29 gennaio 2021

Manifesto per cambiare l'educazione

L’immediatezza con cui oggi accediamo alle informazioni grazie ad Internet spesso ci fornisce la presunzione di sapere, anche se ormai da qualche anno, è esploso il fenomeno delle fake news che dovrebbe metterci in guardia: non tutte le nozioni che circolano sono veritiere. Internet è un circuito chiuso e noi inconsapevolmente, attraverso i nostri “mi piace”, continuiamo ad immettere nel web informazioni sui nostri gusti, sui nostri interessi, finendo poi con l’influenzare anche la tipologia di risultati che ci vengono mostrati da un qualsiasi motore di ricerca. Di conseguenza, sarà molto improbabile ed estremamente complicato imbattersi in un’opinione che contraddica la nostra, innescando così, un meccanismo di autoconvincimento infinito.

Il problema che sta alla base del sistema delle fake news è stato affrontato anche da Roberto Saviano in un intervento al famoso programma televisivo Che tempo che fa, domandandosi perché oggigiorno, nonostante tutti i mezzi d’informazione a nostra disposizione, diamo credito a teorie del complotto. Il fatto è che la verità è difficile da raggiungere, complessa da comprendere e che noi spesso ne vediamo solo una piccola parte.

Edgar Morin, nato a Parigi nel 1921, ce lo insegna bene. Importante filosofo e sociologo contemporaneo, in uno dei suoi libri Insegnare a vivere – manifesto per cambiare l’educazione, esprime forte preoccupazione nei confronti dell’educazione e dei sistemi scolastici odierni, criticando aspramente il tipo di insegnamento parcellizzato e disciplinare che viene impartito agli studenti. La scuola, afferma, è molto preparata in quanto a raggiungere competenze e redigere programmi scolastici pertinenti, ma è mancante di un aspetto: non insegna a vivere, non c’è nessuna materia adibita all’insegnamento del metodo corretto per conoscere.

Spesso vengono forniti libri di testo specifici per ogni disciplina, che devono essere studiati ed interiorizzati dallo studente in vista di una possibile interrogazione o verifica. Se l’esame avrà esito positivo lo studente potrà dichiararsi soddisfatto e il suo sapere verrà considerato sufficiente; ma sotto quale punto di vista? E alla fine del percorso scolastico, il ragazzino che è uscito vittorioso da questo sistema, che cosa sarà riuscito a trattenere del sapere “sminuzzato” che è stato costretto ad imparare per proseguire la sua carriera scolastica?

L’autore invita ad una profonda riforma dell’educazione, che sottolinei come la vera conoscenza non sia ordinata, organizzata, delimitata, chiara e sicura, ma l’esatto opposto, e come anche il processo per arrivare alla conquista di essa non sia lineare, ben evidente e circoscritto come sembra. L’idea promossa da Morin è infatti quella del principio ologrammatico per cui una parte va a costituire il tutto e di conseguenza essa deve essere interpretata e compresa in virtù del “tutto” nel quale è inserita. Un esempio: la cultura scientifica e quella umanistica sono da sempre state complementari e lo studio separato delle discipline che le costituiscono fa perdere i nodi essenziali delle questioni, molto spesso anche oggetto di dibattiti storici, che le legano l’una all’altra. Questa costante divisione del sapere, di conseguenza, si riflette anche sugli individui i quali sono sempre più “specializzati”, trascurando le necessità di globalizzazione e di interezza caratteristiche dell’essere umano.

Altro punto su cui riflettere, è la polemica recente che sottopone a critica il film-musical Grease, tacciandolo come film sessista. Per Morin, ma anche secondo la mia opinione, non è pensabile giudicare un qualsiasi prodotto estrapolandolo dal contesto storico in cui è stato realizzato: la storia è fatta di singoli eventi che devono essere analizzati tenendo conto anche del processo nel quale sono inseriti.

Anche in ambito lavorativo si sente riecheggiare il problema sollevato dall’autore. Ad oggi, numerose aziende sono alla ricerca di personale che sia in possesso delle cosiddette soft skills (capacità d’adattamento, lavoro di squadra, organizzazione…), anche se queste non sono sicuramente state apprese dagli studenti all’interno dell’edificio scolastico. L’ultima tappa nella formazione di uno studente, non per niente, è proprio la “specializzazione”, che rischia di far conseguire ai giovani solamente la perdita della visione globale, delle competenze trasversali, che riguardano più l’essere umano in senso universale, anziché il singolo.

L’insegnamento di E. Morin apre alla discussione di numerose problematiche della società odierna che risentono di questo tipo di educazione ormai avviata da qualche anno. La società, infatti, da quando l’autore ha pubblicato il libro, si è ulteriormente modificata e necessita di un rinnovamento nell’educazione delle nuove generazioni. Sviluppo del senso critico, abilità nel raccogliere e nel discernere le informazioni, essere in grado di entrare in empatia con l’altro: queste le caratteristiche che servono ai ragazzi di oggi. Bisogna insegnare loro che le opinioni sono tali e che sempre, da un momento all’altro, sono suscettibili delle circostanze. Anche la scienza, da noi considerata la disciplina per antonomasia perché basata sui fatti, deve invece fare i conti tutti i giorni con l’incertezza e con il progresso. Insegnare ai ragazzi come far fronte a queste sensazioni, vedendo l’errore come un’opportunità di svolta, è importante per formare adulti consapevoli e aperti al confronto.

Morin conclude il libro invitando la società intera a promuovere questa rivoluzione che parte dal singolo individuo che, se rinnovato ed educato in maniera corretta, riuscirà dare forma ad una società molto più responsabile, informata e guarita.

Camilla Armellini

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