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Chi siamo

02/11/2019

Informazione o formazione?

Ce lo chiediamo anche noi, a cosa serve davvero questo luogo ricreativo ritagliatoci nel cyber spazio comunemente chiamato web? Ebbene, siamo giovani, siamo confusi, non ci si può aspettare molto da noi. Il mutamento è la nostra parola d’ordine, l’insicurezza ci caratterizza da quando siamo entrati in quella fatidica età generalizzata, gli anni del “teen”, chiassosa o monotona che sia. Idee fugaci, convinzioni come pietre miliari e sogni di un alito così dolce da sembrare “bubble tea” strapagati a uno Starbucks adorato da dodicenni come la vetta della Libertà. Scimmie urlatrici di drammi fittizi, o muti idealisti di pensieri fragilmente giusti.

Sì, possiamo essere ogni cosa, ciò che è chiaro è questo: abbiamo una voce. Anzi no, ne abbiamo parecchie, non vogliamo che cadano a pezzi, roche e sporcate di polvere. Vogliamo usarle, anche solo per raccontare quel filo sottile che passa per la testa di ognuno come un testimone in una gara di staffetta. Parlare del mondo che ci circonda in modo oggettivo, farci idee, discuterne, dare opinioni, capire quali verità seguire.

Il Cardellino può offrire uno spazio ampio, dare l’opportunità di scrivere e sognare lavorando in modo professionale, imparare a organizzare uno spazio autogestito di informazione e opinione per formarci a un utilizzo delle fonti e oggettivazione della realtà.

Sbaglieremo sicuramente qualcosa, perdonatecelo, siamo alla prima esperienza, ma abbiamo una voce, ora sappiamo dove parlare.

Letizia Chesini



Carduelis carduelis

05/11/2019

“Il cardellino canta nella gabbietta sospesa tra le tende al palchetto della finestra. Sente forse la primavera che s’approssima? Ahimè, forse la sente anch’esso l’antico ramo del noce da cui fu tratta la mia seggiola, che al canto del cardellino ora scricchiola. Forse s’intendono, con quel canto e con questo scricchiolìo, l’uccello imprigionato e il noce ridotto in seggiola.”

Uno nessuno centomila, L. Pirandello

Potrebbe essere una voce imprigionata, la nostra, che canta per cercare lo scricchiolio di qualcuno che ci intenda, forse cerchiamo un antico ramo che nella nostra situazione si accordi al nostro canto. Siamo come Acalante, trasformata in cardellino per aver sfidato le muse al canto, la nostra voce non è che un cinguettio o un canto sommesso dalla scarsa musicalità ancora acerbo e insicuro, questa è la nostra punizione divina. Ma non per questo né noi né Acalante smettiamo di cantare, forse la nostra voce resterà misteriosa come il canto dell’uccello magari ascoltata ma non compresa, non decifrata; non abbiamo pretese di essere sentiti troppo lontano, ci basta il nostro spazio, ciò che conta è che d’ora in poi il nostro multiforme canto sarà vivo nel tumulto vociferante della contemporaneità.

Marco Gatti


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