12 febbraio 2021

MATRIMONIO INFANTILE

Una delle tante conseguenze del Covid

Da quasi un anno ormai le scuole di tutto il mondo hanno chiuso i battenti per contrastare la diffusione del COVID-19. Se nei Paesi più ricchi la didattica a distanza sta creando non pochi problemi, in quelli più poveri la chiusura delle scuole scatena situazioni ben più gravi. Secondo Save the Children, ben due milioni e mezzo di ragazze rischiano di essere date in moglie giovanissime proprio come conseguenza del virus.

Le scuole chiuse - senza possibilità di seguire le lezioni online - e la dilagante povertà provocata dai lockdown hanno posto il matrimonio infantile sotto una nuova luce per molte famiglie del sud-est asiatico, dove i matrimoni precoci sono più frequenti. Infatti dare in moglie una figlia permette non solo di avere una bocca in meno da sfamare, ma spesso significa ricevere compensazioni in denaro ed appezzamenti terrieri da parte della famiglia dello sposo. Michael Brosowski, fondatore dell’associazione Blue Dragon Children in Vietnam, spiega come sia difficile raccogliere dati esatti riguardanti i matrimoni infantili, tuttavia non c’è dubbio che siano aumentati nell’ultimo anno: “Siamo convinti che il numero di matrimoni precoci sia aumentato in parte perché molte famiglie si sono trovate nella situazione di non poter più sfamare i figli e, di conseguenza, dare le figlie in sposa è sembrata la cosa migliore da fare”.

L’Onlus World Vision International ha raccolto le testimonianze di bambine afghane che sono state costrette a sposarsi giovanissime.

«Il mio nome è Layega. Ho 12 anni e vivo nel distretto di Moqur, Afghanistan. Sono la seconda di sette figli. Mio padre è un agricoltore, mentre mia madre non può lavorare perché malata. Viviamo in dieci nella stessa casa, incluso mio zio, che soffre di paralisi.

L’arrivo del COVID ha peggiorato rapidamente la nostra situazione economica e non potevamo più sostenere le spese mediche di mia madre. Per far fronte ai bisogni primari della mia famiglia e alle bollette mediche, sono stata data in moglie ad un vicino di casa di 22 anni. La famiglia di mio marito ha assicurato una la compensazione matrimoniale a mio padre pari a 700,000 afs. Il prezzo della sposa includeva inoltre olio, farina, vestiti e benzina. Erano mesi che la mia famiglia non mangiava carne e riso e dopo il matrimonio la situazione è migliorata. Ora che sono sposata ho accettato il mio incerto avvenire».


«Mi chiamo Feroza e ho 15 anni. Vivo con dieci membri della mia famiglia nel distretto di Badghis, Afghanistan. Ero una studentessa in un centro di apprendimento accelerato dell’associazione World Vision, ma la scuola è stata chiusa causa COVID. La mia famiglia ha sempre avuto problemi finanziari e il virus ha aggravato la situazione: stiamo affrontando difficoltà estreme e non siamo riusciti a comprare olio o riso per tre mesi. Le cose sono peggiorate quando uno dei miei fratelli ha spinto i nostri genitori a farlo sposare per evitare di essere di nuovo reclutato nell’esercito. Quando era arruolato ha subito gravi ferite causate da una mina e l’idea di tornare in guerra lo spaventava. A causa dei crescenti problemi economici e della volontà di mio fratello di sposarsi, la mia famiglia ha deciso di darmi in moglie per alleviare queste difficoltà.

Ora sono sposata e mio marito è andato a cercare lavoro in Iran. Mi ha lasciata senza educazione e senza futuro. Sono sola, insicura sul da farsi e piena di paura per ciò che mi aspetta in futuro».


Il rischio di violenza e sfruttamento sessuale unito alla grave crisi economica spinge i genitori a credere di non avere alternativa se non quella di far sposare le proprie figlie con uomini molto più grandi di loro. Questi matrimoni violano i diritti delle ragazze e le lasciano esposte al rischio di dover affrontare problemi quali depressione, violenze, disabilità o addirittura mortalità materna.

La diffusione del Coronavirus e la conseguente chiusura delle scuole ha causato l’interruzione dell’istruzione di un miliardo e mezzo di bambini ed analizzando i dati raccolti in seguito all’epidemia dell’Ebola, probabilmente molte ragazze non torneranno in classe al termine della crisi sanitaria. Costrette a lavorare o a sposarsi ben prima del dovuto, il rischio di non riprendere in mano i libri di scuola è altissimo, specialmente per le ragazze che non hanno accesso alla didattica a distanza.

Kevin Watkins, CEO di Save The Children UK, lancia un appello ai leader mondiali: «Ormai è arrivato il momento di unire le forze per proteggere una generazione di ragazze, cosicché non perdano opportunità fondamentali per la loro vita, come l’educazione - di cui hanno pari diritto dei ragazzi. Non c’è dubbio che la pandemia abbia inasprito le disuguaglianze di genere già esistenti ed il rischio che i progressi degli ultimi anni si perdano è molto alto.

Non possiamo, non dobbiamo, lasciare che le cose vadano oltre».


Elena Ricci



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