8 maggio 2020

Ogni bambina nasce saleema, lascia che cresca saleema

Ogni anno tre milioni di donne e bambine subiscono, o rischiano di subire, una mutilazione ai loro genitali, altrimenti non sarebbero considerate pure dalla società. Al giorno d’oggi più di duecento milioni di donne sono state sottoposte alla mutilazione genitale.

La mutilazione genitale femminile (MGF) è una pratica che comporta il taglio o la rimozione dei genitali femminili esterni. Viene esercitata da più di duemila anni, tuttavia le sue origini rimangono sconosciute. Alcuni antropologi ritengono che sia un’usanza nata in Egitto nel quinto secolo a.C., conosciuta come «Circoncisione faraonica», mentre altri studiosi ritengono che le sue radici siano nell’Africa Equatoriale. Strabone ed altri autori antichi raccontano come anche ad Atene ed a Roma venisse praticata l’infibulazione sulle mogli dei soldati e sulle schiave. Nel XIX secolo fu effettuata in Germania, Francia ed Inghilterra, mentre in USA l’ultimo caso segnalato risale addirittura al 1927.

Non tutte le donne vengono sottoposte allo stesso tipo di mutilazione. La MGF, infatti, può essere di tre tipologie: il tipo I consiste nell’asportazione del prepuzio del clitoride; il tipo II prevede l’escissione del clitoride intero e la rimozione delle piccole labbra. Il terzo tipo, che prende il nome di «circoncisione faraonica» o «infibulazione», implica l’asportazione delle grandi e piccole labbra e del clitoride e la successiva cucitura dei lati della vulva, lasciando un piccolo passaggio per il flusso mestruale e l’urina. Le conseguenze fisiche e psicologiche della MGF tormentano le donne per il resto della loro vita. È pressoché inevitabile avere un’emorragia come conseguenza di questa operazione, tuttavia, a causa delle scarse condizioni igieniche, spesso la situazione è aggravata da un’infezione. Molte contraggono il virus HIV, dal momento che gli strumenti vengono utilizzati per numerose operazioni e non vengono sterilizzati. A causa della MFG le vittime soffrono di ingenti problemi e dolori lancinanti durante le mestruazioni, il sesso, la gravidanza e il parto, durante il quale il pericolo di morte per la madre e il bambino aumenta notevolmente. Questa pratica può rendere una donna sterile e la condanna a frequenti infezioni per anni.

In Sudan, in particolare, si trova un’altissima percentuale di donne che hanno subito mutilazioni: secondo uno studio del 2014 condotto dal MICS (Multiple Indicator Cluster Survey), l’86.6 % delle donne dai 15 ai 49 anni è stata sottoposta ad un tipo di MGF. L’etnia è il fattore più significativo nella diffusione di quest’usanza, che interessa tutte le classi socioeconomiche. Generalmente la maggior parte delle sudanesi vengono operate tra i quattro e i dieci anni d’età, venendo infibulate: infatti la circoncisione faraonica è la tipologia più diffusa in Sudan. I dati raccolti dimostrano che fortunatamente negli ultimi decenni la MGF è stata medicalizzata. Più della metà delle donne viene tagliata da un'ostetrica addestrata, mentre il 28% da un tagliatore tradizionale. Spesso i tagliatori si occupano dei casi di MGF se la bambina è al di sotto dei cinque anni. Molte donne non vengono sottoposte a questa pratica solo una volta, ma vengono «ricucite» dopo il parto, così da tornare belle e pure per i loro mariti.

Viene spontaneo chiedersi perché la mutilazione genitale femminile sia così diffusa, nonostante condanni milioni di donne ad immensi dolori fisici e psicologici. Ebbene, in Sudan è vista come un’operazione che dona alla donna purezza, pulizia, igiene, integrazione nella società e riduzione di desiderio sessuale. Molte altre motivazioni sono correlate alla cultura matrimoniale, in quanto la MGF assicura che una donna non abbia relazioni sessuali prima o al di fuori del matrimonio. Secondo un sondaggio, più della metà degli studenti uomini sudanesi sono convinti che la religione sia la motivazione principale, nonostante non sia una pratica richiesta dall’Islam. La maggior parte di loro è consapevole di quanto questa tradizione peggiori la vita di una donna, tuttavia sottoporrebbe ugualmente le loro figlie a questa usanza, principalmente a causa della pressione sociale. La MGF è perpetuata e sostenuta da norme sociali legate alle relazioni di genere, in cui le donne sono viste come subordinate agli uomini. Queste norme sono giustificate dalla presunta necessità di «proteggere» le donne dalla libido, percepita come eccessiva e pericolosa. Circa la metà delle donne sudanesi, specialmente coloro che abitano in aree urbane e che hanno ricevuto un’istruzione, è convinta che questa tradizione dovrebbe essere abbandonata.

Nel marzo del 2008, quando i media erano invasi di storie riguardo a ragazze e bambine che morivano durante l’operazione, il governo del Sudan ha approvato una strategia volta ad eliminare la MGF. Tradizionalmente in Sudan la mutilazione viene chiamata Tahoor روه ط, che significa puro, mentre le donne non sottoposte alla MGF vengono apostrofate come Ghalfaa, cioè impuro e osceno. La cruciale campagna nazionale prese il nome di Saleema ة م ي ل س una parola araba che significa «puro, intatto, illeso», in modo da dare un connotato positivo all’atto di rifiutare la MGF. Richiamandosi alla cultura locale, utilizzando musica, poesia e pittura tradizionali, la campagna promuove valori sociali e sottolinea l’importanza della tutela dell’infanzia e dell’uguaglianza di genere. Lo slogan principale della campagna è «Ogni bambina nasce saleema. Lascia che cresca saleema». Se in un primo momento l’iniziativa Saleema veniva promossa tramite poster e magliette, nel 2009 è stata trasmessa sulla tv nazionale e sulle radio comunitarie. Con gli anni la campagna è diventata sempre più esplicita nel denunciare la problematica che affligge il Paese, esponendo diverse ragioni per le quali è cruciale che la MGF finisca.

Nell’aprile 2019 il governo del generale Omar al-Bashir, presidente del Sudan a seguito di un colpo di stato nel 1989, è stato rovesciato da parte dell’esercito. Attualmente il paese è governato da un Consiglio militare di transizione e da un gruppo di civili democratici, chiamato Alliance for Freedom and Change. L’attuale governo sta promuovendo la parità di genere, riconoscendo innanzitutto l’indispensabile ruolo delle donne nel rovesciare al-Bashir. Per la prima volta in Sudan, nella squadra di governo quattro ministre sono donne; inoltre numerosi leggi estremiste sono state revocate, come la proibizione per le donne di indossare pantaloni. Dal 30 aprile di quest’anno il governo Hamdok ha dichiarato illegale la mutilazione genitale femminile, e chiunque la pratica rischia tre anni di carcere. Sebbene questa notizia sia indubbiamente un grande passo avanti, non si può non pensare al caso dell’Egitto, in cui la MGF è considerata un reato dal 2008, eppure solo a febbraio una dodicenne è morta durante l’operazione. Speriamo non accada lo stesso.


Elena Ricci

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