Schegge di Bengala - 2013

p. Franco Cagnasso

2013

29/12

Pulcini - Che sta succedendo? - Fede vissuta - Superlavoro 

8/12

Record - Soldi - Servizio - Parlamento 

18/11

Parrocchia - 12 -- 24 -- 48 -- 72 + 24 - Bontà

28/10

Maria - Bentornato - Legna - Restituzione - Linea rossa - Festival 

25/8

Cento - Vale la pena? - Calamita - Sorriso 

31/7

Legalità - AMAG - Specie a rischio   

17/7

Rendicontazione - Occhio - Califfo virtuoso - Corteggiati 

25/5

Libri - Madonna del Bosco - Direzione - Non tutti - Cuore - Lichi - Falsi

9/5

Come topi - Commenti - Achille - Sindacati 

24/4

Protettore o distruttore? - Riconoscenza - Crollo  

11/4

Vaso di Pandora - Poesia - P. Carlo 

1/3

Fratel Kevin - Alfabeti - Tempo - Unghie

20/2

Il bimbo e la farfalla - Morte 

19/1

Fasi - Tania - Pneumatici - Scioroniche - 3 - Piedi - Insonnia 

104

Dinajpur, 29 dicembre 2013

 

Pulcini

Disperati, perché il blocco ad oltranza della circolazione impedisce loro trasportare i polli sui mercati cittadini, e di acquistare i mangimi dalle fabbriche, gli allevatori di pollame, approfittando di una giornata di pausa, hanno protestato contro i politici portando a Dhaka 25.000 pulcini di un giorno, per distribuirli gratuitamente alla popolazione: "Nutriteli voi, noi non ce la facciamo più".


Che sta succedendo?

Tanti mi chiedono: ma che succede in Bangladesh? Le notizie sporadiche, allarmiste, imprecise non permettono di farsene un'idea. Rimando alla "Scheggia" intitolata "Il Vaso di Pandora", dell' aprile 2013 (vedi sul sito), che purtroppo era azzeccata. Da allora la situazione è rimasta uguale, anzi, è peggiorata. I contendenti sono diventati più irrigiditi e incattiviti, la violenza più diffusa e crudele, specie gli omicidi politici, più isolato il governo, nel Paese e sul piano internazionale, più sconcertati gli esperti e scoraggiata la povera gente. Stiamo certo molto meglio della Siria, dell'Iraq, e anche dell'Egitto, ma si vede nebbia fitta all'orizzonte.

 


Fede vissuta

15 novembre, chiusura anno della fede. La situazione del Paese costringe a cancellare la programmata Assemblea della diocesi di Dinajpur, si incontrano solo i preti e qualche suora. Oratori sono P. Livio Prete, che parla della fede vissuta dalla Chiesa nascente, nei primi secoli, quasi 2mila anni fa, e P. Marcus Murmu, che esamina la fede vissuta dalla Chiesa di Dinajpur nel suo primo secolo e mezzo di vita.

P. Marcus distingue nella sua storia tre periodi con caratteristiche diverse.

1) Dall'inizio (circa 1900) fino al 1970 si compiono i primi passi. Pochi cristiani, ma fede semplice, forte, frequenza alle celebrazioni vicina al 100%, timore di Dio. I pochi missionari, hanno buon nome presso tutti, spendono quasi tutto il loro tempo e le loro energie visitando i villaggi a piedi, o su carri da buoi, fermandosi con la gente, confessando e predicando. Sono affiancati da catechisti senza speciale preparazione, formatisi alla scuola diretta dei "loro" preti che li tengono accanto a sé e in cui hanno piena fiducia, come nelle suore. Sono uomini semplici, spesso carismatici nella loro capacità di raccontare di Gesù e insegnare. I cristiani crescono lentamente nel numero, spesso con grandi sacrifici perché la società non li accoglie, o addirittura li perseguita. Alla fine del periodo tutto dipende ancora dai missionari, ci sono soltanto tre preti locali.

2) Dal 1971 al 1990 moltissimo cambia a causa della terribile guerra da cui nasce il Bangladesh indipendente, devastato da stragi, distruzioni, cicloni, miseria. La Chiesa, una delle poche istituzioni funzionanti, ha prestigio all'estero, può fare da ponte, e sente il dovere di impegnarsi allo spasimo. Il PIME manda un grosso gruppo di missionari, arrivano aiuti economici massicci, si organizza il CORR (poi Caritas) che fa un lavoro enorme di assistenza e ricostruzione, acquista prestigio, dà speranza. Entrano idee nuove, crescono di importanza la cura per la salute e l'istruzione, le "credit union" (forme di risparmio locale), il riscatto delle terre dei tribali, la valorizzazione delle culture locali nella liturgia e nelle preghiere. I benefici per la gente sono incalcolabili. Arrivano biciclette e motociclette, pian piano scompaiono le lunghe, lente visite ai villaggi: ora invece si va e torna in giornata, si sta meno con la gente. Aumentano le conversioni.- Aumenta anche il senso critico, calano leggermente il fervore e la percentuale di frequenza alle celebrazioni. Gli anziani dicono: "I padri una volta pregavano di più, le loro benedizioni erano più efficaci...". Sembrano in calo pure l'attenzione alle vocazioni presbiterali, e l'importanza data alla predicazione. Qualche defezione fra preti e suore scuote la cieca fiducia che i fedeli avevano in loro.

3) Dal 1991 a oggi la Chiesa si organizza e si struttura, i Vescovi preparano "piani pastorali" nazionali e locali, la formazione culturale e spirituale di catechisti e religiose viene curata meglio e cresce di qualità, nascono diverse associazioni e i consigli pastorali, si insiste su giustizia, pace, dialogo, e si cerca di evangelizzare anche nuovi ambienti. Cala il numero dei missionari esteri, entrano in diocesi religiosi e religiose locali di altre congregazioni. Si torna a dare importanza all'annuncio, dalla diocesi di Dinajpur nasce la diocesi di Rajshahi, ma il numero complessivo torna rapidamente ad essere lo stesso di prima, e si cresce di circa 1500 nuovi battezzati all'anno. Oltre ai Protestanti "tradizionali", presenti da tempo, entrano o si formano nuove aggregazioni ecclesiali evangeliche, spesso settarie, che creano divisioni. Abbiamo più parrocchie e sottocentri, un monastero contemplativo, un centro di spiritualità, un santuario mariano. Si presta molta attenzione anche all'istruzione superiore e alla formazione di leader. Il clero locale aumenta, e ora ha la responsabilità di quasi tutte le parrocchie e organizzazioni diocesane.

Quale il bilancio?

P. Marcus vede una grande crescita nell'istruzione, e anche nel numero di laureati fra i cristiani. In generale, maggiore consapevolezza nelle proprie scelte. Le donne sono più rispettate e più coinvolte. Si aprono nuove prospettive di lavoro, non solo nei campi ma anche in officine, uffici, insegnamento... qualcuno emigra per lavoro all'estero, altri verso Dhaka. Anche l'agricoltura ha fatto progressi. Le superstizioni perdono di importanza, abbiamo cristiani appartenenti a nuovi gruppi sociali, in nuove aree.

Ci sono anche risvolti negativi: si fa strada una mentalità individualista che comporta minore obbedienza alle regole ecclesiali e sociali, minor frequenza religiosa. Diversi matrimoni falliscono, ci sono unioni illegali. Alcuni abbandonano la Chiesa o passano ai gruppi evangelici. Il tessuto sociale tradizionale dei villaggi si sfilaccia, si creano divisioni addirittura con ricorsi ai tribunali civili. La vita di fede sembra più debole: c'è, ma forse incide meno nella vita e nella morale.

L'anno della fede si chiude, il Vangelo continua il suo cammino nella nostra Chiesa e nel nostro popolo...

  


Superlavoro

Anche durante gli "oborodh" (blocchi della circolazione) che ci affliggono, per fortuna le ambulanze possono circolare liberamente. Due o tre casi di ambulanze date alle fiamme non fanno testo. Per questo le orecchie dei cittadini sono continuamente lacerate da sirene spiegate: quelle della polizia o altre forze dell'ordine, dei pompieri, e quelle delle ambulanze: di solito restano anche loro bloccate nel traffico, ma ora vanno come frecce sulle strade libere e possono fare un sacco di corse. Paghi una tariffa extra e ti fanno servizio di taxi anche se sei sano come un pesce...

 

p. Franco Cagnasso

103

Dhaka, 8 dicembre 2013

 

Record

Siamo arrivati al record di 123 ore consecutive di totale blocco ferroviario, stradale e fluviale: sei giorni e cinque notti da sabato 30 novembre mattina a giovedì 4 dicembre. Non vi descrivo il traffico sulla strada Rajshahi-Dhaka la sera e la notte del 4, subito dopo che hanno comunicato che era stata concessa una sosta fino a sabato mattina (pensate, 36 ore normali!). Ora siamo di nuovo precettati: non si va da nessuna parte;  e domani a Dhaka ci sarà anche il blocco di tutte le attività. Intanto i morti di questi giorni sono saliti a oltre 20, di cui una dozzina bruciati da bombe incendiarie artigianali, altri colpiti da pallottole di gomma della polizia o bastonati.

 


Soldi

Esco dal Centro Assistenza Malati domenica mattina presto, poco prima che inizi la Messa. Ragazzi e ragazze degli ostelli vicini, suore, fedeli del quartiere stanno andando alla Cappella. Un ragazzino sugli 11 anni mi avvicina in strada e mi saluta educatamente: "Buon giorno Padre". Mi chiede se abito qui, se conosco l'ostello, come  mi chiamo, qual è il mio paese. "Stai andando a Messa?" mi risponde di sì. Penso sia cristiano, ma poi mi dice il nome e  capisco che è musulmano. Prende confidenza: "Padre, posso fare una domanda?" Si guarda in giro per essere sicuro che nessuno ascolta: "Davvero tu puoi stampare i soldi?" Come? Gli faccio ripetere la domanda, ma ho capito proprio bene!  "Come mai pensi che io possa stampare i soldi?". "Lo dice sempre mio papà: come fanno gli stranieri ad avere tanti soldi? Certamente li stampano loro stessi." Gli spiego che non è così e non nasconde la sua delusione. Eppure lo dice mio papà!

 


Servizio

Anni fa, P. Quirico disse a un poveretto, bastonato perché sorpreso a rubare un bambù: "La devi capire che tu non hai il fisico per fare il ladro!"

Al brav'uomo di cui parlo ora bisognerebbe dire: "La devi capire che non hai i numeri per fare il furbo!" Tant'è, aveva pensato di unire l'utile al dilettevole: aiuto bambini poveri, e prendo un bel po' di soldi da organizzazioni benefiche, partiti politici, autorità varie, e da facoltosi stranieri dal cuore tenero. Rimette in sesto quattro casupole, che sono tutti i suoi averi, e vi mette dentro una quarantina di bambini più o meno orfani, ma certamente tutti strapelati. Li manda a scuola, li tiene con affetto, gongola per i molti elogi e qualche promessa, ma i soldi - con sua sorpresa - non arrivano: tutti hanno altro da fare, li daranno dopo.

Arriva il momento in cui non c'è più riso. Gira gira, trova un grosso commerciante che acconsente a dargliene a credito, per un valore di circa 800 euro. I bambini mangiano, i soldi continuano a non arrivare, il riso finisce di nuovo, ma questa volta il nostro amico ha un colpo di fortuna: un emigrato che vive in America gli dà gratis tre camion di riso, basta che vada a prenderseli. Racimola la tariffa per il trasporto, e tutto contento fa caricare un camion e porta il riso a casa... passando davanti al magazzino del suo creditore. Il quale pensa che l'abbia comprato invece di pagare il debito, e avvisa la polizia. Arresto immediato, galera, botte senza risparmio.

Finalmente, dopo tre o quattro frenetici giorni, la moglie e la figlia trovano qualcuno che s'impietosisce, e offre gli 800 euro pagando il debito in presenza dei poliziotti.

Tutto a posto? L'ex creditore lo prende da parte: "La polizia ha fatto il servizio, non crederai che glielo paghi io! O vuoi altre botte?" Ancora 200 euro, e può andare a casa a medicarsi. 

 


Parlamento

Il palazzo del Parlamento del Bangladesh, a Dhaka, non mi piace molto, ma riconosco che si tratta di un'opera pregevole, disegnata da un famoso architetto tedesco di cui non ricordo il nome. Troneggia imponente, circondato da ampplissimi prati sempre ben tenuti, e qualche fila di alberi rigogliosi. Notevole.

Ma viene usato poco. A parte gli anni delle dittature e dei governi militari, quando rimane vuoto, anche con la "democrazia" non si logora certo per l'uso. L'opposizione sta quasi sempre fuori per protesta, andandoci solo quando è assolutamente necessario per non perdere il diritto allo stipendio. La maggioranza, non avendo con chi discutere, decide alla svelta e se ne va. Per il futuro non si prospetta un uso maggiore. Sembra che alle prossime elezioni, fissate per il 5 gennaio, si presenterà soltanto il partito Awami League, mentre gli altri hanno deciso di boicottare, quindi non andranno neppur più per prendere lo stipendio.

Questa mattina, gustando il sole e il traffico ridotto a causa dello sciopero, sono passato davanti al Parlamento, e ho visto in lontananza una dozzina di mucche che dignitosamente pascolavano negli splendidi prati. Chi le ha messe ha avuto un'idea secondo me ottima, veramente intelligente: avremo almeno le mucche parlamentari

 

p. Franco Cagnasso

102

Dinajpur, 18 novembre 2013

 

Parrocchia

E’ una mattinata splendida, con cielo terso, tanto verde dei campi di riso e degli alberi, aria fresca. Sulla macchina del vescovo c’è il Nunzio, perciò siamo preceduti da una camionetta della polizia, ma anche la sirena si fa sentire poco, e non sembra aggressiva. Mons. George Kocherri, al suo primo giro fuori Dhaka dopo aver presentato le credenziali pochi giorni fa, è un indiano del Kerala, gioviale, perfettamente a suo agio nell’ambiente.

Arriviamo addirittura in anticipo, ma già ci sta aspettando fuori della missione un gruppo di danzatori e danzatrici, che ci precede per un pezzo di strada; poi riceve il cambio da un altro gruppo, poi un altro, fino a quattro: pieni di gioia ci accompagnano fino al palco preparato nel prato davanti alla chiesetta.

Oggi – 16 novembre 2013 - nasce la nuova parrocchia di Kudbir, quindicesima della diocesi di Dinajpur. I fedeli sono tutti aborigeni santal, sparsi in 41 villaggi di un’ampia zona, contenti e ordinatissimi, come sempre sobri nell’espressione dei sentimenti. Anche i bimbi non fiatano durante le due ore di celebrazione. Tutto è molto semplice, ha sapore di autenticità.

Tanti missionari, e recentemente preti locali, hanno continuato per anni a visitare queste zone, con pazienza, spesso forti disagi, delusioni, fiducia. Fra i tanti, p. Sandro Giacomelli è rimasto qui, sepolto proprio vicino alla cappella. Nella sua continua ricerca di come essere missionario, e come essere uno insieme ai “suoi” santal, era approdato in questo sperduto villaggetto, in una casa di terra. Lo avevano criticato, perché spesso era a sua volta critico; qualcuno lo riteneva interessato solo allo sviluppo sociale dei santal, altri troppo partigiano nello sposare questo popolo trascurando gli altri.

Ci stimavamo a vicenda, ... e non mancavano contatti che provocavano scintille...

Vado a visitarlo, mi accoglie volentieri, minimizzando i disagi della vita che ha scelto. Attento alle persone, prima mi presenta la cuoca, e poi mi offre un piatto di riso con curry molto piccante, e un tipo di carne che non conosco. E’ buono, anche se mi fa lacrimare. Lui, mangia guardandomi di sottecchi, con l’aria tra provocatoria e sorniona. Alla fine non ce la fa più: “Lo sai che cosa hai mangiato?” “Sì – dico – carne di topo”. Indovinato! Uno a zero a mio favore... lo scambio di idee e impressioni si fa ancora più interessante e spontaneo.

Poi dovette andarsene per malattia, e quando si riprese scelse di dedicarsi ai santal in un altro modo: rintracciando i loro giovani che sempre più numerosi si stavano disperdendo – e perdendo – in cerca di lavoro nei meandri dell’immensa Dhaka. “Le difficoltà ora sono qui, nei villaggi al confronto si sta benissimo.” Come aveva quasi previsto, fu proprio la città ad ucciderlo, travolto da un camion.

P. Michele Brambilla, dopo qualche anno, ne ha raccolto l’eredità. Altro carattere, stile, idee, ma stessa passione per il Vangelo e per la gente, ha accompagnato a consolidarsi le comunità che Sandro aveva avviato, come divenne subito chiaro, con una catechesi e un metodo ottimi. E ha dato loro la voglia di diventare protagoniste del loro cammino cristiano.

Seduto sul palchetto, in fila con il Nunzio, e gli altri “pezzi grossi”, non mi stanco di guardare questa gente semplice che, seduta sulle stuoie, prega, canta, ascolta, e si sente parte della grande realtà della Chiesa. Che cosa li ha mossi a diventare cristiani? La loro fede ora sostiene la mia. Il mistero dell’amore di Dio che si fa uomo è affidato a loro, è attraverso di loro che gli altri sapranno qualcosa di Gesù – proprio come a Betlemme “gli altri” vennero chiamati dai pastori ad andare a vedere un bimbetto deposto in una mangiatoia.

Penso che p. Sandro sarebbe contento, anche se la presenza del Nunzio e della polizia gli offrirebbero l’occasione per fare qualche battuta pepata. Nel Regno dei Cieli non ci saranno divise nè titoli, entreremo tutti insieme, tenendoci per mano.

 


12 – 24 - 48 - 72 + 24

“Dall’alba al tramonto”: era la formula con cui, in questi mesi, si organizzavano giornate di scioperi politici e blocchi della circolazione (hartal), con le motivazioni più varie: aumento dei prezzi sui mercati, condanna di un criminale di guerra, pestaggio di studenti universitari, “mancanza di rispetto” alla religione, frequenti interruzioni dell’erogazione della corrente elettrica... Ultimamente la faccenda s’è incattivita. I temi si sono focalizzati su un punto preciso: elezioni con un governo speciale istituzionale, non con un governo formato dai partiti. Nessuna delle due coalizioni arretra, e allora da una giornata (12 ore) si è passati a 2, poi 3 consecutive, lasciando libere le notti che diventavano incredibilmente affollate di traffico e commerci. Niente cambia, allora... sciopero anche di notte: 24 ore, poi 48, poi 72. Si prende l’abitudine di intimidire i disobbedienti bruciando i mezzi su cui viaggiano, gettando bombe rudimentali ma efficacissime per provocare ustioni su tutto il corpo. Entra in uso anche l’incendio preventivo: prima che inizi lo sciopero, si va a spasso dando fuoco a autobus e cittadini, perché si affrettino verso casa... La conta dei morti e dei feriti aumenta. Il governo si straccia le vesti per le crudeltà dell’opposizione; il Segretario del BNP afferma gelido: bombe e incendi sono opera di provocatori mandati dal governo. I professionisti della protesta passano le giornate in strada fra manifestazioni, cortei, picchettaggi; i professionisti della coalizione al potere scorrazzano a caccia di oppositori. Intanto, prosegue per conto proprio la lotta sindacale per l’aumento degli stipendi dei milioni lavoratori delle fabbriche di tessuti e abiti: vogliono che il salario minimo passi da 3.000 a 10.000 taka al mese. Pestaggi, vandalismi, fabbriche chiuse, minacce. Si arriva all’accordo su 5.300 taka (53 euro) al mese.

Ma niente accordo sul fronte politico, e non si sa più che cosa inventare per fare danno. Il governo fa arrestare diversi capi dell’opposizione con l’accusa di istigazione alla violenza; guarda caso, vengono arrestati i moderati, mentre i facinorosi continuano a circolare tranquilli. L’opposizione crea qualche variante: dopo 72 ore consecutive di sciopero, si aggiungano 12 ore di oborod (si può lavorare, ma non circolare). Si fanno marce con le bandiere nere, catene umane, assedi a sedi di partito. I notabili locali di tutti i partiti diventano bersagli, e gli omicidi aumentano.

Ultime notizie: il 17 novembre il tribunale emetterà la sentenza a proposito di Tareq, figlio della capo dell’opposizione Khaleda Zia, accusato di corruzione. I suoi sostenitori si radunano e si preparano a proteste grandiose, qua e là incominciano con incendi e vandalismi prima che la sentenza venga emessa. Poi – colpo di scena: il tribunale assolve Tareq. Grande giubilo! E i danni provocati? Opera di provocatori del governo.

 

Bontà

1980. Seduto all’ombra di una casetta di terra, aspetto che escano le due suore che vi abitano da qualche di tempo. Poco distanti, tre donne chiacchierano pensando che io non capisca il bengalese. “Chi sono queste due?” chiede la donna che viene da un altro villaggio. “Si chiamano sister, sono straniere, bianche.” “Che fanno?” “Ma, non so bene neanche io: pregano, vanno a trovare i malati, fanno giocare i bambini, coltivano l’orto...” “Niente altro?” “Non so, forse faranno una scuola, oppure un dispensario. Però noi siamo contente, perché sono proprio molto buone.”

Questo episodio mi viene in mente quando mi metto a scrivere due righe di congratulazioni per la prossima celebrazione (il 15 novembre) di 60 anni di presenza delle Missionarie dell’Immacolata in Bangladesh. All’inizio erano poche, tutte italiane. Oggi sono oltre 70, quasi tutte locali. Allora desideravano evangelizzare e stare con i poveri, ma non sapevano bene che cosa avrebbero fatto; ora hanno programmi, scuole, dispensari, sanno che devono insegnare, curare, visitare, fare catechesi... Un bilancio di queste cose sarebbe molto interessante, e incoraggiante.

Ma mancherebbe ancora della parte più importante, che non si può misurare: quante persone sono state consolate da una loro visita? Accompagnate alla fede, o alla morte? Appoggiate nel bene, sostenute nella pazienza e nel perdono? Quante hanno mormorato, con semplicità: “Sono molto buone”? Mi pare che questo sia il complimento più bello che possono ricevere, l’obiettivo più concreto che possono darsi. Piacerebbe tanto anche a Papa Giovanni XXIII e a Papa Francesco.

 


p. Franco Cagnasso

101

Dhaka, 28 ottobre 2013 

  

Maria

L'ultima scheggia è di fine agosto, un "Sorriso" con cui a lungo ho meditato di chiudere il blog. Più che altro per "vergogna": da allora non sono riuscito a scrivere più nulla, e non posso approfittare della pazienza degli amici, nè dello spazio che "Missionline" mi offre. Non ce la faccio più ad usare il computer la sera, assicurando così un minimo di regolarità.

Si trattava solo di decidere, scrivendo un saluto con un grazie, ed ero proprio lì, lì per farlo, quando ho ricevuto una lettera di Maria - per posta aerea dall'Italia. Non la conoscevo. Mi ha scritto dicendo che da anni legge i miei disordinati scritti, e stava per iniziare a leggere il libro "Il Vangelo del Dialogo", su cui ha promesso di mandarmi poi un commento. Non vi parlo di lei; forse in futuro, ma per ora no. Posso solo dire che Maria è una donna speciale. Sapere che silenziosamente era in contatto con me da tempo, e che il divertimento/fatica di scrivere arrivava anche a lei, mi ha convinto a ricominciare. Magari soltanto per poco, ma per ora non me la sento di chiudere. "Colpa" sua!

 


Bentornato

Caro Padre, con gioia ti informiamo che il prossimo 19 ottobre celebriamo la nostra grande festa buddista chiamata WA. I nostri monaci la fanno precedere da tre mesi di penitenza, alcuni vivono vari giorni in caverne per meditare, digiunano. Con questa festa terminano la penitenza e noi fedeli ci uniamo a loro per pregare per la pace e la giustizia, celebrare, festeggiare con gare, giochi, canti, suoni di tamburi, luci... lo facciamo anche nel nostro ostello e i ragazzi sono entusiasti di prepararsi. Pregheremo la mattina nel tempio e poi faremo festa tutto il giorno.

Vogliamo far partecipi tutti gli amici di questa gioia. Quelli che ci aiutano, che ci ricordano, che pregano per noi (e noi per loro).

Dì a tutti che alcuni di noi hanno superato bene gli esami di dodicesima. Uno sta cercando di farsi ammettere all'università, siamo molto fieri. Molti nuovi vogliono venire. La piantagione di gomma cresce. Il frutteto è pieno di papaie grosse, grosse...

La lettera è arrivata con buon anticipo, e poco prima del 19 ottobre sono arrivati, dopo 16 ore di viaggio, Mong Yeo, direttore dell'ostello Marma, con un ragazzo e una ragazza che lo aiutavano a portare un borsone delle loro davvero gustosissime papaie con la polpa rossa e, cosa che non avevamo mai visto, nè io nè i ragazzi e la cuoca bengalesi con cui mi trovo in questi giorni, banane dalla buccia rossa, saporitissime.

Arrivato dall'Italia, potevo ricevere un "bentornato" migliore di questo?

 


Legna

"Una bracciata di legna buona sul fuoco della nostra amicizia". Così un carissimo amico che risento dopo tanti anni. Solo una breve telefonata, e l'espressione sincera del rammarico di non poterlo incontrare neppure questa volta. Dispiace a tutti e due, ma pazienza: un'amicizia solida continua a vivere e a scaldare anche dopo tanto tempo, e basta una bracciata di legna buona per mantenerla accesa...

 


Restituzione

"La mia era una famiglia senza molte risorse, povera. Lavoro e circostanze favorevoli mi hanno regalato beni abbondanti, oltre ogni mia aspettativa. Con questo, sono contento di restituire una parte di ciò che ho ricevuto..." E' la riflessione che accompagna un cospicuo dono per un centro di assistenza ad ammalati di cui mi occupo.

 


Linea Rossa

Sheik Hasina, primo ministro, e Begun Khaleda Zia, capo dell'opposizione, si erano parlate di persona una volta, nel 1990, per mettersi d'accordo e rovesciare il dittatore Ershad. Poi basta. Solo pochi incroci e sguardi torvi in occasione di celebrazioni ufficiali. La sera del 26 ottobre si sono parlate al cellulare per 37 minuti! 

 

Dapprima Hasina ha chiesto, risentita, come mai ha dovuto ricorrere al cellulare, dato che Khaleda non rispondeva alla chiamata sul "telefono rosso", installato anni fa (e mai usato) per comunicazioni urgenti e importanti. Khaleda ha risposto risentita che il telefono rosso non funziona da tempo, da quando Hasina l'ha costretta a lasciare la villa che l'esercito le aveva messo a disposizione: doveva sentire che la linea era muta, e chiedere al suo staff di fare il collegamento. Poi si sono date reciprocamente della bugiarda. Dopo di che ha preso il via il colloquio politico.

Intanto, sono confermati tre giorni e due notti (60 ore) di sciopero nazionale totale e il 27 ottobre, primo giorno, ci sono stati disordini in tutto il Paese con 5 morti e 645 feriti, incluso un dodicenne cui è scoppiata in mano la bomba che voleva lanciare. Dall'inizio dell'anno i morti sono 250.

Forse occorrerebbero altre telefonate, non importa su che linea.

 


Festival

Piove forte, fuori stagione, ma sono pur sempre un centinaio i ragazzi e ragazze (meglio dire bambini) "di strada" radunati da Fratel Lucio per l'ottavo loro Festival, ospitato nella prestigiosa scuola "St. Joseph", il 25 ottobre. Arrivano da vari quartieri di Dhaka, dove gli oltre 40 volontari di ogni ceto, età e religione li visitano ogni settimana giocando con loro, provvedendo ai malati, insegnando qualcosa, soprattutto facendo sentire che non sono abbandonati. Si apre la giornata con un "mago" che fa strabilianti giochi di prestigio, poi si passa a lavori manuali divisi in varie salette, e mentre da pezzetti di carta nascono fiori, bambole, disegni, un medico professore universitario si ferma un po' in ogni aula per curare mali di pancia e bronchiti, medicare tagli e infezioni, consigliare. Segue un pezzo teatrale realizzato da una piccola compagnia: storia di animali parlanti, un gran ridere. Poi... il miracolo: sono passate le 14 e abbiamo tutti una fame da lupi. I ragazzi si dispongono attorno a grandi tavoli preparati nella hall aperta al piano terra, i volontari portano di corsa fumanti, profumati piatti di riso, con uovo, carne, verdure. Ma nessuno tocca nulla, si aspetta che l'ultimo piatto sia portato all'ultimo ragazzo, e la preghiera, poi via!

Non è finita. Dopo danze, canti, condivisioni, per evitare i temuti disordini politici, che infatti avverranno, si anticipa il ritorno... sulla strada.

Tre studenti che ho portato con me per vedere, commossi, stentano a lasciarli...

 

p. Franco Cagnasso

Laboratorio

Fratel Lucio e i ragazzi

Dottore

100

Milano - 25 agosto 2013

 

Cento

Avete notato? Siamo arrivati al numero 100 delle Schegge.

Mi faccio le congratulazioni. Un evviva e un grazie anche a Bruno Guizzi e Giuliano Bernini, tenacissimi curatori di Banglanews.

  

" Siamo noi (e tutti i nostri lettori), caro Franco, a ringraziare te per tutto quello che hai fatto... e hai scritto. Le tue Schegge, ideate appositamente per Banglanews a partire dall'agosto del 2004 e poi riprese anche da altri siti, sono state e continueranno ad essere la "pietra angolare" della nostra newsletter (che però, a differenza di quella evangelica, non era stata scartata ma richiesta e desiderata!).

Grazie ancora

Bruno e Giuliano "

 


Vale la pena?

Una trentina d'anni fa, progresso e sicurezza nei trasporti hanno fatto arrivare in Bangladesh una piccola "ondata" di visitatori dall'Italia. Parenti e amici, ma anche sconosciuti con aspettative più o meno chiare: dal fare un'esperienza "forte", al portare di persona qualche aiuto "per essere sicuri che vadano a buon fine" (un tale arrivò con una valigia di scatolette di tonno per distribuirle personalmente ai poveri...); dalla visita turistica a poco prezzo alla curiosità di scoprire che cosa diavolo facciano i missionari "al giorno d'oggi, quando si sa che tanto tutte le religioni sono uguali"...

Qualcuno ritornava scandalizzato dai "lussi" dei missionari, o dalla loro insensibilità; qualcuno edificato ed entusiasta; qualcuno si ammalò per aver preso troppe medicine preventive; qualcuno troncò il viaggio non potendo sopportare la povertà e i mendicanti, oppure la paura dei serpenti, o il traffico...

A ciascuno bisognava dare tempo, attenzione, risposte, conforto, vitto, trasporti e alloggio (quasi sempre gratis), bisognava vigilare che non ci fossero spezie nel cibo, ragni sui muri, zanzare sotto la zanzariera.

Ne vale la pena? E' giusto sottrarre energie al nostro lavoro per dare tempo a questo tipo di accoglienza? Ce lo chiedemmo più volte, e alla fine - in collaborazione con i nostri animatori missionari in Italia - nacque il programma "Giovani e Missione". Visite sì, ma preparate, motivate, orientate, e con una buona selezione.

Anche quest'anno, come da tempo accade, l'estate ha visto una dozzina di giovani (ragazzi e ragazze) a gruppetti di due o tre, arrivare e trascorrere un mese fra noi. Hanno seguito, con una comunità PIME in Italia, un anno di preparazione e si sono impegnati a seguire, dopo la visita, un secondo anno di programma per valutare e approfondire l'esperienza, vedendo anche come metterla a frutto nelle loro parrocchie, scuole, associazioni. Nessuna illusione, in un mese, di aiutare chissà chi: si sta un mese con i missionari non per sentirsi benefattori, ma per vedere, imparare, condividere. Poi, ritornati in Italia, si metterà a frutto l'esperienza.

Il sistema ha funzionato, pochissimi i casi di insuccesso. Quasi tutti conservano un ricordo positivo, molti mantengono i contatti, si sono coinvolti nell'animazione missionaria. Qualcuno ha preso il contagio, e s'è imbarcato non nel "fare esperienza" con i missionari, ma nel diventare missionario, e ora è qui, o in altre missioni, e anche lui o lei accoglie le nuove generazioni di "Giovani e Missione".

Ci pare che valga la pena.

 


Calamita

Diciotto anni nella Direzione Generale del PIME - poveretto! Sei anni come vicario, dando una mano al suo predecessore (che ero io), poi sei anni come superiore generale, poi altri sei. E' sopravvissuto (a stento?), e proprio come lui aveva fatto con me, anche il suo successore P. Ferruccio gli ha fatto un regalo: prima ancora che finisse l'Assemblea Generale lo ha assegnato alla missione del Bangladesh, da dove era stato "strappato" per il servizio a Roma e in tutto il mondo. Io avevo dovuto aspettare nove mesi per ottenere il visto d'ingresso; lui, più fortunato, l'ha ottenuto in breve tempo. L'Assemblea era in maggio, il 22 agosto p. Gianni Zanchi è sbarcato a Dhaka e, dopo qualche settimana per rispolverare il bengalese, prenderà servizio.

Ancora una volta la "calamita" della propria missione ha funzionato!

Il record di velocità però appartiene ancora a P. Fedele Giannini, superiore generale dal 1977, che nel 1983, terminato l'incarico, era riuscito a ritornare nel "suo" Giappone prima ancora della fine dell'Assemblea Generale.

 


Sorriso

Anche i giornali locali hanno parlato di loro, che ora si stupiscono di essere riconosciute, salutate, invitate appena escono di casa. Sono quattro suore del Bangladesh, approdate all'inizio di giugno a Valmadrera (Lecco) per un servizio pastorale nella locale casa di riposo. Sì, servizio pastorale. Le hanno volute non come infermiere, cuoche, fisioterapiste, donne delle pulizie, ma per stare accanto agli anziani, accompagnarne la preghiera, ascoltarli, portare loro la Comunione... Occasionalmente danno una mano al personale: imboccare, rispondere al telefono, spingere le carrozzine; ma l'obiettivo primo non è il lavoro, quanto il rapporto umano. Una di loro, Rebecca, aveva studiato in Italia e parla bene l'italiano; le altre arrancano, ma migliorando di giorno in giorno, e si sono fatte accettare ugualmente. "Sorridono sempre, non perdono la pazienza, imboccano senza fretta..." sono commenti comuni. Anche chi al primo incontro ha detto: "Io non credo in Dio e non prego, potete stare alla larga", ora chiacchiera, e sorride contento quando gli dicono: "Va bene, tu non preghi per noi, ma noi preghiamo per te!".

 

p. Franco Cagnasso

99

Dinajpur - 31 luglio 2013

 

Legalità

Chiamiamolo Dilip, perché non si sa mai. Un simpatico giovanotto sui 25 anni, studente universitario pieno di buona volontà, e pure mezzo intenzionato a farsi missionario.

Tempo fa aveva accompagnato in visita per Dhaka uno straniero, guadagnandosi 50 euro. Li custodisce gelosamente finché, mesi dopo, si trova a dover pagare il conto di ospedale e cure per la sorella ammalata. Dà uno sguardo d'addio ai 50 euro, li mette nello zainetto insieme a 2000 taka (valore 20 euro), poi esce per venire a chiedermi di cambiarglieli.

Giorno di sciopero, uno dei tanti. Questa volta a proclamarlo e organizzarlo sono quelli del Jamaat, i fondamentalisti, i "duri", capaci non solo di picchiare e incendiare, ma di mettere bombe. Quindi le forze dell'ordine hanno un mandato severo: sorveglianza strettissima.

Dilip, a piedi, gira l'angolo e viene fermato da una pattuglia di polizia. "Che hai nello zaino?" Saltano fuori un mango e un coltellino per tagliarlo - sequestrato - poi i 50 euro, che spariscono, e le 2000 taka, consegnate al "capo". "Quanto valgono quegli euro?" "Non so, stavo andando a cambiarli, spero abbastanza per pagare l'ospedale..." L'interrogatorio si prolunga, si fa duro. "Ti portiamo alla stazione di polizia." Pausa per passare ad altri malcapitati: uno sta portando a riparare un portatile, e viene accusato di averlo rubato. Un altro è sospetto perché non ha con sé nulla, quindi... sta leggero per andare a tirare sassi. Nuovo interrogatorio. Nuova attesa. Si fa avanti un poliziotto: "Lo conosco, è un bravo ragazzo del mio paese, potete lasciarlo andare." "Quanto ci dai?". Dilip pensa al conto, discute pieno di paura, poi concordano 1000 taka - e una firma su una pagina in bianco, con tanto di nome, indirizzo, telefono, e dati vari.

"Posso andare?" "Certo!" Ora si fanno in quattro per trovargli un triciclo a motore e minacciano l'autista perché non chieda troppo. "E gli euro che avete preso all'inizio?". "Quali euro? Noi non abbiamo visto nessun euro. Vai pure... Ah, e ricorda che hai firmato!"

 


AMAG

I Fratelli Maristi (istituto fondato in Francia all'inizio del 1800) sono arrivati per la prima volta in Bangladesh alla spicciolata, quattro anni fa, appoggiandosi al PIME per lo studio della lingua. Per questo li abbiamo conosciuti: gente simpatica, stagionata e molto varia, provenienti da Spagna, Germania, Isole Salomone, Argentina...una decina in tutto, di 9 paesi diversi. Qualcuno non ce l'ha fatta ed è ritornato indietro, altri sono arrivati a rimpiazzare. Stanno cercando il servizio migliore da rendere in questo paese, secondo il loro carisma che è l'educazione dei giovani, specie poveri.

Sembrava tutto qui, invece un invito a guidare per loro un corso di ritiro a Hua Hin (Thailandia) mi ha fatto scoprire che c'è altro. Otto anni fa il loro Istituto ha fatto i conti: su 4200 fratelli solo 200 impegnati in Asia sono troppo pochi; e ha preso sul serio l'affermazione di Giovanni Paolo II che il terzo millennio dev'essere per la Chiesa il millennio dell'Asia (Ecclesia in Asia, n.1). Pensa e discuti, hanno formulato il progetto AMAG: Asia Mission Ad Gentes. Il superiore ha scritto a tutti chiedendo ad almeno 150 fratelli di offrirsi spontaneamente per un servizio in Asia di 9 anni. In poco tempo si sono resi presenti con varie piccole comunità, oltre che in Bangladesh, in India, Thailandia, Cambogia, Vietnam, Cina, Filippine. Un bel segno di vitalità: auguri!

 


Specie a rischio

"Le donne sono come il tamarindo, se lo mangi, ti piace un sacco, e non passerai più sotto un albero di tamarindo senza che ti venga l'acquolina in bocca... Se un vecchio mi dice che può vedere una donna senza eccitarsi, gli dico: 'Caro mio, sei impotente!' Per questo Allah vuole che le donne stiano in casa, a custodire il mobilio e i figli. Se hanno bisogno di qualcosa, perché andare al mercato? lo facciano comprare dal marito. A scuola? Basta la quarta elementare, per fare i conti di famiglia. Al lavoro? Ma chi le controlla, per vedere se vanno a lavorare o a far l'amore?" Questi e altri simili sono i profondi pensieri espressi in una lunga omelia che ora si trova in internet dall'anziano capo del movimento "Hefajat-Islam" (Difendere l'Islam), diventato di recente molto attivo e forte. Il movimento ha, fra le sue dodici richieste al governo, anche quella che ci sia ovunque nella società bengalese la separazione dei sessi.

L'omelia ha suscitato un finimondo di critiche, ma anche molta preoccupazione. Un appassionato editoriale di "The Daily Star" (24.7.13) cita altri casi simili di omelie, ricche di particolari anatomici, che definisce... pornografiche. Le donne non possono entrare nelle moschee, fare spesa al mercato, andare a scuola, mostrare il volto, partecipare ai funerali al cimitero, nei giorni festivi stiano a casa, perché provocherebbero gli uomini vestendo abiti nuovi e attraenti; in caso di adulterio sono loro le colpevoli, in caso di stupro lo devono provare con testimoni maschi fisicamente presenti al fatto... E il Bangladesh va male perché ha dato autorità politica a donne.

L'editoriale, intitolato "Quando le donne sono una specie a rischio" è un appello alle forze secolari perché reagiscano.

 

p. Franco Cagnasso

98

Dinajpur - 17 luglio 2013 

 

Rendicontazione

Si tratta di cosa giusta e doverosa: enti, associazioni, onlus varie, e anche privati che aiutano economicamente i missionari per qualche progetto sociale, educativo, ecc. chiedono di sapere che fine fanno i soldi che hanno donato. Per questo il PIME ha preparato formulari e moduli da riempire con descrizioni e calcoli che rispondano ai canoni di una corretta amministrazione, con date di scadenza, fotografie, norme varie. Riempiti debitamente i formulari e fornite le ricevute, la "rendicontazione" è pronta, a disposizione di chi la vuol vedere. Tutto bene.

Ma se io capisco poco di amministrazione? Se il missionario Tizio inizia il progetto poi viene richiamato dal suo vescovo e il rendiconto viene scaricato su di me? Se il responsabile, un bengalese che non conosce l'italiano e sa un inglese incomprensibile, chiede aiuto, mi dà in mano un plico e se ne va? Se la cuoca ha usato tutte le ricevute per avviare il fuoco su cui cuoce il riso? Se il missionario Caio ne sa ancora meno di me, chiede che gli spieghi, e più io spiego, più ci confondiamo le idee? Assorbito, travolto, preoccupato, divertito, impegnato - e pure imprecante - per tutte queste cose, mi ritengo fortunato perché quando ho deciso di fare il missionario non le prevedevo: altrimenti avrei fatto il ragioniere...

"Tutta colpa della "rendicontazione" vorrei scrivere, per giustificare i quasi due mesi in cui non ho mandato "schegge". Ma non sarebbe del tutto vero: la pigrizia ha la sua parte. E anche una meditazione che non vorrei concludere troppo presto: stiamo dando troppo tempo a opere e progetti?

 


Occhio

Mi mancano gli "effetti speciali" linguistici per descrivere adeguatamente il traffico di Dhaka, quindi ne taccio. Dico che per mettersi al volante, oltre ad una notevole incoscienza, occorre una decisione spesso sofferta: "Non posso farne a meno", seguita da un'accurata preparazione spirituale e psicologica: non mi arrabbio, non entro in competizione, respiro profondo, autocontrollo, esame di coscienza e pentimento, mente locale su dove mi trovo. Bisogna anche richiamare alla mente le esperienze passate. L'esperienza infatti insegna che non ci sono regole, ma criteri sì. Si sa, ad esempio, che i più aggressivi sono gli autobus, e fra questi, i bus urbani privati, senza biglietto, che non hanno nulla da perdere. Li vedi da lontano ammaccati, strombazzanti, scrostati, fumanti, con finestrini rotti e pezzi mancanti, ruggenti; incutono terrore, ma non sono veloci, c'è qualche possibilità di mettersi in salvo. I tricicli a motore, piccoli e tozzi, s'infilano ovunque come scarafaggi, quasi ruotano su se stessi, sono imprevedibili; ma se li urti il danno è limitato. Le moto vanno più sui marciapiedi che sulle strade, più contro mano che nella direzione ordinaria. Le auto private, pretenziose e luccicanti, strombazzano molto, orgogliose, ma spesso esitano: un micro-graffio e il cuore del proprietario sanguina. I riksciò sono i più fantasiosi, partono, fermano, si urtano, s'incoraggiano, ingombrano. Per fortuna, a colpo d'occhio vedi se sono stracarichi o no, e sai che sono lenti.

Meglio: erano lenti.

Torno a Dhaka dopo un mese, mi metto al volante, parto guardingo e... zac, un riksciò mi sfreccia davanti come un razzo: allucinazione? No, poco dopo un altro sorpassa deciso scampanellando... al terzo, m'accorgo che il rikscioala non pedala. In tutto uguali agli altri, si stanno diffondendo in città riksciò con aggiunta di motore elettrico, fragili tricicli con le prestazioni di una moto. Bisogna rieducare l'occhio, vincendo il pregiudizio: riksciò sì, ma lento proprio no!

 


Califfo virtuoso

Dopo avere accuratamente spiegato che il sindaco di Khulna, Talukder Abdul Khaleque, sentite varie lamentele a proposito del figlio maggiore, lo ha punito, riducendo così considerabilmente la corruzione e la criminalità nella città, un'insegnante ha posto ai suoi alunni la seguente domanda di esame: "Quali altre virtù, proprie del Califfo Omar, occorrono a Talukder Abdul Khaleque per diventare un sindaco ideale?".

Pochi giorni dopo si sono svolte le elezioni. Il sindaco uscente, Talukder Abdul Khaleque, cui manca poco per essere virtuoso come il Califfo Omar, non è stato rieletto.

  


Corteggiati

La cocente e inattesa sconfitta subita dall'Awami League ha varie cause. Probabilmente la corruzione e l'arroganza del partito, ubriacato dalla brillante vittoria ottenuta 5 anni fa, sono le cause principali. Si aggiunga la rabbia di vedere che la sezione giovanile del partito ha spadroneggiato violentemente dal giorno della vittoria fino ad oggi, senza che nessuno tentasse seriamente di frenarli. Da ultima, s'è aggiunta l'astuta propaganda del movimento Hefajat-islam (Difendiamo l'Islam) che ha capillarmente diffuso l'idea che l'Awami League è un covo di atei e nemici dell'islam. Come difendersi? Di eliminare la corruzione manco si parla: altrimenti siamo al potere per che cosa? Rinunciare all'arroganza e cercare qualche compromesso politico è impensabile, sarebbe un segno di debolezza. Mettere le briglie al movimento giovanile? Impresa disperata a questo punto, e a pochi mesi dalle elezioni. Non resta che corteggiare l'islam, e fare a gara con il BNP per dimostrare che anche l'Awami League, partito che era laico, è in realtà devotissimo, religiosissimo, tutto casa e moschea, pronto a finanziare, proteggere, incrementare tutto ciò che porta l'etichetta di islamico.

  


p. Franco Cagnasso

97

Dinajpur,  25 maggio 2013

 

Libri

Finalmente è arrivato, l'ho preso in mano e ho sentito il buon profumo di libro appena stampato! Pubblicato mesi fa, il mio libretto mi ha raggiunto solo ora, dopo aver attraversato mari e monti.

Vi risparmio gli elogi dell'Autore, che vi è noto in tutto il suo valore. La copertina - l'ho già scritto - mi piace molto. Formato piccolo, titolo generico e scialbo, perfino fuorviante, perché i contenuti sfuggono a una classificazione: sono, per dirla in sintesi, un minestrone. Il New York Times e Il Quotidiano del Popolo di Pechino non lo hanno recensito. In compenso il prezzo, visto dal Bangladesh, fa paura: 14 euro (no, non per 10 copie, per una sola!).

Lo lasciamo invecchiare sugli scaffali, o andrete in libreria a comprarlo? È il primo libro per cui mi pagheranno i diritti d'autore, sogno di comprarmi una Ferrari... Se non lo trovate, minacciate il libraio; se vi dicono che è esaurito, non credeteci. Se lo fosse davvero, aspettate perché sto trattando per pubblicare una traduzione in ugaritico. O, in alternativa, in bergamasco.

E se poi non trovate neppure le traduzioni, allora consideratevi fortunati: lasciate perdere il mio e comprate il libro appena pubblicato di Fabrizio Calegari. Anche p. Fabrizio è missionario in Bangladesh, di lui come autore posso fare senza scrupoli un sincero elogio: scrive cose belle, scrive bene, è capace pure di commuovervi. E costa solo 10 euro!

 

Franco Cagnasso, Il Vangelo del Dialogo, EDB, Bologna, 2013, € 14

Fabrizio Calegari, Il Cuore Altrove, PIMedit, Milano, 2013, € 10

 


Madonna del Bosco

Il santuario della Madonna del Bosco, piccolo ma molto conosciuto e amato in Brianza, è uno dei luoghi della memoria del PIME: a poca distanza da Villa Grugana, la prima villa regalata all'Istituto quando muoveva i suoi primissimi passi. È rimasta fino ad oggi come centro di formazione e animazione, affiancata dal piccolo, incantevole cimitero che raccoglie molti missionari del PIME morti in Italia, e i nomi di tutti i nostri defunti, sepolti vicino o lontano.

Alla Madonna del Bosco, il 18 maggio, Regan Gomes e Simon Marandi hanno pronunciato la "Promessa iniziale" che conferma il loro cammino per diventare missionari del PIME. Sono del Bangladesh, bengalese il primo, santal il secondo. Con loro studiano teologia a Monza altri due di questa nostra terra: Dominic Haska, pure lui santal e già in seconda teologia, e Ripon Mondol, bengalese, che inizia i corsi teologici a settembre.

 


Direzione

Il 20 maggio scorso a Roma, l'Assemblea del PIME ha eletto la direzione generale, responsabile dell'Istituto per i prossimi sei anni. Nuova di zecca, giovane: tutti entrati nell'Istituto mentre io ero nella direzione a Roma, loro predecessore...

Il capo è P. Ferruccio Brambillasca, di Agrate Brianza, figlio, nella vocazione missionaria, del suo concittadino Beato Clemente Vismara. Di lui ricordo una bella tesi di laurea discussa a Napoli, sulla Croce nella cultura orientale. Ha lavorato come formatore in Italia (Caserta) e in India (Pune) e poi come missionario in Giappone. Il suo vice è P. Davide Sciocco, missionario in Guinea Bissau, ex direttore del Centro Missionario PIME di Milano, fondatore della radio cattolica della Guinea, pluripremiata.

Poi... P. Amal Gabriel Costa, il primo bengalese entrato nel PIME, nel 1996! Missionario in Costa d'Avorio, rettore del nostro seminario teologico a Monza fino all'anno scorso, ora avrà lo sguardo rivolto a tutto l'Istituto. Con Fratel Marco Monti ci spostiamo in Thailandia, dove ha lavorato per molti anni specialmente fra giovani portatori di handicap. Infine, torniamo in Bangladesh: P. Paolo Ballan detto "l'assessore" per aver ricoperto questa carica al suo paese, nel Varesotto, prima di entrare nel PIME. È stato "rapito" dal Bangladesh, dove lavorava dal 2004. Siamo contenti, ma siamo nei guai: come sostituirlo nel suo compito di parroco a Dhaka e formatore dei giovani in ricerca vocazionale?

 


Non tutti

"Il Rana Plaza ospitava 6 fabbriche tessili tra il 3° e l'8° piano, e più di 3mila persone, ammassate a produrre come topi in trappola nelle fabbriche tipo del 21° secolo, dove i lavoratori tessili si sfiniscono in turni produttivi massacranti per rispondere alle richieste del mercato internazionale: bassissimi costi, just-in-time, flessibilità totale in barba alle regole e alle convenzioni internazionali (...) Lavoratori, ridotti a merce da scambiare al miglior prezzo. 38 dollari al mese, per recarsi in fabbriche malsane e insicure, lavorare 12 ore al giorno e rinunciare a priori a qualunque sogno di emancipazione e futuro...".

Fra le tantissime possibili, questa è la citazione di un articolo che - dopo la tragedia del palazzo crollato a Savar - descrive la situazione dei lavoratori in Bangladesh. In termini generali è vera, purtroppo.

Ma dire che non tutto è così, oltre ad essere giusto, può incoraggiare a capire che cambiare è possibile, e perciò diventa ancora più doveroso.

Fra le ditte che operavano agli ultimi piani del palazzo crollato c'era anche la Phantom, di cui scrive Fratel Massimo Cattaneo, direttore della Novara Technical School del PIME:

La scuola tecnica che dirigo è in stretta collaborazione con la ditta Phantom, che ci ha concretamente aiutato nell'avviare un training per operatrici di macchina da cucire nella nostra sede di Dinajpur. Ci sono state donate tutte le macchine da cucire e l'attrezzatura relativa; dal 2008 Phantom paga lo stipendio dei tecnici che insegnano nel nostro centro educativo e regala tutto il materiale necessario allo svolgimento delle lezioni pratiche. I corsi hanno una durata media di otto mesi e le ragazze vi partecipano al prezzo simbolico di due euro al mese.

Alle ragazze che completano il corso è sempre offerta la possibilità di un impiego alla Phantom o in altre ditte nel settore abbigliamento.

Un buon numero era tuttora impiegato in Phantom, in quanto l'ambiente e le condizioni di lavoro erano decisamente migliori rispetto allo standard locale.

Più volte sono stato in visita alla ditta e sono sempre restato soddisfatto nel constatare che il responsabile, sig. Aminul, aveva attenzioni che andavano ben oltre il semplice interesse economico ed imprenditoriale. L'ambiente spazioso, ben arieggiato e ben illuminato, rendeva le condizioni di lavoro assolutamente confortevoli.

La ditta per molti anni ha lavorato con l'estero e si era adeguata agli standard internazionali anche sulle norme di sicurezza: attrezzatura antincendio, vie di fuga ampie, sempre libere e con segnaletica fosforescente, periodiche simulazioni di evacuazione in caso di emergenza, uno spazioso ambulatorio con attrezzatura di pronto intervento e personale sanitario sempre presente.

Più volte il personale dirigente di Phantom ci ha raccomandato di accogliere nei nostri corsi solo ragazze di età superiore ai 18 anni, altrimenti non avrebbero potuto offrire loro un impiego lavorativo in ditta, pur avendo completato il training.

Ho avuto il piacere di essere ospite del Sig. Aminul anche al di fuori dell'ambiente lavorativo e vi posso assicurare che è una persona squisita, un imprenditore che ha capito l'importanza ti mantenere le condizioni di lavoro al miglior livello possibile, non solo per il bene stesso della ditta, ma soprattutto come dovere morale nei confronti dei dipendenti, secondo gli insegnamenti dalla religione islamica.

Purtroppo non era un tecnico edile e si è fidato di chi gli garantiva l'assenza di pericolo quello stesso giorno del crollo."

Fratel Massimo commenta:

"Il grande colpevole di gran parte dei mali di questo Paese è la corruzione che permette tutto l'illecito che si può immaginare, basta avere i soldi per coprirlo. E così è stato possibile costruire un palazzo di 9 piani su fondamenta previste per soli 5, senza che nessuno controllo fosse eseguito."

 


Cuore

Abbiamo vissuto giorni tristi in Bangladesh, fra terribili violenze politiche, ondate di fondamentalismo, crollo del palazzo a Savar, presso Dhaka. I morti del Rana Plaza sono stati oltre 1120, più ancora i giovani rimasti feriti e mutilati, cui in alcuni casi è stato tagliato un arto senza anestesia, per estrarli dalle macerie in cui erano bloccati. Ne conoscevamo pesonalmente alcuni.

Un'amica mi ha scritto da Roma: "Vengo lì spesso con il cuore". Grazie!


Lichi

Si costruiscono una capannuccia sopraelevata, tipo tendina da campo, quanto basta per starci in due a dormire e fare da "campo base" nel boschetto dei "lichi". Piazzano sugli alberi più alti una fioca lampadina (la luce non piace ai pipistrelli) e sugli altri strani marchingegni di lamiera, legno e altro materiale rigido collegati con corde alla capannuccia. Passano la notte a tirare queste corde, urlare, battere le mani per cacciare i volatili divoratori del piccolo frutto che - dopo il mango - è il più amato dai bengalesi. Di giorno ciondolano, dormicchiano, cucinano, guardano quelli che hanno il compito di controllare lo stato di maturazione dei "qatal" (frutto del pane) battendo leggermente un lungo bastone sul grosso frutto e ascoltando il rumore che fa. Durata di questi due preziosi incarichi: oltre un mese, fra aprile e maggio.

 


Falsi

Da quando guida il camioncino, Massimo sa che lungo le strade fuori città, ad ogni bazar bisogna fare i conti con non meglio identificati "comitati", che per lasciarti passare chiedono soldi, e in città la polizia spesso e volentieri ferma per controlli. Ma lui ha le carte in regola... Lo fermano ad un posto di blocco a Dhaka, porge i documenti, l'ufficiale si allontana scrutandoli attentamente, i curiosi attendono. Dopo un bel momento, l'ufficiale torna con l'aria accigliata. "Sembrano in regola, ma queste carte sono false, tutte false" "Come sarebbe a dire? Li ho fatto i documenti io personalmente, ho aspettato un sacco di tempo. Come fa a dire che sono falsi?" "Guardi, le faccio vedere..." Mentre l'ufficiale s'avvia verso un collega a poca distanza, uno dei curiosi sussurra all'orecchio di Massimo che lo segue: "Quanto t'ha chiesto? Ducento o quattrocento?" - Arrivati, l'ufficiale mostra un altro plico: "Venga. Vede questi documenti? Carta giallastra, macchie, inchiostro scolorito quasi illeggibile, tipico di una stampante stravecchia. Questo è senza dubbio autentico. Ma il suo? Carta pulita, nuova, stampa nitida, nessuna macchia... non può essere che falso!"

 

p. Franco Cagnasso  

96

Raishahi, 9 maggio 2013

 

Come topi

"Ci sarà?" "No, per domani sembra di no." "Magari! Però a me hanno detto... oh ciao, tu hai sentito qualcosa?" "Boh, ho sentito dire che c'è, ma non ancora confermato" "Chi lo proclama? Jamaat? BNP?" "Chi dice BNP chi dice Hefajat" "Ma no! Hefajat l'ha annunciato per dopodomani..." "Oggi dai megafoni minacciavano di brutto chi andrà in giro domattina, ma non ho capito chi lo facesse" "Allora, se pure domani c'è, siamo di nuovo a tre giorni di fila..." "No, io so che non sarà a livello nazionale, ma a Dhaka e in qualche altro distretto..."

Sono i nostri discorsi quasi ossessionanti, sempre più frequenti.

E le telefonate? Peggio!

"Dovevo andare a Mymensingh, invece sono a Dhaka, bloccato da due giorni..." "E io? Avevo il biglietto per Dinajpur, ma da oggi sono bloccato per tre giorni a Rajshahi, sciopero locale: qui il Jamaat domina".

Viaggi su un autobus. Si ferma. Confabulano, telefonano, chiamano l'ufficio centrale...poi di bocca in bocca arriva l'informazione: stiamo entrando nel distretto di Nator, se proseguiamo sono guai. Tre ore di attesa, sperando che finisca.

Come i topi, prima di uscire, mettono sospettosamente la testa fuori dalla tana, per vedere e fiutare se c'è un gatto in giro, noi cerchiamo guardinghi gli spiragli fra uno sciopero e l'altro - magari dalle 6 di sera alle 6 del mattino seguente - per passare in fretta da un posto all'altro e rintanarci di nuovo...

Vogliamo metterla allegramente? E' (quasi) come fare lo slalom speciale fra le nevi del Sestriere!

      

 

Commenti

"Gli organizzatori dello sciopero, arrabbiati perché gli operai erano andati a lavorare, sono saliti nelle fabbriche agli ultimi piani del palazzo, per costringerli ad uscire. Poiché si rifiutavano, hanno violentemente scosso i pilastri di sostegno e pure la cancellata, e tutto è crollato. Faremo un'indagine..." Così Mk Alamgir, ministro degli interni, ha spiegato perché un palazzo di 8 piani si è sbriciolato in pochi secondi a Savar 14 giorni fa. Le salme recuperate fino ad oggi sono oltre 800, centinaia i dispersi.

Ersad, ex dittatore, ex presidente della repubblica, ex carcerato per corruzione, attuale presidente del Partito del Popolo ha commentato: "Il ministro è un malato mentale".

 


Achille

Cinque volte il monte Bianco, tre volte il Rosa, una volta il Cervino; appassionato di musica classica, specie Beethoven e Wagner, e di cinema francese, organizza con gli amici un viaggio in auto da Milano a Calcutta... e là ci casca come una pera! Va a visitare l'opera di Madre Teresa, s'incontra con lei, si ferma come volontario una, due, tre volte. Poiché non riesce ad avere il visa per restare in India, aggancia il PIME come "associato" per tre anni, e dopo un corsetto di leprologia, nel 1977 arriva nel posto più vicino possibile: il Bangladesh.

Trascorre qualche anno a Rohanpur, aiutando nelle "cliniche" settimanali per gli ammalati di lebbra, rinnovando varie volte il contratto di associazione. Ha grande ammirazione e amore per il PIME, ma non entra: custodisce gelosamente fino alla fine la sua personale indipendenza.

Torna per qualche anno in Italia, dove cura fino alla morte i genitori anziani. Dopo di che, ancora Bangladesh, ma questa volta lo accoglie Valerie Taylor, una signora inglese fondatrice e direttrice, vicino a Dhaka, di un noto ospedale specializzato in recupero per traumatizzati. Anche lì, come volontario, assiste, imbocca, massaggia, accompagna i primi passi, pulisce. Valerie lo apprezza per la sua semplicità e disponibilità. Il PIME gli fa da sponda, accogliendolo nei fine settimana per riposo, dormite, cibo buono, preghiera. Quando anche Valerie gli dice che è ormai troppo faticoso per lui continuare, inizia la terza fase: residenza al PIME e tutte le mattine, pian piano, dalle suore di Madre Teresa - sempre ad imboccare, ascoltare, pulire, accarezzare. Gli piace andare in autobus, per sentirsi immerso nella vita quotidiana dei poveri. Di cinema, musica, soprattutto della montagna ha ricordi vivissimi, entusiasti, e invecchiando, parla sempre più spesso; ma nessun rimpianto, anzi! "Mi dispiace di non aver incominciato prima il mio servizio, speriamo che il Signore non sia arrabbiato con me...".

A 81 anni compiuti, anche andare dalle suore diventa gradualmente troppo faticoso e pericoloso. Con immenso rammarico, a 36 anni dal suo primo arrivo, ritorna nella sua Milano. Grazie Achille, libero cittadino del Regno di Dio!

 

Sindacati

Le fabbriche registrate sarebbero in Bangladesh 28.236, ma salgono a circa 150.000 se si calcolano quelle "informali". I lavoratori sopra i 15 anni di età sarebbero 54.100.000, di cui l'88,5% nel settore informale. 2.100.000 lavoratori, cioè il 3,88% del totale, sono iscritti a 7.106 diversi sindacati riconosciuti. Alcuni sindacalisti sostengono che nell'anno dell'indipendenza, il 1971, il 10% dei lavoratori fosse sindacalizzato, quindi la percentuale è diminuita e continua a diminuire. Invece l'Ufficio Nazionale del Lavoro sostiene che il numero degli iscritti sta lentamente salendo.

Le cause di questa scarsissima partecipazione e della polverizzazione dei sindacati? Awami League e Bangladesh National Party sono entrati sulla scena creando organizzazioni sindacali che sono in realtà ramificazioni dei loro partiti, a cui devono obbedienza e sostegno. L'ufficio Nazionale del Lavoro, cui i sindacati devono fornire le liste degli iscritti in ciascuna fabbrica, passerebbe segretamente i nomi ai datori di lavoro. Nelle zone speciali create per gli investimenti stranieri e per l'esportazione, i sindacati sono proibiti. Le divisioni ideologiche prevalgono sull'attenzione ai bisogni concreti dei lavoratori. La corruzione dilaga e molti leader sindacalisti sono in realtà capi-mafia che usano le organizzazioni per i loro vantaggi, spesso gli uni contro gli altri.

Tragedie come quelle della Tasrheen, con oltre cento operai uccisi nell'incendio, o quella di Savar, con oltre 800 operai morti nel crollo dell'edificio, provocano fiammate d'ira e vandalismi violentissimi, ma si spengono presto...

 


p. Franco Cagnasso

95

Dinajpur, 24 aprile 2013

 

Protettore o distruttore?

Nel caos che squassa il Bangladesh, sono emersi nomi completamente nuovi come il Gonojagoron Mancha, In bengalese "Piattaforma del risveglio popolare", laico, che chiede la condanna a morte dei criminali di guerra e la messa al bando dei partiti islamisti. Ma c'è anche Hefajat-Islam, in arabo "Protettore dell'Islam", ultrareligioso, che chiede la condanna a morte dei sostenitori di Gonojagoron, affiancando il partito Jamaat-Islam da anni sulla breccia, bene organizzato e radicato nella società con banche islamiche, cliniche, opere sociali, pieno di soldi e violento. Anche questo religioso, e perciò con nome arabo, ora s'affaccia sulla scena Ahle Sunnat Wal Jamaat, che si definisce non politico e che stramaledice sia Hefajat, sia Jamaat, definendoli non autenticamente islamici.. "Hefajat si proclama Protettore, ma in realtà è khyanot (distruttore) dell'Islam" ha tuonato uno dei suoi leader, Maulana Ma Matin. Anche loro minacciano sfracelli se il governo non accetta subito le loro domande perentorie, che sono 12 - mentre Hefajat ne ha 13. In parte le due liste coincidono, ma mentre sono d'accordo nel chiedere di punire i "blogger" che avrebbero insultato l'Islam, Ahle Sunnat vuole pure la punizione di Hefajat, che l'avrebbe insultato ancora di più e da molto tempo: quindi marce, occupazioni, manifestazioni e via protestando...

Secondo loro, Hefajat e Jamaat da una parte, e i famigerati blogger sarebbero due facce della stessa medaglia ateista. Altra domanda: la chiusura di un numero immenso di Quami madrasse (scuole coraniche - anche qui siamo all'arabo...) indipendenti, che sarebbero un covo di violenti.

Tutti vogliono difendere l'Islam, e perciò attaccano gli altri islamici, chiedendo al governo di prendere le loro parti.

 


Riconoscenza

"Il nostro fondatore mons. Obert era italiano, della Val d'Aosta. Dopo di lui tanti missionari del PIME ci hanno aiutato spiritualmente, economicamente; nella formazione; abbiamo lavorato insieme in mille modi. Erano tutti italiani. Italiana era pure Madre Enrichetta, che le Suore di Maria Bambina ci hanno "regalato" perché fosse per molti anni la nostra prima superiora. Tanto abbiamo ricevuto, e ora siamo contente di ricambiare un poco". Così suor Gaetanina, superiora della congregazione diocesana di Dinajpur "Shanti Rani" (Regina della Pace) commenta l'avvenimento di questi giorni: suor Shephali, suor Justina e suor Irin, accompagnate da suor Rebecca, partono per l'Italia, dove svolgeranno un servizio pastorale e di accompagnamento nella parrocchia di Valmadrera (Lecco) e specialmente in una casa di riposo. Sono molto contente, e certo è contento anche il Vescovo mons. Sebastian, da cui la congregazione giuridicamente dipende. Spera che questa esperienza di alcune di loro fuori dai confini aiuti tutte le suore ad allargare gli orizzonti, e a sentirsi al servizio della missione, dovunque.


Crollo

Oggi - 24 aprile 2013 - a Savar, trenta chilometri da Dhaka, è crollato un palazzo di otto piani. Era stato costruito sopra uno stagno frettolosamente riempito, in una zona incredibilmente affollata di palazzi, fabbriche, baracche, una vera fungaia urbana. Conteneva una banca, negozi, laboratori, specialmente di abiti. Ispezionato dopo che erano apparse crepe preoccupanti, era stato dichiarato inagibile. Questa mattina molti dipendenti sono stati obbligati ad entrarvi per lavorare. Dicono ci fossero, distribuiti sugli otto piani, oltre duemila persone. Fino a questa sera hanno recuperato in tutto 143 salme.

 

p. Franco Cagnasso

94

Dinajpur, 11 aprile 2013

 

Vaso di Pandora

Le radici sono profonde, vanno molto indietro nella storia: dalle spesso turbolente relazioni fra hindu e musulmani, penetrati secoli fa nel nord India, alla separazione amministrativa del Bengala musulmano operata dagli Inglesi all'inizio del '900; dalla partizione fra Pakistan e India nel 1947 al cruento distacco del Bangladesh dal Pakistan nel 1971 - distacco che fu accolto con immensa gioia dalla maggioranza dei bengalesi, mentre fu la bruciante delusione di chi vedeva fallire l'avvio dell'unità politica e religiosa dei musulmani in tutto il mondo, un tradimento di questo ideale, una minaccia all'Islam.

Il governo "laico e socialista" impostato con l'indipendenza del Bangladesh ebbe vita travagliata e breve. I collaborazionisti fuggiti all'estero si misero subito al lavoro per ritrovare spazio nella nuova nazione, e ottennero in poco tempo un'amnistia che intendeva pacificare gli animi. Ucciso nel 1975 Mujibur Rahman, padre della patria, negli anni convulsi che seguirono molti collaborazionisti ritornarono e il dittatore Ziaur Rahman diede loro legittimità permettendo il ripristino del partito Jamaat-Islam, la nascita di tanti partitelli islamisti, e accogliendo filoislamici nel nuovo Partito Nazionalista del Bangladesh (BNP). Seguì la dittatura di Ersad, che aprì altri spazi, nella costituzione e nella legislazione, alle richieste islamiche. Rovesciato Ersad, si alternano al potere le coalizioni del BNP e quella dell'Awami League (AL), il partito che aveva portato all'indipendenza, guidate rispettivamente da Begum Khaleda Zia e Sheik Hasina, irriducibili, mortali nemiche.

Dopo i due anni di regime semidittatoriale, che aveva posto fine ad un'interminabile periodo di scioperi e violenze alla fine del mandato della coalizione fra BNP e 18 partiti - fra cui Jamaat-islam, nel 2008 la coalizione dell'AL con 14 partiti di sinistra stravince le elezioni e conquista tre quarti dei seggi parlamentari. Seguono anni di dominio indisturbato e occupazione dilagante degli spazi politici, amministrativi, giudiziari ed economici da parte dell'AL e dei suoi alleati.

Mantenendo le promesse elettorali, la coalizione al potere avvia processi a persone accusate di crimini nella guerra del 1971; ne consegue l'incarcerazione di tutto lo stato maggiore del Jamaat-islam, e di qualche pezzo grosso del BNP. Superato lo smarrimento, il Jamaat si organizza e parte con una reazione crescente di manifestazioni, proteste, attacchi. Il governo si sente sicuro, risponde con durezza e prepara la messa al bando dei partiti islamici.

Si sente forte al punto di voler cambiare la costituzione, ed abolire il sistema del "governo istituzionale" che, a tre mesi dalla sua scadenza naturale, dovrebbe sostituire il governo in carica - quale che sia - con il compito di organizzare elezioni "free and fair" (libere e giuste). E' questo che scatena la reazione del BNP, finora defilato e perplesso rispetto alle proteste dell'alleato Jamaat, che appaiono troppo "anti-Bangladesh". Facendo leva anche sulla corruzione dilagante e sull'insopportabile arroganza dei quadri dell'AL, le due proteste si rafforzano, e si avvicinano sempre più, finché arriva il secondo verdetto nei processi per crimini di guerra. Il primo aveva condannato a morte un imputato latitante (probabilmente nascosto in Pakistan), il secondo condanna all'ergastolo un predicatore musulmano molto popolare, parte del direttivo Jamaat.

Inattesa, scoppia allora la protesta di un'altra forza finora non organizzata, formata prevalentemente da studenti e da intellettuali "secolarizzati", che chiede a gran voce la condanna a morte di tutti i criminali di guerra, la messa al bando del Jamaat e di tutte le organizzazioni che avevano collaborato con il Pakistan, il ripristino del principio di secolarità nella costituzione.

La loro protesta assomiglia a quella delle varie "primavere arabe". Non violenta, "fantasiosa" nelle sue espressioni, idealista, ma tenace: si organizza con il nome di "Gonojagoron Mancha" (lett.: palco del risveglio popolare), occupa per settimane una zona centrale della capitale, Shahabag, e acquista popolarità. Si dichiara libera da legami con i partiti, ma l'AL non vuol perdere l'insperata occasione, e cerca di approfittarne. Il governo viene loro incontro modificando una norma dei processi in corso, per permettere il ricorso legale contro la condanna all'ergastolo e aprire la strada per la condanna a morte. Dapprima silenzioso e pieno di ambiguità, il BNP compie infine la sua scelta e inizia una serie di critiche sempre più radicali al movimento, accusato di essere strumento dell'AL, di non avere una proposta politica, di non occuparsi dei bisogni della gente.

Poi, con l'accusa di essere ateo e di avere insultato l'Islam, viene pugnalato e ucciso un "blogger" che era parte del direttivo del Gonojagoron. Il Jamaat, immediatamente fa suo il discorso religioso e accusa quei giovani di essere debosciati, corrotti, atei; il BNP se ne fa eco sempre più insistente: la carta religiosa è troppo allettante per essere trascurata o lasciata in mano soltanto al Jamaat.

Inizia una campagna diffamatoria, che mette in internet vari "blog" pieni di elementi atei e antiislamici attribuiti falsamente a membri del Gonojagoron Mancha. Si diffonde la voce che il volto del criminale condannato sia apparso sulla luna piena, e si pubblicano fotografie con il suo profilo sovrapposto al satellite: un chiaro segno che Dio lo difende, e chi non s'impegna per lui andrà all'inferno.

"Islam is in danger" (l'Islam è in pericolo), questo "mantra" ha, come sempre, il potere di mobilitare le masse islamiche solitamente ai margini e silenziose, e di coinvolgere innumerevoli movimenti e associazioni islamiche di ogni genere. Viene ripetuto nelle moschee dei villaggi, nei bazar, provoca apprensione, rabbia, manifestazioni anche violente. Migliaia di persone che non sanno che cosa sia internet si scatenano contro i "blog" che avrebbero contenuti blasfemi che nessuno di loro ha mai visto. Il 3 marzo la città di Bogra, roccaforte del BNP, è squassata per tutto il giorno da una vera battaglia fra polizia e manifestanti, con numerosi morti; solo l'intervento dell'esercito riporta la calma. Alcuni residenti mi dicono che per giorni le moschee avevano accusato il movimento giovani di diffondere l'ateismo, di diffamare il Profeta e l'islam, e la mattina del 3 era stata fatta circolare la voce che la polizia stesse demolendo una moschea della città.

A questo punto, il boomerang completa la sua corsa: ai giovani che chiedono l'impiccagione dei criminali di guerra, risponde un movimento, Hefajat-i-islam, che coalizza varie organizzazioni islamiche e chiede la loro impiccagione in quanto atei, e una legge antiblasfemia simile a quella che tanti danni sta compiendo iniquità in Pakistan.

Hefajaat-i-slam, quasi sconosciuto in precedenza, acquista forza, e organizza per il 6 aprile una marcia su Dhaka per imporre al governo tredici obiettivi, fra cui: le condanne degli atei, la legge antiblasfemia, la separazione dei sessi nella vita sociale, l'islamizzazione delle leggi che riguardano l'educazione e le donne, l'insegnamento dell'islam obbligatorio in tutte le scuole, la rimozione di ogni statua dai luoghi pubblici, il blocco delle conversioni cristiane, ecc.

Ora è il Gonojagoron a sentirsi accerchiato, e a risvegliare l'attenzione di organizzazioni e gruppi vari, culturali, politici e sociali, per i diritti civili e per la difesa dell'identità bengalese. Per il 6 aprile proclamano insieme uno sciopero generale di 24 ore, inteso a impedire la marcia su Dhaka.

La primo ministro Hasina fa arrestare alcuni blogger per ingraziarsi Hefajat e scongiurare la marcia, ma è un cedimento inutile, la marcia si fa, ha successo, e si svolge in modo relativamente pacifico. Il giorno successivo, domenica, le centinaia di migliaia di partecipanti se ne tornano a casa, ma lunedì già si torna al blocco, con uno sciopero proclamato da Hefajat contro gli ostruzionismi del governo. Martedì e mercoledì 36 ore di sciopero del BNP per far cadere il governo, giovedì sciopero proclamato dal Jamaat.

Dal 31 gennaio al 10 aprile sono stati proclamati 18 giorni di sciopero generale nazionale, e numerosi altri locali; il BNP ha promesso un aprile "pieno di cicloni"...

Sostanzialmente, questi scioperi significano blocco totale del traffico. Gruppi di sostenitori pattugliano le città, fermano, spesso assaltano e incendiano veicoli che non obbediscono al blocco. E' dell'altro ieri la morte di un camionista che aveva osato partire da Bogra la mattina presto, per consegnare merce al porto di Chittagong. Da inizio anno i morti sono circa 200, i feriti innumerevoli, centinaia i mezzi di trasporto e i negozi bruciati, vari treni fatti deragliare. I sostenitori dell'AL a loro volta pattugliano le strade e si scontrano con i sostenitori degli scioperi, o fiancheggiano la polizia, spesso con armi da fuoco oltre che con i soliti bastoni, machete, accette. I sostenitori del Jamat sono organizzati come guerriglieri, assaltano all'improvviso piccoli gruppi di poliziotti pestando e uccidendo, tagliano i tendini delle gambe e delle braccia agli avversari. Per creare paura, prima di ogni sciopero si mettono all'opera incendiando autobus a scopo dimostrativo.

Dopo i primi assalti a vari villaggi hindu, dati alle fiamme per vendetta perché alcuni testimoni d'accusa nei processi sono hindu, gli attacchi si sono fatti sporadici ma continui: ogni giorno si legge di templi profanati. Pure le altre minoranze hanno paura, anche se finora non ci sono stati attacchi a buddisti, cristiani, aborigeni.

Siamo al "tutti contro tutti", imprenditori e commercianti implorano di non distruggere completamente l'economia del paese, ma le poche voci che invocano il dialogo restano inascoltate. Khaleda Zia insiste che il governo sta compiendo un "genocidio" (sic), che se necessario interverrà l'esercito, che il BNP appoggia qualunque protesta pur di far cadere il governo, e se ci saranno altri morti, si tratterà di un sacrificio necessario.

Hasina fa scelte che appaiono incerte e contraddittorie, alternando proclami di fermezza a cedimenti che sconcertano i suoi sostenitori.

Il larghissimo favore popolare con cui era andata al potere appare eroso da corruzioni, scandali, inefficienza; le innumerevoli madrasse (scuole coraniche) sorte ovunque nel Paese in questi ultimi vent'anni, finanziate da paesi islamici fondamentalisti, hanno lavorato nel silenzio, influenzando una gran massa di giovani che conoscono solo l'islam radicale imparato nelle madrasse.

 


Poesia

"Per andare in missione - diceva spesso p. Luigi Pinos - bisogna avere molta fede; ma bisogna avere anche un pizzico di poesia per restarci". Nell'ultima Assemblea del PIME in Bangladesh, ce lo siamo ricordato a vicenda.

  

 

P. Carlo

Era il periodo caldo della contestazione ecclesiale, anni '70. In uno dei suoi scritti su Binimoe, bollettino del PIME in Bangladesh, scrisse: "E' vero che Gesù ha detto di amare i propri nemici, ma non ha mai detto di odiare i propri amici...".

La battuta m'è rimasta impressa, rivelatrice dello stile di P. Carlo Calanchi, missionario milanese che il 12 marzo scorso ci ha lasciati dopo 56 anni di missione, di cui gli ultimi 37 vissuti fra seminario minore, Casa Madre e Noviziato delle Suore locali di Shanti Rani, Episcopio. Avrebbe compiuto 85 anni nel prossimo giugno, se ne è andato con grande serenità e consapevolezza, benedicendo e pregando.

Era l'uomo della fedeltà e della costanza tenace nel suo lavoro, nella comunicazione con "parenti, amici e benefattori", nella preghiera. Dopo un primo periodo di vita in varie missioni, soprattutto fra i Santal, fu coinvolto nella ricerca di rinnovamento postconciliare dell'Istituto e della Chiesa, aiutando la preparazione del nostro "Capitolo di aggiornamento", e partecipandovi nel 1971. I cambiamenti in corso lo facevano riflettere, a volte lo attiravano, ma non ne ha sposato la causa, perché temeva le "mode" o la superficialità. Riproponeva insistentemente la tradizione, non come opposta alla novità, ma cercando in essa gli elementi validi, che devono rimanere e nutrire il cammino spirituale.

Proprio per rinnovare, p. Carlo, ha "inventato" e diffuso in Bangladesh la pratica dei "Servizi della Parola" per i villaggi dove non si può celebrare regolarmente la Messa. Preparava pazientemente tutti i commenti dei vangeli domenicali e i testi relativi in lingua santal, che diffondeva fra i catechisti in copie moltiplicate con un ciclostile ad alcool; ha introdotto al santal diversi gruppi di missionari, ha preparato o tradotto tantissimi sussidi di catechesi, spiritualità, preghiera.

Amava moltissimo il PIME, e lo dimostrava anche con gli articoli che scriveva, che lo hanno fatto conoscere nelle altre circoscrizioni d'Istituto. Leggeva dalla prima all'ultima riga tutte le nostre pubblicazioni, quasi sempre in cappella, come una lettura spirituale che lo appassionava e lo spingeva a intervenire per incoraggiare il bene e per analizzare in modo critico ciò che lo preoccupava. Scrisse perciò sul celibato e la castità, ricordando i principi semplici e chiari che aveva lui stesso praticato trovandoli utili o necessari; sulla meditazione, sulla devozione ai santi, la confessione, i metodi missionari, l'amore al Papa e alla Chiesa - anche con i suoi difetti...

Era arguto, a volte pungente e ironico. Perciò alcuni che non lo conoscevano si fecero di lui l'immagine di un uomo saccente, aggressivo - ma era proprio il contrario: mite, quasi timido, sempre in ricerca!

Ha trascorso migliaia di ore a confessare o aspettare i penitenti, più ancora nella direzione spirituale. Ci ha lasciato un baule intero di lettere ricevute e scritte, testimonianza della sua tenacia anche nel ministero della corrispondenza.


p. Franco Cagnasso

93

Dinajpur, 1 marzo 2013 

 

Fratel Kevin

Si chiacchiera, andando verso Singra per celebrare la Messa con la gente del villaggio, a tre mesi dalla scomparsa di p. Enzo Corba. P. Quirico, lungo la strada, indica alcune casette seminascoste dagli alberi: "E' un villaggio che si sta preparando, fra non molto parecchie famiglie verranno battezzate. Da anni le segue molto bene una catechista santal, fedele tutte le domeniche nel visitarli, insegnare, dirigere la preghiera. Li ha proprio presi a cuore. Ma il primo contatto, come per tanti altri villaggi, avvenne grazie a Fratel Kevin Hasda, un santal, che era proprio un francescano DOC...". E mi racconta la sua storia.

Di famiglia non cristiana, studia in classe ottava (terza media) e risiede all'ostello della missione, quando gli capita tra le mani un libro su s. Francesco d'Assisi che lo affascina. Legge, rilegge, e decide: voglio essere come lui. Ne parla con P. Cavagna, che gli dice di prenderla con calma: vada avanti fino alla classe decima, poi si vedrà. Ma Kevin non vuol perdere tempo. Non ci sono i Francescani in Bangladesh? Vado a cercarli in India. Tanto fa e tanto dice, che p. Cavagna gli dà una lettera di presentazione, unica sua ricchezza quando, solo soletto, passa il confine... Ce la fa. Trova un convento del TOR (Terz'ordine Regolare di S. Francesco), si fa accettare. Come Francesco, non vuole diventare prete, ma religioso che si dedica a predicare Gesù in mezzo alla gente, senza pulpiti, augurando pace. Lo farà fedelmente per anni e anni, prima in India e poi, quando la Congregazione lo manda, in Bangladesh. Cammina, cammina, fa amicizie, segnala al Padre chi è interessato ad avvicinarsi alla Chiesa, scova i villaggi più remoti e isolati.

"E' morto pochi anni fa, era della stessa pasta di lei" conclude p. Quirico, e fa cenno a suor Luigina Ekka, orao, che sta sonnecchiando sul sedile posteriore. Anziana, con tanti dolori, ma anche lei per anni e fino ad ora instancabile viandante del vangelo fra gli aborigeni del Bangladesh...

  


Alfabeti

Pare che, finalmente, il governo organizzerà nelle elementari corsi in lingua santal, per i bambini di quel gruppo etnico. Ovviamente ci vogliono i libri e, sorpresa, arriva notizia che gli esperti del governo hanno deciso che il santal va scritto con caratteri bengalesi. Sarebbe una buona soluzione, se non ci fosse un particolare di una certa importanza: da oltre 150 anni i santal scrivono la loro lingua, usando un alfabeto loro, che ha preso come base quello latino e lo ha rielaborato con segni vari per adattarlo ai suoni della loro lingua. Un lavoro fatto in gran parte da missionari. La faccenda è vista da moltissimi santal come un'intrusione, un tentativo di separarli dai santal dell'India - che usano lo stesso alfabeto - e controllarli meglio. I nazionalisti li rimproverano di voler usare un alfabeto "inglese", oppure "cristiano", anziché quello nazionale. Il ministro della cultura, interpellato, ha detto che intende ascoltare il parere del popolo, per cui è in atto un grande lavoro di informazione, sensibilizzazione e raccolta firme per far prevalere - insieme al buon senso di non dover re-inventare quello che già esiste - il parere degli interessati su quello di qualche politico a corto di idee.

 


Tempo

Quando non c'era il ponte sul Jamuna (Brahmaputra) si usava il traghetto, che allungava terribilmente i tempi per andare da Dhaka a Dinajpur e in tutto il nord: 10, 12 ore e anche oltre. Poi costruirono il lunghissimo ponte, una meraviglia tecnica e architettonica, e migliorarono le strade; i tempi si ridussero al punto che gli aerei locali non ressero la concorrenza: si abolirono tutti i voli per il nord-est. E' quasi leggendario un viaggio di p. Beretta, 5 ore nette da Dinajpur a Dhaka! Ma il traffico aumenta, e le strade rimangono quello che sono. Dai e dai, i tempi hanno ricominciato ad allungarsi, e ora siamo ritornati al livello di prima, quando il ponte era ancora nei sogni: 10 ore e anche di più. Sono ripresi anche i voli aerei: 4 per settimana, sempre pieni.

   

 

Unghie

C'è allegria e un gran passaparola fra molte donne musulmane osservanti! Infatti, prima delle cinque preghiere quotidiane è obbligatorio fare accurate e complete abluzioni purificatrici delle mani e braccia fino al gomito, ma la lacca impermeabile non permette all'acqua di raggiungere le unghie. Per questo le donne si astenevano, con rammarico, dal dipingere le unghie. Recentemente però è stata inventata e sperimentata con successo una lacca porosa, e uno scienziato americano musulmano ha dichiarato che a suo parere chi ne fa uso non rende invalide le abluzioni, perché comunque l'acqua non viene completamente trattenuta. Buoni affari anche in Bangladesh per la ditta produttrice.

 

p. Franco Cagnasso

92

Dinajpur,  20 febbraio 2013 

 

Il bimbo e la farfalla

Inattesa, m'è arrivata l'altro giorno per e-mail la fotografia della copertina, e mi ha sorpreso. Perché quella foto, che subito mi piace? Un bimbo, un po' sfocato, osserva una farfalla posata sul suo dito...

Mi piacerebbe che fosse vero quello che intuisco, per questo scrivo all'amico Sergio, sperando di avere conferma. Sergio si dà da fare e mi procura la spiegazione, direttamente da chi ha curato la copertina.

Mara Scarpa scrive: "La foto l'abbiamo scelta io e Giorgia, ci sembrava potesse comunicare efficacemente il tema e lo spirito del volume. Il bimbo, visibilmente non italiano, mostra immediatamente il carattere missionario del testo: non stiamo parlando di dialogo in generale, ma di dialogo fra diversi mondi, culture, religioni. La farfalla in mano, in primo piano, mostra qualcosa che si porge, che si offre: il dialogo nasce dalla fiducia e, in fondo, è proprio un dono che facciamo all'altro. Ed è pure fragile e meraviglioso, come una farfalla. Si offre delicatamente, magari anche con le dita sporche, ma con il sorriso. Si offre, spesso, perché si riceve gratuitamente: nella "relazione di aiuto" come può essere la missione, spesso siamo noi i primi destinatari di un amore grande.

Il fatto poi che a porgerla sia un bimbo accentua lo spirito di semplicità e figliolanza: i bimbi sono un esempio di passione e di capacità di stupore, a cui si invita nel testo.

Ma soprattutto l'abbiamo scelta perché ci piaceva e la sentivamo in sintonia con il testo. E'alla parte inconscia del nostri lettori che noi parliamo attraverso le immagini"

Questa invece è la storia della foto, raccontata da Simona, che l'aveva scattata, e ha curato la grafica: "Il bimbo avrà avuto 6 anni (nel 2008) e mi ha fatto da guida in un'escursione sopra ad una collina rocciosa, nel nord del Laos. Arrancavo in un bagno di sudore, lui invece era fresco come una rosellina e camminava scalzo. Non c'era nessuna parola con cui potessimo comunicare ma ci siamo capiti lo stesso. Un bambino davvero in gamba."

 

Un bimbo scalzo, una farfalla. Così hanno interpretato il libro che dovrebbe comparire nelle librerie in questi giorni - e ne sono felice

Franco Cagnasso, Il Vangelo del Dialogo, EDB, Bologna, 2013

      


Morte

L' Awami League, andata al potere con maggioranza assoluta quasi 5 anni fa, l'aveva promesso: processeremo i criminali della guerra che ha portato all'indipendenza del Bangladesh, nel 1971. Dopo una partenza incerta, i tribunali appositamente istituiti hanno iniziato a lavorare, e quasi tutti i dirigenti del partito islamico Jamaat-Islam sono finiti in carcere con accuse di stragi, torture, stupri, vandalismi in collaborazione con le truppe pakistane. Un poker d'assi per l' Awami League! Superato lo shock iniziale, i militanti del Jamaat hanno iniziato proteste e scioperi che ultimamente si sono fatti sempre più duri, per chiedere la liberazione dei loro capi e lo scioglimento dei tribunali. Allo scarso numero rimediano l'abbondanza di soldi e l'ottima organizzazione con tattiche da guerriglia urbana. Poi è arrivata la prima sentenza: condanna a morte di un criminale che però si trova all'estero - forse in Pakistan - e quindi la scamperà. La seconda, il 5 febbraio, ha condannato all'ergastolo Abdul Kader Mollah.

Ed è scoppiata la reazione - del tutto imprevista. Nel giro di poche ore migliaia di persone sono scese in piazza per protestare, al grido di "Fasci ciai": vogliamo l'impiccagione. Da allora, il quartiere di Shahbagh a Dhaka è perennemente occupato da giovani, di tutti i ceti e i partiti, da ex partigiani, intellettuali, gente del mondo dello spettacolo, professori, politici che pretendono la pena di morte per tutti i criminali.

Il 17 febbraio il Parlamento ha accolto le loro richieste e ha emendato una legge così da permettere il ricorso contro la sentenza che condanna Kader Mollah all'ergastolo, poi ha approvato una legge che permette di accusare e processare non solo gli individui, ma anche le organizzazioni (quindi, ovviamente, anche il Jamaat-Islam). Quando la protesta sembrava incominciasse a perdere forza, e i leaders avevano già annunciato che avrebbero ridotto a 7 ore al giorno l'occupazione del quartiere, un "blogger" noto per il suo impegno contro i criminali è stato pugnalato a morte, e il fuoco è divampato più violento.

Il BNP, partito nazionalista alleato del Jamaat, aveva blandamente appoggiato gli scioperi, ma i suoi giovani si sono uniti alla protesta, cui il partito ha dovuto dichiarare il suo appoggio. Il Jamaat, a sua volta, s'incattivisce di giorno in giorno, isolato e senza sbocchi politici, minacciando una guerra civile che da parte sua ha già iniziato.

La protesta ha spiazzato tutti, come una delle tante "primavere arabe" del Medio Oriente, e finora è pacifica. Non chiede di rovesciare un regime dittatoriale, come in Libia o in Egitto, ma di chiudere una partita apertasi 42 anni fa. Siamo alla resa dei conti di una contraddittoria vicenda che ha visto i collaborazionisti fuggire dopo l'indipendenza, per rientrare e salire fino ai posti più alti della politica dopo l'uccisione, nel 1975, del Padre della patria Mujibur Rahman e di altri leaders dell'indipendenza; e ha trasformato gradualmente una costituzione secolare e socialista in una costituzione filo-islamica, con una politica che spesso ha blandito il fondamentalismo. Resa dei conti dunque anche fra secolarismo e fondamentalismo - per quanto si riesce a capire; ma non si sa bene chi vi pesca dentro e che cosa sta bollendo.

L'invocazione di morte che da Shahbagh si riverbera in migliaia di piazze, scuole, istituzioni di tutto il Paese e anche fra i bengalesi all'estero, non trova oppositori: l'avversario va annientato. Nessuno sembra dubitare dell'istituzione in sé della pena di morte.

 

p. Franco Cagnasso

91

Dinajpur, 19 gennaio 2013

 

Fasi

Un editoriale del quotidiano “New Age” (17.1.13) riassume le fasi di lotta dello squadrismo dell’ala giovanile del partito al potere Awami League. La prima era evidente: vinte le elezioni, i bravi studenti universitari (molti ultraquarantenni) si sono armati di bastoni, coltelli, accette, spranghe, biglie di ferro, pistole e altri giocattoli e hanno creato terrore puro, sistematicamente buttando fuori i colleghi dell’ala giovanile del partito BNP, sconfitto, da ostelli universitari, mense, dormitori, campi da gioco, concorsi, ammissioni e via dicendo. Eliminati i nemici, le armi si sono rivelate utili per eliminare gli amici: lotte feroci fra gruppi e circoli della stessa Awami League, con feriti, tendini tagliati, incendi, morti. Spartitisi il potere, i giovanotti rischiavano la disoccupazione, e allora si sono dedicati con zelo a rapimenti, estorsioni, violenze sessuali e qualche sporadico assassinio. L’avvicinarsi delle elezioni li ha distolti poi da questi impegni, e ora fanno i picchiatori e le squadracce a favore dei loro colleghi adulti: assalti a sedi di partiti avversari, interruzione violenta di comizi, sparizioni di nemici politici, pestaggi alla grande.Praticamente tutto impunito.

 


Tania

E’ arrivata ultima di un bel gruppetto di fratelli e sorelle. In gravidanza, la mamma cade malamente e i dottori sentenziano: “Tutte e due no, forse una delle due si salva, ma difficile dire quale...” La mamma tira dritto e sono vive entrambe. Tania Pasqualina, come l’hanno battezzata appena venuta al mondo, era settimina, gracile e spesso in pericolo. La mamma l’ha messa davanti alla statua della Madonna e le ha detto: “Me l’hai data e ora la lasci andare? Te la offro, ma falla stare bene...”“Te la offro”. Tania, una ragazza piena di vita, carina, solare, sente la sua storia e queste parole della mamma come un piccolo miracolo dell’amore e un privilegio: essere viva per donarsi a Dio. Ha pronunciato i primi voti il 4 gennaio scorso, e sogna di annunciare il vangelo nei villaggi con le suore Santi Rani.

 


Pneumatici

L’intensa campagna in corso di scioperi generali, proteste e manifestazioni, ha fatto lievitare i prezzi dei pneumatici usati. I rivenditori sono soddisfatti, e dichiarano di venderne in numero molto maggiore e a prezzi più alti, perché pare siano il combustibile ideale per questo genere di attività.

 


Scioroniche

Fra l’altro, m’è pure capitato questo nella vita, di essere per qualche mese sotto-aiutante aggiunto della Nunziatura di Dhaka. Il servizio mi ha permesso di penetrare nei meandri più oscuri e segreti degli intrighi vaticani e di scoprire che il Nunzio in Bangladesh deve scrivere decine di “Messaggi” ogni anno, uno per ogni “Scioronica” (si pronuncia come si scrive, perché l’ho scritto come si pronuncia...), cioè i numeri unici che nessuno manca di stampare in occasione di ordinazioni, giubilei, inaugurazioni, commemorazioni, decennali. Avevo poca simpatia per queste carte patinate piene di complimenti, di pubblicità augurali, foto in posa,  espressioni di gioia infinita, ed errori di stampa. Il dover aiutare il povero Nunzio a inventare un’idea nuova per il quarto religioso che festeggia i 15 anni dei suoi voti, per la terza chiesa che compie 50 anni, e per il settimo parroco che lascia dopo anni di onorato servizio, mi ha fatto guardare con occhio ancora più torvo a questi “Messaggi” beneauguranti e felicitanti.

Ma alcune ricerche scolastiche (tesine) di studenti di teologia che avevano scelto temi di teologia, o sociologia, o storia locali mi hanno fatto cambizare idea (parzialmente...). Questi numeri unici commemorativi saranno pure pomposi e pizzosi, ma sono la quasi unica fonte di memorie (scioronica vuol dire qualcosa come commemorazione) in questa chiesa giovane e piccola che non ha un’editoria storica, e nemmeno pubblicazioni regolari, per fare memoria di come vive e cresce la chiesa nel nostro angolo di mondo.

 

 

3

In gennaio ha fatto davvero freddo, e a Dinajpur – dicono – siamo scesi al livello minimo di 3 gradi centigradi. Come tutti sanno, un inverno così freddo non si aveva dal 1347 dopo Cristo, e solo nel 2088 avanti Cristo si erano toccati i 2,5 gradi centigradi di minima. Dove andremo a finire? Se il mondo continua a surriscaldarsi, presto vedremo la neve anche in Bangladesh.

 


Piedi

Un po’ d’acqua raccolta che scola in un lucido piatto di bronzo, sapone, risciacquo, poche gocce di olio, ancora acqua e poi l’asciugamano. Due donne accolgono l’ospite così, lavando e ungendo i piedi con calma e abilità, mentre tutti s’affollano, guardano con attenzione, sorridono, spesso cantano. Poi offrono una collana di fiori.

M’imbarazzava terribilmente arrivare nei villaggi aborigeni e dovermi sedere davanti a tutti per sottopormi a questa cerimonia. Come per tante altre cose, il disagio a lasciarmi lavare i piedi nasceva dalla mancanza di sintonia con quello che stava accadendo. Pian piano ho capito, o meglio percepito. Lavare i piedi non è certo più servile o umiliante che preparare un caffè per un amico che viene a trovarmi. E’ un affettuoso gesto di accoglienza che aiuta proprio là dove hai più bisogno: i piedi impolverati, accaldati, a volte doloranti. Non potrei far da solo? Certo, anche il caffè potrei prepararmelo da solo, o berlo al bar prima di salire dall’amico... ma se me lo offre lui è un’altra cosa!

Ora gusto fino in fondo questo gesto così concreto, umano, saggio, e mi commuovo per la gioia affettuosa con cui mi aiutano a sentirmi a casa, a rialzarmi con un meraviglioso senso di ristoro.

 


Insonnia

Occhi chiusi, o spalancati sulla fioca luce che entra dalle due finestre, fianco sinistro, destro, supino... il turbinio che ho nella testa e nel cuore non mi lascia dormire. Questa sera ho parlato con p. Gian Paolo di un’opportunità che si sta profilando: borse di studio piuttosto corpose per studenti di università o corsi di specializzazione. S’accalcano in mente volti e situazioni di tanti ragazzi e ragazze che lottano contro la povertà per studiare, magari non solo loro, anche fratelli, sorelle, amici... La lista si allunga, cerco di memorizzarla, immagino la loro gioia, li vedo già arrivati alla meta, felici, con un buon lavoro e una buona famiglia, aperti agli altri... Poi tutto mi si blocca in testa: ma che cosa sogno? Basta che studino per essere uomini e donne in gamba, sereni, capaci di bene? Non rischio di creare degli egoisti, o carrieristi? Saranno gli arroganti gestori del potere intellettuale? Più che ingegneri, piloti, medici, li vorrei forti nella gioia di sentirsi amati e di amare, innamorati dell’immenso mistero di Dio, appassionati di Cristo. Allora la vita affascina, tanto un ingegnere quanto un contadino. Mi è mai capitato di non riuscire a dormire per questo? Sì, forse, quando mi chiedo come avvicinare chi si è allontanato o spaventato o offeso, quando cerco la strada per innamorarli al dono di sé, quando vorrei far loro sentire che anche nella loro angoscia il Crocifisso non li tradisce... Ci saranno borse di studio per arrivare a incontrare l’Amore?

 

p. Franco Cagnasso