8 maggio 2020

Frequenze vibranti

Musicista. Un musicista. Un musicista è una persona, anzi; il musicista è qualcuno, qualcuno che, come tutti vive, mangia, dorme, si riproduce etc … Ma cosa rende un musicista tale? Certo, è scontato, il suonare uno strumento, lo studiare ore e ore ogni giorno tecnica, studi su studi, brani su brani. Ma se diamo in mano un libro di musica, che spieghi nei minimi dettagli la tecnica pianistica del movimento, che insegni i valori delle note, la pulsazione ritmica, il solfeggio e le dinamiche, tutte le indicazioni esistenti, ad un ingegnere ... è sicuro, egli senza dubbio diventerà il miglior pianista di sempre, ma, sarà davvero, un musicista? Che cosa accade nella testa dei musicisti quando eseguono un pezzo di Liszt, di Brahms o di Tchaikovskij? A cosa pensano veramente quando passa una canzone alla radio, o mentre ascoltano la loro musica da un paio di auricolari nel tragitto verso il Conservatorio? Cos'è per loro la musica? E che meccanismi esistono (se esistono) per insegnare la musica agli ingegneri, ai non-musicisti, per far capire loro il senso ed il significato di questa strana arte, senza una concretezza vera e propria, fatta di un nulla che però fa male e fa anche emozionare, di un susseguirsi di invisibili vibrazioni?

Quello che più identifica la musica è il concetto di tutto. Infatti, se pensiamo alla musica definendola un susseguirsi di frequenze uguali o diverse, di tipo differente o caratterizzate da una diversa forma d’onda, possiamo tranquillamente asserire che musica è tutto ciò che ci circonda. Dalle infinite moltitudini di rumore bianco della pioggia, al sinusoidale canto degli uccelli, fino allo strascichio delle nostre scarpe sull'asfalto del marciapiede. Già da questa piccola definizione possiamo capire come la musica sia universale e accessibile a chiunque, dagli esseri umani fino ai delfini, dai gorilla fino ai nostri gatti.

Ma parliamo della musica in senso un po’ più ristretto, in ambito propriamente musicale, ricreativo, studentesco. Quella che si ascolta attraverso il proprio smartphone, o ad un concerto in un teatro, piuttosto che in una discoteca o dal pianoforte del nostro insegnante. Perché questa musica è così importante e indispensabile a tutti quanti, che si parli di un pianista o di un ingegnere? In questo senso, la musica è un portale, è una dimensione a sé, ma senza di essa non potremmo vivere. Non potremmo in alcun modo disabituarci a qualcosa che da sempre esiste e che è dovuta esistere. Tutti sanno che i primi esperimenti musicali sono ricollegabili ai nostri antenati primitivi, che non avevano alcun tipo di strumento definito. Eppure essi riuscirono a creare della musica grazie al solo ritmo, che, ancora oggi, è il tramite per eccellenza della musica, quello che fa muovere la testa, che contraddistingue una cultura rispetto a un’altra e che fa ballare la gente nelle discoteche e nei club di liscio. Ma la cosa più formidabile è che la musica esiste in natura. Esiste nel ritmo che scandisce il giorno e la notte, nel ritmo che hanno i nostri piedi nel camminare, nella regolarità di tutto l’ordine universale. Per questo si parla di armonia.

Eppure, se si affronta la musica intesa come classica, jazz, pop o rock, esistono ancora molte lacune nell’essere umano. Vittorio Gelmetti, all’interno del suo “Tutto è Musica” del 1979, dedica un interessante capitolo alla visione della gente nei confronti della musica, e dimostra, tramite alcune brevi interviste a persone pescate casualmente dalle strade, quali siano i primi collegamenti che loro fanno all’ascolto di diversi brani. Dirò che, leggere di individui che alla Quinta di Beethoven collegano la pubblicità dell’amaro Petrus, è qualcosa che mi spezza il cuore. Questo dimostra sufficientemente quanta poca importanza e profondità vengano date a questa materia, e quanto minimo interessamento a questa venga dedicato. Certo, se poi a qualcuna di queste persone venisse in mente di approfondire una qualche composizione, farne un attento ascolto, senza il bisogno di aver studiato musica, ma solo seguendo quello che succede, allora non c’è dubbio che andrebbero incontro a qualcosa di magico, e scoprirebbero che la musica, intesa come qualunque creazione, che sia Despacito o che sia la Quinta Sinfonia, ha un senso, sempre e comunque, e non è solo collegata alle hit estive o al Petrus.

Ed ecco che entra in gioco la figura del compositore, che potremmo chiamare più generalmente “creatore”, ma che, per comodità e per semplicità, sarà un compositore di musica classica, magari della fine del ‘700; diciamo Beethoven. Parlando del compito di un compositore, ho sempre pensato che non ne ha nessuno, se non quello di seguire ciò che sente e ciò che il suo cuore gli canta. Ciò che è importante sottolineare è che ognuna di queste composizioni ha un senso, cioè, ognuna è stata concepita in seguito alle idee proprie del compositore. Sicuramente non è qualcosa di casuale, sicuramente non qualcosa di macchinoso. Ha sempre un perchè, che sia o no fruibile dal pubblico, perché il compositore, o il “creatore” gliel’hanno dato. Per quanto riguarda Beethoven, per esempio, la sua idea era quella di una Sinfonia. Ed essendo immerso in una certa epoca, non poteva non essere influenzato da alcuni aspetti, come la struttura, un certo senso armonico, e uno stile che andava allora popolare. E ora si può parlare di compito del compositore, che in questo caso, da Beethoven era visto come il creare una guida, quello di raccontare qualcosa, attraverso gli elementi che si ritrovano banalmente in una qualsiasi fiaba o favola: c’era una volta, protagonista, antagonista, intreccio, lieto fine. Ecco perchè il compositore è così fondamentale per la percezione unanime della musica; primo, perché senza di esso la creazione non esisterebbe, e secondo, perché (nella maggior parte dei casi) ci aiuta nella sua comprensione.

È possibile quindi ammettere che l’essenza della musica è spiegabile a tutti? Ai musicisti e ai non musicisti? È possibile trasmettere quel senso, quella profondità di una Sinfonia ad un ingegnere? Si potrebbe dire che il perché di questa musica, così come la sensibilità o le emozioni che si percepiscono ascoltando la musica, sono certamente riconoscibili da tutti, e faranno emozionare e venire la pelle d’oca a tutti quelli che l’ascoltano, ma coloro che vivono in questo piccolo ma infinito universo, i musicisti, hanno una mentalità adatta a fare ciò, come se avessero il compito di diventare quello che sono innatamente, senza che lo sappiano. La passione è ciò che gli permette di addentrarsi nei più nascosti e affascinanti vicoli della musica, e, grazie a questo, hanno anche il dono e la capacità di connettersi con tutti gli altri, di sensibilizzare tutto e tutti con questa emozionante arte, che tutto e tutti è.

Demetrio Schintu

demetrio.schintu.ilcardellino@gmail.com