24 luglio 2020

Parole

Enrica Tomasi è un’ esperta in comunicazione, formatrice, coach e consulente. L’importanza del linguaggio e della comunicazione è un argomento che le sta molto a cuore ed è convinta che le parole, accompagnate da gesti, voci, silenzi e sguardi siano come una grande orchestra, tanto grande quanto difficile da dirigere.

Per creare ponti verso un mondo meno violento e intollerante, ecco le sue parole.

Comunicare

Potrei dare la definizione tecnica del termine comunicazione, ma forse è più interessante usare una metafora: quella dell'orchestra. Quando comunichiamo abbiamo a disposizione tanti strumenti: le parole, il linguaggio del corpo, la voce. Spesso le persone non hanno chiare le potenzialità che tali strumenti offrono… questo è il mio lavoro: da una parte, aiutare ognuno ad aprire finestre di consapevolezza su tutte queste dimensioni e, dall’altra, facilitare la costruzione della coerenza dell’insieme. Tali strumenti infatti dovrebbero accordarsi tra di loro, dovrebbero – rimanendo nella metafora – suonare lo stesso spartito, ma questo non avviene sempre. Per dare una misura dei pesi, in una relazione faccia a faccia, le parole pesano per circa il 15%, il linguaggio del corpo per circa il 55%, la voce per il restante 35%. Possiamo considerare la voce come il primo violino della nostra orchestra, ma in ogni caso, è il linguaggio del corpo ad occupare lo spazio di influenza maggiore. E’ un paradosso: la parte di cui siamo meno consapevoli, il nostro comportamento, rappresenta la componente più importante nella costruzione delle relazioni con gli altri.

Quando la nostra comunicazione è efficace?

La nostra comunicazione è efficace ogni volta che la nostra orchestra si accorda sia al suo interno, sia con le nostre emozioni, quando tutto è coerente. La conseguenza di questa “sintonia” è che le persone che ci ascoltano tendono a considerare più autentico il nostro messaggio. In una parola siamo più convincenti. Se ci concentriamo su quello che facciamo con il corpo mentre parliamo e cerchiamo di sottolineare con entrambe le dimensioni lo stesso messaggio, svilupperemo potenzialità inespresse. Comunicare non è semplice, anzi è forse una delle cose più complicate al mondo! Anche perché non si tratta solo della nostra “esecuzione”, il nostro spartito si deve confrontare con quello degli altri. Gli autori e i direttori d'orchestra sono diversi, ma devono trovare accordi comuni: ecco dove nascono le difficoltà nella comunicazione. Quando conosciamo una persona, entriamo in relazione con il suo mondo, e questo rende l'incomprensione, la cattiva comunicazione e l'interpretazione facili ad accadere. Io credo sia impossibile essere perfetti nella comunicazione, credo sia più utile riconoscere che il non capirsi è “normale”. Quello che è importante è lo sforzo che una persona compie nel facilitare la comprensione dell’altro. In altre parole, dovremmo essere responsabili non sono del nostro spartito, ma anche di come l'altro lo ascolta e lo comprende.

La non universalità del linguaggio

Ogni comunicazione è in relazione al contesto, alla cultura di riferimento, a chi ascolta. E' difficile parlare di comunicazione senza pensare al destinatario di un messaggio e alla situazione dentro la quale questo scambio avviene. Dove suono la mia orchestra? Suonare in una piazzetta con poche persone che ascoltano è molto diverso dal cantare sotto la doccia o dall’eseguire una sinfonia davanti a un pubblico numeroso.

Silenzi

Il silenzio ha una potenza comunicativa interessante. Il silenzio può essere molto efficace, molto più delle parole. La difficoltà del silenzio è semmai la sua interpretazione, non sempre è chiara. Quando penso al silenzio, ricordo sempre Alda Merini. Lei diceva: “Io apprezzo le persone che sanno cosa non dire”. A volte è davvero utile scegliere il silenzio, può esserlo in alcune situazioni di conflitto, ad esempio. Scegliere il silenzio in quei casi potrebbe aiutare a ridurre l’escalation dell’aggressività e facilitare la risoluzione della controversia.

Quando scegliere il silenzio?

E' difficilissimo trovare una regola per valutare se parlare o rimanere in silenzio. Considerare i criteri per costruire una comunicazione forse ci può aiutare. Questi sono: il contesto; gli obiettivi da raggiungere; i modi; i tempi; il destinatario. In una comunicazione molto spesso ci facciamo trasportare dall'istinto, ma, soprattutto quando il messaggio è importante, scegliere e ponderare tali dimensioni ci consente di intervenire con maggiore competenza. Se chiarisco quale è lo scopo di una presentazione, ad esempio, posso essere agevolato nella sua impostazione. Cosa voglio ottenere? Voglio informare? Voglio vendere? Voglio sensibilizzare? Sono l'analisi e la consapevolezza che mi permettono di valutare cosa dire e cosa non dire. Il silenzio è quindi un modo di comunicare, uno dei tanti.

Interpretare e fraintendere

Le parole, così come i gesti, non vengono soltanto fraintese, sono sempre interpretate. In culture diverse lo stesso gesto ha significati molto diversi. Se andassi, ad esempio, in Giappone per una conferenza e se il pubblico la considerasse interessante, vedrei la maggior parte delle persone con gli occhi chiusi. Questo è il loro modo per comunicare rispetto ed apprezzamento per il relatore. Lo stesso gesto, osservato in Italia, mi farebbe invece concludere di essere stata terribilmente noiosa! Tradurre un comportamento in contesti culturali diversi è complesso, ma questa complessità vale anche tra persone che condividono la stessa appartenenza. Anche in casa, in famiglia, a volte non ci comprendiamo: un po’ come se a parlare ci fossero un canadese ed un asiatico. Come ne usciamo? Secondo me dovremmo essere innanzitutto più capaci di chiedere… chiedere per capire. L’obiettivo è comprendere il mondo dell’altro.

Comunicazione digitale

Nei social è difficile leggere il comportamento non verbale, il linguaggio del corpo in buona parte manca. Se sono in video… ti vedo, vedo dove guardi, vedo le tue espressioni, ascolto la tua voce ed il contenuto della tua comunicazione ma tutto è poco spontaneo, è filtrato. Dovremmo iniziare a parlare di comunicazione non verbale digitale. La pandemia ci ha aiutati a riconoscere la differenza tra lo stare in relazione ed il comunicare attraverso un canale che impedisce la presenza. Il vedersi permette un rapporto più autentico, diretto e spontaneo. Anche il telefono ha dei limiti, anche se la voce con i suoi colori e le sue espressioni fa cogliere sicuramente contenuti ed emozioni, ci restituisce naturalità.

Muri di parole, parole come ponti

Le parole sono potenti e importanti, anche se pesano meno rispetto al linguaggio del corpo. Le parole possono ferire, possono abbracciare. Possono essere taglienti oppure edificanti. Non solo quando le scriviamo, ma anche quando le comunichiamo. A volte una relazione è più affaticata da una parola che viene detta, che da un'azione che viene compiuta. Alcune parole, nel bene e nel male, credo che questa sia esperienza comune, hanno lasciato un segno indelebile, un ricordo che non si cancella. Spesso utilizzo la parola responsabilità vicino al verbo scegliere. Lo faccio per sottolineare l’importanza del porre attenzione alla potenza delle parole e questo vale soprattutto quando parliamo degli altri, quando giudichiamo gli altri, quando diciamo tu sei. Tu sei … può esserepericoloso, definisce la persona. Le parole possono essere “ponte” per la relazione o possono essere “muro”. "Non capisci mai niente!" è una scelta che squalifica. Posso invece scegliere di dire "Penso che in questa cosa tu non mi abbia capita” oppure “Probabilmente non mi sono spiegata bene". Le parole hanno il potere di definire la mia e la tua realtà.


"Hai la mia parola". Va bene ... e poi?

Le promesse hanno significato e valore quando sono seguite da un'azione congruente. Prima ho utilizzato il termine sincronia ma qui possiamo introdurre il concetto di coerenza. Le mie parole si concretizzano nelle mie azioni? Io ascolto le tue parole e mi creo delle aspettative, se poi queste aspettative vengono deluse, questo, nel tempo – cioè se si ripete spesso - va a definire inevitabilmente te come persona. Posso arrivare a pensare che tu sia una persona inaffidabile. Se diciamo “sì” ad una persona è bene che sia sì, se diciamo “no” deve essere no. Ci deve essere un'azione che accompagna la parola data.

Mi parlo

Ci sono parole che vanno fuori e parole che stanno “dentro” ognuno di noi. E’ il dialogo, la conversazione che ho con me stessa. Dovremmo essere attenti anche alle parole che ci diciamo, le mie conversazioni a volte non mi sono utili. Se, ad esempio, continuo a pensare "Andrà male” “Non ne vale la pena" sarà difficile avere energie da investire su quell’azione o affrontare una difficoltà. Posso dirmi delle cose diverse? Posso costruire un pensiero più produttivo se devo affrontare una situazione complicata? Che ne dite di: “Se studierò di più, potrò migliorare!” riferita ad uno studente molto preoccupato dopo un tema andato male che sta pensando “sarò bocciato?”.

Ti ascolto!

Il sociologo McLuhan diceva: Non saprai mai come hai comunicato finché non avrai ascoltato il tuo interlocutore. McLuhan mette l’accento su una seconda competenza importante: l'ascolto. La comunicazione è difficile senza l'ascolto. Penso sia fondamentale chi comunica si senta responsabile non solo di ciò che dice, ma anche - e soprattutto – di ciò che l’altro comprende. Perché è così importante? Perché mi permette di cogliere lo spartito degli altri e quando riesco a leggerlo, ho a disposizione informazioni molto utili per riuscire a capire come muovermi nella relazione. Attraverso l'ascolto possiamo creare una “quasi” perfetta esecuzione d’insieme.

Letture per approfondire

  • M. Goldsmith, Triggers, Innescare il cambiamento interiore, Franco Angeli, Mi, 2016.

  • Marinella Sclavi, Arte di ascoltare e mondi possibili, Mondadori, 2003.

  • Francesca Romana Puggelli, Gestire l’emotività sul lavoro, Il sole 24 ore, 2005.

  • Annamaria Testa, Farsi capire, RCS, 2000.


Intervista condotta da Beatrice Hentschel


Scrittrice e curatrice della rubrica "Interviste" de Il Cardellino