Le Cartoline di p. Silvano - 2010

p. Silvano Zoccarato


2010

Incontro sereno e graduale - Come Dio ci vede? - Anche “Nostra Signora delle Sabbie” si fa bella

Proverbi Tuareg - Perché Gesù viene ancora ?

Semi del Verbo - La missione è ‘visitazione’

La preghiera ci avvicina

Farsi prossimo anche all’altro - Al sinodo per il medio oriente

Catechismo spicciolo per compagni di viaggio - Hetty Hillesun. Aiutare Dio a vincere l’odio

L’Annunciazione festa nazionale islamo-cristiana - Preti in Algeria

Messaggio dei vescovi francesi ai cristiani d’Oriente

Rendere presente e credibile Dio - Chi è l’altro? Sincerità nel condividere

La preghiera è scuola, palestra di Dio e dell'uomo - Testimonianza e conversione sono vissuti insieme - Chi non conosce il silenzio del deserto, non conosce il silenzio. (Proverbio Touareg)

La carità - Imparare a pregare con la natura

Guardare al cielo - Il papa in frontiera a Cipro

Sospiro di un mondo che spera - L’ospitalità è sacra

Sogno del Paradiso - Fatelo con dolcezza e rispetto - Lasciarsi amare

Abbandonarsi a Dio - Primato di Dio - Preghiera del Beato Charles De Foucauld

Debolezza - Fedeltà di testimoni

Condivisione - Speranza in nuova Chiesa

Il 'grazie sacerdotale' continua

Il pensiero del Giudizio e del Paradiso - Cammino verso il Padre - Sulla strada del ritorno

La casa di Gesù e del cristiano è la strada - Camarades, non ancora fratelli

A Gerusalemme o sul monte Garizim? - L'acqua di Dio, lo Spirito di Dio - Pensiero quaresimale: la faccia di Dio nel fratello

La forza creatrice dell'amore - Amore per i poveri - Pensiero quaresimale: È bello il silenzio

Malati di Gesù - Perché prete in Algeria

La stola regalata - Come vivere a Nazareth - "Solo il dialogo disarma i violenti"

Servi qualsiasi - A Betlemme a imparare l'alfabeto di Dio - Il dialogo è camminare insieme


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Incontro sereno e graduale

Touggourt, 8 dicembre 2010


E’ ciò che desidera il card Jean Louis Tauran dopo quattro giorni vissuti in Pakistan per ottenere la liberazione di Asia Bibi, la cristiana condannata a morte per bestemmia. Affrettare le cose sarebbe contro-produttivo. Si rischia di mettere in pericolo la vita dei familiari della cristiana. Il cardinale ha incontrato il presidente Ali Zardari e il ministro incaricato delle minoranze religiose. Il caso continuerà ad essere esaminato secondo una procedura giudiziaria normale. La ‘grazia’ presidenziale urterebbe gran parte della popolazione, non ancora preparata ad accettare e a convivere con altre ‘minoranze’.

Mi trovo pienamente d’accordo sia sulla pressione internazionale in favore di Asia Bibi e che spero continui, e sono d’accordo col cardinale. L’ottenere il rispetto dei diritti umani, e la reciprocità rispettosa dei comportamenti e delle relazioni, non può essere solo frutto di decisioni autoritarie ma di una coscienza matura di tutte le componenti sociali. La popolazione di un paese non può superare le barriere tradizionali vissute per secoli, e la convivenza non è solo ‘lasciar vivere’ ma sentirsi parte di uno stesso organismo, di una stessa famiglia. E’ necessaria una più profonda conoscenza reciproca e una complementarietà di vita. Si tratta di far crescere una nuova coscienza, una nuova religiosità. Questo da tutte le parti, sia maggioritarie e sia minoritarie.

Quando vivremo veramente il più profondo delle nostre tradizioni?

“Non fare a nessuno ciò che non piace a te”. Talmud, Shabbat 31. Tobit 4:15. EBRAISMO

“Nessuno di voi è un credente fin quando non fa al fratello quanto desidera per se”. IV Hadith o fan-Nawawi 13 ISLAM

“Questa è la sintesi di tutti i doveri: non fare agli altri quanto fa male a te”. Mahabharata 5: 1517 INDUISMO

“Non far male agli altri con quanto fa male a te”. Udana-Varga 5.18 BUDDHISMO

“C’è un’idea che dobbiamo mettere in pratica tutta la vita? Eccola: fa agli altri ciò che vuoi gli altri facciano a te”. Analects 15:23 TRADIZIONE CONFUCIANA

“Non creare inimicizia con nessuno perché Dio è presente in tutti”. Guru Granth Sahib 1299; Guru Arjan Devij 259 TRADIZIONE SIKH

“Fra gli esseri umani è buono colui che non fa agli altri ciò che non è buono per se stesso” Dadistan-i-dinik 94:5 TRADIZIONE ZOROASTRIANA

“Nella felicità e nella sofferenza, nella gioia e nel dolore dovremmo guardare agli altri come guardiamo a noi stessi, evitare di procurare agli altri qualsiasi sofferenza che troviamo insopportabile per noi stessi”. Lord Mahavira, 24 th Tirthankara GIANISMO

“Fa agli altri ciò che vuoi gli altri facciano a te”. Vangelo di Mt. 7,12 CRISTIANESIMO

da La rosa dei venti

Come Dio ci vede?

Touggourt, 11 dicembre 2010

Papa Benedetto il giorno dell’Immacolata ha detto:”Il messaggio che ci dona Maria, quando vengo qui, in questa Festa, mi colpisce, perché lo sento rivolto a tutta la Città, a tutti gli uomini e le donne che vivono a Roma: anche a chi non ci pensa, a chi oggi non ricorda neppure che è la Festa dell’Immacolata; a chi si sente solo e abbandonato. Lo sguardo di Maria è lo sguardo di Dio su ciascuno. Lei ci guarda con l’amore stesso del Padre e ci benedice… Si comporta come nostra "avvocata" – e così la invochiamo nella Salve, Regina: "Advocata nostra". Anche se tutti parlassero male di noi, lei, la Madre, direbbe bene, perché il suo cuore immacolato è sintonizzato con la misericordia di Dio… La Madre guarda noi come Dio ha guardato lei, umile fanciulla di Nazareth, insignificante agli occhi del mondo, ma scelta e preziosa per Dio. Riconosce in ciascuno la somiglianza con il suo Figlio Gesù, anche se noi siamo così differenti! Ma chi più di lei conosce la potenza della Grazia divina? Chi meglio di lei sa che nulla è impossibile a Dio, capace addirittura di trarre il bene dal male”.

Il superiore dei monaci di Tibhirine, prima dell’uccisione, lasciò scritto nel suo testamento:”Ecco che potrò, se piace a Dio, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i suoi figli dell’Islam come lui li vede, totalmente illuminati dalla gloria del Cristo, frutti della sua passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre lo stabilire la comunione e il ristabilire la somiglianza, giocando con le differenze. [...]

Come vedere l’altro?

Lettera della fondatrice Maddalena alle Piccole Sorelle: “Vorrei che foste convinte che ci possa essere una vera amicizia, un affetto profondo tra gli esseri che non sono né della stessa religione, né della stessa razza, né dello stesso luogo. Forse non avete ancora provato a guardare quelli che vi sono affidati con occhi così, con occhi di amici e di amarli con un cuore così…

In ciascuno c’è il volto del Signore!”

Varie volte mi capita di discutere con le Piccole Sorelle su quanto mi accade a Touggourt. Non tutto mi sembra positivo. Subito mi rispondono: “Ma… ma…” Mi sembrano diventate le avvocate che spiegano, difendono, e dicono anche il positivo. Le mamme difendono sempre i loro figli, li vedono col cuore

Come ci vedono alcuni Algerini?

Dal giornale Liberté del 4 dicembre 2010 : Cantici e versi coranici in memoria di Pietro.

Erano tutti lì. Centinaia di persone venute a dire Addio! A chi non ha mai negato un sorriso, un gesto di simpatia del suo cuore generoso. Pierre Laffitte, un religioso venuto in Algeria per un po’ di tempo, ma che poi vi si è stabilito perché l’amore sentito per il paese fu più forte. (Giunto a 25 anni è restato per 42 anni). Giornalisti, artisti, militanti o semplici studenti avevano trovato rifugio presso di lui negli anni del terrorismo. Anche lui era stato minacciato…

La messa è stata un momento di intensa commozione avendo lui unito cristiani e musulmani in una comunione che solo un uomo così poteva creare, uomo pieno di generosità, generosità personalizzata. Ne aveva di cuore… questo Pietro. Era meglio di un amico, era un fratello, un padre. Nel silenzio religioso, nello stesso luogo cantici e versi coranici.

Ciò che ci resta di lui… il coraggio, l’entusiasmo che ci ha trasmesso per andare avanti, la luce sulla strada della sua vita che ci metteva insieme con sua grande ricchezza umana… col dono di sè.

Riposa in pace, Pietro! (H. Saidani e M. Rabhi)

Anche “Nostra Signora delle Sabbie” si fa bella

Touggourt, 13 dicembre 2010

Ieri da Touggourt mi sono recato ad Hassi Messaud per vedere i lavori di ricostruzione della chiesa. Voluta nel 1959 da Mons. Mercier e chiamata “Nostra Signora delle Sabbie”. Sul frontespizio sta scritto: “Nostra Signora delle Sabbie vi invita a ringraziare il Signore per i suoi doni nascosti sotto le sabbie e a implorare con un “AVE” la protezione delle anime e dei corpi degli operai del petrolio”. Primo edificio in cemento in quella città divenuta oggi capitale del petrolio e del gas e dove vivono e lavorano tecnici e operai di tutte le nazionalità.

Anche lei si rifa bella dopo tanti anni di sofferenze a causa del caldo, del vento, dell’acqua, e dei gas. Come ‘Nostra Signora dell’Africa’ di Algeri, riaperta ieri ufficialmente alla presenza del ministro degli affari religiosi e di molte personalità algerine e francesi. Presenziava l’arcivescovo Mons. Bader che l’ha definita “Simbolo dell’intesa e dell’incontro” e sorella di “Nostra Signora della Guardia di Marsiglia”. Queste due ‘Signore’ divise dal mare, come delle buone mamme, si trasmettono gioie e dolori a riguardo dei figli che osservano e accompagnano dall’alto delle colline.

La ricostruzione e lo splendore odierno della “Signora Africa”, come è chiamata dalla gente di qui, è il dono dell’intelligenza dei tecnici, del lavoro degli operai, dei soldi donati dai governi di Algeria e di Francia, dall’Unione Europea e da associazioni varie. E dall’affetto dei cristiani e dei musulmani che continuano a frequentarla perché amano “Lalla Maria mamma di Gesù”.

Ad Hassi Messaud mi sono reso conto dei grandi lavori, eseguiti con intelligenza e generosità. Prima di noi si erano interessati i Padri Bianchi. La quasi totalità delle spese e di iniziative varie è stata sostenuta da tecnici e operai italiani con l’aiuto di altri amici. Ma oltre ai soldi, è stato donato il lavoro e l’affetto.

“Vieni, mi ha detto un operaio algerino, vieni a vedere…” In un angolo della casa mi mostra una nicchia. “Quella che vi vedi dentro, ce l’ho messa io”. E’ una croce. E durante il tempo dei lavori c’era un povero malato di mente che veniva a disturbare… Una mattina, gli operai lo trovarono che dormiva sopra la croce di piastrelle del pavimento. Ne restarono vivamente impressionati…!

Ho detto la mia gioia al padre Emmanuele Cardani col quale ho condiviso ogni decisione e ogni passo anche se purtroppo un po’ separati data la distanza. Egli ha già dedicato un anno intero accanto a italiani, algerini e gente di varie nazionalità, insieme veramente fratelli.

E ci sono cose che solo il cuore potrà raccontare: il rosario nelle mani della statua di Maria, ex voto-ricordo di momenti di sofferenza e di gioia di una famiglia.

Lì, nell’immenso deserto del Sahara, c’è la casa di “Maria delle Sabbie”.

Maria continua a stare accanto alla croce del lavoro del petrolio e del gas.

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Proverbi Tuareg

Touggourt, 22 novembre 2010


La forza si trova nelle nostre radici

Se si comincia a dialogare, si può arrivare a una soluzione

Respingi l’oscurità e spostati liberamente nella luce

Si sente il fracasso degli alberi che cadono, non il mormorio della foresta che cresce

In fondo alla pazienza c’è il cielo

Non c’è un solo giorno, anche domani il sole brillerà

Il mondo è a fianco di chi sta in piedi

L’albero si innalza affondando le radici nella madre terra

Un popolo senza cultura… un uomo senza parola

Anche se la notte è lunga… sempre il sole spunterà

Istruire è costruire

Volgi il volto verso il sole, l’ombra resterà dietro

Il soffio di chi ti ama o di chi ami rinfrescherà la tua anima

Nascondersi nella parola…, meglio è nascondersi nel silenzio

Non si costruisce la tenda con la menzogna

Il tuo amico d’oggi, sarà il tuo amico nell’al di là

La bocca ha un lucchetto… il silenzio

Meglio passare la notte nella collera, che svegliarsi nell’odio

L’albero del silenzio porta frutti di pace

Scava un pozzo oggi per spegnere la sete domani

La cultura è più che un avere… è essere

Non importa se il cammino è lungo quando al termine c’è un pozzo

Viaggiare è andare da se a se passando attraverso gli altri

Il coraggio della goccia d’acqua… di cadere sul deserto

Chi non conosce il silenzio del deserto, non sa cosa sia il silenzio

Cammina sempre davanti a te come il primo cammello della carovana

Se non sai dove stai andando, guarda da dove vieni

I nostri passi ci portano lontano… ci riconducono sempre verso noi stessi

L’uomo ha inventato l’orologio, Dio il tempo

Parole, parole… sono vento

L’amore… non si compra

La vera lotta… essere in pace con se stessi

La differenza tra un giardino e un deserto non è l’acqua, è l’uomo

Quando uno ti ferisce, scrivilo sulla sabbia perché il vento lo cancelli dalla memoria…

quando uno ti fa del bene scrivilo sulla roccia, il vento non lo cancellerà

Perché Gesù viene ancora ?

Touggourt, 1 dicembre 2010


La bambina viene col fratellino per fare i compiti, la mamma è al lavoro.

Dopo qualche giorno, domando: "Quanti siete in famiglia". Mi risponde: "Noi due e la mamma. Papà non è con noi". E il suo volto si intristisce... Mi sto accorgendo che sotto le domande e le prime cose che la gente mi racconta quando viene da me, vi sono situazioni difficili e attese più grandi. Spesso vedo, sento una solitudine, bisogno di relazioni...e perché vengono da me?

La piccola sorella è qui da 60 anni. Ora ha qualche acciacco. Eppure continua a visitare famiglie, a rivedere...a passare del tempo con loro. La fondatrice, Maddalena, era venuta dieci anni prima ad abitare coi nomadi, alla periferia della cittadina Touggourt. Avevano lasciato il deserto per trovare qualcosa da mangiare: un brodo di carote e un po' di couscous. Qualcuno di loro andava in città... poi la polizia veniva a cercarli tutti e a ricacciarli a 5 km nel deserto... erano 'i ladri'. Maddalena ottenne dall'autorità che chi mostrava un biglietto rosa con la sua firma non era importunato. Responsabile... era lei. Viveva con loro.

Viene dal Camerun e vuol andare in Europa. Si ferma ad Algeri, qualche anno, con amici. Poi trova un' associazione ed è aiutata a ritornare. Nel ritorno bussa alla mia porta. Le do qualcosa e alcuni indirizzi...con la mia firma. Continuerà a bussare... fino al ritorno, a casa.

La lampada dice che è lì. Come quando sono arrivato in Algeria e gli avevo detto che ero venuto per lui. "No, mi disse. Sono io, qui per te". E con lui... la mia vita ha un senso.

"Sai che cosa ho capito, dice una vecchia a un giovane, perché lo traduca alla suora che la cura: "La faccia di Dio deve essere come la sua faccia".

Gesù nell'Apocalisse dice : "Ecco, io sto alla porta e busso"

Sì, Gesù ritorna ancora nella persona che incontri... Gesù ritorna ancora... anche in te.

TAT'JANA KASATKINA scrive nell' articolo "La speranza in Dostoevskij": Dostoevskij dice che in ogni uomo è presente qualcosa di ignoto a lui stesso, che è molto più grande di lui, molto più buono di lui, molto più ragionevole di lui così come appare normalmente. In ogni uomo è racchiusa una forza che lui stesso non vede: chiunque giungesse a quel "se stesso" che si trova in profondità, potrebbe fare di tutto il mondo che ha intorno un paradiso. È una cosa possibile per ognuno di noi in assoluto."Ogni volta che avete dato da bere o da mangiare... l'avete fatto a me". In ognuno di questi bambini nuovamente viene sulla terra Cristo. Ogni volta che ci incontriamo tra noi, che incontriamo un altro uomo, dal fondo del suo essere a noi risplende Cristo; al contrario, quando rifiutiamo gli incontri, rifiutiamo Cristo. Dietro ad ogni avvenimento della vita contemporanea, per Dostoevski c'era l'avvenimento eterno della storia di Cristo. Non come una storia che si ripete, ma come una storia che ogni volta, con ogni nuova persona coinvolta, si rinnova.

Gesù ritorna perché vuol amare ancora e per questo ha bisogno di noi.

Vuoi le mie mani? (Preghiera di Madre Teresa)

Signore, vuoi le mie mani per passare questa giornata aiutando i poveri e i malati che ne hanno bisogno? Signore, oggi ti do le mie mani.

Signore, vuoi i miei piedi per passare questa giornata visitando coloro che hanno bisogno di un amico? Signore, oggi ti do i miei piedi.

Signore, vuoi la mia voce per passare questa giornata parlando con quelli che hanno bisogno di parole d'amore? Signore, oggi ti do la mia voce.

Signore, vuoi il mio cuore per passare questa giornata amando ogni uomo solo perché è un uomo? Signore, oggi ti do il mio cuore.

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Semi del Verbo

Touggourt, 4 dicembre 2010

Quali sono i semi del Verbo che il Concilio riconosce presenti nelle varie religioni e culture? Giovanni Paolo II ad Assisi li ha ricordati e ne ha precisato uno, quello della preghiera: “Tra questi semi del Verbo e i raggi della sua verità si trova senz’altro la preghiera, spesso accompagnata dal digiuno, da altre penitenze e dal pellegrinaggio ai luoghi sacri, circondati di grande venerazione”.

Anche il card. Martini : “Questi accenti di fede e di profonda umanità, ampiamente diffusi nei testi sacri delle religioni del mondo, possono farci pensare a quel "libro dei popoli" di cui parla la Bibbia (cfr. Salmo 87,6): un libro celeste, nel quale Dio stesso scrive, ma le cui pagine trovano riferimento anche nei libri dei popoli del mondo”.

Nella mia vita di missionario, a contatto con tanta gente di culture e religioni diverse, me lo sono chiesto continuamente e me lo chiedo ancora.

Il primo che ho trovato ovunque è il senso di Dio.

Ricordo l’emozione avuta dopo aver accompagnato a casa un camerunese che ritornava da sua madre dopo anni di vita in Gabon. Nel totale silenzio, la madre si stende a terra, e alza per tre volte le mani verso cielo.

Come il padre del bambino appena nato che secondo la sua tradizione, per tre giorni, mattina, mezzogiorno e sera si reca su un’altura e presenta il bimbo al cielo. O la gente che in momenti forti come trovando l’acqua, o dopo un fulmine, o alla nascita di un figlio, grida: “Bosa, bosa, bosa” per dire: “Sei tu che fai, sei tu?”

Il senso della presenza e dell’azione del trascendente accompagna e riempie ancora tutta l’esistenza di molti popoli e questo diventa una testimonianza. Benedetto XVI dice con coraggio che “Le religioni del mondo, per quanto si può vedere, hanno sempre saputo, che in realtà, non c’è che un solo Dio”

Il secondo è il senso della vita che esplode in danze frenetiche nelle feste del matrimonio, della nascita e perfino nella “festa” della morte. Molti popoli soffrono ancora per la povertà, le calamità, e le ingiustizie, ma continuano a credere nella forza e nella gioia della vita. Davanti a certe mamme, mi chiedo dove trovino ancora la pazienza e la fiducia.

Il terzo è il senso dell’altro vissuto nell’ospitalità abrahamitica e nella condivisione con l’altro. Si sa che sono i poveri che condividono e tutti possiamo raccontare esempi di aiuto tra vicini e tra parenti anche in situazioni di grave disagio. Io lo vedo continuamente.

E’ vero che tutto è avvenuto e avviene soprattutto tra gente di religioni e culture che qualcuno definisce come primitive. Sta di fatto che questi sono i “sensi” essenziali che hanno permesso a loro di vivere.

Se si riflette bene, potremmo definirli con le categorie a noi familiari di Virtù della fede, della speranza e della carità?

Questi semi del Verbo, col tempo, o si seccano o si sviluppano. Si seccano quando l’uomo non sente più il bisogno di Dio e dell’ Altro. Si sviluppano quando l’uomo riconosce i suoi valori vitali e li mantiene vivi. Si deteriorano quando un gruppo etnico vive isolato, come in prigione di se stesso o dentro una bolla, preoccupato a difendersi. E allora vanno rivitalizzati, purificati, aperti…

Giovanni Paolo II ha detto che in ogni preghiera autentica lo Spirito Santo prega. Dobbiamo credere che lo Spirito stia fecondando quei semi e stia facendo crescere anche in loro l’albero, sì, l’albero della croce di Gesù, l’unico che ha espresso ed esprime pienamente, ancora, fede, speranza e carità.

La missione è ‘visitazione’

Touggourt, 10 novembre 2010


Maria va a visitare Elisabetta e porta in se un segreto vivo. Anche Elisabetta porta in se un bambino. Le donne non conoscono quale rapporto ci sia tra i bambini. Il saluto di Maria portatore di pace e la lode e la gioia di Elisabetta si trasformano in Magnificat, lode, annuncio di Dio.

“La nostra chiesa non ci dice, scrive il monaco Christian de Chergé, priore di Tibhirine, quale sia il legame esatto tra la Buona Novella che noi portiamo e il messaggio che fa vivere l’altro (i fedeli dell’Islam e altri)… Nonostante ciò, se siamo attenti e ci situiamo allo stesso livello, il nostro incontro con l’altro con l’attenzione e la volontà di raggiungerlo, e col bisogno di lui per quello che è e per quello che ha da dirci, allora veramente, egli ci dirà qualcosa che raggiungerà ciò che noi portiamo, mostrando che c’è connivenza…”

Anche Gesù ha visitato e si è lasciato visitare ogni volta che proclamò con commozione: “La tua fede è grande”

E Pietro con sorpresa dice di Cornelio: “ Ora capisco veramente che Dio non fa differenza tra le persone: ogni uomo, di qualsiasi nazionalità, che lo rispetta e fa ciò che è giusto, gli è gradito!”

La missione, cosciente dei valori presenti e vissuti nelle popolazioni che raggiunge, sta cambiando.

Non è solo, ed è sempre meno, convertire, insegnare, ma incontrare, cercare insieme, condividere, dialogare, cooperare. Certo, arriva anche la conversione, ma di entrambi. Tutti, scambiandosi i doni di se stessi, crescono verso una nuova umanità, immagine del Risorto.

La missione continua la visita e questo comportamento di Dio come canta Zaccaria: “Benedetto Dio d’Israele perché ha visitato il suo popolo e compiuto la sua liberazione”

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La preghiera ci avvicina

Touggourt, 28 ottobre 2010


Chiedo un passaggio per andare a casa, avendo in mano dei sacchetti di verdura e di frutta appena comprate al mercato. Si ferma un signore con una bella macchina nera. Per strada mi dice che mi ha già visto e conosce le Piccole Sorelle. Mi lascia davanti alla mia porta e non vuol niente. Gli dico: "La ricorderò nella preghiera". Staccandomi dalla macchina, mi fa un cenno e mi dice: "Sì, ricordati di me nella preghiera".

Oggi sempre di più la gente chiede di pregare per loro, e ciò è visto come segno di apertura.

Una suora infermiera avvisa i parenti dell'ammalato: "E il momento della shahada" (l'atto di fede che si fa pronunciare all'ammalato in fin di vita o che si pronuncia per lui), e si ritira. Gli altri, infermieri e parenti, dicono: "No, resta a pregare con noi"

La suora che presta servizio di accoglienza al santuario 'Nostra Signora d'Africa' dice: "Un tempo preparavamo il Natale con la veglia e la chiesa si riempiva di fedeli musulmani. Oggi avviene la stessa cosa in alcuni momenti di preghiere particolari". In altri momenti, quando il santuario è aperto, molti vengono a pregare.

Ai funerali di Suor Marie Noel, un Imam: "In questo momento di preghiera attorno a te, ci hai unito molto più di quello che avveniva durante la tua vita. Ci hai fatto del bene durante la tua vita, ma ancor più con la tua morte perché ci unisci tutti, musulmani e cristiani, in un solo amore".

Al Ribat elsalam, che significa Legame di pace, un piccolo gruppo di cristiani e di musulmani si incontrano alcune volte all'anno e vivono un legame di pace". Non discutono, ma si ascoltano e pregano. Incominciando questo gruppo di dialogo e di preghiera insieme, qui in Algeria, i sufi alawi hanno voluto precisare: "Non vogliamo impegnarci con voi in una discussione dogmatica. Nel dogma e nella teologia ci sono molte barriere, prodotti dell'uomo. Noi desideriamo lasciare che Dio crei tra noi qualcosa di nuovo. Ciò avviene solo nella preghiera. E' per questo che abbiamo voluto questo incontro di preghiera con voi".

Giovanni Paolo II al termine della storica preghiera per la pace in Assisi: "Cerchiamo di vedere in esso un'anticipazione di ciò che Dio vorrebbe che fosse lo sviluppo storico dell'umanità: un viaggio fraterno nel quale ci accompagniamo gli uni gli altri verso la meta trascendente che egli stabilisce per noi".

Dopo la preghiera dei responsabili delle varie religioni accanto al Papa, il CARD. ROGER ETCHEGARAY ha scritto : "Nella cattedrale di San Rufino, quando i responsabili delle Chiese cristiane si sono scambiati la pace, ho visto le lacrime su certi volti e non dei meno importanti. Davanti alla basilica di San Francesco, dove, intirizzito dal freddo, ognuno alla fine sembrava serrarsi strettamente all'altro (Giovanni Paolo II era vicino al Dalai Lama), quando giovani ebrei si sono precipitati sulla tribuna per offrire rami di ulivo, in primo luogo ai musulmani, mi sono sorpreso ad asciugare le lacrime sul mio viso".

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Farsi prossimo anche all’altro

Touggourt, 12 ottobre 2010


Il cristiano non si limita ad amare il prossimo ma si apre ad amare anche l’altro.

La parola ‘prossimo’ nella parabola del Buon Samaritano diventa ‘altro’. La domanda oggettiva dello scriba «chi è il mio prossimo?» si trasforma, alla fine, nella domanda soggettiva di Gesù «chi è diventato prossimo nei confronti dell’altro?».

Questa mutazione indica che solo diventando prossimo si può veramente capire chi è il prossimo. (Mons Ravasi)


Nei confronti di questa dimensione dell’essere umano non basta quel tipo di amore che è l’amore per il prossimo, perché questo è un amore per cui nel prossimo vedo il prolungamento di me stesso, la realizzazione di me stesso. Lo chiamerei amore ombelicale, per cui nell’altro vedo qualcosa in cui la mia esistenza trova compimento: uscire da me per arrivare all’altro in realtà è un modo per tornare a me più ricco di prima.

Il rapporto con l’altro deve essere come quello di Abramo che esce dalla sua terra per andare in un posto sconosciuto che Dio gli indicherà. Il rapporto con il povero dal punto di vista biblico è proprio questo rapporto con l’al-terità.

Che cosa induce il samaritano a fermarsi? È la compassione che nasce dal grido dell’altro anche se muto e scuote il samaritano obbligandolo a fermarsi di fronte ad una carne che è al punto estremo della fragilità (Armido Rizzi)

Prossimo – lo dice chiaramente tutto il Vangelo – è ogni essere umano, uomo o donna, amico o nemico, al quale si deve rispetto, considerazione, stima. L’amore del prossimo è universale e personale al tempo stesso. Abbraccia tutta l’umanità e si concreta in colui-che-ti-sta-vicino.

Ma chi può darci un cuore così grande, chi può suscitare in noi una tale benevolenza da farci sentire vicini – prossimi – anche coloro che sono più estranei a noi, da farci superare l’amore di sé, per vedere questo sé negli altri? E’ un dono di Dio, anzi è lo stesso amore di Dio che “è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” .

Non è quindi un amore comune, non una semplice amicizia, non la sola filantropia, ma quell’amore che è versato sin dal battesimo nei nostri cuori: quell’amore che è la vita di Dio stesso, della Trinità beata, al quale noi possiamo partecipare. Sì, l’amore vero ama l’altro come se stesso. E ciò va preso alla lettera: occorre proprio vedere nell’altro un altro sé e fare all’altro quello che si farebbe a sé stessi. L’amore vero è quello che sa soffrire con chi soffre, godere con chi gode, portare i pesi altrui, che sa, come dice Paolo, farsi uno con la persona amata. E’ un amore, quindi, non solo di sentimento, o di belle parole, ma di fatti concreti.

Chi ha un altro credo religioso cerca pure di fare così per la cosiddetta “regola d’oro” che ritroviamo in tutte le religioni. Essa vuole che si faccia agli altri ciò che vorremmo fosse fatto a noi. Gandhi la spiega in modo molto semplice ed efficace: “Non posso farti del male senza ferirmi io stesso” .(Chiara Lubich)

C’è una nuova primavera per l’Europa : accogliere, amare, integrare l’altro.

Al sinodo per il medio oriente

Touggourt, 18 ottobre 2010

L’arcivescovo di Algeri, Mons. Ghaleb Moussa Abdalla BADER, ha dichiarato:

”Data la sua piccola realtà, la nostra Chiesa è chiamata ogni giorno e ogni momento all’incontro con l’altro, con il diverso... al punto che la nostra Chiesa ha quasi fatto dell’incontro la sua missione specifica in questo Paese e si definisce come “la Chiesa dell’incontro”... In questo incontro con l’altro comincia e si costruisce giorno dopo giorno un dialogo spontaneo, gratuito, sincero e molto costruttivo.

Nel quotidiano questo dialogo si fa semplice presenza, semplice condivisione. Si traduce concretamente in servizi gratuiti suscitati da niente altro che dall’amore per il prossimo e dal tentativo di rispondere ai bisogni di quelli con cui siamo in dialogo. Dialogare nel quotidiano vuol dire vivere, lavorare, camminare, cercare insieme, dare e ricevere e a volte gioire e soffrire insieme.

In questo dialogo quotidiano cadono e scompaiono molti pregiudizi, paure, timori, malintesi, ignoranza e false concezioni, e si costruiscono una conoscenza e una fiducia reciproche, spesso necessarie per risanare i rapporti fra i credenti e fra le religioni stesse.

Le nostre Chiese sono consapevoli di avere e di vivere una missione profetica, quella di preparare e di creare per oggi e per domani una clima per un dialogo più sereno.

Questo dialogo è la migliore testimonianza che le nostre Chiese possono dare alla fede ed è spesso più efficace dell’annuncio diretto della Buona Novella.

Siamo felici di constatare che questo dialogo è accettato ed è molto apprezzato dalla nostra gente perché gratuito e sincero, e comincia anche a dare dei buoni frutti.

Questo dialogo è fondamentale per la vita dei nostri cristiani e per la pace civile in tutti i nostri paesi. In effetti, se il dialogo ufficiale viene a mancare, ciò può creare tutt’al più una crisi nei rapporti ufficiali reciproci, ma se il dialogo viene a mancare nel quotidiano, è molto più grave, perché è la pace, la vita e la stessa esistenza di questi gruppi che vengono rimesse in discussione...

L’esperienza delle nostre Chiese del Maghreb ci insegna che il vero dialogo comincia dai piccoli dettagli della vita quotidiana, il dialogo che non vuole annunciarsi come tale ma che vuole essere una semplice presenza, un semplice servizio... Il vero dialogo ha luogo là dove gli uomini si trovano, con le loro gioie e le loro preoccupazioni, le loro domande terra terra sulla vita quotidiana come pure i loro interrogativi sui temi fondamentali riguardanti la vita e il destino dell’uomo.

Il dialogo ha bisogno di educazione. Ora, il dialogo della vita è la migliore educazione e la migliore scuola per imparare a conoscere e a rispettare l’altro e per collaborare insieme”.

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Catechismo spicciolo per compagni di viaggio

Touggourt, 30 settembre 2010

Insieme in Paradiso

“Sai Gina, mio figlio è tornato dalla Francia in buona salute. Gli hanno messo un nuovo rene e sta bene. Quanto sono bravi e buoni quelli lì in Francia, peccato che vadano all’inferno”.

La cristiana, che non può dire che è cristiana, non si oppone subito a quello che dice l’amica, ma le fa fare un cammino. “Senti, le dice, il bambino che ha dato il rene e che ha il rene vivo nel tuo bambino andrà all’inferno? E i genitori del bambino che sono contenti che il rene del loro bambino viva nel tuo bambino, andranno all’inferno? Quando Allah accoglierà tuo figlio e vedrà il rene dell’altro, non li accoglierà tutt’e due nelle sue braccia? Tu preghi? Quando preghi per il tuo bambino, prega anche per l’altro e per i suoi genitori”

A tutte queste domande la donna si sente confusa e riconosce di non saper rispondere: “Si, dice, non so tante cose della mia religione, ma credo che un giorno saremo insieme. Grazie! Ora sono più contenta!”

Le vostre carte non sono tutte in regola

P. Paolo Dall’Oglio, racconta:

“Un cattolico si presenta a San Pietro. La sua vita è stata esemplare: messa tutte le domeniche, sa cantare in latino, confessione ogni anno… Ora attende tranquillo. San Pietro verifica i suoi documenti, il suo vissuto, guarda anche al computer. Tutto sembra andar bene ma a un certo momento San Pietro fa un cenno di sorpresa… cerca e vede che manca qualcosa”. “Anche qui i computer, dice il cattolico un po’ scandalizzato a un signore seduto accanto a lui, un po’ più nervoso. L’informatica complica tutto. Un tempo tutto era più semplice. E’ uno scandalo, bisogna protestare”. Il signore che attende anche lui, ha un turbante nero e una barba folta. Anche lui si lamenta: “Cosa c’è che complica? La mia vita era buona. Cinque preghiere ogni giorno, sempre tra i primi e davanti a tutti nella moschea, ogni venerdì. Sono stato alla Mecca. Cosa cerca ancora?”

E tutt’e due si mettono a discutere sul funzionamento difettoso del mondo moderno. Continuano a dire la vita vissuta, il bene fatto… Ma poi a voce un po’ più bassa… qualche piccolo errore, qualche infedeltà…

Si calmano un po’… Tutto si arrangerà!

Tutte le vie portano a Dio

L’amica dice all’amica: “Perché non vieni anche tu alla moschea? Perché non ti prepari al pellegrinaggio alla Mecca? Perché sei un po’ diversa?” Quella che non vuol dire che è cristiana, dice: “Quando vai a Tunisi tu prendi l’aereo. Io prendo l’autobus. Tu prendi l’autobus? No. Io prendo l’aereo? No. Siamo diversi! Tu arrivi a Tunisi? Si. Io arrivo a Tunisi? Si. Arriviamo tutt’e due? Si. L’importante è arrivare!

Perché non ti sposi?

Tanti mi vogliono bene e sono disposti a trovarmi una moglie. Mi dicono preoccupati: “Il matrimonio è metà dell’Islam, metà della religione. Fuori del matrimonio uno non riesce a vivere. Quando sarai ammalato…? quando morirai… ? Chi ti farà… chi ti laverà? Ecc. Ecc.

Le mie risposte non convincono. Qualcuno, più fedele al Corano ha risposto chiedendo: “Un profeta può peccare? No, risponde l’interlocutore. C’è qualche profeta che non si è sposato? Sì, risponde? Ha peccato? No, risponde. Gesù (Issa) si è sposato? No, risponde. Ha peccato? No, risponde. Se Gesù e altri non si sono sposati, perché non lo posso fare anch’io? No, risponde.

Il primo racconto mi è stato raccontato da una cristiana algerina che senza poter dire di essere cristiana, fa una catechesi nascosta che va bene per cristiani e per musulmani. Il secondo racconto è inventato, penso. Gli altri mi sono stati raccontati. Sta di fatto che bisogna saper rispondere e saper spiegare. Rifiutare il dialogo non è rispettoso. Se poi non si riesce a convincere… pazienza!

Spero un giorno di raccontare quello che fa e che dice un'altra cristiana algerina che vive con due polmoni, uno cristiano e uno musulmano, come dice lei. Cioè, nessuno della sua famiglia sa che è cristiana ma lei non ha rinunciato allo spirito musulmano. “Porto in me il mio popolo, dice, e vivo e prego e mi offro anche per il mio popolo”. E’ questo amore per il suo popolo che le permette di lavorare e di vivere senza essere scoperta. “Ma come fai?”, le ho chiesto. “E’ dono di Dio”, mi ha risposto.

Hetty Hillesun. Aiutare Dio a vincere l’odio

Touggourt,6 ottobre 2010

Nel lager di Auschwitz cresce l’odio. Hetty, mistica ebreo cristiana, meditando il Vangelo e leggendo San Agostino, non si abbatte, si carica delle sofferenze del suo popolo, fa di tutto per alleviare le sofferenze e trova nella sua intensa comunione con Dio, una forza straordinaria di amore che le fa dire anche nella sofferenza: “La vita è bella”. Fa di tutto per non lasciarsi vincere dall’odio e dice la sua sorpresa: “Come è possibile che in questo luogo recintato da filo spinato, attraversato da sofferenza umana, ci sia in me una immagine quasi soave? Come mai il mio spirito, invece di oscurarsi, sia come illuminato? Qui, tra baracche abitate da gente perseguitata, ho trovato la conferma del mio amore per questa vita. Come descrivere ciò per far sentire che la vita è bella, che merita di essere vissuta e che è giusta? Può darsi, Dio mi farà trovare le parole necessarie… per riuscire a vivere in questo luogo tra cielo e terra?” E così la rivelazione in lei finalmente trova parola:

"Dentro di me c'è una sorgente molto profonda. E in quella sorgente c'è Dio. A volte riesco a raggiungerla, più sovente essa è coperta di pietre e sabbia: allora Dio è sepolto. Allora bisogna dissotterrarlo di nuovo."

E' l'inizio di un'intensa attività interiore, di un rapporto dialettico tra due che sono già uno, lei e Dio, in cui ciascuno ha bisogno che l'altro ci sia, vivo e attivo, in una dimensione, diremmo noi, intersoggettiva, che le farà dire più tardi:

"E se Dio non mi aiuterà allora sarò io ad aiutare Dio", sempre più certa che tutto può andar perso, ma mai l'amore per la vita:

"E questo probabilmente esprime il mio amore per la vita: io riposo in me stessa. E quella parte di me, la parte più profonda e la più ricca in cui riposo è ciò che io chiamo Dio."

Con altre parole è come se dicesse: “Vuoi Dio che ti aiuti a far sì che l’umanità riesca a vivere, e che la sua vita diventi una riuscita anche nella sofferenza?”

Anche la pace sarà possibile. “Se la pace si stabilirà un giorno, scrive, essa sarà autentica quando ogni individuo avrà fatto prima pace in se stesso, avrà estirpato ogni sentimento di odio nei confronti di razze, popoli o chiunque sia, sarà riuscito a vincere questo odio e a cambiarlo in un'altra cosa, forse… in amore…, o è chiedere troppo?”

L’interessante, leggendo il libro Une vie bouleversée, è che ti trovi davanti a una mistica fuori dell’ordinario e degli schemi tradizionali. Non appartiene né alla sinagoga, né a qualsiasi chiesa. La sua è una esperienza di Dio, ininterrotta. Ciò fa pensare che Dio continua a suscitarsi i suoi credenti anche per vie impensabili e nuove.

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20 settembre 2010

L’Annunciazione festa nazionale islamo-cristiana

Touggourt, 20 settembre 2010


Marialaura Conte , il 29/03/2010 , scrive dal Libano.

Qui il 25 marzo, giorno dell’Annunciazione dell’Angelo a Maria, da quest’anno diviene festa nazionale. L’iniziativa, avviata dallo sheykh Mohamad Nokkari, musulmano sunnita, si propone di aumentare l’intesa nazionale e l’amicizia tra comunità, a partire dalla valorizzazione della figura della Vergine Maria, punto di riferimento importante per i cristiani e per i musulmani, e di un particolare episodio della sua vita, l’Annunciazione, raccontato nel Vangelo e nel Corano. (…)

L’idea gli è venuta per il posto rilevante che la Santa Vergine occupa sia nel pensiero cristiano che in quello islamico e per la volontà di unire musulmani e cristiani intorno a questa idea.

Azraqui (m.524/1130), il celebre storico della Mecca narra che quando Muhammad diede l’ordine di ‘ ‘purificare’ la Ka’ba dagli idoli che vi si trovavano e dalle immagini che figuravano sulle sue pareti, protesse con la mano un ritratto di Maria e Gesù e disse ai suoi discepoli:”Cancellate tuitti i dipinti di questo muro salvo questo”

Lo cheykh Nokkari dice :”Infatti, se Eva è la nostra madre biologica, abbiamo tuttavia un’altra madre accogliente e premurosa che si preoccupa della sorte di cristiani e musulmani. Una madre che ci protegge che ci riempie di amore e tenerezza. Partendo da queste considerazioni mi sono impegnato a far istituire una festa mariana comune per cristiani e musulmani. Una festa in cui i fedeli delle due religioni si riunissero per invocare la nostra comune Madre: la Vergine Maria. (…)

Come il Vangelo, il Corano menziona, con alcuni dettagli eloquenti, l’episodio dell’annunciazione e della nascita miracolosa di Cristo. Nel Corano nessuna altra donna è citata con il suo nome per nome. Quello di Maria vi ricorre 36 volte e un lungo versetto le è dedicato. Il suo posto di «eletta fra tutte le donne del creato» è definitivo. È un titolo che vale sia per la sua vita terrena che per l’aldilà.

La scelta dell’Annunciazione come festa “federatrice” dovrebbe ricevere echi molto favorevoli in entrambe le comunità. (…)La mia insistenza per rendere la data un giorno festivo è stata accettata senza alcuna esitazione dal nuovo Primo Ministro in occasione della visita che gli ho reso come membro del neonato “Incontro Islamo-Cristiano attorno a Maria”. (…)

Già questo incontro comune intorno a Maria è considerato un avvenimento particolarmente importante nella storia delle nostre due religioni. Una volta di più, la Santa Vergine elargirà il suo amore su tutta l’umanità. Il Libano dimostra ancora una volta di essere, più che un paese, un messaggio”.

Preti in Algeria

Touggourt, 23 settembre 2010

Vocazione speciale

Questa minuscola comunità cristiana è di una grande diversità. Ma ciò che mi colpisce sono i due elementi che fanno l’unità e l’unanimità di questa Chiesa: anzitutto è una Chiesa per il popolo dell’Algeria e poi è una Chiesa che testimonia in un ambiente musulmano. Questi due elementi ne fanno una Chiesa particolare e meritano d’essere assunti e vissuti. La scelta di vivere in questa Chiesa esige una vocazione speciale oltre a quella cristiana, sacerdotale o religiosa.

Rafiq Khoury

Tutto il popolo

Per me non è importante solamente la minorità di cristiani cattolici che sono davanti a me, ma tutto il popolo di Dio, compresi i musulmani che vi fanno parte. San Agostino diceva: “Se vuoi amare Cristo, estendi la tua carità a tutta la terra perché le membra di Cristo si trovano nel mondo intero”

Bonaventura, Padre Bianco tanzaniano.

Vicino a Gesù e come Gesù

La mia prima certezza è che uno solo è il vero prete, Gesù. Io mi sento un tassello del mosaico che lo rende visibile e gli permette di agire nel tempo e nello spazio. Nei miei primi anni di vita consacrata all’insegnamento dei giovani algerini ebbi l’impressione di separare vita professionale e vita di prete, servo della comunità cristiana. Meditando gli incontri di Gesù e scoprendo che al suo seguito siamo segni della sua presenza, ho ricevuto la grazia di capire che non c’è separazione tra le mie due vite: Come Gesù mi è stato dato di incontrare persone con le quali situarmi nella verità perché qualcosa nasca, cresca, migliori…

Non faccio che continuare la sua opera, alla sua maniera e alla mia, sui miei cammini della Galilea Algerina. L’importante e tenermi vicino a lui per vivere al suo posto gesti e parole e attenzioni che lui stesso vivrebbe. Poco importo che gli assomiglio poco. Non sono diventato pienamente prete il giorno della mia ordinazione, ma cerco di diventarlo un po’ più ogni giorno.

Jean Marie, Constantine

Debolezza e gratuità

La gratuità è la caratteristica del nostro ministero. Come l’amore di Dio è per tutti, percepisco meglio che non sono prete solo per i cristiani, ma per ogni uomo al quale Dio mi manda. Capisco meglio ciò che significa servire in una Chiesa debole e fragile. E’ come diceva San Paolo, poi riaffermato da Charles De Foucauld: “La debolezza dei mezzi umani è causa di forza per rendere forte la speranza al cuore stesso delle nostre debolezze e delle nostre povertà”.

Lasciare posto allo Spirito santo.

Daniel, Tamanrasset

Riconoscere la fede

Preghiamo lo Spirito Santo che vede le profondità di Dio di darci uno sguardo nuovo su l’Islam e i musulmani. Quante volte all’Eucaristia mettiamo insieme quanto ci è stato dato di vedere e di sentire durante la giornata o la settimana e che riceviamo come frammenti dell’Eucaristia viva nella vita di quelli e di quelle coi quali viviamo. La nostra preghiera e intercessione è abitata da quanto ci è stato dato di condividere come gioie sofferenze e suppliche. Sale allora dai nostri cuori la stessa espressione di Gesù davanti alla fede del Centurione o della Cananea : “La tua fede è grande!”

La nostra Chiesa ha sofferto e soffre con tutto il popolo dell’Algeria a causa degli estremisti violenti. Ma può camminare dentro il suo popolo con tutti gli artigiani di pace e di fraternità. La nostra gioia di prete è di servire Dio umile e povero, sempre e già presente, nascosto nelle ombre e le luci della vita quotidiana, luminoso in tutti i volti di bontà.

Paolo Desfarges, vescovo di Costantine

L’eucaristia di mons Tessier

Quando si celebra “l’Eucaristia tra le nazioni” non si può soltanto offrire la propria vita al seguito di Gesù per le nazioni, ma si può unire al sacrificio di Gesù e al nostro anche tutte le offerte degli appartenenti alle nazioni che le coscienze rette hanno suscitato. La maggior parte dei nostri fratelli e sorelle dell’Islam non sono visibilmente presenti nel luogo dove noi celebriamo l’Eucaristia. Noi li introduciamo spiritualmente nella nostra Eucaristia perché è con loro e tra loro che abbiamo vissuto le nostre giornate ed è per loro che domandiamo la comunione ( tra noi e con loro). E se come arriva spesso, degli amici musulmani ci hanno domandato di pregare per loro, allora la nostra celebrazione si fa ancora più aperta e sicura nella nostra offerta con loro e per loro del sacrificio di Gesù.

Come un recipiente d’acqua

A che cosa assomigliare la mia vita di prete in Algeria? A volte a un talento nascosto a terra. A volte a un seme nel terreno. Preferisco l’immagine della guerba, un otre in pelle d’animale contenente l’acqua che i nomadi tengono nella tenda o in viaggio o appesa al pozzo perché quelli che passano, possano abbeverarsi.

Robert, eremita

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Messaggio dei vescovi francesi ai cristiani d’Oriente

Touggourt, 2 settembre 2010


“Lo sappiamo, la maggior parte di voi è tra i nostri fratelli cristiani del mondo che soffrono più di noi a causa della loro fede. State vivendo troppo spesso paura, umiliazioni, violenze. Alcuni di voi hanno pagato con la vita il loro amore per Cristo. Non dimentichiamo la parola dell’apostolo Paolo: - Quando un membro soffre, tutti condividono la sofferenza - ( 1 Co 12, 26 ).

Ringraziamo Dio per il vostro coraggio nella fede. Vi diciamo il nostro affetto fraterno e la certezza che continueremo a sostenervi attraverso i diversi organismi di solidarietà.

E preghiamo perché in tutte le nazioni siano rispettate la libertà di coscienza e la libertà religiosa.

Con tutto il cuore… con voi tutti.”

A volte mi giungono notizie dirette da amici che mi dicono che non ce la fanno più. L’unica speranza è quella di poter fuggire.

Intensifichiamo la nostra preghiera. Possiamo, o meglio… Dio… può fare qualcosa.

Con Maria

Mi piace questo inno che traduco dal breviario francese. Mi parla di attesa, di offerta, di silenzio, di gioia, di dolcezza.

E’ anche la Chiesa…, il cristiano, ovunque è presente!

Aurora prima del giorno

Madre vergine

Donna promessa all’inizio dei tempi

Casa sui voleri di Dio

Non paura… o rifiuto

All’opera della grazia

Il cuore pieno d’attesa

Offerta a Dio di silenzio

Dove abita la parola

Sotto lo sguardo che le risponde

I nuovi tempi gioiscono in lei

Arrivo misterioso del regno nascente

Lo spirito la prende sotto la sua ombra

E dolcemente la guarda

Ecco la sposa non sposata

Maria serva e regina

Porta in segreto la salvezza del mondo

Il sangue di Cristo la redime

Lei ne è la sorgente.

Cari amici. Belle feste con Maria! Vostro p. Silvano

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Rendere presente e credibile Dio

Touggourt, 8 agosto 2010


Il card Tauran, presidente del Pontificio Istituto per il dialogo interreligioso, il 17 nov. 2009 ha detto che cristiani e mussulmani hanno insieme una triplice sfida da affrontare : La sfida della identità, dell’alterità e della sincerità. La sfida dell’identità è sapere chi si è.

L’identità di cui parla il cardinale è la santità, come leggiamo in Levitico: “Siate santi perché io il Signore, vostro Dio, sono santo”(Lev 19,2). Dio ha affidato agli uomini il compito di far riconoscere e di testimoniare la sua santità. “Non profanate il mio nome perché santifichi me stesso tra i figli d’Israele”(Lev. 22,32).

I credenti in Dio hanno una stessa vocazione… missione …responsabilità, cioè rendere presente il Dio che amano, e rendere credibile il Dio in cui credono. La preghiera che Dio mette nel nostro cuore, non solo è parola da pronunciare, ma soprattutto parola da vivere.

Musulmani e Cristiani hanno preghiere simili ispirate da Dio stesso e Dio le ispira perché vuole che siano strumenti della sua volontà.

In queste preghiere c’è una espressione molto impegnativa: La misericordia di Dio.

Ecco la fatiha, la prima sura del Corano che i musulmani pregano spesso:

1. Nel nome di Allah, il Clemente il Misericordioso

2. Lode ad Allah il Signore dei mondi

3. Il Clemente, il Misericordioso

4. Signore del Giorno del Giudizio

5. Te noi adoriamo ed a Te ci rivolgiamo per aiuto

6. Mostraci la retta via

7. La via di coloro cui hai concesso la Tua grazia, di coloro che non suscitano la Tua ira e che non vagano nell'errore. Amen

Nella preghiera del Padre Nostro, dataci da Gesù, diciamo: “Padre… perdona a noi come noi perdoniamo…”

Cristiani e musulmani dobbiamo credere e vivere la misericordia che Dio vuol continuare in noi e per noi.

Mai siamo così vicini a Dio come quando viviamo la misericordia verso il nostro prossimo.

Anche noi saremo più credibili!

Chi è l’altro?

Touggourt, 16 agosto 2010


Il card Tauran, presidente del Pontificio Istituto per il dialogo interreligioso, il 17 nov. 2009 ha detto che cristiani e mussulmani hanno insieme una triplice sfida da affrontare : La sfida della identità, dell’alterità e della sincerità.

Qual’ è la sfida dell’alterità. Chi è l’altro?

L’alterità è accettare la diversità come elemento di arricchimento comune, dice il Card. A questo hanno dedicato numerosi studi filosofi, sociologhi, psicologi, economisti, politici e i teologi che riconoscono la ricchezza di tutte le esperienze religiose. Ma più che le caratteristiche e i valori dell’altro, è l’altro stesso che va capito e riconosciuto. Il primo ad aiutarci a capire veramente il tema dell’alterità è Dio quando chiede a Caino: “Dov’è tuo fratello?” In ogni uomo c’è un fratello, un figlio di Dio. La domanda e la voce di Dio è la domanda e la voce del sangue.

Carlo Maria Martini nel giugno 1995 ha scritto: “Vorrei ricordare una parola di Italo Mancini in uno dei suoi ultimi libri Tornino i volti, quasi un testamento: «Il nostro mondo, per viverci, amare, santificarci, non è dato da una neutra teoria dell’essere, non è dato dagli eventi della storia o dai fenomeni della natura, ma è dato dall’esserci di questi inauditi centri di alterità che sono i volti, i volti da guardare, da rispettare, da accarezzare»”.

Benedetto XVI ai partecipanti al Convegno interaccademico su “L’identità mutevole dell’individuo” ha detto: “Ogni progresso scientifico sia anche progresso d'amore” e ha spiegato: “L’uomo non è frutto del caso, né di un fascio di convergenze e determinismi e neppure d’interazioni fisico-chimiche”. Come sottolineava Pascal, ha detto il Papa, “l’uomo supera infinitamente l’uomo”. Il mistero dell’uomo è “segnato dall’alterità”. L’uomo è creato da Dio, “è amato e fatto per amare”. In quanto uomo, ha ribadito, egli non è mai “chiuso in se stesso” ma è portatore d’alterità e sin dalle sue origini è in interazione con gli altri esseri umani. L'amore fa uscire da se stessi per scoprire e riconoscere l'altro; aprendo all'alterità, afferma anche l'identità del soggetto, poiché l'altro mi rivela me stesso….Il modello per eccellenza dell'amore è Cristo. È nell'atto di dare la propria vita per i fratelli, di donarsi completamente che si manifesta la sua identità profonda e che troviamo la chiave di lettura del mistero insondabile del suo essere e della sua missione”.

Tommaso D’Aquino vede in Paradiso un’alterità beata: “La vita eterna consiste nella società giubilante di tutti i beati, Gioia grande perché ciascuno possiederà tutti i beni dei beati. Ognuno amerà l’altro come se stesso e quindi gioirà del bene dell’altro come del suo proprio bene.”

E San Francesco di Sales : « Le belle amicizie di questa vita continueranno eternamente nell’altra”.

Il Concilio Vat. II dice ancora : “I Cieli nuovi e la terra nuova senza lacrime saranno anche il risultato dell’impegno dell’uomo. “I valori di dignità, di comunione fraterna e di libertà, frutti eccellenti di natura umana e di seria iniziativa che abbiamo propagati secondo la volontà del Signore e nel suo Spirito, noi li ritroveremo più tardi… purificati,… illuminati… trasfigurati.” E così possiamo concludere: “Il regno dei cieli si forma già qui, e sarà perfetto quando il Signore verrà!” (GS 39).

Padre Christian Marie De Chergé, priore del monastero di Notre-Dame d’Atlas, superiore dei sette monaci uccisi, ha scritto nel suo Testamento: “Se mi capitasse un giorno (e potrebbe essere anche oggi) di essere vittima del terrorismo ….Ecco che potrò, se piace a Dio, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i suoi figli dell’islam come lui li vede, totalmente illuminati dalla gloria di Cristo, frutti della sua passione, investiti dal dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre lo stabilire la comunione e il ristabilire la somiglianza, giocando con le differenze.

E anche a te, amico dell’ultimo minuto, che non avrai saputo quel che facevi. Sì, anche per te voglio dire questo grazie e questo ad-Dio … E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due”. Tibhirine, 1 Gennaio 1994

Sincerità nel condividere

Touggourt, 23 agosto 2010

Cari amici, vi auguro che siano belli anche gli ultimi giorni di vacanze, per chi li fa e per chi non li fa. Vi devo dire che qui fa ancora terribilmente caldo, raggiungendo anche i 50° all’ombra dove c’è. Pensate agli amici musulmani che vivono il Ramadan. Eppure vedo i miei amici contenti … Stanno vivendo anche dei bei valori di disciplina, di preghiera e di amicizia fraterna. Ricordiamoli nella preghiera.

E’ la terza sfida che hanno insieme cristiani e mussulmani come ha detto il card Tauran, presidente del Pontificio Istituto per il dialogo interreligioso, il 17 nov. 2009.

La sfida della sincerità è dialogare proponendo la propria fede, dentro i limiti del rispetto e la dignità di ognuno. E’ anche disponibilità a riconoscere la verità e a far conoscere ciò che pensa.

Mentre riflettevo su questo tema mi è arrivata la notizia della morte di Rania, donna musulmana che mesi fa, nel pellegrinaggio a Tamanrasset, era seduta accanto a me nel luogo della morte di De Foucauld e raccontava al gruppo alcuni momenti dell’eremita e dello studioso.

Chi è Rania? Traduco da un notiziario appena giuntomi:

“Rania, una giovane donna musulmana di 32 anni è deceduta pochi giorni fa, trasportata dalla corrente improvvisa di un oued a Tamanrasset. Tragedia per la sua famiglia e per tutta la comunità cristiana. Da alcuni anni era stretta collaboratrice del Piccolo Fratello Antonio Chatelard, negli studi su Charles de Foucauld. Accompagnava i gruppi di turisti soprattutto a visitare il « Bordj » dove era stato ucciso Charles de Foucauld. Fu presente a Roma alla beatificazione e diede una lunga testimonianza che ci aiuta a capire il cammino di una musulmana sui passi di De Foucauld. Alcuni stralci:

“I visitatori, anche musulmani, mi chiedevano, il perché del mio studio, lavoro, accompagnamento di Fr. Charles. Mentre cercavo di capire, mi accorgevo che stavo cercando di capire me stessa.

Lessi la sua ricerca nei momenti più difficili della sua vita e il suo sforzo per uscirne. C’è voluto del tempo. Non è stato facile. Avevo paura di perdere la mia identità e le mie radici. Mi sembrava di trovarmi in un crocevia di separazione. Al contrario lo vivo come un crocevia di incontro e di comunione. Attraverso lì, ho scoperto quanto c’è in me di ricco e di unico, senza aver perso la mia identità. Cammino sugli stessi passi di Fr Charles e trovo la forza di vivere il mio cammino senza paura”.

Comunicandoci la notizia, il vescovo, mons Rault scrive: “Molto vicina alla comunità cristiana è rimasta se stessa: donna musulmana di grande fede e ardore di vita. Rania appartiene a Dio. Ha raggiunto tutti coloro che come Maria hanno detto il loro “Si” , appartenenti a qualsiasi credo”.

E’ questo “si” che i membri del dialogo vivono e comunicano. Un “si” a se stessi, a Dio, agli altri, in una ricerca continua fedele al progetto di Dio su ciascuno di noi. E’ la sincera voglia di impegnare la propria vita, di darle un senso e di condividerlo. I membri del dialogo, musulmani e cristiani, si impegnano alla coscienza del “Dono di Dio” ricevuto e vissuto in uno scambio di valori vitali in sincerità, disposti continuamente anche alla revisione.

E lo studioso islamico Yahya ‘Abd al-Ahad Zanolo scrive: “La sincerità … potrà essere ciò che veramente accomuna i veri dialoganti, che in essa troveranno un mezzo per non confondere ciò che è universale e spirituale con i propri interessi particolari e materiali”.

In momenti sinceri che vivo con alcune persone, mi lascio sorprendere a qualcosa di bello. Cresce un rapporto. Nel dialogo e nell’amicizia, ognuno sente gioia a dire quello che trova e che vive in profondità. Percepisce e apprezza il cammino e le ricchezze dell’altro, sente che tutto ciò supera le diversità, e ognuno si sente bene com’è. Ma qualcosa cresce… senza paura di dargli spazio e senza paura di dover lasciare qualcosa.

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La preghiera è scuola, palestra di Dio e dell'uomo

Touggourt, 12 luglio 2010


Ci si chiede: "Quale evangelizzazione?"

E' in preghiera che si accoglie la Notizia di Dio e dell'uomo.

"Voi pregate così: Padre nostro... dacci oggi il pane quotidiano" (Mt 6, 9ss)

La prima parte della preghiera insegnataci da Gesù dice chi è Dio. La seconda dice chi è l'uomo cioè colui che trova la vita in Dio, si riconosce per quello che è, bisognoso di perdono e di perdonare, di vivere nella giustizia, lontano dal male. L'uomo trova nella preghiera le ragioni e il senso della sua vita. L'uomo sente fiducia in Dio e si lascia vivere di lui. Adeguarsi alla volontà di Dio è partecipare alle sue qualità, come la bontà, la giustizia, la santità, e avere la libertà di poterle vivere.

Anche nell'Islam la preghiera è scuola, disciplina spirituale. E' sottomissione all'ordine divino e richiesta di perdono.

L'abluzione rituale che precede la preghiera è purezza non solo del corpo ma soprattutto di tutta la persona, è 'metà della fede', per poter presentarsi davanti a Dio. L'acqua su tutto il corpo, dalla testa ai piedi, almeno tre volte.

E' pentimento dei peccati, decisione di bene per l'avvenire. Parti intime, mani, bocca, narici, viso, braccia, testa, orecchi e piedi. E con questi organi che l'uomo pecca e fa il bene.

Ecco le preghiere:

"Purifica il cuore dall'ipocrisia... dal peccato. (parti intime).

Rendi bianco il mio volto il giorno del giudizio. (volto).

Impegnami al bene.. con la mano destra. (mano destra).

Non compia il male con la sinistra. (sinistra).

Dammi una retta conoscenza. (testa)

Aiutami ad ascoltare la tua parola e quella del tuo inviato. (orecchi)

Rendi fermo il mio piede sul Ponte delle grandi decisioni. (piedi)

Non c'è altro Dio che te e attesto che Muhammad è il tuo servo e inviato.

Enumerami tra quelli che si pentono bene

e tra quelli che si purificano bene."


Il saggio Ibn Sa'd (m. 845) ha lasciato scritto: " Ha detto Cristo: Moltiplicate il ricordo di Dio, la lode e la santificazione di lui e obbeditegli. Se Dio è contento di qualcuno di voi, è sufficiente che quegli preghi in questo modo: - O Dio, perdona il mio peccato, emenda il mio modo di vivere, proteggimi dalle disgrazie, mio Dio!-.

In questo detto islamico c'è la sintesi della preghiera del Padre Nostro.


Testimonianza e conversione sono vissuti insieme

Touggourt, 23 luglio 2010


Il tema di vivere un rapporto con la propria identità è frequente qui in Algeria tra cristiani, e non è un tema facile e tranquillo. Si rischia di toccare sensibilità differenti e imbattersi in espressioni che esigono di essere ben capite. C'è chi dice che non bisogna avere paura di annunciare, che si tratta di un dovere e di un diritto da difendere e c'è chi dice che è meglio attendere tempi migliori e che si può vivere l'annuncio con la testimonianza della vita. Si sa ben chiaro che in un paese in cui la religione ufficiale è l'Islam, la legislazione non permette nessun proselitismo, e l'agire di nuclei di religione diversa è ben regolamentato, anche all'interno della religione islamica. Questo non solo qui in Algeria, ma anche in altri paesi e non solo quelli islamici.

Perché il discorso non resti astratto, preferisco partire da piccole esperienze vissute.

1. Quando ero in Camerun e cioè fino al 2006, la religiosa che viveva a Salak (Nord Cameroun) mi raccontava: - C'è una vecchietta che viene ogni tanto a curarsi di una piaga alla gamba. Non sono infermiera. Le presento dell'acqua calda con del permanganato. Lei si lava, sente subito un beneficio e se ne va contenta. Ieri sera ha chiamato un ragazzo e gli ha detto: Non ho mai visto Dio. Sai cosa ho pensato? Penso che Dio deve avere la faccia della suora che mi vuol bene-.

2. Una religiosa che vive da anni qui in Algeria accoglie una ragazza che le dice: "Tu sai quanto ci vogliamo bene. Ora prendo il coraggio di dirti: Perché non dici anche tu la Shahada (la formula della fede dei mussulmani). Anche tu puoi andare in Paradiso, staremo insieme." Ciò è capitato anche a me da parte di alcune vecchiette musulmane che mi volevano bene.

3. Una donna alla suora: "Dopo anni di amicizia ho pensato di farmi cristiana. Sai perché lo dico a te per prima? Perché non me lo hai mai chiesto".

Questi fatti mi permettono di vedere il tema dell'annuncio e della conversione in fondo al cuore. Nella vita vissuta con una fede profonda e fattiva e quando i rapporti con la gente sono belli e veri, può scattare qualcosa che diventa annuncio di una novità, un'irruzione. E questo spontaneamente, naturalmente. Ma facciamoci, prima, delle domande?

Le religiose e la ragazza fanno proselitismo? Il proselitismo è voler conquistare alla propria causa. Ma la vera amicizia non si propone questo. L'amicizia è camminare insieme accettando le differenze, e crescere insieme. E' una vera conversione non vissuta separatamente, ma insieme. E' scambiarsi convinzioni profonde, in una testimonianza reciproca. In questo caso, la testimonianza alimenta le persone di valori vitali. Ma poi, per certe situazioni, la testimonianza non è sufficiente per un cammino impegnato.

Se rileggo quanto ho vissuto in Camerun, assistendo allo sviluppo delle comunità cristiane, l'inizio del cammino nasceva in mille modi: amicizie, occasioni delle feste, l'aiuto o l'esempio o la gioia di qualche o dei cristiani. Ma poi tutto questo necessitava un accompagnamento...e non tanto semplice.

In pochi termini parlerei di testimonianza, di annuncio, di accoglienza, di accompagnamento. Tutto si sviluppa dentro il "vento di Dio". La conversione è di chi annuncia e di chi accoglie. Più che di cambiamento si può parlare di continuazione e sviluppo della tua fede che vivi come cristiano e come musulmano o altro.

E' normale per un cristiano e per un musulmano che vivono la loro fede, trasmettere, irradiare, far sapere, spiegare quello che prorompe dal cuore. Vita, servizio, dono di se, gioia, parola, sono testimonianza, annuncio, accompagnamento.

Gli ambienti e i tempi, facili o difficili, possono determinare modi e tempi di espressione e di esternazione, ma mai annullarli. I più efficaci, per lasciare che la persona e lo Spirito di Dio facciano il loro lavoro e cammino secondo il loro ritmo, sono il rispetto, la discrezione, l'umiltà, la pazienza, e il sentimento di lasciarsi condurre da Dio.

30 luglio 2010

Chi non conosce il silenzio del deserto, non conosce il silenzio. (Proverbio Touareg)

Touggourt, 30 luglio 2010


Sono ormai qui da quattro anni e resto ancora incantato davanti a queste distese infinite di deserto: sabbia, sabbia, dune di sabbia. E non è una distesa morta. Vedi muoversi il deserto con le sue dune, senti la sua carezza col vento di sabbia finissima, e senti il suo parlare in un silenzio di vita.

"Quando sei al nord ad Algeri, ti vedi, ti senti, subito e sempre contro un muro. Nel deserto l'orizzonte è sconfinato", mi dice un amico di Touggourt.

La Piccola sorella Myriam, in Algeria da oltre 50 anni: "Quando ti trovi nel deserto i ricordi vengono subito a galla. Ti senti libera. Ti vedi con più chiarezza e con più semplicità"

Mentre mi trovavo a Tamanrasset e precisamente all'Assekrem, ultima dimora di Charles de Foucauld, visito un prete belga in un eremitaggio. Mi dice: "E' la seconda volta che vengo. Senza libri, solo due quaderni per scrivere. Qui ho tutto: cucina, tavolo di studio, angolo per la preghiera e letto. 20 giorni, solo. I Piccoli Fratelli mi danno il necessario per la cucina. Qui trovo la solitudine e il silenzio. Ogni volta, la prima domanda che mi viene è : "Dio esiste?" Qui, mi ritrovo e ricordo...e ogni momento della mia esistenza lo rivedo nella sua giusta dimensione, nel suo ambiente, nel suo senso. Questa volta il primo ricordo è stato quando avevo 7 anni e avevo ricevuto la Prima Comunione. Iniziando il periodo delle vacanze, i genitori mi avevano fatto trovare la valigia pronta, per partire. E' stato un forte strappo, trovarmi solo... La domenica, l'animatore della colonia chiese alla messa chi voleva fare la Comunione. Ho alzato la mano.L'impressione che ho avuto allora di non sentirmi solo ma con Lui, la risento ancora più viva oggi. La solitudine e il silenzio ti riportano alla tua persona ai momenti vissuti. E lì incontri Dio. Dio non si trova in un libro, ma dentro di te".

Possiamo rileggere alcuni pensieri di Fr. Charles de Foucauld:

"Bisogna passare per il deserto per ricevere la grazia di Dio: là ci si svuota, si allontana da se tutto ciò che non è Dio, si libera completamente questa piccola casa della nostra anima per lasciare posto a lui solo. Ci vuole silenzio, raccoglimento, vuoto, perché Dio si stabilisca e crei lo spirito interiore. Senza questa vita interiore, anche lo zelo, le buone intenzioni, il lavoro intenso non produrranno nessun frutto. Si tratterebbe di una sorgente che vuol dare la santità agli altri, ma inutilmente, perché non ce l'ha. Dio si da totalmente all'anima che gli si dona totalmente."

Interessante è pure la testimonianza di Carlo Carretto (1910 - 1988) che dopo una intensa attività ecclesiale, lascia tutto per andare a vivere nel deserto dell'Algeria assieme ai Piccoli fratelli, e così scrive alla sorella:

"Il Signore mi attendeva al varco... Mi sentii dire da lui: Carlo non voglio più la tua azione; voglio te. E mi trovai nel deserto, come in un secondo periodo della vita, a svuotarmi delle mie sicurezze e a liberarmi dagli idoli. E' stata la più splendida avventura della mia vita, anche se la più rude e la più dolorosa. Dal deserto le cose si vedono meglio, con proporzioni più eterne. Il cosmo prende il posto del tuo paese natio e Dio diventa davvero un assoluto. Anche la Chiesa si dilata alle dimensioni dell'universo e i lontani, cioè coloro che non sono ancora visibilmente cristiani, diventano vicini. Le dimensioni della Chiesa si allargano all'infinito e vivi il conforto di pensar che Gesù è morto per tutti con il suo sacrificio supremo".

Ovunque si può trovare il silenzio in un deserto.

R. Guardini: "Solo il silenzio apre il nostro orecchio alla voce che risuona nell'intimo di tutte le cose, animali, piante, monti, nuvole. La natura è muta per chi parla sempre. Del resto anche nelle parole dei nostri simili ci è dato di coglierne il senso profondo solo se sappiamo tacere".

Lucio Battisti, nella canzone "Nel cuore nell'anima", canta: "Nel silenzio, anche un sorriso... può far rumore".

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La carità

Touggourt, 30 luglio 2010


Sono stato oggetto di tante gentilezze e a volte le attribuivo a un senso di gratitudine per le buone relazioni vissute con chi mi ha preceduto o per i piccoli servizi che rendevo. Ma approfondendo il dialogo e la conoscenza dell’ambiente, ho trovato il grande valore della carità vissuto normalmente dalla gente. Alcune donne mi raccontano che quando preparano un buon pranzo, pensano subito a portarne una parte a qualche vicino, preferibilmente a un povero. Quando vanno al cimitero, portano sempre qualcosa da mangiare ai poveri o, in mancanza di cibo, danno un’offerta. In momenti di necessità la carità è come una medicina. Durante il Ramadan, i gesti di carità sono frequenti e la grande festa conclusiva diventa meravigliosa per la condivisione e le relazioni riannodate. L’elemosina è uno dei cinque obblighi principali del credente e si attua nella forma obbligatoria (zakat) e quella volontaria (sadaqa). Alla base c’è l’idea che il padrone di tutto resta il creatore e l’uomo è solo amministratore dei beni ricevuti.

Nel Dizionario del Corano di Mohammad Ali Amir-Moezzi, trovo le seguenti spiegazioni sotto la voce Sadaqa (elemosina).

“L’uomo pio è descritto come ‘colui che dà i suoi beni facendo l’elemosina’. Questo ha valore di purificazione e di accrescimento. L’elemosina purifica i beni e l’anima e il merito che da esso deriva si moltiplica nell’Aldilà. La distribuzione dei beni è prima di tutto un dono che l’uomo fa alla propria anima proteggendola contro la sua avarizia. (64,16). ‘Prospererà chi si purificherà, il nome del Signore ripeterà, pregherà’. (87, 14-17).

Il Corano associa costantemente la preghiera all’elemosina. ‘La pietà non consiste nel volgere la faccia verso l’oriente o l’occidente ma è quella di chi crede in Dio, e nell’ultimo giorno, e negli angeli e nel libro e nei profeti, e dà dei suoi averi, per amore di Dio, ai parenti e agli orfani e ai poveri e ai viandanti e ai mendicanti e per riscattare prigionieri, è quella di chi compie la preghiera e paga la decima” (2,177).

Il saggio AL ABSHIHI (m 1446) scrisse: “Gesù ha detto: Chi manda via un mendicante lasciandolo deluso, gli angeli non faranno visita a quella casa per sette giorni”.

Imparare a pregare con la natura

Touggourt, 4 luglio 2010


“Osservate gli uccelli del cielo. Non seminano, non mietono, non accolgono in granai. Il Padre vostro li nutre. Osservate i gigli del campo. Salomone non fu vestito al pari di loro. Non siate ansiosi, uomini di poca fede”. Mt 6, 26 ss

Gesù invita a guardare la natura, a leggere il suo libro e a lasciarsi ammaestrare.

Parlando dei “segreti della preghiera”, il mistico musulmano Walì-ullah ad-Dihlawiy dice: “Una preghiera completa domanda tre posizioni: restare in piedi, inclinarsi e posare la fronte a terra trovandosi in presenza di Dio” e il dr. Muhammad Hamidullah nel suo libro Initiation à l’Islam presenta quanto dice il Corano.

“Non hai visto che è davanti a Dio che si prosternano tutti gli esseri del cielo e della terra: sole luna stelle montagne alberi animali e tante persone? ( 22, 18) e “I sette cieli e la terra e quelli che vi si trovano cantano la purezza di Dio… ma voi non capite il loro canto (17,44). Il sole, la luna, e le stelle ripetono il gesto di levarsi e di stendersi. Le montagne restano erette… gli animali… sempre inclinati… le piante si nutrono per mezzo delle radici e le cime si inclinano continuamente. L’acqua (8,11) vive la sua funzione di purificazione, …il tuono dice… la sua lode (Dio è grande!). Come gli uccelli, volando bene in fila, cantano… così gli oranti musulmani celebrano l’ufficio ben allineati (24,41). Come l’ombra si allunga e si restringe, così il musulmano si allunga in piedi e si raccorcia inclinandosi (13,15 e 16,48).

Gesù dice: “Guardate…”. Anche il Corano invita ad unirsi al creato per pregare.

Tempo fa, un amico professore mi ha condotto a visitare un palmeto. Le palme ben allineate, lungo canaletti d’acqua corrente e bella fresca. Piante di frutta di ogni specie: mele, pere, albicocche, melograni, fichi, prugne, pesche… Non vedi un filo d’erba, ti senti al fresco dell’ombra, respiri aria pulita, non un rumore. Mentre mi lascio possedere da questa bellezza naturale, seguo, guardo, ascolto i due. L’uno, il professore, mi aiuta a capire le bellezze e i segreti e ripete continuamente: “Questo è luogo di preghiera, di meditazione!”. L’altro, il contadino mostra un quadretto di terra con un tappetino: il suo luogo di preghiera. Nel palmeto lo vedi muoversi come in un luogo sacro dove tutto è per lui un essere vivo. Tutto fa parte di lui! Quei due, li sentivo come due cantori, due celebranti della natura, della bellezza.. Ad un certo momento, uno dice: “E’ bello vivere qui!”, e l’altro : “sarebbe bello morire qui!”

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Guardare al cielo

Touggourt - 2 giugno 2010


Per il mio 50° di sacerdozio mi fu regalato un viaggio a Tamanrasset dove visse e morì Charles de Foucauld. Rileggo nel mio diario: “Viaggio verso l’Assecrem.

Sassi, sassi e poi sassi tra montagne di ogni forma : picchi, altipiani, e valli che non finiscono mai, qualche rigagnolo e piccolo lago. Una giornata intera tra i sassi. Charles ha voluto andarvi perché è lì che vivevano i Tuareg dove pioveva e crescevano i pascoli. E’ con loro che voleva vivere. Proprio in alto, a circa 2600 metri, vedi il suo eremitaggio”.

Aveva scritto:

“La vista è la più bella che non si possa dire, né immaginare. Nulla può dare l’idea di foresta di picchi e di guglie rocciose che si ha ai propri piedi. E’ una meraviglia. Non la si può ammirare senza pensare a Dio. Mi è difficile distogliere lo sguardo da questa vista ammirevole, la cui bellezza e impressione di infinito ci ravvicinano a Dio, mentre questa solitudine e questo aspetto selvaggio ci fanno sentire che cosa sia essere soli con Lui: una goccia d’acqua nel mare”.

Charles come altri eremiti, ha saputo rendere importante e conosciuto questo angolo della terra, diventato luogo di incontro con Dio e coi fratelli. Ma c’è voluto un po’ di pazzia. I Tuareg dicono in proverbi: “La verità è nascosta tra le sabbie del deserto, affinché chi la scopre sia considerato un pazzo, la mente bruciata dalla solitudine e dal sole”.

“Dio ha creato i luoghi ricchi di acqua perché l'uomo vi possa vivere ed ha creato il deserto perché l'uomo vi possa trovare la propria anima...” “Non l’uomo attraversa il deserto. E’ il deserto che attraversa l’uomo”.

Il Piccolo Fratello Ventura mi accompagna al mio eremitaggio: a circa un km dall’eremitaggio di Fr. Carlo e di quello dei Piccoli Fratelli. In questa stanza di sassi ho passato due notti e un bel tempo di solitudine. Non manca niente, niente è di più, tutto è pura semplicità. Li, solo, guardi, pensi, mediti. Dio, parla ancora, comunica mostrando il creato. Continua a dire le sue prime parole di creatore: “Tutto è buono. Tutto è bello!” L’uomo, creato ad immagine di Dio percepisce il linguaggio di Dio.

Ho raccolto questo, sfogliando il quaderno delle testimonianze che la gente lascia scritte all’interno dell’eremitaggio.

Vedi i caratteri delle lingue del mondo. Ogni scritta ti fa sentire chi è musulmano, cristiano, indù, buddista, ateo, in ricerca, ecc. Ma in tutti senti una sola cosa: La gioia di sentirsi lì e la sorpresa di avvertire una grande novità nell’esistenza. Ne trascrivo solo due:

“Non sono credente, ma oggi sono arrivato qui all’Assecrem. Ho letto qualche parola di Charles de Foucauld. Mi sento vicino a Dio e all’anima, alla grande anima, all’uomo, al santo. All’Assecrem ho toccato con mano la grandezza dell’universo. Ne sono affascinato.” H.H.

“Come non pensare al creatore universale davanti a tanto splendore. Un paesaggio lunare, una vista magica che porta all’umiltà. Sufficiente per ricordare all’uomo che non è polvere e che deve tutto a Dio. Sufficiente per vivere felice”. M.

Al turista che vantava le gioie della città, il vecchio Tuareg rispose:

“Preferisco restare qui nel deserto, dove il cielo è sempre puro… La notte, quando alzo la testa, posso contemplare il cielo stellato… e medito.”

Ha ragione. E’ la meditazione che da senso alla vita.

Il papa in frontiera a Cipro

Touggourt - 2 giugno 2010


Non le folle oceaniche, ma la piccola comunità. L’ho seguito alla televisione con gioia indescrivibile, me lo sentivo vicino. Mi piacerebbe sentire da lui che cosa ha provato incontrando cristiani che vivono nella discrezione, prudenza, credendo all’incontro quotidiano. Lo sapeva già, ma credo che l’esperienza della Chiesa povera e nascosta gli abbia permesso di sentirne la vitalità e la vicinanza a Gesù. Durante il viaggio in aereo aveva detto: “Dobbiamo essere più consapevoli, approfondire anche i dettagli, anche se le culture diverse e le storie diverse hanno creato malintesi e difficoltà, cresciamo nella consapevolezza dell’unità nell’essenziale. Vorrei aggiungere che naturalmente non è la discussione teologica che crea di per sé l’unità : è una dimensione importante, ma tutta la vita cristiana, il conoscersi, l’esperienza della fratellanza, imparare nonostante le esperienze del passato, sono processi che esigono anche grande pazienza. Stiamo proprio imparando la pazienza, l’amore, e con tutte le dimensioni del dialogo teologico andiamo avanti lasciando al Signore quando ci dona l’unità perfetta».

Durante la messa a Nicosia, ha ricordato l’importanza della croce: “Nei miei pensieri e nelle mie preghiere mi ricordo in modo speciale dei molti sacerdoti e religiosi del Medio Oriente che stanno sperimentando in questi momenti una particolare chiamata a conformare le proprie vite al mistero della Croce del Signore”

In Medio Oriente, i cristiani sono in minoranza e soffrono privazioni a causa delle tensioni etniche e religiose. Per questo, ha detto: “Molte famiglie prendono la decisione di andare via, e anche i pastori sono tentati di fare lo stesso». Ma poi ha precisato: «in situazioni come queste, tuttavia, un sacerdote, una comunità religiosa, una parrocchia che rimane salda e continua a dar testimonianza a Cristo è un segno straordinario di speranza non solo per i cristiani, ma anche per quanti vivono nella Regione. La loro sola presenza è un’espressione eloquente del Vangelo della pace, della decisione del Buon Pastore di prendersi cura di tutte le pecore, dell’incrollabile impegno della Chiesa al dialogo, alla riconciliazione e all’amorevole accettazione dell’altro.”

Mi è piaciuto tanto il suo farsi vicino con discrezione e umiltà. Come Pietro, che aveva detto : “Date ragione della vostra speranza con dolcezza e rispetto. Sarà questo a toccare il cuore”. (1 Pt 3,16)

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Sospiro di un mondo che spera

Touggourt - 10 maggio 2010


C’è connivenza tra lo Spirito e l’uomo. Creandolo, lo Spirito gli ha messo qualcosa di se e l’uomo lo cerca per vivere. Che sarebbe l’uomo senza lo Spirito e lo Spirito senza l’uomo?

Nell’enciclica Redemptoris Missio leggo questa pagina bellissima: “Lo Spirito, dunque. è all'origine stessa della domanda esistenziale e religiosa dell'uomo. La presenza e l'attività dello Spirito non toccano solo gli individui. ma la società e la storia, i popoli, le culture. le religioni. Lo Spirito. infatti, sta all'origine dei nobili ideali e delle iniziative di bene dell'umanità in cammino: «Con mirabile provvidenza egli dirige il corso dei tempi e rinnova la faccia della terra». Il Cristo risorto «opera nel cuore degli uomini con la virtù del suo Spirito. non solo suscitando il desiderio del mondo futuro, ma per ciò stesso anche ispirando, purificando e fortificando quei generosi propositi, con i quali la famiglia degli uomini cerca di rendere più umana la propria vita e di sottomettere a questo fine tutta la terra». È ancora lo Spirito che sparge i «semi del Verbo», presenti nei riti e nelle culture, e li prepara a maturare in Cristo”. (38-41)

S. Paolo scrive: “La creazione intera geme…Lo Spirito ci viene in aiuto perché non sappiamo come gridare e intercede per noi con gemiti inesprimibili” (Rom 8, 23-26).

Anche a Touggourt lo Spirito continua a gemere il grido di comunione, santità, verità, giustizia nel cuore di ogni uomo e a invitare ad accogliere questi gemiti. I cento muezzin che cinque volte al giorno invitano alla preghiera, anche qui a Touggourt, sono altrettanti gemiti della creazione e dello Spirito.

L’ospitalità è sacra

Touggourt - 10 maggio 2010


L’ospite è l’inviato di Dio e come tale viene trattato. Tayeb, un padre di famiglia poverissima con molti figli, due dei quali oggi professori di liceo, in una notte fredda e piovosa incontrò un uomo senza dimora. Lo ha tenuto con sé per undici anni!

Anche nel cuore dell’Islam l’ospitalità è sacra. L’offerta di cibo è importante quanto la preghiera o la fede negli angeli. Lo straniero è equiparato ai parenti prossimi ( Corano 2,117; 2,215; 4,36; 30,37). Sono condannati gli avari (4,37). Abramo è considerato l’iniziatore di tali leggi e comportamenti ( Corano 11, 69-73 e 51, 24-36). Il riferimento ad Abramo mostra che il Corano riprende e fa proprie le leggi dell’ospitalità dei beduini e di molte altre civiltà.

Ancora oggi la gente mi parla delle loro nobili tradizioni e si mostra felice quando dico che anch’io sono stato accolto e mi trovo bene.

E’ utile ricordare come l’ospitalità è stata vissuta e accolta reciprocamente tra appartenenti all’Islam e non appartenenti, e come qualcuno l’ha continuata in modo esemplare.

1.- L’etiope al-Negashi, re d’Axum, nel 615 accorda ospitalità a un gruppo di compagni e parenti del profeta Mohammed, quando la prima comunità musulmana era perseguitata alla Mecca.

2.- Il profeta Mohammed accoglie a Medina nel 631 un gruppo di cristiani yemeniti venuti in delegazione da Najran. Si racconta ch’egli abbia concesso di celebrare nella sua stessa moschea.

3.- L’algerino emiro Abd el-Kader al-Jazairi nel 1860 salva un gruppo di cristiani arabi di Damasco, accogliendoli nella sua casa

4.- I sette monaci uccisi a Tibharine, presso Medea, avevano offerto uno spazio per pregare (moschea), nell’interno del monastero ad alcuni vicini musulmani.

Benedetto XVI andando a Malta ha ricordato a tutto il mondo i frutti e i doveri dell’ospitalità. Accogliendo S. Paolo “è nata la fortuna di avere la fede” e "Malta è il punto dove le correnti dei profughi arrivano dall'Africa e bussano alle porte dell'Europa. Un grande problema del nostro tempo…sfida… per fare in modo che ognuno possa avere una vita dignitosa, da dovunque parta e ovunque arrivi”.

Augurando buon viaggio al papa, Napolitano, presidente della Repubblica Italiana si è mostrato d’accordo: "Il vecchio continente è chiamato oggi ad assistere ed accogliere, con spirito solidale e senza pregiudizi, coloro che cercano rifugio".

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Touggourt - 5 maggio 2010


Sogno del Paradiso

Vengo a dirvi che ho sognato il mio padre (Mons Raimbaud, vescovo di Laghouat morto il 25 giugno 1989). Era nella gioia (khir) datagli da Dio! Spero che Dio faccia per noi quello che ha fatto per lui. L'ho visto proprio come era. Il suo volto... pieno di luce. E fiori dappertutto... e lui era seduto. Gli ho detto: "Padre, sei morto vero"? Mi ha detto: "Non sono morto. Sono vivente... Ho visto la mia famiglia, mio padre, mia madre, i morti e i vivi, li ho visti tutti".

Gli ho detto : "Padre, come ti trovi? Mi ha detto: "Sono e mi trovo bene (khir)! Dio mi ha dato molto. La preghiera che ho fatto...lui mi ha dato una ricompensa grande, e quello che ho fatto era una piccola cosa".

I suoi vestiti erano come dei fiori... molto belli.

Gli ho detto:"Padre... e questi vestiti?

Mi ha detto: "Sono i vestiti del Paradiso... Di a tutti che sono molto felice (ferhan). Avete pregato molto bene per me, il primo giorno. Continuate a pregare per me: sono con voi. Io prego per voi, vi guardo..."

E io Aicha vedevo una giovane accanto a lui, vestita tutta di bianco e che pregava Dio vicino a lui. Gli ho detto: "Padre mio, questa giovane?"

Mi ha risposto: "Tu sai chi è. Ella prega per me ed è contenta di me (ferhana)".

Veramente, non mi ha detto che era Lalla Maria. Mi ha detto: "Prega per me ed è contenta di me".

Fatelo con dolcezza e rispetto


Disse Gesù ai suoi discepoli: "Prendete il mio giogo sopra di voi, e imparate da me che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro".

Gesù aveva appena detto: "Ti rendo lode, o Padre, perché hai rivelato queste cose ai piccoli. Ogni cosa mi è stata data dal Padre mio". ( Mt 11, 29).

In contrapposizione con quanto insegnavano Scribi e Farisei, Gesù annuncia l'amore del Padre e il suo amore per il Padre. E' perché è stato mite, umile e obbediente. A questo possono far parte anche i suoi discepoli. Non è un 'giogo' di servi, ma di figli. Gesù si propone come esempio e insegna come vivere i rapporti col Padre e coi fratelli. Gesù non impone, fa nascere e insegna a far nascere dal cuore un sì di fiducia e di gioia

Scrive il Card. Martini: "Mitezza è la capacità di cogliere che, nelle relazioni personali che costituiscono il livello propriamente umano dell'esistenza, non ha luogo la costrizione e la prepotenza, ma la passione persuasiva, la forza e il calore dell'amore".

E' quanto visse Francesco d'Assisi.

Padre Massimiliano Mizzi OFM Conv. Scrive:

"Francesco e' andato dai Musulmani con mitezza e bontà e non con la spada dell'odio ma con rispetto come ad un fratello che gli vuole bene. E' andato con il messaggio dell'amore. Il Sultano ha capito che Francesco voleva solo il bene della sua anima non di soggiogarlo arrogantemente al cristianesimo. Il Sultano che, da parte sua 'era incline alla mitezza' l'ha capito subito e accettò di dialogare con Francesco e il loro dialogo era basato sul rispetto da tutte e due le parti che, nel dialogo, è una regola fondamentale . (...)

Un' altra cosa da notare è che Francesco era pronto a subire la morte piuttosto che usare violenza con il dissidente".

Ai cristiani perseguitati, l'apostolo Pietro consigliava: "Date ragione della vostra speranza con dolcezza e rispetto. Sarà questo a toccare il cuore". (1 Pt 3,16)

Lasciarsi amare


Arrivato in Algeria tre anni fa, avevo paura. In Europa si comunica solo attentati e crudeltà. Io vivo tra amici. Quanti momenti belli di accoglienza e di bontà. I primi giorni, trovandomi senza pane, una persona è venuta alla porta con un bel pane. Un altro giorno mi sono commosso ancora di più quando i vicini si erano accorti che non avevo più gas e a mezzogiorno in punto uno è venuto con un pasto completo di couscous e con una bottiglia di sugo di frutta e una bella mela. Ora le attenzioni da parte di tante persone sono aumentate. Quando alcune mamme di alunni mi portano qualcosa esclamo scherzando: "Che persecuzione di affetto!"

E bello lasciarsi circondare così. E' bello amare e lasciarsi amare. Trovo questo anche nel pensiero di alcuni saggi islamici, attribuito a Gesù.

Dio ha detto a Gesù in ispirazione : "Quanto a mitezza sii per la gente come la terra sotto di loro, come acqua corrente quanto a generosità, e quanto a misericordia come il sole e la luna sul giusto e sull'empio". Al Balawlli, m. 1207

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Touggourt - 25 aprile 2010


Abbandonarsi a Dio


Mons Rault, vescovo di Laghouat-Gardaia, scrive:"In Algeria non ci è concesso rivelare Cristo attraverso la predicazione. È un serio limite, ma forse anche una felice provocazione. Il nostro mondo soffre di una tale inflazione della parola! Gridare il Vangelo per tutta la vita, per riprendere un'espressione cara a Charles de Foucauld, ecco la nostra vocazione oggi in Algeria. Essere presenti a mani nude. Vivere con tutti nel nome della gratuità dell'Amore di Gesù. Il domani non ci appartiene".

Primato di Dio


Mi aiutano molto le riflessioni sul vissuto dei primi confratelli del Pime partiti per l’Oceania. Dopo le difficoltà incontrate ci si domandava in Italia, se fosse stata una vera cocciutaggine andare nella Melanesia. I Maristi non ci avevano nascosto le difficoltà. Ma i nostri dicevano: “Que le cœur saigne quand on voit la misère de ces peuples », (Che il cuore sanguini quando si vede la sofferenza di questi popoli). Taglioretti (uno dei testimoni degli inizi del PIME) scrisse : “ Ubbidirono, non scelsero ! Partirono a questi patti : sacrificar tutto a Dio”!

Giovanni Mazzucconi, il primo martire diceva: “Signore per voi solo voglio vivere, per voi morire”. Di lui hanno scritto: “ E’ un innamorato di Dio perché al culmine dello sviluppo spirituale non troviamo più il giovane entusiasta, che si disperde in una molteplicità di ideali, ma l’adulto nello spirito, che pur non rinnegando nessuno di tali ideali, ne ha intuito uno sublime, tale da relativizzare tutti gli altri - Dio”. Mons.Marinoni, primo direttore dell’Istituto per più di quarant’anni, ripeté anche prima di morire: “Il missionario è l’uomo della fede”.

Per me, oggi, la presenza in Algeria è anzitutto un’occasione per risentire ancora più forte la presenza di Dio.

Preghiera del Beato Charles De Foucauld


Padre, mi abbandono a Te, fa di me ciò che ti piace. Qualsiasi cosa tu faccia di me, ti ringrazio.

Sono pronto a tutto, accetto tutto, purché la tua volontà si compia in me, e in tutte le tue creature: non desidero nient'altro, mio Dio.

Rimetto l'anima mia nelle tua mani, te la dono, mio Dio, con tutto l'amore del mio cuore, perché ti amo.

E per me un'esigenza di amore, il donarmi a Te, l'affidarmi alle tue mani, senza misura, con infinita fiducia: perché Tu sei mio Padre.

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Touggourt - 9 aprile 2010

Debolezza

La Chiesa vive un momento di debolezza. Ci sentiamo tutti coinvolti e ne portiamo il peso. La parola si fa più sottovoce, la forza della verità più discreta, il silenzio…medicina. Nel cuore cresce il lamento, la preghiera. Ma l’animo si fa più forte, la voglia di migliorare c’è ancora. L’appartenenza è più convinta, diventa fierezza anche se meno visibile. Nella Pasqua recente, un mio fratello mi dice che ha notato una partecipazione di cristiani più intensa.

Christian Chessel, giovane Padre Bianco ucciso a Tizi Ouzu assieme a tre confratelli, aveva scritto: “La debolezza non è in sé una virtu, ma l’espressione di una realtà fondamentale del nostro essere che deve essere ripresa, rimessa al suo posto, animata dalla fede, dalla speranza e dalla carità per lasciarci conformare alla debolezza di Cristo. Questa debolezza ben compresa diventa il linguaggio migliore per esprimere l’amore discreto di Dio agli uomini, amore pieno di discernimento, discreto come quello di chi ha voluto condividere la nostra situazione umana. Diventa un invito a creare delle relazioni di non-potenza con gli altri. Accettata la mia debolezza, capisco quella degli altri e a condividerla come ha fatto Gesù”.

Padre Tessier, arcivescovo emerito di Algeri, spiega: “Ritornando allo spirito del dialogo rimesso in valore dal Concilio, lo vediamo anzitutto come rispetto del cammino dell’altro e dono di Dio fatto alla Chiesa. E la Chiesa diventa segno di questo dono e serva di questo dono per la vita degli altri, al di là delle frontiere. La Chiesa accoglie il dono e ne fa oggetto di ringraziamento come ha fatto Gesù davanti alla fede del Centurione e della donna siro-fenicia.

La debolezza ci ha portati ad essere ancora più fedeli alla nostra missione. Sono loro, i musulmani, che si fanno più vicini quando viviamo deboli in mezzo a loro e vengono a visitarci e chiederci di condividere gioie e pene”.

Fedeltà di testimoni


Don Bruno Maggioni scrive: “Il martire colpisce e affascina per la libertà della sua morte, piena di significato; il martire muore per una ragione, non semplicemente perché ogni uomo è destinato a morire”.

Henry Tessier, emerito vescovo di Algeri, vede nel martirio della ventina di religiosi/e uccisi nel periodo 93/96 un martirio di fedeltà a un popolo musulmano e non solamente un martirio in odium fidei. Mentre tanti cristiani algerini nei momenti difficili avevano lasciato l’Algeria, i membri di varie congregazioni hanno voluto restare.

Dopo il Vat. II hanno rinunciato alla gioia di scegliere un lavoro missionario in regioni dove, grazie a Dio, la Chiesa cresce abbondantemente. Hanno creduto alla parola della Chiesa che li aveva mandati a cercare dei fratelli e delle sorelle da amare tra i credenti dell’Islam. Hanno creduto che anche lì il Regno di Dio è presente e si sviluppa. Hanno creduto che anche nell’Islam lo Spirito di Dio agisce e produce i frutti del regno. Hanno creduto alla fedeltà di musulmani in cammino verso la riconciliazione e la fraternità umana.

Quelli che sono stati uccisi erano rimasti vicini ai liceali del quartiere povero della Casbah… alla popolazione della Kabilia… alle piccole comunità… ai contadini … e ai più poveri…

Anche chi non è stato ucciso ha vissuto la stessa fedeltà di testimoni.

Questa fedeltà l’aveva già vissuta l’algerino S. Agostino. All’arrivo dei Vandali in Algeria, uno dei tanti vescovi allora presenti, Quotvuldeus, chiese ad Agostino di mettere in salvo il suo clero perché potesse essere ancora utile altrove.

Agostino rispose : “Il buon pastore da la sua vita per le sue pecore. Nel pericolo non parte…, parte solo se il gregge decide la fuga”.

Questa fedeltà, la Chiesa la vive come vocazione ed è la stessa che Dio vive con l’umanità: fedeltà tra il bisogno profondo di ogni uomo di vivere con Dio e con gli altri simili e quello che Dio vive in se e che continua ad alimentare nel cuore dell’uomo.

Negli incontri che vivo ogni giorno qui a Touggourt, mi convinco sempre di più del bisogno innato, in ogni persona, di fraternità e della mia responsabilità di testimone.

Una mattina, prendendo il caffè, ho sommato gli anni di presenza in Algeria delle quattro Piccole Sorelle di Touggourt : 192 !. Due di loro hanno la nazionalità algerina e tutte vogliono camminare ancora…

Di loro, mons Marangon, noto biblista trevigiano che le ha seguite nel loro cammino spirituale in varie parti del mondo, in occasione dei 70 anni vissuti in Algeria e a Touggourt, scrisse: “Sono debitore di tanta luce per l’eredità evangelica che si vive presso di voi… Voi assicurate al “Vangelo di Nazareth” il valore di segno. Prego il Signore… perché abbiate il coraggio (eroico) di essere fedeli alla gratuità del “segno di Nazareth…Vi ringrazio pure di un’altra nota tipica della vostra identità vocazionale: quella di pregare e di offrire ogni giorno la vostra giornata al Signore “per i fratelli (anzitutto) dell’Islam ( e poi anche) del mondo intero!”

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Touggourt - 2 aprile 2010

Condivisione

"Se Allah avesse voluto, avrebbe fatto di voi una sola comunità. Non l'ha fatto, per provarvi in ciò che vi ha dato. Gareggiate mutuamente nelle buone azioni! Il ritorno per voi tutti è verso Allah e vi avvertirà in quello in cui vi opponete". (Sura 5, 48 del Corano)

Non è sempre facile comprendere tutto il pensiero contenuto in un versetto e non sempre l'interpretazione è comune. Ma sembra che si sia ormai d'accordo nel ritenere che ci possano essere vie diverse per andare a Dio e che nel confronto e nel dialogo possa anche avvenire un arricchimento comune.

Nella storia, in vari momenti e in vari luoghi, la coesistenza tra cristiani e musulmani oltre che realmente vissuta, è stata anche di aiuto reciproco. Il nuovo arcivescovo di Algeri, Mons Ghaleb Moussa Abdalla Bader l'ha ricordato giorni fa (febbraio 2010) intervenendo al convegno organizzato a Roma dalla Comunità di Sant'Egidio, sul tema "Il futuro è vivere insieme - Cristiani e musulmani del Medio Oriente in dialogo". "In Algeria, ha spiegato, cristiani e musulmani hanno costruito insieme il Paese ed entrambi hanno diritto alla piena cittadinanza, e i cristiani non hanno mai avuto problemi di integrazione". "Vivere insieme non è monopolio di nessuno, è una vocazione universale"

Nella sura 5, 48 vi trovo anche l'invito a lasciarsi stimolare e a darsi dell'esempio. Si sa che Charles De Foucauld è ritornato credente vedendo in Marocco, i musulmani pregare. L'Angelus dei cristiani, tre volte al giorno, è nato vedendo i musulmani pregare cinque volte al giorno. E il Rosario? Daniel da Cruz afferma che ci sarebbero prove che dimostrano la diretta discendenza del rosario cattolico dal misbaha arabo, che a sua volta proveniva dalla vicina India dove già veniva usato il Japamala. Questi scambi mostrano che nel cuore dell'uomo ci sono cellule e fibre religiose comuni, sensibili e comunicanti.

Ogni volta che i tanti muezzin riempiono Touggourt del grido "Allah è grande! Venite alla preghiera!", gli altri credenti possono accogliere un invito ad onorare e a pregare Dio.

E ci vedo anche una profezia. "Allah vi aiuterà a capire e a togliere quanto vi divide". E' certo che Dio sta conducendoci tutti verso la comprensione reciproca e l'unità. Sta a noi di rispettarci e accoglierci nella diversità.

Speranza in nuova Chiesa


Il Papa nel suo messaggio pasquale ha detto «L'umanità sta vivendo una crisi profonda. Anche ai nostri giorni l'umanità ha bisogno della salvezza del Vangelo - afferma - per uscire da una crisi che è profonda e come tale richiede cambiamenti profondi, a partire dalle coscienze». C'è bisogno, ha spiegato, «di un 'esodo', non di aggiustamenti superficiali, ma di una conversione spirituale e morale».

E’ la Chiesa che sta vivendo la sua crescita e lo sviluppo delle sue note : Una, santa, cattolica, apostolica. Bisogno di purezza, di santità, di cattolicità aperta. Sta rinascendo e sarà nuova, più bella. Anche in Algeria.

Vorrei ridire il pensiero del vescovo emerito di Algeri, Mons Tessier, che ha vissuto la sua vita credendo nella venuta del Regno di Dio e nel lavoro dello Spirito Santo anche in Algeria. Scrive : “Quando comunichiamo insieme negli stessi valori, noi prepariamo l’avvenire della Chiesa. L’avvenire della Chiesa sarà un dono di Dio. Tale avvenire non è il frutto di tattiche per cercare protettori per la Chiesa. Ciò può permettere di attraversare qualche difficoltà, ma non costruisce l’avvenire. Questo nasce quando i nostri amici ci riconoscono interessati insieme con loro su dei valori che fanno crescere l’uomo e la comunità umana. Per i credenti questi valori sono accolti come dono di Dio. Un’amica algerina della Chiesa a Orano dice: “La presenza dei cristiani, il loro sacrificio, il dono di se, la loro opera sono un conforto per chi a volte è scoraggiato. Con questo esempio vivente di Dio, noi riprendiamo fiducia. La Chiesa in Algeria ci da l’occasione di imparare a lottare perché l’umanità cresca nella giustizia, nella verità, nella libertà, nella solidarietà e la fraternità”.

Il vescovo continua: ”Così si forma una Chiesa nuova non di soli cristiani ma anche di non cristiani che vivono coi cristiani la propria fedeltà a Dio e alla propria coscienza. Noi crediamo alla nostra responsabilità nella nascita d’un avvenire per la Chiesa”.

Preghiera nel breviario

Signore! Conduci noi tutti sui tuoi sentieri. Apri al tuo popolo la via della salvezza, metti in noi il desiderio di somigliarti. Insegnaci a riconoscerti negli altri, facci attenti alla loro sofferenza. Aiutaci a fare la tua volontà e donaci un cuore che ti cerca. Da’ ai tuoi fratelli di formare un corpo solo e dimentica i nostri errori contro l’unità.

Ancora auguri di Buona Pasqua! Di un esodo nuovo!!!

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Touggourt - 25 marzo 2010

Il 'grazie sacerdotale' continua

In questo anno sacerdotale e giubilare del 50° di ordinazione, continua a sgorgare dal mio animo il "grazie" al Signore e ai fratelli. In realtà si tratta di un "grazie" reciproco per la comunione di vita vissuta insieme. Il segno di una gioia che viene dal sentirsi insieme tra credenti e che continuano a dire "Grazie" a Dio. E' l'espressione del sacerdozio, vivo nel prete e nel laico che è 'sacramento' 'servizio' di comunione. Anche qui in Algeria via internet posso mettermi in comunione con molti. Anche via internet e a volte anche direttamente, da musulmani/e, accolgo e rispondo: "Mi manchi"

Leggiamo, sentiamo alcuni "Grazie": "Carissimo Silvano, come vedi non rispondo ogni volta che ricevo una tua cartolina, perché magari il tempo manca... ma provo ogni volta un piacere così grande nel leggerti e una gratitudine immensa per ciò che sei e che vivi. Spero che si faranno altri libretti di raccolta di queste "cartoline"... contengono un soffio nuovo anche per chi da tanti anni vive l'amicizia con i musulmani..."

Un'altra che ha vissuto tutta una vita come missionaria in Africa e in Italia: "Ho appena letto la tua ultima cartolina, ti devo dire che da quando siamo in contatto respiro aria PURA!!" (Aria del deserto?)

E l'altra missionaria laica, ancora in Africa, che rivolge il "Grazie" a Dio: "Il Signore non chiama i dotati ma dota chi chiama".

A chi ha avuto il coraggio di dirmi: "Ti vorrei così".

I miei 'Grazie' anche a chi mi domanda : "Ricordami nella messa". Mi fa sentire l'importanza di questo momento di comunione con 'tutti'.

Ai confratelli che mi hanno formato e continuano ad accompagnarmi.

Ai parenti e amici che mi lasciano libero e continuano a sostenermi.

Agli africani del Camerun del Ciad e dell'Algeria che hanno condiviso il senso di Dio e dell'uomo.

Agli 'angeli' musulmani e alle 'Angele' di Touggourt che mi accompagnano tutti i giorni.

Gesù pregò e dice ancora: "Vogliatevi bene come io vi ho voluto bene".

E' l'amore di Gesù che ci mantiene uniti.

Grazie al Papa che ha ricordato ai preti di essere " Pienamente uomini e completamente a Dio col cuore pieno di compassione per il mondo... vivendo in comunione con Cristo con la preghiera costante".

Per noi e per tutti i preti del mondo preghiamo:

Alla Regina della giovinezza

Santa Maria, Madre di Dio, conservami un cuore di fanciullo, puro e trasparente come l'acqua sorgiva.

Ottienimi un cuore semplice che non indugi ad assaporare le umane tristezze, un cuore magnifico nel donarsi, tenero alla compassione, un cuore fedele e generoso che non dimentichi alcun beneficio e non serbi rancore per nessuna offesa.

Dammi un cuore umile che ami senza chiedere contraccambio, felice di sparire in altri cuori sacrificandosi davanti al Tuo divin Figlio, un cuore grande e indomabile che nessuna ingratitudine possa chiudere, nessuna indifferenza possa stancare, un cuore tormentato dalla passione della gloria di Gesù Cristo, ferito dal Suo Amore con una piaga che non guarisca se non in Cielo.

Amen ( Grandmaison )

Auguri di una Santa Pasqua!!!

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Touggourt - 24 marzo 2010

Il pensiero del Giudizio e del Paradiso


Tempo fa, una ragazza che aiuto un po' nello studio, mi ha mandato una email con gli auguri di Natale. Mi augurava di essere sulla strada che conduce al mio Paradiso. Le risposi ringraziandola e dicendole che un giorno saremo insieme nello stesso Paradiso.

Questa questione viene spesso nei nostri dialoghi. Una sera con tre persone di un certo livello intellettuale ne abbiamo parlato a lungo. Ma più che l'unicità del Paradiso, interessava loro la realtà che il Paradiso è Dio stesso, e che lo si può vivere già nel momento in cui ci si parla.

Anche i saggi musulmani hanno scritto e parlato molto del Paradiso. Ne riprendo alcuni già citati in un'altra cartolina. Così Ibn al Mubarak (m. 797) : "Gesù figlio di Maria soleva dire: "L'amore per il Paradiso e il timore dell'Inferno procurano la pazienza nell'afflizione e tengono lontano il servo di Dio dal conforto mondano" . "Dio ha detto a Gesù in ispirazione: "Ti ho fatto dono, Gesù, dell'amore per i poveri e della misericordia verso di loro. Tu li ami ed essi ti amano; ti gradiscono come imam e guida, e tu li gradisci come compagni e seguaci. Sono due disposizioni innate: sappi che colui che si presenta all'incontro con me con entrambe, mi incontra con l'opera più pura, quella che io amo di più".

Il mistico Abu Nu'aym (morto nel 1038): "Fa di me il tesoro della tua vita futura; confida in me e io ti proteggerò; sii paziente nella prova e contentati del tuo destino. Sii a me vicino e ravviva il ricordo di me. Il mio amore sia nel tuo cuore, abbi sete di me in vista del giorno in cui sarai dissetato presso di me. Se i tuoi occhi potessero vedere ciò che ho preparato per i miei amici, i giusti, il tuo cuore verrebbe meno per il desiderio"

Anche l'idea del giudizio è continuamente presente nel buon musulmano. AL-GHAZALI (m. 1111) scrisse: "Gesù ha detto: " Da quando il morto viene collocato per il funerale fino al momento in cui viene posto sull'orlo della tomba, Dio gli pone, per la potenza che ha su di lui, quaranta domande; la prima è : "Servo mio, per anni hai dato lustro alle creature, ma a me neppure un'ora!". Ogni giorno Dio guarda nel tuo cuore e dice: "Perché tu operi per altri al di fuori di me, mentre sei circondato dalla mia bontà? Sei forse sordo? Non ascolti?".

Cammino verso il Padre

'Dio, oso chiamarlo Padre' è il titolo del libro-testimonianza di Bilquis Sheikh, nobildonna pakistana convertita al cristianesimo e che ha dovuto salvarsi rifugiandosi all'estero. Scrive: "Sola, in ginocchio nella mia stanza mi misi a chiamarlo Padre, ma non riuscivo. Non era forse un peccato voler ridurre il Dio Grande al mio livello? M'addormentai nella mia inquietudine. L'indomani, il ricordo di mio padre, così buono e attento con me, mi fece dire: "Se mio padre terrestre lasciava tutto per ascoltarmi, il mio Padre dei Cieli...? Cominciai a dire: "Padre... Dio, padre mio!" La mia stanza non era più vuota. Sentivo la sua presenza. La sua mano era dolcemente posata sulla mia testa. Potevo vedere i suoi occhi, pieni di amore e di compassione. Un lungo momento in cui piansi... Chiesi scusa per non averlo conosciuto prima. La sua tenerezza mi riempiva di gioia..."

E' l'esperienza del neofita. L'ho vista più volte nel mio accompagnamento dei neofiti del Camerun e del Ciad. In quaresima vivevamo il cammino verso Dio coi cristiani e con molti catecumeni. Uno dei momenti più commoventi era quando si consegnava ai catecumeni e si diceva insieme il 'Padre nostro'. E' la sorpresa che ritrovo sulla bocca di alcuni amici quando parlo di Dio Padre e della necessità di conoscerlo sempre meglio. Parecchi mi dicono: "Sono cresciuto col Dio del bastone, del giudizio, dell'inferno".

E' il dono più grande che ci ha fatto Gesù, facendoci conoscere il Padre. E' ancora l'ostacolo più difficile da superare per tanti che non conoscono ancora Gesù e quindi anche il Padre.


Sulla strada del ritorno


Era partita due anni fa assieme a sette giovani amici col sogno di vivere in Europa. Due sono in Spagna, uno in Francia, gli altri cercano ancora il momento di salpare. E' ammalata e ha capito che deve ritornare. L'ho vista appena giunta da Algeri dopo dieci ore di pullman. Attendeva quello per Tamanrasset. Altre 23 ore di viaggio. Poi l'attraversata del Niger, la Nigeria e finalmente il Camerun, suo paese natale. Le ho dato alcuni indirizzi utili e qualcosa per il viaggio. Per fortuna è entrata nella rete bene organizzata che l'ha accolta, aiutata, e che l'accompagna fino a casa. Di tappa in tappa, presso fratelli, verso casa. Sarà la sua Pasqua. E ce ne sono tanti.

Domani S. Giuseppe. Auguri a tutti i Giuseppe e Giuseppine.

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Touggourt - 10 marzo 2010

La casa di Gesù e del cristiano è la strada


Gesù disse: “Le volpi hanno delle tane e gli uccelli del cielo dei nidi, ma il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Mt 8,20).

Nel libro “I detti Islamici di Gesù” di Sabino Chialà leggo che secondo il pensiero di alcuni mistici musulmani, Gesù dichiara il suo stato di pellegrino senza fissa dimora. Egli è il viandante per eccellenza che costruisce la propria abitazione, mentre cammina, nel senso che impara ad abitare la strada che percorre.

“Fu chiesto a Gesù: “Non ti costruisci una casa?” Rispose: “La costruisco per via”( Al- Zabidi m 1791).

“Sta nel mondo come un ospite e prenditi come casa il luogo di culto”. ( Abu Hayyan al Twhidi. M dopo il 1009)

Nell’Islam il senso più comune della ‘strada’ è la conoscenza e la pratica della legge.

Per il cristiano ‘la strada’ è il luogo della vita e dell’incontro, come lo fu per Gesù e la legge del cristiano è l’amore di Dio e del prossimo.

L’8 gennaio 1980, Papa Giovanni Paolo II consacrò vescovi Mons Carlo Maria Martini e Mons Tumi, il mio vescovo di Yagoua (Cameroun), diventato anche lui cardinale. In quella occasione pronunciò questa affermazione. “L’episcopato è il sacramento della strada. È il sacramento delle numerose strade, che percorre la Chiesa, seguendo la stella di Betlemme, insieme con ogni uomo. Entrate su queste strade, venerati e cari fratelli, portate su di esse oro, incenso e mirra. Portateli con umiltà e con fiducia. Portateli con prodezza e con costanza. Mediante il vostro servizio si apra il tesoro inesauribile a nuovi uomini, a nuovi ambienti, a nuovi tempi, con l’ineffabile ricchezza del mistero che si è rivelato agli occhi dei tre magi, venuti dall’oriente, alla soglia della stalla di Betlemme”.

Camarades, non ancora fratelli

Una settimana fa, ritornando da Algeri, ho dialogato con un Imam che aveva partecipato a un convegno formativo. Insegna arabo classico e partecipa alla vita della comunità musulmana. Il viaggio in pullman è durato 10 ore e avevamo tutto il tempo per parlarci con calma. Questa volta mi sono accorto di parecchie cose. Per tenere a lungo una conversazione è importante aver letto, studiato tanto. E quindi bisogna continuare a conoscere e a tenersi informati. Il discorso tocca argomenti dei testi sacri e della storia dei nostri paesi e di tante altre cose, situazioni, vicende della vita quotidiana. Poi l’importanza di poter parlare varie lingue perché qualche interlocutore salta da una cosa all’altra e usa termini di una o di un’altra lingua. A volte ti viene la voglia di controbattere o di voler mostrare che ne sai di più, che non sei del tutto d’accordo, che vorresti dire meglio. Sono riuscito a sentirmi a mio agio perché mantenevo in animo la disposizione di ascoltare e di usare tutta la discrezione necessaria per non mettere in disagio e mai farlo sentire in difficoltà. Ho potuto avvertire che la confidenza reciproca aumentava e che si scendeva sempre più in profondità in argomenti comuni: “Vita quotidiana, lavoro, famiglia, preghiera, società ...”

Il linguaggio era semplice, comune. Ognuno esprimeva i propri sentimenti e convinzioni e lo scambio diventava arricchente. Bello il momento quando raccontava commosso di aver assistito alla recita del Corano fatta da un bambino di tre anni e mezzo. Era così emozionato nel dirmelo che dagli occhi gli scendeva qualche lacrima. E così quando parlava della sua famiglia, dei figli, delle difficoltà di educarli…

Alla fine, nel salutarci e ringraziandoci, eravamo commossi. “Ci siamo sentiti camarades”, ha detto. Ero tanto contento di averlo conosciuto. Non ha detto fratelli. Sarebbe stato troppo bello. Ma l’animo di entrambi era sollevato, aperto.

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A Gerusalemme o sul monte Garizim ?

Touggourt, 24 febbraio 2010


Quando si dialoga con una persona di religione o cultura diversa si passa attraverso situazioni d'animo diverse. A volte ci si può sentire attaccati nella propria identità e si fa fatica ad ascoltare l'altro perché si resta in situazione di difesa. Ma la coscienza retta e buona della propria identità non impedisce di lasciarsi smuovere dalla convinzione di essere unicamente noi nella verità e di possederla interamente. Ci si mette allora in ascolto di qualcosa di nuovo e di vero che ci può essere anche nell'altro. Questa disponibilità non è solo rispetto, tattica, etica del dialogo, ma quando si sente sincerità e fiducia reciproca, la disponibilità è fede nello Spirito Santo che parla, insegna, orienta anche nell'altro. La verità allora non è qualcosa di tuo ma appartiene a Dio. Dio è la verità e Dio appartiene a tutti.

La samaritana fa fatica a districarsi nel dialogo con Gesù che la stringe in questioni sempre più serie. A un certo momento chiede: "voi dite che bisogna pregare a Gerusalemme, noi diciamo che si deve pregare sul monte Garizim "Tu che cosa pensi? E Gesù va diretto al cuore della preghiera. Dio lo si prega nel cuore. "I veri adoratori adoreranno il Padre guidati dal suo Spirito e secondo la sua verità" E' quanto disse Giovanni Paolo II dopo l'esperienza fatta ad Assisi pregando a fianco dei rappresentanti delle più grandi religioni del mondo: "Ogni preghiera autentica è mossa dallo Spirito santo"

L'acqua di Dio, lo Spirito di Dio

Touggourt, 24 febbraio 2010


Frère Christian, il monaco ucciso assieme ai suoi compagni a Tibharine, aveva un amico musulmano e con lui viveva lunghi momenti di dialogo e di amicizia. Ma dopo un periodo in cui era stato tanto occupato e aveva diradato gli incontri, si sentì richiamato all'ordine: "E' da tanto tempo che non abbiamo più scavato il nostro pozzo!".

Si capivano bene, tanto che fr. Christian gli chiese: "E in fondo al nostro pozzo, cosa troveremo? Acqua musulmana o acqua cristiana?". L'altro gli disse: "Lo sai bene che in fondo al nostro pozzo c'è l'acqua di Dio".

Il fascino dello Spirito

Questi dialoghi tra amici anche se di religione diversa, sono vissuti dentro un forte spirito di fede, "dentro il fascino dello Spirito" diceva un amico Sufi a fr. Chistian. Ma non senza la fatica della ricerca e superando le difficoltà delle divergenze. Su questo un giorno l'amico Sufi aveva detto commentando a modo suo il Corano: "Non bisogna cercare troppo che cos'è lo Spirito... Lo si priva del suo fascino!". (17,85)

Pensiero quaresimale: la faccia di Dio nel fratello.

Touggourt, 6 marzo 2010


Il primo invito quaresimale del breviario francese è: “Gli occhi fissi su Gesù, entriamo nel combattimento di Dio”.

In quaresima c’è la disciplina del corpo e dello spirito, come nel Ramadan musulmano. In più viviamo la comunione con Gesù per mettere in noi la sua vita e poterla donare come lui. Un Gesù sentito vivo nella preghiera e un Gesù incontrato vivo nella sua carne d’oggi. Ce lo dice Isaia (58, 17). “Qual è il tuo digiuno? E’ questo: che tu divida il tuo pane con chi ha fame, che tu meni a casa tua gl’infelici senz’asilo, che quando vedi uno ignudo tu lo copra, e che tu non ti nasconda a colui ch’è carne della tua carne?” E ce lo conferma Gesù: “ Avevo fame e mi hai dato da mangiare”.

Nel volto sofferente dell’uomo, il cristiano vede il volto di Gesù e in ogni uomo, vede la nobiltà del Gesù glorioso.

Si tratta di educare lo sguardo e il cuore e conformarli a quelli di Gesù.

Noi umani abbiamo le stesso genoma, quello di Dio” (Benedetto XVI). Avremo la sorpresa di vedere quanto siamo simili e ci prepariamo a una vita di aiuto reciproco e di comunione. Con alcuni avremo la sorpresa della riconciliazione.

Bellissima la pagina di Giacobbe ed Esaù. (Gn 32-33) .

Si erano preparati come per uno scontro, Esaù arriva con 400 uomini, ma Giacobbe si inchina a terra sette volte. Esaù gli corre incontro, lo abbraccia, gli si getta al collo, lo bacia e tutt’e due piangono. Giacobbe gli dice: “Accetta i miei doni, vedendo la tua faccia è come se vedessi la faccia di Dio. Tu mi hai gradito”. Cristiani e musulmani che si incontrano, oggi?

Benedetto XVI al congresso della FAO: “Riconoscere il valore trascendente di ogni uomo e di ogni donna resta il primo passo per favorire quella conversione del cuore che può sorreggere l’impegno per sradicare la miseria, la fame e la povertà in tutte le loro forme”.

Si tratta anche di accettate lo scambio dello sguardo. Lasciare che Dio e l’uomo posino lo sguardo su di noi. Quando senti che Dio ti guarda, cresce in te la realtà di figlio di Dio. Quando lasci che Gesù ti guardi, diventi suo testimone. Quando accogli lo sguardo di una persona, senti che è un fratello e una sorella.

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Touggourt - 2 febbraio 2010

La forza creatrice dell'amore


Il marito l'abbandona assieme a quattro figli. Ella continua la sua vita. Al matrimonio del maggiore, questi la prende con se.

Un'altra è ammalata e vive con un figlio ammalato di mente.

Tutti i giorni la vedo arrivare alla casa delle piccole sorelle. E' la donna dei dolori. Ma sul volto, vedo ancora un sorriso quando la saluto. Ogni giorno le suore le contano le gocce della medicina che prende da anni.

Due forze creatrici. Quella della madre che continua ad amare. Quella delle piccole sorelle.

Un'altra mamma, ogni mattina sistema i suoi cinque figli handicappati. Li lava, li veste, li nutre, li mette a sedere, l'uno accanto all'altro, come dei principi, come degli angeli.

Ho chiesto a un amico dove trovano la forza di continuare queste donne? Mi ha risposto:

"La risposta è solo nel cuore. Con la fede islamica, una persona vive con Dio, pensa che tutto gli viene dato da Dio stesso, Lui lo sa, e ciò le basta. Dio, forse la prova per vedere la sua fedeltà, il suo abbandono in Lui. La vita continua per se e per le sue creature fino al Paradiso" .

Il mistico Abu Nu'aym (morto nel 1038) vede in Gesù figlio di Maria il maestro e l'esempio : "Dio ha detto a Gesù: "Fa di me il tesoro della tua vita futura; confida in me e io ti proteggerò; sii paziente nella prova e contentati del tuo destino. Sii a me vicino e ravviva il ricordo di me. Il mio amore sia nel tuo cuore, abbi sete di me in vista del giorno in cui sarai dissetato presso di me. Se i tuoi occhi potessero vedere ciò che ho preparato per i miei amici, i giusti, il tuo cuore verrebbe meno per il desiderio".

Amore per i poveri

Leggo un detto di Ibn Al Mubarak (morto nel 797) sull'amore, la pazienza e la misericordia: "Dio ha detto a Gesù in ispirazione: "Ti ho fatto dono, Gesù, dell'amore per i poveri e della misericordia verso di loro. Tu li ami ed essi ti amano; ti gradiscono come imam e guida, e tu li gradisci come compagni e seguaci. Sono due disposizioni innate: sappi che colui che si presenta all'incontro con me con entrambe, mi incontra con l'opera più pura, quella che io amo di più".

Pensiero quaresimale: È bello il silenzio


Il mio confratello, p. Battistutta, dopo il pellegrinaggio sui luoghi di p. Charles De Foucauld e della Piccola Sorella Maddalena, ritornato a Roma, ci ha scritto : "Mi manca il silenzio del deserto, il the sulle dune, la contemplazione attraverso il deserto: guardando quel cielo e quella terra che si toccano......sempre".

Gesù e Paolo dopo il loro battesimo, l'uno, per aver sentito il Padre che gli diceva : "Tu sei veramente mio figlio, è così che ti amo", e l'altro, dopo aver sentito chi è Gesù e che cosa gli chiedeva, tutt'e due sono andati nel deserto a pensare, a pregare, a capire.

Prova lasciare il vortice della tua vita, fare qualche Km, lontano...magari in un luogo deserto.

Ti trovi solo senza niente. Incominci a gustare una scioltezza, una libertà... Ti accorgi che il goccio di the e d'acqua sono meravigliosi...

I tuoi sentimenti vengono a galla... quelli belli e meno belli. Ti ritrovi, ti ascolti, ti osservi.

Risenti parole sentite, anche quelle non ascoltate. Ti ridai una parola... che forse non è tua e che viene da lontano.

Sant'Ignazio d'Antiochia (morto nel 110) vescovo e martire scrisse:

"È meglio tacere ed essere, che dire e non essere. È bello insegnare, se chi parla opera. Uno solo è il maestro (Mt 23:8) e "ha detto e ha fatto" (Sal 32:9) e ciò che tacendo ha fatto è degno del Padre. Chi possiede veramente la parola di Gesù, può avvertire anche il suo silenzio per essere perfetto, per compiere le cose di cui parla o di essere conosciuto per le cose che tace. Nulla sfugge al Signore, anche i nostri segreti gli sono vicini. Tutto facciamo considerando che abita in noi, templi suoi, ed egli è il Dio che è in noi".

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Touggourt - 2 febbraio 2010

Malati di Gesù


Faouzi Skali, dottore in antropologia, etnologia e scienze delle religioni, è impegnato nel dialogo tra le culture e religioni da molti anni. Membro del Gruppo dei Saggi, ha contribuito alla riflessione sul «Dialogo tra i popoli e le culture nello spazio euro-mediterraneo». Specialista riconosciuto del sufismo, mettendo a confronto Vangelo, Corano e testi mistici dell’islam, evidenzia il ruolo del maestro-Gesù, che usa “tutti i mezzi per risvegliare il discepolo e suscitare in lui una dimensione d’amore che inglobi tutto il creato”, e traccia il ritratto di un Gesù che ci invita alla religione del cuore, oltre le barriere confessionali.

Eminenti maestri sufi come Ghazzâli, Rûmi o Ibn ‘Arabi hanno visto in Gesù il “Sigillo della santità”, così come Maometto è il “Sigillo della profezia”.

Attraverso gli insegnamenti dei maestri sufi, la figura di Gesù, nel suo rapporto con Maria, il Battista e gli Apostoli, assume tonalità e sfumature di grande coinvolgimento emotivo e spirituale.

La sua opera si pone nel solco del dialogo interreligioso.

Un esempio di vicinanza tra pensiero cristiano e pensiero musulmano. Ibn Arabi mistico mussulmano nato in Andalusia nel 1165 e morto a Damasco nel 1240, ha detto:

Colui del quale Gesù è la malattia, non guarirà mai!

Leggendo le parole di Ibn Arabi, noi cristiani ci sentiamo vicini a questo saggio ulmano e ad altri che adottando la figura centrale di Gesù trasformandola, ma nello stesso tempo tenendola in grande considerazione. Sappiamo anche che nel Corano, Maometto non conosce in modo diretto il Vecchio e il Nuovo Testamento, ma eredita tradizioni apocrife. Per quanto concerne Gesù, questi sembra “il maestro” di una tradizione nascosta che vive dentro l’Islam.

Perché prete in Algeria


A volte me lo domando e ce lo siamo chiesto in questi giorni di ritiro, animato dal vescovo di Constantine, in questo anno sacerdotale voluto dal Papa. Eravamo 12 preti appartenenti alla diocesi di Lagouat- Gardaya, "nel cuore del Sahara algerino impegnati a tessere, giorno dopo giorno, la tela del dialogo con la comunità musulmana, testimoni silenziosi di una piccola Chiesa ferita dal terrorismo, che si ostina a voler rimanere accanto alla gente". (M. Trovato)

Abbiamo vissuto la gioia di sentirci saldamente uniti, di quella unità voluta da Gesù quando ha chiamato i 12 perché fossero un gruppo uniti a lui.

Ho ricordato quando Montini ordinandomi prete mi ha detto che nell'ordinazione Gesù metteva il suo cuore nel mio e metteva il mio cuore nel suo. Abbiamo ricordato quanto diceva il Card Kasher che il prete si colloca al momento e dentro l'avvenimento della nascita della Chiesa, sulla pietra angolare di una Chiesa in avvenire. "Una Chiesa, di cui siete segni, che vuol essere universale" ha detto un'algerina. Anche noi "inviati dal Padre", segni di lui, "uomini di Dio" come mi ricorda spesso un amico di Touggourt.

E' così che cammino per le strade di Touggourt, salutando, ascoltando le 'confessioni' di persone che soffrono o gioiscono anche qui, aiutando la povera che siede col bambino sul marciapiede dal mattino presto fino alla sera, o l'africano che spera di attraversare il deserto e raggiungere il mare.... Piccoli gesti. Con l'idea fortemente viva che non è vero che "homo homini lupus" (l'uomo lupo per l'uomo), ma che nel cuore di tutti c'è un istinto di fraternità. Una presenza che dice "il vero dell'uomo" e che "un avvenire è possibile".

In realtà di strettamente sacerdotale c'è poco. Anche ogni cristiano e ogni credente fa questo.

Ma di prete ho la messa. Amo ripetermi quello che rispondeva uno dei primi missionari del Pime, il p. Mazzucconi, ucciso a 29 anni in Oceania, quando un amico gli chiese: "Che cosa fai nella tua giornata?". "Dico messa" rispose.

Anch'io, assieme a tutti i preti del mondo, ogni giorno rinnovo il sacrificio di Gesù "per la moltitudine" e lui rinnova pure la sua presenza reale. Per ora resta in "ambiente privato" ma c'è, ed è attivo. Come quando appena arrivato a Touggourt, l'ho trovato nella casa lasciatami dai "Padri Bianchi". "Sono qui per te, ebbi la pretesa di dirgli". Ma subito ho sentito che voleva precisarmi: "Sono io che sono qui per te".

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Touggourt - 27 gennaio 2010

La stola regalata


Ho saputo oggi che la stola regalatami per il mio 50° di Messa, le Piccole Sorelle l'avevano chiesta a un centro di artigianato che mantiene viva l'arte tradizionale dei nomadi di queste regioni. Un tempo vi lavorava una Piccola Sorella e ora una donna di Touggourt continua a dare lavoro a tante donne della regione. Al momento di pagare le donne hanno detto : "Non chiediamo niente. La stola è per la preghiera".

Ora quando celebro porto su di me e dentro di me la fede la preghiera, il lavoro di tante povere donne che mantengono le loro famiglie con tanti sacrifici. Porto anche lo sforzo di una giovane, già notaio che vuole imparare il francese, della giovane che ormai parla italiano, dell'altra che ... Donne meravigliose che mostrano un impegno migliore di alcuni maschietti che si scoraggiano in fretta.

Quando andate a messa portate anche voi all'altare tante donne Algerine che vogliono riuscire a formare un mondo aperto, onesto, fraterno.

Ma quello che mi commuove è il senso vivo di Dio, vissuto e rispettato. La stola è una cosa per Dio. La chiesa di Touggourt presso la quale abito è ora affidata a un'associazione, la "croce rossa" algerina. Durante i "tempi difficili" molte chiese sono state chiuse. Ma la gente non è contenta e quasi ci rimprovera di averla chiusa come luogo di preghiera. "No, quella è la casa di Dio e deve restare tale". E quando la piccola croce era stata rimossa dalla cupola, la gente è stata contenta di rimetterla. Il saggio Abu Hayyan morto nel 1009 riporta questo detto su Gesù : "Gesù figlio di Maria ha detto - Sta nel mondo come un ospite e prenditi come casa il luogo della preghiera-".

Non solo le cose ma anche le persone. Un amico, formato alla scuola dei Padri Bianchi, ha voluto che mantenessimo visibile una statua della Madonna che coprivamo per un certo rispetto a chi entrava da noi. "Quella è Lalla Myriam, la mamma di Isa (Gesù). Anche noi le vogliamo bene". E poi un giorno parlando di noi, disse: "Voi siete preghiera, voi siete persone di Dio".

Come vivere a Nazareth


Mentre prendo il caffè presso le Piccole Sorelle, dopo la messa, suona il campanello: è l'ammalata che viene a prendere le gocce che una Piccola Sorella le misura ogni mattina da anni. "Oggi suo figlio l'ha picchiata perché voleva dei soldi", dice la Piccola Sorella rientrata dalla stanza attigua. Poi suona ancora il campanello: è l'uomo venuto a tagliare i grappoli dei datteri. Bisogna far presto prima che una pioggia li guasti. Poi è un susseguirsi di notizie della vita del quartiere. Lì, c'è un matrimonio. Là, una giovane donna è morta all'improvviso. In quella famiglia manca l'acqua. Ieri ho visto il piccolo di Samira. Ecc. ecc. ecc.

L'indomani alla messa ritrovo queste notizie trasformate in intercessione. Sì, perché esse sono le mamme e le sorelle e le figlie. Molti Touggourtini/e sono nati nelle loro mani e ora si sentono accompagnati.

E' la vita di Gesù a Nazareth. Vedeva i bambini giocare, la vedova che piangeva l'unico figlio morto, la vecchietta che portava l'offerta alla sinagoga, l'uccellino che si nutriva sugli alberi, il frumento che cresceva in terra buona, l'uva promettente un vino buono.

E' di questo che Gesù ha parlato nei suoi discorsi per far capire come è fatto il regno dei cieli. E' Dio presente in ogni avvenimento.

Dio ci vede nella vita di tutti i giorni che è la nostra Nazareth, compresi i segreti del cuore e ascolta ogni piccolo grido di gioia e di dolore. E noi siamo segni di lui.

"Solo il dialogo disarma i violenti"


Dall'Irak una piccola sorella che ho conosciuto a Touggourt mi manda notizie terribili dal suo paese e i cristiani non possono più vivervi.

La nostra agenzia Pime 'Asia News' comunica che i cristiani iracheni sono il bersaglio di attentati e di violenze. Domenica scorsa, 17 gennaio è stato ucciso il commerciante siro-cattolico Saadallah Youssif Jorjis, di 52 anni sposato e padre di due figlie. Il 12 gennaio era stato ucciso un altro commerciante cristiano. Sembra si tratti di un progetto di "pulizia etnica".

Mons. Nouna è il nuovo arcivescovo di Mosul ( Irak )e raccoglie il testimone di mons. Paulos Faraj Raho, il presule rapito e poi ucciso degli estremisti islamici tra febbraio e marzo 2008. Ha detto:

"Cercheremo di ricostruire il tutto, materialmente e spiritualmente. Come dissi già il 26 novembre dopo gli attacchi alla chiesa di sant'Efrem, hanno distrutto le mura, le pietre della chiesa, adesso dobbiamo riedificare quella delle persone che hanno timore e stanno perdendo la fiducia e la speranza. Abbiamo bisogno di preghiere, aiuto e sostegno morale e materiale.

È fondamentale continuare il dialogo con i nostri fratelli musulmani e mantenere le buone relazioni che pure esistono tra le persone. Approfondire questa relazione riscoprendo quei principi che sono comuni tra noi e loro. Trovare punti di contatto per alimentare l'amicizia, l'umanità, la conoscenza. Solo così si potrà disinnescare la violenza settaria e integralista.

Quanto dice il nuovo arcivescovo è basato sulla fede profonda nel progetto di Dio, anche se in alcune situazioni, umanamente è tanto difficile. La nostra comunione con loro può essere una grande forza.

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Touggourt - 6 gennaio 2010

Servi qualsiasi

Il tempo passa… chi sono… cosa faccio?

Questa mattina andando a celebrare, mi preparavo a commentare la parola di Gesù: “Quando avete fatto tutte le cose che vi sono comandate, dite. Noi siamo servi qualsiasi”. Mi incontra l’amico che vuole che lo saluti con le parole: “Salamu aleikum”, come fa un vero musulmano, e aggiunge: “Sono contento di vederti e quando non ti vedo penso che sei già passato”. Ed io gli dico: “E’ bello sentirci insieme, preghiamo insieme, lavoriamo insieme, viviamo insieme”. E lui continua: “Il resto è a Dio”. Questo pensiero continuo di Dio ti aiuta a dare il vero senso a quello che vivi, a non credere che tutto sia solo di te e per te. Invece tutto è di Dio e per Dio. Tutto è nelle sue mani. Lui sa tutto. E’ il sentimento dell’umiltà, di sentirti e mantenerti in quello che sei e niente di più. Negli scritti dei saggi musulmani trovo:

“Quattro cose non si trovano insieme in una persona, senza destare meraviglia:

il silenzio, che è principio della preghiera, l’umiltà verso Dio, l’ascesi del mondo e la sobrietà”. Ibn al Mubarak

Gesù ha detto : “E’ cosa giusta che i servi di Dio gli mostrino umiltà, mentre Dio mostra loro la sua grazia”. Ibn abi al-dunia.

Gesù ha detto: “Beati gli umili nel mondo : essi occuperanno i pulpiti nel giorno del giudizio”. Al Ghazali.

Questo sentimento di umiltà porta a un’altra considerazione. A volte ho l’illusione che sia il mio modo di comportarmi ciò che potrà dare dei frutti. In realtà il servo non deve fare che il suo lavoro, ma chi dirige e vede l’andamento dell’azienda è il padrone. A me spetta solo di essere fedele al mio dovere e al mio essere. Il resto, cioè il frutto, lo matura e lo vede solo Dio.

Gesù dopo aver dialogato con la samaritana disse ai discepoli: “L’uno semina, l’altro miete. Seminatore e mietitore si rallegrano insieme”

E’ bello vivere con fiducia e abbandono. Dio sa!

Carissimi è tempo di mettere in ordine i conti. Che per tutti noi il bilancio sia, come si dice qui: “Kif, Kif” (uguale uguale). Tanto ho ricevuto, tanto ho dato.

A Betlemme a imparare l'alfabeto di Dio

Il mistico musulmano Al-Suyuti, morto nel 1505, ci racconta: Si narra di Gesù figlio di Maria che, quando sua madre lo affidò alla scuola perché venisse istruito, il maestro gli disse: "Scrivi: - Nel nome (bism) di Dio - ". Gesù gli disse : "Che cosa vuol dire - nel nome - ? " Il maestro rispose : "Non lo so". Gesù disse: "La lettera ba significa splendore di Dio; sin la sua sublimità; mim, il suo regno" E continuò l'alfabeto dicendo alcuni nomi di Dio: misericordioso, clemente, onnisciente, verace, ecc.

E' interessante osservare in questo scritto e in molti altri - vedi ad esempio il libro I detti islamici di Gesù, a cura di Sabino Chialà - il volto di Gesù come è ricordato da alcuni saggi musulmani. Qui prevale quello del profeta e del sapiente, il maestro sulla montagna. Un altro aspetto che appare in altri scritti è quello dell'asceta e del taumaturgo.

A volte anche nella conversazione semplice con gli amici musulmani, il nome di Isa ( Gesù ) e di Myriam ( Maria ) sono riportati con stima e affetto, segno che sono ancora vivi nella memoria e nel cuore.

E' questo un punto di speranza verso una reciproca comprensione tra Cristianesimo e Islam. Gesù ci aiuterà a capirci. Perché è uno dei profeti dell'Islam che parla ancora, anche ai credenti dell'Islam.

Per noi cristiani, Gesù, il figlio unigenito di Dio, non ci ha solo parlato di Dio ma ce lo ha fatto vedere e sentire. Lui, Gesù, il misericordioso, il clemente, l'onnisciente, il verace. Non solo dice l'alfabeto di Dio ma è lui l'alfabeto del Padre, è in lui che capiamo Dio. La prima lettera e parola dell'alfabeto cristiano è Betlemme dove Gesù ha cominciato a salvare il mondo con la sola forza dell'amore.

Cari amici, quanto vorrei che tutti insieme, cristiani e non cristiani, riandassimo a Betlemme a guardare in faccia a quel bambino. Ci insegnerebbe ancora l'alfabeto di Dio.

Il dialogo è camminare insieme

Si può dialogare ognuno seduto sulla sua sedia, dirsi i propri valori e le proprie certezze e restare ognuno nelle proprie convinzioni. E’ già importante perché più si cresce nella conoscenza dell’altro e meglio si vivono il rispetto e la stima. Ma il dialogo va più in profondità. Giovanni Paolo II diceva : “Mi domando se non sia già urgente, soprattutto oggi, che cristiani e musulmani entrino in un periodo nuovo della storia, di riconoscere e sviluppare i legami spirituali che ci uniscono”. Il Papa parlava di ‘legami spirituali’. Infatti quando si toccano argomenti vitali, avviene un travaso di impressioni e di sentimenti che non lasciano insensibili la mente e il cuore. Quando una persona arriva a comunicare la sua gioia e le sue sofferenze, a volte fino a non trattenere espressioni forti e addirittura le lacrime, allora chi assiste vi si sente coinvolto.

Se si dialoga su argomenti come il dono di se all’Assoluto di Dio, la preghiera regolare, il digiuno, la condivisione, l’elemosina, la conversione del cuore, il ricordo continuo della Presenza, la fiducia nella Provvidenza, l’urgenza dell’ospitalità senza frontiere, il pellegrinaggio, compreso quello interiore, ecc, nascono nel cuore sorprese, emozioni e invito al confronto.

Incominciando un gruppo di dialogo e di preghiera insieme, cristiani e musulmani, col nome di Ribat (legame), qui in Algeria, i sufi alawi hanno voluto precisare: “Non vogliamo impegnarci con voi in una discussione dogmatica. Nel dogma e nella teologia ci sono molte barriere, prodotti dell’uomo. Noi desideriamo lasciare che Dio crei tra noi qualcosa di nuovo. Ciò avviene solo nella preghiera. E’ per questo che abbiamo voluto questo incontro di preghiera con voi”.

Il dialogo non è solo attività intellettuale, è esperienza di vita.

In preghiera, insieme, avviene un legame che fa sentire, pensare… e poi vivere un cammino insieme perché c’è sempre qualcosa da imparare e approfondire da qualsiasi persona e avvenimento. La conversione, il tendere verso il meglio, il più alto e il più vivo… è il cammino di tutta una vita. E… il più bello…, è lasciare che lo Spirito ci parli e crei il mondo nuovo.

A tutti : Buon anno ! Sempre in cammino !