24 aprile 2020

La didattica a distanza e Socrate


Al giorno d’oggi, grazie all’avvento delle nuove tecnologie, è possibile portarsi il lavoro anche a casa: da un lato, ciò ha completamente annullato il confine fra vita privata e vita lavorativa, perché ormai si può essere reperibili in qualsiasi momento; d’altra parte, però, è molto comodo perché è possibile svolgere certe funzioni da casa propria o anche mentre si è in giro per il mondo. Internet e i social, proprio per questo motivo, si stanno rivelando molto utili e sono considerati addirittura necessari in questo periodo, dato che il coronavirus ha reso impossibile anche raggiungere il proprio luogo di lavoro. Uno dei primi enti che si è attivato per mantenere una certa continuità sono state proprio le scuole e le università: lo studio, infatti, è un diritto fondamentale e, per garantirlo, le lezioni si sono spostate dalle solite aule a delle classi virtuali e gli studenti le seguono da casa per mezzo di un computer. Queste videolezioni, tuttavia, hanno scatenato subito molte polemiche: in primis, da parte dei genitori, che si sono lamentati per il carico eccessivo di compiti assegnato ai figli e per il troppo tempo che questi passano davanti a un monitor; in seguito anche da parte degli insegnanti, per i quali non è facile fare lezione davanti a una classe di telecamere spente e che in molti hanno denunciato degli alunni per aver condiviso il link delle lezioni con persone esterne o per averli registrati e aver poi diffuso il video per denigrare e offendere il docente, e così via. Non bisogna dimenticare, inoltre, che in Italia ci sono ancora molte famiglie che non possono permettersi dispositivi tecnologici o una rete WiFi efficiente, e che per questo motivo ci sono tanti alunni che si trovano di gran lunga svantaggiati. Tutti, però, che siano genitori, insegnanti o studenti, concordano su qualcosa, che la didattica online non riesce a valorizzare l’alunno e a sviluppare al meglio le sue potenzialità. Il motivo lo può spiegare un celeberrimo filosofo Greco, il cui pensiero, nonostante i millenni che sono passati, rimane tuttora attuale: Socrate.

Socrate è conosciuto universalmente per una frase pungente e, a primo impatto, antitetica, ma su cui si basa tutto il suo pensiero: “Io so di non sapere”. Egli, infatti, era consapevole della sua ignoranza e, per questa ragione, era spinto a guardarsi attorno cercando di imparare sempre qualcosa in più; aveva fatto del suo scopo la conoscenza, proprio perché era ciò che gli mancava, e, paradossalmente, la cognizione del suo “non sapere” fu il motivo per cui era considerato, ai suoi tempi, l’uomo più saggio e sapiente di tutta la Grecia. Al giorno d’oggi, le idee di Socrate rimangono molto attuali, forse perché anche noi uomini moderni avremmo bisogno di essere curiosi e di amare la conoscenza tanto quanto lui. È questa la ragione per cui le videolezioni (e spesso, purtroppo, anche le lezioni non virtuali) non sono abbastanza efficaci: un insegnante non dovrebbe aver come scopo quello di inculcare mere nozioni nelle teste dei suoi alunni, ma di trasmettere l’amore per la sua disciplina e accendere il loro desiderio di sapere. Sorge spontanea la domanda: come è possibile fare tutto ciò dallo schermo di un computer se anche dal vivo è difficile solo catturare l’attenzione dei propri studenti?

Per Socrate, inoltre, esistevano due tipi di ignoranze: la prima, la più pericolosa, sarebbe il ritenere di possedere la verità, il credere di sapere, secondo lui era quella che affliggeva la stragrande maggioranza degli uomini; la seconda, al contrario, è un’ignoranza “positiva”, per quanto sembri contraddittorio, perché è quella di cui l’uomo è consapevole e che lo spinge alla ricerca della conoscenza. Sul primo tipo, purtroppo, si basano il fondamentalismo e l’assolutismo, fenomeni che trovano le loro radici in individui che pensano di avere la verità in tasca e che vogliono imporla anche agli altri. La scuola dovrebbe avere come scopo primario non quello di formare degli individui che sappiano la Treccani a memoria, ma che siano consapevoli della realtà in cui vivono, che nutrano il desiderio di migliorare il mondo che li circonda e che siano capaci di discernere idee giuste da quelle che non lo sono. L’insegnamento che stimola la voglia di conoscere deve essere un vaccino contro l’ignoranza, quella del “credere di sapere”, che dilaga e che, se non va fermata, potrà avere conseguenze terribili: basta pensare a due celeberrimi libri distopici, Fahrenheit 451 di Ray Bradbury e 1984 di George Orwell. La prima opera è ambientata in un mondo dove i pompieri non spengono gli incendi, ma fanno irruzione delle case dei sovversivi e bruciano i loro libri, dato che un libro è come un’arma carica nella casa del vicino, affinché non vi siano persone che riescano a distruggere il regime. In 1984, invece, l’Oceania, ossia lo stato dove vive il protagonista Winston Smith, è governato dal Grande Fratello, i cui occhi sono ovunque e guardano ogni angolo del suo regno. Il motto del suo regime è “LA GUERRA È PACE, LA LIBERTÀ È SCHIAVITÙ, L’IGNORANZA È POTERE”, proprio perché, approfittando di un popolo mal istruito, non è difficile prendere il comando.

Per quanto sia una situazione provvisoria, è importante riconoscere che la didattica a distanza ha dei limiti e che non potrà mai sostituire quella tradizionale, perché attraverso uno schermo non si potrà mai essere così incisivi come nella realtà e, così, non si riuscirà ad accendere la voglia di sapere nei propri studenti. Bisogna sperare che un domani, se mai ci saranno altre pandemie, si scopra un nuovo metodo per insegnare online per non alterare l’apprendimento di bambini e ragazzi e perché in futuro la società sia meno fragile.


Caterina Sartori

caterina.sartori.ilcardellino@gmail.com