24 luglio 2020

Leggi il cibo mangia le parole

Da dove arriva ciò che mangiamo? Se mangio una fragola in inverno verrà l'apocalisse? E altri argomenti simili.

Cibo, sostenibilità ambientale, piccole produzioni ... temi scottanti che ho scelto di affrontare o meglio, sfiorare, parlando, o meglio, lasciando parlare Andrea Santoni: un ragazzo che da sempre partecipa attivamente a moltissime iniziative a Trento e che frequenta l'università di filosofia presso Unitn. Abbiamo deciso di toccare queste grandi tematiche descrivendo e raccontando una nuovissima realtà, nata da quattro studenti di Trento tra cui lo stesso Andrea, e che ha preso a cuore questi problemi agendo attivamente e praticamente sul territorio.

Di che cosa si sta parlando? Che volti si celano sotto questa iniziativa?

Siamo in quattro: Viviana, Emanuele, Silvia ed io, Andrea, relativamente giovani, diciamo tra i 23, 27 e 28 anni. Giovanissimi! Relativamente, potremmo essere più giovani come più vecchi.

La Chichera è un'associazione che abbiamo creato abbastanza di recente, formalizzata a gennaio, nei tempi utili che ci servivano a partecipare al bando dei piani giovani di zona. Per partecipare a determinati bandi, abbiamo deciso di portare avanti il coro principale dell'associazione per poi valutare dopo un anno di sperimentazione che cosa fare con questo strumento che abbiamo cercato di implementare. Facendo invece un po' di retroscena...che cos'è? La Chichera è nata in un momento un po' particolare. L'anno scorso io, assieme a una delle ragazze che fa parte proprio della Chichera, Viviana, facevamo parte di un'altra associazione che portava avanti un'iniziativa a tema soprattutto economico-alimentare, e avevamo costruito una convenzione con un ortofrutta in zona delle università chiedendogli: "ma se ti chiedessi di darmi della frutta e verdura di stagione a un prezzo contenuto?" Abbiamo ipotizzato che il budget di uno studente universitario in quel caso fosse basso dal momento che di solito gli studenti universitari hanno pochi soldi e spesso non li guadagnano loro e quindi di conseguenza sono poco restii a spenderli. Di norma infatti vanno semplicemente nella grande distribuzione a comprare e fare la spesa, vanno nei supermercati, perché sono comodi, vicini, economici e trovano tutto. La nostra idea però, era quella di cercare di fare qualcosa di più interessante, e con Viviana abbiamo pensato che con un ortofrutta potevamo ragionare in questo senso. L'iniziativa è stata molto apprezzata, è andata molto bene. Abbiamo iniziato a costruirla bene, a capire per esempio la quantità e tecnicamente il modo in cui svolgere gli ordini di frutta e verdura. Abbiamo mediato tutto tramite un canale Telegram: per ricevere il sacchetto contenente i prodotti dell'ortofrutta bisognava iscriversi e compilare un format generale dove si chiedevano le allergie. Tutt'oggi facciamo così.

Sull'alimentazione ci sono tante iniziative, la nostra era calata e calibrata su un mondo e con un'ottica diversa. Sicuramente è diretta a una parte della popolazione di norma più giovane, ma soprattutto una che è molto più marginale. L'idea appunto, è quella di rendere un prodotto buono, allo stesso tempo sostenibile economicamente; di conseguenza La Chichera vuol essere anche un modo per rivalorizzare un certo tipo di mercato. Purtroppo l'idea generale di base è che il settore biologico rimane di fatto solo esclusivamente di nicchia. Noi cerchiamo invece di renderlo una cosa popolare, pop, nel senso che ci piace fare: economico, facile e magari anche simpatico. Su questo poi ci lavoreremo attraverso un po' di iniziative.

Certamente questa tematica è essenziale, e il fatto che sia stata creata da giovani per i giovani è altrettanto importante. Ma che cosa può dare La Chichera alla città di Trento e che cosa questa città le può offrire per fare in modo che questa iniziativa diventi sempre più grande e coinvolga sempre più persone? Con Emanuele negli ultimi due anni ci siamo dedicati molto alla costruzione di gruppi e socialità. Penso per esempio a quando abbiamo organizzato il Poplarcard, cioè tutta la parte culturale di Poplar, oppure Human. Abbiamo sempre visto con un certo occhio e con un certo interesse tutte le azioni di comunità. Quello che possiamo fare in realtà -e quello che vogliamo fare-, è creare una rete di iniziative che creino comunità con un'ottica che viene chiamata di welfare generativo. Cioè? Cioè un'impresa che ha un occhio per la comunità che la circonda. Ad esempio a Trento c'è via S. Martino che in questi ultimi tempi anima il quartiere (basti pensare alla libreria Due punti proprio in quella via e con la quale collaboriamo spesso per organizzare eventi). Per fare un'impresa bene bisogna costruire un giro di persone che non siano semplicemente gente da spennare, ma piuttosto da coinvolgere nella relazione sociale. Bisogna quindi creare più partecipazione? Certo. Per parlare di partecipazione posso anche accennare alle esperienze passate che abbiamo fatto. E' dalla creazione del libro "la Trento che vorrei" che siamo arrivati a pensare alla Chichera, che contiene al suo interno altre iniziative collegate, come quella del Prosàc. Spiegami un po' meglio di cosa si tratta...Sicuramente dobbiamo raccontarlo meglio, ma Covid ci ha interrotto questa iniziativa che stavamo cercando di costruire, abbiamo quindi un po' rallentato la narrazione e lo stiamo facendo in modo molto più sperimentale per migliorare le offerte. Ad ogni modo il Prosàc è questo sacchetto che ogni acquirente ottiene, contenente frutta e verdura di stagione proveniente dagli ortofrutticoli della città che collaborano con La Chichera. Ci sono anche dei valori aggiunti dentro questa cesta. Ovvero? Temi ambientali, temi sociali. Quello che vendiamo deve avere una descrizione e una storia importante, oltre che la pura economicità: i prodotti non devono avere solo lo stesso prezzo con cui compriamo le cose ad esempio dal Belgio o dal Congo... No, vogliamo fare qualcosa di più. Inoltre all'interno del Prosàc si troveranno anche delle ricette per valorizzare i prodotti che si trovano al suo interno e anche per raccontare e valorizzare la tradizione culinaria trentina. Con gli esercenti che abbiamo coinvolto in questa iniziativa c'era proprio l'idea di trasformare il territorio che ci circonda da tutti i punti di vista (ambientale, delle tradizioni ...). Dobbiamo farlo e per farlo dobbiamo agire immediatamente perché c'è bisogno di una trasformazione sociale e ambientale rapida. C'è il bisogno di un'utenza che sia, per così dire, sostenibile ambientalmente e socialmente.

Come potresti riassumere La Chichera in poche parole? Con poche parole? Dipende a chi sto parlando. Per esempio ad un imprenditore userei magari il termine trasformazione del sistema cooperativo trentino, loro ovviamente sanno a cosa mi riferisco! Parlando invece all'utenza userei proprio il termine welfare generativo, anche se di norma non tutte le persone sanno cosa significa. Nel mio caso significa generare welfare tramite le imprese. Quindi agendo sul territorio, chi coinvolge? Ci sono due utenze sostanzialmente: la parte esercenti, come per esempio chi ha un orto, o chi ha un baretto, chi ha un ortofrutta o luoghi del genere, e l'utenza: la parte trainante. Chiaramente l'obiettivo è quello di creare un target piuttosto giovane in modo che queste iniziative, se iniziamo ad affrontarle a vent'anni e non a cinquanta, le ci si porta dietro per i prossimi trent'anni. Credo infatti che ci sia una certa urgenza nel farlo. I social aiutano nella comunicazione? I social sono fondamentali. Senza dubbio. Su qualsiasi iniziativa di sensibilizzazione di un tema aiutano moltissimo. Instagram per raggiungere un pubblico universitario è probabilmente il mezzo migliore. Per raccontare meglio e in modo più dettagliato le cose allora sceglierei Facebook. Quali altre iniziative, oltre il Prosàc, propone La Chichera? Orto aperto Clarina, anche se ora non è molto conosciuta come iniziativa è davvero interessante. E' gestita da otto ragazzi, che hanno preso un terreno che era incolto, in mezzo al quale avrebbero dovuto costruire una ciclabile e hanno deciso di farci un orto per la comunità che abita là intorno. Ovviamente non supplisce di frutta e verdura tutto il quartiere, però ci coltivano e organizzano anche degli eventi. Chi fosse interessato a ricevere il Prosàc e seguire gli eventi che organizza la Chichera, cosa può fare? Per ora ci si iscrive al gruppo su Telegram, di cui si può trovare il link nella biografia della pagina Instagram, a breve apriremo anche il canale su Whatsapp. Il Prosàc si riceve poi ogni settimana! Sono naturalmente orari standard, che cambiano ogni tre mesi. E' un progetto solamente dedicato agli studenti e ai giovani lavoratori? No, è aperto a tutti. Certamente per come è stato studiato l'affluenza sarà decisamente di giovani. Questo perché prima di tutto nel sacchetto non si può scegliere cosa inserirci, e quindi è facile che le famiglie con bambini preferiscano scegliere quale e quanta frutta e verdura acquistare. Inoltre è un sistema davvero efficace e comodo per gli studenti perché è veloce. Per esempio davanti alla mia università c'è il negozio di frutta e verdura, ed è aperto proprio quando finisco lezione, alle 19:20. Quanti negozi avete coinvolto? All'inizio uno. L'affluenza nei momenti di picco era davvero molto alta, c'erano circa 250 utenti, ne avrebbero presi di più ma in quel negozio non c'era abbastanza frutta e verdura per tutti! Siamo alla ricerca di nuove realtà, e tra loro anche molto diverse. Quest'estate le proveremo in via sperimentale con la speranza di ritornare a settembre più forti e più di prima.

Cosa ci insegna di importante La Chichera? Iniziative come queste ne possono esistere molte. Iniziative che cercano di dare valore a quello che è il mondo agroalimentare e cercare di riportare sul piatto prodotti di qualità, del territorio, che possono cambiare in qualche modo la vita delle persone. Purtroppo non tutte sono riuscite ad emergere perché si basano sul finanziamento pubblico. Il motivo per cui noi andiamo a diventare un'impresa è che, se davvero vogliamo cambiare le cose, abbiamo bisogno che quello effettivamente sia un lavoro, e non un hobby a tempo perso. Possiamo quindi dire che La Chichera aiuta anche a livellare e ad abbattere il "luogo comune" che il cibo trattato in una certa maniera e a chilometro zero sia cibo solo per chi se lo può permettere economicamente? Certamente. Questo è proprio l'obiettivo ultimo della Chichera. Valorizzare il cibo locale, le tradizioni e l'attenzione verso il modo e la quantità in cui sono trattati i vari prodotti. Un'altra enorme problematica invece è quella della carne. Se vogliamo un cibo davvero sostenibile ambientalmente non possiamo più permetterci di produrre della carne in maniera sostenibile pagando probabilmente 35 cent. un hamburger all'Eurospin. Noi pensiamo che soprattutto sul mondo agricolo si possa lavorare per renderlo economico, e sicuramente anche nel mondo della carne si può lavorare. Il mantra dev'essere: "Meno e meglio".



Beatrice Hentschel


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