimità alla popolazione, riferendosi soprattutto alle Fraternità delle Sorelle e dei Fratelli della Famiglia spirituale di Carlo de Foucauld.

Vi ho letto in questa scelta il riconoscimento esplicito e rilevante di questa presenza "contemplativa" in terra d'Islam".


La fede forma la fraternità

22 luglio 2013


Nell'enciclica Lumen fidei di Papa Francesco trovo dei testi molto belli sul tema della fraternità universale. Eccone alcuni: "Assimilata e approfondita in famiglia, la fede diventa luce per illuminare tutti i rapporti sociali... Occorre tornare alla vera radice della fraternità... Nel procedere della storia della salvezza, l'uomo scopre che Dio vuol far partecipare tutti, come fratelli, all'unica benedizione, che trova la sua pienezza in Gesù, affinché tutti diventino uno. L'amore inesauribile del Padre ci viene comunicato, in Gesù, anche attraverso la presenza del fratello. La fede ci insegna a vedere che in ogni uomo c'è una benedizione per me, che la luce del volto di Dio mi illumina attraverso il volto del fratello... Grazie alla fede abbiamo capito la dignità unica della singola persona". 54

Così disse Giacobbe quando incontrò il fratello Esau : "Vedere te...è come vedere il volto di Dio".

Interessante è la stretta relazione tra il fratello e Dio. Questa relazione è fondata sulla realtà di Dio padre e creatore e quindi si amplifica fino a comprendere tutti in una sola famiglia, in un solo popolo. Dio diventa un catalizzatore universale.

Ciò non appare sempre evidente, ma lo possiamo supporre... anche quando c'è una fratellanza che supera barriere di culture e di religione.

Dopo l'attentato di Ain Amenas (Algeria) in cui morirono molti algerini e operai stranieri, un algerino che aveva salvato tre stranieri mi racconta: "Finalmente, eccoci all'aeroporto. Da lontano vedo uno che avevo salvato. Lascio i bagagli e corro. Ci siamo abbracciati a lungo davanti a tutti. Non faceva che dirmi: "Non ti dimenticherò mai". Piangevamo. E così tutti quelli che aspettavano l'aereo, algerini, stranieri, tutti esultavano di gioia. Ci sentivamo tutti fratelli". Il rapporto con Dio in ambiente musulmano è sottinteso.

Ma c'è anche il caso in cui la religione crea ostacoli.

Una ragazza camerunese cristiana diceva continuamente 'Fratello' a un giovane musulmano. Costui si distaccò dicendole: "Amico, sì, fratello no, perché non preghi come me".

Allora mi chiedo di quale fraternità parli Papa Francesco quando tratta di fraternità che procede dalla fede e che unisce tutti i popoli. Gesù aveva detto: "Miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica". Allora la fratellanza secondo Papa Francesco vive della Parola di Dio, vive di Fede, impegna tutta la vita, è di un amore totale.

Altra domanda. Papa Tawadros II, patriarca copto, incontra a Roma Papa Francesco, lo invita in Egitto e propone che il 10 maggio di ogni anno si celebri "la festa dell'amore fraterno" tra le due Chiese.

Questa festa dell'amore fraterno sarà un semplice incontro emotivo o una vera celebrazione di fraternità di fede e di comunione profonda? E sarà poi aperta e condivisa dai membri di altre religioni... perché si realizzi il piano di Dio?

Allora la fraternità di cui parla Papa Francesco deve essere capita, desiderata, pregata perché possa trasformare le persone e il mondo intero.

Ci incoraggia Giovanni Paolo II che dopo l'incontro contestato d'Assisi del 1986, affermò :

"Possiamo in effetti ricordare che qualsiasi preghiera autentica è suscitata dallo Spirito Santo, che è misteriosamente presente nel cuore dell'uomo. E' ciò che si è visto anche ad Assisi: l'unità che proviene dal fatto che ogni persona è capace di pregare, cioè di sottomettersi totalmente a Dio e di riconoscersi povera davanti a lui. La preghiera è uno dei mezzi per realizzare il disegno di Dio tra gli uomini"

Bellissima questa testimonianza di Giovanni Paolo II. Lo Spirito Santo lavora nel cuore di chi prega autenticamente e forma il fratello universale.

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Misericordia

6 luglio 2013


Mia madre è morta giovedì 19 giugno all'età di 104 anni. Con me a Touggourt c'era p. Alberto Sambusiti, appena giunto dall'Italia per restare con me e per prestare servizio religioso nella città del petrolio di Hassi Messaud. I miei amici appena informati sono venuti a farmi le condoglianze secondo lo spirito di fede e di preghiera della loro religione: “Dio abbia misericordia di tua mamma”. Ma non solo per mia mamma. Ho già partecipato a dei momenti di dolore per la morte di qualcuno e ho anche partecipato al seppellimento di qualche defunto. Le espressioni di condoglianze sono tutte di misericordia: “Dio abbia misericordia per il defunto, per i parenti, per tutti i partecipanti, per tutti...! Percepisci un clima di misericordia, di benevolenza... che non viene solo da Dio, ma che ci si trasmette, ci unisce, ci consola e infonde speranza. Misericordia di Dio che diventa misericordia di noi umani.

In realtà, anch'io avevo bisogno di misericordia. Gli ultimi anni di mia madre non sono stati facili né per mia madre, né per i fratelli e le cognate, né per me. Non sempre era dolce come lo è normalmente una madre. Non sempre si è stati pazienti e teneri come si desiderava. Ora penso che non è partita come un vecchio armadio che si mette da parte. Con mio padre vivo e parlo spesso con lui perché lo sento vivo. Anche con mia madre desidero vivere lo stesso rapporto. Il senso di misericordia che i musulmani mi hanno fatto sentire è stato per me una purificazione, un balsamo che mi permette di ricomporre tutta la realtà umana e spirituale dei membri della mia famiglia che continuano a vivere anche al di là della temporaneità.

Papa Benedetto in un dialogo coi bambini, ha detto che per lui il Paradiso sarà ritrovare e continuare la gioia e la serenità di quanto ha vissuto nella sua famiglia sulla terra. “Eravamo un’anima sola e ci si nutriva di una gioia fatta di cose semplici e di un amore reciproco… forte. Un gusto di paradiso. Se cerco d’immaginarmi, il paradiso… lo penso come al tempo della mia giovinezza: eravamo felici. Andando nell’altro mondo, spero di ritornare a casa”.

Sono riconoscente ai miei amici musulmani che mi hanno aiutato con la loro testimonianza sulla misericordia a dare un senso pieno al passaggio della persona cara da questo mondo a quello del 'cielo'.

812 missionari trevigiani nel mondo

7 luglio 2013


Una trentina di missionari/e si sono incontrati mercoledì 3 luglio al santuario della Madonna delle Cendrole di Riese col vescovo Gianfranco Agostino Gardin. Incontro annuale ormai abituale tra vescovo e missionari in vacanza che assume ed esprime la comunione di missione vissuta dai discepoli del Signore impegnati in servizi particolari per l'annuncio del Regno di Dio. Treviso vive intensamente la missionarietà e 812 missionari/e non sono pochi.

Ogni missionario si è espresso brevemente ed è riuscito a dire la sua vita. E' stata una 'lectio divina' su 'Gli atti degli Apostoli' moderni. Ancora di attualità erano le parole: martirio, carcere, sofferenze, difficoltà, persecuzione, accompagnate da crescita delle comunità, catecumenato, battesimo, e celebrazioni e feste a non finire.

Il contatto con altre religioni e sette cristiane porta a un intenso impegno di formazione e di testimonianza. Ma questo rischia di mettere in secondo ordine l'impegno di inculturazione che merita di essere continuamente attivato per mantenere i popoli che incontrano Cristo ad essere i protagonisti che si lasciano condurre dallo Spirito a sviluppare i semi e i gemiti del Verbo. Protagonisti del loro sviluppo integrale, della loro conversione e adesione alla Chiesa dei vari volti umani. I missionari han fatto sentire la passione dell'annuncio del Vangelo riflesso nella loro vita.

Li accumuna i sentimenti del p. Fausto Tentorio, espressi poco tempo prima di essere ucciso nelle Filippine. Alla sua gente diceva: “I vostri sogni sono i mei sogni, le vostre battaglie per la libertà sono le mie battaglie per la libertà, voi e io siamo compagni nella costruzione del Regno di Dio”.

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E’ arrivato in fretta

Touggourt , 24 giugno 2013


Padre Alberto è arrivato a Touggourt domenica scorsa 16. 6. ’13 dopo 11 ore di pulman. Venerdi scorso l’ho accompagnato ad Hassi Messaud e ieri l’ho lasciato accanto al santuarietto di Nostra Signora delle Sabbie dove abitano le Missionarie dell’Immacolata e dove vi è un container bene adattato per le sua abitazione. Tutto così in fretta?

Papa Francesco vorrebbe una litania nuova per la Madonna : “Nostra Signora della fretta”. Infatti si era messa in viaggio in fretta per incontrare Elisabetta e condividere la gioia della maternità comune. Lo stesso, l’abbiamo vissuto qui coi nostri segreti nel cuore e ora siamo in buona compagnia, presente anche lei, Maria. Anche lui si è mosso in fretta.

Lasciando la sua missione della Costa Davorio aveva già programmato la partenza per il 12 giugno, nonostante il tempo del grande caldo. Infatti siamo già a 40/45°.

Ma tutto si è svolto bene in modo straordinario, miracoloso. Visto ottenuto senza problemi, viaggi e soprattutto incontri magnifici. Nei giorni passati a Touggourt, oltre alle Piccole Sorelle, gli amici in mezzo ai quali vivo, gli hanno fatto sentire la loro fratellanza. Ad Hassi Messaud, gli operai stranieri e algerini del petrolio l’hanno accolto e pregato assieme. Una settimana è bastata per inserirlo in un mondo nuovo e lasciarlo andare per il suo cammino di incontri, di dialogo, di amicizia, di preghiera.

Sta di fatto che ci conoscevamo bene già in Cameroun e che è persona di grande esperienza. Non avrà le folle di cristiani camerunesi o ivoriani, ma sa bene l’importanza dei piccoli gesti di amore. Ha già gustato il vento di sabbia e al grande caldo ha detto : “L’ho già gustato in Camerun”.

Ringrazio il Signore per questo arrivo e per la sua presenza… proprio quando ricevevo la notizia della morte di mia madre. L’ho introdotto e accompagnato. Ora parto veramente contento per un po’ di riposo in Italia. Che Nostra Signora delle Sabbie abbia fatto qualcosa?

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Costruire ponti e guardare il bene

Touggourt , 25 maggio 2013


Ogni due anni un gruppo di vescovi francesi e del Maghreb si incontrano per uno scambio su temi riguardanti i paesi che vivono attorno al Mediterraneo. Nell’ultimo incontro del maggio 2013 hanno esaminato la difficile situazione della primavera araba, del Sahel e del Mali.

E’ emersa la constatazione che la paura dell’islamismo radicale stia crescendo sia all’interno della comunità cristiana sia all’interno della comunità islamica.

Tale sviluppo non è un fenomeno puramente religioso. L’Islamismo è strumentalizzato a fini politici ed economici. I vescovi si chiedono se i paesi occidentali si rendono conto che si stanno lasciando andare a credere nell’islamismo radicale e violento. Ciò nel vicino oriente e nel Sahel, mentre le situazioni non sono le stesse. I primi a soffrirne sono i poveri… i più fragili. Oggi sono loro i crocifissi costretti ad abbandonare i loro paesi e a vivere in situazioni inumane.

La complessità della situazione non è di ordine religioso, ma etnico, economico e politico.

Cristiani e musulmani sono invitati a conoscersi reciprocamente e a fare un’analisi più rigorosa degli avvenimenti e delle correnti che attraversano le società. La loro aspirazione è e sia verso la giustizia e la pace. In questi paesi la popolazione è fatta di uomini e di donne di buona volontà. Si è tutti chiamati a rendere la nostra terra più giusta e più fraterna. Lo ha ricordato Papa Francesco al corpo diplomatico : “Desidero veramente che il dialogo tra noi aiuti a costruire ponti tra gli uomini, in modo che ciascuno possa trovare nell’altro non un nemico, non un concorrente ma un fratello da accogliere e abbracciare”.

Il vescovo Claude del Sahara continua a dire con passione: “Andiamo senza paura all’incontro, gli uni degli altri. Noi assistiamo continuamente a iniziative di comunione magnifiche, ma che i media non prendono sul serio. Il ‘bene’ non ha prezzo e non fa rumore. Il male, la perversione e la cattiveria fanno scoppiare i nostri schermi televisivi.

Ma non vediamo il bene che esiste nella nostra terra e che fa scoppiare gli occhi?"

Il vecchio cammello non è più solo

Touggourt , 5 giugno 2013


Presto mi raggiungerà P. Alberto Sambusiti.

Eravamo insieme in Camerun, poi io venni in Algeria e lui andò in Costa d’Avorio. Il superiore generale p. Zanchi, ora emerito, gli chiese se era disponibile per l’Algeria. Rispose : “Sì”, come fanno tanti pimini quando il soffio dello Spirito chiama. Non solo… Il Pime maschile ne ha scelto un altro che si preparerà… e ci raggiungerà. Il Pime femminile preparerà altre tre suore per aprire un’altra sede di servizio nella diocesi di Oran. E’ segno che il Signore continua ad amare gli Algerini. Il perché lo sa lui… Un po’ lo sappiamo e lo sentiamo anche noi …! E un po’ anche voi che continuate a credere a pregare e ad amare il lavoro dello Spirito.

In Camerun qualcuno mi ha definito L’elefante grande perché avevo aperto la strada a molti missionari/e in foresta e in savana. Ora sono diventato Il vecchio cammello che suggerisce piste nuove.

Ci sono alcuni elefantini del Camerun che mi scrivono… Diventeranno cammellini?

Carissimi restiamo uniti e disponibili alle sorprese dello Spirito.

Avete letto il libretto Rose del deserto ? Alcuni amici l’hanno trovato bello. Lo potete chiedere alla libreria a voi vicina.

Mia madre va verso i 104 anni. Fine giugno sarò in Italia. Il 3 agosto sarò a Crespano del Grappa per una conferenza così : “Ero straniero e mi avete riconosciuto”.

Arrivederci.

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Tamanrasset

Touggourt , 13 maggio 2013


Nacque nel 1905 quando le 40 persone che vivevano sotto ripari di frasche videro arrivare un marabut bianco, Charles de Foucauld, innamorato di Cristo e dei Tuareg e che volle costruire la prima casa in duro, ora al centro di una città di 120.000 abitanti.

Per raggiungere Tamanrasset dal nord dell’Algeria e dal sud di diversi paesi, devi percorrere migliaia di km di deserto, valicare montagne e salire a 1360 m. di altezza.

Anche oggi è luogo di passaggio dal Mali e dal Niger e luogo dove vengono scaricati molti umani dopo essere stati spogliati di tutto e di ogni dignità.

Molti di loro continuano verso il Mediterraneo… alcuni si fermano, accontentandosi di nutrirsi con un duro lavoro. Chi sosta un po’ lungo il viaggio, ha la fortuna di sentire: “Va li, troverai qualcuno che ti accoglie, potrai lavarti…” Poi trova una sorella, un fratello, poi sente che può pregare insieme ad altri come lui, ritrova il Gesù che aveva lasciato. La prima messa è un continuo piangere di tristezza e di gioia”. C’è anche chi chiede il cammino del battesimo, e chi si rifà il cuore.

Vi è anche un prete che va a cercare nei nascondigli la “pecorella perduta”.

Il miracolo è quando, chi avendo ritrovato Gesù, si rimette in viaggio, ritorna a casa a dire alla sua gente che non vale la pena di sognare un paradiso sulla terra, ma con Gesù si può migliorare il proprio. Sì… c’è anche il ritorno. E c’è pure il cristiano che si ferma ad aiutare quelli che incontra… nei tuguri, nel lavoro inumano, il febbricitante di malaria, l’abbandonato in un ospedale o che organizza la sepoltura del transfuga ignoto.

Ho chiesto a una suora, seduta davanti al tabernacolo: “Ti vedo ferma a pregare. Che cosa dici?” Mi risponde : “Lo guardo… mi lascio guardare. Gli porto chi incontro… me ne porta altri”.

Tamanrasset è anche luogo dei commercianti del sud che si organizzano secondo la loro cultura e religione. Luogo degli operai cristiani copti che hanno chiesto di radunarsi e pregare nella casa cappella di Charles de Foucauld.

Sarebbe anche luogo turistico meraviglioso per la natura straordinaria e per i segni lasciati impressi da umani dell’antichità e luogo di pellegrinaggio dei luoghi di De Foucauld. Ma alcuni momenti difficili hanno reso la zona poco sicura.

Servi di Dio Pierre Claverie e 18 compagni

Touggourt , 16 maggio 2013


Così possiamo già invocare le 19 vittime della Chiesa dell’Algeria durante gli anni ’90 : un vescovo, Pierre Claverie, un fratello marista, i 7 monaci di Tiberine e 10 suore e preti.

Il processo canonico in terra d’Algeria terminò nel 2007 e ora tutta la documentazione è passata a Roma il 9 luglio 2012 nelle mani della Congregazione per la causa dei Santi che esaminerà le 6700 pagine di testimonianze. Ci vorrà del tempo per la beatificazione, ma c’è già una semplificazione : Papa Giovanni Paolo II li aveva definiti ‘Martiri’ e per la beatificazione di un martire non è necessario il ‘miracolo’ da attribuire al candidato.

Questa attesa permetterà di raggiungere un consenso all’interno della Chiesa e del paese che sente ancora vive le ferite per l’uccisione non solo dei cristiani, ma anche di tanti altri algerini innocenti.

Jean Jacques Pérennès, confratello del martire vescovo, scrive: “L’essenziale è già raggiunto ed è l’uniformità dei 140 testimoni che affermano la fede e il dono della vita dei 19, già seme fecondo nel cuore di molti e che parla di amore mutuo, di fraternità in un momento in cui le relazioni tra Occidente e mondo islamico sono sempre più tese”.

Anche i 19 avevano una sola voce : “Noi scegliamo coscientemente e liberamente di restare in questo paese, nonostante i rischi, per amore di Cristo, per fedeltà alla Chiesa che ci chiama in questo paese, e per solidarietà col popolo algerino vittima di una violenza cieca”.

Festa dell’amore fraterno

Touggourt , 19 maggio 2013


Papa Tawadros II, patriarca copto, ha incontrato a Roma Papa Francesco, l’ha invitato in Egitto e ha proposto che il 10 maggio di ogni anno si celebri «la festa dell’amore fraterno» tra le due Chiese.

Nell’incontro Papa Francesco aveva parlato dell’esistenza di un «ecumenismo della sofferenza» che scaturisce da una legge della vita cristiana: «Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui».Al termine dell’incontro, Papa Francesco e Papa Tawadros II si sono raccolti insieme in preghiera.

Bellissima l’idea della “Festa dell’amore fraterno”.

Ho pensato alla festa dell’incontro di Esaù e di Giacobbe, rimasti lungo tempo separati ma uniti nel cuore dal sentimento di “ fratello” che poi li ha riavvicinati. La voce del sangue era rimasta viva.

Come Papa Francesco che ha ricordato la legge della vita cristiana, base di ecumenismo.

Speriamo che la “Festa dell’amore fraterno” tra Chiesa copta e Chiesa cattolica si allarghi ad abbracciare i membri di tutta l’umanità, di ogni lingua, cultura religione.. Nel 1955 in piena guerra di indipendenza, il card Duval scriveva agli Algerini: “Non abbiamo forse la stessa origine, la stessa natura, lo stesso destino? Dire no alle esigenze dell’amore fraterno, è offendere Dio stesso… E l’amore che Dio ci chiede è dono di se : è da praticare in ogni istante, nei pensieri, nei sentimenti, nelle azioni”.

Alla base di ogni festa c’è un “credo”. Nella religione tradizionale africana delle etnie del Camerun, alla base della festa di una nascita, di un matrimonio, dell’anno nuovo, della morte di una persona, i riti i canti le danze esprimono quello che il cuore sente e che mantiene unita una etnia. Nella festa c’è gioia e anche quando questa non è esteriorizzata, c’è nel profondo dell’animo di tutti una consapevolezza, un senso di benessere, di verità. E’ il rispetto e la vitalità della legge della vita.

Il “credo” alla legge della vita sta alla base dei rapporti umani…, aperti o chiusi secondo il credo personale. Come quando, dalla ragazza camerunese che diceva continuamente ‘Fratello’ a un giovane, costui si distaccò dicendole: “Amico, sì, fratello no, perché non preghi come me”.

La preghiera distingue? Il credo divide?

Nella Festa dell’amore fraterno, come aveva affermato Giovanni Paolo II, i partecipanti, ispirati dallo Spirito, manifesteranno il credo comune e diranno con gioia a Dio : Abba! e al prossimo : Fratello!

Prepariamo la festa con la preghiera: “Spirito di Dio, linfa d’amore, dall’albero immenso dove ci innesti, i fratelli diventino dono… nel grande Corpo, vivo di comunione” (Br. francese).

Oggi festa di Pentecoste! Auguri!

Vi porto all’altare

Touggourt , 21 maggio 2013


Il Pime si rinnova e ha bisogno di essere unito in preghiera.

In questo momento sento forte il legame che mi unisce alla mia famiglia del Pime. All’interno, ci sono ricordi molto vivi, che in questo momento riemergono stretti… sentiti.

Mamma Monica, chiese al figlio Agostino: “Ricordati di me, dovunque sei, dinanzi all’altare del Signore». (Confessioni 9, 11,27)

Si, vi porterò all’altare, p. Ferruccio Brambillasca e p. Davide Sciocco. Ieri avete detto sì al servizio nella direzione generale del Pime. Vi ringrazio e vi sento uniti all’altare, anche quando eravate studenti in seminario.

Vi porterò all’altare assieme a tanti altri pimini che la Provvidenza ci aveva uniti e ormai dispersi in tutto il mondo.

Assieme a P. Ndouwe Adolphe, tupuri di Yagoua, missionario in Bangladesh.

A P. Ngidjoi Joseph di Yaounde, missionario in Messico

A Enoch Bouba di Ngaoundere, presto sacerdote e già destinato in Brasile.

Assieme ad alcuni studenti camerunesi del Pime a Monza e a Yaounde

Vi porterò all’altare assieme ai 14 preti di Ebolowa, figli spirituali di p. Mario Bortoletto, Fidei Donum di Treviso, conosciuti anche da me in qualche incontro di formazione.

E anche assieme a te, Benoit DINBA, seminarista a Maroua che mi scrivi regolarmente con le notizie dei due fratelli, uno prossimo prete e l’altro seminarista.

E assieme alle Missionarie dell’Immacolata originarie del Camerun.

Vorrei che il Signore ci mantenesse uniti all’altare, assieme ai tanti amici che ci amano.

108

Dio sulle sabbie di Hassi Messaud

Touggourt , 5 maggio 2013


Mi congratulo con Suor Lourdes per i bei fiori che ornano l’ingresso della Chiesa di Nostra Signora delle Sabbie. “Non pensavo di poter seminare e di vedere questi bei fiori sulla sabbia”, mi dice.

Certo, i fiori sono una sorpresa della natura e il frutto della solerzia dell’uomo, ma in quel posto i fiori più belli ora sono loro: Suor Serena, che ha atteso cinque anni di poter entrare e di accogliere le sorelle Jyothy, indiana, e Lourdes, brasiliana. In questi giorni, solo per un breve periodo, c’è anche Suor Lucia, della Papua Nuova Guinea e che risiede a Algeri. Presentandola ai tecnici venuti per la messa, ricordavo che La Papua Nuova Guinea era stata la nostra prima missione, finita con un fallimento per la morte di malaria di un missionario e per l’uccisione del Beato P. Mazzucconi. La si dovette abbandonare, ma ritornati sul posto dopo 130 anni, i missionari e le suore dell’Immacolata hanno trovato una bella accoglienza e ora Suor Lucia fa parte di un bel gruppo di Missionarie dell’Immacolata, proprio della Papua Nuova Guinea.

Lasciando Touggourt per andare ad Hassi Messaud, faccio 160 km di pura sabbia in un piccolo pulman e all’entrata della chiesetta, leggo: “Nostra Signora delle Sabbie vi invita a ringraziare Dio per i suoi doni nascosti sotto le sabbie e a domandare con lei la protezione delle anime e dei corpi degli operai del petrolio, delle loro famiglie e dei loro paesi”. Mgr Mercier, évêque de Laghouat 1950 ».

Ogni volta che arrivo ad Hassi Messaud e che vi celebro la messa con gli operai del petrolio e ora con le suore, sento forte la mia realtà di prete.

La sento… quando alzo l’Ostia santa in atteggiamento di offerta di Lui e di me per “la moltitudine”.

La sento… quando nell’ascolto della vita che si racconta solo a un prete, dico poi parole, non solo mie…, che liberano, incoraggiano e perdonano veramente.

Quando faccio sentire nella vita e nel lavoro che rischia di dimenticare Dio, quello che diceva il teologo Barth : “Dio è tutt’altro… perché la vita sia tutt’altro”.

Quando vedo il miracolato salutare la sua statuetta di Maria… baciarla… farsi il segno della croce… e poi partire per un’altra settimana di lavoro.

Dio solo sa perché ha voluto Nostra Signora delle Sabbie ad Hassi Messaud e ha voluto noi… là.

Quello che vedo io e che sento in me… mi basta.

Che notizie ci sono?

Touggourt , 6 maggio 2013

Spesso per rompere il silenzio ci si chiede : “Che notizie ci sono?

Leggendo bene Gli atti degli apostoli si è sensibilizzati a cogliere le sorprese dello Spirito e ci si lascia penetrare dalla realtà che il primo, il vero apostolo, il primo mandato, è Lui. Oggi colgo la novità di Paolo che mandato dall’Asia Minore in Europa, invece di trovare dei giudei, trova delle donne in riunione e tra loro una di nome Lidia “alla quale il Signore aveva aperto l’animo per renderla attenta a quello che Paolo diceva”.

E’ quello che vivevo ogni giorno quando incontravo la gente della foresta e della savana del Camerun. Quello che vivevo… quando restavo aperto, ingenuo… libero da progetti. Dentro le difficoltà, vivevo di novità in novità…

Oggi il mio Istituto (PIME) ha incominciato l’Assemblea Generale che rinnoverà la Direzione Generale e coglierà le novità dello Spirito.

La vera evangelizzazione è cogliere la Buona notizia dello Spirito e testimoniarla. Quali sono le novità e le sorprese che lo Spirito ci riserva e ci svela in questo mondo globalizzato?

Facile chiedersele ma come coglierle?

Cari amici vi invito a pregare per il mio Istituto perché resti aperto e sappia cogliere le novità dello Spirito.

Nella mano del Padre, il giorno nuovo

Touggourt , 9 maggio 2013


Anche a me arrivano lettere… parole… grida…

E’ diminuita fortemente la speranza… non si vede la strada… sono scomparse le forze…

Molti sono chiusi nel dolore, soli…

Certo ci sono situazioni diventate ormai troppo difficili.

Ma alcune situazioni sono diventate difficili all’interno del cuore, anche quando economicamente non sono disastrose. Si tratta, e non è raro, di vuoto di relazioni umane e di relazioni con Dio. Alcuni non domandano soldi. Cercano umanità… in tutti i settori della vita… familiare, sociale, religiosa, politica…

Non sentono più gioia di condividere. Cercano un aiuto, una mano come il bambino che trova la mano del papà o della mamma, o del fratello, o della sorella. Desiderio di amare e di sentirsi amati? Vuoto di senso della vita? Tante domande…

Agli amici bisognosi di speranza, che mi dicono che non hanno più nessuno e cercano la fede e la Chiesa…, vorrei pregassero con me questa preghiera che adatto dal breviario francese. Dio è ancora vivo in noi… e in tante persone.

Un nuovo giorno comincia… accolto da te, Padre,

Lo rimettiamo nelle tue mani…com’è!

Meravigliati di te, Padre,

Ti offriamo niente… solo accogliamo il tuo amore!

Segnati dal gusto di vivere…in te, Padre,

Senza risorse… solo la fame del pane spezzato!

Come cantare la tua grazia… per te, Padre,

Se i nostri cuori non battono della speranza del Corpo intero?

Si alza il giorno nuovo… tu lo conosci, Padre.

Tuo Figlio compia in noi la vittoria della croce!

107

Mons. Ilario Antoniazzi, Arcivescovo di Tunisi

Touggourt , 16 aprile 2013


Lo Spirito Santo si sta divertendo a spostare i suoi fedeli come vuole. Dall’Argentina il nuovo vescovo di Roma. Da San Polo di Piave (Treviso), prima, e da Rameh (Galilea) poi, il nuovo vescovo di Tunisi. Con sorpresa, come quando il poliziotto che verificava i passaporti di un gruppo di religiose, vedeva una proveniente dalla Corea, un’altra dall’Italia, un’altra dalla Francia, un’altra ancora dall’India e chiese: “Come avete fatto a mettervi insieme?”

Interrogato da Maria Laura Conte, Mons. Ilario dice : «È un vero salto quello che mi attende. Spero non un “salto mortale”. Sarà molto diverso il contesto, ma quello che mi aspetto è di capire il piano del Signore su di me e sulla Tunisia. Ho parlato con il Vicario generale dell’arcidiocesi che mi ha descritto la situazione nel dettaglio e ho colto che ciò su cui dovremo tutti insistere è la speranza: la speranza dei cristiani che vivono lì deve essere sempre alimentata. La Tunisia vive un momento delicato e molti si chiedono come potrà andare a finire la storia. Ma è solo il Signore, il Dio della storia, non l’uomo, che può rispondere».

Maria Laura Conte chiede: “Lei svolgerà il suo ministero in un Paese nel quale ha vinto le elezioni il partito a riferimento islamico. Come i cristiani possono agire e annunciare il Risorto qui senza incorrere nel rischio di essere accusati di proselitismo?

Il nuovo vescovo risponde: «Questo è un punto cruciale. Credo che ci vengano in aiuto i nostri predecessori, i nostri padri cristiani che hanno testimoniato Cristo e diffuso la fede cristiana con la loro carità. Chi li incontrava e vedeva come si comportavano, arrivava a domandarsi: “Dove sta l’origine della loro capacità di amare e di donarsi? Come possono vivere così?”. Ecco: si può predicare il Vangelo vivendo la carità. Basti pensare a madre Teresa di Calcutta: era sola, ma con sua umiltà e carità ha cambiato il cuore di tanti. Anche noi possiamo dare qualcosa, nel quotidiano, non possiamo restare a guardare. senza pretese. La principale “predica” per i musulmani non è quella che facciamo in Chiesa davanti a tutti, ma il nostro modo di vivere e agire. Se qualcuno chiede aiuto, è inutile chiedergli di che religione sia. La carità non distingue né pone problemi, ti spinge verso il prossimo e il resto lo fa il Signore».

Il vaso rotto

Touggourt , 19 aprile 2013


Una vecchia cinese portava a casa l’acqua del fiume con un vaso rotto che soffriva perché non riusciva a portare a casa tutta l’acqua, lasciandone una metà sulla strada. Temeva d’essere gettato via. Ma la vecchia non era né cieca né stupida. Ella seminava semi di fiori lungo il tragitto e la terra imbevuta d’acqua fece spuntare un quantità di fiori. Il vaso si vergognava di non poter essere utile come voleva, ma grazie all’astuzia della sua proprietaria divenne utile proprio con la sua rottura.

In questi giorni durante la messa con le Piccole Sorelle, commentando la Parola del libro degli Atti degli Apostoli che continua a raccontare il coraggio dei primi cristiani nell’ annunciare La Buona Novella del Figlio di Dio, chiedevo: “Anche il Papa continua ad incoraggiare l’annuncio del Vangelo senza paura. Ma qui a Touggourt come annunciare Gesù?”

Mi sembrava che il Papa mi avesse ascoltato quando un giorno dopo, citò San Francesco: “Bisogna annunciare il Vangelo con la vita e se si può… anche con la parola”.

E’ bello sapere che lo Spirito Santo semina con la nostra vita quando viviamo Gesù nel cuore.

Il seme caduto a terra non muore.

106

Tre beduini nel deserto

Touggourt , 2 aprile 2013


Vi presento un testo raccontatomi da un operaio che mi chiede di migliorare il suo francese. I racconti mi permettono di penetrare nel modo di pensare e di vivere dei miei amici.

Tre beduini camminavano nel deserto e una tempesta di sabbia li colse all’improvviso. Si rifugiarono in una caverna e appena entrati, un grosso macigno cadde davanti all’entrata. Non potendo uscire, si misero a pregare e dissero : “Solo dicendo le cose buone che abbiamo fatto, potremo ottenere l’aiuto di Dio”.

Il primo disse : “Ogni sera portavo il latte ai miei genitori ammalati che bevevano prima di me, prima dei miei figli e di mia moglie. Un giorno arrivai in ritardo e loro dormivano già. I miei figli piangevano perché avevano fame e chiedevano il latte, ma siamo rimasti ad attendere tutta la notte per dare il latte prima ai miei genitori. Dio, se hai visto che lo facevo per te, sposta un po’ la pietra”. E la pietra si spostò un po’.

Il secondo raccontò : “Avevo in casa la figlia di uno zio. Me ne ero innamorato, ma lei non acconsentiva. Un giorno mi chiese in prestito dei soldi e io approfittai per accostarmi a lei. Ma nel momento di avvicinarmi, ella disse : “Temere Dio e togliere la verginità quando è permesso”.

Lasciai subito, anche se sentivo una forte attrazione verso di lei. Dio, se hai visto che lo facevo per te, sposta un po’ la pietra”. E la pietra si spostò un po’.

Il terzo continuò : “Avevo un operaio e un giorno per un malinteso se ne andò, lasciandomi anche quello che gli spettava. Tornò dopo qualche anno e mi chiese quello che gli spettava. Gli dissi : “Prendi tutto quello che vedi, cammelli, pecore, schiavi”. L’altro esclamò : “Mi prendi in giro?”

“No, risposi, è la verità!” e se ne andò con tutto quello che avevo accumulato con gli interessi che gli spettavano. Dio, se hai visto che lo facevo per te, sposta un po’ la pietra”. E la pietra si spostò del tutto.

Nel racconto troviamo alcuni capisaldi della morale: Rispetto verso i genitori, serietà del matrimonio, giustizia sociale.

Vediamo anche come avviene la trasmissione delle verità più importanti della vita. Non con frasi teoriche, ma con racconti ben costruiti che contengono le leggi da osservare.

La lingua araba prende corpo con parole vive, colorite, e frasi ripetute che si rincorrono.

Durante il racconto, tutta la persona è ‘toccata’, interessata e condotta ad assentire con certezza piena.

Il punto forte è sempre il riferimento a Dio, il solo giudice e benefattore.

105

E’ Pasqua!

Touggourt , 31 marzo 2013


Fuori è un giorno come gli altri. Dentro, il mio luogo di preghiera è bellissimo. L’hanno abbellito le Piccole Sorelle venute per la veglia pasquale. I fedeli? Che cosa dirvi?… Ma c’erano… sì!

C’eravate anche voi. C’era anche N. coi suoi auguri:

Padre Silvano, la ventata di apertura verso una fede fresca e caritatevole, gioiosa anche nella consapevolezza della Croce, mi riporta ai tempi dello slancio con cui , noi giovani di Treviso, vivemmo accanto a Lei il nostro impegno nella Lega Missionaria. Mi rendo conto che Dio è stato buono con me, per tutto quanto mi ha dato, ma soprattutto è stato misericordioso quando pur togliendomi qualcosa o qualcuno non ha mai permesso che la luce della Fede si spegnesse del tutto. A questa Sua tenerezza, mi ha fatto riflettere con particolare intensità papa Francesco. E forse solo ora credo di capire la sua scelta di lasciarci (50 anni fa?). Grazie padre Silvano. A Lei i miei auguri di una S. Pasqua di pace e condivisione e...preghi per me, per la mia piccola V. di 6 mesi, per i miei figli e le loro mogli, per mio marito, perché tutti, ciascuno per le propria via, siamo vicino al Signore. N.

E’ il Magnificat che continua nella Chiesa d’oggi, profumata dal Profumo del Risorto, come dice Papa Franceso. Quel profumo mi fa pensare a quanto vissuto nella mia vita di ministro del Signore.

Mi accorgo che non ero…, che non sono che un diffusore, uno strumento. E’ il Risorto… il Profumo di Dio, di vita di gioia di speranza.

Anche qui il Risorto continua a profumare… Un giorno vedremo i suoi frutti!

Stavo spedendovi questo scritto gioioso quando al telefono un mio fratello mi dice che la

madre è grave. Ha già 103 anni. La vita è anche questo… Vi chiedo una preghiera.

104

Laura Boldrini, il vescovo di Gardaia e i profughi saharawi dell’Algeria

Touggourt , 16 marzo 2013


Laura Boldrini dopo un attentato che ha fatto 72 vittime ad Algeri scrisse il 2007-12-12 :

“Quando un’autobomba esplode contro l’edificio che ospita gli uffici delle Nazioni Unite mi sembra evidente che si è voluto colpire chi opera per la pace “Il nostro ufficio ad Algeri è formato da 14 persone, comprese le due vittime. Oltre che ad Algeri operiamo a Tindouf, dove vi sono circa 150mila profughi saharawi. Forniamo assistenza a 90mila persone, quelle più bisognose. Un altro dei nostri compiti è quello di tenere unite le famiglie disperse tra i campi di Tindouf e il Sahara occidentale”.

I saharawi sono gli abitanti del Sahara occidentale, un ex possedimento coloniale spagnolo, invaso dal Marocco nel 1976 e che da allora rivendica l’indipendenza.

“Ad Algeri assistiamo anche qualche migliaio di persone provenienti dalla Repubblica Democratica del Congo, dal Camerun e dalla Costa d’Avorio. Non è la prima volta che i nostri uffici sono colpiti”

In questi giorni il mio vescovo del Sahara, Claude Rault che visita spesso i saharawi scrive: “Quaresima nel deserto ci fa pensare ai migranti che lo percorrono in cerca di vita migliore ma che poi finisce in delusione. Ve ne ho parlato in una mia ultima lettera.

Ma altri si trovano immurati in una interminabile attesa, un po’ alla volta coperti dalla sabbia della dimenticanza. Questi “prigionieri del deserto” vivono unicamente aiutati dalla solidarietà internazionale. Alcune ONG portano loro un aiuto umanitario supplementare per permettere loro di non morire e di sottrarli alla dimenticanza. Che cosa fare perché il diritto di tutti questi “prigionieri del deserto” siano riconosciuti e che siano applicate le convenzioni internazionali doverosamente ripetute? La Quaresima risveglia in me la mia fede e le mie convinzioni umane accogliendo il grido di Isaia: “Il vero digiuno… rompere le catene ingiuste” (Is 58, 6-8).

Voglio vivere e dare voglia di vivere

Touggourt , 20 marzo 2013


Il nuovo vescovo di Orano, Jean-Paul Vesco, dice : “Ogni vescovo sceglie un motto come programma della sua vita di pastore. Io prendo quello che si dicevano due suore durante gli anni difficili: “Voglio vivere e dar voglia di vivere”.

Queste parole mi fanno vivere. Non un altro programma. 50 anni fa l’Algeria indipendente gridò : “Voglio vivere!” La nostra Chiesa immersa nella società musulmana dice la stessa cosa:

“Voglio vivere e dare voglia di vivere”. E’ ciò che cerchiamo di fare nelle relazioni coi vicini e con gli amici, nelle biblioteche, nei centri di formazione femminile, nei corsi di lingua e di sostegno scolastico, nella Caritas, nelle prigioni, negli ospedali, coi più poveri.

“Voglio vivere”, dicono gli studenti subsahariani negli anni che passano in Algeria, non senza difficoltà. A loro dico : “Sì, ma date anche voglia di vivere agli amici che incontrate”.

Lo dico ai migranti che sperano in un avvenire migliore.

Lo dico a ciascuno di noi. Ogni vita è un dono sacro. ‘Vivere e dare voglia di vivere’ è un comandamento che sta alla base di ogni religione, filosofia, cultura.

Di chi è la terra?

Touggourt , 20 marzo 2013


Il saggio musulmano Al-Turtushi (m. 1126) scrisse:

“Gesù figlio di Maria uscì un giorno assieme a un gruppo dei suoi compagni e quando il giorno fu alto passarono per un campo pronto per la raccolta: “Profeta di Dio” dissero, “siamo affamati”. Dio gli disse in ispirazione: “Permetti loro di mangiare”. Diede il permesso ed essi si sparpagliarono nel campo, raccogliendo e mangiando. In quel frangente giunse il padrone del campo dicendo: “E’ il mio campo e la mia terra che ho ereditato dai miei antenati!. Con il permesso di chi voi mangiate?” Allora Gesù pregò Dio ed egli resuscitò tutti coloro che avevano posseduto quella terra, da Adamo sino a quel momento; ecco, presso ogni spiga, c’era una moltitudine di uomini e di donne che gridavano: “E’ il mio campo e la mia terra che ho ereditato dai miei antenati!”. L’uomo ne fu terrorizzato; aveva saputo di Gesù ma ancora non l’aveva riconosciuto: “Le mie scuse” disse, “inviato di Dio, non ti avevo riconosciuto; il mio campo e la mia proprietà ti sono permessi”. Gesù allora pianse e disse: “Guai a te! Tutti costoro hanno ereditato questa terra e l’hanno lavorata, poi se ne sono andati; e tu anche te ne andrai, seguendoli. Guai a te, non hai né terra né proprietà!”.

(Dal libro I detti Islamici di Gesù, a cura di Sabino Chiala)

Il pane ci unisca

Touggourt , 22 marzo 2013


“Rimani con noi”… Ed entrò per rimanere con loro. Prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro…. E tornarono a Gerusalemme… col calore di Gesù nel cuore.

Di Papa Francesco la gente racconta che ha mangiato coi cardinali, con qualche capo di stato, con qualche operaio argentino e la gente ripete con gioia : “E uno di noi!”

Siamo abituati a pensare che i discepoli riconobbero Gesù dallo “spezzare il pane” come gesto eucaristico e facciamo bene. Ma non riflettiamo abbastanza sul significato naturale e primario del mangiare insieme. Gesù ha nutrito i discepoli con la parola e li ha cambiati mangiando con loro. E subito sono ritornati per rimettersi con gli altri.

Come sta facendo il Papa… mangiando con noi… e ci unisce nella gioia.

Rimanere, restare insieme, è la parola chiave. Durante gli anni vissuti in Camerun insegnavo ai catechisti e poi mangiavo con loro. La Parola e il cibo ci univa.

Papa Francesco sta dicendoci che il pane deve unirci, tutti.

Abbiamo provato la gioia di spezzare il pane con un povero e mangiarlo insieme?

E’ la gioia di avere Gesù, risorto nel nostro cuore.

Cari amici e fratelli. Buona Pasqua!

103

Vivere la propria fede in terra straniera

Touggourt , 11 marzo 2013

Sempre e ovunque si può essere cristiani

“Sono nata in Germania da una famiglia di cattolici praticanti. Durante la guerra siamo andati ad abitare in un villaggio di protestanti e volevo andare a pregare con loro ma mio padre mi presentò così bene le ricchezze della nostra fede che mi convinse a restare cattolica. Diventata infermiera e ostetrica volli partire per un servizio in un paese povero. Arrivai in Algeria e assistevo alle nascite dei piccoli nomadi sotto le tende. Lì conobbi un giovane e lo sposai. I miei tre figli sono musulmani. Potei continuare la mia vita di cristiana. Fin dall’infanzia la domenica era sacra per me e non ho mai lasciata la messa il giorno di domenica. Anche il giorno del matrimonio, lasciai tutto per andare alla messa. I miei amici cristiani potevano farmi vista. In famiglia festeggiavamo le feste cristiane e musulmane. Mia suocera non sapeva che c’erano altre religioni. Quando pregava le cinque volte al giorno, io facevo la mia preghiera. Mio suocero, educato dai Padri Bianchi discuteva tranquillamente con me di religione. Lo assistetti fino alla morte e morì mentre gli tenevo la mano. Amava ascoltare la mia preghiera: “Il Signore è il mio pastore”. La parola di Gesù che tengo nel mio cuore è : “Ama Dio con tutto il cuore e il tuo prossimo come te stesso”.

La mia vita è stata ricca”. Annie Benchekor

Discepoli di Gesù in Algeria

Benedetto XVI ha detto che nell’anno della fede possiamo vedere il volto di Gesù anche nel povero, nel debole nel sofferente. La Chiesa in Algeria vive la sua fede nei vari modi della sua presenza e dei suoi servizi.

Traduco e riassumo il modo di considerarsi e di vivere da cristiano di uno dei 19 martiri durante gli anni del terrorismo, il vescovo Claverie.

“Essere presente non con una etichetta, o come facente parte di una ambasciata o in un ghetto, ma in una continua relazione quotidiana con ogni persona che vive in Algeria.

Attento all’altro, rispettoso, con la passione e la simpatia dell’altro e della sua differenza culturale. Il Card Duval, il vescovo chiamato anche lui Mohammed per la sua lotta contro la tortura, diceva : “Chiesa estatica: trovarsi ed esistere fuori di se stessa scoprendo, discernendo le tracce di Dio nella storia e nella vita dell’altro.

Riconoscere e valorizzare la dignità dell’altro. Non imporsi ma donarsi per servire il progetto dell’altro.

Accettare la propria povertà come ospite, spogliato di quanto aveva e lasciarsi amare. Accogliere l’aiuto dell’altro, il consiglio, l’orientamento che nascono da una condivisione di vita e di vera comunione”.

Che cosa chiediamo al Papa?

Touggourt , 12 marzo 2013


Oggi i cardinali incominciano a votare. Che cosa ci si attende dal nuovo papa?

Alcuni missionari hanno espresso questi desideri: Dialogo e coraggio per l'Africa. Un Papa che ci riporti ad annunciare. Una teologia meno astratta e più capace di narrare. Tessitore di un mondo di fraternità

Evidenti sono le necessità di dialogo, coraggio, comunione, annuncio, teologia, fraternità.

Ormai credo che una buona parte di gente guardi il Papa come una persona che accoglie la voce di tutti e unifica e parla a nome di tutti. Ci sono gravi problemi che minacciano la nostra esistenza.

Il biologista americano Paul Ehrlich si domanda da oltre quarant’anni come evitare la degradazione e la fine del nostro mondo. Ormai molti studi vanno in quel senso. Purtroppo uomini delle grandi decisioni e mas media mettono a silenzio la domanda per evitare il catastrofismo.

Alla fine delle sue analisi scientifiche ecco come conclude: “L’incertezza è sui grandi cambiamenti della biosfera e della diminuzione delle risorse. Come reagiranno e come vivranno le società? Povertà brutale delle popolazioni? Perdita di controllo sul proprio territorio da parte degli stati ? Incapacità a provvedere ai bisogni di base della popolazione? Generalizzazione della violenza? O riduzione graduale e pacifica del consumo materiale, accompagnato da una più forte coesione sociale?

I papi ne hanno già parlato e certo il futuro papa continuerà a far capire che solo con un mondo più unito si potranno trovare le soluzioni necessarie. Il papa che unisca l’umanità.

Figlio di migranti, amico dei poveri

Touggourt , 14 marzo 2013


Papa Francesco è figlio di emigrati piemontesi.

Anche Gesù è figlio di emigranti.

Si racconta nel libro di Ruth che ci fu una fame nel paese, e che un uomo di nome Elimelec lasciò Betlemme con la sposa Noemi per andare a vivere tra i moabiti. I suoi due figli sposarono due Moabite che rimasero presto vedove. Noemi, dopo la morte del marito e dei figli volle ritornare a Betlemme. Una nuora rimase nella sua terra e l’altra di nome Ruth disse a Noemi: “Non pregarmi che io ti lasci… dove tu andrai, andrò anch’io… il tuo popolo è il mio popolo e il tuo Dio è il mio Dio”. Ruth divenne la spigolatrice di Betlemme e a Booz che le chiese di sposarla disse : “Come mai, io forestiera ho trovato grazie presso di te?” Booz le disse: “Conosco il bene che hai fatto a tua suocera lasciando tuo padre, tua madre, il tuo paese e il tuo popolo e venendo verso un popolo che non conoscevi”. Nacque Obed e Noemi prese il bambino e se lo recò al seno e le fu balia. E la gente disse : “Un bambino è nato a Noemi”. Obed generò Isai e Isai generò Davide antenato di Gesù. Storia di migranti, di sofferenze e di grande amore tra poveri. Questo amore tra poveri e per i poveri Gesù ce l’ha nel suo DNA. Lo stesso che c’è in Papa Francesco.

E chi di noi può dire che non è figlio/a di emigrati? E forse… non è male chiedersi se abbiamo e se mettiamo in azione il DNA di amore per i poveri. Papa Francesco ce lo chiede.

102

La quaresima proposta dalla Caritas in Algeria

Touggourt , 1 marzo 2013


Una frase settimanale da vivere insieme.

Essere sensibili alle azioni locali Caritas, ai piccoli gesti di solidarietà nel quotidiano, e incoraggiare altri a sviluppare la fantasia della solidarietà.

La gioia del bene comunicata aumenta la comunione e fa perseverare a vivere di bontà.

Frasi settimanali:

1. “Se taci, taci con amore. Se parli, parla con amore. Se correggi, correggi con amore. Se perdoni, perdona con amore”. ( S. Agostino di Ippona)

2. “Gli esseri umani sono membri di uno stesso corpo. Appartengono tutti alla stessa specie. Se uno dei membri è toccato dalla sofferenza o da una disgrazia, come possono gli altri restare sereni e in pace?” (Saadi, poeta persiano)

3. “L’unica cosa importante che resterà dopo la nostra partenza, saranno le tracce di amore che abbiamo lasciato dietro di noi” (Albert Schweitzer)

4. “Non permettete che qualcuno venga a voi e parta senza essere contento”. Madre Teresa di Calcutta”

Cari amici viviamo insieme una quaresima con lo sguardo fisso in Gesù e nel Gesù vivo nel prossimo.

Dove è scritto il nostro nome?

Touggourt , 4 marzo 2013


L’amico algerino che aveva salvato tre operai stranieri a In Amenas durante l’attacco dei terroristi, giorni fa riceve in Faceboouk la foto mandatagli da uno dei tre salvati. Sul braccio è tatuato il disegno di una mano che solleva un uomo e sopra la mano un nome, quello del salvatore. Dopo l’attacco gli aveva detto: “Non ti dimenticherò mai”.

Anch’io sento spesso il mio nome per strada… e a volte non riconosco chi mi saluta o perché passa veloce in macchina. Chiamato per nome, mi sento toccare il cuore. Poi davanti al Gesù del mio tabernacolo leggo e medito:

Rallegratevi che i vostri nomi sono scritti nei cieli. (Lc 10, 20)

Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: Al vincitore darò la manna nascosta e una pietruzza bianca sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all'infuori di chi la riceve. (Ap. 13, 16-17)

Dice il Signore: Sulle palme delle mie mani ti ho disegnato (Is 49,16). E' Lui che fin dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome (Is 49,1), e questo l'orante lo riconosce: Sei tu che hai formato. Dice il Signore: Sulle palme delle mie mani ti ho disegnato (Is 49,16). E' Lui che fin dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome (Is 49,1)

Dio tiene scritto il nostro nome sul palmo della sua mano,

è come dire che se Dio lassù, in paradiso, avesse un tavolo,

sopra quel tavolo egli conserva la fotografia di ciascuno di noi.

Dio non ci abbandona mai, non si dimentica mai di nessuno,

ci ricorda, ci pensa sempre." (Papa Albino Luciani)

Il nostro nome, la nostra vita è nel cuore di Dio e di ogni persona che incontriamo.

La voce dei cristiani della Nigeria in conclave

Touggourt , 6 marzo 2013


I cardinali chiedono allo Spirito Santo un nuovo Papa. Sono necessari anche cristiani nuovi.

Giorgio Bernardelli scrive in Missionline:

L'arcivescovo di Abuja John Olorunfemi Onayekan, uno degli ultimi sei cardinali creati da Benedetto XVI, porta al Conclave la voce dei cristiani della Nigeria, quelli per cui - nel mirino del movimento fondamentalista dei Boko Haram - anche andare a Messa alla domenica è un gesto di fede coraggioso che può costare la vita. Già all'ultimo Sinodo, nell'ottobre scorso, avevano impressionato le sue parole sulla necessità di non rassegnarsi alla logica dello scontro anche in una situazione così difficile. «La nostra esperienza nigeriana - aveva detto - ci insegna che esistono molti tipi di musulmani. Nella nuova evangelizzazione dobbiamo conoscere i nostri vicini musulmani e mantenere una mente aperta verso coloro che sono bendisposti (che poi sono la maggioranza). Dobbiamo collaborare per assicurarci che i fanatici non dettino la dinamica delle nostre relazioni reciproche, spingendoci a diventare nemici gli uni degli altri».

Oggi è molto importante il tema del dialogo interreligioso, della riconciliazione e della comunione. E necessaria una amorosa attenzione alla situazione di tutte le maggioranze e minoranze del mondo, cristiane e non cristiane, che chiedono ascolto, rispetto e aiuto.

Durante la quinta congregazione generale di preparazione all’elezione del nuovo Papa, il card Tauran ha parlato ancora sulla necessità del dialogo interreligioso e di « occasione di approfondimento e di testimonianza della propria fede”. “L’armonia tra credenti porta una dimensione spirituale della vita ed è antidoto alla disumanizzazione e ai conflitti”.

San Paolo dice che Dio da alla sua Chiesa apostoli profeti evangelisti e pastori per costruire il corpo di Cristo, la Chiesa ( Ef 4, 11). Siamo in preghiera per accogliere un nuovo Papa e per accogliere assieme a lui la missione della nuova evangelizzazione. Il nuovo Papa sarà il Papa del dialogo, della comunione dei popoli, delle culture, delle religioni. Ci vogliono anche cristiani nuovi, cristiani del dialogo e della comunione.

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Il Papa non si ritira, va a Nazareth

Touggourt , 17 febbraio 2013


Questo per me è un bel momento. Leggo le notizie del mondo. “Il papa si ritira, coraggioso, umile… ma..”. Sì, qualcuno dice anche : “ Ma…”

E’ il momento di rileggere il vangelo quando ci fa vedere Gesù che si ritira in preghiera, anche quando le folle di tutte le categorie lo cercano… e continua ad amarle.

Sto pensando al mio confratello, un tempo mio alunno nel seminario teologico, che da poco ha lasciato la sua missione per ritirarsi in monastero.Penso al mio superiore generale che presto terminerà il suo servizio per l’Istituto durato 18 anni. Sulla scelta dell’Istituto di mandare in Algeria alcuni suoi membri, scrisse : “Mi piace ribadire come questa presenza vuole avere un significato tutto particolare per l’intero Istituto: essere semplice “presenza” dove non servono investimenti di danaro, somme per costruzione …; quasi a ricordarci l’essenzialità della missione: è Lui che converte i cuori.Personalmente sono convinto che questa scelta sia una ricchezza e una ispirazione per tutto l’Istituto, sacerdoti e laici, candidati nella formazione iniziale, perché dà ragione di quanto scrive Papa Giovanni Paolo II nella enciclica Redemptoris Missio: “Si è missionari prima di tutto per ciò che si è, prima di esserlo per ciò che si dice e si fa” (n. 23).

E allora tutti in convento? No, ma ovunque si è, il cuore sia a Nazareth. Non è facile capire e vivere fedelmente la profonda realtà e ricchezza della presenza silenziosa in preghiera. E scusatemi… forse anch’io potrei restare più silenzioso.

Nella decisone del Papa stiamo scoprendo valori importanti della Chiesa.

Nel 1977 aveva scritto:

“La Grande Chiesa non può né crescere né prosperare se le si lascia ignorare che le sue radici si trovano nascoste nell’atmosfera di Nazareth. Prima della ricerca accademica, Charles de Foucauld ha incontrato il vero “Gesù storico” e aprì così una nuova via per la Chiesa. Fu per la Chiesa una riscoperta della povertà. Nazareth ha un messaggio permanente per la Chiesa. La Nuova Alleanza non comincia nel Tempio, né sulla Montagna Santa, ma nella piccola casa della Vergine, nella casa del lavoratore. In uno dei luoghi dimenticati della “Galilea dei pagani”, dalla quale nessuno aspettava qualcosa di buono. Solo partendo da lì la Chiesa potrà prendere un nuovo slancio e guarire. Non potrà mai dare la vera risposta alla rivolta del Novecento contro la potenza della ricchezza se, nel suo stesso seno, Nazareth non è una realtà vissuta”.

Lucio Battisti canta: “Nel silenzio, anche un sorriso… può far rumore”.

Le vie sono diverse, la meta è unica

Touggourt , 21 febbraio 2013


Il card. Ravasi durante gli esercizi predicati in Vaticano, presente il Papa, ha letto : “C’è una bellissima espressione di una mistica musulmana dell’VIII secolo – Rabia – la quale, sotto il cielo stellato di Bassora, la sua città in Iraq, dice: è sera. Sta scendendo la notte. Le stelle brillano in cielo. Ogni innamorato è con la sua amata e io sono qui, sola con Te, o Signore. Cioè, il linguaggio d’amore e il linguaggio della mistica”

In ogni religione ci sono dei mistici e dei cercatori di Dio. Ne ho incontrato anche in Camerun tra i fedeli della religione tradizionale africana.

Alessandra Garusi nella rivista "Missione oggi" dei padri saveriani in una intervista a GABRIEL MANDEL KHAN maestro Sufi ha raccolto questa perla :

“I mistici pensano Dio, vivono Dio, e Dio è uno per tutti, per tutta l'umanità e universo mondo. Quindi, quando un mistico si perde in Dio, non è più né bianco né nero, né cristiano né musulmano. Voi, ad esempio, avete s. Teresa d'Avila. Noi abbiamo Rabbi'a, la donna mistica più importante. Se lei interscambia i nomi, i loro testi sono molto simili. Tanto è vero che, nelle nostre riunioni, leggiamo anche mistici ebraici, cristiani, ecc. Come modello uno per tutti, Jalâl âlDîn Rûmî (il san Francesco dei Sufi, 1207-1273). Egli scrisse: “Le vie sono diverse, la meta è unica. Non sai che molte vie conducono a una sola meta? La meta non appartiene né alla miscredenza né alla fede; là non sussiste contraddizione alcuna. Quando la gente vi giunge, le dispute e le controversie che sorsero durante il cammino si appianano; e chi si diceva l'un l'altro durante la strada ‘tu sei un empio' dimentica allora il litigio, poiché la meta è unica”. È Dio…

Nel Corano sta scritto: “Dio dice: né i cieli né la terra mi contengono; mi contiene il cuore del mio fedele”. Di conseguenza è col cuore che io lo sento, non certamente con la mente. Per cui coltivo il mio cuore e, in un certo senso, questo mi fa vivere in un sogno. Quindi tutta la mia vita è dedicata a Dio. È il più bel sogno che possa sognare, dunque lo vivo. E non vado in cerca di altri desideri che questo”.

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E la tua famiglia?

Touggourt , 6 febbraio 2013

Due giovani donne mi chiedono di aiutarle nella lingua francese. Non pensavo che fossero agli inizi e subito mi domandano di incominciare dall’alfabeto. Alla lettera ‘f’ trovano la parola ‘famille’ e subito mi guardano e dicono: “Et ta famille?”. Preso all’improvviso, rispondo: “C’est vous!” (siete voi). Non so che cosa abbiano capito, ma mi hanno sorriso compiacenti.

Non è la prima volta che mi si chiede: “Come vivi? Sei sposato? Hai figli?” Come l’operaio che viene regolarmente e chiede a suo fratello: “Perché Ms. Silvano ha lasciato l’Italia per vivere qui e ci insegna le lingue?”

Forse è per questo che varie mamme dei ragazzi che mi chiedono un aiuto nelle lingue, compresa l’italiano, vengono spesso con un buon cous cous e altre specialità algerine. O il signore che mi fa entrare nel negozio davanti a casa e mi invita con forza e amore dicendo : “Prendi quello che vuoi”. Mi viene in mente quello che diceva il vescovo Claverie, poi ucciso negli anni del terrore, quando descriveva le caratteristiche dei discepoli di Gesù che vivono in Algeria: “Accettare la propria povertà come ospite, spogliato di quanto aveva e lasciarsi amare. Accogliere l’aiuto dell’altro, il consiglio, l’orientamento… che nascono da una condivisione di vita e di vera comunione”.

E’ meravigliosa la profondità di relazione che mi è concesso di vivere con tante persone di diverse categorie. Relazione semplicemente umana. A volte approfittano della neutralità dell’ambiente e della discrezione, per aprire l’animo e liberarlo dall’affanno delle preoccupazioni e delle difficoltà o consegnarlo alla condivisione delle gioie. Al di sotto dell’aspetto religioso della nostra esistenza, c’è l’ambito del vissuto che accomuna ogni persona umana ed è alla base, è la realtà e l’espressione dell’ambito religioso, altrimenti il religioso può restare fantasia, vuoto di senso, e a volte deviante e falso. Gesù si è mostrato concretamente fratello e compagno di vita di sofferenti e peccatori ed è così che ha mostrato il volto del Padre, spesso senza parlarne.

La mia famiglia riempie la mia vita. La famiglia umana… quella di tutti, anche di Dio.

Sempre e ovunque si può vivere la propria fede

Touggourt , 11 febbraio 2013


“Sono nata in Germania da una famiglia di cattolici praticanti. Durante la guerra siamo andati ad abitare in un villaggio di protestanti e volevo andare a pregare con loro ma mio padre mi presentò così bene le ricchezze della nostra fede che mi convinse a restare cattolica. Diventata infermiera e ostetrica volli partire per un servizio in un paese povero. Arrivai in Algeria e assistevo alle nascite dei piccoli nomadi sotto le tende. Lì conobbi un giovane e lo sposai. I miei tre figli sono musulmani. Potei continuare la mia vita di cristiana. Fin dall’infanzia la domenica era sacra per me e non ho mai lasciata la messa il giorno di domenica. Anche il giorno del matrimonio, lasciai tutto per andare alla messa. I miei amici cristiani potevano farmi vista. In famiglia festeggiavamo le feste cristiane e musulmane. Mia suocera non sapeva che c’erano altre religioni. Quando pregava le cinque volte al giorno, io facevo la mia preghiera. Mio suocero, educato dai Padri Bianchi discuteva tranquillamente con me di religione. Lo assistetti fino alla morte e morì mentre gli tenevo la mano. Amava ascoltare la mia preghiera: “Il Signore è il mio pastore”. La parola di Gesù che tengo nel mio cuore è : “Ama Dio con tutto il cuore e il tuo prossimo come te stesso”.

La mia vita è stata ricca”. A. B.

Il papa si ritira a pregare.

Touggourt , 12 febbraio 2013


Scelta non facile da capire. Ho letto: coraggio, umiltà, ecc. ecc.

Sembrerò strano… ma non vi nascondo i sentimenti dei padri fondatori del Pime venutimi alla memoria, qui nella mia solitudine dell’Algeria.

Padre Salerio, (anni 1860), risponde a lungo alle obiezioni che erano state fatte alla scelta dell’Oceania, la prima missione del Pime: “Ubbidirono, non scelsero!…Nessuno osi giudicare e tanto meno proferire parola di disapprovazione sulla condotta di chi portò all’altare del sacrificio ogni sua cosa, ogni affezione, la vita: Io vorrei poter stringere la mano al mio buon Paolo Reina, responsabile della missione e dirgli:” A questi patti si partì: sacrificar tutto a Dio”.

a) la missione dell’Oceania è tra le più difficili? Se ci pare che «il coraggio e la calma tranquillità» con cui gli Apostoli andavano in tutte le regioni dell’universo fossero esagerazione e non più

imitabili, «accusiamoci di debolezza e di poca fede».

b) La missione «oceanese» è tanto difficile che altri non la vollero? «Lodiamo il Signore che così serbava il campo alle nostre fatiche, dove i nostri sudori, e fosse pur anche il sangue, misto a quello di Cristo, sarà redenzione e salute a quei popoli abbandonati, che noi ameremo sempre con affetto di padre...».

c) «Si annunziano pericoli e morti disastrose? Tanto meglio! Da che Cristo ha dato il suo sangue, non so che la fede sia mai cresciuta se non irrigata dal sangue dei suoi credenti; e da che il Capo ha versato tutto il suo sangue, gli altri membri non devono esserne avari; il sangue dei Martiri fu sempre la speranza della Chiesa».

Papa Ratzinger non parte lontano e non lascia la Chiesa…

Parte a pregare… per la Chiesa e per il mondo… per noi.

Come chi obbedisce e porta all’altare del sacrificio ogni sua cosa, ogni affezione, la vita.

Papa Ratzinger guarda la Chiesa e pensa al cielo.

Touggourt , 15 febbraio 2013


Come un padre che lascia i figli e misura i messaggi da confidare. Bellissima la sua frase: “Il concilio aveva mostrato tutta la sua intensità sulle relazioni interreligiose. La Chiesa afferma la realtà di un Dio che ha parlato ma deve anche entrare in dialogo con le altre esperienze religiose che hanno una certa luce umana della creazione”. Mi ha fatto pensare al mio viaggio verso l’ Assekren e che desidero raccontarvi ancora.

Sassi, sassi e poi sassi tra montagne di ogni forma: picchi, altipiani, e valli che non finiscono mai, qualche rigagnolo e piccolo lago. Una giornata intera tra i sassi. Charles volle andarvi perché lì vivono i tuareg, e lì piove e crescono i pascoli. È con loro che volle vivere. Proprio in alto, a circa 2.600 metri. E lasciò scritto: «La vista è la più bella che non si possa dire, né immaginare. Nulla può dare l’idea di foresta di picchi e di guglie rocciose che si ha ai propri piedi. È una meraviglia. Non la si può ammirare senza pensare a Dio. Mi è difficile distogliere lo sguardo da questa vista ammirevole, la cui bellezza e impressione di infinito ci ravvicinano a Dio, mentre questa solitudine e questo aspetto selvaggio ci fanno sentire che cosa sia essere soli con Lui: una goccia d’acqua nel mare». Charles, come altri eremiti, ha saputo rendere importante questo angolo della terra, diventato luogo di incontro con Dio e coi fratelli. Ma c’è voluta un po’ di pazzia. I tuareg dicono in proverbi: «La verità è

nascosta tra le sabbie del deserto, affinché chi la scopre sia considerato un pazzo, la mente bruciata dalla solitudine e dal sole». «Dio ha creato i luoghi ricchi di acqua perché l’uomo vi possa vivere ed ha creato il deserto perché l’uomo vi possa trovare la propria anima… Non l’uomo attraversa il deserto. È il deserto che attraversa l’uomo».

A circa un chilometro dall’eremitaggio di frère Charles, entro nel mio eremitaggio. In questa stanza di sassi, passo due notti e un bel tempo di solitudine. Non manca niente, niente è di più, tutto è pura semplicità. Lì, solo, guardo, penso, medito. Dio, parla ancora, comunica mostrando il creato. Continua a dire le sue prime parole di creatore: «Tutto è buono. Tutto è bello!». L’uomo, creato ad immagine di Dio, percepisce il linguaggio di Dio.

Sfogliando il quaderno delle testimonianze che la gente lascia scritte, vedo i caratteri delle lingue del mondo, cinese, arabo, ecc. Ogni scritta mi fa sentire chi è musulmano, cristiano, indù, buddhista, ateo, in ricerca, ecc. Ma in tutti sento una sola cosa: la gioia di sentirsi lì e la sorpresa di avvertire una grande novità nell’esistenza. Ne trascrivo solo due: «Non sono credente, ma oggi sono arrivato qui all’Assekrem. Ho letto qualche parola di Charles de Foucauld. Mi sento vicino a Dio e all’anima, alla grande anima, all’uomo, al santo. All’Assekrem ho toccato con mano la grandezza dell’universo. Ne sono affascinato».(H.H.)«Come non pensare al creatore universale davanti a tanto splendore. Un paesaggio lunare, una vista magica che porta all’umiltà. Sufficiente per ricordare all’uomo che non è polvere e che deve tutto a Dio. Sufficiente per vivere felice». (M.)

Al turista che vanta le gioie della città, il vecchio tuareg risponde: «Preferisco restare qui nel deserto, dove il cielo è sempre puro… La notte, quando alzo la testa, posso contemplare il cielo stellato… e medito».

Ha ragione… come tanti che meditano e trovano il senso alla vita. Ha ragione papa Ratzinger quando dice che bisogna entrare in dialogo con le altre esperienze religiose che hanno una certa luce umana della creazione.

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Settimana dell’unità bellissima

Touggourt , 19 gennaio 2013


Bellissima questa settimana studiata dai cristiani indiani impegnati a vivere l’unità voluta da Gesù.

Mi sembra di vederci tutti insieme in preghiera, col cuore gonfio di gioia, l’uno accanto all’altro, felici di dirci cristiani, fratelli in Gesù, suoi discepoli. C’eravamo attesi, ci mancavamo…

Cammino in dialogo. Gesù è pieno di gioia quando vede che ci salutiamo, conversiamo, senza paura delle nostre differenze.

Camminare come corpo di Cristo. Sulla croce ha versato il suo sangue per unirci a se e farci vivere in lui. Ricevendo l’Eucaristia possiamo dire: “Si divento il Corpo di Cristo!”

Camminare verso la libertà. Uniti tra noi ci sentiamo più liberi.

Camminare come figli della terra. Nostra madre terra ci fa vivere e ne siamo riconoscenti.

Camminare come amici di Gesù. E’ la nota più bella dei cristiani.

Camminare oltre le barriere. Non più muri del passato, pregiudizi, indifferenze.

Camminare nella solidarietà. Ognuno di noi il buon samaritano.

Camminare insieme nella celebrazione. Dire tutti con gioia : “Padre nostro”.

Quando ci sarà pace?

Touggourt , 23 gennaio 2013

C’erano in Giudea due fratelli che avevano ereditato dal padre un mulino per macinare il frumento e lo dirigevano insieme fraternamente. Era quando Davide regnava su Israele. La gente del villaggio veniva a macinare il frumento e pagava in natura, lasciando una certa quantità di farina. La sera, i due fratelli si dividevano in parti uguali la farina ricevuta.

Questo… fino al momento in cui il fratello maggiore, sposato e con dieci figli, durante una notte insonne, si è detto: “ Ho dieci figli e mio fratello è celibe senza figli. Riceviamo lo stesso salario. Non è giusto! Perché quando sarò vecchio, i miei figli si prenderanno cura di me, mentre lui dovrà arrangiarsi da solo. Dovrebbe ricevere più di me. Ma lo conosco, non accetterà mai questo! Ecco quello che farò: ogni notte prenderò un piccolo sacco di farina del mio granaio e andrò a versarlo nel granaio di mio fratello.

La notte stessa, il fratello minore non riusciva a prendere sonno. Pensava, pensava e si diceva: Non è giusto! Mio fratello ha il peso di dieci figli e riceve lo stesso salario che ricevo io che non ho figli. Non è giusto. Dovrebbe ricevere molto più di me. Ma lo conosco, non accetterà mai di ricevere più di me.

Ecco quello che farò: ogni notte prenderò un piccolo sacco di farina del mio granaio e andrò a versarlo nel granaio di mio fratello. Così giustizia sarà fatta.

Ed eccoli, ogni notte, col loro sacco di farina sulla spalla… ognuno in cammino verso il granaio del fratello.

Questo… fino al momento che doveva arrivare : si sono incontrati sulla strada, in piena notte, col sacco sulla spalla. Silenzio… e scoppio di risate,… e si sono abbracciati.

La storia finisce dicendo: “Il luogo dove i due fratelli si sono abbracciati, è il luogo dove si costruì il tempio di Gerusalemme, la città della pace”.

Ci sarà pace quando ognuno penserà al fratello!

Ci sentivamo fratelli

Touggourt , 26 gennaio 2013


Vado spesso a celebrare nella chiesa di Nostra Signora delle Sabbie a Hassi Messaud coi cristiani stranieri operai del petrolio e del gas.

Durante l’attentato di In Amenas sono stato consigliato di non muovermi perché tutti gli stranieri che vivono nelle società non potevano uscire per nessun motivo.

In alcune società, tecnici e operai fanno un ritmo di lavoro di 28/28, cioè quattro settimane di lavoro e quattro settimane di sosta. Durante questo periodo alcuni vengono da me per migliorare il loro livello di conoscenza del francese e quindi ho conosciuto qualcuno che va a In Amenas. Nei giorni dell’attentato pensavo spesso a lui e cercavo sue notizie.

Due giorni dopo la conclusione… con la strage di terroristi e di stranieri, ricevo una visita. E’ l’amico a cui pensavo e che mi dice subito abbracciandomi: “Sei il primo che ho voluto rivedere, ho pensato tanto a te”. Immaginate l’emozione e la gioia di entrambi.

Del racconto lungo e dettagliato dei giorni dell’attentato riporto solo alcuni dettagli. “La sofferenza, la paura sono state immense. Noi algerini abbiamo solidarizzato con gli stranieri, abbiamo voluto restare uniti a loro, mescolarci con loro. Io ne ho salvati tre…

Finalmente… eccoci all’aeroporto. Da lontano vedo un…. che avevo salvato. Lascio i bagagli e corro. Ci siamo abbracciati a lungo davanti a tutti. Non faceva che dirmi: “Non ti dimenticherò mai”. Piangevamo…E così tutti quelli che aspettavano l’aereo, algerini, stranieri, tutti esultavano di gioia. Ci sentivamo tutti fratelli”.

Questa frase Ci sentivamo tutti fratelli mi suona forte nell’animo perché nell’ambiente di lavoro, il rapporto tra stranieri e personale locale non può essere profondo, soprattutto a causa del ritmo di lavoro. Ma questo avvenimento terribile ha fatto scoppiare quello che è nascosto nel cuore di ognuno: “Ogni persona è mio fratello”.

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L’intimità del deserto

Touggourt , 9 gennaio 2013

“Facevo il pendolare per motivi di lavoro e tu sai cos’è un vagone ferroviario: chiasso, risate, fumo, trambusto, pigia-pigia. Io mi sedevo in un angolo e non sentivo nulla. Leggevo il vangelo. Chiudevo gli occhi. Ascoltavo Dio. Ero veramente uno con me stesso e nulla mi poteva distrarre. Sotto la presa dell’amore divino ero in pace. Difatti gli innamorati che si trovano sul treno bisbigliavano tra di loro, senza preoccuparsi di ciò che capitava attorno. Io bisbigliavo col mio Dio. Secoli fa si ritiravano nel deserto egiziano, eppure si accorgevano che la città li aveva inseguiti col suo frastuono e le sue seduzioni. E’ possibile però un movimento inverso: diventare monaci urbani, figure di silenzio nel fragore assordante della modernità. Un po’ come riescono a fare gli innamorati su un treno affollato, sospesi in una bolla di intimità, in cui si bisbigliano le loro tenerezze”.

“Il libro di cui abbiamo tutto il paragrafo citato si intitola significativamente Il deserto nella città. L’ha scritto un mistico vissuto coi piedi piantati nella storia italiana, Carlo Carretto (1910-1988): il treno affollato e rumoroso si trasforma in un’oasi silenziosa, ove si può “bisbigliare” con Dio, con la stessa intimità dei due fidanzati. Un’altra figura simile a fratel Carretto, la francese Madeleine Delbrel, morta nel 1964, dopo una vita trascorsa nella banlieu parigina tra operai e diseredati, confessava: “Coloro che amano Dio hanno sempre sognato il deserto; per questo a coloro che l’amano Dio non può rifiutarlo”. Ma questa solitudine à incastonata nella quotidianità più fitta di rumori e di voci ed è simile a un seme di luce e di amore deposto nel terreno sassoso e spinoso delle fatiche, degli odi e delle bestemmie. Con Carretto, che scelse la via dei Piccoli Fratelli del Vangelo di Charles de Foucauld, possiamo tentare tutti questa esperienza di deserto, non migrando nel Sahara o in un eremo, ma rimanendo sul treno di ogni mattina o nella piazza delle nostra città.”

Card Gianfranco Ravasi

Ai nostri amici delle basi della regione di Hassi Messaud

Touggourt , 17 gennaio 2013


Cari amici, questa sera vi mando, tradotta, la lettera del mio vescovo appena giuntami. Stavo preparandomi per andare ad Hassi Messaud per celebrare la messa coi cristiani delle società petrolifere. Ma i responsabili della sicurezza mi dicono che nessuno potrà uscire dalle basi per nessuno motivo. Quindi mi consigliano di non muovermi. Speriamo e preghiamo. La situazione nel Sahara è molto complicata…

Cari amici

In segno di profonda solidarietà con voi, in questa prova che colpisce gli operai della base di In Amenas desidero dirvi la mia profonda vicinanza e anche il sostegno della mia preghiera e di quella di tutti i membri della nostra diocesi.

Certamente tra le vittime di questa violenza intollerabile voi avete delle conoscenze e degli amici e questo crea inquietudine in voi e in chi è venuto a vivere in questa regione.

Penso prima di tutto agli ostaggi che vivono nell’angoscia e nella paura e alle loro famiglie.

Vorrei poter dire loro come li accompagniamo in questa sofferenza con la nostra amicizia e la nostra preghiera. In quest’ora le notizie che ci giungono sono ancora frammentarie e la prudenza è necessaria per non intralciare l’azione di coloro che cercano di liberare gli ostaggi.

Parecchi hanno già perso la vita. Alle loro famiglie e ai loro vicini vorrei esprimere la mia profonda simpatia, specialmente alle loro spose e ai loro figli. Questa violenza non ha nome, è cieca, inaccettabile, ingiustificabile perché tocca degli innocenti.

Cosa fare davanti a questa aggressione?

- Anzitutto riprovarla con tutta la forza delle nostre convinzioni umane e religiose. Dio non vuole la violenza. Non può esserne sorgente e giustificazione. Non facciamo quindi ricadere sui nostri amici musulmani il peso di tali misfatti. Anche loro fanno parte delle vittime.

- E pregare il nostro Dio della Pace che venga a guarire le piaghe vive di chi è nel dolore e nella pena. Che accolga a sé le vittime e rimetta sul retto cammino chi pensa di onoralo commettendo tali orrori.

A nome di tutta la comunità cattolica del Sahara Algerino, siate sicuri della nostra profonda compassione e della nostra preghiera per le vittime e per venuta della Pace in tutta questa regione colpita dalla violenza.

17 janvier 2013. Claude Rault Vescovo de Laghouat-Ghardaia.