Lettere agli amici 2001 - 2005

p. Adolfo L'Imperio


Lettere agli amici 2001 - 2005



2001

2001

S.Pasqua

Dinajpur - 18 marzo

Miei carissimi Amici,

Scrivere una lettera oggi per me diventa un’impresa. La posta elettronica rende atavica questo mezzo di comunicazione che era il “non plus ultra” sino a qualche anno fa.

Ma poiche’ ho superato i settanta mi permetterete di scriverne ancora una, che viaggera’ anche per posta elettronica. Scrivere mi richiede tempo. Tra i tanti avvenimenti della vita e le tante cose che passano nella mente, far decantare quello che e’ giusto dirci che ci aiuti a vivere in amicizia questo momento in modo pieno non e’ facile. Ci sono anche alcuni fatti che rendono questa volta lo scrivere piu’ difficile e sono : la visita di Bruno Guizzi in Bangladesh; l’aumento dei pro-nipoti nati in questi ultimi mesi e la pubblicazione del libro con la maggior parte delle mie lettere agli amici dalla mia partenza per la missione.

Parlando di “amicizia” la venuta di Bruno fino a Dinajpur e’ stata una gioia grande perche’ e’ stato come avere la presenza di tanti di voi conosciuti da tanti anni e con cui abbiamo vissuto esperienze diverse e sempre nuove, e poi la presenza nuova di ragazzi e ragazze che desiderano impegnarsi per costruire un domani nuovo sia in Italia che qui a Dinajpur. Qui Bruno si e’ presa l’incombenza di iniziare una rete di corrispondenza tra gruppi o classi tra questi due poli. Con la sua pazienza e intraprendenza e’ diventato amico di tanti. Buon proseguimento, anche se dovrai sudare !!!

In questi giorni mi ritorna alla mente il Vangelo della prima domenica di Quaresima che riporta le tentazioni sostenute da Gesu’ prima di iniziare il Suo cammino di redentore dell’umanita’. La prima dice: “ Se tu sei Figlio di Dio , di’ a questa pietra che diventi pane”.

Cambiare la pietra in pane. L’umanita’ ha vissuto e vive questa sfida sin dall’inizio in quanto l’uomo ha avuto la responsabilita’ di rendere il mondo abitabile e vivibile. Per cui operare perche’ ci sia il pane dalla pietra e’ nella vocazione e responsabilita’ della persona. Ma dov’e’ la “tentazione” che oggi subiamo. Quella di cambiare la pietra non in pane ma in schiavitu’. Penso al lavoro imposto a milioni di bambini, ragazzi e giovani senza una libera scelta se non quella “della domanda del mercato” o in nome della “globalizzazione”. Conseguenza: la persona diventa strumento o parte di una macchina che deve produrre e poi essere ...gettata. In Bangladesh solo nella zona attorno a Dhaka sono in 6 milioni, in maggior parte ragazze, che vivono cio’ sulla loro pelle. L’aspetto positivo, dicono alcuni, e’ che la donna bengalese esce da un ghetto e conta come persona in un ambiente dove il “guadagnare” e’ un segno di “contare in societa’”.

Diventa importante ed insostituibile la risposta di Gesu’ : “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. Da meditare tutte le volte che operiamo per dare “pane”operando sulla “pietra”.

Anni fa’ ebbi la gioia di visitare la Palestina, la terra di Gesu’. La caratteristica di quella zona e’ l’aridita’, il deserto. In quel contesto leggere la “tentazione” e’ ancora piu’ significativa. Eppure l’uomo con il suo operare e’ riuscito a creare delle oasi che sembrano miracoli: gli alberi di olivo e le vigne del monastero di S.Caterina al Sinai; le verdi spianate dei “kibbutz” in tante parti brulle della Palestina e della Giordania. Resta l’anelito della pace in quella zona. La discriminazione ed il ghetto non hanno dato “pane”: le pietre sono strumento in mano a giovani per ribellarsi

Ci sono anche coloro che vogliono il “pane” senza impegnarsi in tirarlo fuori dalla pietra; i parassiti della societa’ che hanno come regola il furto che prende diversi nomi secondo le circostanze. Da noi e’ un dilagare delle “bustarelle” ai diversi livelli, o le tangenti da pagare in modi e tempi diversi solo perche’ quelli che hanno il dovere di svolgere un lavoro non sono contenti di quello che ricevono.

Parlando di “pane” io penso all’Eucarestia. E’ l’avvenimento piu’ importante per me Sacerdote che mi tiene in vita ed unito a l’Unico che mi da’ forza di continuare “non ostante tutto”. In essa Cristo si fa pane perche’ l’uomo scopra il perdono e l’amore necessario per rendere “il frutto della terra e del lavoro umano” un fatto di amicizia e non solo un fatto solo commerciale.

Per tanti genitori il “pane” e’ stato ed e’ ancora frutto di lavoro duro, di fatica per portare avanti una famiglia e tante volte cozza con il rifiuto o l’indifferenza di giovani che desiderano avere tutto e subito. Altre volte sono i genitori a voler accontentare in tutto i propri figli dando loro cose (pietra) anzicche’ “pane”. Un ragazzo di 15 anni, orfano di padre, intelligente e sempre primo della classe, ad un certo punto ha smesso di impegnarsi nello studio. E’ diventato quasi l’ultimo della sua classe. Alla mia dovuta ramanzina mi ha risposto : “ Non capisco per chi e perche’ devo studiare. La mia mamma viene una volta ogni anno a portare i soldi per farmi studiare, ma non ha tempo per me”. Queste parole ripetono la risposta di Gesu’: “Non di solo pane vive l’uomo”.

La tentazione continua con il fatto di cambiare la pietra in ricchezza per pochi e non in pane per tutti. Sono gli avvenimenti che seguiamo, a volte con trepidazione, in diverse parti del mondo, dove i “diamanti” (pietre dure) servono a fomentare guerre piu’ o meno “civili” o circoscritte, come si legge sui giornali.

I “bambini soldato” ne sono una conseguenza.

Per trasformare la pietra in pane occorre il “lavoro”, l’impegno positivo dell’uomo. In Bangladesh sono tanti i giovani che lavorano ore sotto il sole per spaccare pietre per ottenere pietrisco per le costruzioni. Spaccare pietre e’ una cosa dura, specie se fatta sotto il sole. Il “lavoro”, e’ un diritto della persona recitano tanti documenti. Per molti, ancora oggi non e’ la risposta ad una vocazione sociale, ma un onere che si subisce oppure l’unico mezzo per sopravvivere. L’offerta di lavoro dell’Europa diventa mercato per persone senza scrupoli che utilizzano l’anelito ad una vita migliore di tanti poveri in occasione per prendere tangenti o organizzare una nuova tratta di persone.

In Bangladesh sono migliaia i giovani che fanno di tutto per uscire dal paese per avere “un posto al sole”. Mi ritorna alla mente “il posto al sole” per noi Italiani di quando ero giovane. Prima un “impero” da civilizzare e poi la terra dove emigrare. In questi avvenimenti troppo spesso e’mancata l’Eucarestia vissuta perche’ il “posto al sole” diventasse pane per tutti, Italiani e non, piccoli e grandi, poveri e ricchi. Qualcuno come Madre Cabrini ha dedicato la vita a tanti disperati perche’ ritrovassero la speranza.

“Trasformero’ il vostro cuore di pietra; Io vi daro’ un cuore di carne”. dice il Signore.

Mi ritrovo con un “cuore di pietra” quando non riesco ad avere un rapporto sereno con l’altro.

Abbiamo davanti a noi un cammino verso la Pasqua di Risurrezione. Cristo mostra che la liberazione e’ un fatto interiore. Dobbiamo superare l’egoismo personale ma anche sociale; la sete del possesso e del potere sugli altri che consideriamo inferiori a noi. Passaggio dalla schiavitu’ alla liberta’, dalla morte alla vita, dalla pietra al Pane di vita. Pane che diventa “carne” che vuole essere mangiata perche’ si realizzi una societa’ dove “l’inimicizia e’ stata vinta” non con una guerra o con la soppressione di chi non la pensa come me o con l’emarginazione di chi ha una pelle di colore diverso o parla una lingua per me strana. L’inimicizia, dice S.Paolo, e’ stata vinta da Cristo.

La Pasqua e’ anche un credere in una societa’ nuova o rinnovata in Cristo. I giorni della Pasqua sono giorni pieni di doni: Il Pane di Vita donato a tutti; Cristo Crocifisso che dona la vita ed il perdono; persone che come chicchi di grano si donano perche’ ci sia un pane che puo’ trasformarsi in Corpo e Sangue di Cristo, che e’ l’unico alimento che puo’ darci la forza di camminare tra persone senza speranza: in “slum” che sono pugni allo stomaco - come dice Bruno- e che hanno bisogno di qualcuno che abbia il coraggio di farsi presente e condividere una situazione ingiusta e sperare di poterla cambiare; tra giovani drogati che desiderano uscire da un falso “paradiso” ed hanno bisogno dove appoggiarsi; in societa’ dove il sopruso e la violenza sono regole di vita.

Giovanni Paolo II nella sua ultima lettera dell’inizio del terzo Millennio dice, in conclusione :”Andiamo avanti con Speranza!” “ Il mandato missionario ci introduce nel terzo millennio invitandoci allo stesso entusiasmo che fu proprio dei cristiani della prima ora: possiamo contare sulla forza dello Spirito, che fu effuso a Pentecoste e ci spinge oggi a ripartire sorretti dalla speranza che non delude”.

Il mio augurio ? Le parole dell’Angelo alle donne che leggiamo nel Vangelo di Matteo: “Non abbiate paura voi! So che cercate Gesu’ Crocifisso. Non e’ qui. E’ risorto....E’ risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; la’ lo vedrete. Che io e ciascuno di noi si incammini verso la sua “Galilea” dove potremo vedere Lui che ci preceduti e ci aspetta. Prego perche’ non abbia a perdere il .....treno. Una Santa Pasqua a tutti voi ed ai vostri cari.

Fr. Adolfo

2001

Lettera agli amici

Dinajpur - 18 marzo

Miei carissimi Amici,

Scrivere una lettera oggi per me diventa un’impresa. La posta elettronica rende atavica questo mezzo di comunicazione che era il “non plus ultra” sino a qualche anno fa.

Ma poiché ho superato i settanta mi permetterete di scriverne ancora una, che viaggerà anche per posta elettronica. Scrivere mi richiede tempo. Tra i tanti avvenimenti della vita e le tante cose che passano nella mente, far decantare quello che è giusto dirci che ci aiuti a vivere in amicizia questo momento in modo pieno non è facile.

Ci sono anche alcuni fatti che rendono questa volta lo scrivere più difficile e sono : la visita di Bruno Guizzi in Bangladesh; l’aumento dei pro-nipoti nati in questi ultimi mesi e la pubblicazione del libro con la maggior parte delle mie lettere agli amici dalla mia partenza per la missione.

Parlando di “amicizia” la venuta di Bruno fino a Dinajpur è stata una gioia grande perché è stato come avere la presenza di tanti di voi conosciuti da tanti anni e con cui abbiamo vissuto esperienze diverse e sempre nuove, e poi la presenza nuova di ragazzi e ragazze che desiderano impegnarsi per costruire un domani nuovo sia in Italia che qui a Dinajpur. Qui Bruno si è presa l’incombenza di iniziare una rete di corrispondenza tra gruppi o classi tra questi due poli. Con la sua pazienza e intraprendenza è diventato amico di tanti. Buon proseguimento, anche se dovrai sudare !!!

In questi giorni mi ritorna alla mente il Vangelo della prima domenica di Quaresima che riporta le tentazioni sostenute da Gesù prima di iniziare il Suo cammino di redentore dell’umanità. La prima dice: “ Se tu sei Figlio di Dio , dì a questa pietra che diventi pane”.

Cambiare la pietra in pane. L’umanità ha vissuto e vive questa sfida sin dall’inizio in quanto l’uomo ha avuto la responsabilità di rendere il mondo abitabile e vivibile. Per cui operare perché ci sia il pane dalla pietra è nella vocazione e responsabilità della persona. Ma dov’è la “tentazione” che oggi subiamo. Quella di cambiare la pietra non in pane ma in schiavitù. Penso al lavoro imposto a milioni di bambini, ragazzi e giovani senza una libera scelta se non quella “della domanda del mercato” o in nome della “globalizzazione”. Conseguenza: la persona diventa strumento o parte di una macchina che deve produrre e poi essere ...gettata. In Bangladesh solo nella zona attorno a Dhaka sono in 6 milioni, in maggior parte ragazze, che vivono ciò sulla loro pelle. L’aspetto positivo, dicono alcuni, è che la donna bengalese esce da un ghetto e conta come persona in un ambiente dove il “guadagnare” è un segno di “contare in società”.

Diventa importante ed insostituibile la risposta di Gesù : Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. Da meditare tutte le volte che operiamo per dare “pane”operando sulla “pietra”.

Anni fa ebbi la gioia di visitare la Palestina, la terra di Gesù. La caratteristica di quella zona è l’aridità, il deserto. In quel contesto leggere la “tentazione” è ancora più significativa. Eppure l’uomo con il suo operare è riuscito a creare delle oasi che sembrano miracoli: gli alberi di olivo e le vigne del monastero di S. Caterina al Sinai; le verdi spianate dei “kibbutz” in tante parti brulle della Palestina e della Giordania. Resta l’anelito della pace in quella zona. La discriminazione ed il ghetto non hanno dato “pane”: le pietre sono strumento in mano a giovani per ribellarsi

Ci sono anche coloro che vogliono il “pane” senza impegnarsi in tirarlo fuori dalla pietra; i parassiti della società che hanno come regola il furto che prende diversi nomi secondo le circostanze. Da noi è un dilagare delle “bustarelle” ai diversi livelli, o le tangenti da pagare in modi e tempi diversi solo perché quelli che hanno il dovere di svolgere un lavoro non sono contenti di quello che ricevono.

Parlando di “pane” io penso all’Eucarestia. È l’avvenimento più importante per me Sacerdote che mi tiene in vita ed unito a l’Unico che mi dà forza di continuare “non ostante tutto”. In essa Cristo si fa pane perché l’uomo scopra il perdono e l’amore necessario per rendere “il frutto della terra e del lavoro umano” un fatto di amicizia e non solo un fatto solo commerciale.

Per tanti genitori il “pane” è stato ed è ancora frutto di lavoro duro, di fatica per portare avanti una famiglia e tante volte cozza con il rifiuto o l’indifferenza di giovani che desiderano avere tutto e subito. Altre volte sono i genitori a voler accontentare in tutto i propri figli dando loro cose (pietra) anziché “pane”. Un ragazzo di 15 anni, orfano di padre, intelligente e sempre primo della classe, ad un certo punto ha smesso di impegnarsi nello studio. È diventato quasi l’ultimo della sua classe. Alla mia dovuta ramanzina mi ha risposto : “ Non capisco per chi e perché devo studiare. La mia mamma viene una volta ogni anno a portare i soldi per farmi studiare, ma non ha tempo per me”. Queste parole ripetono la risposta di Gesù: “Non di solo pane vive l’uomo”.

La tentazione continua con il fatto di cambiare la pietra in ricchezza per pochi e non in pane per tutti. Sono gli avvenimenti che seguiamo, a volte con trepidazione, in diverse parti del mondo, dove i “diamanti” (pietre dure) servono a fomentare guerre più o meno “civili” o circoscritte, come si legge sui giornali.

I “bambini soldato” ne sono una conseguenza.

Per trasformare la pietra in pane occorre il “lavoro”, l’impegno positivo dell’uomo. In Bangladesh sono tanti i giovani che lavorano ore sotto il sole per spaccare pietre per ottenere pietrisco per le costruzioni. Spaccare pietre è una cosa dura, specie se fatta sotto il sole. Il “lavoro”, è un diritto della persona recitano tanti documenti. Per molti, ancora oggi non è la risposta ad una vocazione sociale, ma un onere che si subisce oppure l’unico mezzo per sopravvivere. L’offerta di lavoro dell’Europa diventa mercato per persone senza scrupoli che utilizzano l’anelito ad una vita migliore di tanti poveri in occasione per prendere tangenti o organizzare una nuova tratta di persone.

In Bangladesh sono migliaia i giovani che fanno di tutto per uscire dal paese per avere “un posto al sole”. Mi ritorna alla mente “il posto al sole” per noi Italiani di quando ero giovane. Prima un “impero” da civilizzare e poi la terra dove emigrare. In questi avvenimenti troppo spesso è mancata l’Eucarestia vissuta perché il “posto al sole” diventasse pane per tutti, Italiani e non, piccoli e grandi, poveri e ricchi. Qualcuno come Madre Cabrini ha dedicato la vita a tanti disperati perché ritrovassero la speranza.

“Trasformerò il vostro cuore di pietra; Io vi darò un cuore di carne”. dice il Signore.

Mi ritrovo con un “cuore di pietra” quando non riesco ad avere un rapporto sereno con l’altro.

Abbiamo davanti a noi un cammino verso la Pasqua di Risurrezione. Cristo mostra che la liberazione è un fatto interiore. Dobbiamo superare l’egoismo personale ma anche sociale; la sete del possesso e del potere sugli altri che consideriamo inferiori a noi. Passaggio dalla schiavitù alla libertà, dalla morte alla vita, dalla pietra al Pane di vita. Pane che diventa “carne” che vuole essere mangiata perché si realizzi una società dove “l’inimicizia è stata vinta” non con una guerra o con la soppressione di chi non la pensa come me o con l’emarginizzazione di chi ha una pelle di colore diverso o parla una lingua per me strana. L’inimicizia, dice S.Paolo, è stata vinta da Cristo.

La Pasqua è anche un credere in una società nuova o rinnovata in Cristo. I giorni della Pasqua sono giorni pieni di doni: Il Pane di Vita donato a tutti; Cristo Crocifisso che dona la vita ed il perdono; persone che come chicchi di grano si donano perché ci sia un pane che può trasformarsi in Corpo e Sangue di Cristo, che è l’unico alimento che può darci la forza di camminare tra persone senza speranza: in “slum” che sono pugni allo stomaco - come dice Bruno- e che hanno bisogno di qualcuno che abbia il coraggio di farsi presente e condividere una situazione ingiusta e sperare di poterla cambiare; tra giovani drogati che desiderano uscire da un falso “paradiso” ed hanno bisogno dove appoggiarsi; in società dove il sopruso e la violenza sono regole di vita.

Giovanni Paolo II nella sua ultima lettera dell’inizio del terzo Millennio dice, in conclusione :”Andiamo avanti con Speranza!” “ Il mandato missionario ci introduce nel terzo millennio invitandoci allo stesso entusiasmo che fu proprio dei cristiani della prima ora: possiamo contare sulla forza dello Spirito, che fu effuso a Pentecoste e ci spinge oggi a ripartire sorretti dalla speranza che non delude”.

Il mio augurio ? Le parole dell’Angelo alle donne che leggiamo nel Vangelo di Matteo: “Non abbiate paura voi! So che cercate Gesù Crocifisso. Non è qui. È risorto....È risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete.” Che io e ciascuno di noi si incammini verso la sua “Galilea” dove potremo vedere Lui che ci preceduti e ci aspetta. Prego perché non abbia a perdere il .....treno. Una Santa Pasqua a tutti voi ed ai vostri cari.

2001

L’ essere missionari

Dinajpur - 4 ottobre


Allego l'intervista fatta a P. Adolfo che uscirà nel n° 2 del giornale "Passi di Vita", realizzato dai giovani e giovanissimi della Parrocchia di S. Stefano Protomartire in Gaeta.(Bruno)

Quando andiamo a Messa non solo ascoltiamo la Parola di Dio e partecipiamo al banchetto eucaristico, ma alla fine della celebrazione, quando il celebrante ci dice “La messa è finita andate in pace”, non vuol dire che tutto si riduce a ciò che avviene in Chiesa, ma ci invita ad essere testimoni e soprattutto missionari tra la nostra gente. Questo messaggio, quindi vuole essere andate e siate lievito in mezzo agli altri, ossia siate annunciatori la Sua parola dovunque andiate, in quanto il termine Messa deriva dal latino Missus, participio di Mittere che significa “mandare”.

Questo ci fa capire che siamo tutti missionari, sia i laici che i religiosi. Molti laici lo hanno capito, basta vedere, tra le tante, l’opera dei " Medici senza frontiere " che vanno nelle zone più degradate della Terra a prestare cure mediche a chi ne è più bisognoso.

Ci sono anche dei religiosi che vanno dove c’è più bisogno di aiuto, ma la loro missione non consiste nel curare solo il corpo, ma sopratutto l’anima, nel prestare conforto divulgando ciò che Gesù ci dice nel Vangelo e nell’aiutare anche in maniera concreta, con atti di carità.

A Gaeta vi sono molti religiosi missionari che operano in diverse parti del mondo: in India c’è Suor Maria della Croce, della congregazione delle Suore Cristiane della Misericordia; in Congo ( Repubblica Democratica) don Mario Valente, dei Salesiani; nelle Filippine fra Giuseppe Magliozzi, dell’ordine dei frati di San Giovanni di Dio; in Messico Don Cosmo Pedagna dei Guanelliani;per molti anni in India ed attualmente a Gaeta Suor Fausta Mossa; in Bangladesh Padre Adolfo L’Imperio, dei padri del PIME (Pontificio Istituto per le Missioni Estere), i quali gestiscono il Santuario della SS. Trinità. Abbiamo parlato con Padre Adolfo che è venuto in visita a Gaeta con il suo Vescovo, Mons. Moses Costa e che in tutti questi anni ha sempre mantenuto vivi i contatti con i suoi amici gaetani.

Cosa l’ ha spinto a diventare un padre missionario? La vocazione delle persone è fatta di vita vissuta e di scelte libere e personali ed io ho fatto questa scelta anche per approfondire la conoscenza tra Chiesa e Umanità.

Come ha trovato la vita in Bangladesh? Differente da quella dell’Italia per culture, costumi, ma è uguale alla nostra perché la persona è uguale dappertutto.

Che progetti pensa di realizzare nella sua Missione? Principalmente voglio operare per la promozione umana, ossia ogni uomo deve crescere nella propria vocazione umana, nel realizzare la propria personalità ed i progetti materiali servono alla realizzazione di questo scopo.

Ha qualche difficoltà nel realizzare questo obiettivo? Quando si lavora con le persone non esistono persone “uguali”, ci sono sempre delle difficoltà. La difficoltà da superare è la comunicazione con le persone, perché ognuno è una realtà diversa.

Cosa direbbe a noi giovani? Di convertirvi alla mondialità (vedere il mondo con gli occhi della verità, non farsi imbrogliare) e di farvi aiutare dalla generosità, nel senso di spendere la vita bene, per un ideale, di avere un motivo vero di vivere la vita.

Come avete vissuto il Giubileo del 2000 e la GMG (Giornata Mondiale della Gioventù)? È stato vissuto come un cammino di conclusione di quattro anni in cui i giovani hanno avuto un ruolo predominante. Abbiamo incominciato il duemila con la benedizione del Santuario della Madonna del Rosario, che è diventato un luogo di pellegrinaggio (ci vengono anche i musulmani). A Roma, alla GMG, sono andati dei giovani bengalesi provenienti dalle sei diocesi del Bangladesh (due rappresentanti per ogni diocesi) con in testa il Vescovo di Dinajpur (Pastore della diocesi dove opera P. Adolfo).

Il messaggio che ci è pervenuto in questa breve intervista è che, nel nostro piccolo, possiamo essere missionari nella nostra comunità, ma soprattutto nella città in cui viviamo perché il mondo che ci circonda è composto da piccole cose fatte bene e soprattutto con umiltà ed amore.

La riflessione con cui si può chiudere questa "finestra" sull’essere missionario è che, se da una parte siamo molto fortunati a vivere nel benessere, non dobbiamo sprecare ciò che abbiamo, ma dobbiamo essere dono per l’altro usando i “talenti” che Dio ci ha dato.

2001

Lettera agli amici

Dinajpur - 6 ottobre

Circa nostre notizie, in verità devo dirvi che la situazione interna in questi ultimi giorni è peggiorata con segni di intolleranza verso i gruppi minoritari e da Venerdì scorso è iniziato l'intimidazione verso il gruppo Cristiano. Per ora sono state solo parole e processioni, ma non siamo sicuri circa il futuro. Purtroppo, come sempre i politici, per superare i conflitti interni, aumentano quelli esterni, e purtroppo la scelta americana di bombardare l' Afghanistan qui in Asia viene usata come motivo per una guerra di religione tra Islam e Cristianesimo. Non è la prima volta nella storia dell' umanità.

Se si deve parlare di terrore o terrorismo, qui le minoranze in questi trenta anni hanno dovuto vivere continuamente in ansia con momenti in cui la situazione politico sociale si acuisce e diventa terrore.

Come sempre nel momento di alleanze o sostegni militari a livello mondiale la povera gente non viene consultata, in modo particolare chi vive del pane e del lavoro quotidiano. Ma le ripercussioni cadono sempre sui poveri ed i piccoli. Nel mese di Settembre l'umanità si è svegliata da un sogno di benessere ad un incubo di paura dell'altro. Alla base questione di potere e di utilizzo di ingenti somme di danaro.

Forse l'ONU avrebbe dovuto prendere in mano la situazione e gestirla in modo diverso. La punizione di terroristi non può ricadere su persone innocenti e creare altre situazioni di conflitti dove per anni si è lavorato per una convivenza pacifica di etnie e religioni diverse.

Siamo nelle mani del Signore, dice la mia gente che dimostra una fede ferma e vera .L'unica arma che abbiamo è la preghiera, ed il Signore non può non ascoltarla.

Spero, contro ogni speranza, che fra qualche giorno possa scriverti qualcosa di positivo. Nel mentre chiedo agli amici il sostegno per azioni di pace e non di guerra, di dialogo e non di confronto tra sordi, e la preghiera che può quello che l'uomo non può.

Vi saluta la Cecilia, che è il nostro parafulmine. Egoisticamente chiedo che il Signore ce la conservi con amore.

Un ricordo ed un abbraccio forte forte.

Fr. Adolfo

2001

Lettera agli amici

Dinajpur - 17 novembre

Abbiamo celebrato la solennità del Santi e dei defunti e resto sempre più meravigliato dalla partecipazione e della fede della mia gente. Ieri la visita al cimitero è stata una festa di luci (candele su ogni angolo) e di preghiera. La polizia temeva qualche atto contro la comunità cristiana in questa giornata per cui ci aveva chiesto di stare attenti.

La povera gente oltre al pregare ha poco da fare anche perché, specie se minoranza, deve subire ma non può farsi ascoltare o non viene ascoltata da chi ha in mano i mezzi di comunicazione 24 ore su 24.

Cosa fare in questa confusione di linguaggi ? Cosa dire alla mia gente che, oltre ad interpretare le notizie della TV (ognuno a modo suo), ascolta ed interpreta tutte le varie notizie interne dei giornali o della "radio senza fili" che giungono ogni giorno nel mercato. Direi che c' è una grande confusione. Ed allora è meglio fare silenzio e cercare di ascoltare quello che il "Padre di tutti" vuole dire quest'oggi nonostante la nostra "babele".

Fr. Adolfo

2001

Natale 2001

Dinajpur - 8 dicembre Festa dell’Immacolata

PACE e BENE, Amici carissimi!!

Queste due parole sono state il programma di vita di Francesco d’Assisi e di altri nel tempo e sono oggi l’aspirazione di tante persone in paesi diversi e di lingue o culture diverse.

Parlando lo scorso Aprile agli studenti della scuola "S. Filippo Neri" di Dinajpur dissi che due erano le sfide della società di oggi a cui devono dare una risposta

1) Costruire una societa’ libera da paure;

2) Costruire una società dove possono convivere persone di diverse culture nel rispetto reciproco.

Dallo scorso mese di Settembre il mondo è stato scosso e la convivenza è stata turbata da cose che l’uomo ordinario non prevedeva o voleva che fossero lontane dalla sua vita. I mezzi di comunicazione ci portano in casa giornalmente immagini e problemi che hanno bisogno di approfondimento e conoscenza vera di scelte fatte e di eventi politici per essere capiti. Spesso ci si basa su nozioni puramente giornalistiche e limitate.

Cose da imparare, limiti delle nostre culture e conoscenze, difficoltà di dialogo, aspetto religioso utilizzato al di fuori o nella interpretazione dell’uomo del dono di Dio che è la Fede.

In questi mesi ho fatto silenzio. Penso alla riflessione necessaria che tutti dobbiamo fare davanti a Dio e davanti al prossimo circa la società che stiamo costruendo. Il mondo di oggi è “globale”, cioè non può essere più fatto a scompartimenti stagni. Quello che avviene in Italia interessa il Bangladesh e viceversa. Vi sono squilibri?: vanno appianati. Vi sono conflitti? : vanno risolti. Vi sono diversità?: vanno accettate nel rispetto reciproco. Facile a dirsi ma difficile a farsi.

PACE. In questi mesi i miei bambini con Cecilia non hanno fatto altro che pregare per la Pace. La preghiera di S. Francesco d’Assisi “Fai di me uno strumento della Tua Pace” è stata l’indicazione primaria in questo ricercare la pace. La nostra fatica per scoprire e vincere con coraggio le “paure” quotidiane che tolgono la pace.

- La paura di non avere il necessario per vivere in quanto a casa non c’ è lavoro o quello che viene dal lavoro non basta per vivere.

- La paura di essere sfrattati dal posto dove si vive perché di proprietà del governo o di qualche possidente che ti tiene lì finché ha bisogno di te.

- La paura di cadere nel giro della violenza o della droga come reazione alle umiliazioni che si subiscono dai prepotenti.

- La paura di dover sempre dipendere o essere angariato dal politico che dovrebbe essere al servizio della società ed invece ne diventa il despota.

Ognuno di noi può fare la sua lista di “paure” da cui essere liberati. In fondo è sempre la paura dell’altro che entra in noi.

La “Tua Pace” non è una parola, ma è un modo di essere che trova il suo punto centrale nell’incontro con Gesù. In questi giorni la parola “pace” ricorre su tante bocche ed è l’anelito di tanti cuori, ma la si può ottenere solo vivendo cercando la Verità della vita ed essere “costruttori di pace”.

BENE. Dice S. Paolo di ricercare nella vita tutto ciò che è “buono, giusto e bello” e viverlo. Seguendo alcune delle produzioni televisive in questi ultimi anni ho notato che molte sono improntate sul “cattivo, l’ingiusto ed il brutto”. Spesso la televisione o altri mezzi di comunicazione , anche qui in Bangladesh, “diseducano” alla violenza, all’imbroglio e al sopruso. Lo noto in vari comportamenti dei miei ragazzi. Ed in questo campo spesso i genitori sono assenti o silenti assertori di ciò che viene dato come... sacrosanto. L’attentato che uccide, il terrorismo piccolo e grande, il sopruso politico è fatto di ogni giorno. Amor è stato derubato a Dhaka tre volte in un mese, un villaggio ha subito l’assedio per più di un mese perché qualche ricco vuole anche quello che appartiene al povero.

Anche questo è globale perché potete dirmi lo stesso, anche se in modo diverso, per la società italiana o tedesca..

Forse in tutta la confusione politica globale di questi ultimi anni i fatti degli altri sono diventati anche “nostri”. Gli eccidi compiuti in vari paesi d’Africa come Congo, Angola. Somalia., Sudan legati a volte ad interessi di scambio o controllo di ricchezze, non possono non essere anche nostri.

Un fatto positivo di questi giorni è il doversi riscoprire nella fede in Dio e nell’uomo. Gli avvenimenti ci chiedono di dover conoscere cos’ è l’Islam ed il suo messaggio di Fede. Si scrive molto dell’Islam ma anche del Cristianesimo su giornali e riviste a volte con competenza altre volte senza; diventa un nostro dovere il conoscere per operare in una società dove dovremo convivere per costruire il Bene. Alla fine è ricercare il disegno di Dio in questo momento della storia dell’umanità.

Anche in questo Natale il messaggio sarà “Pace in cielo ed in terra agli uomini di BUONA volontà”. Prego perché a Betlemme quest’anno si possa celebrare in libertà l’evento che porta a noi la Speranza nella Pace e nel Bene della vita. Purtroppo sino ad oggi ci sono troppi segni contrari.

Ma questo “sperare contro ogni speranza” è forse il segno che la Pace ed il Bene non possono essere perseguiti e raggiunti senza entrare nella logica di Dio, che si Incarna per essere Lui il protagonista di ciò nella vita di ogni uomo.

“Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di Lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne tra la sua gente, ma i suoi non lo hanno accolto. A quanti però l’ hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio” Giov.1;9-12

Gandhi chiamò “Figli di Dio” i paria, gli esclusi della società. Girando per i villaggi del Bangladesh molti sacerdoti o suore mi confermano che Gesù viene ancora accolto dai semplici, dai piccoli, dai poveri.

Essere “accolto” non è l’ essere ospitato o accettato. L’accoglienza richiama la maternità che è disegno di accoglienza della vita. Dio non vuole una qualche ospitalità o un posticino, ma l’essere uno di noi tra noi. I movimenti di emigrazione che si sono sviluppati in questi anni nel mondo e non solo in Europa in fondo sono dovuti a persone che “fuggono” situazioni di paure, di persecuzioni, in cerca di un “vivere migliore” che si realizza solo dove si viene accolti.

Molti che vanno dal Bangladesh a lavorare in altri paesi ricchi mi dicono che li spinge la necessità materiale ma non si sentono “accolti”: considerati simili nei diritti e nei doveri di persone. Dopo due anni o più di duro lavoro si “torna a casa”. La casa è il luogo privilegiato dell’accoglienza. Lo abbiamo vissuto anche noi Italiani emigrando in tanti paesi del mondo.

Qualcuno in reazione a situazioni di ingiustizia o non accoglienza diventa estremista e si ribella e gioca la sua vita per togliere la pace a chi, secondo lui, non la merita.

Senza la Fede guidata dall’Amore, non si riesce a superare lo scontro, la violenza, il sopprimere.

“Erode e tutta Gerusalemme”, si legge nel vangelo di Matteo, “si turbarono alla notizia della nascita del re dei Giudei”. Veniva a togliere il potere per cui andava eliminato al più presto e senza fare tanto chiasso. Eppure il messaggio era di speranza: “Abbiamo visto la sua stella in oriente e siamo venuti per adorare il Signore”.

Poter vedere la “sua stella” per poter adorare il Signore. È l’augurio che mi faccio in un momento in cui è difficile vedere il cielo e cercare le stelle, come fanno gli innamorati. “È uno sperare contro ogni speranza”, come dice un amico.

Affido l’invio di questa mia, con un grazie doveroso, al gruppo di amici che fa capo a Bruno Guizzi con la sua rete di servizio informatico.

Vi saluto con le parole del Papa Giovanni Paolo II alla conclusione della sua lettera per l’Inizio del terzo Millennio. “Andiamo avanti con speranza! Un nuovo millennio si apre davanti alla Chiesa come oceano vasto in cui avventurarsi contando sull’aiuto di Cristo. Il Figlio di Dio, che si è incarnato duemila anni or sono per amore dell’uomo, compie anche oggi la sua opera: dobbiamo avere occhi penetranti per vederla, e soprattutto un cuore grande per diventare noi stessi strumenti.” “Signore fa che io veda” la tua stella; “Fa di me uno strumento della Tua Pace”

BUON NATALE !!

Fr. Adolfo

2002

2002

S. Pasqua

Dinajpur - 22 marzo

Carissimi Amici,

Ci vuole del coraggio per proclamare Cristo Risorto in questi giorni in cui il terrorismo e l'intolleranza hanno dimensioni nuove.

I fabbricanti di armi e coloro che le usano sono messaggeri di morte.

Coloro che sono testimoni del Risorto sono messaggeri di Vita. Ebbene gli occhi chiari e vispi di questo bambino sono a dirvi: non abbiate paura: "È risuscitato dai morti e ora vi precede in Galilea"

"Non temete, andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno".

La Galilea, terra di incontro di molti popoli alla ricerca del pane per vivere.

La mia lettura è che per vedere il Risorto "dobbiamo fare del posto dove viviamo" un poco di "Galilea", luogo di incontro tra popoli diversi che sono alla ricerca del pane per vivere.

La paura dell'altro ci chiude alla speranza. La paura vuole fermare le invasioni anche a costo di usare la legge "contro di loro" o anche le armi, come qualcuno ha ipotizzato.

Il sorriso di Mridu, come quello di tanti bambini come lui che nel Battesimo anche oggi diventano testimoni del Risorto porti a tutti voi il mio Alleluia Pasquale.

"Pace a Voi" da P.Adolfo

2002

Cronaca veloce...

Dinajpur - aprile

Carissimi amici, se non scrivo qualcosa oggi ho paura che dovrete attendere tempi più lunghi. Dalla notte della Pasqua di Resurrezione ad oggi c’è stato un continuo susseguirsi di avvenimenti mozza fiato. Non vi preoccupate, sono ancora vivo.

Dopo la giornata della Resurrezione: preparazione del 50 esimo di fondazione della Congregazione Santi Rani. Venerdì 5 Aprile trecento tra Suore ed invitati esterni. Presenti Il Nunzio, l’Arcivescovo di Dhaka, il Vescovo Theo ed il Vescovo Moses e quasi 50 Sacerdoti. Celebrazione davanti alla Chiesa per i circa mille presenti. Il giorno dopo un bel dramma preparato dai giovani della parrocchia per l’occasione.

La Domenica 7 è stata dedicata alla ridedicazione della Chiesa di Lalmonirhat. Tre pullman hanno accompagnato il Nunzio ed il Vescovo Moses. La Chiesetta messa a nuovo e piena di luce è stata piena di canti e preghiere. Dopo la celebrazione incontro con le autorità locali: Prefetto, Sindaco ecc., con discussione ed interventi circa come sviluppare questa presenza che parte dal 1940. Era un po' di tempo che il terreno vicino alla chiesa era stato occupato da negozi e bancarelle abusive.

Tornando da Lalmonirhat fermata a Boldipukur. Erano più di cinquanta anni che un Nunzio non si vedeva da queste parti. Accoglienza favolosa, come la sanno fare gli Oraon, celebrazione dell’Annunciazione e poi partenza del Nunzio per il rientro a Dhaka. A me il compito di restare per discutere e pianificare un dispensario che sostituisca quello esistente “vecchio di oltre 50 anni” con uno più decente e funzionale. E poi il Convento e poi.....il Signore vedrà.

Mica finisce qui: il 12-13-14 Aprile: pellegrinaggio Nazionale dei disabili di tre diocesi: circa 340 tra malati e accompagnatori. Allora dal giorno 9 inizia la macchina organizzatrice che mette sottopressione i miei “pupilli” per i servizi di accoglienza, logistica, trasporti e chi più ne ha più ne metta...

Per coronare l’opera dal 9 al 12 abbiamo gli esercizi spirituali dei Padri del Pime a cui non posso mancare.

Il 12, al mio rientro in parrocchia trovo i circa 400 ospiti di tante parrocchie e realtà delle diocesi di Rajshahi e Dinajpur oltre a gruppetti di Khulna e Maymensingh. Non mi sono messo la mani nei capelli...perché non è possibile. Tre giorni pieni di tante cose con l’attenzione al disabile che diventa protagonista. Mangiare, dormire, muoversi sino al Santuario di Rajarampur; posso dire che è stata una cosa da capogiro. Certo che il Signore quando vuole una cosa trova il modo e le persone per farlo. Chondona, Abraham, Lucas, Nirmol, Fr.Raffaele, Br.Francis, Gabriel con l’infermiera Giapponese, le Suore, le infermiere e tanti altri sono stati meravigliosi. Stamani alla Messa di congedo un rosario a tutti per continuare la catena di amore e solidarietà tra noi. Poi partenza per tornare a casa alla quotidianetà con un sorriso nuovo perché Gesù Risorto cammina a fianco a noi e a volte ci prende nelle sue braccia per portarci avanti.

Stasera sono stanco, come la maggior parte di quelli che hanno operato, ma mi sono detto di non andare a letto senza scrivere qualcosa. Le foto ed il resto a giorni.

Grazie dell’amicizia.

Fr.Adolfo

PS. del 18/4 Oggi sono arrivati, da parte della Caritas diocesana di Gaeta, 10.314 Euro: i primi fondi per la Casa di accoglienza P. Manna da parte di 24 Parrocchie della Diocesi di Gaeta. Vi allego una foto di Fr. Cherubim che benedice la "prima pietra" e colgo l'occasione per ringraziarvi anche da parte sua. Vi terrò informati sull'avanzamento dei lavori.

2002

ll tempo vola, il mondo cambia

Dinajpur - 25 maggio

Arrivando nell’ East Pakistan (oggi Bangladesh) in Aprile 1969 alcune “foto” sono rimaste ferme nella mia mente, ed a volte ritornano quasi ad interrogarmi per il futuro.

La prima cosa è l’ondata di caldo afoso che mi tolse il respiro scendendo dall’aereo proveniente da Karachi su una scaletta aeroportuale traballante e vecchia di qualche decennio in un aeroporto piccolo e senza strutture che accoglieva uno o due voli al giorno.

Trascorsi tre giorni in Dhaka, città che allora aveva circa mezzo milione di persone.

Tanta gente per le strade strette e con poco traffico di auto e tanti rickshaw (triciclo per il trasporto di persone). Notai che per strada incontravi solo uomini: nei vari mercati, nei negozi e per strada nemmeno l’ombra di una donna. Eppure c’era tanta gente. Mentalmente feci la considerazione che incontravo solo la metà della popolazione.

Guardando le persone che camminavano sui due bordi della strada ed a volte sui marciapiedi mi misi a contare quanti di loro avevano le scarpe e quanti vestivano, diciamo, all’europea, cioè camicia e pantaloni. Non erano il 10 per cento. Molti erano scalzi completamente.

Non c’era la coca-cola ed il caffè, ma acqua e the. Pochi i giornali in lingua bengalese (forse tre in città) ed due in inglese.

Case basse, molte di stile coloniale inglese. I fabbricati più alti che vidi erano l’albergo per stranieri di 7 piani e alcune banche del centro commerciale a 5 piani.

La densità di popolazione, scoprii poco dopo, in città era di circa 800 persone a Kmq. e metà delle persone che incontravo erano sotto i 15 anni, per cui tanti tanti bambini. Le statistiche dicevano che 72.400.000 erano gli abitanti di questa parte del Pakistan.

Quando lasciai la città per raggiungere la cittadina di Dinajpur distante circa 450 km. viaggiando su una Land Rover con P. Cescato, le foto presenti alla mente sono l’attraversamento dei fiumi con i traghetti (circa 7); i carri di buoi incontrati per strada e la polvere che veniva alzata da loro; la carreggiata della strada principale di circa 3 metri; le poche macchine incontrate; e i due giorni impiegati per giungere a destinazione con un caldo asfissiante. Dopo il taglio del riso di dicembre - gennaio i campi erano senza vegetazione in attesa della pioggia del prossimo giugno. Gli alberi di mango o banana circondavano le case dei villaggi ma dai campi veniva tanta polvere portata dal vento.

Oggi la città di Dhaka ha circa 11 milioni di persone. Oggi la popolazione del Bangladesh supera i 130 milioni di persone, sempre con il fatto dinamico che il 50 per cento sono sotto i 15 anni. Oggi incontri tante donne per strada. Ragazze che lavorano nelle industrie tessili, donne che comperano nei negozi dei mercati. La città ha un traffico tremendo di auto, bus, microbus, taxi, e rickshaw. Una confusione dalla quale solo chi ha guidato a Napoli o a Catania negli anni 70-80 può districarsi.

Fabbricati di 20 e 30 piani in continuo aumento, strade larghe che collegano la capitale con le altre città del paese; un traffico continuo di merci su camion; i carri di buoi sono rari e solo in alcune zone remote. In sei-otto ore copri oggi la distanza da Dhaka a Dinajpur su comodi autobus a volte con aria condizionata.

L’industria tessile che si è sviluppata per la produzione ed esportazione di vestiario in Europa ed USA ha fatto in modo che oggi quasi tutti vestono all’europea, escluse le donne che sfoggiano l’eleganza dei colorati shari.

Puoi bere coca-cola anche in molti dei mercati del Bangladesh.

A Dhaka in molte scuole gli studenti vengono accompagnati dai genitori anche i macchina. Nel periodo degli esami le strade di fronte alle scuole sono piene di familiari che trepidano con gli studenti.

Folla agli aeroporti per parenti ed amici che accompagnano chi parte e chi arriva. L’aeroporto internazionale inaugurato nel 1985 è in continuo ampliamento.

Dovunque vai trovi gente che cammina, che lavora, che si dà da fare per “vivere” la giornata appena iniziata, non in una corsa frenetica, ma in un muoversi di una umanità che ha voglia di vivere. Tanti i giovani che danno il senso della speranza, anche se tante volte i politici per accattivarseli propongono schemi di società dove l’oppressione e l’arrivismo sono proposti come modi vincenti.

Il tempo vola, il mondo cammina e cambia di continuo. Il segno di speranza è quando i ragazzi riescono a cantare, a danzare, ad amare il bello, il buono e quanto di giusto c’è nella vita. Aiutarli in questo è l’invito che viene da Cristo a tutti.

Fr Adolfo

2002

Padre Manna e Beldanga

Dinajpur - 4 agosto

Cari amici, si vede che il P.Paolo Manna ci tiene ad avere il centro di Beldanga per i giovani. Eccovi la cronaca, un poco striminzita in quanto tra appena venti minuti ho la classe di catechismo per i giovanotti del Boarding St.Philip's.

Da una settimana la pioggia, anche se intermittente, ci aveva visitato. Bene per piantare il riso; in alcune zone un poco troppa quando i fiumi che vengono dall'India giungono ingrossati. In altre parti del Bangladesh la situazione è molto peggiore.

Oggi, Venerdì, avevamo stabilito di fare la "gettata di calcestruzzo" per la copertura del piano terra del Centro di Beldanga. Una settimana fa avevo controllato le impalcature, le armature di ferro, il materiale necessario. Ieri, una giornata abbastanza buona dal punto di vista della pioggia, è partito l'O.K. per fare la gettata.

Stamani pronti i sessanta operai, la betoniera, i 10 muratori etc. Ho mandato ieri il Gabriele a dire di iniziare al mattino ed io sarei arrivato in giornata.

Questa mattina sembrava una giornata abbastanza buona, senza nuvole. Dopo la lezione di Catechismo (oggi ho messo sotto l'Arun a guidare la preghiera) con il P.Cherubim decidiamo di andare a Beldanga. Alle 10 inizia a piovere e da Dinajpur a Fulbari 36 km di rovesci d'acqua da non dire, ma alternati a schiarite. In cuor mio mi sono detto "Se P.Manna non ci mette le mani, oggi salta tutto". Con una pioggia simile addio "gettata di calcestruzzo".

Ad un chilometro da Beldanga termina la pioggia e arrivati sul posto del centro la zona è circondata da nuvoloni neri, ma niente pioggia. Poi un certo venticello sembra respingere verso sud i nuvoloni più minacciosi. Alla fine viene fuori ogni tanto il sole a sbirciare e quasi a controllare se andiamo bene o meno.

A farla breve sino alle una neppure una goccia di pioggia. Poi facciamo interruzione per la preghiera del pomeriggio (parte degli operai sono mussulmani) e mangiare qualcosa. Si riprende e si andrà avanti sino alle sette di sera. P.Cherubim parte per Dhanjuri ed io rientro a Dinajpur.

Sulla via del ritorno pregando col rosario ho detto grazie dal profondo del mio cuore a Maria e a P.Manna.

Vi invio qualche foto dei lavori di questa giornata e il disegno della divisione del piano terra con due stanze per studio e dormitorio, ed una stanza per chi dirige la "baracca".

Ci sono tutte le premesse che questa realizzazione potrà, col vostro aiuto ma soprattutto con quello di P. Manna, essere completata al più presto.

Un grazie ed una preghiera.

Fr.Adolfo

2002

Mani...

Dinajpur - 4 agosto - Santo Curato D’Ars

Miei cari amici,

Bruno mi “tampona” perché io scriva qualcosa dal Bangladesh, e mi ritrovo sempre con un forte mal di testa. Avrei tante cose da dire e quando sono con le dita sulla tastiera per scrivere le parole non vengono, le idee si accavallano. Con la comunicazione globale il tempo per riflettere su quanto è importante dirsi è sempre di meno: notizie da Gaeta, da Milano, da Novi Ligure, dal Congo, dal Canada, dalla Corea, dall’India e.....via di seguito. Mi metto le mani nei capelli ( ne sono rimasti ben pochi ) !!!

Qualche settimana fa, distribuendo l’Eucarestia ai miei ragazzi guardavo le loro mani. Qui in Bangladesh chi distribuisce l’Eucarestia la pone nelle mani del comunicando.

Ho notato che le mani di alcuni di loro avevano il segno della scabbia. Alla mente sono apparse le mie mani quando, durante e dopo l’ultima guerra mondiale, avevano gli stessi segni con una grande debolezza addosso. Chiamato il responsabile dei ragazzi ho chiesto di provvedere subito e di utilizzare acqua calda per lavare i panni.

I giorni seguenti ho osservato con più attenzione le mani di coloro che venivano a ricevere l’Eucarestia. Mani callose, quelle dei giovani e degli uomini; mani screpolate dal fuoco e dal lavoro quelle delle ragazzi e delle donne. Mani rugose quelle degli anziani. Mani pulite ma non belle o affusolate, mani operose segno della “fatica e del lavoro umano” : parole che accompagnano l’offerta all’Eucarestia.

Girando per i villaggi o la città ho guardato le mani dei ragazzi che spaccano i mattoni o le pietre per fare il pietrisco per il cemento armato o per la pavimentazione stradale; le mani degli adolescenti delle molte officine meccaniche dove si riparano le macchine: dal camion al trattore. Quelle bruciacchiate dei ragazzi o giovani saldatori che lavorano sino a notte tarda, o le mani giovani di tanti che preparano il cibo nei molti “ristoranti” sparsi per le strade delle città. Mani operose di donne che lavano i panni al fiume o al “pukur” o davanti a casa battendo con forza i panni su qualcosa di solido: legno o pietra.

In questi giorni saranno centinaia di migliaia le mani impegnate al trapianto del riso: piedi nel fango, il corpo curvo per 8-10 ore sotto il sole e le mani che pongono “a dimora” le piantine per assicurarsi il cibo di domani, pregando che non piova “troppo” e che l’acqua necessaria non diventi “alluvione” che distrugge il lavoro di oggi.

Il Salmo mi aiuta a pregare “ Apri la tua mano, Signore, e sazia ogni vivente”(Sal. 144)

“Sia su di noi la bontà del Signore, nostro Dio; rafforza per noi l’opera delle nostre mani, l’opera delle nostre mani rafforza” (Sal.90)

Le mani dei bambini sono “multicolori”, specie di quelli che iniziano ad usare la matita o la penna, e “vivaci” in quanto toccano tutto e in modo rapidissimo.

Mani che implorano sono quelle dei “mendicanti” che in città, specie a Dhaka, sono in continuo aumento ai vari crocicchi delle strade in un traffico sempre più caotico. Mani che battono ai vetri delle macchine per attirare l’attenzione e poter ricevere qualcosa.

Mani leste che ti alleggeriscono di quello che hai in tasca senza che tu te ne possa accorgere, cosa che avviene anche sui mezzi pubblici in Italia o in America.

Le mani dei malati che stringono la tua come per avere un sostegno, una forza nuova per superare il momento di dolore, o che ricevono conforto perché la tua mano diventa un discorso senza parole o suoni. La mano di Cecilia ti stringe e ti ispira, ti dà forza nel guardare il suo coraggio nell’accettare la sua situazione e ti fa sentire meschino nel tuo non accettare tante mani che implorano qualcosa.

Gesù ridiede la figlia morta al papà:“...le prese la mano e la fanciulla si alzò. (Mt. 9,25)

Mani gioiose sono quelle delle ragazze che danzano: ogni movimento, ogni gesto ha il suo messaggio. Impiegano ore per prepararsi e minuti per dare il loro messaggio. Mani intrecciate sono quelle delle ragazze tribali che danzano in gruppo per ore nei villaggi, al suono dei tamburi. Segno di una solidarietà nella vita di ogni giorno.

Infine ci sono i moncherini dei lebbrosi, dei ragazzi e giovani con arti amputati per le mine “anti-uomo” sparse in tanti paesi per guerre “finite” o ancora in corso . Parlano di loro i centri di riabilitazione in Cambogia, in Afghanistan , in Congo etc.

Anche a Gaeta facemmo l’esperienza dello “sminamento” della spiaggia di Serapo e della zona di Vindicio dal 1945 al 1950. Vita difficile per alcuni, che a volte terminava con un forte boato. Poi c’erano i furbi che mettevano il cartello “zona minata” vicino a case che dovevano “visitare e pulire” prima del ritorno dei legittimi proprietari. (Scusate la divagazione).

Se non sbaglio si pensa di prendere le impronte digitali degli immigrati in Italia per arrivare ad un controllo dell’immigrazione. A parte il fatto che chiudere frontiere ed alzare muri è negare l’incontro, per me è anche andare contro la storia. In Bangladesh in questi giorni sono in migliaia che rientrano buttati fuori dalla Malesia, dal Medio Oriente o dall’Europa. So che il problema non si può risolvere con una battuta. Tante mani che desiderano operare per vivere. Ma è difficile cogliere la dimensione storica attuale del “date loro voi stessi da mangiare” (Mc. 14,15).

Un gruppo di giovani sfilando in corteo a Dhaka gridava : “vogliamo un mondo senza visa”. Spero che sia una profezia per un domani nuovo.

Di impronte digitali qui in Bangladesh ne puoi avere quante ne vuoi. Per tanti lavori la ricevuta “fiscale” è una lista di nomi scritti dal capo operaio con a fianco l’impronta del pollice di chi ha ricevuto il danaro. Facendo la supervisione di qualche progetto di scavo sono rimasto impressionato trovandomi di fronte a migliaia di fogli pieni di impronte digitali. Certo che ancora non si è inventato un sistema “normale” per il controllo delle impronte digitali. Esiste solo quello per il settore criminale.

Resto sempre un grande illuso e preferisco perdere tante ore della mia giornata per aiutare dei giovani a credere positivamente in quello che fanno o possono fare con le loro mani.. “Siate sale della terra e luce del mondo

L’altra via resta sempre quella dove bisogna farsi strada a spallate e con soprusi in cui ci rimette sempre il più debole.

Nel mondo non ci sono due impronte digitali uguali. Lo ripeto ai bambini quando leggo loro i segni della mano. È un gioco che aiuta a fare amicizia. Le impronte della mano sono un “dono personale” del Creatore per un disegno d’Amore. Forse per riconoscerci ?

Gesù ha beneficato tanti usando le sue mani. Continua a beneficare noi nella Eucarestia perché rinnoviamo il Suo atto d’Amore pregando “ La vigilia della Sua passione Egli prese il pane nelle sue mani sante e venerabili.... “ spezzò il pane, lo diede ai suoi discepoli..

Le Sue mani furono trafitte dai chiodi.

Risorto si fa riconoscere “ Metti qua il dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente! Rispose Tommaso “Mio Signore e mio Dio”( Gv.20,27)

Ringrazio il Signore per il dono delle mani: le mie, le vostre, quelle di tutti. Io da adolescente avrei voluto usarle anche per suonare il piano, ma non ebbi il coraggio di trascorrere ore ed ore per “studiare”. Io volevo “strimpellare” per fare colpo.... Oggi, quando devo far cantare i ragazzi devo sempre chiamare qualcuno ( Chandona, Regina, Prince, ..) che sappia suonare l’armonium o la tobla o la chitarra. Grazie anche per questo. Le vostre mani suppliscono dove le mie falliscono. Diamoci allora la mano ed insieme continuiamo ad operare per un mondo più vivibile. Grazie e buone vacanze.

Fr.Adolfo

2002

Lettera agli amici

Dinajpur - 11 agosto - Santa Chiara

Miei cari amici,

l’Eucarestia è sempre stata il centro della Chiesa, il Sacramento della presenza reale di Cristo tra noi. A volte capita a noi poveri mortali di non capire, di credere ma non vedere, di partecipare ed essere testimoni di un mistero di Amore di un Dio che redime l’umanità in modo sempre nuovo.

Per televisione in parte ho seguito l’Eucarestia del Papa a Toronto, le sue parole, i canti dei giovani bagnati dalla pioggia ed asciugati dal sole.

Ogni domenica, qui a Dinajpur, dopo la celebrazione per la comunità in Cattedrale celebriamo l’Eucarestia da Cecilia, nella sua piccola stanza.

Nelle ultime settimane le condizioni di Cecilia sono peggiorate e sono aumentati i dolori. Il Vescovo Theo, ausiliare di Dhaka, che ha seguito per anni Cecilia nella sua sofferenza quando era Vescovo di Dinajpur, è voluto venire a trovarla domenica 11 Agosto. È giunto a mezzanotte da Dhaka per ripartire alle 10 del mattino per Jessore. Alle 8,30 abbiamo celebrato l’Eucarestia nella piccola stanza della sofferenza. C’erano anche Sr. Gabriella, giovane ed intelligente Suora di Santi Rani che ha perso la vista a causa del diabete; Sr. Virginia convalescente da un intervento chirurgico, l’anziana Sr.Agnese che visita giornalmente Cecilia, Elena: l’infermiera che è vicino a Cecilia 24 ore su 24, i ragazzi Roki, sua sorella Nichi e Maria che vengono a tenere compagnia a Cecilia nei momenti liberi.

Durante la celebrazione, che doveva terminare al più presto per dare tempo al Vescovo di andare a prendere l’autobus per il viaggio per Jessore, abbiamo pensato e pregato per la Chiesa.

Ringraziamento, offerta, sacrificio: morte e Resurrezione di Cristo, messaggio di salvezza per l’umanità. Umanità che si muove in modo vertiginoso, che diminuisce distanze tra luoghi e si muove alla conquista dello spazio; ma che anche alza muri tra persone e popoli. Cecilia paralizzata, cosciente della sua sofferenza, si pone ogni giorno nelle mani di Dio per la Chiesa e per le tante persone che si rivolgono a lei: il suo dolore si fa Eucarestia.

Anche Suor Gabriella, che sognava impegni di insegnamento e di lavoro apostolico data la sua preparazione ed intelligenza, diventa offerta di “non vedente” per una umanità che tante volte chiude gli occhi per non vedere e non volersi far carico di situazioni difficili. “Hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non sentono”.

Suor Virginia, intraprendente in mille attività, immobilizzata per una operazione abbastanza seria. Il suo è farsi Eucarestia nella Chiesa per tante persone che si muovono, si danno da fare, non si fermano mai.

L’essere Eucarestia di Elena, che segue Cecilia con amore e discrezione da tanti anni, che serve in silenzio una persona paralizzata a cui vuol bene, segno che nella Chiesa ci sono oggi migliaia e migliaia di donne e uomini che seguono con amore persone care, sole, anziane, bisognose di tutto ma specie di amore e di attenzione.

Allora “Questo è il mio corpo" ha un senso dinamico ed attuale. Mi assiste la fede perché certe cose, da buon tecnico-dinamico più ci ragiono e meno le capisco.

Al termine dell’Eucarestia Cecilia invita tutti a pregare: “Anima di Cristo santificami; Corpo di Cristo salvami; Sangue di Cristo inebriami; Acqua del costato di Cristo lavami; Passione di Cristo confortami; O buon Gesù esaudiscimi; nelle Tue piaghe nascondimi; non permettere che mi separi da te; difendimi dal maligno; nell’ora della morte chiamami; fammi venire da te per lodarti con tutti Santi per sempre”.

Riprendo a scrivervi dopo qualche giorno. Ieri sono andato a Rajarampur per meditare e pregare. Silenzio e bellezza della natura che ti ispira. Vorrei essere un poco poeta come D. Cesare, allora certo verrebbe fuori qualcosa di bello. Il punto è che non sono un poeta ma in questo Santuario del Rosario, con la sua pace ed i suoi tramonti infuocati, mi sembra di vedere ancora Padre Pesce e di sentire le sue poesie. Lo scorso anno di questi tempi qualche centinaio dei miei marmocchi aveva sconvolto questa pace in una giornata di gioia a cui aveva partecipato D. Cesare e Mons. Moses.

Uomini e donne curvi per trapiantare il riso con i piedi nell'acqua ed il sole che picchia ti fanno però passare dalla poesia alla realtà. La sera le donne, stanche vengono in Santuario a pregare con almeno un bambino in braccio e due attaccati allo shari. Recitando il rosario insieme si vuole ringraziare, e chiedere di poter riposare per ricominciare domani. Gli uomini sono andati a "fare la spesa". Fra poco a casa a preparare la cena e poi scenderà il sonno, se i marmocchi, stanchi anche loro, non avranno altre pretese. Mi sento un privilegiato. Per il resto il paese è in fase di attesa politica. Le cose non sono chiare. Non finisce la violenza che ogni giorno si ripropone in modo nuovo. Si nota un senso di sfiducia generalizzata ma non si sa in chi o cosa. Qui a Dinajpur abbiamo migliaia di persone che vengono da altre zone del paese e che con quattro lamiere e qualche bambù si fanno la "casa" al bordo della strada o della ferrovia, e arrangiandosi in mille mestieri trascorrono la giornata. Ogni tanto " l'autorità " fa pulizia per allargare la strada ed allora sono in migliaia che si spostano in cerca di un " pezzo di terra " dove poter stare. In contrasto vedi sorgere sempre di più case in muratura a due-tre-cinque piani. Aumentano anche le recinzioni in muratura delle proprietà. Sono segni che la gente desidera un cambiamento in meglio ....oppure è un sognare una società nuova ? Dovremmo fermarci e studiare...ma mi sento avanti negli anni. Ed allora ? Continuo a sperare nelle nuove generazioni.

Un caro saluto a tutti.

Fr. Adolfo

2002

Natale

Dinajpur - 8 dicembre

Carissimi Amici,

sono diversi giorni che mi siedo davanti al computer per inviarvi il mio pensiero ed augurio per questo Natale, ma ho rinunziato.

Lo scrutare il cielo stellato dovrebbe aiutare, ma tante volte le notizie del mondo di oggi fatte di violenze in atto, di minacce di guerra, di situazione di tensione per il posto di lavoro, di attentati alla pace familiare e personale; e i pensieri che si accavallano nel non poter risolvere situazioni di ingiustizia e di sopruso non fanno gustare la bellezza del cielo che dovrebbe annunziare la "Pace in terra agli uomini di buona volonta'".

Guardiamo insieme alcune foto per crescere nella speranza:


1. Questa capanna del presepe fatta dai miei "gioielli' somiglia alle migliaia di "rifugi" che si trovano negli slum del Bangladesh e in altri paesi.

"Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perche' non c'era posto per loro nell'albergo" (Lc.2;7)





2. Gesu' nasce perche' ognuno che viene alla vita scopra il sorriso, l'affetto e la famiglia.

"Venne fra la sua gente ma i suoi non l'hanno accolto" (Gv.1,11)

3. Lui nasce per aiutare noi a crescere nella verita' e nella solidarieta'

"Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo" (Gv. 1;9)


4. Chi crede in Lui scopre e porta la gioia che e' forza di vivere con gli altri.

Incontro, rispetto, dialogo.

" A quanti pero' l'hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio" (Gv.1;12)

"E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv. 1;14)


5. E tanti sono quelli che aspettano il sorriso, la solidarieta' ed un mondo od una vita migliore.

"Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo". (Mat. 28;20)

Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli piu' piccoli, l'avete fatto a me." (Mat 25; 40)

L'augurio di Pace e di Bene a ciascuno di voi ed a tutti quelli a voi cari.

Fr.Adolfo

2003

2003

Lettera di Mons Bowman

Dinajpur- 2 febbraio Giorno della presentazione al tempio di Ns. Signore, “Luce delle Nazioni”

Ricevo da Sr. Ornella e inoltro a voi, cari Amici, una Lettera del Vescovo Bowman (Florida) al Presidente Bush, in quanto mi ritrovo nell’analisi della situazione politica di questo momento storico e nel suggerimento di operare per costruire la pace.

È necessaria una CONVERSIONE da molte parti nel mondo, basata sulla verità e non sulla propaganda o sul fanatismo, e la conversione è un fatto interiore e personale.

Prego e faccio implorare la conversione perché venga costruita la pace basata sul rispetto della persona, sulla giustizia e sulla libertà. Papa Giovanni Paolo II continua a sollecitare gli attuali responsabili politici a fare passi di pace.

In amicizia per un mondo nuovo, vostro

Fr.Adolfo


"NOI STATUNITENSI SIAMO BERSAGLIO DEL TERRORISMO PERCHÉ SOSTENIAMO TUTTE LE DITTATURE "

Durissima lettera a Bush di mons. Bowman, vescovo in Florida

Racconti la verità al popolo, signor Presidente, sul terrorismo

Se le illusioni riguardo al terrorismo non saranno disfatte, la minaccia continuerà fino a distruggerci completamente. La verità è che nessuna delle nostre migliaia di armi nucleari può proteggerci da queste minacce. Nessun sistema di Guerre Stellari (non importa quanto siano tecnologicamente avanzate né quanti miliardi di dollari vengano buttati via con esse) potrà proteggerci da un'arma nucleare portata qui su una barca, un aereo, una valigia o un'auto affittata. Nessuna arma del nostro vasto arsenale, nemmeno un centesimo dei 270 miliardi di dollari spesi ogni anno nel cosiddetto "sistema di difesa" può evitare una bomba terrorista. Questo è un fatto militare. Signor Presidente, lei non ha raccontato al popolo americano la verità sul perché siamo bersaglio del terrorismo quando ha spiegato perché avremmo bombardato l'Afghanistan e il Sudan. Lei ha detto che siamo bersaglio del terrorismo perché difendiamo la democrazia, la libertà e i diritti umani nel mondo. Che assurdo, signor Presidente! Siamo bersaglio dei terroristi perché, nella maggior parte del mondo, il nostro governo difende la dittatura, la schiavitù e lo sfruttamento umano. Siamo bersaglio dei terroristi perché siamo odiati. E siamo odiati perché il nostro governo ha fatto cose odiose. In quanti Paesi, agenti del nostro governo hanno deposto dirigenti eletti dal popolo, sostituendoli con militari-dittatori, marionette desiderose di vendere il loro popolo a corporazioni americane multinazionali? Abbiamo fatto questo in Iran quando i marines e la Cia deposero Mussadegh perché aveva intenzione di nazionalizzare il petrolio. Lo sostituimmo con lo scià Reza Pahlevi e armammo, allenammo e pagammo la sua odiata guardia nazionale Savak, che schiavizzò e brutalizzò il popolo iraniano per proteggere l'interesse finanziario delle nostre compagnie di petrolio. Dopo questo sarà difficile immaginare che in Iran ci siano persone che ci odiano?

Abbiamo fatto questo in Cile. Abbiamo fatto questo in Vietnam. Più recentemente, abbiamo tentato di farlo in Iraq. E, è chiaro, quante volte abbiamo fatto questo in Nicaragua e nelle altre Repubbliche dell'America Latina? Una volta dopo l'altra, abbiamo destituito dirigenti popolari che volevano che le ricchezze della loro terra fossero divise tra il popolo che le ha prodotte. Noi li abbiamo sostituiti con tiranni assassini che avrebbero venduto il proprio popolo per ingrassare i loro conti correnti privati attraverso il pagamento di abbondanti tangenti affinché la ricchezza della loro terra potesse essere presa da imprese come la Sugar, United Fruits Company, Folgers e via dicendo. Di Paese in Paese, il nostro governo ha distrutto la democrazia, soffocato la libertà e calpestato i diritti umani.

È per questo che siamo odiati intorno al mondo. Ed è per questo che siamo bersaglio dei terroristi. Il popolo canadese gode di democrazia, di libertà e diritti umani, così come quello della Norvegia e Svezia. Lei ha sentito mai dire che un'ambasciata canadese, svedese o norvegese siano state bombardate? Noi non siamo odiati perché pratichiamo la democrazia, la libertà e i diritti umani. Noi siamo odiati perché il nostro governo nega queste cose ai popoli dei Paesi del terzo mondo, le cui risorse fanno gola alle nostre corporazioni multinazionali. Quest'odio che abbiamo seminato si ritorce contro di noi per spaventarci sotto forma di terrorismo e, in futuro, terrorismo nucleare.

Una volta detta la verità sul perché dell'esistenza della minaccia e della sua comprensione, la soluzione diventa ovvia. Noi dobbiamo cambiare le nostre pratiche. Liberarci delle nostre armi (unilateralmente, se necessario) migliorerà la nostra sicurezza. Cambiare in modo drastico la nostra politica estera la renderà sicura. Invece di mandare i nostri figli e figlie in giro per il mondo per uccidere arabi in modo che possiamo avere il petrolio che esiste sotto la loro sabbia, dovremmo mandarli a ricostruire le loro infrastrutture, fornire acqua pulita e alimentare bambini affamati. Invece di continuare a uccidere migliaia di bambini iracheni tutti i giorni con le nostre sanzioni economiche, dovremmo aiutare gli iracheni a ricostruire le loro centrali elettriche, le stazioni di trattamento delle acque, i loro ospedali e tutte le altre cose che abbiamo distrutto e abbiamo impedito di ricostruire con le sanzioni economiche. Invece di allenare terroristi e squadroni della morte, dovremmo chiudere la nostra Scuola delle Americhe.

Invece di sostenere la ribellione e la destabilizzazione, l'assassinio e il terrore in giro per il mondo, dovremmo abolire la Cia e dare il denaro speso da essa ad agenzie di assistenza. Riassumendo, dovremmo essere buoni invece che cattivi. Chi tenterebbe di trattenerci? Chi ci odierebbe?

Chi vorrebbe bombardarci?

Questa è la verità, signor Presidente. È questo che il popolo americano ha bisogno di ascoltare.

Mons. Bowman, vescovo in Florida

(abbiamo poi scoperto che non si tratta di un vescovo cattolico NDR)

2003

Santa Pasqua di Resurrezione

Dinajpur - 13 aprile

In questo momento di tensione internazionale mi è molto difficile parlare o scrivere per i conflitti interiori che vengono generati da scelte di persone con responsabilità politiche mondiali. È una vera sofferenza e si vive nella speranza che il Signore di tutte le genti ci metta le mani. L’unica arma che hanno coloro che vivono nella Fede è la preghiera, incontro con Dio nella Speranza e nell’Amore.

Comunque, poiché camminiamo verso la Pasqua mi sono proposto una riflessione sull’amicizia, in quanto Gesù, dice S.Paolo, “ci ha voluto riconciliare per mezzo della Croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia”. I veri amici vedono i tuoi errori e ti avvertono. I falsi amici vedono I tuoi errori e li fanno notare agli altri. Questa frase è di un settimanale tedesco.

Mark Twain, nel suo romanzo “seguendo L’Equatore” proponeva “Ci vogliono il tuo nemico e il tuo amico insieme per colpirti al cuore: il primo per calunniarti, il secondo per venirtelo a dire”.

Nel rapporto di amicizia si intrecciano tanti elementi : la sincerità ma anche la delicatezza, la verità ma anche l’affetto, la confidenza ma anche il rispetto.

Quando si ha la fortuna di incontrare una simile presenza nella nostra vita è necessario coltivarla, curarla, tutelarla perché, come tutte le realtà autentiche – essa è delicata e può incrinarsi, ferirsi e dissolversi.

La Bibbia ci ricorda che avere un amico è come possedere un tesoro. “Per un amico fedele non c’è prezzo, non c’è peso per il suo valore” (Siracide 6,15)

L’amicizia è, infatti, un prezioso tessuto di familiarità, affinità, intimità, affiatamento, affetto, simpatia, stima, benevolenza, pace, confidenza….

Provate ad aggiungere aggettivi che provengano dalla esperienza della vostra vita e forse non riuscirete a terminare una lunga lista.

Il Vangelo propone l’amicizia come rapporto tra persone e Gesù. Alcuni facili a ricordare: Lazzaro, Pietro Marta, Maria, lo stesso Giuda.

“Non vi chiamo servi ma amici” .

“Amico, con un bacio tradisci il figlio dell’uomo?”

“In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici; prima infatti c’era inimicizia tra loro.” (Luc. 23, 12)

In questi ultimi anni alcuni Amici mi hanno lasciato per ricevere la ricompensa promessa agli amici: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare, Avevo sete e mi avete dato da bere, ero malato e mi avete curato….”. Tra questi c’è P.Faustino Cescato. Conseguenza della sua dipartita, riportata anche dall’amico Bruno su Banglanews, è stata che il Vescovo mi ha dato la responsabilità del lavoro per i lebbrosi. Il mio è un rientro in questo lavoro e mi fa fatto ritrovare amici che ho conosciuto 30 anni fa, al mio arrivo in Bangladesh per lavorare per loro a Dhanjuri.

Ecco il perché della foto che vi accludo. Quello seduto alla mia destra è il “vecchio” amico; gli altri due sono “nuovi” amici.

È bello ed è segno di resurrezione quando si è impegnati nel dare speranza nel domani ed il desiderio che un futuro non ci siano più persone che abbiano questa sofferenza.

“Allora venne a lui un lebbroso; lo supplicava in ginocchio e gli diceva “Se vuoi, puoi guarirmi !”. Mosso a compassione Gesù stese la mano, lo toccò e gli disse: “Lo voglio, guarisci!”. Subito la lebbra scomparve ed egli guarì. (Mc. 1, 40-41)

La resurrezione è sempre una avvenimento della restaurazione della integrità personale e sociale di persone. La lebbra è nel contesto medico, ma ci sono “lebbrosi” che vivono in contesto di “non amicizia”, di confronto di potere, disuguaglianza o prepotenza. Cerchiamo di sederci accanto a loro per aiutarli a superare sé stessi. Alleluia !

Fr.Adolfo

2003

Bambini, dono prezioso

Dinajpur - 18 maggio

È Pasqua di Resurrezione. Quest’anno la ho celebrata a Rajarampur. Per ragioni di sicurezza abbiamo iniziato la celebrazione del Sabato Santo alle sette di sera. Qualcuno aveva minacciato di far saltare il Santuario. Quello che mi colpisce in questi giorni è il grande numero di bambini presenti alle funzioni. Anche stasera si entra in Chiesa seguendo il Cero Pasquale con la candela accesa in mano. “Luce di Cristo”. Tutti, anche i più piccoli, con la loro candelina per ascoltare l’annunzio della Pasqua che P. Joseph proclama con voce chiara. In Chiesa la metà sono bambini, penso dai cinque anni in su. I più piccoli sono in

braccio alle mamme, e qualcuno scorazza avanti ed indietro senza disturbare più di tanto la preghiera. Da un lato c’è il gruppo che riceverà il battesimo questa notte. Sono in sette che dormono in braccio alle loro mamme in attesa di ricevere il lavacro che li genera alla nuova vita in Cristo. “Cosa chiedete per il vostro bambino alla Chiesa di Cristo? :”La Fede”. “Rosa Maria io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.

Guardo gli occhi dei bambini. Scrutano attenti ogni cosa e ogni movimento quasi a voler imprimere tutto nella mente. Il cero Pasquale, l’acqua appena benedetta, il Sacerdote che battezza e prega, genitori e padrini che chiedono e rispondono a nome del piccolo direttamente interessato.

Durante la cerimonia noto che Carmela in braccio alla mamma non ha “una bella cera”. Domando e mi dicono che sta male da dopo la nascita. Riceve il battesimo. Tornata a casa a mezzanotte entra nel Regno.

Domenica di Pasqua il vescovo darà il battesimo a 55 adulti e bambini del villaggio di Matashagar. Aspettano da anni questo momento e Sr. Assunta e Sr. Teresa, loro catechiste, avranno gli occhi lucidi.

Mi sono distratto e tornato indietro di qualche giorno. “Sono centoundici, questo mese” mi dice Sr. Sandra, responsabile del reparto maternità dell’Ospedale St.Vincent’s di Dinajpur. Sostituendo per tre mesi il direttore dell’Ospedale, all’inizio di ogni mese la Suora mi informa sui dati ultimi del mese trascorso. Centoundici nati in trenta giorni. Dietro ogni nascita c’è la sofferenza della mamma, l’ansia del papà, l’attesa e la trepidazione di parenti o amici. È uguale per tutti, poveri o ricchi. L’unica differenza è nei segni esterni che accompagnano la nascita di lui o di lei. La differenza tra i miei bambini e quelli nati in Europa è sul peso. Due chili è la media. Ma miglioriamo anche in questo. Qualcuna giunge ai tre chili e a volte superiamo questo dato. Siamo bravi.

La foto del battesimo può parlare da sola.

A proposito un augurio lungo cinquanta giorni per il giorno più lungo dell’anno : la Pasqua di Cristo.

Fr.Adolfo

2003

Il disastro degli esami di stato

Dinajpur - 10 agosto

Carissimi Amici,

È stato un vero disastro !!! Ci sono i disastri naturali e quelli operati dagli uomini. Quest’anno tra i veri disastri in Bangladesh sono stati gli esami di stato. Non posso non parlare dell’ultimo, anche se sui giornali è stata notizia di un giorno e basta, mentre l’alluvione presente o futura è notizia di ogni giorno.

L’esame del “matric” o SSC (Secondary School Certificate) è l’esame che i giovani affrontano dopo 10 anni di scuola ( 5 anni di scuola primaria e 5 di scuola secondaria). Dovrebbe essere affrontato tra 15 e 17 anni di età, ma è molto difficile stabilire l’età dei ragazzi quando manca un’anagrafe.

Comunque : Ecco il fatto.

Il Bangladesh ha oggi “circa” 136.000.000 di abitanti stipati in un’area di 147.570 Km2.

Stipate 921 persone per Km2.

Nel censimento svolto il 1991 (dodici anni fa) la popolazione censita era di 111.455.185 persone.

Secondo i dati dell’ultimo censimento la popolazione di età scolastica tra 5 ed 15 risultava di 28.000.000 circa.

Facendo una media dei dieci anni risulta che i giovani che sono nella fascia di esame sarebbero circa 2.450.000.

Gli studenti che si sono presentati agli esami, secondo i dati Governativi è stato di 921.024 e solo 330.776 hanno superato gli esami. Questo rappresenta solo il 13,50 per cento della fascia di popolazione interessata.

La percentuale dei promossi a questi esami diminuisce ogni anno. Lo giustificano dicendo che gli esami sono seri e d’altra parte tutti scrivono che il livello o standard dell’educazione diminuisce ogni anno.

Questo significa che tra dieci anni la classe dirigente del Bangladesh sarà diminuita rispetto a quella di oggi con la conseguenza che l’istruzione continuerà a dare il potere economico e politico ad una minoranza, come è oggi.

D’altra parte il sistema politico-economico capitalista di oggi trova utile questa selezione umana dando possibilità di studio ad una minoranza. Non per niente i migliori risultati di questi esami si sono avuti in scuole di città (Dhaka, Chittagong, Jessore) dove solo un’elite ha la possibilità di frequentare.

È un disastro umano che mette sul mercato del Bangladesh circa 600.000 giovani frustrati e fornisce 1.500.000 circa forza lavoro senza istruzione che è la nuova massa di schiavi di questo periodo di benessere a “coppa di champagne”. Dove il 20% delle popolazione gode dell’82 % circa della ricchezza, lasciando il resto… ai poveri, secondo il celebre grafico dell’ UNDP (United Nations Development Programme) del 1999.

Miei cari amici scusatemi se vi scrivo questo nel periodo delle vacanze, anche perché so che diversi di voi utilizzano il tempo delle vacanze con impegni che tendono a modificare situazioni di ingiustizia o al servizio dei più sfortunati. Siete magnifici !!

Penso di ritornare sull’argomento in quanto per me è importante affrontare questo disastro.

Nel mentre vi chiedo di pregare per operare dando speranza a coloro che sono senza speranza. Grazie.

Fr.Adolfo

2003

Il Trattore

7 settembre

Giorni fa e venuto da me Ignazio. Ora ha quasi ventidue anni e la famiglia pensa di farlo sposare. Ha avuto una infanzia abbastanza tormentata a causa dei genitori, ed è uno di quei ragazzi che “si fanno da sé”. A dodici anni, quando l’ho conosciuto, frequentava la terza elementare ed era uno spilungone di uno che decise ad un certo punto di lasciare la scuola. A dodici anni andare a scuola con quelli più piccoli cominciava ad essere un problema. Allora lasciamo la scuola e cerchiamo un lavoro… Mi interessai e per un paio di anni aiutava un elettricista ma non sapendo bene leggere e scrivere complicava le cose e dopo due anni era di nuovo in cerca di qualcosa.

Per un poco di tempo ne persi le tracce perché andò a lavorare con il padre. Ora la mamma mi porta la notizia che hanno deciso di farlo sposare. Lo chiamo per avere il suo parere, ( qui la maggior parte delle volte sono i genitori a fissare il matrimonio) , e vedere se è libero nella scelta.

“Mi sta bene così”, è la risposta. Gli faccio notare che è tanto tempo che non lo vedo in Parrocchia e tanto meno in Chiesa. Vengo a sapere che lavora come “autista” di un trattore. Rimango scettico dicendo che non può avere la patente uno che ha studiato sino alle terza elementare. La risposta è che lui l’ha “comprata” e fino a quando niente avviene lui lavora. Comincia la mattina alle sette e va avanti sino alle dieci di sera ( o notte). Per questo non ha tempo per venire in parrocchia o in Chiesa, anche perché deve lavorare anche la Domenica.

Io ascolto senza commentare e penso ai tanti ragazzi che come lui sono avviati al lavoro da una sistema scolastico staccato dalla realtà della vita del Bangladesh di oggi.

Ho pensato ad Andrea che è stato fortunato perché ha fatto tre anni alla Novara Technical School ed ora è Dhaka per un periodo di esperienza e poi troverà lavoro. Lui aveva la terza media quando è stato ammesso alla scuola tecnica. Ce ne vorrebbero tante di scuole come quella !!! Ma con la terza elementare……..

Dopo l’incontro con Ignazio passa una settimana e di nuovo ho la visita della mamma che piangendo mi mostra le carte di una multa data ad Ignazio dalla polizia che lo ha preso ad un controllo. Multa e presentarsi dal magistrato.. Cosa fare ? Vedere con l’avvocato come uscire con il meno danno possibile.

Penso al “Disastro” di questo anno di cui vi ho parlato in Banglanews081. Quanti come Ignazio devono pagare multe ad una società che non li aiuta ad inserirsi nel lavoro, a dare soldi agli avvocati per uscire da situazioni difficili, a continuare a lavorare senza un minimo di sicurezza e di tranquillità. Penso alla sua futura famiglia. Cosa fare ?

Forse Santa Rita, santa degli impossibili, ci metterà le mani. Lo spero di tutto cuore.

Fr.Adolfo

2003

Padre Adolfo a Itri

30 novembre

Convegno Parrocchiale di Tommaso Marciano

La Parrocchia San Michele Arcangelo di Itri, in collaborazione con il Gruppo Giustizia e Pace e la Caritas parrocchiale, ha organizzato un convegno a Itri sul tema “Il rispetto dei diritti umani nel rapporto tra il Nord e il Sud del mondo”

L’incontro si è svolto il 1° novembre presso l’aula polivalente della scuola elementare e ha avuto come ospite e relatore di eccezione il nostro Padre Adolfo L’Imperio. Moderatrice la Prof.ssa Maria Giovanna Ruggieri, responsabile della Commissione Giustizia e Pace della Parrocchia.

Padre Adolfo, oltre a portare la sua testimonianza dei trent’anni trascorsi nelle missioni del Bangladesh, si è soffermato sui problemi che affliggono i Paesi più poveri: la fame, le guerre e soprattutto la mancanza di istruzione delle nuove generazioni. I giovani sono la speranza del futuro di queste nazioni. La mortalità ancora alta, lo stato sociale e la forte disoccupazione sono i mali che affliggono i Paesi poveri del nostro pianeta. Sono questi alcuni punti toccati dall’articolata relazione di P. Adolfo.

La relazione di P. Adolfo è stata particolarmente seguita dal numeroso pubblico presente, che ha partecipato successivamente a un interessante dibattito.

Il convegno si è chiuso con i saluti e i ringraziamenti del Parroco don Alfredo Micalusi.

2003

Natale 2003

Dhanjuri - dicembre

Miei cari Amici,

alcune sere fa ero al Santuario di Rajarampur e c’era una luna magnifica, di quelle che si possono godere qui in Bangladesh in questo mese di Dicembre ed alla cui luce puoi leggere senza fatica. Dopo una settimana piena e convulsa il gustare la quiete e la bellezza del cielo è un riprovare la gioia che si prova a Gaeta nell’ammirare il mare ed il cielo dal Santuario della Montagna Spaccata.

Siamo giunti al Natale un poco in fretta ed ancora non ho inviato i miei auguri a voi che mi seguite con il pensiero, con la preghiera e con il frutto dei vostri sacrifici che diventa solidarietà per tanti. Come avrete saputo sono stato in Italia due mesi, da metà Settembre a metà Novembre. Avevo bisogno di riposo per cui non ho potuto girare molto ed ho mancato nel visitare o incontrare molti di voi. Comunque devo dire grazie ad amici di Itri, Fondi, Gaeta e Formia per l’accoglienza sempre cordiale e per la loro testimonianza specie nell’attenzione agli anziani e agli andicappati. Una gioia particolare l’ho ricevuta nel visitare le Scuole di Fondi. I vostri bambini sono sempre portatori di gioia e di speranza.

Mi scuso con la maggioranza a cui non ho potuto dedicare un poco di tempo per ascoltare e condividere momenti di vita.

Nel tempo di preparazione al Natale ci sono delle parole “chiave” che sono importanti per capire e vivere in modo nuovo la “Santa Notte”. Le più ricorrenti sono la vigilanza, la luce, la gioia, la pace. In questi giorni mi sono fermato in modo particolare a pensare alla “gioia”. Quali i momenti di gioia, quali le persone che mi hanno offerto la gioia, a chi ho potuto comunicare la gioia, a chi ho tolto la gioia? Certo ognuno di noi può aggiungere un interrogativo. Quante volte ho potuto pensare o esclamare “Che gioia vederti” o “Che gioia incontrarti!”. Questa sera a Rajarampur, dopo aver pregato il Rosario i bambini sono venuti ad salutarmi. Come sempre mi danno la mano, sorridono, scherzano e ti dicono “Che gioia vederti! Come stai ?” Io rispondo “Io sto come stai tu!” Allora una bella risata, uno stare vicini fare qualche scherzo e poi a casa dove c’è da aiutare i genitori oppure per stare al caldo ed al sicuro.

Faccio attenzione al fatto che la risposta al salmo di questa domenica è “Alleluia, viene in mezzo a noi il

Dio della gioia”, e poi mi faccio una autocritica di quante volte riesco a individuare il Dio della gioia o la gioia che proviene dallo stare con Lui. Ringrazio la catechista Angela Restelli di Albizzate per le lettere dei suoi ragazzi che hanno ricevuto la prima volta l’Eucarestia e che ha voluto inviarmi. “ Gesù, è bello stare con Te” è quello che hanno esclamato i miei ragazzi il giorno del primo incontro con “l’Amico Gesù” ed è quello che hanno scritto i ragazzi di Albizzate. È un momento di gioia “con il lacrimoni agli occhi, sorridevo ed ero tanto felice”.

“Ho fatto silenzio in me e mi sono sentito amato”. Forse poi, diventando “grandi”, pensiamo che è difficile gustare la stessa gioia o perché siamo in “situazioni di non ritorno” o perché pensiamo che non siamo più dei ragazzi. Eppure il Profeta dice “Non temere, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente. Esulterà di gioia per te, ti rinnoverà con il suo amore....” E penso che questo tipo di gioia non fa chiasso, non rompe i timpani, non mi toglie i soldi o mi fa perdere tempo.

Il contrario della GIOIA, mi insegnate, è la TRISTEZZA. Allora forse pensando a ciò che mi rende triste

riesco a recuperare momenti di gioia o almeno a camminare verso la gioia. Purtroppo in questo momento storico sono tanti gli avvenimenti che mi danno tristezza.

Nel Vangelo di Luca al terzo capitolo ci sono le risposte di S.Giovanni Battista ai vari gruppi che domandano: “ Che cosa dobbiamo fare ? che, cosa curiosa è che le risposte sono attuali. La solidarietà nella gestione dei beni; la giustizia nell’operare; il rispetto dell’altro superando la tentazione della prepotenza.

Chiedo un poco di Luce per poter vivere la solidarietà nei piccoli gesti di ogni giorno, di avere il coraggio di operare in modo giusto nella realtà in cui il Signore mi ha chiamato, e rifuggere dalla tentazione della prepotenza. Allora la Notte Santa ci ritroveremo insieme per pregare con la liturgia :

“O Dio, che ci hai convocati a celebrare nella gioia la nascita del Redentore, fa che testimoniamo nella vita l’annuncio della salvezza, per giungere alla gloria del cielo.”

Un augurio di tanta GIOIA a tutti.

Fr.Adolfo

2004

2004

Inizio anno

Dinajpur - 25 gennaio

Sembra che il tempo voglia correre più del solito. Abbiamo appena terminato la celebrazione del Natale che si sussegue, con l'inizio dell'anno, una cosa dopo l'altra.

In ordine: Il 2 Gennaio del 2004 a Mariampur l'ordinazione sacerdotale di Rafael Murmu. Io gli ho dato il nome di "silenzioso" perché parla poco, ma lavora molto.

Raffaele nasce il 22 Novembre del 1971 in India dove la famiglia si era rifugiata per la guerra di indipendenza che aveva fatto scappare milioni di persone dal Bangladesh in India.

Orfano di padre iniziava il suo cammino di formazione il 23 Settembre del 1990 come seminarista, cammino che si è concluso con la sua ordinazione Sacerdotale. Il modo di vivere e di apostolato di P.Carlo Menapace lo ispira a intraprendere la via del sacerdozio. P.Carlo lo incoraggia e lo guida per iniziare il cammino in seminario.

Oggi la missione di Mariampur è in festa per questo nuovo dono alla Chiesa del Bangladesh.

La missione di Mariampur ha il primo battezzato nel 1911. Nasce come Parrocchia nel 1929. Sino ad oggi è la parrocchia di Dinajpur che ha fornito più Sacerdoti, ben 11!!!

(Nota: Lo scorso anno anch'io mi trovavo a Mariampur per l'ordinazione di due sacerdoti ed erano presenti anche i familiari del compianto padre Carlo. Bruno)

Il 6 Gennaio a Dinajpur 10 sono le ragazze che, dopo il noviziato, hanno fatto la loro Prima Professione. La liturgia di due ore introduce loro nella Chiesa del Bangladesh come "Sorelle" della congregazione di Shanti Rani. Sono Regina, Juli, Alfonza, Dulali, Claudia, Sompa, Giuditta, Florence, Emilia e Ruma.

(Nota: Anch'io lo scorso anno e nello stesso giorno ho potuto aver il privilegio di assistere alla prima professione di sei suore. Ne ho informati gli amici in Banglanews 066: La danza delle suore. Bruno)

Molti i parenti e conoscenti provenienti da diverse parrocchie del Bangladesh, non ostante il freddo che imperversa. Accoglienza, aria di festa e di impegno per il bene degli altri.

Augurissimi !!!

Fr.Adolfo

2004

"Sostegno allo studio"

Dinajpur - 10 marzo

Carissimo Amico,

Un anno fa l'amico Bruno Guizzi ripartiva per rientrare a Gaeta dopo aver trascorso circa due mesi qui con me. Vedendo la realtà qui in Bangladesh e sostenuto dalla sensibilità che tutti noi italiani abbiamo per l'educazione e la solidarietà è stato contento di proseguire nel progetto "Sostegno alla Studio". Questo impegno è nato lavorando tra ragazzi e giovani qui a Dinajpur e poi si è esteso a Dhanjuri, grazie alla vostra generosità.

Mi insegnate che il campo dello studio e dell'educazione ha diversi aspetti : l'impegno ed il coinvolgimento dei genitori, del gruppo sociale a cui si appartiene, del governo e del singolo. In un paese come il Bangladesh per i gruppi in minoranza, specie tribali, è un continuo ricercare per essere nel giusto.

Qui a Dinajpur e Dhanjuri ci siamo proposti ad aiutare i ragazzi, specie dei villaggi e dei gruppi più emarginati per assicurare loro il minimo di istruzione per un inserimento in una realtà sociale che cambia continuamente. Dinajpur ha altri dieci villaggi da seguire, come richiesto dal Vescovo, oltre ai sette esistenti nel territorio. Questo significa tanti altri ragazzi da seguire e scuolette da organizzare.

I due boarding di Dhanjuri grazie a voi funzionano con regolarità e sono contento che dopo tanto cercare possiamo contare su alcuni collaboratori laici che hanno deciso di lavorare per i villaggi superando la scelta dei centri sviluppati dove potrebbero guadagnare di più o fare carriera. Beldanga ha la sua vita con i giovani che frequentano i college o le scuole superiori, mentre Khalipur sta prendendo la sua fisionomia in una zona piena di gente che attende il Vangelo.

Alcuni problemi esistono, ed uno importante è la comunicazione tra noi. C'è il fatto della lingua, o meglio delle lingue: Italiano, Inglese, Bengalese e Santal. Dalla visita di Bruno nel Gennaio 2003 alcuni dei miei collaboratori sono stati chiamati ad operare a livello diocesano o interdiocesano, per cui ci sono ancora oggi dei vuoti da colmare per aggiornarvi sull'impegno del "Sostegno allo Studio". Per avere una lettera impiego settimane e poi mi tocca riscriverle. Speravo che qualche visitatore dall'Italia (sono venuti diversi a trovare parenti o amici) potesse aiutare in questo senso, ma non ci sono riuscito.

Mi devo scusare con voi e con Bruno per tante cose "elastiche" e non secondo il nostro modo di essere e di vedere che a volte possono aver creato problemi tra di noi. Ma il nostro scopo è vivere insieme in amicizia l'avventura di dare speranza, di dare un sorriso. Forse o senza forse le tante cose da fare e da dire non ci lasciano tempo per comunicare, ma è il limite di noi persone.

Faccio mio quello che scrive l'amico P.Mario Valente, missionario in Congo, nel suo messaggio "ambivalente": "Noi ci troviamo come "in mezzo", intermediari d'uno scambio meraviglioso, segni per gli uni e per gli altri d'una Fraternità superiore".

Devo gridare il mio grazie perché se sono in Bangladesh e posso fare quello che sto facendo lo devo a voi ed alla vostra amicizia. Ma vi chiedo di non lasciarmi solo a diventare Fratello Universale.

In questi giorni di preparazione alla S.Pasqua la Chiesa ripete le parole di S.Paolo: "Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto questo dipende da voi, vivete in pace con tutti. Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all'ira divina. Sta scritto infatti: "A me la vendetta, sono io che ricambierò, dice il Signore. Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere; facendo questo, infatti, ammasserai carboni ardenti sopra il tuo capo. "Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male". Rom 12:12-16

Certo che oggi con il terrorismo che colpisce persone innocenti, l'oppressione dei poveri, gli imbrogli finanziari a diversi livelli, le promesse politiche che tolgono la speranza alla vita di tanti giovani, il vivere il perdono e la giustizia sono a volte un vero calvario. Ma non posso dimenticare che la tomba resta vuota perché Lui è risorto e vive " perché abbiamo la vita e l'abbiano in abbondanza".

A Dinajpur siamo in tre Sacerdoti, Fr.Raphael, Fr. Lazarus, ed io, a Dhanjuri anche sono in tre : Fr.Cherubim, Fr.Olivio e Fr.Albert e desideriamo vivere la responsabilità di essere evangelizzatori il più possibile insieme. Vi salutiamo insieme e speriamo nell'incontro nella preghiera e-mail inventato dal Signore che attraversa i cieli e ci rende vicini e migliori.

Di nuovo Grazie di tutto e per tutto.

Fr.Adolfo

2004

Danni a Dhanjuri per un ciclone

Dhanjuri - 24 ottobre

Cari amici,

sono appena rientrato da Dhanjuri. Tra il 6 e 7 di Ottobre su gran parte del Bangladesh, come avrete forse saputo, si è abbattuto forte vento e pioggia. Sono dovuto andare a Dhanjuri dove abbiamo avuto nel nostro Ospedale per i lebbrosi un centinaio di piante sradicate dal vento. Nella foresta adiacente, che fa parte del terreno dell'Ospedale, si parla di migliaia di piante. La pioggia di tanti mesi ha reso il terreno soffice e la forza del vento ha avuto la possibilità di sradicare gli alberi con radici più superficiali come eucalipti e "Sal".

In Ospedale è stata colpita la casetta con la falegnameria semidistrutta la veranda. Danni alle stalle. Conciato male, per la caduta degli eucalipti, il muretto interno, che bisognerà rifare. E pensare che avevamo in progetto di costruire un nuovo fabbricato per la fisioterapia. Adesso gli aiuti che speriamo di ricevere serviranno prima di tutto a riparare i danni.

Meno male che le piante nella zona sono state "intelligenti" a cadere tra casetta e casetta, senza alcun danno alle persone ma qualche tetto danneggiato.

Alcuni terreni in cui, tra uno-due mesi si doveva raccogliere il riso, sono andati sott'acqua, per cui per quella zona niente raccolto.

Lato...positivo. Tanta legna per bruciare. Molta gente al lavoro per riparare i danni. Anche la zona delle Suore, della Missione e dei due boarding ha avuto qualche pianta sradicata, ma nessun danno alle persone.

Nei villaggi attorno strage di piante di banane e case con il tetto che ha preso il volo. Qualche testa tagliata.....dalle lamiere volanti.

I fiumi stanno decrescendo, ma rimangono zone allagate come quella della "Jola" a Dhanjuri, come Pathorghata, Boldipukur, Chandpukur e Rajshahi.

Per ora è tutto. Oggi il sole ritorna a far capolino, segno di speranza. Un caro saluto a tutti

Fr. Adolfo

2004

Lettera agli amici

Dinajpur - 7 novembre

Amici cari,

in Ottobre ci sono tante cose che ci vengono proposte per novità di vita dalla natura. In Italia le Ottobrate annunziano la fine di un anno; in Bangladesh in questo mese si sta concludendo la stagione dei monsoni, e la terra che ha assorbito tanta acqua mostra il verde del futuro raccolto di riso. Gli alberi sono verdi e pieni di gemme, i fiumi pieni di pesci, la sera scende il vento del nord che tende a dare respiro all’uomo ed alla natura. La festa della “Durga Puja” ed il “Ramadam” appena iniziato con il segno di penitenza per onorare Dio Onnipotente, sono altri segni che in modo diverso aiutano gruppi umani a sperare in un domani migliore dove il bene vinca il male e la fraternità ritorni con il segno dell’abbraccio il giorno dell’ “Eid”.

Per la Chiesa il mese di Ottobre è il ripensare al dovere dell’annuncio a tutti gli uomini.

Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che abbiamo contemplato e ciò che le nostri mani hanno toccato, ossia il Verbo della Vita, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. (Giov.1,1-3)

Questa testimonianza è necessaria per il conflitto tra Carità e Verità che noi persone sperimentiamo nella nostra vita, nel lavoro, nella professione, nel vivere quotidiano.

Per questo, penso, che il Papa in questi giorni propone la riflessione sull’Eucarestia ripetendo il “Resta con noi Signore”, dopo l’esperienza di Emmaus, per coloro che hanno l’Eucarestia. Per tanti è una supplica perché Lui precede i suoi e si fa presente nella moltitudine a colui che vuole ascoltare.

Testimoni perché abbiamo veduto: Quest’oggi mi sono trovato a Dhaka con Sr.Josephina (79 anni), Sr.Luisa (84 anni) ed altre Suore e Padri “in età” per partecipare alla promessa al Signore di sei ragazze del Bangladesh. Consolata, Teresa, Rebeca, Liliana, Flora e Silvia che dopo l’anno di noviziato al termine della loro cammino di formazione hanno promesso di servire il Signore nella Chiesa operando in questa comunità di “Suore della Carità” vivendo in obbedienza, povertà e castità.

Il Vescovo Theotonius Gomes ha accettato la loro promessa a nome della Chiesa ed ha aperto loro l’orizzonte della umanità da servire “per Cristo, con Cristo ed in Cristo”.

Chissà perché ma ho pensato a Sr. Silvia, Sr. Francesca, Sr. Enrichetta, che dal cielo godevano di questa giornata. Molti i genitori e parenti che da diverse parti del Bangladesh sono giunti e si sono stipati nella Cappella per seguire questo momento di preghiera semplice ed intensa.

Forse qualcuna di loro andrà a servire la Chiesa in qualche ospedale o casa per anziani in Italia o in Europa..

Testimoni perché abbiamo contemplato: Ho pensato anche a due persone anziane che sono venute in Bangladesh in questi giorni. Un infermiere Statunitense ed un dottore Italiano. Ambedue in pensione, più o meno la mia veneranda età, con il desiderio di fare qualcosa per il Bangladesh. Il P. Giulio ha dato loro spazio in Ospedale perché possano operare o....imparare.

Resta il sogno che qualche giovane si decida a fare “un salto nel buio” per “testimoniare la Carità facendo Verità; e sono dalla Colombia, dal Giappone, dalla Corea.

La Testimonianza ha come risultato una eredità che crea comunione. Pensando a quello che ho udito e veduto, mi sono trovato ricco sfondato. In tutti questi anni di annuncio del Vangelo mi sono arricchito di tante cose :

* dell’arguzia di P. Sozzi; * del fare burbero e pieno di amore di P. Viganò; * della precisione e meticolosità di P. Nebuloni; * della semplicità di P. Maggioni; * dell’attenzione ai poveri di P. Cavagna; * dell’operare preciso di P. Barbè; * del servizio obbediente e generoso di P. Verpelli; * del lavoro instancabile di P. Gerlero; * dell’arguzia ed ottimismo di P. Cesare Pesce; * della generosità e distacco di P. Bonolo; * della grinta evangelica di P. Menapace; * dell’operare solerte e competente di Sr. Sozzi; * dell’audacia sorridente di Sr. Silvia; * della serena presenza di Sr. Virginia e Sr. Francesca; e questo solo parlando del Bangladesh.

Eredità di vita che vanno gestite e date ad altri perché questa ricchezza rimani tra noi e continui ad essere dono a noi per tutti.

L’Annuncio è fatto da persona a persona perché il Signore vuole farsi vicino ad ognuno di noi, perché Dio ha amato il mondo.

Certo che camminando per le strade di Dhaka, appena volto l’angolo, vedo tanti bambini che selezionano l’immondizia in cerca di qualcosa che aiuti loro a vivere, adolescenti che arrancano guidando il ricksho per guadagnarsi il pane quotidiano, persone avvolte da stracci che dormono sul marciapiede per avere un poco di riposo dopo aver lavorato tutta la notte, donne con un bambino in braccio che chiedono l’elemosina e tante altre immagini che mettono alla prova il mio essere testimone di una “buona notizia”.

D. Chieregatti dice “Da una parte l’annuncio di Dio presente nel mondo, che ha amato il mondo, che vive accanto all’umanità e la conduce con amore, dall’altra parte un amore che si manifesta proprio là dove la logica umana vede la mancanza di ogni amore”; che è il testimoniare. Dio certamente ama il mondo, ma non per darci ragione, non perché possiamo ringraziare d’averci riempito di ricchezze, ma perché mette in crisi le nostre coscienze, perché mette a tacere chi parla troppo, scaraventa giù dai troni coloro che vi si sono installati, perché dà il pane agli affamati prendendolo da chi ne ha troppo, perché Dio è geloso dell’ultimo dei suoi figli.

Maria ci aiuti a pregare il suo Magnificat ogni giorno della nostra vita.

Grazie della vostra amicizia, grande dono di Dio.

Fr.Adolfo

2004

Tre Coreani a Dinajpur

Dhanjuri - 19 dicembre

Mio caro Bruno,

questa sera sono a godermi la quiete di Dhanjuri. Sono giunto questa mattina dopo quattro giorni passati a Dhaka.

Ho installato un computer a Dhanjuri nella stanza del “superintendent” per cui come vedi posso scrivere, poi mettere su dischetto portatile e spedire l'email da Dinajpur per farti avere mie notizie.

Nelle foto: p. James con Suor John e con p. Quirico

Andiamo con ordine. Il mese di Novembre è stato un mese difficile per le comunicazioni, già di per sé difficili. Tutta la zona di Dinajpur

ha avuto problemi di connessione e trasmissione. Due giorni fa sono stato al Bttb di Dhaka dove ho cercato di capire quali sono i problemi facendo presente le difficoltà. Problemi di linea e di software. Ci hanno consigliato di usare Eudora invece di Outlook express in quanto con questo ci sono problemi nell’invio degli e-mail.

Dal 13 ho accompagnato il Fr.George del Pime Usa in visita alle missioni dell’Asia. Dal 23 al 24 Assemblea del Pime e dal 24 sera ho avuto l’incarico di guidare un gruppo di tre coreani in visita.

Tre coreani ? Hai capito bene. Se ricordi bene in Luglio il nostro Vescovo partì per un viaggio di diverse tappe. La prima fu la Corea del Sud per la Conferenza Asiatica dei Vescovi. In quell’occasione visitò alcune diocesi tra cui quella dell’attuale Nunzio in Bangladesh. In quella diocesi c’è una congregazione di Sacerdoti, fratelli laici e suore che curano i portatori di handicap. L’invito di allora si è concretizzato a breve termine con una visita di tre persone in Bangladesh e a Dinajpur : p. James, fratel James e Suor John. Nel loro gruppo vengono adottati i nomi dei dodici apostoli (per cui abbiamo una suora che si chiama Giovanni!) Il loro servizio è per i portatori di handicap nei gruppi poveri. Giustamente li ho portati a Dhanjuri a vedere i lebbrosi ed esaminare la possibilità di una loro presenza nella diocesi di Dinajpur per un servizio ai disabili.

Ci siamo intesi subito. Tre persone giovani desiderose di essere testimoni del Vangelo tra coloro che non hanno ancora ricevuto il messaggio di solidarietà ed amore di Gesù.

Fratel James, dottore, è stato un preciso analizzatore dei problemi, difficoltà e possibilità. Fare amicizia con loro non è stato difficile, anche se Suor John non masticava per niente l’inglese per cui doveva attendere la traduzione di p. James. Hanno fatto breccia tra i ragazzi di P.Fabrizio, entusiasti di andare tutti in Corea per diventare Missionari. Hanno imparato subito a dire “ti voglio bene” in coreano.

In questi giorni tra la testimonianza dei due missionari Colombiani che sono qui da tre anni e che conosci bene, Fabio e Luis, e l’incontro dei tre Coreani mi sono trovato a pensare alla Chiesa di domani che ancora una volta diventa nuova per il coinvolgimento di persone giovani da paesi da cui non aspettavamo un simile apporto.

Quaranta anni fa, quando ero a Milano in teologia, si facevano incontri e discussioni serrate perché guardando l’Asia allora si aspettava un conversione del Giappone a breve termine e l’apertura della Cina al Vangelo. Il Giappone era in primo piano, non ricordo di aver allora sentito parlare della Corea.

Guardando oggi l’Asia, il Giappone è ancora oggi refrattario al messaggio del Vangelo e la Cina ha un ruolo economico in concorrenza con i mercati Europei e Americani. La metà della popolazione della Corea di oggi ha accettato Cristo e ciò influenza il loro modo di vivere e di essere.

L’Avvento è periodo di attesa per il Signore che viene. Dalla Corea ? dalla Colombia ? Dai poveri che sono tra noi ?

Fr.Adolfo

2004

Lebbrosario di Dhanjuri

Dhanjuri - 11 dicembre

Caro Amico, ti mando questa lettera di padre Adolfo, così come mi è appena arrivata, anche se è personale. Ho ritenuto opportuno non inserirla in Banglanews ma inviarla soltanto ad un gruppo di suoi amici , tra cui ritengo di annoverarti, più interessati a conoscere le sue attività di quanto non lo possano essere i lettori della newsletter.

Se comunque vuoi essere eliminato da quest'elenco per cortesia fammelo sapere, così in futuro farò in modo da non disturbarti ulteriormente.

Se vuoi invece maggiori dettagli o vuoi contribuire al suo progetto.... fatti vivo tu in quanto io eviterò anche di "sollecitarti"!. Ti sarei comunque grato se vorrai far conoscere questa iniziativa a qualche amico di P.Adolfo sprovvisto di email e.. vista l'età media non sono pochi! Raggiungerli tutti non mi è possibile.

Il mio email lo conosci ed il telefono è sempre 0771465104.

Ne approfitto per augurarti Buon Natale e Felice Anno Nuovo

Bruno

Bruno sempre + caro (nelle quotazioni di borsa),Fabrizio mi dice di averti inviato sei pagine !!!! Io non metto la mano sul fuoco per non andare a medicarmi. Dunque, prima di andare a letto cerco di riassumere le novità di Dhanjuri.

L'Ospedale di Dhanjuri, avendo una sezione di fisioterapia avviata, aprirebbe una sezione per i disabili. È un programma in sintonia con il gruppo di Taizè che opera già a Mymensingh. Dhanjuri avrebbe una sezione di accoglienza, ascolto e di servizio per quanto hanno necessità di cure o piccole operazioni.

È stato formato un comitato a capo del quale c'è Mons.Theo (Vescovo ausiliare di Dhaka) e stiamo lavorando per la realizzazione di un minimo di struttura utilizzando quanto a Dhanjuri può essere convertito o migliorato per portare avanti questo impegno.Potremo usufruire della catena delle Cliniche e dei dispensari come punti di riferimento e di supporto per tenere inseriti i disabili nella società ed assisterli per quello di cui possono avere bisogno.Come sai ci sono vari tipi di disabili e il primo passo è il preparare persone per l'assistenza. Tra questi un gruppo importante sono i fisioterapisti. A Dhanjuri ne abbiamo due (Cherubim e Francis) abbastanza preparati. Abbiamo alcuni giovani che hanno fatto corsi per l'assistenza ai lebbrosi che possono essere avviati a questo compito.

Dobbiamo aumentare gli spazi e l'attrezzatura. Ho fatto già un elenco di materiale da acquistare a Dhaka. Aspetto la visita di una dottoressa giapponese che potrà guidarci concretamente negli acquisti da fare o nelle cose da utilizzare.

Intanto abbiamo avuto il primo ricovero. Con il ciclone di tre mesi fa a Lohanipara le mura di una casa crollavano sulla schiena di un giovane. Venne portato a Dinajpur al St.Vincent's dopo che i vari dottori di villaggio avevano diagnosticato la paralisi completa. Poiché la degenza si estendeva e non trovando una soluzione P.Berutti chiedeva di ospitarlo a Dhanjuri. Per l'assistenza lo accompagnava la moglie che deve accudire anche al figlio di due anni.Dopo un mese di fisioterapia proprio in questi giorni è passato dal letto alla carrozzella e da essa alle stampelle. Kerketta Soroj è felice come una Pasqua ed il suo sorriso ne è una conferma. Mi spiace che forse la foto non è delle migliori ma l'ho fatta con il telefonino avendo dimenticato la digitale a Dinajpur. Nei miei programmi c'è l'invio di due giovani ad un corso per fisioterapisti e due come assistenti a disabili con difficoltà fisiche. Per i disabili mentali la scelta di personale deve essere più accurata.

A fine mese spero che potremo quantificare gli impegni finanziari e necessarie coperture. Resta il fatto che la Damien Foundation del Belgio ci ha detto che il loro contributo sarà minore di quello dato questo anno perché le offerte diminuiscono. Ci penserà la Provvidenza. Chiudo per questa sera. Fai il bravo, se puoi.

Fr.Adolfo

2004

Natale 2004

Dhanjuri - 20 dicembre

Carissimo Bruno, Grazie del tuo augurio che ricambio di cuore. Per favore puoi passare il mio agli amici in rete. Grazie. tuo come sempre Fr.Adolfo Buon Santo Natale, perché ci sia la dimensione Sua nel nostro Natale.

Lui che lascia la sua dimensione per essere uno come noi. La Sua nascita è un avvenimento che vuol cambiare le regole di vita di tante persone. Nasce per proclamare la vita come dono di Dio. Davanti ai nostri occhi ci sono i "non nati" per l'egoismo, migliaia di bambini che hanno come casa la strada tra la polvere o il fango; molti che si industriano in mille modi a riciclare quello che i grandi buttano o non usano più; altri si trovano a dover imparare ad odiare l'altro o a essere schiavi dei prepotenti.

Allora la nostra preghiera sarà una implorazione perché i piccoli possano scoprire l'AMORE che viene per amare ogni persona che nasce. Che viene per dare la propria VITA, alleviando il dolore causato da noi e dalle nostre scelte sbagliate, o per darci la forza di restaurare quello che l'egoismo ha voluto distruggere.

Amici, grazie per l'aiuto dato per aiutare bambini/e ad essere protagonisti della propria vita con lo studio e con il poter vivere insieme. Grazie per la solidarietà per i malati di lebbra o gli emarginati. Ricordatevi dei giovani che operano qui come educatori, animatori, operatori vivendo il Vangelo. Colui che viene vuole farci protagonisti e non spettatori di una terra nuova ed un cielo nuovo. L'augurio alle vostre famiglie di essere luoghi di speranza e di conforto. Fraternamente in Gesù che viene

Fr.Adolfo

2005

2005

Lettera agli amici

Dinajpur - 6 marzo

Cari amici, vi trasmetto una lettera "personale" del nostro amico bengalese, appena ricevuta.

Sig. "Direttore",

congratulazioni per il ruolo che Banglanews ha preso in Italia, con i suoi quasi 1000 lettori!!

Con in mente il cammino di questi anni dobbiamo proprio dire che il Signore con il Suo Spirito muove noi persone perché il mondo migliori anche nella conoscenza e nel discernimento degli avvenimenti della vita.

Caro Bruno, quindi congratulazioni e ... avanti tutta !!!

È il tempo in cui cadono le foglie qui in Bangladesh. Ogni giorno vedo centinaia di persone, specie bambini/e con la scopetta di saggina curvarsi per raccogliere in mucchietti le foglie cadute dagli alberi, poi mettere insieme i mucchietti e riempire sacchi di juta o di plastica ed avviarsi verso casa. Queste foglie secche sono in questi mesi il "combustibile" che sostituisce la legna in cucina. Per cucinare con le foglie occorre fare dei fornelli nella terra tali da portare il fuoco bene sotto i tegami senza disperdersi intorno. A volte, in villaggio, capita che il fuoco, mal diretto o per il vento, prende la scorta di foglie adiacente ed allora in pochi minuti il fuoco può distruggere la casa o le case fatte di bambù e paglia.

In alcuni giorni di vento è bene non cucinare o attendere la sera quando il vento è calato. Ci sono stati, e purtroppo ci sono ancora oggi, casi in cui in poco tempo non una ma decine di "case" (baracche diremmo noi europei) vanno in fumo. Pochi giorni fa a Dhaka sono state circa duecento le "case" andate a fuoco e morti due bambini che in casa dormivano.

Anche per questo cerchiamo di dare una mano ad avere una "casetta" in mattoni (due stanze di 3 m. per 3 m. con una veranda) e qualcuna ne abbiamo già costruita, col vostro aiuto. A fianco di sarà la cucina dove verrà fatto il fuoco anche con le foglie, riparata dal vento con due lamiere. A volte sogno di vedere queste casette con la cucina a gas, di quelle che vedono nei negozi anche qui in Bangladesh, ma è un sogno......

La povertà verrà dimezzata nel mondo, dicono, nei prossimi anni. Lo spero sempre, ma vedendo i bambini e le vecchie donne curve a 90 gradi raccogliere le foglie, chiudo gli occhi e sogno il giorno quando TUTTI questi bambini/e potranno saper leggere e scrivere per essere libere persone che usano il sapere per migliorare se stessi e la propria vita; quando TUTTI questi bambini/e potranno avere una casetta (non un appartamento !!) igienica dove VIVERE; quando TUTTI questi bambini/e non dovranno, non avendo altra alternativa di vita, subire il lavoro di rikswoala (conduttori di riksaw) o essere schiava nelle tante strade che apre la città.

Cadono le foglie, vengono raccolte, sono usate per cucinare ed è sempre un cammino di vita di cui forse io non sono stato capace di assorbirne tutto il significato.

Chiudo questa parentesi, caro Bruno. Stasera vado a Dhanjuri perché devo chiudere i conti dello scorso anno dell'Ospedale per i lebbrosi da inviare a chi aiuta, per cui anche agli amici di Gaeta per la loro parte.

Sto facendo preparare la lista di tutti i 275 bambini e bambine del boarding che tanti amici italiani continuano ad aiutare. Spero che, con il sollecito della Caritas diocesana alle parrocchie, tanti altri bambini e non solo in Bangladesh ma anche in India, in Congo, in Madagascar ed in Colombia possano avere l'aiuto di un "fratellino" italiano che si avvicina per la prima volta alla Sacra Mensa. I sacchettini per i confetti sono sempre… a disposizione!

Sr. Agostina è andata stamane a Khalisha per incontrarsi con Sr. Filomena e lavorare sui tuoi ordini per il centro di cucito. Un abbraccio mentre anche le foglie degli anni cadono…

(p. Adolfo ha compiuto 75 anni il 28 febbraio ed è in Bangladesh da 36 anni)

Fr. Adolfo

2005

Speranza

Dinajpur - 27 marzo

Mi hanno sempre detto che il verde è il colore della Speranza. Percorrendo in questi giorni il Bangladesh noto che il verde è il colore dominante nei campi. Questo paese, a chi viaggia in auto o in treno, si presenta come un grande tappeto verde. Con la mente vado al Bangladesh di 30 anni fa (scusate.. ma sono entrato nei 75 anni di età e 37 di Bangladesh...) quando andando in giro per le piste tra città e villaggi si mangiava tanta polvere. Il vento dominava e faceva levare dai campi nuvole di polvere. Qualcuno pensava di mettere questa polvere, che variava dal cenerino al giallo sino al rosso, in barattoli e venderli come “cipria” (baby powder). Avremmo alzato le quotazioni delle esportazioni verso i paesi che consumano molto nei prodotti di bellezza.

Dopo il taglio del riso a Dicembre si aspettavano le prime piogge di Giugno per vangare e preparare per il prossimo raccolto. Viaggiando con il fuoristrada a volte bisognava fermarsi al bordo della strada per far diradare la polvere alzata dai carri di buoi e ripartire contro vento.

La polvere, il caldo, il sole accecante sono ricordi. Oggi il colore verde dona riposo agli occhi e tempera la luce del sole, oltre al fatto che l’irrigazione dei campi di riso immette una umidità nell’aria che mitiga il caldo. Cosa differente è in città, ma di questo parleremo un’altra volta.

Leggendo i resoconti o analisi su riviste e giornali che parlano del “paese più corrotto nel mondo” o cose simili, mi domando se negli anni trascorsi si sia avverato qualche “segno di speranza”. Pensando che 30 anni fa la lebbra aveva una percentuale alta sulla popolazione, la situazione odierna dice che l’impegno per loro è stato un segno di speranza.

Nel 2004 abbiamo avuto, nell'area coperta dal nostro "Dhanjury Leprosy Control Centre", 397 nuovi casi su una popolazione di 2.871.677; contro i 436 di cinque anni e fa e le migliaia di trenta anni fa.

Quando giunsi a Dhanjuri nel 1970 per lavorare tra i lebbrosi con me c’era solo la Sr.Angela, tanta buona volontà e qualche giovane infermiera non qualificata. Iniziammo il lavoro di controllo confidando nell’aiuto del Signore, che ama in modo particolare i malati, e nella buona volontà di alcuni organismi o di persone.

Dal 1975, con una collaborazione a livello nazionale, iniziava il sogno ( l’attuazione di una speranza) di poter controllare questa piaga dei paesi poveri.

Igiene e alimentazione da realizzare nei villaggi, educazione sanitaria e sociale con diagnosi e cura appropriata. Oggi il territorio su cui eravamo impegnati ha due progetti in atto: Rajshahi e Dhanjuri, con dottori, personale medico ausiliario preparato ed aggiornato ed un ospedale per i malati di lebbra a Dhanjuri.

Nel 2004 abbiamo assistito 843 malati tramite le 17 cliniche sparse sul territorio del distretto, di cui 185 ricoverati all’ospedale di Dhanjuri nei momenti di crisi o perché bisognosi di terapie particolari o operazioni di trapianto. Trenta anni fa Dhanjuri era un “ricovero” per i malati di lebbra che venivano scacciati dai villaggi e trovavano un minimo di assistenza e di accoglienza. Oggi è un luogo di cura e di recupero del malato. Oggi non si bruciano più le case dei lebbrosi, come prima e, tranne alcuni casi, essi non vengono più emarginati dalla società.

Si cerca. di inserirli nel tessuto sociale con un lavoro adatto a loro ed dando l’aiuto loro necessario per l’inserimento.

Oggi ci sono “nuove lebbre” che distruggono le persone. Tubercolosi, droga, Aids. Allora l’impegno che Gesù chiede è di fermarsi, ascoltare, toccare per sanare.

Il Vangelo di S. Luca, dopo la chiamata dei primi discepoli, riporta “ Un giorno Gesù si trovava in una città e un uomo coperto di lebbra lo vide e gli si gettò ai piedi pregandolo” Signore, se vuoi, puoi sanarmi”. Gesù stese la mano e lo toccò dicendo : "Lo voglio, sii risanato”. E subito la lebbra scomparve da lui”.

Mi auguro di poter ascoltare chi prega ed continua ad avere il coraggio di toccare per guarire, allora la Speranza non può morire ma alla luce della Resurrezione diventa impegno nuovo a fare “terra nuova e cielo nuovo".

Fr. Adolfo

2005

Amici e Lebbrosi

Dinajpur - 10 aprile

ho voluto scrivere questo per gli Amici che mi hanno aiutato nel 2004 con la preghiera e con la solidarietà che ci ha permesso di:

- Realizzare impianto di acqua calda per il reparto di medicazione e sala operatoria;

- Migliorare ed ampliare la zona docce e bagni del settore uomini;

- Sistemare la cucina e la migliorare zona di servizi per l’Ospedale.

- Dare formazione a giovani che si impegnano in questo campo (fisioterapia, laboratorio, lavoro nelle cliniche).

- Installare due apparecchi televisivi per i pazienti che possono così seguire qualche programma, rompendo la monotonia delle loro lunghe giornate.

La Suor Sopna da diversi mesi mi chiede di provvedere a comodini per i pazienti dovendo sostituire quelli in legno vecchi, malandati (hanno oltre trent'anni) e non igienici. Dopo aver raccolto pareri di altri ospedali e cliniche, abbiamo chiesto e ricevuto un preventivo per la fornitura di 40 comodini (bed side cabinet) preparati su nostro disegno, in quanto le esigenze dei nostri malati sono un pò particolari. Costano Tk. 3.330 l’uno ( circa 40 Euro).

Poi ci sono due bici per la fisioterapia e due sedie a rotelle e poi.....lascerò qualcosa a quelli di voi che verranno dopo di me.

Abbiamo diviso il nostro lavoro in settori per avere più chiaro l’intervento finanziario necessario e l’utilizzo del personale e mezzi a disposizione:

- Capitale che riguarda interventi sui fabbricati esistenti o futuri. Dovremmo sostituire una delle due macchine che utilizziamo.

- Ospedale che mostra la spesa necessaria di ogni anno. Questo è uno dei campi dove il vostro aiuto è importante.

- Cliniche la cui spesa è in parte coperta dal contributo che riceviamo dall’ILEP.

Dovremmo rivedere la paga dei nostri dipendenti per l’aumento del costo della vita.

- Amministrazione

Siamo anche impegnati con la Caritas nella realizzazione di una struttura per l’accoglienza dei disabili.

Scusate se tutto vi è stato indicato solo in sintesi. Siamo naturalmente a disposizione per dare dettagli e chiarimenti sull’impiego del vostro aiuto.

La Pasqua è stata, come sempre, piena di impegni. Sono certo che Cristo Risorto ci aiuterà a rimuovere le pietre che impediscono l’intesa tra persone o gruppi e impediscono anche a riconoscerlo in chi soffre.

Un forte abbraccio

Fr.Adolfo

2005

Povertà e poveri in Bangladesh

Dinajpur -3 luglio

Da alcuni anni la Banca Mondiale ha lanciato dei programmi per “l'eliminazione della povertà”.

Di conseguenza il Fondo Monetario Internazionale finanzia programmi per “l’eliminazione della povertà”.

Negli ultimi anni il Governo del Bangladesh, paese povero, ha inserito nella sua previsione di spesa programmi per “eliminare la povertà”.

Certo è problematico definire la “povertà” ed i “poveri”. Ogni società, ogni nazione, ogni regione ha le sue povertà ed i suoi poveri. Venendo in Italia ho sentito parlare di “nuove povertà”, di “nuovi poveri”.

In Bangladesh ho fatto una constatazione, almeno per la realtà in cui vivo; ed è che, purtroppo, il numero dei poveri aumenta.

Lo scorso Novembre abbiamo avuto il taglio del riso. In Bangladesh la mano d’opera, il bracciantato, è molto diffuso in quanto il 40% della popolazione rurale è senza terra e non ha altre alternative di lavoro. Questa porzione della popolazione è anche, per la maggior parte, analfabeta.

Dopo il raccolto di Novembre si aspettano due mesi prima di arare quei terreni, dove è possibile irrigare, onde preparare un secondo raccolto di grano o di riso. Il bracciante (persona che usa le braccia) viene pagato circa 40 Taka ( 50 Cent. di Euro) al giorno; a volte parte della paga è in natura.

Detta cifra è sufficiente per sostenersi durante la giornata. Se poi si tratta di donne o di bambini la paga è anche inferiore.

In Gennaio alcuni braccianti hanno “venduto” ai proprietari dei terreni il “lavoro dei mesi futuri” (Febbraio o Marzo) per poter mangiare.

In modo curioso abbiamo i programmi per eliminare la povertà ma il numero dei poveri è in aumento.

I piccoli proprietari piano piano vengono eliminati da una agricoltura che deve essere sempre più industrializzata ed organizzata. A monte del problema è la mancanza di istruzione. Tante volte si perde la terra perché ci si deve ciecamente fidare di chi sa leggere e scrivere.

Da uno studio condotto dal “Michelsen Institute” norvegese nel 1996 si nota che un gruppo tribale del Bangladesh – Santal – dal 1972 al 1997 (venticinque anni ) ha perso il 39% dei terreni di cui erano proprietari.

Ogni volta che percorro la strada che da Dinajpur (cittadina di 157.000 abitanti) a Dhanjuri, a 60 Km di distanza, e questo avviene almeno una volta alla settimana, scopro nuove case, nuovi mercatini, nuove capanne. Non è diverso il percorso di circa 400 Km da Dinajpur a Dhaka.

Gente, gente, tanta gente. La trovi in movimento dalle cinque del mattino sino a sera e per la maggior parte si tratta di poveri.

D’altra parte 140.000.000 di persone su un territorio pari alla metà dell’Italia da una parte sono un miracolo vivente, e da un’altra parte sono una “bomba atomica”.

Ogni anno altri 2.500.000 esseri umani vengano ad aggiungersi e lo spazio….. non cresce!!! Non c’è zona che non sia coltivata, non vi è terreno che non sia occupato (anche temporaneamente, quando i fiumi si ritirano).

Mi “consolo” pensando a San Francesco che nei suoi fioretti chiama “sorella” la povertà facendo eco a quanto afferma Gesù nel Vangelo : “Beati i poveri perché di essi il Regno dei cieli” “Beati i miti perché erediteranno la terra”; “Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia perché saranno saziati”.

Povertà e degrado vanno insieme, mi diceva un politico. Però nel 2004 sono stati spesi Mille Miliardi di dollari per le armi (vedi articolo all'inizio di questo numero di Banglanews) vale a dire 162 dollari per abitante della terra. Con questa cifra un bracciante del Bangladesh “vive” nove mesi!!

Mi domando : Quanto è stato speso per rendere i poveri responsabili del loro futuro, della loro crescita umana, nella difesa dei loro diritti ?

Allora bisogna sognare che tra i giovani di oggi si trovi un nuovo Francesco, una nuova Teresa, che non abbiano paura di sposare “sorella povertà” per farci diventare più ricchi non di cose ma di vita.

Forse per questo i miei ragazzi poveri hanno un sorriso stupendo.

Fr. Adolfo

2005

Prima pietra , Onustan e tanta ma tanta acqua

16 ottobre

Venerdì 30 Settembre 2005 il Vescovo Moses ha benedetto la "prima pietra" dell'erigendo Monastero di S.Chiara a Dinajpur, non lontano ( due chilometri) dalla Novara Technical School

Cerimonia semplice con la presenza di tre Suore dell'ordine di S.Chiara, Suore di Santi Rani e di altre Congregazioni ed un piccolo gruppo di fedeli.

Avevo già "chiuso" Banglanews ma, poco dopo, mi è arrivato il seguito, che val la pena di mandarvi subito.... anche se mi accorgo di aver "caricato" un pò troppo questo numero! Scusatemi!

Cari amici,

Venerdi scorso, 30 Settembre, dopo la benedizione del...primo pilastro del Monastero futuro, sono partito per Dhanjuri. Il 1° Ottobre, festa di St.Teresina e dell'Ospedale di Dhanjuri a Lei dedicato, abbiamo celebrato l'Eucarestia all'aperto. Presenti i malati, gli operatori sanitari delle 17 cliniche, il personale dell'ospedale, il dottore e le suore.

Un gruppo di ragazze e ragazzi dei boarding ha dato una mano per i canti e le danze. Il colore è segno di gioia e di serenità e chi meglio delle ragazze lo sa utilizzare?

Dopo una bella colazione ci separiamo per la riunione trimestrale che abbiamo con gli operatori sanitari per coordinare il lavoro. Andiamo avanti sino alle due del pomeriggio. Dopo il pranzo una semplice rappresentazione, che in bengalese si chiama "bichittra onustan", fatta in famiglia. Qualche danza, qualche canto, due parole per l'occasione ed un bel ringraziamento a tutti. Si cimentano anche i pazienti con due poesie e due canzoni. Alle 16,30 i saluti e si parte.

Nel venire a Dhanjuri avevo notato che il livello del fiume "Atrai" era basso per la stagione.

Qualche pompa veniva utilizzata per dare un poco di acqua al riso che copre i campi come un grande tappeto verde. Tra un mese il raccolto.

Domenica mattina deve arrivare il Vescovo per la Messa all'aperto (in quanto la chiesa costruita nel 1927 non riesce a contenere tutti) e la processione per le strade del villaggio. Ma tutta la notte ha piovuto e la pioggia continua a cadere. Si cambia il programma. S.Messa in una Chiesa strapiena, con la pioggia che ritma i canti colpendo con incredibile intensità il vecchio tetto di lamiera.

Decido allora di restare a Dhanjuri la Domenica, anche per organizzare alcuni lavori il lunedì. Mi riposo ma dal cielo continua a scendere pioggia per tutta la notte. Lunedì mattina arriva il fuori-strada con il dottore da Dinajpur. La strada di collegamento con Dhanjuri è sott'acqua. I campi sono allagati ed il fiume è strapieno.

Intorno all'area dell'ospedale l'acqua è salita di due metri e lambisce la zona alta del villaggio di Dhanjuri e dell'ospedale. Vento e pioggia continuano a far sentire la loro sinfonia. Ogni tanto qualche albero cade con frastuono in quanto le radici non mordono più il terreno divenuto troppo soffice. Decido di rientrare a Dinajpur, con tanti pensieri per la testa. Lungo la strada gente che cerca di tamponare i laghetti (pukur) per non far uscire i pesci. Altri gruppi sulle sponde delle strade con le reti.. per pescare quei pesci che avevano scelto la libertà...

In questi gruppi i giovani sono numerosi e chiassosi. Per alcuni giorni il pesce sarà a buon mercato. Martedì 4 Ottobre, festa di S. Francesco di Assisi. Continua a piovere.

La Chiesa della parrocchia di Suihari ha 30 cm. di acqua all'interno. La Novara Technical School ha tutto il terreno allagato. Molte parti delle strade di collegamento tra Dinajpur e Dhaka sono sotto acqua. Speriamo che domani ritorni il sereno. Oggi mi sono dovuto cambiare due volte perché bagnato fradicio. Mi fanno una gran pena quelli che pedalano i rickshaw, bagnati sono alle ossa e con addosso un telo di plastica che dovrebbe ripararli dalla pioggia. Non riesci a capire se sono bagnati di pioggia o di sudore. Forse di tutti e due.

E tanti di loro sono giovani, alcuni addirittura adolescenti, che con questo "lavoro" rischiano la tubercolosi.

Poiché mi gira la testa, invio qualche foto che dovrebbe spiegare quanto ho scritto vertiginosamente lasciando al caro Bruno il compito di comunicare con voi.

Un abbraccio ....bagnato

Fr.Adolfo

2005

Lettera agli amici

Dinajpur - ottobre

Amici carissimi, Questo anno 2005 sarà ricordato, almeno da me, come l’anno dei disastri. Uno non è ancora terminato che un altro viene fuori. Iniziato con il Tsunami del 26 Dicembre 2004, seguito dai tifoni che hanno colpito gli Stati Uniti, il Giappone, le Filippine e l’India, dalle bombe giornaliere in Iraq, dalla non pace in Palestina, dall’alluvione di questi giorni in India e Bangladesh e dal terremoto nel Kashmir, per accennare solo agli ultimi avvenimenti.

Sia a Dinajpur che a Dhanjuri abbiamo tremato non poco con il vedere l’alzarsi continuo dell’acqua. Alcune zone della nostra provincia continuano ad essere inondate con molta gente che cerca un posto alto per salvare quello che può o trasferirsi in qualche altro posto più sicuro per riprendere una vita, molte volte di stenti. I giornali parlano di 50.000 sfollati negli ultimi giorni, ma in Bangladesh ed in altre zone dell’Asia, siamo abituati a cifre sino a cinque-sei zeri, in queste occasioni.

Positiva la solidarietà che scatta, in buona parte da organizzazioni non governative o di gruppi di volenterosi in aiuto a queste situazioni di indigenza.

Qualcuno parla di castigo di Dio, qualche altro di politiche sbagliate o di conseguenze per omissioni di atti dovuti per mantenere una ecologia in cui la vita abbia la sua priorità.

In questa settimana in Bangladesh ed India c’è la festività della Durga Puja, della vittoria del bene sul male, mentre i nostri fratelli mussulmani osservano il digiuno del Ramadam. Pace relativa, perché in molte zone si ha sempre paura dello scoppio di qualche “grosso petardo” o di qualche bomba.

Forse avete saputo che ho trascorso due mesi in Italia perché avevo bisogno di riposo. L’aria di casa e le vostre attenzioni mi hanno fatto bene, anche se non ho visto molti di voi. Rientrato con l’amico Bruno il mese trascorso insieme è praticamente volato e mi accorgo che non riesco a stare ai suoi ritmi come ai ritmi dei miei ragazzi. Una ne pensano e dieci ne fanno......

Oggi il mondo viaggia in “tempo reale” per cui non hai né tempo di ponderare o né scusa per aspettare. Devi poter reagire “subito” “urgente” “immediato”. Vi confesso che su questo perdo sempre, forse perché resto un poco lentone ( o polentone).

Per non stancarvi eccovi alcuni aggiornamenti:

1. - L’impegno importante resta il “sostegno allo studio”. Esso ha tante sfaccettature ma uno scopo chiaro : aiutare i piccoli, i ragazzi, i giovani ad essere protagonisti del loro futuro. Ringrazio quanti tra voi con sacrificio contribuiscono a questo impegno.

Oggi ho “rivisitato” la Novara Technical School dove oltre cento giovani si danno da fare vicino le macchine della falegnameria, meccanica o motoristica ed è un piacere vederli impegnati in una ambiente pulito ed ordinato.

Appena fuori del cancello della scuola, ritornando in parrocchia gruppi di ragazzi e giovani ai lati della strada sotto dei ripari di lamiera, il corpo sporco di olio, impegnati a pulire lamiere, o anneriti dal fumo della fornace, si danno da fare per riparare qualche camion, trattore, autobus o altro. Non hanno istruzione, per cui sono sottopagati e discriminati.

Ho riproposto ad uno dei proprietari di una officina di fare almeno un’ora di scuola al giorno per i suoi ragazzi (sono una ventina). Disegnano sulla sabbia i lavori di saldature che devono fare. Al proprietario ho detto che pagherò io il maestro e mi ha dato una mezza speranza. Farei insegnare disegno e matematica. Speriamo....

Osservo i rickshaw (come sapete sono i tricicli per trasporto di persone o cose) che circolano per Dinajpur e noto che aumentano sempre più i giovani e gli adolescenti che pedalano con qualsiasi tempo, per guadagnarsi la giornata. Non hanno istruzione per cui devono accontentarsi e rischiare di contrarre la Tubercolosi.

Continuerei con i bambini usati per il riciclaggio della spazzatura (operatori ecologici !!!) che vanno in giro per la raccolta differenziata con un sacchetto di plastica e due mani unte e bisunte, con i segni della scabbia. Il camion del comune per il trasporto dell’immondizia (nuovo, donato da qualche organismo internazionale) arriva, scarica a fianco alla strada e poi .... arrivano loro.

2. L’impegno verso i malati ; grazie al cielo Kimi sta meglio, dopo visite ed analisi di ospedale, viaggi tra Dhaka e Dinajpur per avere il responso dei medici e degli specialisti. E dire che sei anni fa gli avevano dato pochi mesi di vita. È una bella ragazza arguta che mi richiama all’ordine quando si tratta dei diritti delle bambine.

Cecilia continua a pregare ricordando tante persone dal suo letto di sofferenza. Continua ed essere un parafulmine per varie necessità e diverse persone.

Continua l’impegno per i lebbrosi con l’ospedale di Dhanjuri ed il lavoro delle cliniche. Come anticipato durante la mia visita in Italia, la diocesi intende ampliare il servizio ai disabili con una zona per loro all’ospedale a Dhanjuri.

Anche per questo si pensa di avere personale preparato ed un nuovo fabbricato per la fisioterapia . 03. 1932 è la data inscritta sulla croce che sovrasta la cappella del lebbrosario. Così dopo 73 anni mi sono fatto coraggio ed ho iniziato i lavori per la ristrutturazione della cappella stessa.

Gesù Eucarestia è sempre stato un compagno silenzioso ed importante sia per il malato che per chi opera per lui. Il mio sogno è avere la presenza continua di Gesù Eucarestia in questa cappella.

3. Casette per le famiglie. La casa, anche se di fango o di bambù è sempre un punto di riferimento per il nucleo familiare. Con il continuo aumento della popolazione, circa 2.400.000 anche quest’anno, avere un posto dove stare diventa sempre più problematico. Con le piogge di quest’anno ne abbiamo dovuto riparare diverse. (rifare il tetto, aggiustare le pareti e cose simili). In lista di attesa ci sono sei famiglie. Grazie.

Ormai ho diritto alla pensione e sogno una bella sedia a sdraio con a fianco libri da leggere in attesa di qualcuno che abbia desiderio di passare un poco di tempo con me e parlare. Il sognare è di noi anziani. Dei giovani è avere visioni per costruire una mondo nuovo.

In questi giorni ci sono le riunioni in parrocchia per il “Fondo per l’educazione”. Fu un’idea di sei anni fa. Chiesi ad ogni bambino di depositare a proprio nome almeno una Taka (poco più di 0,01 €) alla settimana. Deposito da fare il Venerdì dopo l’ora di catechismo. Detto deposito deve servire come aiuto allo studio e la somma depositata può essere ritirata dopo l’esame della decima (II superiore) per proseguire gli studi. Dopo dieci anni si può avere una discreta somma per proseguire gli studi. Su detti conti vengono dati gli interessi, degli incentivi annuali per valorizzare il risparmio ed altri premi chi ha i migliori risultati di studio a fine anno.

Oggi sono 5 i gruppi di villaggi diversi che hanno aderito a questa iniziativa con un totale di circa 350 ragazzi. Alcuni genitori hanno chiesto di iniziare il deposito a favori di piccoli che ancora non hanno l’età per frequentare la scuola. Allora qualcosa si muove in positivo per il domani.

Oggi , 18 Ottobre, la Liturgia celebra la festa di S.Luca. Ho pensato bello salutarvi con il passo di S. Paolo proposto per la preghiera del vespro a chiusura della giornata.

“Noi rendiamo continuamente grazie a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, nelle nostre preghiere per voi, per le notizie ricevute circa la vostra fede in Cristo Gesù, e la carità che avete verso tutti i santi, in vista della speranza che vi attende nei cieli. Di questa speranza voi avete già udito l’annunzio dalla parola di verità del Vangelo, il quale è giunto a voi, come pure in tutto il mondo fruttifica e si sviluppa.”

Un forte abbraccio nel ricordo costante al Signore per tutti voi,

Fr.Adolfo

2005

Lettera agli amici

Dinajpur - 22 novembre

Sono iniziati i lavori per la costruzione del padiglione per la fisioterapia.

Giovedì 17 Novembre P.Cherubim ha benedetto la prima fondazione. Presenti gli operai ed i malati ricoverati in ospedale. Si spera di poter terminare il fabbricato a due piani nell'arco di un anno.

Ricordo che questa sezione svolge anche un servizio a disabili non lebbrosi.

Il costo del progetto è di circa 40.000 USD o 36.000 Euro.

Ne abbiamo a disposizione per ora la metà

Ringraziamo di cuore quanti ci hanno aiutato o continueranno a sostenerci

Fr.Adolfo

2005

Le...pillole di p.Adolfo

Dhanjuri - 4 dicembre

Dopo un'interruzione dovuta a virus che ha infettato e bloccato il computer per giorni vi invio alcune brevi notizie.

- Una serie di scioperi e riunioni politiche hanno reso la vita pubblica abbastanza instabile e quella della povera gente ancora più difficile.

- Marta, una delle mie "ragazze" che è da 40 anni a Dhanjuri al Lebbrosario, è caduta mentre andava in cucina ad offrire aiuto fratturandosi la gamba in quattro punti. Ora è ricoverata nell' ospedale St.Vincent di Dinajpur e ne avrà per 40 giorni.

- Martedì 22, festa di S. Cecilia. La stanza di Cecilia, a letto da 15 anni, si è trasformata in...Cattedrale con S.Messa solenne cantata dai bambini ed alla presenza di Sr.Pia (91 anni!).

- A Dhanjuri abbiamo benedetto la posa della prima pietra del nuovo fabbricato per la fisioterapia del Lebbrosario.

- È giunto a Dinajpur un gruppo di medici di Genova per il loro servizio all'ospedale St.Vincent.

2005

Natale 2005

Dinajpur - 13 dicembre

Carissimi Amici,

siamo a Natale ed è il momento per ricordarsi gli uni degli altri alla Luce di “Colui che viene in nome del Signore”. Vedere il passato per ringraziare e guardare al futuro alla luce della speranza.

Vi sono tanti angoli bui nella vita di oggi. Anche in Bangladesh è iniziata l’ondata di terrorismo che usa le bombe per uccidersi ed uccidere. È un aspetto aberrante in una società che ama la vita, anche se difficile e dura. Quest’anno non si potrà avere la funzione del Natale di notte. Ormai in tutto il paese si consiglia di anticipare alla sera e prima del buio. Controlli per tutti e dovunque per le minacce che vengono fatte da anonimi in modi e tempi diversi.

Lui che è “la luce che illumina ogni uomo” è atteso da chi nutre una speranza nuova basata sull’amore e non sulla forza od il potere.

Scrivo queste note il giorno di Santa Lucia da Dhanjuri per dirvi cose che ci stanno a cuore. In ospedale sono iniziati i lavori del nuovo fabbricato per la fisioterapia. speriamo di portarlo a termine, con l’aiuto della Provvidenza, entro il 2006. Abbiamo iniziato e siamo fuori delle fondamenta con i soldi necessari per coprire il piano terreno. Il totale del costo si aggira sui 48.000 Euro.

Stiamo anche mettendo a nuovo la cappella che fu costruita nel 1932, quando questo posto era un posto per morire. Oggi si può guarire dalla lebbra e tornare a svolgere un lavoro anche se bisognosi di accompagnamento e di cure. Attraverso le cliniche abbiamo aiutato 16 famiglie di ex lebbrosi ad avere un minimo di entrata dando loro una mucca da latte o insegnando un mestiere. Altre quattro famiglie sono state aiutate ad aggiustare la casa.

Al personale dell’ospedale si è aggiunto un giovane fisioterapista che ha terminato il corso che lo ha qualificato per questo lavoro. Ha entusiasmo e buona volontà di fare bene il suo impegno e cose nuove. Spero e prego perché altri giovani come lui si preparino ad un servizio ai più emarginati. Ammiro le giovani infermiere e lavoranti che in silenzio tengono questo gruppo umano pulito e sereno, anche se potrebbero avere lavoro ben pagato altrove.

Vi saluto con le parole di S. Paolo: “Il Dio della Pace vi santifichi sino alla perfezione, e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile sino alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo.”

Fr.Adolfo