Lettere agli amici 1986 - 2000

p. Adolfo L'Imperio


Lettere agli amici 1986 - 2000



1986

1986

5 febbraio

Dinajpur

Amici sempre cari,

questa volta è Don Stefano che mi fa premura di scrivere questa lettera. Cosa volete, quando si diventa "anziani" i giovani sono quelli che spingono. D'altra parte, se non ci fossero gli "anziani"…… Forse è l'occasione di parlarvi dei "vecchi" o anziani come me.

Il primo è Don Giuseppe. Nel 1933 arrivò in Bengala, timido e malaticcio, tanto che i superiori non prevedevano molti anni di lavoro in missione. E poi con un difetto di vista che lo aveva fatto dispensare anche dalla recita del breviario. Ma lui, da buon bergamasco, ha tenuto duro ed ora, alla tenera età di 79 anni non riesce a sentirsi in pensione e continua a fare il cappellano dell'ospedale e il confessore di noi pivelli e delle varie comunità che sono intorno. Se vuoi sfogarti puoi andare da lui, perché ti ascolta e poi ti racconta, ed è bello ascoltarlo.

Il secondo è Don Antonio, un veneto di Treviso, paziente, diplomatico, musicista etc. Arrivò in Bengala quando io avevo quattro anni, cioè cinquantadue anni fa, e questo mi fa sentire giovane. Non l'ho visto mai perdere la pazienza e cerca sempre di trovare un lato di "salvezza" per tutti, anche per i più incalliti. Don Antonio ha 75 anni e non può resistere in posti dove mancano i "bagai". Ha avuto sempre cura degli orfani e, quando recentemente è stato in Italia per curarsi, ha commentato che c'è di tutto meno che le persone con cui dividere la vita. Per questo in camera sua c'è sempre qualcuno ed alcuni si incontrano nella sua stanza che, pur essendo umida d'estate e fredda d'inverno, è sempre piena di tanta umanità.

Poi c'è la coppia Francis-Boniface. Il Francis è un fratello francescano "Santal" che da cinque anni soffre per l'arteriosclerosi ed è cieco ad un occhio. Avrà i suoi 75 anni (qui non ho dati precisi) ed è noto all'Ospedale per le sue lunghe preghiere, i suoi lunghi discorsi ed i consigli che da a tutti. Fratel Francis ha bisogno di continua assistenza, giorno e notte, per il suo stato mentale e fisico. E allora il Boniface, un laico che ha la sua stessa età ed ha lavorato in Missione con lui, lo assiste notte e giorno. Io la chiamo la più bella coppia del mondo. Sempre con il rosario in mano ed armati di tanta pazienza per sopportarsi e servirsi a vicenda.

Questi sono i parafulmini della nostra diocesi. Noi Padri giovani o "maturi" e "matusa" ci diamo da fare, corriamo, ci sbracciamo, facciamo le ore piccole, corriamo a destra ed a manca pensando di fare cose di questo e dell'altro mondo, e trovi sempre uno degli "anziani" che ti accoglie con un sorriso e, con la corona del rosario in mano, prega per te.

Quando Giuseppe e Maria portarono Gesù al tempio di Gerusalemme per fare l'offerta al Signore trovarono due anziani che aspettavano l'evento "salvezza": Simeone ed Anna.

Tra tanti che aspettavano, sono questi due, ormai messi da parte, che accolgono colui che sarà la Luce che illumina le Genti, colui che svelerà i pensieri nascosti, colui che proclamerà a tutte le Genti che il Signore rinnova, fa nuove tutte le cose in particolare il cuore dell'uomo.

Vi saluto un poco in fretta ed auguro a me ed a voi di poter dire al momento opportuno della vita " Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, luce per illuminare le Genti", come disse Simeone.

Padre Adolfo.

1986

19 marzo

Dhaka

Amici cari,

questa volta l'ho fatta grossa! Quando riceverete questa mia io sarò già rientrato a Gaeta, o meglio in Italia, richiamato per un servizio dai miei Superiori.

Vi dirò che la cosa era in pentola da un pò di tempo, ma ho cercato e sperato di poter evitare sperando che qualche altro si prestasse al posto mio (che egoista!) o i "capi" ci ripensassero. Per cui ho dovuto accettare e venire in esilio.

In questi giorni scorsi ho dovuto accettare quello che la gente, con cui ho lavorato, mi ha voluto dire prima della mia partenza. Ho fatto la faccia dura e sono riuscito a superare i momenti di commozione ributtando le lacrime indietro. Ho promesso loro che tornerò. L'ho detto anche al Vescovo. Per questo vi chiedo di aiutarmi a tornare, non per soddisfare una mia idea peregrina, ma per essere aderente alla linea ed alla chiamata che Lui fa in determinati momenti della nostra vita. Per cui diciamo " Faccio il mio servizio e ritorno."

Dopo l'esperienza dell'esilio il popolo ebreo nella Bibbia fa l'esperienza della sua "ricostruzione" che è più opera di Dio che dell'uomo. Sono i giorni della Quaresima e fra giorni saremo tra quelli che con gioia diranno a tutti " è risorto" per proclamare che crediamo ed operiamo per un mondo migliore, una umanità nuova.

Mi ritornano in mente le parole di Paolo VI, nella "Populorum Progressio" che vi diedi come riflessione il giorno della mia ordinazione sacerdotale.

" Lo sviluppo integrale dell'uomo non può attuarsi senza lo sviluppo solidale dell'umanità. L'uomo deve incontrare l'uomo, le nazioni devono incontrarsi come fratelli e sorelle, come figli di Dio. In questa comprensione ed amicizia vicendevoli, in questa comunione sacra, noi dobbiamo parimenti cominciare a lavorare insieme per edificare l'avvenire comune dell'umanità".

Questi anni di vita in Bangladesh mi hanno confermato che questo è possibile.

Anche qui Paul, Philip, Clement, Thomas, Giovanna, Paola, Enrrica, Benedetto, Santus, Salvatore, Hamaed Alì, Carlus e tanti altri sono convinti che, lavorando insieme per costruire un'amicizia al di sopra degli interessi e dell'egoismo, si costruisce il futuro della umanità .!

Chiediamo al Risorto di non restare con il naso per aria ad aspettare miracoli ma ad accettare la responsabilità che Cristo ci chiede ogni giorno alla luce della sua Vita.

Qui Don Stefano continuerà ad essere il punto di riferimento perché la nostra missionarietà non sia un fatto di parole ma un fatto di vita.

Grazie a don Stefano e grazie a tutti voi.

Buona Pasqua di Resurrezione

Padre Adolfo

Nota di don Stefano Castaldi in calce alla lettera

Si, Adolfo, questa volta l'hai fatta grossa! Permettimi di aggiungere qualche rigo alla tua lettera per dirti "grazie" e per esprimere una certezza. Grazie per quello che hai dato al Bangladesh : tutto te stesso, ogni giorno. Ti ho conosciuto come uomo di azione e di contemplazione, di preghiera. Azione e contemplazione hanno formato in te una miscela esplosiva di fantasia e di amore. Sei stato fantastico, Adolfo. Ora ti attendiamo per il secondo round in Bangladesh, dopo che avrai assolto il non facile incarico di Economo Generale del PIME, a cui ti ha chiamato la Direzione Generale.

La Diocesi di Gaeta ti avrà più vicino: sarai una ricchezza per la Diocesi. Sono certo che un giorno vi sarà qualche altra persona che, dopo averti sentito parlare, farà una scelta di donazione e di servizio in terra di missione. Magari in Bangladesh . Così è successo a me, e anche per questo: grazie Adolfo

Tuo don Stefano Castaldi

1986

16 luglio

Roma

Carissimi Amici,

mi sono accorto che è difficile scrivere dall'esilio…. forse perché, come per Israele, deve essere un periodo di riflessione e rilettura del cammino svolto nell'ascolto e scoperta del discorso di Dio.

Questa mia è originata dal fatto che P. Franco Cagnasso, che è stato in Bangladesh per sette anni ed ora è a Roma Vicario Generale del PIME, ha scritto un articolo sul Bangladesh per la rivista GENTES.

Ho pensato farvi cosa gradita inviarvi allegata la rivista perché P. Franco con stile semplice e chiaro ha saputo fare una fotografia del paese e della sua realtà che condivido pienamente. Spero che in questo periodo di vacanze al mare o ai monti o a....casa possiate dare un poco del vostro tempo a questa realtà del mondo che i giornali e la televisione ignorano o se ne ricordano solo in momenti di disastro o sofferenza.

Il secondo motivo è che il Santo Padre visiterà, anche se per un solo giorno il Bangladesh il 19 Novembre di questo anno. Sarà certamente un momento importante per quella Chiesa, ma anche per la Chiesa Universale, per ripensare al cammino e all'incontro che l'Umanità Povera e la Chiesa fanno mossi dallo Spirito.

Giorni fa ho ricevuto una lettera dal Bangladesh. Paolo Tigga, laureato in sociologia, che per vocazione lavora tra i più bisognosi, scrive "Non ha ancora piovuto e la vita è dura, e diventa impossibile per chi lavora alla giornata. Ma chi ci fa caso ? La gente sopravvive e spero che possa avere in futuro giorni migliori. Ma quando? Chi lo sa!".

Vivendo a Roma ed in Italia, dove anche ci sono fatti di povertà, trovo sempre più difficile pensare ad una realtà di sopravvivenza ed è anche difficile spiegarla. C'è una differenza quantitativa e qualitativa tra povertà e miseria, tra vivere di stenti e sopravvivere, specie quando è una realtà che interessa milioni di persone.

"Vi do un comandamento nuovo: amatevi gli uni gli altri come Io ho amato voi." Il problema sta nello scoprire la "novità". Prego perché questa Umanità Povera aiuti la Chiesa e noi a scoprire la novità della proposta di Cristo.

Penso che la lettera di don Stefano, che spero allegare, ci aiuti in questo senso.

Sono dell'idea, sempre se volete, di continuare questo scambio con voi e sono lieto di farlo aiutato dal Centro Diocesano Missionario di Gaeta, perché penso che la nostra esperienza di vita, la mia, quella don Stefano, don Mario, Padre Luigi, Sra Filomena, Sr. Fausta come anche l'amicizia sorta tra i gruppi di giovani e P. Achille, P. Vito, P. Raffaele ed altri sono espressioni della dimensione missionaria della nostra Diocesi fatta di "vita" che ci aiuta a vivere la nostra realtà in una dimensione nuova : la dimensione Universale voluta dal Padre in Cristo.

La Prof.ssa Bronco Maria, che ha avuto in questi giorni la Mamma chiamata al cielo, continua a coordinare questo scambio e desidero, prima di chiudere, ringraziare Lei e quanti tra voi che in questo primo periodo di esilio mi hanno aiutato, seguito ed accolto, con tanta generosità.

Vi terrò informati di quello che mi capiterà.

Vi abbraccio tutti ricordandovi nell'Eucarestia.

P. Adolfo

1987

1987

28 febbraio

Roma

Amici carissimi,

il tempo corre e si avvicina il termine del primo mio anno di "esilio" in Italia. Da dicembre ho iniziato in modo pieno la mia nuova responsabilità di servizio all'interno del PIME.

È da diversi giorni che penso di scrivervi questa lettera ed ora che sono davanti al foglio. non so da dove iniziare ed ho anche la paura di non sapere cosa dirvi.

Inizio dal "futuro". È quasi certo che per Pasqua un gruppo di quattro amici Bengalesi verrà in Italia. Ve li voglio presentare:

- Paul Charwra Tigga, dirige il Centro di Formazione di operatori sociali della Caritas del Bangladesh;

- Philiph Biswas, è il responsabile del convitto dei giovani che studiano alla Scuola Tecnica "Novara" di Dinajpur;

- Abraham Aind, è il Vice preside della stessa scuola;

- Benedict Hasdak, è il segretario della YMCA di Dinajpur, un organismo che lavora nel campo dei giovani.

Cosa vengono a fare? Nel programma di formazione alla "mondialità" l'incontro con laici e cattolici impegnati nell'aiuto e nelle responsabilità delle frange povere della società è sempre una cosa da ricercare ed attuare. Per questo ogni anno alcuni che in Bangladesh operano per lo sviluppo di situazioni povere, ricevono la possibilità di incontrarsi con persone che in altre nazioni operano ugualmente alla luce del Vangelo.

Loro hanno in programma di incontrarsi con gruppi parrocchiali od organizzazioni che in Italia operano in tal senso.

Sono certo che anche questo sarà un incontro di arricchimento, come è stato un grande incontro quello che Giovanni Paolo II ha avuto il 19 novembre con il popolo del Bangladesh. Questo gruppo trascorrerà la Pasqua tra Roma e Varallo e poi si porterà nella diocesi di Gaeta, sempre per avere possibilità di confronto. Tutti e quattro parlano la lingua inglese. Spero che qualche giovane italiano potrà darmi una mano, e fare un poco di pratica di inglese. Paolo VI scriveva nella "Evangelli Nunzianti"; “I laici, che la loro vocazione specifica pone in mezzo al mondo e alla guida dei più svariati compiti temporali, devono esercitare con ciò lo stesso una forma singolare di evangelizzazione e forme evangeliche nascoste, ma già presenti e operanti nella realtà del mondo.”

Spero che questo incontro tra persone di cultura tanto diverse, aiuti a crescere nella dimensione di evangelizzatori di realtà così diverse come lo sono l'Italia ed il Bangladesh.

Pochi giorni fa Don Silvio Aiello ci ha lasciati per tornare al Padre. Tra noi uomini resta un vuoto per la disponibilità che lui aveva nell'aiutare persone e situazioni, ma c'è anche la speranza che questa Chiesa Gaetana continui a "germinare" persone come Don Silvio.

Suor Filomena è tornata dal Bangladesh in Italia per qualche mese di riposo e Don Stefano spera di poter fare una scappatina di due mesi, però non sa quando.

Padre Mario Valente ha trascorso un periodo di riposo in Italia ed alcuni giorni fa è ripartito per la sua Missione in Africa.

Ringrazio sin da ora quanti vorranno aiutarmi e chiedo a tutti un ricordo al Signore che vuole che "tutti gli uomini siano salvi e giungano alla conoscenza della Verità".

Viviamo questa Quaresima perché la Verità sia, ciò che ricerchiamo con l'operare della nostra vita ed in questo cammino, a volte doloroso, ci aiuti Colui che ha detto di essere la Verità.

P. Adolfo

1987

30 maggio

Roma

Carissimi Amici,

credo opportuno disturbarvi con questa mia in quanto, con la partenza dei quattro amici Bengalesi, non vorrei far scappare l'occasione per comunicarvi alcune riflessioni ed esperienze dei 15 giorni trascorsi con loro in Italia. Come vi dissi nella mia precedente, Paolo, Filippo, Abramo e Benedetto, quattro laici cattolici operanti in Bangladesh con responsabilità diverse, venivano in Italia per un incontro e scoperta di una realtà e cultura diversa dalla loro. Quindi il nostro itinerario è stato il seguente:

Arrivati a Fiumicino il 10 di Aprile, venerdì, siamo stati ospitati presso la casa del PIME a Roma. Il giorno seguente abbiamo avuto un incontro di preghiera e di discussione con alcuni sacerdoti bengalesi che sono a Roma a studiare. Il pomeriggio abbiamo visitato l'Ospedale S. Pietro dei Fatebenefratelli sulla Cassia, dove lavora il Dr. Fabio Liguori ed opera Fr. Giuseppe Magliozzi.

La domenica delle Palme abbiamo partecipato alla liturgia in S. Pietro, visitato la Basilica e la serata trascorsa ancora con i sacerdoti bengalesi a Roma. Il lunedì, dopo la celebrazione in bengalese nella cripta di S. Pietro, siamo andati al "Centro Accoglienza" della Caritas per gli immigrati a Roma (circa 100 mila di 100 paesi diversi) ed abbiamo mangiato alla Mensa della Caritas dove ogni giorno vengono serviti circa 1000 pasti agli immigrati nel bisogno.

Il martedì Sr. Serena delle Suore Guanelliane ci ha mostrato e spiegato il lavoro per gli handicappati svolto alla casa di Via della Nocetta. Poi abbiamo incontrato Sr. Filomena e la comunità delle Missionarie dell'Immacolata e la sera siamo stati al Centro stranieri in Via degli Astalli dove si ritrovano giovani Africani che sono a Roma.

Mercoledì abbiamo raggiunto in treno Varallo Sesia dove siamo stati accolti da Don Ercole Scolari ed introdotti alla comunità parrocchiale. Don Ercole è stato l'iniziatore della Scuola Tecnica NOVARA a Dinajpur, Bangladesh, dove operano Filippo e Abramo. I giorni della settimana Santa li abbiamo vissuti con la comunità di Varallo ed il Sig. Longoni ha dato una giornata per far visitare Busto e Meda incontrando persone che hanno operato o visitato il Bangladesh.

Domenica di Pasqua, durante la Messa, la gente di Varallo ha voluto esprimere la sua solidarietà offrendo, per le opere di Dinajpur, un segno del loro sacrificio nelle mani di questi amici. A conclusione la serata ha visto uno scambio di idee con il gruppo dei giovani impegnati in Parrocchia ed il dono di ricordi, oltre che saluti.

Lunedì di Pasqua ci ha visti in viaggio da Varallo a Roma e la mattina di martedì, molto presto in viaggio da Roma a Gaeta. Quel giorno siamo stati ospiti della Casa dell'Annunciazione di Castellonorato e la sera abbiamo incontrato al Carmine il gruppo di animatori della Caritas della Diocesi di Gaeta. Al termine abbiamo raggiunto la Montagna Spaccata per un meritato riposo.

Mercoledì mattina l'Arcivescovo Mons. Farano ci ha dato mezz'ora del suo prezioso tempo. Poi siamo andati a vedere la Scuola Elementare delle Suore della Misericordia (o meglio incontrare suor Giulia), ed a mezzogiorno siamo stati con Sr. Filomena e la sua famiglia. Il pomeriggio ci siamo incontrati con le Catechiste ed i giovani della Parrocchia di Gianola e poi abbiamo partecipato in sordina ad un incontro di dirigenti dell'Azione Cattolica in Seminario. Poiché nel gruppo c'era Benedetto, giovedì ci siamo recati a Montecassino e visitato l’abbazia. La sera siamo stati ospiti della Comunità della Parrocchia di S. Paolo di Gaeta con un incontro e scambio di idee seguito dall'Eucaristia e da un momento di fraternità come conclusione. Voglio ringraziare di tutto cuore, anche a nome degli amici bengalesi, quanti hanno dedicato del tempo a stare ed a parlare con noi: la Comunità di Varallo, i Padri del PIME e le famiglie che ci hanno ospitato, e coloro che hanno voluto contribuire in qualche modo alle spese di questa visita. Il costo totale del viaggio, compreso i biglietti aerei, è stato di Lire 4.745.000 ed i contributi ricevuti sono stati di Lire 2.430.000. Chiedo scusa per quelli che sono stati esclusi per mancanza di tempo e non per cattiva volontà. Cercherò di rimediare con il prossimo gruppo.

Alla fine delle giornate gli amici Bengalesi riflettevano sulle realtà viste e sono emersi i seguenti punti:

Solo persone che credono e che vivono determinati valori possono realizzare lo sviluppo dell'umanità, nel piccolo e nel grande. I soldi e le tecniche sono subordinate alle persone.

L'egoismo e l'efficientismo dividono gli uomini tra loro.

La collaborazione alla pari tra popoli, le culture ed il rispetto reciproco sono alla base per costruire una umanità nuova.

La fede in Cristo ci dona la tensione per inventare e realizzare in modo sempre nuovo il servizio ai fratelli nel bisogno.

Filippo, salutando un gruppo, ha detto: " Vi ringraziamo perché ci avete fatto sentire a casa nostra." Non è stato un complimento, ma una constatazione. Incontrandosi come persone nel rispetto delle differenze si evita l'isolamento e l'emarginazione.

Chiudo questa lettera proponendovi le parole di S. Pietro :

"In verità, io riconosco che Dio non ha preferenza di persona, ma gli è accetto colui che teme ed osserva la giustizia, di qualunque nazione egli sia." ; e quelle di S. Paolo "Noi dobbiamo ringraziare continuamente Iddio per voi, o fratelli, com'è giusto perché la vostra fede va progredendo e abbonda la carità di ciascuno di voi tutti verso gli altri."

Con questo vi saluto caramente chiedendovi una preghiera per il Bangladesh.

P. Adolfo

1987

10 settembre

Roma

Carissimi Amici,

questa volta più che una lettera vi faccio un "collage", mettendo insieme brani di lettere ricevute per dirvi cose che mi stanno a cuore.

La prima notizia è che a Roma da un mese ci sono tre Sacerdoti della Diocesi di Dinajpur del Bangladesh a studiare. Sono P. Patrick, P. Gervase e P. Marcellus. Ne avranno per qualche anno per cui avrò modo di parlare di loro e farveli conoscere. In questi giorni sono impegnati seriamente a studiare l'italiano.

Le altre due notizie che vi voglio dare sono una bella ed una triste. Inizio dalla seconda.

Scrive P. Calanchi da Dinajpur :

" Siamo stati coinvolti in una tragedia di dimensioni colossali quale non si era vista a memoria d'uomo. È un'esperienza che non auguro a nessuno: vedere l'acqua che cresce e viene impetuosamente dalla parte del fiume, ti circonda da tutte le parti, sentire il tonfo delle case di fango che cadono nei vortici; assistere al frenetico scappare della gente, portandosi dietro quel poco che possono salvare (ci sono più di trecento persone della parrocchia sistemate in qualche modo nei locali interni della missione), trovando rifugio in qualche modo nelle scuole o edifici pubblici, sequestrati dal governo.

La nostra Scuola ha più di un migliaio di questi profughi nelle sue aule (16 in tutto): più le bestie di tutti i tipi, ed i cortili trasformati in cloache. . . ., e non sai se l'acqua risparmierà la tua casa di mattoni, o se entrerà prepotentemente ai piani inferiori come senti che è avvenuto altrove, in tanti luoghi. E la pioggia che cade ferocemente, violentemente, incessante per due o tre giorni, si ferma, ti inganna con una giornata di sole e poi riprende per altri tre o quattro giorni, e così da tre settimane.

La rabbia è quella di sapere che, per centinaia di migliaia di persone, questo significa fame e miseria per mesi infiniti, anche dopo che le acque si saranno ritirate, e che di questo nessuno al mondo si è preoccupato. Pochi accenni in un programma regionale della BBC, e poi nemmeno il minimo accenno. Le centinaia di morti, le migliaia di bestie uccise, le decine di migliaia di case distrutte non contano niente; perché questo paese non ha importanza strategica, ne economica, ne politica: cento milioni di persone senza peso, nemmeno umano... senza voce ”

Questa lettera porta la data del 19 Agosto. Ho telefonato i primi di Settembre e mi hanno detto che continua a piovere, anche se l'ondata di piena è in diminuzione.

Dinajpur, una cittadina d 120.000 abitanti ha avuto sino a 2 metri d'acqua. Il fiume che corre al lato della cittadina ha rotto l'argine quando, oltre alla pioggia che cadeva dal cielo sono state aperte le chiuse delle dighe al Nord dell'India. C'è anche il problema che il Bangladesh è una grande pianura, senza colline. Scrive P. Cescato, sempre da Dinajpur:

" Provate ad immaginare che sia tutta l'Italia Settentrionale da Torino a Venezia, da Trento a Bologna, ad essere sommersa dall'acqua, senza più segno di fiumi o canali, con strade e ferrovie interrotte, e 22 MILIONI di persone che devono abbandonare le loro case e cercare rifugio sui pochi terreni elevati di qualche metro, sui terrapieni delle strade, sulle massicciate delle ferrovie, cercando di salvare gli animali domestici ed un poco di oggetti di casa. I morti sono già centinaia e continuano ad aumentare ed il loro numero esatto non si saprà mai. Come quell'intera famiglia che pensava di poter passare ancora una notte nella propria casa.. ma l'acqua, salendo in fretta ha fatto crollare i grossi muri di terra e nessuno si è salvato. Quella mamma di 28 anni che su una barca cercava di portare in salvo i suoi quattro bambini....la corrente violenta la trascina nel fiume ed un vortice fa capovolgere la barca: solo il corpo di un bambino è stato ripescato."

Gli ultimi dati parlano di circa 6.000 morti , 22 milioni di persone colpite dal disastro con 600 mila case distrutte ed 800 mila danneggiate, 2/3 del paese colpito dal 'alluvione.

Vi devo dire che queste e le altre notizie che mi giungono dal Bangladesh mi hanno reso triste. Qui in Italia qualche timido accenno. Avevamo il disastro della Valtellina (37 morti e 24.000 sfollati) e poi Porto Azzurro.

Alla fine di Agosto io ero a Roccaraso a discutere su "L'Economia lega il destino dei popoli". Noi uomini abbiamo tanti mezzi ed intelligenza per regolare il corso della natura, invece troppe volte interveniamo senza saggezza (taglio indiscriminato di boschi alle falde dell'Himalaia) o non interveniamo per fattori politici, alla regolarizzazione dei fiumi, cosa che richiede tecnici e mezzi ingenti che paesi poveri certamente non hanno.

Vi dico che vorrei essere là a vivere l'impotenza che provano oggi tanti miei amici in Bangladesh. Il sale non si trova e costa moltissimo (due giorni di lavoro per un chilo di sale) ed anche il prezzo del riso sta andando alle stelle.

Mi consolano un poco le parole di P. Calanchi :

"Meravigliosa è stata l'efficienza dei giovanotti del Viganò (ragazzi cristiani che vivono nel convitto della Missione) che in una mattinata (il 13 Agosto), quando le acque avevano già sommerso tutto per un'altezza di un metro, avevano aiutato a smontare tutti i tetti di lamiera del villaggio a nord-ovest; poi la gente stessa aveva portato in salvo, pezzo per pezzo quello che si poteva staccare dalla casa destinata a sciogliersi in fango."

"Uno degli aspetti dell'inondazione è la "reazione" dei bambini e dei giovani. Per loro così tanta acqua dovunque è un "carnevale" fuori programma. E questo dipinge la tragicità di una punta di umorismo: bagni e gare di nuoto lungo le strade, nei cortili delle case, barche di ogni tipo (come quella fatta con le piante di banana, magnifica per l'ottimo galleggiamento), gare di pesca in ogni angolo...."

In tutto questo dramma, la diocesi di Dinajpur, 46.000 cattolici con una popolazione di 20 milioni di persone, si avvia , nel suo 60° anno di vita, a dare alla Comunità Cristiana un grande dono. A Dicembre 11 giovani diventeranno sacerdoti.

Io li ho conosciuti anni fa (1974-75) quando terminavano il ginnasio e si avviavano al Liceo. Vi dico i nomi col nome della Missione perché li possiate ricordare nelle vostre preghiere IGNATIUS COSTA, JOHN JADU RAY di Borni; MICHAEL CORRAYA e LUIS PERREIRA di Bonpara; JOSPEH MURMU di Beneedwar; HARUN HEMBRON di Rohampur; RAPHAEL MURMU di Nijpara; LAWRENCE MURMU,

ALBINUS TOPPO, KERUBIN BAKLA di Mariampur, MANUEL MARDI di Dinajpur .

Scrive P. Pino da Dinajpur .

" Sessant'anni fa c'era solo un seminarista, Santa, che era stato mandato a Bagnarole (più di 2.000 km. lontano) per gli studi di filosofia ed in Dinajpur il seminarista di St. Joseph's aveva un gruppo di aspiranti, ma non c'era una speranza fattiva che quei giovanotti avrebbero raggiunto la meta, come infatti accadde. Si era ai primi tempi dell'evangelizzazione di questi gruppi e tra i nuovi convertiti era un rischio tirare di colpo un sacerdote; però i Vescovi ed i Missionari di Dinajpur non se la sono mai data per vinta. Il seminarietto aveva sempre i suoi aspiranti e nel 1939 la diocesi aveva il suo primo prete santal, nel 1942 un prete Munda, nel 1945 il primo prete Oaron, nel 1953 due altri sacerdoti, Santal e Oraon, e poi nessun altro sino al 1970. (Munda, Santai, Oraon sono gruppi etnici diversi coesistenti nella diocesi con i Bengalesi.)

Dal 1970 in qua c'è stata una fioritura di vocazioni ed ordinazioni, che sono oggi la parte propulsiva della diocesi, sono il clero locale che forma la struttura della Chiesa locale e sono un vanto della diocesi ed un santo orgoglio dei padri del PIME che li hanno formati. Gli undici diaconi sono segno della Universalità e del pluralismo della Chiesa di Dinajpur, sono Bengalesi, Santai, Oraon, Mahali con tutte le caratteristiche delle loro etnie. Dopo Natale saranno ordinati sacerdoti e per tutto il Bangladesh Dinajpur resta un esempio unico e che le speranze del futuro si stanno avverando."

Sarà una festa marcata dalle difficoltà dovuta alla catastrofe abbattutasi sul paese. Ci sarà da fare economia anche nelle piccole cose. Questo avvenimento renderà visibile nel ministero Cristo che riconcilia ed assume tutte le amarezze e sofferenze dell'umanità e si fa cibo per dar forza e coraggio a ricominciare o continuare a vivere anche in situazioni tragiche e difficile.

Vi ringrazio di aver avuto ancora una volta la pazienza ed il tempo di leggermi. Il Signore vi benedica: Dimenticavo di dirvi che Don Stefano Castaldi è in Italia per alcuni mesi di riposo.

Padre Adolfo

1988

1988

10 aprile

Roma

Amici sempre più cari,

fu nel Giugno del 1967 che , ringraziando il Signore per il dono del Sacerdozio, vi presentavo, al posto dei confetti, l'Enciclica "POPULORUM PROGRESSIO".

Questa volta occasione di questa lettera è Paul Tigga, un caro amico bengalese. I primi di marzo , con gli auguri di Pasqua , gli ho inviato una copia dell'Enciclica di Papa Giovanni Paolo II "SOLLICITUDO REI SOCIALIS" scritta a venti anni da quella di Paolo VI.

Paul Tigga risponde "Caro P. L'Imperio, ti ringrazio della tua lettera, ma specialmente della SOLLICITUDO REI SOCIALIS che è stata per me veramente importante e preziosa. In questo momento sono pieno di documenti della Chiesa. Più li studio e più scopro il mio ruolo di membro della comunità ecclesiale.

Pensando a tanti laici che nella Chiesa sono indifferenti o non scoprono la loro responsabilità che li deriva dal Sacramento del Battesimo , sono dispiaciuto e ne soffro.

In questo campo , religiosi e laici dobbiamo meditare che portiamo la responsabilità di dare o " non dare " alla gente i tesori che la Madre Chiesa rivela costantemente"

Queste parole sono un esame di coscienza per me, anche se mi hanno dato tanta gioia nel pensare che anche in Bangladesh ci sono persone che con la vita predicano il Vangelo che è impegno per il bene di tutti adeguandosi ai tempi ed al luoghi; ed in questo la Chiesa ha la responsabilità dell'insegnamento e della testimonianza.

Nessuna meraviglia, quindi, se allegata alla mia lettera troverete una copia della Enciclica del Papa.

La invio perché noi "anziani" possiamo guardare al passato con un poco dl serenità e di gioia per le cose che siamo riuscite a cambiare.

La invio ai vostri figli, giovani di oggi e uomini del 2000, come lettera di speranza che è sempre possibile operare per una umanità nuova, e che la Novità del Messaggio Pasquale è affidato alle nostre mani perché la GIOIA dell'umanità non sia una cosa verbale o una cosa non realizzabile.

Vi chiedo scusa per il lungo silenzio. Le impressioni del viaggio di Natale in Bangladesh , la partecipazione alla ordinazione di dieci nuovi Sacerdoti la speranza scoperta nel mare di guai nei giorni trascorsi con Don Stefano e Suor Filomena, e tante altre cose le lascio ai momenti di incontro che ogni tanto potremo avere.

Mi preme dirvi, prima di lasciarvi che seguo e cerco di aiutare in Bangladesh alcune iniziative che riguardano la formazione e preparazione di giovani cristiani ad una presenza attiva nella loro società. Se interessa a qualcuno sono pronto a dare i particolari.

Vi ringrazio dell'amicizia che continua a tenerci uniti negli interessi e nelle responsabilità della vita di ogni giorno , e vi saluto caramente facendo mie le parole della liturgia che concludono anche la lettera enciclica

"O Dio, che hai dato a tutte le Genti una unica origine e vuoi riunirle in una sola famiglia, fa che gli uomini si riconoscano fratelli e promuovano nella solidarietà lo sviluppo di ogni popolo, perché si affermino i diritti di ogni persona e la comunità conosca un'era di eguaglianza e di pace."

Padre Adolfo

1989

1989

S. Pasqua

Carissimi Amici,

con gli auguri più sinceri e fraterni per una SANTA PASQUA DI RESURREZIONE unisco a queste due righe un numero della rivista Mondo e Missione.

Il motivo è semplice : parla del Bangladesh, solo che ne parla in una ottica di "Resurrezione"

Spero che le riflessioni che P. Enzo fa sulla sua esperienza di 32 anni in quella "terra dorata" accrescano la dimensione della Speranza in un mondo tante volte senza speranza.

Vi saluto proponendovi una delle preghiere della liturgia del Venerdì Santo.

Dio Onnipotente ed Eterno,

tu hai messo nel cuore degli uomini

una così profonda nostalgia di te,

che solo quando ti trovano hanno pace:

fa che, al di là di ogni ostacolo,

tutti riconoscano i segni della tua bontà e,

stimolati dalla testimonianza della nostra vita,

abbiano la gioia di creder in te,

unico vero Dio e Padre di tutti gli uomini.

AUGURI !

P. Adolfo

1991

1991

Santo Natale

Roma

Amici sempre cari,

Vi dico subito che l'intenzione di riprendere a scrivere è stata sempre presente, specie in questi ultimi mesi al rientro dalla visita in Bangladesh in agosto, ma mi è mancato il coraggio di dedicarvi del tempo rubandolo alle tante e a volte troppe cose da fare, e a volte ho anche pensato che quanto volevo scrivere non sarei riuscito ad esprimerlo.

Ed è giunto il Santo Natale di questo 1991. Come farmi perdonare? Scrivendovi questa lettera innanzitutto per chiedervi scusa.

Certo che in questi ultimi tempi abbiamo seguito avvenimenti da "mozzafiato":

- Certezze sociali che si sfaldano lasciando una scia di insicurezza e scontento;

- Unioni politiche di Stati che si sfaldano ed altre che nascono;

- Desiderio di Unione Europea e conflitti regionali che sono una vergogna per l'Europa

perché fatti con la violenza e le armi;

- Desiderio di pace e società che basa i rapporti individuali sulla prepotenza e la violenza;

- Desiderio del diritto alla vita, una vita umana decente, e leggi che sono contro la vita e

contro la famiglia.

Davanti a queste contraddizioni molte volte la speranza che è in me ha vacillato ed ho girato lo sguardo intorno per avere forza da dare alla mia speranza.

Girando lo sguardo intorno ringrazio Giovanni Paolo II per i suoi appelli, le sue parole e i gesti per i bambini del Brasile, per il conflitto in Jugoslavia, per la ricerca del dialogo perché la religione sia cammino dell'uomo verso Dio e non venga usata dagli uomini per dividerli e metterli gli uni contro gli altri allontanandoli dai fratelli e da Dio.

Ringrazio la Chiesa che nella sua dimensione di Cattolicità si pone come lievito in realtà di sofferenza come la Birmania, la Cambogia, la Cina, lo Zaire, l'Angola, il Mozambico, e tante altre realtà.

Ringrazio voi che continuate ad essermi vicino con il pensiero e con la preghiera in questo periodo di "prigionia romana", perché possa continuare ad avere e vivere la tensione del Missionario "ad gentes". Avrei dovuto parlare anche del Bangladesh, del ciclone, dell'alluvione, delle difficoltà politiche di questo "fazzoletto di terra" con tanta umanità. Lo faccio con la foto del biglietto di auguri che accompagna questa mia lettera.

La povertà di questo paese supplisce tante volte alla nostra ricchezza. Il sorriso di un bambino che ti dice grazie perché gli hai riempito il piatto di riso, o il sorriso del povero immigrato, il più delle volte clandestino, che ti si avvicina al semaforo per pulirti i vetri della macchina, sono le ricchezze dei poveri che a me danno tanta speranza.

Rassomigliano al sorriso di un Bambino che duemila anni fa scelse di nascere in una grotta "al freddo ed al gelo" perché ogni uomo che viene in questo mondo abbia la vita illuminata e vissuta nella pienezza. Ma anche le scelte di alcuni giovani che decidono di farsi le "vacanze" andando a rendersi conto delle realtà povere dell'umanità in Asia o Africa, o vivendo quelle presenti tra noi per poter operare una scelta di vita, mi danno speranza. L'impegno di amici non più giovani che vivono la professione e la politica come impegno cristiano di vita, mi danno speranza.

Allora la speranza si fa preghiera :

Vieni Signore Gesù, Vieni ad illuminare le menti, Vieni a portare la pace nei cuori, l'Amore tra noi. Buon Natale.

Padre Adolfo

1992

1992

20 giugno

Carissimi Amici,

il 29 Giugno del 1967 nella Chiesa di S. Paolo di Gaeta Mons. Gargiulo con l'imposizione delle mani, mi ordinava Presbitero della Chiesa per le Genti.

Con me venivano ordinati anche D. Enzo Cicconardi e P. Bernardino Rossi.

In quei giorni altri 13 miei compagni con cui avevo studiato in teologia, venivano ordinati nelle rispettive Diocesi ed ora sono Missionari sparsi in tanti paesi, in Asia ed in America Latina.

Si incontreranno insieme il 4 Luglio per una concelebrazione alla casa natale di Papa Giovanni XXIII a Sotto il Monte. Spero che perdoneranno la mia assenza fisica ed accettino il mio essere con loro col ricordo e la preghiera.

Ho pensato doveroso scrivervi, amici sempre cari, per ringraziare il Signore e voi per i venticinque anni trascorsi del mio Sacerdozio, ed anche per chiedervi scusa della mia assenza dall'Italia in questi giorni. Infatti, ho deciso di trascorrere questo periodo in Bangladesh, a Dhanjuri, la prima missione che mi accolse, per riflettere sul dono e sulle responsabilità e chiedere luce per i giorni futuri.

Sento il bisogno di evitare le celebrazioni di occasione cercando di capire in modo più profondo questo dono di Dio, ma questo non può esimermi dall'assicurare tutti voi che vi ricordo per il bene ed il sostegno che ho ricevuto da voi tutti in questi anni.

A questa lettera accludo, come ricordo, un cartoncino a me tanto caro. La Vergine con il Bambino, dipinto che la Soraya - pittrice Mussulmana - mi fece per il Seminario di Dinajpur quando ne ero responsabile.

La Soraya mi spiegò il suo quadro : Maria che porta la Luce nel mondo che vive nel buio, Maria che non tiene per se il frutto del suo seno ma lo cede con amore perché si possa superare il buio della vita, Maria che "vede" nella fede la vita del Figlio segnata dalla lotta per vincere il peccato di tutti gli uomini. Soraya volle tracciare sul Bimbo tra le braccia di Maria la croce, che prende il capo ed il piede di Gesù nel grembo della Madre. Segno della sofferenza che accompagna il portare la Luce dove ci sono le tenebre, la Pace dove c'è la discordia, la comunione dove c'è divisione.

Queste cose Gesù le attualizza e ce le comunica nell'Eucarestia dove, Lui presente, vive con il Suo sacrificio queste realtà, per dare a noi la capacità di concretizzarle con libere scelte responsabili e personali.

In questi anni il vivere ed approfondire l'Eucarestia è stato importante per me e lo diventa sempre di più con il trascorrere degli anni. Ne ringrazio il Signore e le comunità con cui condivido questo dono.

Nell'Eucarestia di questi giorni troverò maggiormente lo spazio di preghiera per ciascuno di voi e per quanti in questi anni mi sono stati cari e sono passati alla dimensione nuova della vita. Volti cari, vite di dedizione e di impegno nel vivere il Vangelo.

Questo elenco si aggiorna continuamente.

Desidero ricordare gli ultimi in ordine di tempo

**Don Giuseppe Di Fazio, che ci ha lasciati i primi di maggio. Lo conobbi ai campi scuola di Azione Cattolica nel 1950 a Monte S. Biagio. Lui "parlava" più con la vita che con le parole.

**P. Carzedda Salvatore, missionario del PIME, impegnato nel dialogo con i fratelli Mussulmani nelle Filippine, ed ucciso il 20 Maggio scorso. L'ho conosciuto quando studiava in liceo, giovane sempre entusiasta e sereno, doti che sapeva trasmettere con semplicità.

Sono certo che pregherete per me. Ve lo chiedo particolarmente perché la misericordia del Signore copra tanti errori e tradimenti di questi anni, e perché io possa continuare a vivere il Sacerdozio come ministero della Parola portata a tutti nel mondo, come Eucarestia vissuta nella condivisione della vita con quelli nel bisogno, come ministero di riconciliazione per quanti credono nella pace e cercano la concordia.

Vi ringrazio e vi saluto con le parole di S. Paolo

"..anche noi non cessiamo di pregare e d'implorare per voi perché siate ripieni della conoscenza della Volontà di Dio con perfetta sapienza e intelligenza spirituale, affinché possiate vivere in maniera degna del Signore con perfetta Sua compiacenza e dar frutti di ogni opera buona e crescere nella conoscenza di Dio.." (Col.1,9ss)

P. Adolfo

1992

Santo Natale

Roma

Amici sempre cari,

innanzitutto devo ringraziare i molti che mi hanno scritto rispondendo alla mia del 20 giugno scorso.

Le vostre risposte sono state il regalo più bello che ho avuto per questi 25 anni di sacerdozio. Le ho raccolte tutte in una cartella perché rileggendole ritrovi sempre un segno tangibile della bontà del Signore. Siete veramente importanti.

Il Santo Natale diventa una occasione che non si deve lasciar passare senza scriversi. Lo scrivere è sempre un momento di riflessione, di ascolto di se stessi e di attenzione agli altri.

Allego a questa lettera un cartoncino. È una foto scattata in Bangladesh da un giovane amico, Massimiliano, che ha un significato particolare per me. Eravamo in quei giorni al nord di Dinajpur. Una povera donna con il suo bambino in braccio era venuta alla Missione per avere qualcosa. Gli occhi del bimbo erano tristi e velati di lacrime ma allo stesso tempo curiosi per le persone che lo circondavano in quel momento. Il bambino non mangiava un pasto decente da tre giorni. La Mamma aveva il vestito dei poveri, ma tanta dignità nel portare il suo bimbo ed anche nel chiedere.

Per il Santo Natale non vi propongo quindi un bel bambino, bianco e paffutello, come ci viene spesso presentato. Gesù doveva rassomigliare molto di più a questo bambino bengalese quella notte in cui nacque. Piccolo, povero, piangente, ma anche curioso nel focalizzare il suo sguardo su una umanità, che veniva per redimere dal male che riempie troppo spesso gli occhi dei bimbi e degli innocenti di lacrime di dolore.

Certamente penso ai bambini della Somalia, della Jugoslavia, della Cambogia, del Bangladesh e di tanti altri paesi e prego per non urlare perché le persone autrici di tali situazioni di sofferenza abbiano a pentirsi e a cambiare. Dieci anni di aiuti anche italiani per lo sviluppo della Somalia hanno avuto come risultato la fame e la guerra "incivile" tra varie fazioni. Quaranta anni di socialismo reale non sono riusciti ad educare alla convivenza, ma hanno contribuito a generare un'altra guerra "incivile". Egualmente incivile è la incapacità politica di chi vuole continuare ad avere ragione usando la prepotenza, seminando la divisione tra persone o gruppi, ed usando le armi o la violenza come metodo per stabilire la "pace" o reclamare i propri "diritti". C'è da convertirsi, ho tanto da cambiare della mia vita

Ringrazio il S. Padre Giovanni Paolo II per i suoi tre doni di questi giorni

1. il suo discorso alla Conferenza Internazionale sulla Nutrizione promossa dalla F.A.O.

( l'avete letto?)

2. L'appuntamento che ha dato ad Assisi per l'incontro di preghiera per Cristiani,

Mussulmani ed Ortodossi il prossimo gennaio per ottenere la pace nella tormentata terra della Bosnia.

3. Il nuovo catechismo universale, strumento importante per le persone alla ricerca di un

orientamento della propria esistenza.

Rivivere il Natale di Gesù sia, per me e per voi tutti, un camminare costruendo una cultura della tolleranza, della comprensione, della giustizia per tutti. È un divenire protagonisti di cambiamenti piccoli o grandi, ma importanti se toccano il modo di comportarsi ed il modo di vivere.

Il Natale è la festa della Famiglia. Ogni nascita presuppone l'accoglienza in una famiglia. In questi anni di "esilio o carcere romano", come chiamo il mio stare qui in Italia, sono stato invitato da giovani coppie a benedire la loro unione, o a battezzare i figli nati dalla loro unione.

Li ringrazio di cuore. A loro il compito di essere Ministri del Sacramento che costruisce la Chiesa del domani, e pensando al loro ministero ripenso al mio ricordando il monito di S. Paolo e cioè che io sono stato chiamato "ad annunziare il Vangelo a tutte le Genti", perché questa "nascita" di Gesù sia Luce di vita per tutti.

Allora la mia speranza è duplice:

· che le vostre famiglie vivano questo Natale come Luce, guida della vostra "piccola

Chiesa" dove sono nate o nasceranno energie nuove per l'umanità futura;

· che io possa riavere la gioia di "annunziare" questa Luce a tanti che l'aspettano in

paesi dove non è stata ancora annunziata.

Suor Elda, in partenza per le Filippine, mi ha inviato tempo fa un cartoncino che vi propongo come riflessione da fare davanti al presepe che state preparando a casa. È una riflessione di Lambert Noben sul perché Dio è nato.

Sono nato nudo, dice Dio,

perché tu sappia spogliarti di te stesso.

Sono nato povero

perché tu possa considerarmi l'unica ricchezza.

Sono nato in una stalla

perché tu impari a santificare ogni ambiente.

Sono nato debole, dice Dio,

perché tu non abbia mai paura di me

Sono nato per amore,

perché tu non dubiti mai del mio amore.

Sono nato di notte

perché tu creda che posso illuminare ogni realtà

Sono nato persona, dice Dio,

perché tu non abbia mai a vergognarti di essere te stesso.

Sono nato uomo

perché tu possa essere "Dio".

Sono nato perseguitato

perché tu sappia accettare le difficoltà.

Sono nato nella semplicità

perché tu smetta di essere complicato.

Sono nato nella tua vita, dice Dio,

per portare tutti alla casa del Padre.

"Maria diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo". (Lc. 2,7)

Vi prometto il ricordo nella Eucarestia che celebrerà la Notte Santa.

Maria ci aiuti a ritrovare Gesù, luce e speranza della nostra vita e della vita di tutti gli uomini di buona volontà.

Padre Adolfo

1993

1993

Santo Natale

Roma

Amici cari ed importanti,

ecco di nuovo il tempo della Speranza. Segno della speranza è il ritrovarsi o fisicamente o per lettera o anche nel semplice ricordo, per affrontare con coraggio e serenità il domani che è ancora visitato da un Bimbo che parla di Pace: "il Dio tra noi".

Ho fatto trascorrere tanto tempo dalla mia ultima, anche se diverse volte ho avuto il desiderio di scrivervi per sfogarmi o per comunicarvi esperienze che aiutano a vivere in un tempo in cui il vivere è reso o lo si rende difficile. Spero di avere il vostro perdono.

In questi giorni il lavoro si moltiplica ed il tempo è limitato, vi esprimo perciò i miei auguri per il Santo Natale , rimandando il resto ad una mia prossima lettera.

Cristo viene come Speranza nel mondo ancora una volta. Approfitto delle parole di un cinese, Dr. John Wu, padre dell’ambasciatore cinese presso la Santa Sede, per esprimerli:

“Cristo è tutto in tutto.

Senza Cristo, vi è guerra persino nella pace.

Con Cristo vi è pace persino nella guerra.

Senza Cristo, la civiltà materiale è soltanto spregevole.

Con Cristo, le avversità sono benedizioni mascherate.

Senza Cristo, gli intellettuali sono stolti.

Con Cristo , i semplici sono saggi.

Senza Cristo la vita è morte

Con Cristo , la morte è vita.

Senza Cristo, quanto più si è fiduciosi, tanto più si è senza speranza.

Con Cristo, quanto più si è senza speranza, tanto più si è fiduciosi.

Cristo è l'unica speranza dell'umanità, l'unica necessità per il mondo”.

Ecco perché allora è importante annunziare il Cristo a tutti gli uomini, senza escludere nessuno: "Pace agli uomini di buona volontà", è il messaggio ai pastori nella Notte.

Per annunziare è necessario che ci siano gli annunziatori.

Per questo sono contento che le Suore della Misericordia si aprano all'India, che P. Mario Valente in Zaire continui la sua presenza in una situazione difficile, che Sr. Elda Soscia abbia avuto il coraggio di andare nelle Filippine dopo tanti anni di apostolato in Brasile, che P. Albinus Toppo sia a Roma a studiare l'Islam per poter dialogare con i Musulmani.

L'elenco rischia di farsi lungo perciò lo fermo qui. Desidero solo aggiungere la mia speranza che tra i giovani che ho incontrato in questi anni ci sia qualcuno/qualcuna che sta facendo crescere nel suo intimo la determinazione di annunziare Cristo che viene per illuminare ogni persona che viene alla vita.

Papa Giovanni Paolo Il dice nella sua enciclica "Redemptoris Missio" che la Chiesa "non può sottrarsi alla missione permanente di portare il vangelo a quanti - sono milioni e milioni di uomini e donne - ancora non conoscono Cristo, Redentore dell'Uomo".

Trascorrerò il Santo Natale in Bangladesh e vi assicuro che nell’Eucarestia di quella Notte mi sarete tutti presenti, e la preghiera della Liturgia ci farà sentire uniti.

“Signore, Dio onnipotente, che ci avvolgi della nuova luce del tuo Verbo fatto uomo, fa che risplenda nelle nostre opere il mistero della fede che rifulge nel nostro spirito."

AUGURI e santo NATALE.

P. Adolfo

1994

1994

3 aprile

Roma

Carissimi amici tutti,

Questa volta l'ho combinata più grossa del solito.

Tutto programmato, tutto preparato al massimo dei dettagli e poi cominciano a saltare i programmi non solo nei dettagli ma anche in altre cose.

Però il non presentarsi ad un appuntamento dato ad amici con tanto di manifesto è… un poco più grossa del solito. Forse dovrò chiedere il . ."visto d'ingresso" la prossima volta che mi avvicinerò a Gaeta. Voi che ne dite?

A parte gli scherzi, cause di forza maggiore non dipendenti ASSOLUTAMENTE dalla mia volontà mi tengono oggi lontano da Gaeta. Me ne dispiace veramente, specie per voi, che avete lasciato impegni o altro per venirmi a sentire, sia per Don Paolo e Don Stefano che c'è l'hanno messa tutta per "farmi la festa"! È sempre vero il detto dei nostri anziani "L'uomo propone e Dio dispone", e se Lui ha disposto così, ringraziamoLo.

Comunque dico grazie a P. Livio, Missionario anche lui in Bangladesh da pochi giorni rientrato in Italia, che ha accettato di fare l'incontro con voi, e sono certo che sarà un incontro bello.

Ma non volendo deludervi più del necessario e seguendo il consiglio di Don Cosimino di scrivere per comunicare, vi mando queste poche riflessioni sul mio partire o ripartire per il "Bengala dorato", come dice Tagore.

Qualcuno mi ha detto che dovrei spiegare perché ritorno in Bangladesh. Questo "ANDARE", e perché.

Più di uno mi ha detto : perché non resti, c'è tanto da fare anche qui da noi. Anche l'Italia è terra di missione.

Si dice anche che se Cristo venisse oggi andrebbe a parlare all'assemblea generale dell'ONU o alla NATO e forse utilizzerebbe la televisione o il telefonino cellulare, per parlare con tutti. Credo proprio di no.

Gesù ha ancora oggi un solo modo per annunziare il Vangelo.

Far "sentire" la presenza di Dio Padre, far toccare la Paternità di un Dio Buono e Misericordioso in un mondo lacerato da odio e discordia, divisioni molte volte portate usando il nome di Dio o della religione.

Guai alle persone, ai governanti ed ai politici che usano la religione per dividere od incitano alla violenza di qualsiasi genere in nome di Dio. Non ci sono guerre civili, ma solo l'inciviltà della guerra.

Alcuni tra voi della mia età ricordano la seconda guerra mondiale. La mia famiglia la visse ai venticinque ponti e sento ancora nel ricordo il rombo delle bombe che distrussero Cassino. Poi ho vissuto in Bangladesh la guerra del 1970-71 ed ho visto le conseguenze della guerra in Cambogia.

Oggi si presentano ai nostri occhi conflitti voluti o creati per potere o per interesse e che vengono spiegati come conflitti di religione. È una bestemmia.

Dio è Amore, non possiamo e non dobbiamo dimenticarlo.

L'altro punto che Gesù utilizza è la vicinanza alla persona specialmente ai piccoli e agli esclusi.

"Toccami, guardami e non aver paura. Sono un uomo come te.

Allora Evangelizzazione non è "istruire" o un "comunicare" con una bella scheda analitico-storico o scientifica che mi dica qualcosa di Dio.

Non è un mandare in Bangladesh un film su Gesù o una videocassetta sulla Chiesa di Gaeta o sulla comunità di S. Paolo per spiegare "le grandi cose che Dio ha fatto per voi".

Evangelizzare è incontro di persone, incontro di esistenze che si possono dire

"Quello che abbiamo veduto con i nostri occhi e toccato con le nostre mani, lo annunciamo anche a voi" !Giov.1.1-3

Devo la mia Fede alla Chiesa di Gaeta. Anche se il seme io l’ebbi nel battesimo che ricevetti nella Cattedrale di Zara (oggi Zadar) in Dalmazia. Posso dire che questo dono è cresciuto per la testimonianza a Gesù di Vescovi, Sacerdoti e semplici persone giovani o anziane che ho conosciuto e che mi hanno detto quello che dice Gesù è vero.

Devo dire che abbiamo vissuto un tempo particolare della Chiesa con testimoni come Pio XII, Giovanni XXIII e Paolo VI. Ma anche Raul Follerou, Dr. Candia, Gandhi, Luther King.

Voi conoscete bene i nomi di persone che hanno costruito la nostra Chiesa di Gaeta come comunità di fede. Dobbiamo portarli nel cuore e pregare per loro.

Questo dono di Dio è per tutti gli uomini, e davanti a questa sfida la Chiesa ha un solo modo per rispondere : il suo carisma missionario.

La vitalità della Chiesa è nel servizio agli altri.

Il servizio diventa "ministero" che si rende visibile tutte le volte che qualcuno dice : “Signore eccomi, si faccia di me secondo la Tua parola”.

È lo scoprire la propria "vocazione" di padre, di mamma, di figlio, figlia in seno alla famiglia, di operatore sociale attraverso il lavoro o la professione o come "consacrato" alla Comunità come Presbitero o testimone di una comunità religiosa.

La Chiesa è viva e cattolica quando riesce a concretizzare il suo essere per "tutti gli uomini" in qualcuno che lascia la sua terra per la terra di altri che aspettano.

Ritorno perché il non farlo sarebbe un tradire la Chiesa di Gaeta nel suo essere oggi missionaria. Non è un vanto, dice S. Paolo, è un dovere.

È un diritto per i milioni, o meglio i tre miliardi di persone che oggi hanno diritto ad avere la conoscenza di Cristo, perché non ci può essere Fede se non c'è conoscenza e non c'è conoscenza se non c'è un parlare di Gesù.

Sappiamo che Gesù è un modello unico e nessuno lo può ripetere qualitativamente. Ma è proposto e deve essere proposto a tutti come progetto di vita.

Di nuovo c'è il parlare intellettuale, il parlare cattedratico, e c'è il parlare con la vita che per farlo significa muoversi, mettersi vicino ad un altro di lingua, cultura diversa dalla tua, nella sua realtà di vita e poter arrivare a questa scoperta di Gesù che cambia la vita.

"Toccami, guardami e non aver paura. Sono un uomo come te".

P. Piero, dottore e missionario, mi dice che deve sempre rivedere il suo lavoro per non perdere l'attenzione "al malato", all'individuo che gli è di fronte.

Mi ricorda il mio amico Paul che "Se il Vangelo non mi dice qualcosa di nuovo ogni giorno, non mi serve". In un paese come il Bangladesh dove di persone ce ne sono tante si può avere la tentazione di voler fare tante cose e non avere il tempo necessario per ascoltare la persona. Allora bisogna saper andare, ma come Maria che "visita" ed è pronta a servire fermandosi e facendosi carico delle incombenze ordinarie di una casa dove deve nascere un bambino. Se non abbiamo la stessa attenzione e tensione perdiamo tempo. Devo dirvi che mi è capitato tra i lebbrosi, tra i piccoli dei villaggi, in scuola come durante l'alluvione o i periodi difficili di vita.

Cosa altro dirvi ?

Guardando al mondo di oggi, a questo mondo che diventa sempre più piccolo e rendendomi conto dei meccanismi antievangelici ed egoistici, penso che per voi ragazzi e giovani oggi sia più difficile accettare di giocarvi la vita, tutta la vita, mettendola nelle mani di Gesù.

Avete ragione che per un mondo migliore c'è bisogno di politici, economisti, scienziati, teologi, pastori o profeti veramente seri e generosi.

Penso che principalmente ci sia bisogno di persone innamorate, appassionati di Dio ed in Dio appassionati dell'uomo, senza mettere confini o limiti a questa passione, che deve somigliare a quella di Gesù.

"Ho dato la mia vita perché la vostra vita sia nella pienezza."

Vi assicuro che come facente funzione di vice-parroco di San Paolo ho ricevuto tanto da voi tutti nelle Domeniche in cui ho avuto la possibilità di venire. Devo ringraziare, oltre che il coro per la pazienza, i piccoli, che mi hanno aiutato a scoprire l'azione di Gesù nel loro cuore ed avere speranza per il domani. Tante ragazze e ragazzi per la serietà ed il coraggio con cui affrontano la vita ed il servizio verso i più deboli. Le Eucarestie che più ricordo sono quelle in cui abbiamo amministrato il Battesimo a bimbi che sono sempre un segno di speranza.

Mi avete convinto della necessità di ritornare in Bangladesh, dove tanti bimbi aspettano lo stesso dono per diventare speranza dell'umanità, dove ragazzi e ragazze hanno lo stesso diritto alla riconciliazione ed alla guida per realizzare il "progetto di vita di Gesù".

"Siate miei imitatori come io lo sono del Padre".

Mi accorgo di aver fallito, perché nessuno ha deciso di farsi missionario. Pazienza. Aspetterò qualche lettera che mi dia l'annunzio che qualcuno prenderà il mio posto.

Sono certo che diverse persone mi accompagneranno con la preghiera del Santo Rosario.

Maria, la cui immagine avete voluto anche nel piazzale a fianco alla Chiesa perché vi aiuti all'accoglienza e sotto il suo sguardo crescano i vostri figli, interceda perché i vostri ed i miei desideri possano concretizzarsi in un cammino ordinario di vita, testimonianza dell'amore del Padre, come lo è stato per Lei.

Domenica prossima sarò con voi per l'Eucarestia che sarà presieduta dal nostro Arcivescovo.

Di nuovo chiedo scusa e vi abbraccio caramente nel Signore.

P. Adolfo

1994

Pasqua di Risurrezione

Roma

Miei carissimi Amici,

questa lettera l'avrei dovuta scrivere in Febbraio all'inizio della Quaresima in quanto speravo di partire per il Bangladesh il 20 di marzo.

Rimandavo di giorno in giorno la stesura della lettera perché cercavo, tra i tanti avvenimenti che si susseguivano in quei giorni, qualche segno di speranza per l'umanità da comunicarvi.

Purtroppo alla tregua sofferta di Sarajevo seguiva la strage assurda di Hebron e la concordia in Somalia stenta ancora oggi a trovare uno spiraglio tra tante fazioni in lotta. All'impegno del volontariato si contrappone la crescente violenza dei gruppi estremisti in tutta Europa, alla mancanza di lavoro giovanile il crescere del lavoro nero.

Certo che in questo panorama avevo difficoltà a parlare di speranza.

Domenica 6 marzo i sei Vescovi del Bangladesh, a Roma per la visita "ad limina", celebravano il 25° di Episcopato di due di loro. Una Eucarestia semplice e raccolta con Sacerdoti e Suore del Bangladesh che sono in Italia per studio, persone che si preparano per un impegno al servizio dei poveri e sperano in un domani migliore per la loro gente.

Il mio ricovero in Ospedale al Gemelli di Roma, per un intervento non previsto e che dovevo fare prima di partire per il Bangladesh, ha rinviato lo scrivere ad un momento migliore.

Ringrazio il Signore, i medici ed il personale per quei giorni di ospedale, che sono stati anche di riflessione su tanto dolore che viene curato, alleviato o sostenuto. Si parla tanto di “mala-sanità” in Italia ed è stato bello incontrare persone che fanno della "sanità" una vocazione vissuta come servizio alla persona fatta con competenza e professionalità.

Ora sono pronto per il rientro in Bangladesh, che avverrà il 12 aprile.

Domenica sera, 10 aprile a Gaeta, Chiesa di S. Paolo, avremo un momento di preghiera come saluto, presieduto dall'Arcivescovo Mons. Vincenzo Farano.

Il cartoncino di augurio per la S. Pasqua che allego ripropone ancora una volta la "pietà" dipinta da Soraya. In S. Pietro alcuni giorni fa mi sono di nuovo soffermato dinanzi alla pietà del Michelangelo, dove è facile raccogliersi e pregare.

Maria, segno della Chiesa, ha tra le braccia il Cristo morto, segno dell'umanità sofferente. Nel mistero dell'amore di Dio la Chiesa, con Maria e come Maria, continua a sostenere l'umanità sofferente ed in questo abbraccio sorge la speranza per tutti.

Certo che l'uccisione di D. Giuseppe Diana a Casale di Principe, come l'uccisione di tanti testimoni di Cristo nel mondo conosciuti e non, le rivediamo in questo Cristo abbandonato senza vita sul grembo di Maria. Grembo che ha dato la vita e che subisce il peso della morte.

Soraya, nello spiegare il suo dipinto, mi diceva che il volto di Maria non poteva esprimere disperazione, perché la morte del Figlio era l'unico segno certo di speranza per tutti noi, e da quei due volti, sereni nel dolore, doveva sorgere luce per illuminare la vita e la sofferenza di tutti.

Guardare gli eventi dolorosi alla luce di quei volti ci aiuta a scoprire segni di speranza.

Trovo speranza nelle parole di Giovanni Paolo II per un nuovo modo di vivere il lavoro. Mediante la propria attività l'uomo forma se stesso, in quanto scopre le proprie possibilità e le mette in atto. Contemporaneamente le dona agli altri e all'intera società. Egli conferma così, mediante il lavoro, la propria umanità e diventa in un certo senso un dono per gli altri, realizzando pienamente se stesso.

La lettera del S. Padre alle famiglie, e la preghiera per l'Italia sono anche esse parole di speranza. La Sua lettera alle famiglie è un dono che dovreste farvi, se ancora non l'avete letta.

Trovo segno di speranza nelle migliaia di giovani che, in tanti modi ed in molte parti del mondo, si impegnano di persona nel lavoro e nella professione, senza aspettare soluzioni politiche, in un cammino di solidarietà e di servizio nella vita di ogni giorno.

Quali soluzioni al problema della povertà cercano di imporre alle Nazioni povere gli onnipotenti possessori del Capitale? Essi propongono come mezzo principale la distruzione del “diritto alla vita." A questo bisogna opporsi operando un cambiamento, "occorre con coraggio rivederlo e, se necessario, correggerlo ".

Segno di speranza il cambiare l'Italia e l'Europa in modo non violento ma vero perché questa "civiltà" possa essere punto di riferimento e di novità per tanti paesi e gruppi in cerca della cultura della convivenza e della condivisione.

La Chiesa, ogni comunità di Fede presente nel mondo, è il luogo privilegiato dove Gesù fa sentire e fa toccare la Paternità di Dio. La Chiesa poi è viva e cattolica quando riesce a concretizzare il suo essere per "tutti gli uomini" in qualcuno che lascia la "sua terra" per la terra di altri che aspettano sperando.

Ci ritroviamo nel camminare come i due discepoli di Emmaus, che parlano della Pasqua di Gesù e "sperano" di poter vedere e toccare, cosa che è comune, anche se in modo diverso a S. Tommaso "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi.... e non metto la mia mano nel suo fianco, non crederò”.

Cristo si affianca e cammina ascoltando chi vive nel dubbio e nella speranza, chi cerca il significato del suo essere risorto in un mondo cosi pieno di contraddizioni, violenza e non-speranza.

Gesù si fa presente in modo tangibile nell'Eucarestia "allora si aprirono i loro occhi e lo riconobbero." Ecco perché l'Eucarestia è il centro della liturgia Pasquale.

Sono certo che mi accompagnerete con il ricordo all'Eucarestia e la preghiera a Maria, Madre della Chiesa e partecipe della gioia del Figlio risorto.

Cristo è veramente risorto. Alleluia.

Con tanto affetto

P. Adolfo

1994

11 aprile

Roma

Carissimi amici,

sto per chiudere la valigia e lasciare l'Italia per il Bangladesh, e devo chiedervi il favore di rubarvi un poco del vostro prezioso tempo.

Solo tre punti:

1. Ho chiesto al direttore del "Venga il Tuo Regno", rivista del PIME, di inviare copia

della rivista che vi giunge con questa mia che vi riporterà la cronaca della giornata vissuta assieme a tanti di voi presso la Chiesa di S. Paolo a Gaeta.

2. Al termine della liturgia di ieri avevo tante cose da dire che sono rimaste nel mio

intimo e che sento però il dovere di comunicare.

Ricordate che ho proclamato il Vangelo di Giovanni, dell’apparizione di Gesù ai discepoli e della "lezione" data a Tommaso.

Ebbene, mi sono sentito tanto vicino a Tommaso in quanto ho trascorso la Pasqua con voi in Italia e ho cercato di viverla nella preghiera e con un certo impegno pastorale a Gaeta. Avevo fatto di tutto per partire in modo da celebrare la S. Pasqua in Bangladesh, ma il Signore aveva voluto diversamente. Desideravo andarmene in punta di piedi, ma non mi era stato concesso. Perché?

L'ho capito ieri sera, 10 aprile, durante e dopo la celebrazione ricordando la "Parola" proclamata, l'omelia dell'Arcivescovo, l'introduzione del delegato del PIME, la liturgia così piena di significato. Mi sono sentito tanto vicino a San Tommaso che ha dovuto mettere il dito sulle piaghe dei chiodi - quanta sofferenza presente nelle nostre realtà, quanto bisogno di misericordia e di riconciliazione, quante speranze deluse dall'egoismo di piccoli e grandi, quanti atti di eroismo sconosciuti di ragazzi e di giovani, mamme e anziani - e la mano nella piaga del Costato, da cui è nata la Chiesa. Sangue e acqua: eucaristia e battesimo. Alla fine sono riuscito a balbettare: "Signore mio, Dio mio!".

Alla celebrazione c'era P. Albinus Toppo del Bangladesh, che avevo conosciuto ragazzo nel seminario di Dinajpur ed ora è presbitero di quella chiesa, impegnato nel dialogo con i non cristiani.

La condivisione degli Atti l'hanno fatta tutte quelle mamme che hanno preparato squisite torte e dolci, che sono riuscite a far sparire le lacrime che ogni tanto si affacciavano tra un saluto e l'altro. Grazie di tutto.

Continuiamo a vivere questo essere Chiesa per poter sentire quel "Pace a voi" così bello che vuole quella risposta sempre più concreta ed aderente alla nostra vita di ogni giorno: "Signore mio, Dio mio!".

4. Un gruppo di amici coordinato dalla Sig.na Maria Bronco e p. Paolo Pivetta si è preso

l'incarico di farvi avere la mia corrispondenza futura. Se qualcuno non fosse nella lista può contattarli. Ecco i loro indirizzi:

Sig.na Maria Bronco - Via Garibaldi 21 - 04024 GAETA (Lt)

P. Paolo Pivetta - PIME - Santuario Montagna Spaccata - 04024 GAETA (Lt).

Un caro e affettuoso abbraccio a tutti. Siate lieti perché il Signore si fa presente, anche quando chiudiamo le porte del nostro cuore per paura o per mancanza di fiducia.

P. Adolfo

1994

Santo Natale

Carissimi Amici,

ci vuole proprio una faccia tosta come la mia per farmi vivo solo per le Feste. Cosa volete, da quando sono rientrato in Bangladesh il tempo si è dimezzato o le giornate si sono ridotte. Il fatto è che quando scende il crepuscolo mi rendo conto che delle tante cose da fare solo meno della metà sono completate.

Ora che il Santo Natale si avvicina il tempo corre più veloce del solito ed in un momento di riflessione mi sono detto "Se non scrivo agli amici riceverò certamente un avviso di garanzia..!!"

Sono tornato in Bangladesh pensando di potermi nascondere in un villaggio ed invece mi hanno chiesto di stare in Dhaka, la capitale, sino a dicembre. Dhaka è ora una città che con i suoi NOVE milioni di abitanti ha un aspetto diverso da quello di sette anni fa. Veramente quando arrivai nel 1969 aveva soltanto 500 mila abitanti. A parte il traffico caotico di macchine, risciò, motor-risciò, autobus a due piani ed altro, ha i suoi primi palazzi a venticinque piani con ascensori, televisione a colore ed il computer è una nuova frontiera aperta dove tanti giovani cercano di entrare. A proposito questa lettera la scrivo al computer per fare più presto e scrivere in modo leggibile.

In sette anni il paese è cambiato, in particolare da quando alcuni anni fa l'industria dei vestiti per l'estero si è sviluppata in modo non indifferente. Si dice che le ditte che operano in questo settore sono più di duecento e danno lavoro ad una mano d'opera giovane. Si calcola che le ragazze lavoratrici in queste ditte, solo a Dhaka siano quasi un milione. Questa industria, come quella delle pelli, ha una componente straniera per il capitale ed i macchinari. Ci sono anche alcuni Italiani che hanno investito qui.

L'altro aspetto è l'emigrazione di lavoro verso paesi come la Malesia, l'Indonesia, Hong Kong e la Corea, oltre che per i paesi Arabi. Sono molti i "Bangladeshi" che vanno per lavorare nell'edilizia. Anche qui si parla di centinaia di migliaia. Le loro rimesse dall'estero sono una ricchezza per il paese. Come ultima osservazione di questi primi mesi è il numero di bambini e bambine che va a scuola. Come non mai e dovunque vedi al mattino gruppi di alunni con i libri che vanno verso scuole, non importa se la scuola è di paglia e bambù o di muratura ultimo stile. Molti con zainetto e scarpe. Certo che il mondo cammina, e loro sono l'avvenire del paese.

Ultimamente ho viaggiato in macchina da Dhaka a Dinajpur due volte e più volte nella zona del Nord del paese. Dovunque gente che viaggia. Autobus pieni, treni stracarichi, risciò su tutte le strade di traffico. È un popolo che si muove, un popolo in cammino.

Mi vengono alla mente i versetti di Isaia che vengono proclamati nella liturgia del Natale

"Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse."

Si deve essere "popolo" e " in cammino". Tra di noi c'è tanto "essere soli o farsi da soli" che è un essere "non-popolo", e poi ci siamo stancati di "camminare nelle tenebre", vogliamo vedere, capire, essere autosufficienti, non aver bisogno di un Salvatore. Il camminare è anche un cambiare in continuazione prospettive e luoghi.

Preferiamo molto spesso la nostra luce alla "LUCE che illumina la vita di ogni essere che viene alla vita in questa umanità" anzi ci adoperiamo perché la vita non entri in questa umanità.

Il Natale è la festa della Famiglia. Da quando sono partito dall'Italia ho avuto la gioia di pregare per la formazione di alcune nuove famiglie, Piccola Chiesa, tra cui quelle di due miei nipoti a Gaeta.

La Chiesa anche qui in Bangladesh ha meditato, discusso, pregato sulla Famiglia come dono primario di Dio all'umanità ed alla società

La lettera del Papa alle famiglie dovrebbe essere sul comodino di tutti noi per essere approfondita ed essere guida alla vita di ogni giorno.

E poi c'è la gioia di famiglie che aspettano la nascita di una persona. Ogni nuova persona che viene alla vita va circondata da attesa, trepidazione e amore.

Di questi doni di vita ringraziamo il Signore. Certo che mi sento un poco "nonno" o "dadu", come dicono qui, quando vengono persone conosciute da ragazzi con due o tre pargoletti con occhioni belli ed scrutatori del nostro essere quasi a giudicarci nella nostra capacità di parlare e giocare con loro, dare loro parte del nostro tante volte prezioso e indaffarato tempo.

Cari genitori, intravedete allora questo essere Ministri del Sacramento che costruisce la società e la Chiesa del domani.

E pensando al vostro ministero rivedo il mio, come scrivevo nel Natale del 92, ricordando il monito di S. Paolo e cioè che io sono stato chiamato "ad annunziare il vangelo a tutte le Genti", perché questa "nascita" di Gesù sia Luce di vita per tutti, specie per coloro che sono in cammino in cerca di Luce.

- Allora la mia speranza è duplice:

· che le vostre famiglie vivano questo nuovo Natale come Luce, guida della vostra "piccola Chiesa" dove sono nate o nasceranno energie nuove per l'umanità futura;

· e che io possa continuare a gustare la gioia di "annunziare" ed essere fedele all'an-nunzio di questa Luce che tanti aspettano in paesi o luoghi dove non è stata ancora annunziata.

Affido questa lettera alla buona volontà di alcuni amici che ringrazio di cuore per questo servizio.

Dove trovarmi ? Ecco i miei indirizzi per le vostre lettere

Fr. ADOLFO L'IMPERIO - Bishop's House - P.O.Box 5 DINAJPUR 5100 oppure

PIME HOUSE - 92 Asad Avenue-Mohammadpur DHAKA 1215

Con l'augurio che "ogni uomo vedrà la salvezza di Dio" vi saluto caramente,

Padre Adolfo

1995

1995

Pasqua di Resurrezione

Carissimi Amici,

oggi è il 1° marzo, giorno delle ceneri, per noi cristiani inizio del cammino di conversione per partecipare della gioia della Pasqua di Cristo.

"Se tacendo il bene sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito a Dio" (Prima Lettera di San Pietro)

Mi è doveroso innanzitutto ringraziare quelli che mi hanno scritto. Volevo e speravo di rispondere individualmente, ma non mi è stato proprio possibile, un poco per il numero delle lettere che sono state numerose, e poi anche per il continuo viaggiare. In futuro cercherò di rimediare.

Dico “Grazie” per le Vostre lettere che mi hanno sostenuto in momenti difficili, ed anche commosso. Leggere una lettera è anche rivedere volti conosciuti ed amati.

Cos'è capitato? Dall'inizio di febbraio sono parroco a Dinajpur e mi resta anche l'incarico a Dhaka di aiutare nell'amministrazione. Per questo faccio il "pendolare" tra la capitale e la cittadina di periferia. Ho dovuto organizzare due uffici e come parroco ancora non ho ancora una stanza. Abbiate un poco di pazienza. Le mie carte, tra cui le vostre lettere, sono sparse un poco qua e là, ma non c'è pericolo che le perda. Sono preziose !!

La mia nuova comunità? Molto eterogenea. In una cittadina di circa 100 mila abitanti sono circa 120 le famiglie cristiane, con 700 persone di diversi gruppi etnici, più due convitti con un 500 tra ragazzi e ragazze, due altri convitti di ragazze che studiano alle scuole superiori, un ospedale, un seminario, un noviziato .... Cosa volete ancora?

Meno male che con me ci sono altri Padri e le Suore ad operare per il bene di tanti. Vi parlerò di loro in qualche prossima lettera.

In parrocchia i bambini dai 5 ai 10 anni la mattina nella veranda della Chiesa fanno un poco di ripetizione scolastica e studiano il catechismo. Ho promesso di costruire per loro due stanze ed un cortile dove poter studiare, cantare, giocare e stare insieme. I più grandi, che studiano alla scuola media, mi chiedono anche loro un stanza con la luce elettrica dove poter preparare i compiti. A casa non hanno la luce e non hanno spazio.

Abbiamo pregato insieme per poter fare questa "Casa di Maria" dove anche le ragazze più grandi che imparano a cucire possano avere un poco di spazio. Poi ci sono alcune coppie di giovani che hanno bisogno di aiuto per avere una casa decente. Ma è meglio non continuare perché mi viene un poco di paura che alla mia età tutte queste cose non le riesca a fare.

Potete inoltre capire dove vanno a finire le offerte che ricevo dalla vostra generosità. Anche per questo GRAZIE.

Sto diventando anziano perché ieri sono entrato nei 65. Diritto alla pensione? La cosa che capita agli anziani è la commozione e qualche lacrima di nascosto in certi momenti. Mi sono commosso nel leggere le vostre lettere e anche quando, entrando in Chiesa per celebrare, ho visto una folla di giovani. Più di 600 tra ragazzi e ragazze.

Mi sono commosso a vedere, anche se in foto, la folla di Manila, in quattro milioni, la maggior parte giovani, con il Papa a pregare per una umanità nuova e rinnovata. Un amico italiano presente mi ha detto che è stata una esperienza non descrivibile e commovente.

Parlando di commozione, ci sono altri momenti in cui noi anziani ci commuoviamo. Quando giovani vengono per chiedere un lavoro, o studiare in vista di un lavoro, anche se sono lacrime che esprimono i nostri limiti o vengono per situazione ingiuste o di sfruttamento.

Lacrime di rabbia mi vengono quando leggo sui giornali degli episodi di intolleranza e razzismo che si stanno sviluppando in Italia ed in Europa.

Andiamo verso un mondo nuovo dove culture diverse si devono incontrare per arricchire sempre di più la persona umana. Non possiamo permettere ancora le pulizie etniche, le discriminazioni per la pelle o per la lingua.

I giovani chiedono lavoro, capacita' dell'individuo ad essere utile alla società. Riscoprirlo come vocazione e non come unico mezzo per "fare soldi".

Certo che vedere l'Asia oggi fa un poco paura. In venticinque anni la vita è cambiata ed è in continuo cambiamento. Ai giovani viene sempre prospettato un avvenire dove i soldi sono importanti, hanno il primo posto. La vita fatta di sorrisi e proposte economiche a tutti i livelli è il giornaliero della televisione. La cosa positiva è che è aumentato il consumo di sapone, dentifricio e simili, anche perché ora li fabbricano localmente.

Cosa diversa è che il punto di aggregazione in città ed anche in molti villaggi del Bangladesh, dove è arrivata la corrente elettrica, è la casa o il club che possiede la televisione. È un ricordo del passato il villaggio in cui la sera ci si ritrova insieme per ascoltare "l'anziano" che racconta. Quelli di casa la vedono in camera, gli altri si ammucchiano alle finestre o in veranda per poter vedere.

Ma credo che in modo traslato ed in un senso diverso è così anche da voi. Programmare, pianificare, realizzare e tutto con una certa fretta, quasi senza respiro. Un guardare senza vedere. E la persona ?

Gli occhi e le mani della persona hanno un linguaggio universale. Sono due cose che ho guardato spesso in questi primi mesi di Bangladesh.

Occhi furbi di bambini che in città fanno mille mestieri, occhi pieni di speranza dei piccoli che ti ascoltano quando parli loro di Gesù o del volersi bene. Occhioni scrutatori di bimbi piccoli ancora in braccio alla mamma che li porta in Chiesa, o legati alle spalle della mamma che spacca i mattoni per poter avere il riso a casa. Occhi chiusi dei quattro bambini che sono morti pestati dalla folla che aspettava di ricevere un vestito in regalo per la festa dell'Eid alla fine del Ramadam. Occhi indagatori di giovani che seguono alla televisione, il teatro, il dramma, le canzoni e la pubblicità in cerca di motivi per la vita. Occhi cattivi di uomini prepotenti che vogliono dettare legge ed essere sopra la legge. Occhi stanchi di anziani che hanno paura del domani con nessuno vicino a loro.

Delle mani parlerò la prossima volta, altrimenti invece di una lettera scrivo un libro.

Il periodo di Pasqua ci porti a guardare gli occhi di Gesù. I suoi 0cchi sono sempre misericordiosi : per il giovane ricco, per Lazzaro, per la samaritana, per l'adultera, per Pietro e per Giuda, per il ladrone e per il centurione come per Pilato.

"Alla Tua luce vediamo la luce" . Donaci, Signore, occhi capaci di guardare e commuoversi, occhi che guardano e perdonano, occhi che esprimono amore, compassione ed aiutano altri occhi a guardare con fiducia il domani.

Una SANTA PASQUA DI RISURREZIONE A TUTTI

Padre Adolfo

1995

Domenica di Pentecoste

Carissimi Amici,

non so come ma la mia lettera di Pasqua si è persa nei meandri della posta italiana e sarà giunta in ritardo. Spero che questa possa giungere a voi con un nuovo "vento" di novità che è la Pentecoste.

Cinquanta giorni fa, dopo aver celebrato l'Eucarestia di Pasqua con la mia gente, sono andato a celebrare una seconda volta nella stanza di Cecilia. Cecilia è una ragazza di 25 anni che circa 10 anni fa, facendo dello sport, restò lesa alla spina dorsale. Da allora è stata immobilizzata a letto. Dopo aver tentato diverse terapie ha dovuto perdere ogni speranza nell'avere una vita normale.

Oggi è ridotta ad un corpo paralizzato completamente.

Eppure tra i cuscini che cercano di alleviare la sofferenza fisica di essere immobile, i suoi occhi sono vivaci e la sua voce chiara e forte.

Ha cantato il Gloria e l'Alleluia con la convinzione che il giorno di Pasqua qualcosa di nuovo era avvenuto.

Scusate che vi parlo di lei, ma ho scritto queste parole ad una persona che mi ha scritto dall'Italia scrivendo di : "aver perso tutto l'immaginabile".

Cecilia in questi ultimi anni dal suo letto di dolore ha insegnato a tante bambine a cantare e danzare. Roba da non credere

Qualche giorno prima di Pasqua ha fatto uno sforzo segnando il tempo musicale per la danza con la mano destra del braccio paralizzato completamente. Mi ha fatto gli auguri di Pasqua di Resurrezione specie con i suoi due occhioni grandi che sorridono sempre.

Mi domando sempre come fa. Parla del suo dolore e del mal di testa senza farlo pesare ma come di una cosa che si deve accettare.

Si lamenta invece di Romesh, un uomo che si ubriaca e picchia la moglie e la sua bambina che è lì ogni giorno a preparare il ghiaccio da mettere sulla testa a Cecilia.

Regolarmente vanno da Cecilia il Vescovo ed alcuni di noi Sacerdoti e capita sempre che è più quello che riceviamo di quello che riusciamo a fare per lei.

Anche a me a volte capita di non riuscire a pregare, mi chiedo il perché di tanti "macelli" o "situazioni da non dire ..." ed allora vado a trovare Ceci1ia, ci guardiamo negli occhi e riprendo a camminare.

In questo periodo di Pasqua, con il mese di maggio nella mia comunità, i bambini sono quelli che, guidati da alcune ragazze di buona volontà, si riuniscono per la recita del santo Rosario. Preghiera semplice per i semplici, ed è vero. La sera verso le sei mi incammino nella stradicciola che collega i vari gruppi di case ( chiamate PARA) e mi unisco a questi gruppi. Sono 30-50 bambini e ragazze a pregare a cui si uniscono alcuni adulti ed anziani.

Vederli seduti per terra su una stuoia ed ascoltarli rafforza il pensiero che Gesù risorto continua a scuotere l'umanità e sono certo che il "vento di pentecoste" di quest'anno dovrà tener conto di queste voci che implorano per se e per tutti una vita più umana e dignitosa.

Il Rosario termina sempre con un ricordo per tutta la Chiesa, per cui anche per voi, per i malati ed i sofferenti, e con alcuni dolci semplici fatti in casa preparati dalla famiglia ospitante. Il 15 di maggio, al termine della recita del Rosario, hanno cantato l'Ave Maria di Lourdes in bengalese. Ho rivisto quel posto dove mi sono recato due volte in pellegrinaggio ed ho pensato che forse un giorno riuscirò a portare qualche bambina o ragazza della mia parrocchia a pregare a Lourdes. Vorrei portare Kimi, di 5 anni, che sta morendo di cancro del sangue, o la vecchia cieca e sorda che si fa portare tutte le domeniche in chiesa per partecipare all'eucarestia, come pure il vecchio Boniface che viene in risciò perché ormai non può più camminare.

Ma con loro vorrei portare anche alcune ragazze che somigliano a Bernadetta per la durezza della loro vita ( papà pieni di debiti e case povere e spoglie ) e per la semplicità e la dedizione che hanno. Sapete che sono un sognatore. Che volete, ritorno alla realtà e penso che forse .... chi sa.... fra trenta anni....

In questi giorni fa un caldo con punte anche di 40 gradi. Dalle 12 alle 15 è bene non andare in giro per non prendersi un bel colpo di sole. Giornate calde. Ogni tanto qualche temporale mitiga per qualche ora questa calura. Si aspetta metà giugno con la stagione delle piogge.

Dai giornali italiani seguo la vostra vita per quello che posso. Vedo che ci sono problemi reali ed altri creati da scelte di vita fatte negli ultimi venti anni. Il problema "economico" è sempre quello dominante. Lavoro, pensioni, occupazione, investimenti Anche da voi ci sono momenti "caldi", clima politico "caldo".

In Europa lo scandalo della ex Jugoslavia porta via la speranza. Si ha l'impressione che i sacrifici fatti 50 anni fa perché non si ripetesse più la tragedia della guerra sono stati dimenticati.

Conflitti di cui non sappiamo darci ragione in Europa ed in Africa. Tensioni in Asia, violenza in America e non bastano le varie teorie nazionalistiche o di razzismo a giustificare quello che è contro la persona e l'umanità.

Guardando a questa "umanità " i giovani sono sempre un soffio di speranza, anche se una minoranza è per la soluzione di estremismo. Penso sempre ai due miliardi di giovani sotto i quindici anni, che sono per la maggior parte in Asia. Questo continente sta vivendo un momento di crescita economica che crea nuove classi ricche di beni materiali, e nuovi tipi di lavoro industriale e tecnologico. Prego che i giovani di questo continente conservino forte il senso della famiglia e del rispetto dell'altro.

Con la Liturgia preghiamo

"Rinnova il prodigio della Pentecoste: fa che i popoli dispersi si raccolgano insieme e le diverse lingue si uniscano a proclamare la gloria del tuo nome".

Termino questa lettera il giorno 11 giugno e l'affido alla posta nella speranza che vi giunga all'inizio delle vostre vacanze e possiate dedicarle un poco del vostro tempo.

Ringrazio quanti mi hanno scritto e chiedo scusa se non rispondo, ma abbiate pazienza in quanto facendo il pendolare tra Dhaka e Dinajpur il tempo e sempre più tiranno per le cento ed una cosa da fare.

Spero, verso il prossimo ottobre, di potervi dedicare più tempo.

Vi abbraccio caramente. Fatemi la sorpresa di una vostra lettera, vedrete che prima o poi mi farò vivo. Il Signore vi benedica e vi assista.

P. Adolfo

1995

Santo Natale

BUON NATALE - MERRY CHRISTMAS

" Vi annunzio una grande gioia che sarà per tutto il popolo, oggi è nato un Salvatore, Cristo Signore"

Fanno eco a queste parole alcuni passi brevi e significativi di lettere che ricevo da voi sempre con gioia

"È arrivata a casa una bella bambina di nome Marianna"

"La presenza vivace e nuova di Maria Chiara ha trasformato la nostra vita, riempiendola di gioia e di luce"

"Un sorriso nuovo è entrato nella nostra casa con la nascita di Giampaolo"

E qui in Bangladesh :

Padre venga in ospedale perché è nato una bimba della sua comunità "Padre Adolfo, domenica ci sono due bambini da battezzare" dice la Suora, Antonio e Filomena"

Queste parole si ripetono ogni mese. Si ripete in modo sempre nuovo il dialogo dei genitori con la Chiesa "Cosa chiedete per il vostro bambino? È sempre un momento nuovo.

Forse scrutando il cielo in questi giorni pieno di stelle potrei dire che ho visto una nuova stella nel firmamento, con riferimento alla luce che è la vita di ogni uomo che nasce.

Prima di dare il Battesimo una domanda che mi viene sempre spontanea da rivolgere al batuffoletto tenuto in braccio dalla madre. "Dove hai rubato queste due perle di occhi che hai?'. Possono sembrare il riflesso di una stella. Qualcuno ha detto che guardando gli occhi dei bimbi si intravede la bontà di Dio.

Fa soffrire scoprire la paura, la mestizia negli occhi dei bimbi. L'esperienza dice che questa paura o tristezza è perché a casa i genitori hanno litigato, i fratelli o sorelle hanno fatto baruffa o di peggio, a casa il piatto era vuoto e non si è mangiato perché il genitore ha sprecato i pochi soldi guadagnati.

Sono mancanze di gioia e di pace per tante famiglie.

Dai giornali italiani che arrivano qui si deduce che molto spesso mancano gli "occhi dei bimbi". Si è arrivati a nascita sotto zero.

Aule vuote nelle scuole. Mancanza di confronto sereno in tante realtà umane. Anziani sempre più soli ed emarginati.

Forse perché la "pensione" o il "ricovero" , anche se di lusso, possa risolvere i problemi umani dell'affetto e del vivere per altri ?

Adolescenti prepotenti e immaturi che nel pericolo e nella violenza cercano....un motivo per vivere senza dare gioia e luce.

Che poi si arrivi ad uccidere bambini per "conflitti tra clan rivali" è una vergogna.! Ci ricorda la strage degli innocenti, non è vero?

La nascita è sempre una festa interiore. Qualcosa cambia nel cuore dei genitori e nel silenzio nascono propositi di bene perché la persona che si affaccia alla vita abbia una vita migliore, un mondo meno violento, e…..

Dopo la nascita della sua bimba un amico mi ha scritto:

" Sento forte l'impegno ad essere padre, a donarle la serenità, l'amore e la forza. Sento ancor più l'impegno a costruire, a mettere mattoni per un mondo un po’ più giusto, perché viva meglio nel rispetto e nella giustizia"

Voi papà e mamme avete provato questa gioia interiore. La si può sempre scorgere quando si va a visitare le mamme in ospedale o quando vengono a chiedere il battesimo perché la Vita di queste creature abbia la dimensione eterna di Cristo.

È Natale: Questo bambino che viene a nascere al freddo ed al gelo ha la missione di dare - gioia e pace a tutti gli "uomini di buona volontà” -. Persone che hanno bisogno di gioia. Persone che hanno bisogno di pace che è “luce di vita” e non assenza di guerra.

PERSONA che viene a portare la gioia e la pace proponendola ai "pastori" che vegliamo dando loro il segno della luce.

Occorre essere persone vigilanti ed in attesa. Vigilare ed attendere

"Aspettiamo cieli nuovi e terra nuova" la Chiesa prega con il salmo. Non è una attesa passiva ma l'atteggiamento di chi crede che le promesse fatte da un Dio che ama gli uomini divengono realtà.

Il divenire implica la nascita. Ecco perché La Chiesa chiama "Nascita a vita nuova" ogni conversione dal male al bene, dall'odio all'amore, dalla discordia al ritornare a vivere insieme.

Scrivendo queste righe qui passano davanti agli occhi le immagini del Ruanda, della Bosnia, dell'Afganistan, dello Sri Lanka, del razzismo in Europa, della discriminazione in paesi ricchi, dei morti per soprusi e per potere, dallo sfruttamento di realtà povere.

Sono immagini che giungono ormai in tempo reale in tutto il mondo tramite la televisione.

Come venti anni fa ad Hong Kong , oggi in Bangladesh le antenne televisive si innalzano su tetti di casupole. Tra le capanne povere di città come Dhaka, invece delle piante di banana o di papaia, crescono sempre più le antenne televisive.

Avviene anche qui a Dinajpur nella periferia o nei villaggi dove arriva l'elettricità crescono le antenne TV, forse per questo che si guarda meno il cielo e le stelle, e non si riesce a leggere la luce delle stelle negli occhi dei bimbi.

Come preparazione a questo "NATALE 1995" mi propongo di guardare ogni sera il cielo stellato per capire il linguaggio di speranza di Dio.

Spero che ci sia un poco di silenzio intorno e nel mio Cuore per avere il coraggio di tornare a vivere come un bambino. Se non sarete come questi bambini non entrerete nel "Regno dei Cieli". Sapete, ad una certa età come la mia, l'entrate nel regno si fa più vicino.

Saremo uniti durante la Santa Notte, in posti diversi. in modi diversi ma con lo stesso anelito per la Pace in terra agli uomini di buona volontà. Preghiamo per essere o divenire "Uomini di buona volontà".

Un caro abbraccio a tutti, ed un bacione particolare per i vostri bimbi che sono in casa attorno al presepe ed hanno due occhioni riflesso di stelle.

P. Adolfo

1996

1996

Pasqua di Risurrezione


" Questo è il giorno fatto dal Signore. Rallegriamoci ed esultiamo"

Cari Amici,

spero che mi farete il favore di accettare questa mia lettera dopo il Grande Giorno della Risurrezione che abbiamo celebrato con gioia e speranza, e che si prolunga nella liturgia dei prossimi 50 giorni.

Diversi i motivi per cui non ho scritto prima, primo fra tutti, la situazione politica di questo paese che negli ultimi mesi è stata molto tesa. Dopo una serie di scioperi generali nei mesi dello scorso anno, in marzo praticamente è stato bloccato tutto. Fermi i trasporti di ogni genere con eccezione solo per i rischiò, chiuse le scuole, le università, i negozi aperti solo per alcune ore e non sempre, banche funzionanti per due ore al giorno, uffici statali praticamente non operativi.

I partiti dell'opposizione chiedevano le dimissioni del governo e l'annullamento delle ultime elezioni di febbraio, a cui non avevano partecipato. Solo il 15 % degli aventi diritto era andato a votare in un clima di paura, intimidazione e violenza.

La gente che vive del lavoro quotidiano ha dovuto adattarsi a questa situazione di incertezza e di paura. Si è dovuta adattare a percorrere distanze a piedi, a lavorare di notte, a pagare di più i generi di prima necessità, a non ricevere posta per circa un mese.

Spesso mi è venuto in mente l'episodio della Bibbia dell'Esodo:

"…Il Faraone diede questi ordini ai sorveglianti del popolo e ai suoi scribi "Non darete più la paglia al popolo per fabbricare i mattoni come facevate prima. Si procureranno da sé la paglia. Però dovete esigere il numero di mattoni che facevano prima, senza ridurlo…."

Personalmente ho rivissuto lo stato d'animo dello sfollato del 1945 in Italia e del periodo della guerra civile del 1970-71 in Bangladesh. Tanta povera gente ancora oggi non usufruisce dei diritti civili, gli vengono imposti solo dei doveri.

Per questa situazione la celebrazione della Pasqua di Cristo che libera l'uomo non è una commemorazione ma un segno di speranza che questa paura, questa schiavitù avrà un termine, anzi sarà cambiata in positivo.

Pensando alla Risurrezione voglio accennare ad alcune persone che hanno creduto in Cristo risorto ed hanno fatto della loro vita un continuo donare. Per prima vi scrivo di Suor Virginia di 89 anni, di cui 38 anni spesi in Birmania e 29 in Bangladesh. Soltanto per questi 67 anni avrebbe diritto ad una medaglia al valore, o meglio alla perseveranza!! Ricordo la prima volta che la incontrai a Dinajpur; cacciata dal Governo Birmano era venuta in Bangladesh. La sua qualifica :" Missionaria". A Dinajpur aveva la responsabilità delle ragazze. Mi era capitato un caso difficile in una famiglia e non sapevo che fare. Lei mi accolse con il suo sorriso e disse che avrebbe sistemato le tre bambine di quella famiglia con le altre ragazze, in attesa che la famiglia ritrovasse la pace. A Natale ed a Pasqua ho sempre ricevuto un dolce preparato da Sr. Virginia per me. Mi dicevano che in Birmania fu fatta Superiora perché voleva bene ai Padri. Aveva quelle piccole mille attenzioni che una mamma ha per i suoi figli. Questi Padri che dovevano mangiare meglio ritornando dai villaggi, che avevano bisogno della biancheria pulita, che avevano bisogno di una intermediaria per capire povere donne vedove o bambine orfane. Al mattino in chiesa e poi cucina e lavoro con il rosario che tante volte scorreva tra le dita o spariva nell'abito perché servivano tutte e due le mani per servire. Non ricordo una volta che avesse chiesto qualcosa per se. Ho sempre ricevuto, e l’ho ricevuto con un sorriso.

Ultimamente era venuta a Dhaka perché non era più autosufficiente. Gli avevo detto che aveva le carte in regola per il Paradiso. Arrivai a Dhaka il giorno 4 di marzo e fui chiamato per portarle la comunione. Fu l'ultima perché la sera stessa tornava alla casa del Padre. La mattina seguente celebrai la Santa Messa e sono certo che in cappella oltre le Suore, le novizie c'erano gli Angeli che l'avevano accolta nel suo nuovo modo di essere in Cristo.

Altre persone care ci hanno preceduto in questo periodo nel segno della Risurrezione. La Prof. Maria Bronco di Gaeta, insieme in Azione Cattolica, di cui era dirigente attiva, si interessò del gruppo " Amici di P. Adolfo" per diverso tempo quando partii per la Missione, e mi ha seguito ed aiutato anche quando è stata colpita dal cancro, sua ultima sofferenza.

Michele, un operaio "fac-totum" della mia missione di Dinajpur. 35 anni di lavoro nei campi, a tagliare la legna, ad aggiustare la pompa etc. a sistemare le tubazioni dell'acqua del convento o del seminario.

Il giorno del mio compleanno mi disse di avere un dolore al petto. Anni prima aveva avuto la T.B. ed era guarito. Lo mandai dal dottore e, avute alcune medicine, tornò a lavorare. Lavorando si sentì male. Un collasso cardiaco. Nella veranda della sua povera casa fu composta la salma. Mi ha colpito il suo volto sereno, come se dormisse. Assiduo alla assemblea domenicale, a volte borbottone, di poche parole e molto lavoro. Ha creduto in Cristo ed è risorto con Lui.

Altro motivo del ritardo è dato dal fatto che il periodo di preparazione alla Pasqua è pieno di impegni e cose da fare: incontri con i ragazzi, i giovani , gli adulti; tempo per la riconciliazione. Quest'anno il Vescovo ha preparato la gente con meditazione alle 5,30 del mattino e 7,30 alla sera. Abbiamo ridipinto l'interno della Chiesa e sistemato i nuovi quadri della Via Crucis.

La notte di Pasqua in quattro hanno ricevuto il Battesimo. Due piccoli e due sorelle, Maria e Maddalena, di 10 e 12 anni che da due anni lo chiedevano. Sempre regolari in Chiesa, al catechismo, Arrivato a Dinajpur pensavo che fossero di una delle famiglie della Parrocchia. Invece il papà, non battezzato, vive per lavoro a circa 500 km di distanza, diviso dalla moglie anche essa non cristiana. Si è fatto vedere lo scorso Natale per dare un poco di soldi alla famiglia dove le due bambine vivono. Alle insistenze delle due figlie è venuto a parlare con me. Mi ha scritto una lettera in cui non aveva obiezioni al fatto del battesimo delle due figlie, anzi ne era contento. Occhi ripieni di luce che esprimevano la gioia di Pasqua nel loro intimo.

Per finire speravo di trascorrere il resto della giornata di Pasqua un poco in santa pace. Invece i giovani hanno deciso di organizzare per tutti i bambini e i giovani della Parrocchia il pranzo di Pasqua. Il motivo? Vivere la giornata in un ambiente sereno e con gioia. Come rifiutare. Appena 250 bambine, bambini ragazzi e giovani hanno letteralmente invaso la Parrocchia dopo la S. Messa. Impegnati in cucina, nei giochi, nell'incontrare, nel cantare e danzare. Tutti hanno mangiato, contenti di essere insieme, di avere un cibo sano, e di trascorrere queste ore in serenità e servizio. Allora l'incontro di Emmaus diventa realtà : " e lo riconobbero allo spezzare del pane "

P. Adolfo

1996

22 agosto

Dinajpur


Amici sempre vicini,

questa non può essere una lettera ma solo un bollettino di avvenimenti che si sono susseguiti in questi ultimi mesi.

So che alcuni di voi utilizzano questi mesi per un meritato riposo e per rinnovarsi fisicamente e moralmente. Altri sono occupati ad assistere persone anziane o malate e poi ricordo anche quelli che dedicano questo tempo per realizzare campi estivi con ragazzi e giovani impegnandoli in qualche scalata in montagna.

Lo scorso mese di maggio sono venuto in Italia su incarico del Vescovo per una serie di incontri con organismi e persone che aiutano la diocesi di Dinajpur . Diciamo che ho fatto l'esperienza del "frate cercatore" ricordando fratel Leone dei Fioretti di San Francesco.

Devo chiedere scusa per non aver potuto visitare o salutare molti di voi ed ho dovuto rinunziare anche a partecipare a momenti di gioia di giovani coppie che nel mese di giugno iniziavano il loro avvenire come "piccola Chiesa".

Tra i pochi amici incontrati Erasmo Montenora. Dopo poco tempo ha intrapreso la scalata più lunga e più alta della vita. Sono certo che è vicino a noi nel suo nuovo modo di essere il Cristo Risorto.

Rientrato i primi di giugno il Vescovo di Dinajpur, nominato ausiliare di Dhaka, ha lasciato la diocesi. Il nuovo Vescovo, Mons. MOSES COSTA il prossimo 6 settembre verrà ordinato a Dinajpur. Vi chiedo una preghiera particolare in quel giorno. GRAZIE.

Siamo in diversi impegnati a preparare questa giornata perché sia un momento di preghiera e di incontro di tutta la comunità della diocesi nel cammino di unità e di carità. Prevediamo per quel giorno la presenza di 7 Vescovi , 150 Sacerdoti , 200 Suore e migliaia di fedeli. Un lavoro logistico non indifferente che, manco a dirlo, mi è capitato di coordinare, sperando che il tempo sia clemente in quei giorni dovendo fare la funzione all'aperto.

Quel giorno la comunità cristiana di Dinajpur vivrà un momento importante della sua storia, ricordando che in meno di settanta anni ben cinque diocesi sono nate da questa diocesi Madre, in questo forse sconosciuto (agli uomini) e povero pezzo di mondo.

La gente attende il Pastore capace dì rispondere alla domanda che ben tre volte Gesù pose e ripropone a quelli che Lui stesso chiama " Pietro, mi ami tu ?" Pasci il Mio gregge, la Mia comunità che poi è il Mio corpo e per il quale do la Mia vita.

Spero di potervi scrivere più a lungo verso il mese di ottobre. Abbiate pazienza ma ho proprio bisogno della vostra amicizia e di sentirvi vicini nella preghiera.

II Padre buono ci conceda la forza del Suo Spirito per essere fedeli ogni giorno al Suo Amore per gli uomini.

Con affetto

P. Adolfo

1996

24 novembre

Festa di Cristo Re

Dinajpur

Miei carissimi Amici,

sarebbe ora che questo mio scritto parta per raggiungervi, spero prima del Santo Natale È circa un mese che penso a questa lettera ed ora che mi accingo a scriverla non so da dove iniziare. Non è la prima volta che mi capita. C'è anche il pensiero che ci sono cose più importanti che prendono la vostra mente ed il vostro tempo. A me sembra che per scrivere occorre del coraggio e forse questo mi manca.

Anche nella mia mente ricorrono altri pensieri che ridimensionano i problemi che mi circondano: i bambini da aiutare perché possano studiare almeno sino alla quinta elementare, i giovani che sono alla ricerca di un lavoro, giovani tentati dalla droga e dallo sperpero. Nuove famiglie da preparare per una società più solidale e giusta, Kimi che ha bisogno di sangue ogni 20-30 giorni, Cecilia che aspetta per ascoltarti, i poveri che bussano giornalmente alla porta, il numero di questi che non diminuisce mai. Problemi e pensieri di ogni giorno che aiutano o disturbano la preghiera. E mi fermo…perché vorrei aggiungere i Vostri. Alcuni li intuisco perché simili ai miei, altri li vivo perché me li fate conoscere.

In questi ultimi mesi ho pensato molto all'Africa: Ruanda, Burundi, Zaire.. situazioni inspiegabili o impensabili che pure avvengono. Il mio pensiero e la mia preghiera spesso sono per P. Mario Valente che in Zaire avrà il suo da fare in quella situazione e con lui tanti altri i cui nomi sono noti quando vengono uccisi. Allora ." che Dio ti aiuti !" diventa anche una supplica.

In verità vi dico : ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me (Matt.25.40).

Davanti a certe scene viste in questi mesi alla televisione (qui trasmette la BBC e la CNN), queste parole di Gesù sono tremende..

Pensando poi che alcuni si arricchiscono con la fame altrui, con la sete…con il mercato delle armi….

Le parole "ero forestiero e mi avete ospitato ", sempre dello stesso passo di Matteo, mi ricorda il grosso problema che ha diversi nomi: Emigrazione, Accoglienza, Ricerca di un posto di lavoro. L'Europa , che è stato un continente di emigrazione, basta pensare alle due Americhe e all'Australia, oggi si vuole difendere dagli immigrati. I tempi sono diversi ed anche i contesti, ma la realtà umana resta la stessa.

Nel mondo le persone cercano la vita, i mezzi per vivere, per dare da vivere. Quindi il bengalese che si trova in un fazzoletto di terra che diventa sempre più piccolo si guarda intorno e cerca un poco di terra più grande dove trovare da vivere. Ma c'è anche il Cinese, il Vietnamita, il Sudanese, il Somalo che desiderano vivere in pace e guardano se è possibile trovare un posto dove andare e trovare un poco di pace per vivere. Guardano la televisione che trasmette immagini di gente contenta, sempre sorridente, dove sembra non ci sia che ricchezza e allora la speranza aumenta. In questo contesto ci sono quelli che "sfruttano" la situazione e fanno i soldi per "aiutare i poveracci".

Allora Turchi, Albanesi, Indiani, diventano i "non voluti", i "clandestini". In questi ultimi mesi in Bangladesh sono stati fatti rientrare più di 35.000 "lavoratori clandestini" dai paesi Arabi. Messi sulla nave o sull'aereo e mandati via. Persone non gradite. Ora ci saranno quelli dalla Malesia e poi?

In Inghilterra nel 1967 era il problema dei "poveri" Siciliani che erano giunti o arrivavano di nascosto in Inghilterra in cerca di lavoro o in posteggio per andare in America o in Germania. Fui tra loro per un anno e vissi la discriminazione (dei poveri che vengono per portar via la NOSTRA ricchezza o il nostro lavoro), l'isolamento per la non conoscenza della lingua o la punizione per non essere a conoscenza delle leggi.

Un fenomeno di scala ridotta per numero rispetto a quello che si vive oggi, però umanamente uguale.

"Dio ha dato la terra a tutto il genere umano perché essa sostenti tutti i suoi membri, senza escludere o privilegiare nessuno" dice Papa Giovanni Paolo II nella lettera "Centesimus annus"

L'Uomo legifera per l'utilizzo delle risorse della terra e la sua distribuzione , ma la legge del mercato oggi è la più forte. La legge umana normalmente la fa sempre il più forte senza interpellare chi deve subire. Per cui occorrono persone che si impegnino per leggi o regolamentazioni più giuste od umane.

A me sembra che quando Gesù dice che la Sua legge è l'Amore capovolge i termini, perché chi è nel bisogno cerca e desidera un poco di Amore.

Il problema è complesso e non può essere risolto soltanto da leggi o barricate o nuovi confini, ma da un nuovo modo di Pensare e di essere.

Mi viene in mente il gesto che i familiari dell'amico Erasmo Montenora di Formia hanno operato dopo la sua morte: i soldi dei fiori mandiamoli ai bambini bisognosi di P. Adolfo. Erasmo, diacono della Chiesa ha saputo essere un educatore di un modo nuovo di pensare e di essere.

Da noi in Bangladesh gli stranieri sono i benvenuti. Sono i turisti. (molto pochi a dire il vero); gli operatori economici (quelli che investono perché la mano d'opera costa poco e non crea problemi come in occidente). Non vengono altri. È una immigrazione di ricchi.

Penso che anche in Italia alcuni gruppi di "stranieri" siano i benvenuti e sono i turisti per la loro "valuta pregiata”. È anche vero che alcune zone turistiche sviluppano una mentalità di accoglienza che altre zone, specie quelle industriali, non hanno perché devono difendere o quello che producano o quello che hanno.

Ho davanti il testo del documento "Lo sviluppo solidale" pubblicato il 24 ottobre scorso, giorno di S. Francesco di Assisi. È un documento sulla fame nel mondo, forse collegato anche alla riunione della FAO di novembre a Roma. La ricerca del "vivere" che produce l'emigrazione con i suoi problemi è dovuta alla "fame", materiale o di desiderio.

Il documento inizia:

"L'ampiezza del fenomeno chiama in causa le strutture ed i meccanismi finanziari, monetari , produttivi e commerciali che poggiando su diverse pressioni politiche, reggono l'economia mondiale, essi si rivelano quasi incapaci.

Su questa difficile strada, sulla strada dell'indispensabile trasformazione delle strutture della vita economica, non sarà facile avanzare se non interverrà una vera conversione della mente, della volontà e del cuore.."

Cambiare mentalità : Metanoia, direbbe D. Ettore.

Vorrei poter vivere questo periodo di Avvento e di Natale alla scoperta di questa nuova mentalità.. Gesù viene tra di noi mentre Cesare Augusto è impegnato al primo Censimento per contare le persone del suo (?) impero. Cosa fai? Da dove vieni, dove stai? È un fatto politico. Per inciso, in Bangladesh ancora non esiste l'anagrafe per cui .. i dati sulla popolazione e simili sono sempre "variabili" o ipotetici e fanno perdere la pazienza ai programmatori.

Gesù nasce da emigrato mentre i suoi genitori sono in viaggio e poi dovranno continuare ad essere "profughi" per "fuggire "...perché Erode sta cercando il bambino per “ucciderlo" (Mt. 2,13). Oggi si moltiplicano gli "Erodi" che per paura del "bambino” uccidono: aborto, guerre etniche, interesse.

Gesù deve emigrare: "Venne tra la sua gente, ma suoi non l'hanno accolto." (Giov.1.11) Le parole di Gesù riguardano una comunità che si difende dall'altro. È difficile "accogliere" il sospetto dell'altro, il non intendersi nel linguaggio o nelle intenzioni, il sospetto continuo che l'altro porti via quello che è nostro.

Eppure "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" mi fa pensare alla Sua venuta come dono "Verbo" che annuncia cose nuove "Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo, oggi è nato nella città di Davide un Salvatore che è Cristo Signore. Questo per Voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia".

Auguro a me stesso e a tutti voi di poter gustare questa gioia. Nel porre nel presepe le statuine dei pastori a volte si cerca di individuare la persona che si conosce che le somigli di più. Il presepe è come un aiuto a "trovare e vedere" che c'è un bambino che "giace". Allora le luci, non da discoteca, ma delle stelle mi daranno la gioia di vedere e credere in. un mondo migliore di quello di oggi.

P. Adolfo

1997

1997

6 marzo

Dinajpur


Carissimi,

dallo scorso Natale due mesi sono letteralmente volati, e la Pasqua è vicina. In gennaio è venuto in Bangladesh P. Di Serio e penso che avrà dato mie notizie al suo ritorno a Gaeta. Desidero ringraziare quanti mi hanno scritto e quanti mi aiutano con le loro offerte. Chiedo perdono perché non rispondo personalmente. Le vostre lettere sono il più bel regalo che mi fate. Una volta scrissi che una lettera vale un milione... per cui chi non scrive dovrebbe compensare... ma allora io sarei il più penalizzato perché non riesco, come vorrei, a rispondere personalmente alle lettere. Ricevete questa lettera come personale per ciascuno di voi. Nei mesi di gennaio e febbraio si sono susseguiti gruppi di italiani in visita. Genitori di missionari, amici, gruppi di sostegno. Un bel andirivieni con problemi logistici. Ho dovuto dare una mano qui a Dhaka, facendo la spola con Dinajpur. Ho sempre la speranza che questo tipo di dialogo riprenda anche tra Gaeta e il Bangladesh. A Dinajpur gli impegni pastorali non mancano: ragazzi, giovani, malati e sani tutti hanno diritto al mio tempo, ed il tempo è sempre poco. Meno male che mi aiuta p. Cherubin, sempre disponibile e di buona volontà. Anche il nuovo Vescovo, mons. Moses, chiede la mia collaborazione per coordinare od operare meglio nel servire la comunità diocesana, nel vivere la fede nel quotidiano, non sempre facile e non senza conflitti. Ho saputo dai giornali la notizia che mons. Pier Luigi Mazzoni è il nuovo Vescovo di Gaeta. Dono del Signore alla sua Chiesa perché si viva la carità e l'unità in Cristo. Entra anche Lui, con mons. Farano, nelle preghiere di Cecilia che dal suo letto di sofferenza sembra avere di fronte la Chiesa e l'umanità intera. A me sembra che questo anno è iniziato con velocità nuova. Mi sono venuti in mente alcuni numeri collegati alla velocità della mia vita: 67,30,27,3. I miei bambini me li hanno riproposti con una semplice festa in famiglia. Sono entrato nelle 67 primavere il 28 febbraio. 30 anni fa in giugno venivo ordinato Sacerdote. 27 anni fa arrivai nell'allora East Pakistan. Sono tre anni che sono rientrato dopo la parentesi in Italia. Questi numeri sono occasione per ringraziare il Signore che continua a tenermi la mano sul capo (con molti pochi capelli rimasti) e cercare la forza di poter continuare a fare quello che Lui desidera. Non importa mai ... chiede sempre con la delicatezza del Padre che Gesù ci indica nelle parabole della misericordia: "Il figliol prodigo, la pecorella smarrita e l'incontro con la Samaritana". La vita è un cammino dal deserto alla Pasqua che ciascuno di noi compie vivendo pochi o molti giorni fino alla pienezza che è l'incontro con Cristo negli altri. Gli altri, o l'altro diverso da me, è il luogo di incontro con Cristo. Diverse volte l'altro diventa scoperta dell'amore di Dio, ma spesso e volentieri si frappone come ostacolo perché è troppo diverso da quello che io desidero che sia. Quando Romes si ubriaca e rende la vita difficile alla moglie ed ai figli, quando la Sandrina con le sue bugie o storie crea situazioni "esplosive" nel villaggio, quando Sopon ruba i soldi per drogarsi e porta alla rovina la famiglia, diventa difficile vedere la presenza di Cristo in loro. Ma credo che è proprio su questo continuo esame si gioca la mia vita. Se ci pensate bene capita la stessa cosa a voi, anche se i nomi cambiano. "O sono da crocifisso o sono da risorto, ma ci sono". Alla fin fine non è questo il messaggio della Resurrezione? La Pasqua è un camminare delle persone o della comunità verso "la libertà". Camminano i profughi dello Zaire o del Burundi come quelli della Birmania, i profughi del Sudan come i Curdi della Turchia o dell'Iraq. Gente in cammino verso la speranza. C'è anche chi cammina per fuggire o nascondersi. C'è anche oggi chi obbliga a fare "lo stesso numero di mattoni raccogliendo voi la paglia" creando situazioni di vita impossibili per questioni di potere o imposizioni economiche.

Capita di "espropriare" la terra dei poveri per dare spazio a nuovi complessi industriali evitando di dare il "dovuto" al poveraccio. C'è chi paga mercenari perché si possa creare una situazione "destabilizzante" per poi avere qualche amico nei posti che contano. A volte la pianificazione per interesse porta la disoccupazione dove la mano d'opera costa, per dare lavoro dove si vive alla giornata e senza sicurezze. La Pasqua ripropone anche oggi il fuggire di poveri dalla furia del "faraone", ma anche il cammino sino al Sinai per riscoprire la legge della vita che il Signore offre all'umanità. È un salire al calvario dove la speranza viene crocifissa nella legalità, è l'andare affannoso al sepolcro del Salvatore che una pietra chiude e non lo fa vedere, è il camminare dei discepoli di Emmaus che ritrovano Gesù dopo aver perso la speranza di un modo nuovo di vivere. A noi, che crediamo in Cristo, che ci accompagna nel cammino della vita, sorge spesso la domanda, come Tommaso: "Signore non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?". E la risposta è: gli disse Gesù:

"Io sono la Via, la Verità e la Vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me". Chiediamo a Maria, testimone della Pasqua del Suo Figlio, dalla nascita alla resurrezione, la perseveranza nel cammino della vita.

È importante ritrovare Cristo per camminare in questa vita verso il Padre. Auguro a me ed a voi che questa Pasqua sia l'incontro con Cristo risorto per annunziare l'Amore del Padre per tutti.

P Adolfo

1997

23 novembre

Festa di Cristo Re

Dhaka

Buon Santo Natale a tutti!

Miei carissimi Amici,

in queste settimane un passo della scrittura mi è tornato spesso in mente: "I Saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento"... "le persone che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come stelle per sempre".

Alcuni avvenimenti di questi ultimi mesi mi hanno riportato spesso a questo brano del profeta Daniele: la dipartita di Madre Teresa, di D. Luigi Di Liegro ed altri che ho conosciuto ed amato. Con il passo di Daniele una canzone-preghiera fa capolino nella mente: " Quante stelle son nel cielo, dimmi tu la mia qual è ". Gli astronomi hanno scoperto un nuovo sole più grande del nostro milioni di volte. Penso che sono le stelle delle persone che amiamo e che scopriamo come nuove stelle dell'Universo non legate ai nostri limiti. D'altronde Gesù è il "Re dell'universo".

Mi sono fatto prendere dalla poesia? Forse, ma non ne sono convinto perché anche S. Paolo invita nella sua lettera ai Filippesi

"Fate tutto senza mormorazioni e senza critiche, perché siate irreprensibili e semplici, figli di Dio, immacolati in mezzo a una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita".

Guardate il cielo, ci aiuta a vivere i nostri momenti difficili: terremoto in Italia ed in questi giorni anche in Bangladesh, cicloni in Asia ed America, comportamenti disumani di persone e di gruppi, violenza e prepotenza di tanti che hanno lo sguardo rivolto in basso, uccisioni per vendetta, rivalse politiche, giochi di potere, cose che fanno parte del nostro quotidiano.

Ma voi volete mie notizie, quelle legate al mio quotidiano ed avete ragione. Ho paura che questo sarà un bollettino e non una lettera!

Dopo la mia lettera di settembre per ringraziare Madre Teresa continuo a fare il "pendolare" tra Dhaka e Dinajpur. Da metà settembre a fine ottobre sono stato impegnato per la preparazione e lo svolgimento dell'ordinazione di P. Amol Gabriel Costa. È stato un momento intenso, vissuto insieme alla famiglia, ai parenti e amici, alla parrocchia, alla comunità di noi del PIME e a 24 ospiti italiani venuti per l'occasione. P. Amol maturò la sua vocazione sul lavoro che lasciò per diventare missionario del PIME. Studiando per 6 anni in Italia, si è fatto conoscere e ben volere ed alcuni amici, in rappresentanza di tanti altri, sono voluti venire. Alla sua ordinazione erano presenti 5 Vescovi, quasi 50 sacerdoti e più di mille persone. Tanti i giovani! Ora si prepara per partire dal Bangladesh, imparare la lingua francese e poi raggiungere la sua missione: Costa d'Avorio in Africa. Spero che prima di partire per l'Africa lui possa fare una capatina a Gaeta.

Oggi, festa di Cristo Re, 22 bambini della mia parrocchia, cattedrale di Dinajpur, ricevono la prima Comunione. Questo Re è uno che costruisce il suo Regno mettendolo in mano ai piccoli e non fondandolo sulle armi e sul potere politico. Anche la Cecilia partecipa alla costruzione del Regno con la sua sofferenza che in questi ultimi giorni si è acuita. Le hanno dovuto dare l'ossigeno e non riesce a nutrirsi. La sua stanzetta è luogo di preghiera e di dolore silenzioso per la vita di tanti.

P. Manuel che è dovuto andare a Bangkok per un'operazione dopo un incidente stradale, dovrebbe rientrare per Natale. P. Enrico Viganò, con cui ho diviso tanto del mio tempo qui in Bangladesh, è dovuto rientrare in Italia per complicazioni renali, è in ospedale a Lecco. Anche il mio coadiutore, P. Cherubin, è dovuto ricorrere ai dottori per eliminare un grosso calcolo renale.

Iniziamo insieme il cammino dell'Avvento che ci porterà a vedere la Stella che illumina la Notte Santa.

"O Astro che sorgi, splendore di luce eterna e sole di giustizia vieni e illumina chi giace nelle tenebre e nell'ombra di morte".

"Chi odia suo fratello è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va".

“Per cui verrà a visitarci dall'alto un Sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace".

Che la Luce del Natale entri ancora una volta nei nostri cuori e nelle nostre case. Restiamo vicini.

P. Adolfo

1998

1998

11 febbraio

Madonna di Lourdes

Dhaka

Carissimi Amici,

Domenica scorsa sono rientrato da un viaggio di due settimane in Myanmar ( nuovo nome della Birmania) e la liturgia domenicale mi ha dato spunto di riflessione per quanto ho vissuto in quei giorni. Oggi il ricordo delle apparizioni a Lourdes avvenute 140 anni fa ripropone di nuovo l'esperienza di quei giorni che ho pensato di condividere con voi..

Lì tutto è nato da un invito dello scorso anno che si è materializzato a fine gennaio. Il Vescovo della diocesi di Loikaw, mons. Sotero, desiderava un incontro per consigli su alcuni problemi che stava affrontando. Ci siamo trovati in tre: mons. Bonivento, vescovo di Vanino in Papua, Nuova Guinea, P. Vito Del Prete, Superiore del PIME per l'Italia Meridionale, ed il sottoscritto, con differenti interessi. Sapete che il Myanmar è sotto regime militare. Per farci raggiungere la diocesi di Loikaw, mons.Sotero ha dovuto chiedere alle autorità un permesso speciale per noi. Risultato: siamo potuti andare sino alla città di Loikaw, capitale dello stato Kayah del Nord-Est del paese, che vive ancora momenti di guerriglia con il risultato di decine di migliaia di persone rifugiate in Tailandia. Durante il nostro soggiorno a Loikaw quattro "angeli custodi" (così abbiamo chiamato i poliziotti preposti alla nostra sicurezza) ci hanno seguito dovunque.

Nello stato di Kayah il 25% della popolazione è cattolica. Gente dignitosa, cordiale ed ospitale.

La liturgia delle domeniche mi ha come accompagnato in quei giorni nel guardare una Chiesa nuova, giovane e piena di energia. P. Vito è stato impegnato per un corso di aggiornamento teologico per una trentina di giovani sacerdoti della diocesi. Giornate intense di lavoro e preghiera.

Dalla diocesi di Loikaw 3 sacerdoti si sono già recati come missionari nella Papua-New Guinea come missionari. Uno è dovuto rientrare per malattia ed altri tre andranno quest’anno. Comunità giovane che, anche se sta vivendo momenti difficili, è aperta allo Spirito ed attualizza la sua missionarietà nell'invio di sacerdoti in altre Chiese nel bisogno. Mons. Bonivento ha voluto ringraziare di persona, incontrare per esporre le difficoltà ai nuovi, parlare ai giovani, incoraggiare a questa apertura. "Non temere, d'ora in poi sarai pescatore di uomini" sono parole che si attualizzano in modo diverso in tempi nuovi , e sono vere per chi ha fede.

Partecipando alla liturgia domenicale in Loikaw ho potuto vedere gente che vive la fede esprimendola nella preghiera, nei canti, nel trovarsi insieme come comunità. E dopo la preghiera concretizzare il messaggio di Gesù. La diocesi di Loikaw conta 175 giovani "evangelizzatori", cioè giovani che al termine degli studi superiori fanno un servizio di tre anni come evangelizzatori recandosi nei villaggi o dove è necessario, prestare gratuitamente un servizio a beneficio della "comunità cristiana". In un paese che ha tolto alla Chiesa anni fa le opere sociali (scuole, ospedali, etc.) nasce una nuova presenza, un nuovo modo di stare vicino al poveri e alle persone in difficoltà. Nel villaggio si vive insieme e si affrontano le difficoltà come "evangelizzatori" : non violenza, perdono, comprensione, azione.

Tre ragazze di loro hanno trovato la morte nel loro cammino di testimonianza. Sono i nuovi Santi.

"Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla, ma sulla tua parola getterò le reti".

I Missionari del PIME hanno operato in questa zona del Myanmar da 150 anni. Tre di loro, il più giovane ha 77 anni, sono venuti a trovarci ( noi non potevamo andare fuori della città). Guardandoli e ascoltandoli riecheggiavano le parole di S. Paolo ai Corinti, sempre di questa V domenica,

"...il vangelo che vi ho annunziato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi, e dal quale anche ricevete la salvezza..," o quelle del Vangelo:

"Io vi ho scelti di mezzo al mondo, dice il Signore, perché andiate e portiate frutto, e il vostro frutto sia duraturo".

Parole testimoniate dalla vita di uomini anziani nell'età ma giovani e gioviali nello spirito

Una diocesi nuova (creata nel 1988 separandola dalla diocesi Taungyi), aperta allo Spirito per la proclamazione del Regno, che esprime la sua missionarietà inviando giovani Sacerdoti ed impegnata nella formazioni dei giovani perché non cada la speranza di una società migliore in situazioni a volte senza speranza..

La Chiesa cattedrale era una cappella costruita nel 1938 e poi ampliata nel 1955 da P. Anatriello. Ora ha bisogno di riparazioni e, principalmente, non riesce a contenere il numero di persone che partecipano alla liturgia domenicale. È sempre piena e diversa gente deve restare fuori durante l'Eucarestia per mancanza di spazio. Il Vescovo mi ha chiesto di progettargli una chiesa più grande. Speriamo di farcela.

Visitando le parrocchie della città mi ha colpito la presenza in tutte, a fianco della Chiesa, della grotta di Lourdes. Punto d'incontro per la recita del rosario, dell'Angelus, o anche per una semplice preghiera prima e dopo l'andare in Chiesa. In quei giorni tante volte ho visto persone anziane, bambini e giovani fermarsi un momento per una breve preghiera a Maria. La sera il rosario. Lourdes continua a dare il suo messaggio di preghiera anche tra questi monti, testimonianza di fede nella sofferenza fisica o morale.

"Io vi ho scelti di mezzo al mondo, dice il Signore, perché andiate e portiate frutto, e il vostro frutto sia duraturo"

Il Signore continua il suo discorso d'Amore usando i piccoli ed i poveri. In tanti nel mondo si muovono, viaggiano ed il loro numero è in aumento. Basta vedere gli aeroporti internazionali. In questi ultimi mesi in Bangladesh abbiamo avuto diversi gruppi di amici e visitatori che sono venuti a vedere, a portare la loro solidarietà. Sotto sotto nutro sempre la speranza che qualcuno scelga di venire per restare.

La maggior parte di questi amici è gente non più giovane. Restano contenti e ci aiutano materialmente e siamo loro grati.

Ma l'Evangelizzazione resta un problema di persone che decidono di annunziare il Vangelo a quanti sono in attesa. Ecco perché sono stato contento di andare a Loikaw e conoscere tre giovani Sacerdoti ordinati tre o quattro anni fa pronti a partire per annunziare Cristo in un paese diverso dal loro come cultura, lingua e tradizioni. Dietro di loro una comunità non forte economicamente ma forte di Fede.

Domenica 1° febbraio in un campo profughi al confine con la Tailandia, un sacerdote delegato dal suo Vescovo amministrava il sacramento della confermazione a cinquecento persone. Nuova Pentecoste, ho pensato, tra gente che "viaggia" non per piacere o per turismo. La Chiesa è opera dello Spirito.

"Signore.. sostienici con il tuo Spirito perché la tua Parola, accolta da cuori aperti e generosi, fruttifichi in ogni parte della terra." Preghiera della liturgia domenicale che sintetizza quanto sta avvenendo in tante parti del mondo e che "non fa notizia" per i mezzi di comunicazione. Questi sono impegnati per riportare notizie di crisi economiche che creano nuove povertà o giustificano delle politiche di produzione, tensioni di guerre possibili o cronache di guerre "non ufficiali" in corso senza la minima volontà di fermarle. Mezzi di comunicazione che spesso fanno capire la superiorità di alcuni o di certi gruppi umani su altri. Un razzismo di nuova lega. Sentirsi superiori per il colore della pelle o perché si viene da paesi “civili”. "Signore allontanati da me che sono peccatore". È la preghiera di Pietro che mentalmente aveva discriminato il Maestro.

Tornando a Dhaka da Yagoon sull'aereo avevo a fianco un giovane giapponese. Visto che alla partenza dell'aereo mi sono fatto il segno della croce mi ha chiesto chi ero. Poi, parlando in perfetto inglese, si è presentato dicendo di essere un dottore che veniva in Bangladesh per una ricerca sulle malattie infettive per un programma di cooperazione del governo giapponese con quello bengalese. Dr. Hiroshi, appartenente al gruppo "I Samaritani", entusiasta del suo lavoro. In cuor mio ho ringraziato il Signore ed ho augurato a Dr. Hiroshi buon lavoro "samaritano".

Caro Amico, mi fermo qui e ti ringrazio di avermi letto. Se non puoi scrivermi una lettera prega per me e per questi giovani che sperano in un mondo nuovo e migliore.

P. Adolfo

1998

S. Pasqua di resurrezione

“Non darete più la paglia al popolo per fabbricare i mattoni, come facevano prima. Si procureranno da sé la paglia. Però voi dovete esigere il numero di mattoni che facevano prima, senza ridurlo, perché sono fannulloni, per questo protestano...”

Amici carissimi,

qualche giorno fa chiesi ad un tale che l'anno scorso aveva dato il colore ad una ringhiera sul muro di cinta della Parrocchia, di rifare il lavoro perché il colore veniva via. Mi aveva “fregato” dandomi una pittura non buona e con la pioggia veniva via. Cose che capitano. "Va bene, rifarò il lavoro senza farmi pagare." Il giorno dopo trovo tre bambini di circa 10 anni di età con la carta vetro a pulire il ferro per ridare la pittura. Chiamo il "capo" e gli dico che non può far lavorare i bambini perché dovrebbero andare a scuola. Comunque non a casa mia. Il risultato è stato che i bambini non sono più venuti ed al loro posto sono venuti tre giovanotti. Mai stati a scuola e che hanno iniziato a lavorare da piccoli. Il loro magro e misero guadagno (al massimo 1/3 della paga dell'adulto che vuol dire 400-600 lire al giorno) non è di nessun aiuto finanziario alla famiglia. Dopo aver lavorato un mese un ragazzo di 12 anni è venuto a chiedere i soldi per comprarsi un pantalone perché il suo si era completamente rovinato lavorando. Così non si crea ricchezza, come qualcuno afferma, ma si perpetua la miseria.

In questi giorni si fa un gran parlare del lavoro minorile. Almeno se ne parla. Anche in Bangladesh si terrà una marcia contro il lavoro minorile. Si scoprono tante situazioni in cui i bambini sono sfruttati e si fanno dichiarazioni forti, quasi bollettini di guerra. Si cercano colpevoli, ma credo che ci si debba chiedere: "Io cosa posso fare".

Posso parlare di quello che sto vivendo in Bangladesh. Sino a trenta anni fa la scuola era un privilegio di pochi. La maggior parte viveva nei villaggi dove i bambini portano al pascolo capre, papere, ed altro bestiame e le bambine fanno i cento lavori di casa: raccogliere la legna, portare l'acqua, pulire, cucinare e tutto il resto. Quando è stata proclamata la scuola dell'obbligo ( sino la quinta elementare) in certo senso è aumentato il numero delle scuole (almeno sulla carta) e la percentuale dell'alfabetizzazione è aumentata nelle statistiche. In alcune città si sono aperte scuole private che vanno bene, ma sono per la parte ricca della popolazione perché costano abbastanza.

Ci sono alcune cose che però non vengono viste. C'è il fatto che molte famiglie, dove papà e mamma devono lavorare per poter portare avanti la famiglia, preferiscono portare i loro bambini dopo gli 8-10 anni in un posto di lavoro. Almeno qualcuno li guarda ed imparano un mestiere. La scuola a che serve? Qualcuno mi risponde "A creare dei fannulloni!". Qualcosa di vero c'è anche in questa risposta poiché un ragazzo che ha frequentato la quinta elementare si rifiuta di dare una mano a casa e tantomeno di lavorare la terra. Non ci si può sporcare le mani.

Credo che alla base ci sono tre realtà che devono cambiare in positivo per salvare i bambini dalla schiavitù del "profitto".

· La famiglia. Occorre che i genitori siano attenti ai doni da sviluppare nei figli e nel ritenersi responsabili della loro educazione in prima persona. Un papà mi confessava "Padre, ho due lavori da seguire, ma per salvare mio figlio (di diciotto anni) devo lasciarne uno per essere presente a casa. Lui ha bisogno di me, non dei miei soldi". "Padre, dobbiamo lavorare tutti e due (marito e moglie) perché altrimenti non riusciamo ad andare avanti". E qui non si parla di mettere da parte qualcosa, ma avere il necessario per oggi. Questo anche perché in Bangladesh non c'è assistenza sociale. La famiglia deve pensare a tutto, dal mangiare alle medicine e all'assistenza agli anziani. Solo alcune categorie di persone (impiegati statali, soldati, poliziotti, medici ecc.) hanno della sicurezza come pensione o assistenza malattia, e sono le categorie di chi sta bene economicamente. D'altra parte in una visione di "economia di mercato" il "salario" è alla persona e non si parla di salario familiare. Ragazze che lasciano casa per lavorare in città nelle fabbriche di vestiti o concerie per avere "una loro indipendenza". È stata una rivoluzione sociale verso la quale la famiglia si è trovata impreparata.

· La Scuola. Negli ultimi anni ho chiesto a diversi giovani che si apprestano a iniziare studi superiori, equiparati al ginnasio - liceo nostri, qual è la loro scelta di studio. Diciamo per il 90% scelgono materie "tecnico - economiche" per avere "un posto sicuro" ed soldi sicuri.

Nel Gennaio del 1991 il Governo del Bangladesh decideva l'obbligo della scuola elementare. Ma sino ad oggi, "per mancanza di fondi e un programma di educazione scolastica", poco o niente è stato fatto. Anche se l'UNICEF sta cercando vie per l'implementazione del diritto all'educazione. La scuola è impreparata ad affrontare i problemi di una società che cresce a velocità del "computer". Gli insegnanti sono impreparati. I programmi ed i testi scolastici cambiano continuamente, ma come cambiare chi deve insegnare, specie se l'insegnamento è un ripiego temporaneo in attesa di un posto migliore. Problema di uomini, di vocazione. Venticinque anni fa incontrai un maestro mussulmano a Dhanjuri, mia prima missione, che per quaranta anni aveva insegnato nella scuola della missione. Era stato per lui un onore ed una gioia. Spero sempre di incontrare qualcuno come lui. Secondo me è un problema di vocazione, di uomini.

· La Società E qui il discorso diventa ancora più difficile. A Dhaka ed in alcune altre città del Bangladesh ho visto che sono stati realizzati dei "parchi" per bambini. A Dinajpur chiesi ed ottenni dal Vescovo per la comunità parrocchiale un'area di terreno dove i bambini e giovani della parrocchia possono ritrovarsi per giocare, correre, stare insieme. In un villaggio, però, oltre alle capanne non ci sono spazi liberi per giocare. Se si è fortunati poco di spazio nei campi dopo il taglio del riso. In città forse un cortiletto, ma nella maggior parte dei casi è la strada il luogo di ritrovo.

Avuto il terreno resta un aspetto importante che avete anche voi in Italia. Nella mia parrocchia si scatenano 150-200 tra giovani, bambini, ragazze ed allora è necessario trovare "aiuto" perché lo scatenamento diventi momento educativo e di crescita. Sono fortunato perché ho quattro catechiste ed alcune giovani che mi danno una mano. Ne avrei bisogno del doppio. Sono gli operatori parrocchiali oppure “sociali". Forse è una vocazione nuova da scoprire e sviluppare.

Prego S. Filippo Neri e D. Bosco perché facciano fiorire queste nuove vocazioni.

Se però guardo al Bangladesh allora ho il capogiro perché solo a Dinajpur sono in ventimila ad avere bisogno di tanti educatori !!! Allora non resta che pregare ed attendere una CONVERSIONE dei cuori.

In Dhaka alle sei del mattino vedo i bambini che puliscono la strada, che raccolgono tra i rifiuti quanto è riciclabile, o si danno da fare per aiutare nei luoghi dove la gente fa colazione.. Tanti altri sono al lavoro nelle migliaia di carrozzerie, officine meccaniche, magazzini per l'imballaggio, davanti ai negozi per guardarti la macchina o aiutarti a potare quello che compri, e mi scoraggio. Se poi do uno sguardo agli "slum", cioè le zone della città dove milioni di persone che lavorano nelle tante industrie, allora non è scoramento ma perdita di speranza perché sono decine di migliaia i bambini in attesa di un'educazione alla vita e la macchina sociale in moto li considera solo come "mano d'opera senza qualifica". Secondo alcuni dati, in 1821 fabbriche tessili, sono10.547 i minori impiegati.

Quindi sogno una Pasqua di liberazione nuova e necessaria. Liberazione da dei programmi economici che molti dicono "necessari , inderogabili" ma che non considerano la persona, o da sistemi politici che accettano di essere corrotti senza sviluppare un minimo di politica sociale.

"Non darete più la paglia al popolo per fabbricare i mattoni come facevano prima. Si procureranno da se la paglia. Però voi dovete esigere il numero di mattoni che facevano prima, senza ridurlo. perché sono fannulloni; per questo protestano;." (Es 5;7-9)

Questo "sono fannulloni" è un'espressione che ho sentito dire nei confronti di tante persone del mondo in via di sviluppo. E quelli che lo dicono hanno la pretesa di non essere fannulloni solo perché dipendono da ricchezze create o accumulate da altri. Quanti che dipendono dal lavoro giornaliero per vivere hanno la possibilità di avere il "periodo di vacanza" pagato. Ho sempre davanti a me il numero enorme di "vacanzieri europei" ed asiatici, in numero minore, che affollano gli aeroporti ed i voli per e dall'Asia. Bangkok, Singapore, Hong Kong per dire solo alcuni. Le ferie sono un diritto e per tanti una giusta esigenza. Per tanti è solo un miraggio.

Una Pasqua dove qualcuno "vedendo la folla" dica ancora:

"Ho compassione di loro perché sono come pecore senza Pastore".

"Egli, sceso dalla barca, vide una grande folla e sentì compassione per loro".(Mt 14,14)

Perché abbiano la Vita e l'abbiamo in abbondanza io ho dato la mia vita per loro, quella vita che ha la novità di rendere gli uomini fratelli tra loro, figli dello Stesso Padre.

"Dio, grande e misericordioso, che nel Signore risorto riconduci l'umanità alla speranza eterna, accresci in noi l'efficacia del mistero pasquale con la forza dell'Eucarestia."

P. Adolfo

1998

15 settembre

Dhaka

Amici carissimi,

spero che stiate tutti bene alle prese con l'avvio di attività, studi ed impegni in parte interrotti dalla pausa estiva. So che molti di voi sono stati più impegnati durante l'estate che nel corso dell'anno. Il nostro ultimo incontro per lettera è stato lo scorso aprile per la Santa Pasqua. Avrei dovuto scrivere almeno altre tre o quattro lettere per il susseguirsi di avvenimenti, ma lasciamo la lacuna aperta perché per scrivere una lettera occorre tempo per riflettere prima di scrivere.

La Kimi ha dovuto essere operata. Gli hanno dovuto asportare la milza ed intervenire per l’appendicite. Sta bene. Speriamo che queste operazioni diminuiscano il numero delle trasfusioni di sangue. Saluta tutti con il suo sorriso timido, vivendo con i genitori a circa 180 Km. da Dinajpur, e vi assicura il ricordo al Signore.

La Cecilia dal suo letto ricorda tutti i "miei amici . Quando a maggio sono partito per la Terra Santa mi ha detto che mi voleva aiutare "di più". Alla mia domanda di cosa avrebbe voluto fare mi ha detto "Posso fare il catechismo". Da allora tutti i venerdì nella sua stanza si raccolgono 15-20 marmocchi (dell'asilo e prima elementare) ad ascoltare, rispondere, cantare, pregare. Quel giorno mi sono venuti i lucciconi che ho bravamente nascosti dicendo "E va bene, fai pure, poi io farò gli esami ai bambini."

Il viaggio in Terra Santa mi ha dato la possibilità di trascorrere alcuni giorni in Italia, che sono stati troppo brevi per poter essere momento di incontro e di scambio anche con voi. Scusatemi. La terra del Signore Gesù continua a vivere " l'assenza della Pace". Pace non può stabilirsi nel continuo confronto con l'altro senza un minimo sforzo per capirsi, nel voler essere superiori, nel vivere ignorandosi o guardandosi come nemici. Questo confronto tra i credenti nel Dio Unico è uno scandalo per i "non credenti "o gli esclusi dalla religione del Dio Unico. Eppure Gesù ha annunziato un Dio Padre di TUTTI, che ama tutti ed è alla ricerca di ogni uomo venuto a vivere la sua avventura. E di questo annunzio parlano "le pietre".

Pensavo a questa mia già a metà agosto, quando il Bangladesh ha avuto il suo ennesimo "disastro naturale": l'alluvione . Quando sono iniziate le piogge c'era tanta speranza perché si sarebbe potuto piantare il riso in tempo giusto e con la quantità di acqua necessaria. Non ci sarebbe stato bisogno dell'irrigazione con le pompe. Poi invece l'acqua è diventata il pericolo numero uno. Troppa acqua è stato un disastro per i due terzi di questo paese piccolo e sovrappopolato. Sono più di due mesi che persone, famiglie vivono appollaiate sui tetti delle loro misere case o in rifugi 'temporanei" nella speranza che l'acqua non distrugga tutto e non porti via tutto. Una marea anomala alla foce del delta del Gange-Bramaputra impedisce all'acqua il deflusso regolare al mare. La città di Dhaka ,più di otto milioni di abitanti, sta ancora vivendo in ansia. La diga che difende la città dalle acque del fiume può crollare e sarebbe un vero disastro. Si prega e si lavora notte e giorno perché questa diga resista.

Sono tanti i momenti di solidarietà che nascono in questi giorni. Il sorriso dei bambini e dei giovani che si danno da fare perché la vita non si fermi. Si inventano le botteghe "viaggianti". Una barca con frutta, verdura, riso. Tanti a prendere pesci. Le scuole, le missioni, divengono rifugi per migliaia che hanno dovuto abbandonare la casupola o il terreno invaso dall'acqua. Connivenza di Mussulmani, Indù e Cristiani uniti dal disagio e nella sofferenza di questo "disastro della natura".

Riprendo questa lettera oggi 15 Ottobre 1998, dopo un mese. Il tempo è volato e le cose da fare sono aumentate. Stiamo vivendo il dopo alluvione con il grosso problema di utilizzare bene quanto la solidarietà internazionale sta mettendo a disposizione del Governo e delle organizzazioni volontarie. Bisogna sempre sperare contro ogni speranza per non disperare. (nuovo scioglilingua). Certo che nel mondo tensioni e sofferenze non mancano e molti riescono a vedere soltanto le proprie, ed altri ad operare per darne agli altri. È l'umanità che cammina confrontandosi continuamente tra il bene da fare ed il male da evitare.

Affido alle vostre preghiere una giovane di 21 anni che deve essere operata al cervello. Parte oggi per Calcutta, poiché non è possibile operarla in Bangladesh. Affidiamola a Madre Teresa. Grazie.

In questo mese di ottobre si parlerà e pregherà per le missioni. Nel mio cuore di vecchio resta sempre la speranza che qualche giovane venga a prendere il mio posto. Grazie.

P Adolfo

1999

1999

30 agosto

Dhaka

Amici carissimi,

Questa mia vi giunge al termine del periodo caldo e di vacanze in Italia. Come alcuni di voi sanno, sono venuto in Italia a fine marzo in tempo per trascorrere la Santa Pasqua a Gaeta. Sono seguiti due mesi di incontri in varie località italiane per poi rientrare in Bangladesh il 9 luglio scorso. Il tempo è volato tra impegni vari e riunioni che mi hanno fatto viaggiare quasi tutto il tempo passando dal treno all’auto e viceversa. Devo ringraziare molti di voi che mi hanno aiutato in quei giorni e chiedo scusa a quanti non ho potuto dare neppure un momento di ascolto. Diverse persone hanno voluto contribuire alle attività che ho in corso in Bangladesh e le ringrazio di cuore.

Lo scorso anno in Bangladesh avevamo l’alluvione e le conseguenze di esso. Quest’anno oltre alla tensione di instabilità politica abbiamo l’emergenza "slum" che propone problemi molto più seri e difficili dell’alluvione.

Dovete sapere che nella città di Dhaka su 9 milioni di abitanti si calcola che circa due o tre milioni vivono negli "slum". Che significato ha questa parola che in italiano si traduce con "tugurio, baraccopoli".? Quando una famiglia o più arrivano in città in cerca di lavoro, non avendo la possibilità di affittare una casa (una stanza ed annessi costerebbe quanto quello che si guadagna in un mese lavorando anche 10 ore al giorno) allora decidono di fermarsi su un terreno "libero" e fare qualcosa di temporaneo per "stare" avendo una specie di tetto sulla testa.

Uno dei terreni privilegiati a Dhaka sono stati gli spazi della ferrovia – per cui terreno Governativo – che si trovano dai binari al confine delle proprietà, e sarebbero zone di rispetto. Sono fasce di 3 – 4 metri che corrono a fianco ai binari nelle due direzioni.

Su queste fasce di terra si sono formati alcuni "slum" composti di tettoie di 9-12 metri quadrati coperti con plastica con a fianco un minimo spazio per un cucinino a petrolio o a legna racimolata durante il giorno. In alcune zone si sono sviluppati gruppi di lavoro (meccanici di tutti i tipi, falegnami, artigiani ect.) per cui i locali sono stati coperti con lamiere. In questi luoghi di lavoro è apparsa la corrente elettrica avuta con collegamenti illegali e molte volte anche pericolosi. Passando con il treno la sera all’imbrunire è un continuo lampeggiare delle saldatrici o macchine che lavorano il ferro in un formicaio di ragazzi e giovani con il dorso pieno di sudore e sporchi di fuliggine, nafta o grasso. Sono migliaia di persone e sembra proprio un formicaio in continua attività. Un "formicaio" fatto di persone.

Lo scorso anno l’alluvione portò a Dhaka circa due milioni di persone provenienti da zone alluvionate. Di queste circa duecentomila sono rimaste in città occupando zone a fianco alle strade principali, spazi per marciapiedi o allargamento futuro. Altri "slum" sono sorti in terreni nelle vicinanze di fattorie od industrie per dare alloggio a molti di quelli che vi lavorano.

Certamente c’è stato chi ha approfittato facendo di alcuni "slum" un modo per fare soldi "affittando" il terreno (anche se non proprio) a poveracci per dare loro il "diritto" di stare con la loro baracca di 9-12 metri quadrati . Il prezzo varia dalle 300 alle 600 Tk. (12.000-18.000 lire al mese) che è un terzo di quello che un poveraccio guadagna in un mese. Alcuni gruppi politici vogliono appoggiare questi "poveri" nei loro diritti, altri li vogliono "usare" e non ultimi alcuni fuori legge o contrabbandieri si fanno scudo di queste povertà per le loro attività illecite.

La maggior parte delle persone che vivono questa povertà sono operai, cioè gente che lavora sudando realmente dalla mattina alla sera per un "piatto di riso": guidatori di risciò, tanti ragazzi che riparano le auto o altri mezzi di trasporto, quelli che puliscono la città, tanti artigiani, venditori ambulanti, quelli che riciclano i rifiuti, e gente simile.

Sono stato nella cittadina di Sirajgonj dove è presente P. Carlo Buzzi. Una cittadina di mezzo milione di persone con quattromila, proprio 4.000 industrie di tessitura dove lavorano sempre operai ragazzi/giovani. Tettoie di lamiera basse dove il tempo è scandito dal battere dei telai raggruppati in poco spazio con un caldo umido che appiccica la pelle a quel poco che indossi, sempre bagnato. Mi sono chiesto : "Ma dove vivono questi giovani ?". Molte volte la risposta è uno "slum".

Quest’anno, in agosto il Governo ha deciso di "pulire" alcuni "slum" mandando via la gente. È stato un confronto che ha fatto rumore con un crescendo che è diventato fatto nazionale. I poveri si sono appellati al Tribunale che ha chiesto degli interventi "razionali" al Governo.

Ci sono stati alcune NGO (Organizzazioni volontarie) ed alcuni gruppi politici che sono intervenuti . Un gruppo di alcune migliaia di "sfollati" si è insediato sul terreno antistante l’Alta Corte di Giustizia. L’occupazione simbolica è terminata pacificamente dopo alcuni giorni anche per la mediazione di persone che appoggiano questi gruppi poveri. Si parla di riabilitazione, di interventi a favore di queste persone.

Il Governo ha chiesto alle NGO di intervenire per aiutare le autorità nella ricerca di soluzioni alternative e più umane a questi sfratti. Certo che la dimensione del problema è maxi e di non facile soluzione, anche perché lo spazio qui in Bangladesh è proprio poco.

Chi viaggia oggi per il Bangladesh resta sorpreso dal numero dei fabbricati che sorgono dovunque. Dhaka ormai ha fabbricati di quindici/venti piani, moltissime le case di quattro o cinque piani. Nelle cittadine, come Dinajpur o nei grossi villaggi o mercati, molte case sono in mattoni e come minimo hanno il tetto in lamiera. Molti cercano un aiuto, un prestito per "farsi la casa".

Credo che sia un fatto positivo perché indica stabilità di vita ed un miglioramento delle condizioni sanitarie delle persone. Molti missionari sono impegnati nella costruzione di case per famiglie povere. Qualcuno ha fondato le cooperative per le case, altri aiutano per il riscatto attraverso il lavoro e così via. C’è tanto da inventare anche in questo campo. Secondo me è il momento di dare loro una mano sia per fare cose buone in modo economico, sia per studiare come impegnare le persone ed i villaggi in questo nuovo modo di vivere.

In Bangladesh per molti la casa è sempre stata una cosa semplice e "temporanea" perché in momenti di difficoltà naturali o di conflitto si abbandonava la "casa" di bambù o fango e ci si spostava senza tanti problemi in luoghi più sicuri. Quello che capita oggi per gli "slum". Questo è avvenuto per secoli in questo fertile delta del Gange e Bramaputra.

L’aver dato dei confini politici e per il cambiamento avviato nel settore industriale e con l’urbanizzazione la "casa" viene ad avere una sua configurazione nuova.

P. Natale, giovane missionario da alcuni mesi a Dhaka per studiare la lingua Bengalese, prima di essere assegnato ad una Missione, mi ha detto che, secondo lui, si dovrebbe aiutare ad emigrare almeno a 30 milioni di Bengalesi per dare una vita "vivibile" ai 90 milioni che resterebbero in questa ricca terra abitata da tanti poveri. La stessa cosa la pensavo io venticinque anni fa, con una popolazione in numero minore dell’attuale.

Oggi è il 12 settembre e nel mentre sono stato a Dinajpur per alcuni giorni. Riprendo questa lettera con un grande dolore e vuoto nel cuore per la tragedia che si sta consumando in Timor Est. Come sapete questa zona venne annessa unilateralmente dall’Indonesia ed ha sempre aspirato alla sua indipendenza. Dopo aver espresso nel referendum svoltosi sotto l’auspicio delle Nazioni Unite lo propria volontà, a risultato annunziato, è seguita una reazione che è di "genocidio". Sembra che il mondo alle soglie del 2000 debba assistere impotente davanti alla prepotenza di pochi nel togliere la libertà specie ai poveri.

È un dolore che si aggiunge alla sofferenza subita da questa gente per 25 anni nel contare le vite distrutte dall’odio e dal volere imporre la propria volontà a persone che sentono nella libertà un aspetto della dignità di essere persone.

Anche oggi l’Eucarestia è stata per loro. Resta il momento in cui ritrovo il coraggio di continuare a restare in questa parte del mondo che vede la sofferenza di tanti poveri, le lacrime, le grida di tante persone che sperano di poter non spegnere il sorriso dei loro bimbi.

La preghiera della Liturgia di oggi possa aiutare i poveri a vivere queste realtà:

"O Padre, Dio di giustizia e di amore, che perdoni a noi se perdoniamo ai nostri fratelli, crea in noi un cuore nuovo a immagine del tuo Figlio, un cuore sempre più grande di ogni offesa, per ricordare al mondo che tu ci ami."

Resta sempre una cosa difficile il vivere il Suo comandamento:

" Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore, che vi amiate a vicenda come io ho amato voi."

Però solo così riusciamo a dire "Perdona le nostre colpe COME noi perdoniamo gli altri". Mettiamo nella parola "altri" quelli che sono presenti oggi nella nostra mente con i quali abbiamo un qualsiasi debito di vita.

Grazie di avermi letto. Invio questa mia per e-mail a diversi amici che usufruiscono di questo nuovo modo di comunicazione. Se qualcuno ha questa possibilità me lo comunichi a "pimefax@bdcom.com"

Il Signore della misericordia Vi benedica.

Fr. Adolfo

1999

3 dicembre

Dhaka


"Alla tua Luce vediamo la luce", dice il salmo;

"Verrà con potenza il Signore e sarà luce ai nostri occhi", recita l’antifona della seconda domenica di Avvento.

L’8 Novembre era la festa Diwali, anche conosciuta come Deepavali, celebrata dalla comunità Indù, "La festa della Luce", ed il Santo Padre era a New Delhi per testimoniare il Vangelo, Luce per la vita dell’umanità. Una coincidenza? Certo un avvenimento che lascia le sue tracce nella storia. Uno dei rappresentanti nell’incontro delle diverse religioni presenti in India ha detto al Papa che la sua visita era come una luce che avrebbe aiutato a vedere meglio la strada per la pace.

Proporre Cristo oggi è sempre da una parte una incognita e dall’altra una sfida. La Chiesa è alla ricerca continua per una proclamazione a tutti del Cristo Salvatore come novità di vita ed allo stesso tempo ricercare nella vita di miliardi di persone segni che denotano la presenza di Cristo "vivo ed operante in mezzo a noi" , come preghiamo nella Eucarestia. È questa presenza che sconcerta e modifica o rende nuovi i rapporti tra le persone. Ecumenismo, dialogo, servizio, solidarietà sono alcune delle parole con cui cerchiamo di delimitare questa scoperta. È la sfida del prossimo millennio. La Chiesa in Asia vive in molte parti la persecuzione, l’oppressione rivive il martirio di Cristo nella speranza della risurrezione che deve venire. Guarda alle Chiese d’Europa da cui hanno avuto il messaggio e la fede, e si chiede del perché dell’indifferenza religiosa o del non curarsi più di Cristo. Guarda ad una gioventù ricca materialmente che ha anche frange di povertà, a volte violenta e trasgressiva, che è alla ricerca di quello che a loro è stato proposto con l’incontro con Cristo.

Mancano 27 giorni al termine di questo millennio ed entrare nel duemila. Infatti oggi è la festa di St. Francesco Saverio, patrono della parrocchia e della nostra diocesi. I miei parrocchiani in un incontro hanno voluto ricordare i missionari che hanno portato il Vangelo dal secolo scorso i cui nomi non sono sui giornali ma che hanno lasciato un segno vivente : La Chiesa. Per essere preciso, se non erro, cinque diocesi - tre in India e due in Bangladesh- nell’arco di quasi centocinquanta anni.

Entrare nel duemila. Entrare richiama l’idea di porta. Ed è una porta che verrà aperta dal Santo Padre in S. Pietro per dare inizio ad un anno giubilare. Evocherà il passaggio che ogni cristiano è chiamato a compiere dal peccato alla grazia, e ricorderà che nessuno può andare al Padre se non per mezzo di Cristo. Una delle porte della mia chiesa cattedrale è stata chiusa all’inizio dell’avvento e verrà aperta la notte del 31 Dicembre. Tutte le case hanno una porta di ingresso. L’entrare od uscire non è solo un movimento ma è un aprire o chiudere la porta. Nella vita di ciascuno di noi ci sono ricordi legati alla porta. La porta dello studio di mio padre che se si chiudeva era il castigo più grosso perché significava che si era rotto un dialogo. La porta sbattuta con rabbia da qualcuno della famiglia che con questo gesto voleva dichiarare la sua libertà o rompere un legame vitale con gli altri. La porta dell’università di ingegneria di Roma, dove avevo incontrato il Prof. Maresca ed avevo iniziato il mio cammino di lavoro. La porta dell’ufficio di Mons. Casaroli e di Mons. Gargiulo, pronti ad accogliere ed ascoltare. Il portone del Seminario di Gaeta e quello imponente del Seminario di Anagni dove avevo degli amici con cui parlare che si sarebbe aperta e chiusa nelle tappe della mia vocazione. La porta della Chiesa di S. Giacomo, del Santuario della Civita e di Lenola, quella del Santuario della Montagna Spaccata e poi quello della prima casa che mi ha ospitato in Bangladesh al mio arrivo il 4 di Aprile del 1969, un giorno di caldo torrido con 45 gradi all’ombra. Le tante porte di uffici di organizzazioni internazionali a cui ho battuto per avere un aiuto per situazioni disagiate e tante volte un rifiuto che, strano, suona "non entra nelle nostre priorità”, o “nelle nostre scelte"; "non è il nostro campo". Meno male che ci sono le eccezioni !!! Porte di uffici a cui devi bussare perché un giovane trovi lavoro o una ragazza possa trovare almeno rispetto se non giustizia dopo 12 ore di lavoro duro e poco retribuito e così via.

Andando avanti con il pensiero le porte si moltiplicano, si sono aperte e si sono chiuse; piccole o grandi, con la serratura doppia e la catena per non avere degli intrusi, oppure semplice, fatta di paglia e bambù, di una misera capanna dove qualcuno aspetta l’ingresso del sacerdote che lo aiuti ad entrare in una vita di dimensione nuova. Non voglio essere pedante, mi riprometto di continuare la riflessione sulla porta e la mia vita.

Entreremo nel duemila ed il Santo Padre aprirà la porta che indica un cammino di salvezza. Allora le parole di Gesù "Io sono la porta, chi per me passerà sarà salvo; entrerà ed uscirà e troverà pascoli." (Gv. 10, 9-sg) prende un significato nuovo. Entrare ed uscire. Si entra per avere si esce per dare. Si chiude per non vedere e si apre per accogliere la realtà di fuori. La porta santa è anche simbolo di apertura sulla realtà del mondo che ci circonda, con le discriminazioni e le paure. Gli addetti alla pulizia delle strade e delle case che devono prendere il loro tè la mattina sulla strada perché impuri, il quartiere di coloro che hanno per tetto la pensilina della stazione ferroviaria o di un albero che gli accoglie per la notte, le officine meccaniche che lavorano di notte con lo sciame di ragazzi che si intravedono tra i lampi delle saldature, e tante altre realtà che molte volte non fanno parte dei nostri piani pastorali.

Aprire le nostre porte perché la Luce che è in casa possa illuminare chi bussa. Fa’ sempre paura aprire una porta dove c’è buio e non si conosce chi o cosa ci aspetta.

Tutti ricordiamo il quadro che raffigura Gesù che bussa ad una porta senza maniglia perché si apre solo dall’interno. Io busso ed attendo. In questo caso è Gesù che illuminerà la casa che lo accoglie, ci farà vedere quello che i nostri occhi non riescono a vedere.

La notte di Natale è anche la notte della Luce che viene ad illuminare ogni uomo che viene in questo mondo. Dio è luce e in lui non ci sono tenebre. Se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato.

Di tutto cuore auguro a tutti che il Santo Natale trovi la vostra porta aperta alla Luce che viene ed illumini il vostro cammino di vita all’accoglienza e all’incontro..

Festa di St. Francesco Saverio 1999

Fr.Adolfo

Nota

Questa lettera viaggia per e-mail e tramite il servizio di alcuni amici giunge a tutti voi.

Trovate i miei recapiti e-mail sulla testata.

Bruno Guizzi, amico da sempre, (e-mail: brguiz@tin.it tel.0771465104 ) ha trascritto al computer le mie lettere dal 1996 ad oggi e le può inviare a chi desidera averle. Lo ringrazio e per farlo contento gli faccio un poco di pubblicità ...gratuita.

Alcuni mi hanno chiesto come aiutarmi concretamente. Vi posso indicare alcuni campi in cui sono impegnato :

1. La preparazione dei giovani al lavoro. Mentre sono già aiutato per quanti devono frequentare corsi di avviamento al lavoro, uno dei programmi che ha bisogno di aiuto è quello del computer/giovani. L’amico Bruno Guizzi è in contatto con me per questo programma.

2. Giacché abbiamo parlato di porta, c’è la necessità di aiutare, specie alle famiglie giovani, ad avere una piccola casa. Il progetto ha diversi aspetti, compreso il loro contributo anche se scaglionato nel tempo. A chi interessa potrò dare i dettagli.

3. L’aiuto sanitario ai poveri che non hanno la possibilità finanziaria di affrontare le spese

per cure mediche, che in Bangladesh sono in continuo aumento.

3. La casa Maria – cioè la casa parrocchiale- sta diventando piccola e si pensa a dover costruire altre tre aule per catechismo e studio per i ragazzi.

2000

2000

4 gennaio

Dinajpur

Carissimi

Eccovi la cronaca “zippata” di due giorni vissuti a Dinajpur tra la fine di un millennio e l'inizio di un altro.

Il 31 Dicembre mattina, ferveva la preparazione e 200 giovani e ragazzi della parrocchia erano più che indaffarati a preparare l'accoglienza, i cori, la liturgia che si sarebbe svolta in due posti lontani l'uno dall'altro 6 Km.

Nel primo pomeriggio c'è stato l'arrivo dei rappresentanti di tutte le parrocchie della diocesi ( 100 persone per ognuna delle 13 parrocchie) più i catechisti, le Suore ed alcuni gruppi di danzatori dei gruppi tribali Santal ed Oraon.

Alle 6 della sera è iniziata la preghiera con la benedizione e distribuzione dei rosari. La recita del rosario intercalata da canti e da piccoli interventi è andata avanti sino alle sette e mezza di sera. È seguita una magra cena. Qui l'errore di calcolo: prevedevamo solo 1.200 persone ma ce ne erano 1.800 a mangiare. Con pazienza e sacrificio hanno mangiato tutti e alle 10 è iniziata la veglia di chiusura dell'anno 1999, prima della Messa per la pace di mezzanotte.

Due sacerdoti locali, P. Marcus, P. Samson hanno guidato la riflessione sul significato del Giubileo e di Maria Regina della Pace, con intermezzi di canti e l’accensione delle luce alla grotta di Lourdes, che è a fianco della Chiesa Cattedrale. A mezzanotte il Vescovo ed il clero in processione dalla Casa Parrocchiale si è recato davanti alla Cattedrale, dove era allestito l'altare e una grande tenda per i circa 2.500 presenti.

All'inizio della celebrazione, presenti 28 Sacerdoti concelebranti, il Vescovo Moses Costa ha scoperto il mosaico del Giubileo, di cui spero di potervi inviare presto una foto.

La S. Messa per la pace è stata seguita con attenzione ed è terminata alle una e mezza. Un poco di riposo sulla paglia preparata nei locali del seminario, del centro pastorale e dei due convitti esistenti. Dopo un relativo riposo alle sei è iniziata la distribuzione della colazione per tutti.

Alle 7,30 si è snodata la processione con in testa la Croce del Giubileo, dalla Cattedrale al nuovo Santuario della Madonna del Rosario.

Lungo un chilometro in continua preghiera il pellegrinaggio si è snodato tra le strade in una fitta nebbia ed aria fredda tra l'ammirazione di migliaia di Mussulmani e Indù che in silenzio hanno seguito questi uomini, donne, giovani ed anziani bambini, testimoni della loro fede.

Ad un chilometro dal Santuario si è congiunta un’altra processione proveniente dalla parrocchia più vicina, quella di Suihari, con una banda di danzatori Santali in apertura.

Un gruppo di ragazze Oraon hanno ricevuto la processione guidata dal Vescovo e danzando sono arrivati davanti alla spianata del Santuario. Sulla spianata davanti al Santuario era stato allestito un palco con l’altare, a fianco il posto per il coro, ed una grande tenda per ricevere i pellegrini. La spianata si è riempita in poco tempo. Alle 9,30 il sole ha fatto capolino diradando la nebbia e mitigando il freddo dando alla gente il sollievo di una giornata con un clima mite e sopportabile.

Alla 10 è iniziata la funzione. Dopo le letture ed il canto delle litanie il contrattore – un Mussulmano- Mr. Chowdhuri ha consegnato le chiavi della nuova Chiesa al Vescovo ed un fascicolo con i nomi dei tecnici ed operai che hanno contribuito con il loro lavoro alla costruzione della Chiesa. Dopo la consegna è seguita la consacrazione dell'altare e dei pilastri.

La liturgia è terminata alle 12,30 seguita da un'ora di "cultural show" ben fatto ed alle 1,30 tutti a pranzo !!! È stata una bella moltiplicazione di....riso.

Accettate questa cronaca succinta per il momento. Le foto a dopo.

Un abbraccio. Buon Millennio.

Fr. Adolfo

2000

20 marzo

Dinajpur

Il Salmo 89 recita “Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti”

Io ho raggiunto e celebrato i Settanta anni di vita, come un grande dono del Signore. Per l’occasione ho cominciato a scrivere sulla mia agenda i nomi di persone che ricordo di aver incontrato nella mia vita, a cominciare dai miei genitori, fratelli, amici di lavoro, amici dell’Azione Cattolica, Sacerdoti e così via sino all’ultima arrivata: Miriam Anna.

La lista si è fatta lunga e non è ancora terminata. Ad ogni nome è legato una porzione della “mia vita” che poi non è tanto mia ma “nostra”. Mi sono anche accorto di quanto ho ricevuto e continuo a ricevere da tutte queste persone.

Il numero settanta nella Bibbia ricorre molto spesso e il passo che mi è venuto in mente il giorno del compleanno ( 28 Febbraio o 29 – resta un mistero ?) è quello in cui Pietro domanda a Gesù:

”Signore, quante volte devo perdonare al mio fratello se pecca contro di me ? Fino a sette volte?” Gesù gli rispose “ Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette”.( Mat. 18,21.)

Avrei voluto avere tempo per rileggere il linguaggio dei numeri nella Bibbia per poter capire meglio il disegno del Padre sulla nostra vita. Nella Bibbia il sette è il numero della completezza come anche il dieci. Se la matematica non è una opinione : 7 x 10 = 70 per cui ho la tentazione di dire il mio “Lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace perché i miei occhi hanno visto la Tua Salvezza”. La cosa strana è che questo momento sembra sempre allontanarsi.

Ringrazio per le preghiere e gli auguri che mi sono giunti da tanti per e-mail, per telefono e per lettera. Mi ero ripromesso di offrire un pranzo per il mio compleanno ed avevo invitato anche alcuni di voi a partecipare. Il 28 Febbraio ho offerto il pranzo ai ragazzi e le ragazze dei due convitti a Dinajpur, ai seminaristi e dolci ai miei “pupilli” (bambini) della parrocchia. Diciamo che eravamo circa in cinquecento. Giorni prima avevo accennato a D. Cesare, Rettore del Santuario della Madonna del Rosario, inaugurato il 1 Gennaio scorso, che volentieri avrei offerto il pranzo ai suoi poveri, lasciando però a lui l’iniziativa. Poiché il 28 Febbraio c’era sciopero lo ha rimandato alla domenica seguente 5 Marzo . Io sono stato a letto con una bronchitellla. Lui ha celebrato per me e poi pranzo per i…settecento presenti venuti dai villaggi vicini. Non vi preoccupate non sono andato in fallimento. Il tutto, tra il 28 Febbraio ed il 5 Marzo mi è costato 1.400.000 lire soltanto perché alcuni hanno contribuito con il riso o con la legna per cucinare. La Provvidenza non è mai assente. Pranzo per 1200 persone a quel prezzo è anche un miracolo come quello della moltiplicazione dei pani.

Questa lettera l’avevo iniziata proprio il 28 Febbraio e poi…l’ho continuata a Dhaka il 13 Marzo, il giorno dopo la celebrazione del Perdono fatta da Giovanni Paolo II a Roma.

Perdono è una parola difficile quando entra nella vita delle persone, perché fa seguito ad azioni libere e a libere scelte fatte con l’uso delle facoltà umane che molte volte producono sofferenza, danno, o rompono rapporti umani nati per edificare.

Il Perdonare e l’essere Perdonati richiede tempo, verità, umiltà e coraggio : qualità della vita che crescono nel quotidiano.

Ieri è venuto a trovarmi un giovane sposato che ha un bambino che è un tesoro. Purtroppo quattro anni fa iniziò la via della droga, perse il lavoro e sei mesi fa spinto dalle lacrime della moglie, le insistenze e le sofferenze del papà e dei parenti decise di entrare in un centro per sdrogarsi. Ha terminato il periodo di cura e deve pensare a reinserirsi nella società. Mi ha detto che non sa come chiedere Perdono per quello che è successo. Il Perdono comporta un ricominciare a vivere in modo nuovo. Capisco che il pensare a quanto di negativo è entrato nella vita degli altri porta pena interiore. Ed in noi c’è rivolta quando subiamo “l’ingiustizia” di una vita di stenti ( sua moglie mi diceva che il marito aveva venduto quasi tutto per procurarsi la droga invece di pensare alla famiglia).

Se colleghiamo il Perdono alla violenza molte o troppe volte causata per il furto, il sopruso, l’angheria allora una vita non basta per poterlo ottenere o dare. E questo avviene dovunque. L’appello che il Padre ci fa per il Perdono è un credere che è possibile vivere la vita in modo nuovo o costruire una società nuova nel senso di Dio e non dell’uomo.

Un imprenditore che opera in Bangladesh mi diceva che non può accettare la regola della “bustarella” che si fa sempre più pressante anche in questo paese. Un giorno ne parlavo con un amico Bengalese, responsabile del settore pubblico, il quale mi guardò e mi domandò :“In Italia non capita?” . Non ho saputo rispondere ma nella mia mente si sono fatti vivi alcuni ricordi di tanti anni fa, quando sul lavoro qualche politico mi diceva che “bisogna ungere il carro” per poter lavorare, oppure le “tangenti” che imprenditori si ritenevano in “dovere” di versare per poter “operare” in alcuni settori pubblici, o l’ufficio che ti faceva aspettare mesi o anni perché la tua pratica era “ferma” ed aveva bisogno di sostegno concreto per andare avanti nel senso giusto. Ho ricordato che terminato il Nautico nel 1951 per potermi imbarcare come “mozzo” avrei dovuto “versare” la modesta somma di mezzo milione ( a quei tempi!) a chi non ne aveva bisogno.

Ho ricordato quella madre che dieci anni fa venne da me per un consiglio dicendomi che gli avevano chiesto 20 milioni per assicurare al figlio il posto di lavoro alle Poste. Allora il giovane Bengalese che per andare all’estero a trovare lavoro deve sborsare la bella cifra di 16 milioni (una fortuna in questo paese) non vive in un mondo diverso dal mio.

Perdono non è dimenticare ma non ripetere ciò che ti ha fatto soffrire e fare in modo che il tuo prossimo possa avere fiducia in te nel costruire la propria vita in modo nuovo.

“Perdona a noi come noi perdoniamo a chi ci ha fatto del male”, preghiamo rivolgendoci al Padre di Tutti. Con Pietro ancora continuo a chiedere “ Quante volte devo perdonare al fratello che mi ha fatto del male ? Sette volte sette? “ e Lui continua a dirmi “Settanta volte sette” ed il numero settanta ha la sua dimensione di pienezza che con un altro sette significa SEMPRE. .

Il perdono probabilmente è la chiave di lettura della Pasqua di risurrezione perché le ultime parole sulla Croce sono state “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”

Ricevere e dare il perdono forse allora è la chiave di lettura della Gioia Pasquale o la forza che spinge una persona ad andare e dire “Il Signore è risorto. È vivo. Vi precede in Galilea”.

Che il Signore conceda a me e a ciascuno di voi di scoprire la dimensione del Perdono di Cristo per gustare la Gioia della Pasqua.

Fr. Adolfo

N.B. Poiché alcuni hanno chiesto perché firmo con : “Fr.” Sta per “Father” che è la traduzione di “Padre” in Inglese. A me piace anche perché può essere letto anche come “Fratello” : “fratello universale” “persona amica di tutti” che aiuta a vivere in modo nuovo e mi impegna ogni giorno a rileggere la nostra vita.

La distribuzione di questa lettera è affidata al servizio e-mail con la buona volontà di un gruppo di amici di Gaeta che ringrazio di tutto cuore. Il riferimento e-mail è brguiz@tin.it e stefancicco@libero.it

Vi ringrazio per la solidarietà con cui avete risposto ai miei quattro punti che vi avevo accennato nella mia lettera di Natale. Farò un resoconto dettagliato dopo Pasqua. Vi informo che :

1. il programma computer/giovani è stato avviato.

2. Ho avviato l’aiuto per la casa di quattro famiglie: Francis, Ronjon, Anastasia, Gabriel.

3. La lista dell’aiuto sanitario riguarda quattro persone in centri recupero da droga.

4. Le nuove aule per la Casa di Maria sono in costruzione.

2000

10 aprile

Dinajpur


Carissimi,…Dulcis in fundo. Don Cesare Pesce, a settantasette anni, cinquantuno di Sacerdozio e tanti di Bangladesh, ha scelto di fare il rettore del Santuario della Madonna del Rosario. Ha scritto una "lirica" che ti trascrivo, perché è bella e mi ha fatto bene.

IL TRAMONTO

E così tra un'avventura e l'altra,

l'una più bella dell'altra,

arrivai all'ultima,

quella di ieri sera.

Ieri, pomeriggio inoltrato,

spettacolare il tramonto

visto a centinaia di miglia dall’Himalaia.

Spettacolo quotidiano, ordinario,

sempre splendido, meraviglioso,

ma ieri, stranezze della vita,

mi è parso straordinario.

Ammiro, ritto sull'altura della scalinata

di questo Santuario Mariano

da poco concepito,

nato e cresciuto indisturbato

in mezzo a centinaia di mezzelune

dipinte o scolpite sulle decine di moschee del vicinato,

cresciuto al ritmo di grida,

salmi, invocazioni dei muezzini,

al ritmo di cantilene mattutine,

di ninne-nanne serotine al buon "Padre Sole"

vicino a vetusti tempietti Indù.

Sto meditando presso questo monumento cristiano

eretto a ricordo dell'avvenimento storico più grande,

più importante per l'intera umanità.

attira l'uomo perennemente

alla ricerca di pace e felicità.

"Oh si..." esclamo a voce alta

qui venuta a dare sfogo ai loro sentimenti

di dolore, rabbia, amore....

Che gioia !! Solo con me stesso.

Quell'aura che spira

dall'interno della Chiesa,

da quella tenue lucetta della lampada

Un tesoro impensato in mezzo a capanne di aborigeni,

tra gente di scarsa cultura, quasi emarginata dalla società moderna

in cui Gesù è nato duemila anni fa.

Splendido !

ora che sono rimasto solo,

libero da tutta quella gente sconosciuta

E appunto perché splende nel buio

posta presso il tabernacolo

a riscontro di quell'enorme massa

di fuoco e di luce

laggiù lontano che scende,

lentamente scende sempre più giù

fino a scomparire

lasciando nell'animo

una dolce inesprimibile mestizia

mista a questa soffusa delicata gioia.

Volgo lo sguardo verso l'abside del tempio

debolmente illuminato dalle ultime luci del giorno....

Oh...prodigio...

Maria sorride...

sorride a me !?

Rajarampur , 28 Feb. 2000

D. Cesare Pesce

…Spero che Maria sorrida anche a me Ciao.

Fr. Adolfo

2000

30 aprile

"Alleluia, il Signore è veramente risorto, Alleluia.”

Annunzio di Gioia. È il grido che ha percorso il mondo intero in diverse lingue ed in tutti gli angoli della terra. È iniziato il "lungo giorno" della Pasqua Cristiana che si concluderà con la Pentecoste. Siamo chiamati a guardare, cercare, meditare questo evento nella realtà di oggi.

Quali le gioie di questi giorni. Per me sono stati i bambini battezzati nella notte di Pasqua, la gioia dei ragazzi e giovani nel vivere insieme la domenica con giochi, canti ed un pranzo che i giovani hanno preparato per i ragazzi, segno di "vivere insieme" e superare le divisioni, le incomprensioni, il non sapersi accettare come siamo.

Il tardo pomeriggio c'è stato un gruppo di giovani che ci ha allietati con musica e canti jaz. Da due anni li avevamo persi di vista. Sono tornati con chitarre elettriche, batteria e voci calde per allietare il nostro stare insieme.

Ma la gioia più profonda mi è stata data dalla visita di Mons. Flavio, Vescovo di una diocesi della Colombia che si è impegnato ad inviare alcuni dei suoi sacerdoti diocesani per un servizio pastorale in Dinajpur/Bangladesh. L'America Latina e l'Asia, due continenti, due Chiese che cercano nel servizio l'incontro. "Non temete, andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e la mi vedranno". Il vedere il Cristo risorto è l'invito che Gesù fa a suoi discepoli. La "Galilea" di oggi, come quella di allora, è la terra dove convivono più popoli e Cristo è poco conosciuto.

L'altra gioia è la comunità cristiana nuova che inizia a Lalmonirat, dove dopo venticinque anni di assenza si ritorna a riparare la Chiesa che era stata abbandonata. Il fabbricato, terminato il 1940, nel 1975 era stato usato come magazzino ed ora deve essere rinnovato, ripulito e riaperto al culto. In una zona con tre milioni di persone vivono tre famiglie cattoliche e poche altre protestanti che si sono trovati uniti nel chiedere alle autorità il ritorno della Chiesa al culto. Dicevo al mio Vescovo Moses di iniziare qui la commissione ecumenica e del dialogo.

Tra queste gioie alcune "sofferenze o pene".

1. Cecilia continua ad offrire la sua sofferenza di persona immobilizzata in unione a quella di Cristo crocifisso perché il mondo sia redento. La sua situazione è peggiorata in questi ultimi mesi. È cosciente a se stessa e mi ripete che è il mio sostegno e quello di altri Sacerdoti o persone che chiedono la sua preghiera. Celebrare l'Eucarestia nella sua stanza è sempre una esperienza nuova.

2. L'altra pena è la discriminazione che il gruppo cristiano, desideroso di partecipare al Giubileo come pellegrini a Roma, sta subendo. L'ambasciata Italiana dice che ha direttive per cui difficilmente dà il visto a persone non sposate (allora, dico io, anche preti e suore) o coloro che hanno passaporti rilasciati da poco.

Domandai tempo fa ad un Bengalese che cosa era il "passaporto". Lui mi disse : è un libretto che costa e che ti da la possibilità di lavorare all'estero. Per noi occidentali è un documento di identità. Metteteci la pezza !!!

Forse quelli che sono preoccupati di una "invasione" di persone che cercano uno "sbocco al sole" verso l'Europa non considerano alcuni fattori. Che in Asia il "pellegrinaggio" a luoghi "santi" è una realtà per tutte le grandi religioni, ed è un fatto che supera i confini dei singoli stati. "Il pellegrinaggio è metafora del vero "cammino dell'uomo" in cerca di se stesso, del suo “dove" scrive Silvano Fausti. La Mecca per i Mussulmani, le sorgenti del Gange per gli Indù, i templi Buddisti della Tailandia o Myamar per i Buddisti. Per noi la Chiesa indica Roma come meta se non per tutti almeno per alcuni di ogni Chiesa. In agosto ci sarà quello dei giovani ( dai 18 ai 28 anni di età ). Mi domando perché ai giovani del Bangladesh deve essere negato questo diritto ?

Certo che ci sono sempre i furbi che utilizzano qualsiasi occasione per guadagnare su coloro che desiderano un lavoro all'estero. È anche vero che la maggior parte dei giovani del Bangladesh dopo le scuole superiori desidera "andare all'estero". Me lo chiedono in molti. È sempre possibile per i ricchi e potenti utilizzare le varie "borse di studio" che i vari governi mettono a disposizione, non è roba per le minoranze o i gruppi discriminati. Ci sono quelli che hanno opportunità perché "di buona salute, con titolo di studio e conoscenza buona dell'inglese" come richiesto da alcuni paesi.

Poi ci sono coloro che cercano lavoro, uno qualsiasi, per evadere da un paese di 124 milioni di esseri umani, sovrappopolato e con poche possibilità di creare lavoro.

In Bangladesh la comunità cristiana è minoranza con limitazioni e discriminazioni. A queste si aggiunge oggi quella giubilare.

"Dio ha destinato la terra e tutto quello che essa contiene, all'uso di tutti gli uomini e popoli, e pertanto i beni creati debbono secondo equo criterio essere partecipati a tutti essendo guida la giustizia e assecondando la carità " Gaudium and Spes n. 69.

Io credo che l'anno Giubilare o Anno Santo deve essere una occasione per ripensare e convertirci all'economia della condivisione. Rendere la "terra, eredità del Padre, per tutti vivibile”.

Se non si intraprende questo cammino i "beni", invece di alimentare la vita in quanto usati e condivisi, diventano il feticcio al quale ognuno sacrifica se stesso e l'altro. È un nuovo tipo di schiavismo.

Nel secolo della globalizzazione è necessario progettare una distribuzione dei beni fra "tutti" gli esseri presenti sulla terra. Il Segretario generale delle Nazioni Unite ha detto che due sono i problemi pressanti o sfide di oggi : la fame ( 800 milioni soffrono la fame oggi) e l'ignoranza ( educazione di base per tutti, specie per le donne), perché questi due mali che combattono la condivisione. Se lo afferma lui ne ha i dati e le ragioni per fare appello a tutti i politici, responsabili per le scelte concrete di oggi nell'economia e nella condivisione.

Oggi con la globalizzazione c'è libero movimento di capitali, di prodotti, di produzione di settori secondo un "libero mercato", però si ha paura di un libero movimento di persone.

Che fare ? Ci vuole un nuovo modo di pensare, di utilizzo dell'intelligenza, dell'inventiva per cercare e trovare Vie Nuove, modi nuovi adeguati alla situazione nuova di una umanità che cresce.

Proponendo il Giubileo la Chiesa chiede una conversione. Il pellegrinaggio è un camminare per cercare se stessi e gli altri. Ducento giovani riuniti a Dinajpur in convegno sono andati in "pellegrinaggio" a Lalmonirat per dare testimonianza di Fede. Anche i miei ministranti hanno fatto lo stesso per "vedere" una comunità che incomincia a vivere. Sono in migliaia che a gruppi fanno il pellegrinaggio al Santuario della Madonna del Rosario a Rajarampur. In questo spirito non possiamo allontanare Roma per "paura dell'invasione" di gente giovane che cerca lavoro.

3. La Pasqua è anche tempo di speranza. Gesù morto e risorto perché nella Chiesa e nella vita di ciascuno ci sia sempre speranza. Io vivo sempre nella speranza che la Chiesa di Gaeta sappia esprimere la sua missionarietà con persone che vanno ad annunziare che Cristo è risorto. "La Chiesa di Cristo, posta in mezzo alle angosce del tempo presente, non cessa tuttavia di nutrire la più ferma speranza." Speranza che si fonda su persone che fanno scelte giuste e coraggiose.

"Colui che, mediante la potenza che opera in noi, può compiere infinitamente di più di tutto ciò che noi possiamo domandare o pensare, a Lui sia la gloria della Chiesa e in Cristo Gesù, per tutte le generazioni nei secoli dei secoli" (Ef.3,20-21)

Vi abbraccio di cuore in Cristo,

Fr .Adolfo

2000

4 dicembre

Dinajpur

Amici carissimi, questa volta c’e’ grande confusione, forse colpa della posta elettronica. Il motivo e’ che dalla mia ultima ad oggi sono accadute tante cose e non so' proprio da dove iniziare. Inoltre i “miei amici” (Bruno e Salvatore) hanno dato alle stampe addirittura un libro con le mie lettere, e questo mi ha complicato la vita. Vi confesso che non l’ho ancora letto tutto, solo qualche pagina e poiche’ ogni lettera riporta alla mente tante persone, avvenimenti etc. ho pensato di continuare appena andro’ in pensione.

La “posta elettronica” e’ una grande invenzione pero’ cambia il nostro tempo. La nuova dimensione del tempo oggi dicono e’ quella “reale”. Pensate che solo dall’amico Bruno Guizzi ( lo chiamo: il martellatore) in neppure 10 mesi ho ricevuto, 110 messaggi ed ho inviato 81 risposte. Adesso la mattina la prima cosa che “mi tocca fare” e’ controllare la “posta elettronica” e la sera prima di andare a letto fare la stessa cosa. Abbiamo avuto problemi di linea telefonica a Dinajpur, ma una settimana fa sono terminati, per cui.......Oggi le prenotazioni aeree, gli incontri nazionali o internazionali etc. sono preparati e portati avanti tramite questo strumento. Questo e’ un mal di testa e richiede agilita’ di mente. C’e’ pericolo che manchi la riflessione, il considerare e ponderare, cose che richiedono tempo.

Siamo ancora nell’anno Giubilare e allora siamo invitati a guardare alla nostra vita ed agli avvenimenti che ci “fanno giubilare, cioe’ esultare, essere pieni di gioia”. Questa contentezza interiore la Bibbia la fa proclamare tante volte, in modo particolare negli avvenimenti che precedono e parlano del Natale di Gesu’. “L’anima mia magnifica il Signore ed il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore” dice Maria. “ Ecco, appena la voce del tuo saluto e’ giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo” dice Elisabetta incontrando Maria. “Non temete, vi annuncio una grande gioia, che sara’ di tutto il popolo” : dice l’Angelo ai Pastori.

Penso che tante giovani mamme provino la gioia sentendo la vita nel proprio grembo. Sopna mi ha detto che il dottore le ha “fatto sentire” il bambino che ha nel grembo e non sta’ piu’ nella pelle dalla gioia. Amor, suo marito, si commuove tutte le volte che ne parla. Allora i problemi di far quadrare lo stipendio, della ricerca di una casa, del lavoro necessario per vivere si affrontano in modo “nuovo” e con coraggio.

Esultano i Pastori e i Magi davanti al Bambino e Simeone esulta riconoscendolo al Tempio. Viaggiando per incontrare persone o gruppi della Diocesi di Dinajpur mi sono ripromesso di vedere questo “giubileo”. Ebbene ho goduto quando i giovani Bengalesi che sono venuti in Italia hanno raccontato agli altri la loro esperienza “unica ed irrepetibile” del raduno dei Giovani a Roma con il Papa in Agosto. Occhi che brillano, voce che arriva alla commozione, ed una gioia interiore che si trasmette. Per Ronjon ed Amor “Gaeta” e’ una parola che evoca in tutti e due la gioia per aver conosciuto persone e vissuti momenti di “vera gioia”.

In alcuni incontri che il Vescovo Moses ha con gente nei villaggi si “sente una gioia” nel rapporto che si instaura tra le persone, che supera tante difficolta’ contingenti e reali. Il sopruso, l’ingiustizia, la poverta’, l’ignoranza possono essere affrontate e sconfitte solo se abbiamo nel cuore “una grande gioia” (quella annunziata ai pastori quella notte), altrimenti ci si riduce ad essere solo degli operatori e basta.

Abbiamo le statistiche dell’immigrazione in Europa, gli studi sulle migrazioni continue in Asia o verso l’Africa di gente in cerca di lavoro o di pace, movimento di persone, fenomeno che fa paura. Davide fece il censimento della “sua gente” ma lo considero’ un peccato perche’ la gente non era “sua” ma di Dio.

Gli egiziani contarono gli schiavi e si accorsero che erano troppi e per paura legiferarono che morissero. Troppe volte e’ la paura che deriva dalla diversita’ e dalla diffidenza che ci fa vedere l’incontro come confronto.

I romani fecero il censimento del loro impero quando nasceva “Gesu’”. Il loro impero e’ un ricordo storico, il Regno di Gesu’ e’ quello che realizzano i poveri in sprito ed i puri di cuore. Altri imperi o sistemi sicuri si sono sempre basati e si basano sui “censimenti”. Durante la guerra mondiale, da ragazzo, mi divertivo ad avere il confronto delle flotte in guerra. Quanti sommergibili, corrazzate, incorciatori erano in confronto tra loro e chi avrebbe avuto la supremazia nei mari; le battaglie navali o terrestri li seguivo con interesse. Ognuno del belligeranti aveva i suoi “numeri”.

Oggi altri confronti mi interessano. Per malattia uno dei nostri Missionari (P.Cescato) e’ rientrato temporanemante in Italia ed io ho avuto l’incarico di seguire il lavoro per i lebbrosi di cui lui e’ responsabile. Ho avuro “la gioia” di poter tornare responsabilmente a Dhanjuri ed interessarmi del gruppo a cui ho dedicato i primi anni di Missione in Bangladesh.. La prima visita e’ stata in occasione della festa di S.Teresa del Bambin Gesu’, protetrice del Lebbrosario. Gioia e commozione durante la celebrazione dell’Eucarestia a cui hanno partecipato malati cristiani e non. Rispetto a trenta anni fa il numero dei malati ansensiani e’ diminuito, il lavoro e’ meglio organizzato: dottori e infermieri fanno un lavoro capillare e si spera che nell’arco di dieci anni questa malattia sia debellata. Ma non potro’ mai dimenticare la “gioia” che ho provato e provo tutte le volte che arrivo al centro di Dhanjuri.

La Chiesa vive oggi questo momento di grazia per riscoprire il Vangelo come fonte di Vita, di gioia. La Chiesa durante l’Eucarestia invita “Illuminati dalla Sapienza del Vangelo” diciamo insieme “PADRE NOSTRO”. Gesu’ e’ la Sapienza del Vangelo.

L’invito ad essere “insieme” comporta l’accettarci come persone amate da Dio e gli altri come nostri simili. Occorre superare la diffidenza che comporta paura, violenza, concorrenza e distruttivita’ ed avere fiducia che spinge ad essere dono, ad essere vicino, donatore di gioia..

Sento il dovere di dire grazie di cuore a tutti quelli che con una offerta hanno avuto fiducia in me e nelle persone bisognose di aiuto. Coraggio agli splendidi ragazzi della VC del Liceo Vitruvio Pollione di Formia. La solidarietà è sempre una scoperta in positivo. Non conta la quantità ma il cuore. Speriamo che altre classi vogliano seguirne l'esempio!

L’augurio di questo Natale lo faccio con le parole di S.Paolo, anche a nome di Cecilia, P.Cherubim e la mia gente: “Ringrazio il mio Dio ogni volta ch’io mi ricordo di voi, pregando sempre con gioia per voi in ogni mia preghiera, a motivo della vostra cooperazione nella diffusione del Vangelo....Infatti Dio mi e’ testimonio del profondo affetto che ho per tutti voi nell’Amore di Cristo”.

Ho appena ricevuto la notizia della nascita alla vita eterna di D.Gennaro Avellino. Lo ricordo cone amico quando ancora seminarista ed io laico passeggiavamo la sera sulla strada tra Ponza e Le Forna discutendo dei giovani, della Chiesa e di noi stessi. Lo ricordo come Sacerdote sempre disponibile all’ascolto ed alla solidarieta’. Lo ringrazio per la sua testimonianza e lo sento vicino a me piu’ di prima.

Fr.Adolfo