5 giugno 2020

Relatività e relativismo

Crisi di un secolo, nascita dell'uomo contemporaneo

Nell’antichità le certezze erano poche, non si poteva comprendere come strofinando un bastone sopra di un altro poteva nascere il fuoco o come gli oggetti, se lasciati a mezz’aria, cadessero al posto di fluttuare. Due cose erano però chiare, all’inizio per esperienza e in seguito secondo le scoperte scientifiche. Queste erano il tempo e lo spazio. Il tempo scorreva, avanti, uguale, inarrestabile e lo spazio era circoscritto, la Terra il nostro spazio vitale, unico e solo, al centro di un universo non ancora conosciuto. Poi lo spazio venne sconvolto. La visione tolemaica spazzata via grazie a Galileo e Copernico. Il Sole, quella fonte di vita e luce che dopo circa dodici ore spariva per lasciare posto alla notte, era in realtà una palla di fuoco attorno alla quale noi, uomini e donne assieme al nostro mondo, ruotavamo incessantemente. Così lo spazio si ridistribuì e con le scoperte astronomiche rimase ancora non del tutto conoscibile. Newton aveva pensato allo spazio ma non si era azzardato a definirlo. Così l’uomo, anche se con una visione differente, riprese la propria vita, studiando e portando avanti la propria conoscenza. Sì, restava ancora il tempo. Poi, anche questa certezza crollò.

Nel 1905 Albert Einstein pubblicò sulla rivista scientifica “Annalen Der Phisyk” la Teoria della relatività chiamata oggi “Ristretta” perché fu completata dallo scienziato stesso nel 1915 con la “Teoria della Relatività Generale” comprendente tre concetti base: velocità, tempo e spazio. La teoria spiega un concetto sconvolgente: il tempo e lo spazio sono relativi e cioè non sono uguali ovunque, ma in relazione alla velocità, lo spazio si restringe mentre il tempo si dilata. Questo significa che viaggiando a velocità elevate il tempo non equivale a quello di chi è fermo, all’aumentare della velocità il tempo trascorre più lentamente, mentre lo spazio, per lo stesso principio, si restringe. Questo variare del tempo è quasi trascurabile quando si osservano fenomeni terrestri, anche se è provato che il tempo subisce una variazione a qualsiasi velocità. Minore è la velocità e maggiormente è trascurabile la dilatazione temporale, perché impercettibile empiricamente da noi esseri umani. Oltre a questo, Einstein riuscì a dare delle risposte concrete alla grande domanda “Cosa c’è nello spazio?”, egli scoprì di cosa è costituito lo spazio, parlando per la prima volta del campo gravitazionale.

Nel giro di un decennio uno scienziato era riuscito a spazzare via le più grandi certezze dell’umanità. Il determinismo e il positivismo di fine Ottocento furono contraddetti dalla scienza stessa e tutte le basi solide di conoscenza della società diventarono come polvere. Gli uomini si trovarono a cadere in un vortice di insicurezze e dubbi. Il tempo non era un dato costante, non più punto di certezza. Ma non solo il tempo entrò in crisi. La relatività era totale. Cosa era rimasto di certo e conoscibile? Sigmund Freud studiava la psicoanalisi, l’individuo si era scoperto non essere nemmeno completamente padrone di se stesso. Allora dove stava la verità?

Uno degli autori che per primo espose le sue idee di relativismo fu Luigi Pirandello. Lo scrittore è spesso considerato come figura vicina a quella di Einstein per via delle proprie idee, che però verterono sulla visione del mondo non in senso fisico e scientifico. Lo stesso Pirandello affermò riguardo al proprio relativismo «…ebbene, quei problemi erano unicamente miei, erano sorti nel mio spirito, si erano naturalmente imposti al mio pensiero. Solo dopo, quando i miei primi lavori apparvero mi fu detto che quelli erano i problemi del tempo, che altri, come me, in quello stesso periodo si consumavano su di essi. E oggi ancora io non conosco Einstein». La filosofia di Pirandello fu effettivamente molto personale e la propria visione del mondo fu di impronta vitalistica, cioè la teoria di un perpetuo movimento vitale, un divenire eterno, senza confini. Per Pirandello non solo il mondo è influenzato da questo tipo di realtà ma lo è anche l’umanità stessa. Non esiste l’individuo, l’uomo è parte dell’universo, che come esso, è proiettato all’espansione e il divenire, che però focalizzandosi su un’immagine soggettiva, è costretto in una forma. Proprio analizzando questo concetto possiamo forse intravedere la crisi più profonda delle certezze che caratterizza tutto l’inizio del Novecento. L’autore aderì infatti alle teorie dello psicologo francese Alfred Binet che studiava il concetto di personalità anche in base ai disturbi di essa. Pirandello arrivò ad affermare che il nostro essere fosse un insieme di infinite personalità in continuo sviluppo e cambiamento.

Einstein ci parla di un mutamento reale, quello dello spazio, del tempo, la luce deviata dal Sole e dai corpi, la gravità, qualcosa di estremamente potente, di una bellezza sconvolgente ma disarmante, cos’è l’uomo in confronto alla natura? Come può comprenderla appieno? La visione di Pirandello non fa altro che alimentare i dubbi, negando l’io del quale si era a lungo parlato nel secolo precedente e con esso anche l’oggettività del positivismo. Nulla è dato scientifico, tutto è soggettivo. L’uomo stesso è l’insieme di più immagini osservate da punti di vista differenti. Questa visione pirandelliana ci fa intuire il senso di impotenza nei confronti della conoscenza non solo generale ma anche di sé. La realtà è in continuo movimento perciò mutevole e multiforme, di conseguenza impossibile da conoscere oggettivamente. Questa visione è una chiara conseguenza della sfiducia nei confronti della scienza stessa che per secoli ha “ingannato” gli uomini convincendoli di cose scoperte poi false.

“[...] anche noi, quali fummo in altro tempo, viviamo tuttora e sentiamo e ragioniamo con pensieri e affetti già da lungo oblio oscurati, cancellati, spenti nella nostra coscienza presente, ma che a un urto, a un tumulto improvviso dello spirito, possono ancora dare prova di vita, mostrando vivo in noi un altro essere insospettato.”

L’estratto sopra riportato tratto dall’”Umorismo”, esprime un concetto che seppur traslato sulla concezione dell’individuo, può ricordare il continuum spazio-tempo della relatività di Albert Einstein. Allo stesso modo seppur in chiave filosofica, Pirandello descrive la nostra esistenza come frammentata in diversi momenti, che rimarranno presenti e aperti. Il nostro “vivere” è provato sia dal passato, che dal presente, noi siamo quello che eravamo ieri, ma anche quello che siamo ora, e questo ci rende l’insieme dei nostri stati in continua trasformazione. Il bicchiere prima di cadere è il bicchiere stesso come lo sarà anche quello frantumato, una cosa non esclude l’altra.


Lo spazio che si espande e il tempo che si dilata, l’universo che cresce proprio come un bambino e l’uomo non più considerato “uno” ma un insieme di “nessuno” coperto da una maschera. Come può l’essere umano rimanere inamovibile e sicuro di sé in un mondo dove tutto cambia? Questo periodo di primo Novecento può trovare una forte correlazione con quello Seicentesco per via delle due grandi rivoluzioni scientifiche quella copernicana e quella della relatività. I dubbi, le domande che si pongono sono nuove, originarie e per questo difficili da colmare, è l’adattamento che si insinua nell’essere umano, che deve tornare a mettersi in discussione e come un neonato ricominciare a guardare il mondo con occhi curiosi e attenti. Tutto è relativo, l’universo e la percezione di noi stessi.


Letizia Chesini


FONTI:

Sette brevi lezioni di fisica – Carlo Rovelli - Adelphi

Gianluca Li Causi – La relatività speciali (ScienzaPerTutti – Infn)

https://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_della_relatività

Il foglietto della ricerca - Sonia Topazi (18 febbraio 2016) tratto dalla risposta data nel 1922 a un giornalista di «Epoca»

https://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Pirandello

Il Piacere dei testi volume 5 – Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti, Giuseppe Zaccaria – Percorso 4, Luigi Pirandello

Inside Einstein’s mind – Jamie E. Lochhead - Nova


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