26 giugno 2020

Intervista a Maurizio Cau

Confronto tra la Costituzione italiana e le altre europee

Per praticità abbiamo deciso di dividere l'intervista in due tematiche, la prima parte la trovate QUI

CONFRONTO

"A differenza delle costituzioni più datate come quella degli Stati Uniti d'America e della Prima Repubblica francese, che nascono sulla scorta dell'epopea e delle rivoluzioni, la nostra carta fondamentale nasce non solo a conclusione del ventennio fascista e della guerra, ma anche all'alba di un cambio epocale dell'assetto istituzionale dello stato.[...] Suffragio universale che arrivò con decenni di ritardo rispetto ad altri Stati europei come Germania, Austria, Spagna, Regno Unito e molti altri." Carlo Petrini


Ci sono differenze con le Repubbliche degli altri Paesi europei? Sono dovute solamente al contesto in cui sono nate?

Questa è una domanda molto importante ma che avrebbe bisogno di molto tempo per trovare una risposta pertinente. La nostra Costituzione è e ha una storia a se. Il contesto storico in cui si sviluppano le diverse Costituzioni ovviamente incide molto. La storia del Paese e l'orientamento dei costituenti incidono parecchio sulle condizioni politiche del momento. Nel nostro caso senza l'esperienza fascista, senza la lotta partigiana e senza la Resistenza la nostra Costituzione, che trova nel movimento antifascista un importante asse valoriale, non avrebbe quella forma, sarebbe stata una storia profondamente diversa. Per esempio la Costituzione tedesca nasce in cui contesto storico simile ma profondamente diverso da nostro, con un movimento costituzionale che è il frutto di scelte figlie del tentativo di profondo di distanziamento dall'esperienza passata. La Costituzione tedesca nasce perché gli errori del fascismo non possano più ripetersi e cerca quindi di dotarsi di anticorpi istituzionali per evitarli. Per esempio la cosa un po' balorda è che la Germania aveva una Costituzione democratica di riferimento che era quella di Weimar del '19 ma sostanzialmente non la utilizza perché in quegli anni Weimar era letto come uno dei fattori che aveva favorito e scatenato l'ascesa del potere del nazismo. Paradossalmente, il modello Weimar era un modello più forte in Italia. I costituenti italiani guardano più favorevolmente al modello weimariano di quanto non lo facciano i tedeschi, che spingono per creare una carta che rappresenti davvero un punto di svolta rispetto anche alla loro precedente esperienza democratica. Noi invece non avevamo una forma costituzionale democratica e repubblicana come quella tedesca. La costituzione è di fatto un progetto proiettato nel futuro e risente molto del tempo in cui prende forma. Dipende anche dalle fasi storiche, le costituzioni del secondo dopoguerra sono piuttosto simili tra loro, perché rappresentano un modello nazionale che riprende corpo in quella determinata fase storica e sono naturalmente molto diverse rispetto a quelle precedenti. Molte di queste hanno infatti anche una forte natura programmatica, non sono solo degli strumenti per definire norme di carattere precettivo, comandi giuridici o forme di organizzazione dello stato, ma diventano anche degli strumenti di enunciazione di principi che devono rappresentare delle chiare direttive per il legislatore. In particolare la nostra costituzione è molto programmatica, nel senso che non da' solamente norme che stabiliscono regole relative all'ordinamento dello Stato, ai rapporti tra lo stato e i cittadini, ma sono norme che fissano alcuni obiettivi che i poteri pubblici devono realizzare. La nostra costituzione è quindi un programma da attuare, e questo senz'altro è un grande scarto rispetto alle altre carte costituzionali del passato.


In particolare quali sono le differenze tra la Repubblica italiana e quella tedesca? Che cosa possiamo imparare dalla Repubblica tedesca?

Difficile capire cosa possiamo imparare dagli altri che vivono davvero in condizioni storiche diverse dalle nostre. Trovo che sia molto importante allenare il proprio sguardo alla comparazione, ma anzitutto guardare gli altri ci fa capire meglio noi stessi, come siamo fatti noi , più che per andare e cercare di recuperare alcuni strumenti che magari valgono per gli altri ma che difficilmente si adattano al nostro contesto. Italia e Germania sono molto significative dal punto di vista storico, costituzionale, storico-istituzionale, proprio perché ci sono delle differenze storiche e strutturali legate a delle tradizioni molto diverse. Anche tradizioni politiche. Se pensiamo che in quasi 160 anni dall'unità d'Italia noi abbiamo avuto (facendo l'eccezione dei 20 anni di governo fascista, di governo mussoliniano, un governo fin troppo stabile), un governo all'anno facendone la media, in 150 anni di unità tedesca loro hanno avuto più o meno una cinquantina di governi, quindi 1/3 dei nostri. Quindi tra Italia e Germania ci sono molti parallelismi ma ci sono anche grandi differenze, che si vedono anche nelle costituzioni. Quella di Bonn non prende Weimar come esempio ma cerca di allontanarsi anche dalla sua visione molto programmatica . La Costituzione attuale tedesca diventa una costituzione più organizzativa; la dimensione ideale e programmatica è un po' meno accesa e più accorta rispetto alla nostra e anche rispetto alla gestione di alcuni caratteri istituzionali molto organizzativa, anche perché è il frutto di una produzione meno "politica", ma ha un percorso e una gestazione diversa. La nostra è il prodotto delle forze politiche e partitiche. Anche con un ruolo degli Stati Uniti profondamente diverso. Quindi è un po' difficile dire cosa potremmo prendere in prestito, perché le costituzioni sono davvero degli oggetti storicamente determinati e che devono fare i conti con l'ambiente in cui vengono messi in forma.


La nostra Costituzione è più recente rispetto a quelle delle altre Repubbliche europee sopra citate. Tutt'oggi rimane attuale o avrebbe bisogno di essere ripresa e aggiornata?

Quello dell'attualità è un tema complesso. L'attualità per me non è un valore in se, è anche un termine abbastanza difficile da valutare, dipende dai parametri che si scelgono per misurarla, più che rappresentare un valore chiaro in se e per se. A me preoccupa o interessa non tanto l'attualità, quanto più il suo grado di attuazione. Tutt'ora infatti è una carta in parte in'attuata. Non tutto quello che i costituenti hanno stabilito anche con grandi contrapposizioni tra loro è ora attuato e rispettato. Un gran mito da sfatare, è quello che la nostra costituzione sia il risultato molto efficacie di compromessi ed equilibrio. In verità è un risultato di grande contrapposizione, di tante battaglie, non era ovviamente un terreno così omogeneo e unitario. L'altro mito da sfatare è quello della costituzione italiana come la più bella costituzione del mondo. Trovo che sia una scemenza senza eguali. In base a che cosa dovremmo costituire che la nostra costituzione è la più bella del mondo non lo sa nessuno, ma purtroppo c'è questa forma di auto narrazione che non smette di "invadere" il discorso pubblico. Il fatto che sia una bella Costituzione che ci ha permesso in alcuni periodi di arrivare fin qui è senza dubbio vero. Nel tempo non ha subito moltissime modificazioni, qualcuna forse è opportuno inserirla, ma senz'altro ha avuto una grande efficacia. Una delle caratteristiche della nostra Carta è che (recupero una suggestione di uno dei padri fondatori) "ha utilizzato sguardi tra loro differenti. E' stata una carta a cui è stato chiesto uno sguardo presbite, cioè incapace di leggere bene le cose da vicino ma che doveva immaginare uno sguardo un po' più proiettato nel futuro, e anche uno rispetto alle norme programmate, più complesse da attuare. Ha però usato anche uno sguardo miope rispetto alle forme di organizzazione dello Stato, poiché doveva pensare anche alla gestione del presente e quindi ha indossato di volta in volta un occhiale che gli consentiva di leggere l'immediato presente non preoccupandosi del futuro e adottando uno sguardo volutamente e nobilmente miope per gestire e leggere la situazione attuale. Ha cercato infine di traguardare con lo sguardo ciò che poteva accadere in futuro. Questo forse è il ruolo più complesso e importante delle carte costituzionali che sono molto figlie del momento ma che si devono prendere in carico il disegno di un futuro. Quindi ecco, non vorrei essere un costituente perché è un mestiere parecchio difficile!


IL FUTURO

In politica si parla di prima Repubblica, di seconda e anche di terza.

Cosa significa?

In realtà non significa molto. Questa è una divisione abbastanza di comodo di origine giornalistica che poi ha assunto un valore descrittivo un po' di tutti nel discorso pubblico e anche dagli storici ma che in realtà non ha un grande valore analitico. Ci serve per organizzare un po' il pensiero e il discorso e dividere la storia in grandi periodi ma non è una periodizzazione effettivamente efficacie e stringente dal punto di vista storico. Sostanzialmente la fine nel '92 del sistema politico che aveva preso forma nel '48 (quindi la fine dei grandi partiti che avevano caratterizzato e segnato la storia italiana, la DC, il partito socialista, il PC) decreta un po' un'implosione, un profondo mutamento della storia politica del Paese. Si formano nuovi partiti, nuovi movimenti, cambia il quadro politico ma in realtà il quadro istituzionale no. Così non cambia nel passaggio tra la presunta prima Repubblica e la seconda di cui non si capisce bene quali possano essere i contorni. Quindi è una delle definizioni un po' di comodo e molto poco programmatiche.


La democrazia è da moltissimi considerata la migliore forma di governo possibile. Potrebbe essere migliorata?Come?

Potrebbe senz'altro essere migliorata. La Costituzione è divisa in due parti, una parte legata ai principi generali, di dimensione molto programmatica, l'altra è una componente più organizzativa. Senz'altro questa secondo parte come i costituzionalisti vanno dicendo ormai da decenni necessita di qualche aggiustamento. Negli anni recenti è stato fatto qualche tentativo di riforma non andata a buon fine, ma appunto per la seconda parte, qualche adattamento e limatina non guasterebbe. Lo stesso sistema del bicameralismo perfetto dei tentativi di riforma, come quella del 2016: mito misteriosamente oggetto di contrapposizioni feroci, perché per qualcuno la Costituzione diventa un totem inattaccabile. La costituzione infatti vive nel tempo e si deve adattare al tempo che cambia in continuazione. Il tempo della Costituzione è un tempo molto composito, la situazione attuale non è la Costituzione del 48 perché nel frattempo l'interpretazione che è stata data di alcuni dettati costituzionali ne ha cambiato in parte la forma e la corte costituzionale è in buona parte l'organo che viene deputato a adattarla al tempo che cambia. Dal mio punto di vista non dovremmo avere nemmeno troppa paura di mettere mano alla carta costituzionale, perché non è un'identità sacrale. Ovviamente lo si deve fare con le accortezze del caso, perché non si tratta di un gioco da poco: ne va del nostro futuro, della nostra società e istituzioni. Inoltre questo livello di conflittualità che ha segnato anche il lavoro costituente non ci deve far dimenticare anche che ai grandi padri costituenti che oggi vengono celebrati in maniera forse un po' retorica va il nostro straordinario senso di riconoscenza. Ciononostante su alcune partite erano molto divisi. Importante è pensare che ne avremmo potuto avere anche un' altra carta costituzionale e sarebbe stata plausibile. Quindi non vedo grandi tabù , se non in alcuni articoli come i principi fondamentali, che non si possono rimettere in discussione. A molte altre parti si può mettere mano e possono essere rinegoziate in base alle istanze e alle situazioni del presente.


E NOI?

Noi come dobbiamo comportarci? Qual è il nostro compito?

Il compito per tutti è quello di studiare, dal mio punto di vista. Lo fanno gli studenti, per conoscere cosa è successo e come siamo arrivati qui, lo fanno gli adulti perché spesso hanno dimenticato o non lo hanno mai saputo. Bisogna studiare per conoscere la storia del nostro paese, la storia delle istituzioni, della nostra carta costituzionale. Lo studio è un primo elemento determinante anche solo per poterli rispettare, perché prima di stare lì a puntificare (lo si finisce di fare con troppa frequenza nella nostre zone molte confortevoli, seduti sui nostri divanetti a riempire i vari social dei pensieri più stravaganti) ecco prima di fare quello andiamo davvero a leggere e a studiare cosa è davvero successo. Quindi ecco il consiglio e l'auspicio è quello di pensare criticamente. La richiesta è questa che rivolgo anzitutto a me. E' importante formarsi dei convincimenti personali propri, ma senza davvero cercare scorciatoie, senza pensare che la verità sia un elemento davvero facilmente afferrabile, un elemento nella nostra piena disponibilità. La democrazia è un gioco davvero molto complicato di negoziazioni e compromessi. Iniziamo a toglierci l'idea che sia opportuno assolutizzare, facciamo un primo passo verso la costruzione di una visione molto più dialogica della Democrazia, del nostro vivere in comunità. Quindi il nostro gioco democratico necessita di rispetto e di competenza e di analisi misurate, e quindi rispettare le posizioni degli altri e formarsi bene distinguendo la buona informazione, che può avere ogni colore politico, ideologico che vogliamo, però dobbiamo essere capaci di distinguere la buona informazione dalla cianfrusaglia.


E' il popolo che si adegua a uno stato oppure lo stato che si adegua al popolo?

Lo Stato è il popolo. Lo Stato non è un'entità a parte, non è una finzione giuridica. Lo Stato siamo noi, e solo rispettandolo e solo smettendo di pensarlo come un'entità estranea a noi possiamo maturare un rapporto equilibrato con esso, con i cittadini e con la comunità in cui viviamo e dare così maggior peso al ruolo che i cittadini hanno nel determinare l'indirizzo dello stato e della vita di comunità. Negli ultimi anni c'è questa contrapposizione tra un'innovata idea di popolo abbastanza fumosa e lo stato ,che sembrerebbe una sorte di moloch che sta distante da noi e che è qui a schiacciarci. In realtà il popolo -nelle forme stabilito della costituzione e non popolo inteso come una forma di entità astratta di cui molte persone si riempiono la bocca con fin troppa facilità- attraverso proprio queste forme di trasmissione della di comunità politica (attraverso i partiti, il parlamento, il governo) è deve farsi Stato, può determinare cosa può e cosa deve fare lo Stato, e quindi siamo noi ad avere in mano il nostro futuro, e questo futuro non può che essere un futuro di partecipazione per come la vedo io. Poi certo alcuni meccanismi e tendenze andrebbero forse riviste, la macchina amministrativa non sempre risponde in maniera adeguata alle sfide del momento, ma lo Stato non è il nostro nemico, e questa credo sia una contrapposizione davvero rischiosa, così com'è rischioso vedere alcune tendenze un po' populiste o sovraniste di mettere al centro il popolo svuotandolo in realtà dei contenuti costituzionalmente definiti e istituiti. Viene quindi fatto dire o pensare che il popolo sia una cosa del tutto diversa di come è stato trattato all'interno della nostra Costituzione.


Noi in quanto giovani, come dovremmo vedere il 2 giugno? Quale valore deve assumere oggi secondo lei la festa nazionale del 2 giugno? Che significato ha?

Il 2 giugno ricorda un momento importante, il momento in cui gli italiani hanno deciso di dare avvio all' esperienza repubblicana. E' appunto un rito che è bene rinnovare anno dopo anno per ricordare chi siamo e da dove veniamo. Le feste nazionali, i riti pubblici, che possono anche non piacere (personalmente le parate e quelle cose lì non mi accendono l'animo, anche se ne riconosco l'importanza) sono fondamentali e possono essere anche riconfigurati e risemantizzati per farli diventare magari delle occasioni più condivise, più popolari. Non ha senso però che siano oggetto di contrapposizioni politiche, perché su alcuni elementi, sul 25 aprile, sul 2 giugno, non è possibile creare divisioni nel nostro Paese, non possono essere oggetto di propaganda politica di basso profilo. Naturalmente si può discutere molto, la stessa festa della Repubblica ha avuto una storia abbastanza ondivaga: era stata celebrata fin dal '47, da subito, e poi in particolare gli anni 70 era stata un po' affossata e poi rifiorita in un momento storico negli anni 90 in cui è stato necessario rilanciare la religione civile degli italiani. Proprio nel momento in cui il sistema politico che aveva preso avvio nel '48 sostanzialmente stava implodendo, Ciampi, presidente della Repubblica, ha investito, ha promosso su questo progetto di una rinnovata religione civile, proprio in assenza di un collante ideologico e di valori che avevano bene o male tenuto insieme la Repubblica nei primi 40 anni. Era necessario sostituirlo con una sorta di patriottismo civile che riuscisse a tenere insieme i cittadini, quindi sono state riattivate queste ritualità. Ci tengo a sottolineare che considero rilevanti le forme simboliche che le istituzioni scelgono ed eleggono perché viene ricordato chi siamo, da dove veniamo. quindi Va dunque un po' presidiata questa sorta di religione civile, questi simboli e valori che rappresentano un po' il nostro collante. Vanno difesi e non devono diventare dei luoghi percorsi da linee di frattura. In anni recenti infatti vedo che sono messi in dubbio davvero fin troppo le ragioni su questi riti pubblici collettivi. Noi italiani continuiamo ad avere un po' di problemi nel fare i conti col nostro passato e spesso alcuni (anche esponenti politici) cavalcano con una certa spregiudicatezza questo elemento di fragilità. Vengono cavalcate queste improbabili riletture della storia del Paese con dei calcoli politici un po' troppo spiccioli.


Beatrice Hentschel e Ilaria Berlanda

--> prima parte <--

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