In: La Civiltà Cattolica n. 3935
Marco Pappalardo, Nelle “terre dell’Educazione”. Non si educa bene che col cuore,
Cinisello Balsamo (MI), San Paolo, 2013
L’A. è un giovane cooperatore salesiano, docente di latino e greco al Liceo Don Bosco di Catania, giornalista e pubblicista. In questo libro, frutto di esperienze condivise con i giovani a scuola e in oratorio, documenta e suggerisce come incarnare nella quotidianità gli ideali educativi, in particolare quelli che si richiamano alla pedagogia di don Bosco.
Già dall’introduzione l’A. chiarisce che il suo non è un manuale di studio, ma un percorso di vita orientato all’educativo. Suo obiettivo è di aiutare genitori ed educatori a formare, non a plasmare i giovani, a tenerli per mano per un tratto di strada senza poi volerli trattenere con sé.
Con questo intento l’A. traccia un percorso concreto dell’educazione, calandolo nella realtà quotidiana. Si parte dal primo incontro con i giovani, in cui sono decisivi la meraviglia e l’accoglienza. Si avvia, quindi, la relazione educativa, da fondare sull’amore, come ricorda don Bosco: «Che i giovani non solo siano amati, ma che essi stessi conoscano di essere amati». Per educare bisogna stabilire un rapporto umano e, per quanto possibile, l’educazione deve essere pensata per il singolo, il «tu» della relazione. Insieme al singolo giovane e a sua misura, l’educatore deve individuare il progetto di vita individuale, unico e irripetibile, di cui il ragazzo deve sentirsi protagonista.
Con particolare riferimento alla scuola l’obiettivo è innanzitutto quello di riuscire a motivare i giovani allo studio. Per quanto riguarda, invece, l’uso dei nuovi media, anche qui l’educazione ha uno spazio di intervento: i media non vanno demonizzati ma accettati come strumenti indispensabili per i giovani digitali di oggi.
Nelle varie esperienze educative non possono mancare i fallimenti, ma non bisogna lasciarsi andare allo scoraggiamento: occorre trasformare sempre il negativo in positivo, essere più vicini al giovane proprio quando ci sta deludendo.
Occorre puntare in alto, ricordare ai giovani che la vita ha un senso, che ognuno è chiamato a qualcosa di particolare ma, prima ancora, occorre entrare in sintonia con loro, decodificare le loro richieste di aiuto, solo apparentemente incomprensibili. Prima ancora di porle ai giovani, l’educatore deve porre a se stesso le domande di senso: «Per chi cammino? Per chi faccio quello che faccio?», meglio ancora affidandosi a una guida che aiuti a mantenere desta la coscienza senza lasciarsi trascinare solo dall’esperienza. In questo percorso, sia per il formatore sia per il giovane è fondamentale la qualità della propria personale esperienza di fede.
Gli adulti riescono a educare solo quando sono testimoni credibili, coraggiosi e umili, portatori di speranza, capaci di donarsi nelle esperienze missionarie, di volontariato e di servizio: è questo che attira veramente i giovani. E gli educatori sono credibili quando risultano modelli non soltanto nella fermezza ma anche nella capacità di perdonare e chiedere perdono.
È fondamentale, infine, che nella relazione educativa, oltre all’educatore e ai giovani ci sia sempre Dio, referente primo e ultimo dell’educazione per il credente.
I criteri guida proposti dall’A., utili anche come contrasto all’indifferenza e alla noia che caratterizzano i giovani di oggi, effettivamente potrebbero ridurre quei fallimenti che tanti educatori purtroppo devono sperimentare con frequenza. Anche grazie a uno stile fresco e scorrevole, il libro, frutto di evidente professionalità educativa, riesce a dare la carica al lettore, a motivarlo di nuovo all’impegno educativo, ridandogli speranza e slancio. Un libro, quindi, particolarmente indicato per tutti i formatori che si occupano concretamente dei giovani.