18 dicembre 2020

Scripta volant

Il 9 aprile 1941 un bombardamento inglese colse di sorpresa Berlino: la Staatsoper Unter den Linden fu quasi completamente ridotta a macerie, mentre la Staatsbibliothek rimase miracolosamente salva. L'incaricato per l'evacuazione su larga scala del suo contenuto fu il dottor Wilhelm Poewe, che malgrado la rapidità richiesta riuscì a frammentare il materiale non in due siti, come fecero i francesi con la BNF, ma in ben ventinove -quasi tutti ad Est di Berlino.

505 casse furono sistemate nel castello di Fürstenstein, in Slesia, ma contingenze legate alle guerra portarono al loro trasferimento il 2 luglio 1944 a pochi chilometri ad Ovest, nella cantoria dell’abbazia benedettina di Grüssau, dove si continuava a celebrare la messa senza che nessuno dalla navata principale potesse notarle.

Il 9 maggio 1945 i russi presero Grüssau, ma le casse rimasero inosservate. Il 20 maggio il paese passò sotto la giurisdizione polacca e presto la guerra si concluse.

E’ nota l’impresa faraonica di recupero e restituzione del patrimonio culturale saccheggiato, ed è anche vero che l’interesse verso i manoscritti musicali fu oscurato da quello per le opere d’arte, eppure in questo ambito il numero di voci mancanti all’appello si rivelò esorbitante. Fra i 12 titoli di Bach figurava il Concerto doppio per due violini, fra i 17 di Beethoven c’erano i suoi taccuini, quaderni di schizzi e lettere, ma anche la settima Sinfonia e gran parte dell’ottava e della nona, il Concerto op. 37 per pianoforte e orchestra, quattro degli ultimi Quartetti per archi. Il numero per Mozart era spaventoso: 98 voci, circa un quarto di tutta la sua musica sopravvissuta fino ad allora in manoscritto, fra cui il Flauto magico, il terzo e il quarto atto de Le nozze di Figaro, la Sinfonia "Jupiter" e "Praga", nove Concerti per pianoforte e orchestra, la Messa in do minore. La lista proseguiva con importantissimi pezzi di molti altri compositori, non menzionati qui solo per motivi di spazio.

Il patrimonio della Staatsbibliothek, ora divisa in due come Berlino, ritornarono gradualmente nei decenni successivi alla guerra, ma a questo flusso non corrispondeva quello dei manoscritti musicali, dove i fatti certi per molto tempo rimasero solo due. La prima informazione, ricavata dai cataloghi tedeschi, collegava questa lista al sito di Grüssau, mentre la seconda si basava sulla testimonianza degli unici tre benedettini che non avevano cittadinanza tedesca, e che perciò non furono espulsi dalla Slesia dal governo polacco. Secondo questi un convoglio militare fra maggio ed agosto del 1946 avrebbe portato con sé il tesoro di Grüssau.

Ci si aspetterebbe quindi una ricerca incessante, ed è vero che sia singoli individui che delegati di istituzioni spesero anni in indagini, ma gli appelli rumorosi e febbrili non avevano un destinatario chiaro e perciò seguivano un andamento intermittente. A questo si aggiungeva uno stranissimo disinteresse da parte dei musicologi appartenenti al blocco sovietico che non trovava spiegazione. Perfino la biblioteca di Berlino Est, prima vittima del furto, non denunciò l’episodio di Grüssau.

Il clima sfingeo venne interrotto da una fuga di informazioni tra il 1965 e il 1967, secondo la quale i manoscritti sarebbero stati visti alla Biblioteca Jagellonica a Cracovia. Il completamento dei lavori di estensione dell’edificio data 1963, mentre due anni più tardi ebbe inizio l’operazione “Rü-Be-Pol” (Rückführung der Bestände aus Polen, cioè Restituzione di Beni dalla Polonia), occasione in cui vennero restituiti 127000 volumi a Berlino Est, senza mai peraltro nominare Grüssau.

Troviamo la quadra con il suicidio di Władysław Hordynski, avvenuto il 4 gennaio 1968. Bibliotecario in questa istituzione ed ex-direttore del dipartimento di musica, con tutta probabilità incappò nel tesoro di Grüssau per via dei lavori nella biblioteca e fu protagonista della diffusione della notizia prima negli ambienti legati alla Neue Mozart Ausgabe, e poi nel resto del mondo.

A questo punto occorre tornare alla Seconda Guerra Mondiale e parlare di Karol Estreicher (1906-1984), bibliografo “figlio d’arte” che durante la seconda guerra mondiale riuscì a fuggire a Londra, dove raccolse con grande meticolosità e pubblicò ogni dettaglio circa il saccheggio e la distruzione del patrimonio polacco.

Nel 1933 circa, in diverse istituzioni tedesche [...] cresceva rapidamente l’interesse nella Polonia, nella sua cultura, nelle istituzioni scientifiche polacche e nelle collezioni d’arte [...] Studiosi tedeschi cominciarono a venire in Polonia, dove nei panni di amichevoli colleghi, raccoglievano informazioni e si abituavano ai compiti che il nazismo gli affidava. Ricordiamo queste visite di studiosi molto bene [...] il saccheggio della Polonia è stato programmato metodicamente dagli studiosi tedeschi, che conoscevano la Polonia. I piani sono stati fatti prima della guerra. (traduzione mia)

L’atteggiamento dei nazisti nei confronti dell’Europa slava non aveva pari in Europa, e questo accadde perché considerata terreno di “colonizzazione culturale”. Estreicher apprese da Londra della morte del padre nel campo di concentramento di Sachsenhausen e la distruzione del lavoro del nonno, a cui la Biblioteca Jagellonica doveva moltissimo.

Durante e dopo la seconda guerra mondiale rivestì un ruolo di spicco nella rivendicazione e restituzione dei beni sottratti alla Polonia. Hanno attratto l’attenzione degli studiosi dell’affaire Grüssau le sue parole durante il diciannovesimo incontro della Commissione Vaucher per l’arte saccheggiata (settembre 1945):

Le autorità delle Nazioni Unite dovrebbero dare ai paesi liberati come garanzia o pegno oggetti d’arte e di cultura da musei e biblioteche tedeschi, i quali sarebbero restituiti alla Germania solo dopo la restituzione dei tesori saccheggiati. Solo questa semplice via può assicurare la giustizia. (traduzione mia)

A questa dichiarazione però non seguì alcuna azione ufficiale del governo polacco, perciò non siamo certi che sia questo il motivo della requisizione e nascondimento delle 505 casse.

La faccenda si fa un po’ meno opaca se proseguiamo nella vicenda, quando le indagini si fecero più pressanti ma le risposte del governo polacco furono costantemente evasive, con una curiosa eccezione: nel gennaio 1977 un funzionario polacco rispose ad una richiesta di uno zoologo inglese (non particolarmente insistente) in modo affermativo: fonti governative avevano appena confermato per la prima volta il possesso dei manoscritti.

Nel maggio dello stesso anno, a seguito di un accordo bilaterale fra Polonia e DDR, il premier polacco Edward Gierek portò in dono al presidente tedesco Erich Honecker sette manoscritti capitali per la cultura tedesca:

  1. Bach, Concerto per due clavicembali in do minore BWV 1062

  2. Bach, Sonata per flauto in Lab maggiore BWV 1032

  3. Beethoven, primo movimento della Nona Sinfonia

  4. Beethoven, Concerto per pianoforte e orchestra op. 37

  5. Mozart, Messa in do minore K. 427

  6. Mozart, Sinfonia “Jupiter” K. 551

  7. Mozart, Il flauto magico K. 620

Dopo la caduta del muro di Berlino il governo polacco rese chiaro il luogo di custodia del resto dei manoscritti (15 delle 505 casse sono andate perse durante la sosta di milizie tedesche nel castello di Fürstenstein, come confermano anche delle testimonianze).

Ad oggi il materiale è disponibile per gli studiosi, ma la Polonia ne rivendica il possesso perché al momento del ritrovamento le casse erano situate in Polonia, che soffre ancora di danni al patrimonio artistico tali da non poter essere compensati in alcun modo. Resta però un nodo irrisolto: perché i manoscritti sono stati nascosti? Le ipotesi valide non sono molte, ma per trattarne servirebbe ancora più spazio.


http://www.krakowpost.com/pdf/Krakow_Post_issue_17.pdf

https://de.wikipedia.org/wiki/R%C3%BCckf%C3%BChrung_der_Best%C3%A4nde_aus_Polen

https://www.nytimes.com/1977/05/01/archives/poland-plans-to-give-music-manuscripts-to-east-germany.html

https://www.nd-archiv.de/ausgabe/1977-05-31

Nigel Lewis, Paperchase. Mozart, Beethoven, Bach ... The Search for Their Lost Music, London, Hamish Hamilton, 1981, p. 128, passim

Dominik Sackmann - Susan Gillespie, Classical Music: A State Secret, in “The Musical Quarterly”, Vol. 82, No. 1 (Spring, 1998), pp. 172-173


Davide Filippi

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