6 novembre 2020

L'uomo opulento

Inquinamento luminoso

E noi? Noi esultiamo della loro sparizione.

(Letizia Chesini, Stanche stelle)


Serve davvero che lo dica? Va bene, se vi trovate di notte in città ed alzate il naso verso l’alto vedrete uno strano vuoto, molto scuro, lo chiamano cielo e dovrebbe essere cosparso di stelle che però dalla città mancano all’appello. Quello che avete appena esperito è il sintomo più immediato dell’inquinamento luminoso, una piaga silenziosa che affligge il mondo contemporaneo.

Quella del “non potere veder le stelle” è una condiziona che accomuna l’80% degli esseri umani (quanto meno sulla terra), ma gli italiani (buona gente!) hanno il primato di vivere nel paese con la percentuale più elevata di territorio inquinato dalla luce artificiale a livello mondiale. L'inquinamento è dovuto chiaramente alla presenza di luce artificiale che illumina la notte e in particolare che illumina il cielo. Ovviamente le fonti luminose non hanno lo scopo di inquinare il cielo di fotoni, queste luci sono soprattutto quelle dell’illuminazione stradale che adempiono al loro compito con troppa “solerzia” finendo per illuminare molto di più di quello che servirebbe. La luce di una città infatti diventa visibile a molti chilometri di distanza, un esempio emblematico è la possibilità di vedere l’illuminazione prodotta da Las Vegas dalla Valle della morte che dista poco più di 200 km.

Gli effetti del fenomeno sono molteplici e non ancora del tutto chiari, bisogna dire infatti che il tema è argomento di studio da pochi anni, e non è ancora entrato nel dibattito pubblico come dovrebbe dato anche l’aggravarsi continuo della situazione. Potremmo dividere il problema in tre filoni: quello già citato delle stelle che riprenderò più avanti, gli effetti sugli essere viventi, e infine la questione economica.

Gran parte degli esseri viventi si sono formati sotto l’alternanza del giorno e della notte, la discriminante tra le due è la presenza del sole e quindi della luce ovviamente, potremmo dire che questa oscillazione è stata impressa nel nostro (e non solo) DNA. Con l’inquinamento luminoso l’uomo sta alterando questo ritmo atavico. Se a noi sembra passare inosservato al nostro organismo e sul resto della natura fa sentire i suoi effetti. Nell’uomo si è riscontrato un abbassamento delle difese immunitarie nonché alla diminuzione della produzione di insulina. Legato a ciò sembra anche che il nostro corpo abbassi la capacità di difesa dai tumori, si è vista una forte correlazione tra chi avesse lavorato a lungo nei turni notturni e la possibilità di sviluppare tumori. L’organizzazione mondiale della salute ha dichiarato così che il lavoro notturno è probabilmente cancerogeno. Gli effetti sugli altri animali sono molteplici, per gli anfibi come le rane influisce sulla riproduzione che avviene solo nel buio della notte. Per non parlare degli animali notturni che abituati a cacciare di notte si trovano senza la loro oscurità. Molti uccelli migratori aspettano segnali naturali molti precisi che l’inquinamento luminoso rischia di alterare portando a far migrare gli uccelli troppo presto o troppo tardi, oppure a perdere il momento adatto per la costruzione del nido ed altre attività. Le piante infine, esseri per eccellenza fotosensibili, risentono dell’illuminazione artificiale rischiando di non percepire addirittura i normali cambi di stagione. Basti guardare un albero che cresce in prossimità di un lampione stradale, si vedrà che molto spesso le foglie esposte alla luce anche durante la notte prendono un altro colore, sembrano “malate”.

Veniamo alla questioni economiche. Come si può capire l’inquinamento luminoso è un problema anche a livello energetico infatti la luce che “inquina” non ha nessuna utilità per noi umani, è energia (e soldi) che sprechiamo inutilmente, volendo illuminare la nostra strada finiamo per illuminare molto altro che non necessita di illuminazione. In Europa l’Italia è il paese che spende di più per l’illuminazione pubblica, arrivando ad una spesa annua di 1,7 miliardi di euro (dati 2017). Soldi che in gran parte si potrebbe risparmiare (si parla di un 60-70%!) mettendo sistemi di illuminazione più efficienti (a LED) e più “intelligenti”, studiati meglio sulle esigenze reali del traffico del meteo e del momento della giornata. Proposte (rimaste tali) di risparmio di questo tipo sono state avanzate già dal 2014 che avrebbero alleggerito la spesa di circa 300 milioni di euro. Ma il tema come già detto desta poco interesse.


Dopo questa marea di parole i pochi che sono rimasti a leggere avranno lo stesso atteggiamento che si ha quando si leggono le notizie dei vari disastri ecologici in giro per il mondo: indignazione iniziale, qualche nobile pensiero e presto è tutto dimenticato. Che altro possiamo fare? Abbiamo problemi più piccoli ma allo stesso tempo più importanti (vicini a noi) da risolvere. La cosa sconsolante è che non lo so.

Forse un’ultima riflessione può aiutare. Il problema qui individuato dell’inquinamento luminoso mi pare di doverlo inscrive in un più grande problema, quello che io chiamo dell’opulenza dell’uomo contemporaneo. Opulenza che non significa ricchezza e benessere, è un’abbondanza che diventa sovrabbondanza. La nostra “ricchezza” di luce è troppa, oltre la nostra reale necessità, il che diventa dannoso. Con questo non voglio prospettare un mitico ritorno alle origini dove tutti colgono ciò che solo madre natura offre. Certo che questa alternativa si affaccia pensiamo all'”esultanza” che abbiamo davanti alle città illuminate a sfavore del cielo stellato. Quello dell’opposizione tra civiltà e regressione allo “stato di natura” è un falso problema o meglio un problema mal posto. Secondo me vale la pena ripensare la stessa idea di civiltà, problematizzare la strada che questa sta prendendo. Per farlo penso sia un buon punto partire dalla (pluri)citata questione siderale.

Non è un misero dettaglio, stiamo perdendo il contatto con il cosmo, la nostra unica finestra con l’Universo. Così la nostra percezione del mondo viene inevitabilmente a modificarsi. Viviamo in un modo che si guarda i piedi, che ignaro di ciò che sopra la testa sta sparendo si accontenta di contemplare lo smartphone a capo chino. Chi può oggi, come Leopardi due secoli fa, guardare fuori dalla finestra e interrogare le “Vaghe stelle dell’Orsa”? La (vista della) via Lattea è stata dichiarata patrimonio dell’umanità, ma l’80% degli italiani non la può vedere. Non è una semplice questione poetica (come se fosse poco), ci stiamo chiudendo gli orizzonti. Voglio fare però due precisazioni: la prima è che il mio discorso non vuole essere religioso, ma non posso fare meno di far presente come il cielo sia sempre stato veicolo del trascendente; in secondo luogo non vuole essere nemmeno reazionario, come si è già detto e ci tengo a precisare, il progresso è fondamentale, sarà l’unico mezzo con cui potremo tornare a vedere le stelle (in alternativa ci resta il tracollo della civiltà). L’uomo opulento è l’uomo che guarda solo a se stesso, egoista e distruttore, annientatore chiuso nella sua tana; è l’uomo che non lascia spazio al resto, alla natura. In ultima analisi è colui che non si accorge che c’è altro (di più grande) oltre a se stesso.


Stelle, lontanissime stelle,

la piaga del vostro ruggito

giunge fine e segreto tentennamento

nel nulla che infinitamente vuoto

ci separa


Stelle, lontanissime stelle,

neanche il vostro silenzio odo

siete un altro lamento

perduto


Marco Gatti


Per saperne di più:

OMS: https://www.iarc.fr/wp-content/uploads/2019/07/QA_Monographs_Volume124.pdf

Gruppo serio: https://cielobuio.org/

Fratello anglofono (IDA): https://www.darksky.org/

Belle immagini: https://advances.sciencemag.org/content/2/6/e1600377.full

http://dynamics.org/MAUI_NIGHT_LIGHTS/ARTICLES/Falchi+Cinzano++Haim_limiting.2011.pdf

http://www.inquinamentoluminoso.it/download/coseinqlum3.pdf

Focus: https://www.focus.it/ambiente/ecologia/linquinamento-luminoso-anticipa-la-primavera

Consumi: https://www.lumi4innovation.it/illuminazione-pubblica-quanto-ci-costa/

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marco.gatti.ilcardellino@gmail.com