24 agosto 2020

Siamo o non siamo una famiglia?

/fa mi glia/ che cos'è? o meglio, che cosa sono?


La psicologa Laura Dondè e don Sergio Nicolli si occupano ormai da anni di famiglie, affiancandole ormai da anni nelle situazioni più serene, come quella del matrimonio, ma anche e soprattutto nei momenti di grande difficoltà, come può essere quello della separazione. Si sono resi disponibili per affrontare assieme il significato di famiglia, l'importanza che questa svolge nella comunità, i pregiudizi generali che circondano questo tema e molto altro ancora.

"Il cambiamento epocale nello studio sulle famiglie è avvenuto quando non ci si domandava più che cosa non funziona in una famiglia, ma come una famiglia funzionava."

"L'amore o va avanti perché accetti la persona così com'è, o se invece conservi sempre quell'ideale che ti sei fatto quando ti sei innamorato, allora la storia d'amore rischia davvero di essere fonte di sofferenza."


/fa mi glia/ che cos'è? o meglio, che cosa sono?


La psicologa Laura Dondè e don Sergio Nicolli si occupano ormai da anni di famiglie, affiancandole ormai da anni nelle situazioni più serene, come quella del matrimonio, ma anche e soprattutto nei momenti di grande difficoltà, come può essere quello della separazione. Si sono resi disponibili per affrontare assieme il significato di famiglia, l'importanza che questa svolge nella comunità, i pregiudizi generali che circondano questo tema e molto altro ancora.

"Il cambiamento epocale nello studio sulle famiglie è avvenuto quando non ci si domandava più che cosa non funziona in una famiglia, ma come una famiglia funzionava."

"L'amore o va avanti perché accetti la persona così com'è, o se invece conservi sempre quell'ideale che ti sei fatto quando ti sei innamorato, allora la storia d'amore rischia davvero di essere fonte di sofferenza."


Che cos'è una famiglia?

DON SERGIO: Nel dare questa definizione penso a due persone, un uomo e una donna, che decidono di donarsi la vita reciprocamente, per sempre (almeno come intenzione), per creare una comunità di amore aperta alla vita. E' normale infatti che quando ci si vuol bene si voglia condividere la vita per poi anche generarla (anche se purtroppo non sempre si riesce). Ad ogni modo la coppia è già famiglia, i figli costituiscono poi una parte importante in una storia d'amore. Ciò che secondo me è fondamentale è che una storia d'amore non sia solo un bene privato ma anche un bene comune, cioè qualcosa che interessi anche la comunità e che incida sulla vita della comunità. In che modo? Prima di tutto incide se ci sono dei figli, infatti i figli sono un bene prezioso non solo per la coppia ma anche per la comunità. Basti pensare al problema della denatalità, che in questi ultimi anni si fa sentire in maniera molto forte e comincia a preoccupare il mondo sociale e politico. Una comunità che diminuisce, che perde il senso della fecondità, è una comunità destinata a scomparire. Credo che quando una coppia è serena, e non intendo dire che non abbia problemi perché in ogni storia d'amore ci sono, ma quando una coppia vive bene, questa serenità incide anche sul benessere della comunità. Intendo il benessere proprio come ben-essere, star bene.

LAURA: Per definirla utilizzerei il termine palestra, una metafora. Dal mio punto di vista è la prima palestra di vita, dove il bambino impara a conoscersi, in cui si allena un po' a vivere. Penso ai genitori come gli allenatori che allenano alla vita. Il figlio costruisce la propria identità anche in base allo sguardo che riceve dalle figure di riferimento. Nella famiglia impariamo anche le regole che permettono di vivere bene, e sono i nostri genitori i primi a dirci dei no. Questi valori, queste regole che loro ci danno e che impariamo in casa, ci permettono di stare anche assieme a persone con modi di vivere completamente diversi dal nostro. La famiglia è poi anche una rete di relazioni affettive significative e importanti che sono al tempo stesso interdipendenti. Nella coesione tra famigliari si sente poi anche la possibilità, una volta che si è costruita una base sicura per ogni persona, di costruire la propria storia, la propria identità, il proprio senso di appartenenza a un gruppo. La famiglia è insomma una base sicura, una base affidabile di relazioni che consentono a tutti i membri che ne fanno parte ed a ogni età di sentirsi sicuri per poter poi spingersi ad esplorare il mondo che sta al di fuori della famiglia stessa.



Quanti tipi di famiglia esistono secondo te?

DON SERGIO: Io sono convinto che non esistano tanti tipi di famiglia, ma tante famiglie. Ci sono tante situazioni famigliari diverse ma se per tipo di famiglia si intende un'ideale di famiglia, non ci sono tanti ideali. C'è una tradizione a Roma in cui due innamorati vanno a comprare un lucchetto che ha due chiavi piccoline, vanno poi sul ponte di Milvio, si abbracciano, si baciano affettuosamente, legano questo lucchetto a una catena che avvolge il lampione e poi buttano la chiave indietro, nel fiume come per dire: "ormai stiamo talmente bene insieme che nessuno potrà separarci". Questo è l'ideale dei due innamorati, cioè essere insieme per sempre, volersi bene, fare famiglia, magari avere dei figli. Nel caso di una coppia gay o lesbiche, loro si voglio bene, si mettono insieme ma non è un modello di famiglia, è una realtà di coppia che ha un valore privato naturalmente da rispettare, non da giudicare, ma non corrisponde a un ideale.

In tutta Italia sono stati fatti un po' di anni fa dei sondaggi tra gli adolescenti chiedendo loro: "qual è la cosa che ti preme di più nella vita? Il tuo sogno di vita?" Oltre il 90% al primo punto hanno messo "una bella famiglia". Pensiamo tra l'altro che molti di questi vengono da famiglie dove c'è sofferenza. È chiaro che bisogna adeguarsi ad ogni situazione, non possiamo giudicare nessuna famiglia ma bisogna cogliere il buono e il bello in ogni situazione umana. Mai permettersi di giudicare.

LAURA: Facendo l'esempio di prima della palestra, se quindi la vedo come una rete di relazioni affettive importanti, di famiglie ce ne sono tantissime. Penso alle famiglie ad esempio mono genitoriali: sono sempre esistite, penso alle madri vedove, ai padri vedovi. Ci sono sempre state anche le famiglie adottive, le famiglie in fase di post separazione, le famiglie ricomposte, le famiglie con genitori dello stesso sesso, multiculturali. Pensa che io ho imparato tantissimo da una signora che era venuta da me moltissimi anni fa, ed era venuta perché era deceduto il suo cane, con cui viveva quotidianamente in una relazione strettissima e profondissima da 18 anni. Per lei quel cane era la sua famiglia. Perfino un'unica persona che vive una sua quotidianità profonda con il proprio cane può essere, in un modo o nell'altro, una forma di famiglia, se la intendiamo come una rete di rapporti e relazioni affettive. E' quindi l'appartenenza e il sentirsi considerati che crea la famiglia; si basa proprio sul principio di coesione.


Lavorando con le famiglie, quali sono i pregiudizi che ti influenzano a lavoro?

DON SERGIO: Noto che ci sono e ci sono stati tanti pregiudizi della Chiesa ad esempio riguardo all'amore umano, cioè che quando si parla di amore umano, di innamorati, c'era in passato in particolare ma anche adesso la tendenza a dire: "ah è una situazione a rischio, sta attento! Sta attento alle compagnie!" Il pregiudizio, molto frequente nella Chiesa del passato, è che all’innamoramento e alla sessualità siano quasi automaticamente legati dei rischi e dei pericoli; questi pregiudizi hanno portato alla convinzione comune che la Chiesa sia sempre sospettosa dell’amore umano. Mi ha colpito che perfino papa Benedetto, nell’Enciclica “Deus caritas est” abbia denunciato un pregiudizio molto diffuso: “La Chiesa con i suoi comandamenti e divieti non ci rende forse amara la cosa più bella della vita? Non innalza forse cartelli di divieto proprio là dove la gioia, predisposta per noi dal Creatore, ci offre una felicità che ci fa pregustare qualcosa del Divino?”. La Chiesa dà un'indicazione di cammino, delle regole, ma lo fa per fare in modo che una storia di amore non sia fonte di sofferenza, ma di gioia. Allora certe storie che nascono in maniera esaltante sono pericolose. Come quelli che buttano la chiave nel Tevere, dopo un po' di tempo, magari andranno a cercarla per riaprire il lucchetto. Quando iniziano a conoscere la persona, si rendono conto anche dei suoi limiti e dei suoi difetti, quindi l'amore o va avanti perché si accetta la persona così com'è, o se invece si conserva sempre quell'ideale che ci si è fatti quando ci si è innamorati, allora rischia davvero di essere fonte di sofferenza.

LAURA: Tutti quanti abbiamo dei pregiudizi e stereotipi ed è normale averli. Cresciamo in un contesto e creiamo delle lenti, degli occhiali specifici con cui guardiamo tutto il mondo, ma le lenti sono limitate, deformanti. Anche io sono cresciuta in una famiglia tradizionale e la mia esperienza era quella. Crescendo ho notato che in realtà ci sono moltissime forme. Ancora mi capita che ci sono persone che dicono: "guardi dottoressa ormai ci siamo separati, il matrimonio non c'è più e la nostra famiglia non esiste più". Queste persone confondo l'essere coppia con essere famiglia. Se io chiedessi ai loro figli: "chi fa parte ora della vostra famiglia?" loro risponderebbero "la mamma e il papà". Per i figli la famiglia anche se cambia forma è sempre famiglia. Anche con la separazione la famiglia non si spacca, rimane la stessa, cambia solamente la forma!


La scuola aiuta ad abbattere i pregiudizi per esempio nei confronti delle famiglie "Non convenzionali" oppure li rinforza?

LAURA: La scuola come la società e le famiglie, è fatta di persone, quindi è importante che l'insegnante possa riconoscere di avere degli stereotipi. Conoscersi diventa già un fattore protettivo per le famiglie. La scuola ha un ruolo fondamentale nel costruire con la famiglia una funzione educativa. Anche per esempio in questo periodo in cui la pandemia ha portato la chiusura delle scuole e l'inizio della didattica a distanza, quello che è mancato è stato proprio la relazione. Infatti la didattica online è servita per la parte nozionistica ma è stato difficile poter nutrire proprio la parte di relazione nel momento in cui è mancato l'incontro a scuola, e si è quindi dovuto cercare un altro modo per restare in contatto. Nei momenti di difficoltà che una famiglia può affrontare, il poter contare sul gruppo dei compagni a cui il ragazzo o la ragazza può confidare anche i dubbi che non sente di poter dire ai genitori o anche a un insegnante, diventa un fattore protettivo per quel ragazzo. A scuola ci si passa più tempo che a casa, e la scuola per esempio quando si parla di separazione, può dare al figlio anche una certa continuità che contrasta in qualche modo la discontinuità recata dalla separazione. La scuola quindi deve rendersi responsabile anche dal punto di vista educativo di tutti gli studenti.


Qual è l'atteggiamento della Chiesa nei confronti delle coppie omosessuali e del matrimonio tra queste?

DON SERGIO: Di fronte al matrimonio in Chiesa tante volte ho consigliato anche io: sposatevi civilmente, non sposatevi in chiesa solo perché c'è l'organo, o perché è una cerimonia più suggestiva, perché per sposarsi in chiesa bisogna credere nel valore della fede dal momento che prendiamo un impegno davanti a Dio e Dio si impegna con noi, c'è quindi una scelta che è di fede. Per quanto riguarda le coppie e i matrimoni tra omosessuali, la Chiesa non è che non è d'accordo sulla scelta di quei due, è una scelta personale che va rispettata. Una volta papa Francesco ha detto: "ma chi sono io per giudicare? Io non posso giudicare nessuno". La persona ha un valore che è ben al di là delle proprie scelte e delle proprie idee. La Chiesa non riconosce però che quella coppia è una famiglia. E' una scelta di amore, ma è individuale, personale. Va rispettata ma non va considerata sullo stesso piano come la scelta di una famiglia che invece è capace di generare. Va rispettata ma non va collocata sullo stesso piano di una famiglia naturale di una famiglia fondata sull'amore tra un uomo e una donna. Sul fatto per esempio di legittimare l'adozione a una coppia di omosessuali, io non sarei d'accordo. Per rispetto del figlio, che ha il diritto di avere un padre e una madre. Lo condanni altrimenti ad avere due padri o due madri, ha il diritto invece di avere entrambi perché hanno ruolo anche diverso nell'educazione genitoriale.


L'adozione di un figlio da parte di una coppia omosessuale, porta effettivamente dei danni nella crescita ed educazione del bambino?

LAURA: Per anni, decenni, si è pensato, anche in base alle ricerche che ci son state, alla letteratura a livello sociologico e psicologico, che la genitorialità dovesse seguire il genere sessuale, che per avere quindi una famiglia funzionante, sana, ci volesse per forza una madre, e un padre. Invece gli studi successivi, compiuti prima di tutto in America e poi divulgati a livello mondiale, hanno proprio fatto emergere che la genitorialità non segue il sesso ma segue una funzione: cioè la funzione materna e quella paterna. Non è tanto importante che i genitori siano uno un maschio e uno una femmina, ma che esercitino uno una funzione paterna e uno una materna. La funzione materna è quella dell'accoglienza, il supporto, la cura e la protezione. Con quella paterna invece intendiamo l'incoraggiamento ad esplorare il mondo, la spinta verso l'autonomia. Anche se manca un genitore, è vero che viene a mancare da un punto di vista fisico, ma da un punto di vista sociologico, emotivo, quel genitore continua ad esistere, quindi l'altra funzione che aveva, viene preservata dal genitore vivente, oppure anche da un'altra figura di riferimento, che può non essere il genitore biologico. La genitorialità è costituita su tre poli: un genitori con funzione materna, uno con funzione paterna e il figlio.

Quindi dal punto di vista psicologico una famiglia può essere fatta anche da due genitori dello stesso sesso , una coppia omosessuale.


Come mai un sacerdote non può avere una famiglia?

DON SERGIO: C'è molta discussione attorno a questo tema. Non è perché il matrimonio sia una cosa cattiva, ma perché la missione di uno che è chiamato a vivere la sua vita a sevizio degli altri, il celibato, cioè la scelta di non legarsi a una persona, è per dare totalmente l'amore e stringere legami con tutte le persone. La mia famiglia è la mia comunità. Quando incontro una famiglia che sta soffrendo, per me quella diventa la mia famiglia per un momento e cerco di avere quel senso di attenzione, di paternità, di affetto che mi fa essere vicino a quella famiglia senza alternative. Non è che la Chiesa rifiuta il matrimonio, ma non ci si lega ad una persona per essere più disponibili verso altri, questo è il senso del celibato. Io l'esperienza delle famiglie la vivo molto da vicino sia da mia sorella e i miei nipotini che quando vado a casa mi divertono un mondo, sia con le famiglie che incontro. Vivo da vicino situazioni di una famiglia che fa fatica, genitori che non si capiscono più. La missione di un prete è anche quella di dedicare tutto il tempo a disposizione senza essere limitato dal dover farsi a propria famiglia.


La fine del matrimonio sancisce la fine della famiglia?

DON SERGIO: Per me la famiglia è anche una coppia di conviventi, che hanno dei figli e che rifiutano il matrimonio. E' però una famiglia che secondo me non ha capito che l’amore non è un bene privato ma un bene comune, pubblico; non ha capito che le proprie scelte non sono soltanto scelte che riguardano due persone, ma che riguardano anche i figli e la comunità.

La chiesa accetta il divorzio?

DON SERGIO: La chiesa accetta nel senso che se due persone non ce la fanno più a vivere insieme, prende atto di questo e cerca di accompagnarle, in modo che non vivano questo avvenimento come un fallimento totale di tutta la vita. Quello che si sta facendo anche per accompagnare coppie in crisi non è sempre per tenerli assieme a tutti i costi. Conviene scegliere a volte di andare ognuno per la propria strada, se ci sono dei figli poi hanno una responsabilità comune. Smettono di essere sposi ma non smettono di essere genitori. I figli hanno bisogno di sentire che i genitori anche se si sono separati non è vero che non hanno più niente in comune, ma che hanno proprio loro in comune, la ricchezza più grande che hanno. La Chiesa prende atto e comunque di fronte alla sofferenza di un matrimonio fallito sente il bisogno di accompagnare le persone accettando e rispettando la loro storia di amore, che mantiene comunque sempre un grande valore. Anche quando la coppia dice "ci sposiamo ma non vogliamo avere figli": la Chiesa dice che manca un elemento importante, la condivisione e la disponibilità ed escluderlo in partenza comporta la nullità del matrimonio.



Beatrice Hentschel

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