8 maggio 2020

Niente da fare

Se avete da fare qualcosa vi consiglio di andare a farla, e non perdere tempo qui a non far niente, leggendo questo articolo. Non è una di quelle letture che poi ti danno la carica per andare a far qualcosa, non ha un'utilità, probabilmente sarà lunga e conoscendomi cercherò di metter giù le frasi nel modo più complicato possibile, sicché il lettore sarà portato a credere che 'sì alti lemmi sommi concetti et veritiere sentenze portino, senza star lì a pensare se la frase abbia manco senso. Procediamo con ordine.

Anzi no.

Confesso che mi sto divertendo. Forse l'inizio accattivante del "non leggetemi, faccio schifo" si sta prolungando un po' troppo, e il personaggio fittizio del "pensatore" che scrive il suo flusso di pensieri ostentando una psiche complicata sta ormai traballando, quindi adesso sarebbe effettivamente il momento di smettere di leggere. Mi auguro veramente che i più indaffarati lo facciano, perché stanno perdendo il loro tempo. Probabilmente chi continua a leggere queste inutili righe ancora spera di scoprire chissà quale argomento interessante e geniale più avanti, e che quanto letto finora sia solo un'introduzione un po' particolare – anche se probabilmente neanche tanto, forse è più che banale. Effettivamente di solito i testi funzionerebbero così, cioè con un inizio che ti invoglia a proseguire, poi appena scopri di cosa si tratta decidi se andare avanti oppure no. Ma finché non lo scopri vai avanti, è brutto lasciar perdere qualcosa quando non sai ancora cos'è. Mi scuso, sto parlando di qualcosa, non era questa la mia intenzione, cambio subito strada. Se questo testo dovesse essere stampato probabilmente non l'avrei scritto. Inutile dire che non varrebbe la carta sul quale sarebbe impresso, né il tempo che la gente impiegherebbe a leggerlo; ma ormai avete deciso di andare avanti, nonostante i miei avvertimenti, quindi almeno di questo non posso sentirmi responsabile. Certo che però avrebbe il suo fascino vederlo stampato. Non cambierebbe poi molto in fondo, la pagina resterebbe comunque vuota. La gente vede un foglio pieno di parole e pensa subito che ci sia scritto sopra qualcosa. Un po' come sentire le persone che parlano, e automaticamente pensare che stiano parlando di qualcosa. O come vedere qualcuno che fa qualcosa, e quel qualcosa è niente. Sta facendo qualcosa, non sta facendo niente, o sta facendo niente? Sì dai, la domanda retorica con il gioco di parole fa sempre il suo bell'effetto, e io ce la lascio; tra l'altro mi stavo ancora addentrando nella pericolosa zona del "dire qualcosa". Cambiando argomento, vi confesso che non era questo l'articolo che volevo scrivere. Sì, era molto simile, ma pensavo di esprimerlo in tutt'altra maniera. Forse non avevo voglia di star lì a pensare a come parlare di qualcosa, e mi bastava la soddisfazione di riempire la pagina, conscio che tanto non verrà stampata. E non avevo neanche voglia di destreggiarmi con le solite costruzioni verbali assurde, come in realtà avevo detto all'inizio. Scusate, mi sono reso conto che non ne ho proprio voglia. Beh, potrei anche chiuderla qua, la pagina è sufficientemente nera, e tanto s'è capito come andrà avanti. Ma ormai chi ha letto fino a questo punto il proprio tempo l'ha già perso, e io ci sto prendendo la mano. Quindi continuo. Inizialmente ero anche tentato di presentare le solite citazioni di artisti o personaggi importanti, come si fa di prassi in questo tipo di articolo. Il "pensiamo ad esempio al capolavoro di..." e affini, tanto per far vedere che si conosce qualcosa e rendere la lettura meno pesante. E se il lettore conosce quello di cui si parla tanto meglio, che si crede pure colto e in gamba perché ha riprova che le cose che sa servano a qualcosa, se non altro a essere sapute in momenti come questo. Bah, lascio a voi decidere se abbia senso o no, non è certo questo l'argomento che sto trattando. Comunque, quel tipo di citazioni insomma. È un peccato, perché alcune sarebbero calzate a pennello. Dai, una almeno ve la concedo, è troppo bella per non farla, ma non adesso. Certo che non vorrei esser nei panni dei miei lettori – fa strano dire "i miei lettori", fa sentire al centro dell'attenzione, provateci qualche volta – anzi, spero vivamente che nessuno sia arrivato fin qui, soprattutto i più indaffarati. Se è rimasto ancora qualcuno probabilmente è perché non aveva niente da fare, o non aveva voglia di fare niente. O aveva voglia di fare niente – fa sempre la sua bella figura. Magari il vostro far niente però per qualcun altro sarebbe far qualcosa. Qualcuno magari ci trova veramente gusto a leggere cose a caso, tanto per leggere; ma qualcun altro, un genitore di solito, potrebbe dirgli "metti via il telefono, e va' a fare qualcosa!". Come sto continuando a ripetervi io, del resto. E sicuramente c'è chi si diverte a perdere il proprio tempo a far perdere il tempo agli altri, sapendo che per un qualche motivo saranno portati a leggere o ascoltare inutili discorsi che fanno del niente un qualcosa. No cavolo, ci sono cascato di nuovo. Non potevo starmene zitto? Vabbè, non considerate quanto detto finora come delle riflessioni – spero si sia capito che non ero partito con l'idea di farne –, quanto piuttosto come uno scherzo, un dispetto per farvi procrastinare quello che avevate intenzione di fare. Ci ho messo tanto a decidermi a scrivere qualcosa e – anche se non l'ho ancora fatto – in fondo ci voleva appena una mezz'oretta. Potrei allegare in fondo un foglio a righe, dove potervi far annotare "ero capace anch'io", se non fosse che non avrebbe nessuna utilità. Chi è che starebbe lì a leggersi un elenco del genere? Dovrebbe esser proprio qualcuno che non ha niente di meglio da fare. Comunque sia, mi dispiace ugualmente che per mesi non ho scritto niente e ora mi presento scrivendo niente. Se non altro non posso esser accusato di incoerenza, no?


“Non c'è niente da esprimere, niente con cui esprimere, niente da cui esprimere, nessun desiderio di esprimere, insieme all'obbligo di esprimere” - Samuel Beckett


La corrispondenza tra forma e contenuto dell'articolo – se può esser definito tale – Niente da fare, avrà probabilmente generato qualche perplessità. Addentriamoci ora ad esporre in maniera un po' più artefatta l'oggetto della critica di tale articolo.

Come avete potuto constatare, l'articolo che avete letto non parla di niente, ma nella sua forma esteriore non è dissimile dagli scritti dei nostri sommi colleghi. Il bel disegno che creano le parole è talvolta sufficiente per raggiungere un primo livello di seduzione, il primo inganno: far credere che ci sia qualcosa. Un secondo livello generalmente lo si raggiunge rendendo tale disegno il più astratto possibile, con un lessico prosopopeico atto a distogliere l'attenzione del lettore dall'oggetto del discorso – si consiglia a tal proposito la lettura de Diego Fusaro, ocoparlare arcipiùbuono. L'aggiunta di immagini e citazioni dei più grandi capolavori artistici, o di qualsivoglia altra tipologia, crea inoltre un'analogia con oggetti concreti, e non a caso selezionati tra i più belli e conosciuti del patrimonio culturale. In questo modo il discorso viene nuovamente deviato dalla propria inconsistenza e tali informazioni-lampo fornite al lettore e sovente disgiunte dall'oggetto, bastano ad appagare la volontà di decifrare un discorso nato per essere il meno decifrabile possibile.

Purtroppo questi piccoli espedienti sono sempre più spesso sufficienti a supportare idee che nella loro inconsistenza vengono esaltante, e a legittimare ogni opinione che sia espressa con un linguaggio abbastanza oscuro da non esser afferrabile al soggetto, il quale di conseguenza non può che eclissarsi rispetto all'argomento trattato. Forse è la noia a far germogliare tante tematiche vuote, il fatto che esista un'enciclopedia analitica per ogni voce dell'enciclopedia, e l'unica cosa rimastaci è la possibilità di aggiungere qualche nota a piè di pagina. Tutto è bevuto, tutto mangiato! Più niente da dire! come direbbero i nostri amici francesi. La legittimazione tramite il lessico, la protezione dell'anonimato, la volontà di confrontarsi con grandi personaggi, imitandone la forma, ma non disponendo di contenuti, sono forse cause e fattori che contribuiscono a ciò. E ciononostante le note a piè di pagina appaiono e sono spesso imposte in modo tale da offuscare la voce di riferimento. Nell'ambito analitico la cosa è lampante: su di uno stesso fenomeno sono nate così tante interpretazioni che il metro di confronto non è più l'attendibilità, quanto piuttosto l'aspetto esteriore dell'ipotesi. Quando la caleidoscopica quantità di informazioni contraddittorie travolge il soggetto, egli perderà di vista il parametro fondamentale, ovvero la veridicità di tali informazioni, e si affiderà alla più seduttiva, o al contrario, alla meno oscura.

Noi invidiamo il linguaggio della matematica, basato su formule derivate dalla semplificazione di calcoli più complessi. Lo scopo di ogni calcolo, operazione o altro procedimento – chiediamo scusa per l'ignoranza terminologica – è una semplificazione, una sintesi di più elementi. Al contrario, le appendici che stiamo continuando ad aggiungere ai nostri dizionari sono basate sulle uguaglianze più assurde, le analogie più improbabili. Taluni concetti vengono alabardati da immagini decorative e inutili come per giustificare la presenza sulla pagina di tali pensieri. E forse vi sarete pure accorti che ciò è successo anche in questo articolo. C'era veramente bisogno di tutti questi caratteri per esprimere quanto detto, o era solo un tentativo di dare forza a un concetto di per sé banale ed esauribile in poche righe? – finiamo con la domanda retorica.


Hans K. M. Rott


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