9 ottobre 2020

Memoria e identità: due facce della stessa medaglia


Memoria e ricordo, tradizione e identità: quattro parole che indicano concetti tra loro differenti, ma a loro modo collegati. Che cos’è la memoria? E un ricordo? Che cosa significa tradizione e quanto questa può determinare l’identità personale di ognuno? Queste ed altre domande attanagliano le menti di studiosi dei più svariati campi che dedicano la propria vita alla ricerca e alla scoperta della memoria.

Quando pensiamo al concetto di memoria, automaticamente lo associamo al bagaglio di esperienze e vissuti collezionati nel corso della nostra esistenza, dando al pensiero e al discorso un taglio spiccatamente individualistico. Certamente, il tema della memoria come parte quasi sconosciuta, incomprensibile e difficilmente decifrabile del cervello, ricopre gran parte del dibattito tra gli esperti, ma in realtà c’è di più. C’è una faccia della memoria che tendiamo a non vedere, a non approfondire, e questa è la memoria culturale. Jan Assmann nel suo libro “La memoria culturale: tra scrittura, ricordo ed identità politica nelle grandi civiltà antiche”, ha analizzato proprio questo aspetto, fondamentale per la costituzione di culture, modi di pensare e di agire differenti.

Assmann è un egittologo nato nel 1938 a Langelsheim in Germania. Ho avuto l’occasione di avvicinarmi a questo studioso durante uno dei miei corsi universitari sull’ermeneutica filosofica, la disciplina che si occupa dell’interpretazione dei testi. Ad un primo sguardo penserete voi: “Cosa mai potrà c’entrare un egittologo con un corso sull’interpretazione?”…apparentemente nulla, ma addentrandosi nel vivo della questione ho scoperto come i testi portino in realtà con sé, numerosi messaggi nascosti che non riguardano nello specifico il loro contenuto. Analizzando un geroglifico egizio ad esempio, posso venire a scoprire il motivo per cui un determinato artigiano ha inciso quelle esatte parole su pietra, il contesto storico in cui è stato scritto, le abitudini che erano solite svolgersi…Lo studio di una civiltà attraverso le orme che questa ha lasciato nel corso della storia, può portare alla luce numerosi aspetti di contorno che toccano il tema della memoria e della definizione di identità culturale. Ma andiamo con ordine.

Jan Assmann all’inizio del libro spiega come sia estremamente importante al giorno d’oggi parlare di memoria. Con il passare degli anni, i testimoni diretti della storia più recente se ne stanno andando e noi abbiamo il compito di dedicarci alla custodia dei racconti, evitando che le catastrofi commesse in passato si ripetano nel presente o nel futuro; ma nella società moderna, il tema della memoria e del ricordo assumono anche un altro ruolo, quello di appiglio, di ancora di salvezza, di “casa” dove rifugiarci ogni qual volta ci sentiremo schiacciati, smarriti o disorientati.

A questo punto bisogna definire che cosa sia il passato: quand’è che un’esperienza, un evento, un ricordo viene classificato come passato? Assman sostiene che il passato nasce quando avviene una forte cesura con il presente. Le varie civiltà, nel corso dei secoli, hanno reagito in modi diversi davanti al tema del ricordo: alcune hanno deciso di “vivere alla giornata”, non curanti né di quello che è stato, né di quello che sarà. Altre hanno deciso di vedere nella storia degli antenati un insegnamento e quindi di regolare l’oggi sulla base degli avvenimento di ieri. Altre ancora, hanno deciso di partire da zero, focalizzandosi sul consacrare il presente all’eternità. Questi tre comportamenti sono legati a due concetti fondamentali: la tradizione e la cultura del ricordo. Una società che esalta la tradizione sceglierà il l’ultimo dei comportamenti citati, concentrandosi sulla continuità dello scorrere del tempo, dando al passato il connotato di ciò che è stato. La cultura del ricordo invece, esaspera la frattura tra passato e presente, decidendo di rivolgersi al passato per comprendere cosa sia stato ricordato e cosa no. La tradizione quindi sottovaluta un aspetto fondamentale: l’oblio. Non si deve trascurare il fatto che l’elemento tràdito sia stato manomesso e riscritto nel corso della storia per salvare quello che in quel momento veniva ritenuto importante e cosa invece è stato volontariamente riscritto. Fortemente collegato al tema della memoria è anche quello del potere: un esempio lampante è ben espresso nel libro di G.Orwell “1984”, dove il governo, sotto gli occhi di tutti, riscrive la storia per plasmare le menti e i ricordi dei cittadini.

A questo punto Assmann nel suo libro compie un ulteriore passo. Riprendendo alcune teorie di George Herbert Mead, filosofo e sociologo statunitense, riflette anche sulle diverse identità che vanno a costituire l’individuo moderno e sulle ripercussioni che queste possono avere sulla definizione di se stessi. Esiste un’identità individuale vera e propria, il “me stesso” più intimo ed autentico, ed un me, ovvero quello che gli altri vedono o vogliono vedere, di me stesso. L’individuo potrà trovare se stesso e porre fine al peso della ricerca solo portando a consapevolezza l’identità fittizia che gli altri gli attribuiscono, decidendo però, di non seguirla. Solo in questo modo, solo venendo a contatto con il suo “sé” più vero, potrà decidere di definire che cosa sia importante, i valori che vanno a definirlo, le scelte e le tappe fondamentali con cui verrà a scontrarsi durante il suo percorso di vita ed escludere tutto ciò che invece è superfluo e a volte, anche dannoso.

Questi temi come abbiamo visto fin ora, mettono in relazione passato e presente e come la determinazione degli individui sia andata modificandosi nel corso degli anni. La memoria dopotutto è il rapporto che noi decidiamo di intrattenere con il tempo. Con l’avvento della società moderna, gli studiosi parlano di differenziazione funzionale, sottolineando come i rapporti tra macrosistemi sociali si siano sempre più specializzati. La conseguenza di questo fenomeno è l’estrema indipendenza del singolo settore rispetto agli altri, ma paradossalmente anche la stretta interdipendenza che si deve per forza sviluppare: ognuno di essi è fortemente circoscritto, definito, limitato. Inevitabilmente queste trasformazioni hanno notevoli impatti anche sugli individui che si ritrovano catapultati all’interno questi meccanismi: non esistono più comunità di riferimento, gruppi sociali, e questo fa sì che l’identità del singolo venga definita in base all’adeguatezza delle sue prestazioni. Un esempio molto semplice: nell’antichità, quando si conoscevano persone nuove ci si definiva in base alla provenienza geografica, alla discendenza familiare, alla classe sociale d’appartenenza; oggigiorno, nella medesima situazione, si è soliti presentarsi con la propria occupazione.

La società moderna, la nostra società, è ormai diventata una società delle prestazioni. L’integrità del soggetto a questo punto, non ha più punti fermi, è frammentata nella pluralità di ruoli che di volta in volta deve ricoprire all’interno della società: dal medico siamo pazienti e nulla di più, al supermercato siamo clienti e non possiamo pretendere di aspirare a nulla di più … Il carattere limitante dei sistemi sociali si riversa sugli individui che li porta a sentirsi costantemente insoddisfatti, e questa costante insoddisfazione porta all’individualismo esasperato. Siamo spaesati, sentiamo costantemente il peso delle scelte che andremo a compiere, la responsabilità del nostro futuro e della nostra condizione.

Proprio per questo il tema della memoria assume un ruolo fondamentale: è la memoria che ci permette di ritrovare le nostre radici, le nostre origini, di farci sentire di nuovo una cosa sola, sia a livello individuale che globale, proiettandoci in un passato o in un futuro comuni in cui le nostre sorti sono dipendenti l’una dall’altra. È importante per Assmann riportare alla luce questo tipo di memoria, la memoria culturale, che ci fa sentire uniti e meno soli ad affrontare l’eredità del passato, il peso del presente e la speranza di un futuro migliore che possiamo scrivere solo noi.


Camilla Armellini


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