10 aprile 2020

Il virus della discordia


«Se noi costruiremo soltanto amministrazioni comuni, senza una volontà politica superiore vivificata da un organismo centrale, nel quale le volontà nazionali si incontrino, si precisino e si animino in una sintesi superiore - non rischieremo che questa attività europea appaia, al confronto della vitalità nazionale particolare, senza calore, senza vita ideale potrebbe anche apparire ad un certo momento una sovrastruttura superflua e forse anche oppressiva quale appare in certi periodi del suo declino il Sacro Romano Impero. In questo caso le nuove generazioni, prese dalla spinta più ardente del loro sangue e della loro terra, guarderebbero alla costruzione europea come ad uno strumento di imbarazzo ed oppressione. In questo caso il pericolo di involuzione è evidente.» Alcide De Gasperi, 1951.

De Gasperi mise in guardia sul «pericolo di involuzione» del progetto dell’unità europea ed oggi numerose voci denunciano la gravità proprio di quello stesso pericolo. L’iniziale risposta al coronavirus ha mostrato come gli interessi nazionali prevalgano sugli ideali più altruisti dell’Europa, generando fratture e tensioni nell’Unione. Torna quella dinamica per cui i politici guardano al proprio interesse e al proprio elettorato, invece che all’interesse comune dell’Unione. «Il motivo per il quale il coronavirus è una sfida epocale non è, come si potrebbe erroneamente pensare, il fatto che abbia fatto emergere nuove problematiche dal nulla. Il vero motivo è il fatto che accentua dinamiche e problematiche che sono già lì. È come se stia portando tutto all’estremo.» ha dichiarato al Washington Post Nathalie Tocci, direttrice dell'Istituto Affari Internazionali.

La frattura tra Nord e Sud Europa riemerge con forza, a circa dieci anni dalla crisi economica. Ma da quale dibattito è principalmente generata tale frattura? Per combattere il famigerato Covid-19, aiutando economicamente i Paesi più colpiti, Italia e Spagna, i due fronti propongono soluzioni differenti. I Paesi del Nord (Germania, Austria, Paesi Bassi e Finlandia) vedono la soluzione più calzante nel MES, fondo d’emergenza nato nel 2011 a causa della crisi economica. È un meccanismo finalizzato a mantenere la stabilità finanziaria della zona euro e per garantirla emette prestiti sulla base di condizioni stringenti e forti condizionalità. Il fronte Sud (Italia, Spagna, Francia e Portogallo in testa) non vuole condizionionalità in questa emergenza. Predilige quindi gli Eurobond, già pensati affianco al MES per la crisi 2011-2012, che al tempo non erano però stati attuati. Rispetto ad otto anni fa, invece che mutualizzare il debito, i Coronabond creerebbero un debito comune, mettendo così garanzie a livello europeo per chiedere credito ai mercati ed usare quei soldi come fondi comuni destinati ai paesi più in difficoltà.

Ogni protagonista si premura di non irritare l’opinione pubblica nazionale, generando così populismi del Sud e populismi del Nord. Il dibattito, inoltre, non ha risparmiato commenti pungenti, come quello del ministro delle finanze olandese Wopke Hoekstra, che si è chiesto perché alcuni governi del Sud Europa non abbiano sufficienti mezzi finanziari per combattere la crisi da soli, additandoli quindi come incapaci di controllare le loro finanze. Frecciatina considerata ripugnante da Antonio Costa, primo ministro portoghese, che è del parere che se l’Unione non dovesse fare ciò che deve essere fatto, finirà.

Alexis Tsipras, primo ministro greco dal 2015 al 2019, si dimostra fortemente critico di fronte al comportamento del Stati nordici. «Invece di lasciare da parte le ossessioni di fronte alla gravità della minaccia e di mettere in primo piano la solidarietà e la cooperazione, conservano la loro vecchia logica: “Non pagheremo i debiti del Sud sperperatore”» ha detto in un’intervista rilasciata al giornale francese Le Monde. «L’Unione non dipende soltanto dalle condizioni economiche, ma anche dai nostri valori comuni. Quando il burocrate Klaus Regling, direttore generale del MES, dice agli italiani, agli spagnoli ed ai francesi che possono certamente prendere in prestito se accettano la condizionalità ed un programma economico, allora è chiaro che, a prescindere dai calcoli economici, si è rotto qualcosa nelle relazioni tra gli Stati membri. Perché la vita non è solo una questione di soldi, ma soprattutto di dignità.».

Il primo ministro spagnolo Sanchez si dichiara altrettanto allarmato per le sorti dell’Unione, alle cui fondamenta ci sono proprio principi come la solidarietà. Se dovesse questa mancare, la coesione tra gli Stati membri crollerebbe, lasciando disaffezione e poca credibilità al progetto europeo. «Il clima teso che sembra regnare tra i capi di Stato e la mancanza di solidarietà europea pone l’UE in pericolo mortale» ha dichiarato Jacques Delors, 94enne ex presidente della Commissione europea. Emmanuel Macron si domanda invece se l’Unione Europea si sia ormai ridotta ad un’istituzione monetaria ed a un insieme di regole molto flessibili che permettono a ciascuno Stato di agire per conto suo. «Dove agiamo insieme per finanziare le nostre spese, le nostre esigenze in questa crisi vitale? » ha aggiunto.

Il premier Giuseppe Conte è del parere che se l’Europa non fosse all’altezza di questa sfida, gli istinti nazionalisti crescerebbero. In effetti l’Italia sta attraverso un momento di patriottismo, soprattutto a causa dell’immensa emozione collettiva che prova il Paese. Un sondaggio del 17 marzo pubblicato su La Repubblica mostrava come il 94% degli italiani intervistati sostenessero il comportamento del sistema sanitario, l’88% la protezione civile, l’82% il governo. La preoccupazione di alcuni Stati europei è che più il sentimento di orgoglio nazionale cresce, più l’Italia si allontana dall’UE. Per l'88 % degli italiani, l’Unione europea non ha aiutato l’Italia di fronte al coronavirus e per il 67 % di essi, l’appartenere all’UE, costituisce uno svantaggio, contro il 47 % nel novembre 2018, data della precedente indagine. L’iniziale rifiuto di tendere una mano verso l’Italia ha suscitato grande indignazione e, nonostante gli aiuti fornitici da altri stati europei siano poi stati numerosi, la sensazione di essere stati abbandonati rimane. Secondo Marc Lazar, professore di storia politica, quanto sta accadendo in Italia non è singolare, ma precursore, per non dire premonitore.

Joschka Fischer e Sigmar Gabriel, due ex vice-cancellieri tedeschi, sono intervenuti su Repubblica dichiarando: «Cosa rimane dell’idea europea se, nella quotidianità di questa crisi, i singoli stati nazionali sembrano essere i soli in grado di agire, chiudendo confini e varando programmi di aiuti nazionali - o se invece essi rimangono indifesi e vulnerabili qualora essi vengano sopraffatti dagli effetti della pandemia? L’Unione europea minaccia di fallire drammaticamente in quella che è la sua più grande prova dalla sua esistenza». I due politici ritengono il MES inadatto alla situazione attuale, dal momento che era stato creato per una situazione ben diversa. «Il coronavirus ha il potenziale per accelerare due processi opposti: o approfondisce le crepe che già esistono in Europa in modo così massiccio che l’Unione potrebbe spezzarsi; oppure la lotta comune contro il virus porterà ad una vera unificazione dell’Unione europea e dei suoi stati membri.», concludono.

Il 9 aprile, dopo settimane di dibattiti, i leader europei hanno finalmente trovato un accordo. Per l’emergenza è stato deciso di stanziare mille miliardi di euro di risorse, 500 da utilizzare subito, l’altra metà da utilizzare in seguito all’emergenza per un fondo di ripresa. Viene da chiedersi se questo accordo basterà a risanare i rapporti tra i due fronti.

«È dunque contro questi germi di disgregazione e di declino, di reciproca diffidenza e di decomposizione morale, che noi dobbiamo lottare. L'associazione delle nostre esperienze sociali, culturali, amministrative raddoppia le nostre possibilità nazionali e le preserva da ogni decadenza dando loro uno slancio nuovo verso la creazione di una civiltà progredita ed ancora più elevata. Dobbiamo andare verso il coordinamento di queste forze, talora ideali e razionali, talaltra ancora istintive ed irrazionali, in vista di un'espansione superiore e di più larga e fraterna solidarietà.». Alcide De Gasperi, 1951.


Elena Ricci


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