14 aprile 2020

Paralipomeni dei vestiti nuovi dell'imperatore


Finita la parata, l’imperatore seguitava a pensare alla sua umiliazione. Chiese presto il consulto del gran ciambellano e questa fu la sua risposta:

«Maestà, noi cortigiani conosciamo bene la squisita fattura dell’abito, ma il volgo è così grezzo da non aver saputo vedere il tessuto sottile e cristallino. Tuttavia, non tutti i sudditi sono così miopi e sono convinto che a voi gioverà senza dubbio ripetere il corteo.»

Il sovrano conosceva la piaggeria proverbiale del gran ciambellano, che senz’altro non voleva spargere sale sulla sua ferita. Era altrettanto proverbiale però l’accortezza dei suoi consigli, e il lettore sappia che ebbe modo di darne prova molte volte. Non si biasimi l’imperatore perciò, se si fidò ciecamente di lui e sfilò ancora senza vestiti.

La seconda parata superava la prima in sontuosità, fatta eccezione per l’abito, ben inteso. La folla però era meno nutrita stavolta, ma non per questo meno silenziosa. Non pochi strizzavano gli occhi per vedere il vestito, ma spiccavano quelli che, accalcati attorno al baldacchino, aggiungevano al mormorio generale risate e pernacchie.

Alla sera, il gran ciambellano fu convocato al cospetto del sovrano, ora imperioso e accigliato.

«Maestà, il vostro abito è stato certo visto dai più. La cecità di alcuni meriterebbe la frusta, ma suggerisco di punir loro con un’ultima parata, e mi si tagli la testa se non sarà un successo.»

Le ultime parole del consigliere rassicurarono l’imperatore, e non a torto.

Nella folla questa volta correva qua e là un gruppetto di savonarola scuri in volto, i quali si sbracciavano e tuonavano ingiurie contro i concittadini creduloni. Il resto dei popolani, stizzito dai primi, plaudeva il sovrano in visibilio.

Alla sera, l’imperatore si congratulò il gran ciambellano:

«Non ho mai visto un tale esaltazione fra i miei sudditi. Fate in modo che d’ora in poi questi cortei siano la regola, poiché la pedanteria dei contestatori non mi infastidisce se il suo prezzo è l’essere celebrato con tale enfasi.»

Tutta la notte pensò a coloro che pendevano dalle sue labbra:

«Neppure il più esteso dei miei domini mi fa sentire così potente come il poterli deridere e in cambio essere acclamato.»


Un giorno, durante un corteo come molti altri, tra la gente si fece spazio una donna senza veste, che procedeva a passi stretti sostenendo una gonna che non si vedeva e, pur senza baldacchino e paggetti, non era seconda all’imperatore quanto a portamento. Con grande sorpresa generale, quelli che prima si dicevano contestatori si prodigarono subito in grandi inchini e lodi sperticate, altri si unirono al suo incedere e perfino il sovrano, alle strette, si sentì in dovere di accennare un saluto.

Molte altre cose accaddero nei nostri palazzi e nelle nostre piazze: chi racconta trascura volentieri le vicende di corte, la quale accolse con grandi onori la dama senz’abito, ma si premura di far sapere che il successo delle sfilate le rese un costume note a tutti, grandi e piccini.


Davide Filippi

Articolo di febbraio 2020

In poesia l'ostacolo linguistico si fa sentire particolarmente, così viaggiare da una lingua all'altra è un lusso concesso solo ai capolavori. Un brano russo tradotto, ma mai prima commentato.

davide.filippi.ilcardellino@gmail.com