23 ottobre 2020

Stanche le stelle

Nota di lettura dell'autrice:


piccolo: da leggersi sottovoce

corsivo: pensiero fugace da far scorrere o definito dalla fantasia

grassetto: come scoglio immoto o pesante come un macigno


Muse ispiratrici, il poeta che le guarda, innamorato scrive loro i più dolci versi, ignaro però, come se il nome non contasse in quell'infinità che lo circonda.

Sono così stanche, onnipresenti, di essere riflettori di sè stesse. Non una pausa da quel naso all’insù che prova, nel silenzio della notte, a congiungerle senza schema.


Puntate e accarezzate da sguardi di nuvola, non hanno mai avuto un minuto per dormire, quelle povere stelle.

Saremo stati noi uomini prima della nostra esistenza, nel crogiolo di una ricerca costante di concretezza, a definirci puntini nel vuoto?


Eppure l’universo si lascia rincorrere, che tanto continua nella sua fuga espansiva. Pianeti infuocati o lucciole nella sera, comunque vada saranno protagoniste del calar della giornata. E c’è chi è più preziosa e sa di piacere, che si mette in mostra nel nero vestito di velluto (perché di velluto poi lo si chiederà ai poeti …). Comunque nel nero velluto, sfilate di luci.


Alcune più timide pigolano nel cielo invaso dalle sorelle brillanti. Sovrastate da schiamazzi inudibili.


Giù sulla terra, due persone si amano, ma non se lo dicono, perché le parole sovrasterebbero il canto del cielo.

Lo inviano alle stelle. Quel segreto mal cielato (lasciatemi passare che di cielare si parla). E anche in quel prato blu notte, il pensiero va a loro e non alle mani che si intrecciano nel timido tentativo di un contatto umano.

Ma a loro stanno pensando, mentre stormi di farfalle si divincolano nello stomaco.


E basta questa colpa dell’amore, che mica l’hanno inventata loro l’ossitocina! … però, restano indiscrete. Ad osservare sempre tutti che … forse la colpa per gli occhi luccicanti gliela si deve dare, che a forza di guardarle, per la fatica qualche lacrima ci scappa.


Tristezza della notte, per le sorelle più attempate, consumate dalle tempeste universali, da quell’ardere continuo che non fa per gli anziani, e poi d'un tratto, dopo millenni di esistenza, si assopiscono, stanche di aver curato cuori infranti e aver affrontato cannocchiali indisponenti.


Poi si lasciano cadere, in mezzo a quel sogno profondo, volano senza mai atterrare.


E noi? Noi esultiamo della loro sparizione.



Letizia Chesini



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