16 ottobre 2020

Tu che illudesti molto giorni grigi

“Lo splendore della Luna era raddoppiato dal nero drappo del firmamento, che in quel vuoto dell’etere inadatto alla diffusione della luce, non eclissava le stelle vicine. Visto così, il cielo presentava un aspetto del tutto nuovo e inaspettato per l’occhio umano.” da Intorno alla Luna, di Jules Verne


O che l’Eroe che non sa riposi

discenda nella Terra, o che si libri

per le virtù di cifre o d’equilibri

oltre gli spazi inesplorati ed osi


tentar le stelle, o il Nautilio rivibri

e s’inabissi in mari spaventosi:

Maestro, quanti sogni avventurosi

sognammo sulle trame dei tuoi libri!


La Terra il Mare il Cielo l’Universo

Per te, con te, poeta dei prodigi,

varcammo in sogno oltre la scienza.


Pace al tuo grande spirito disperso,

tu che illudesti molti giorni grigi

della nostra pensosa adolescenza.

In morte di Giulio Verne, da La via del rifugio di Guido Gozzano


“La Terra, il Mare, il Cielo, l’Universo”, sono tutti i luoghi indagati nel più piccolo dettaglio, -che sia la composizione geologica dell’Islanda, che sia la sfumatura delle scaglie di un pesce, che sia un pallone areostatico o un cratere lunare- da Jules Verne nei suoi incredibili libri. E infatti in quei libri, che per molto tempo furono considerati racconti adatti solo alla “pensosa adolescenza”, Verne riuscì ad illustrare ai suoi lettori, tramite storie travagliate, avventurose e intessute di ironia, tutto ciò che si era realmente scoperto e compreso del mondo allora conosciuto e quello che si ipotizzava (anche le teorie meno diffuse) dei luoghi non ancora esplorati, dall’ipotetico centro della Terra all’altra faccia della Luna. Infatti la caratteristica che più stupì e stupisce è la sua vastissima conoscenza riguardo a strumenti, idee all’avanguardia (a cui si aggiungono tutti i fatti più strani e poco noti) al suo tempo ancora nascenti, ancora da sperimentare e verificare e, in particolare, la sua capacità di recepire queste novità -che più di adesso rompevano con il passato- quasi come fossero invenzioni sue. Unendo diversi ambiti creò, fantasticando, congegni e teorie così attentamente spiegate e pensate da sembrare del tutto simili al vero. Jules Verne viene solitamente definito uno dei “padri della fantascienza” insieme a Herbert George Wells. Sembra in realtà che Verne non amasse essere definito così, la tradizione narra che riferendosi ad un libro di Wells, Primi Uomini sulla Luna, disse: ”Dov’è questo metallo antigravitazionale? Lasciate che me lo mostri”. E in effetti, come si è detto, le storie raccontate nei libri di Verne non solo hanno origine, ma si sviluppano tramite argomentazioni vere- sulla natura o su nuove “tecnologie”- e appaiono in questo modo particolarmente orientate al reale. Queste pause illustrative, dallo stile scientifico (troviamo passi in cui sono esposte le varie classificazioni degli animali, dei minerali; in cui sono spiegati particolari fenomeni chimici, fisici), -così precise da sembrare davvero illustrate- fermano continuamente la narrazione della storia per darle un modo, una soluzione per proseguire. Vediamo ad esempio un frammento tratto da Ventimila leghe sotto i mari, in cui il capitano Nemo di quel “Nautilio” (il sottomarino Nautilus) propone al professore Pierre Aronnax, suo passeggero-prigioniero, di andare a cacciare in una foresta sottomarina “a piedi asciutti” e, convincendo il professore di non essere matto, lo informa dettagliatamente sul funzionamento di un innovativo apparecchio (progettato nel 1864 da Benoit Rouquayrol e Auguste Denayrouze), capace di fornire ossigeno autonomamente senza il bisogno di un tubo attaccato alla nave. Certi passi sembrano quasi mirare a trasformare teorie della fantasia in teorie possibili. Notiamo ad esempio quante volte, nelle conversazioni tra personaggi, vengono esposti calcoli accurati, sui quali si basano le dinamiche fondamentali di spedizioni e viaggi, come la partenza in un determinato giorno oppure la velocità necessaria per raggiungere la meta, per esempio in Dalla Terra alla Luna. In questo profetico libro, uno dei protagonisti, Impey Barbicane, è il presidente del Gun-club, associazione di artiglieri, formatasi durante la guerra di Secessione americana. Alla fine della guerra però i membri del club si ritrovano senza uno scopo, “annoiati”, “ridotti al silenzio da una pace disastrosa si intorpidivano nei sogni dell’artiglieria platonica”. Il presidente dell’associazione Barbicane allora decide di “cercare alimento per l’attività che ci divora in un altro ordine di idee” e propone ai membri del suo club di spedire un proiettile (alla fine una vera navicella con equipaggio), utilizzando tecniche della balistica, verso “l’astro delle notti”, la Luna. Durante la narrazione della storia vengono descritte passo dopo passo la struttura e le modalità di lancio del proiettile, che devono essere calcolate in maniera impeccabile affinché si possa raggiungere la superficie “selenita”: “Eccovi il risultato dei miei calcoli -rispose Barbicane- un proiettile di centootto pollici di diametro e di dodici pollici di spessore, se fosse in ghisa peserebbe 67.440 libbre; in alluminio, il suo peso sarà ridotto a 19.250 libbre”. Dopo reazioni contrastanti e avvenimenti, tra cui l’aggiunta di un equipaggio di tre uomini a bordo, il proiettile viene sparato verso il satellite: “Una detonazione spaventosa, inaudita, sovrumana, di cui né lo scoppio della folgore, né il frastuono delle eruzioni potrebbero rendere l’idea, si sentì istantaneamente. Un immenso fascio di fuoco sorse dalle viscere della Terra come da un cratere. Il suolo ebbe un sussulto e solo qualche persona riuscì a vedere per un istante il proiettile che vittoriosamente fendeva l’aria tra i vapori fiammeggianti.

Verne scrisse Dalla Terra alla Luna nel 1865 (seguito nel 1870 da Intorno alla Luna, in cui è raccontato il viaggio spaziale dei protagonisti). Solamente poco più di un secolo dopo, nel 1968, gli Stati Uniti inviarono il modulo di comando Apollo 8 e il suo equipaggio nello spazio, per compiere per la prima volta un’orbita attorno alla Luna. Come i protagonisti e primi “astronauti” di Verne -Barbicane, il capitano Nicholl e Michel Ardan- l’equipaggio dell’Apollo 8 poté vedere, facendosi trasportare dalla forza dell’orbita lunare, l’emisfero nascosto della Luna. Altri autori in passato provarono a immaginare un viaggio dalla Terra alla Luna, ma il timbro dato da Verne è, come si è visto, differente e infatti, grazie a calcoli accurati, l’autore riuscì addirittura ad “indovinare” alcune strategie e formule vere, le stesse che saranno poi utilizzate dagli ingegneri dell’Apollo 8 (e quindi da tutto il programma spaziale Apollo), ad esempio la velocità del volo (per l’Apollo di circa 24 mila e 200 miglia orarie e per il proiettile di Barbicane calcolata a circa 25 mila), la lunghezza del volo (effettivamente 225 mila miglia, per Verne 218 mila), il peso e le dimensioni della navicella, quasi coincidenti nelle due spedizioni.

Nelle sue biografie si racconta che, poco prima di morire, Verne consegnò ad un nipote il manoscritto di Dalla Terra alla Luna, dicendogli “Conservalo con cura, perché so che tu assisterai al viaggio degli uomini verso la Luna e sarai così in grado di giudicare l’esattezza delle mie previsioni”.

Ilaria Berlanda

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