Alici - Lambiasi

In: La Civiltà Cattolica n. 3789


Luigi Alici – Francesco Lambiasi, Ho qualcosa da dirti. Due lettere a un prete e a un laico,

Roma, AVE, 2007


La prima lettera, quella del laico al prete, è scritta da L. Alici, professore di Filosofia morale all’università degli studi di Macerata, nonché presidente nazionale dell’Azione Cattolica. In questa lettera ideale si rivolge a ogni singolo sacerdote e gli scrive impiegando il «tu».

Ripercorre, quasi dall’interno, il divenire del sacerdote: dal seminario all’ordinazione sacerdotale, alla vita concreta nella pastorale. Risaltano le prime esperienze in parrocchia, le possibili difficoltà con il vescovo, con qualche confratello, con i laici che sognano sempre un prete migliore di quello che in realtà hanno. Come per tutti, anche nella vita del sacerdote si succedono fasi note: le abitudini che prendono corpo e paralizzano; la crisi dei 40 anni; le delusioni; l’entusiasmo che mano mano diminuisce; i rischi di mettere in discussione la chiamata, di tradirla ripiegando solo sulle relazioni umane compensative delle delusioni e dei vuoti; la vecchiaia che toglie energie e rende sempre meno adeguati alla realtà che cambia. 

Alici pensa al sacerdote soprattutto come «l’uomo dell’incontro» e, in tale ottica, tratteggia con passione alcuni passaggi fondamentali della dinamica dell’incontro nella vita sacerdotale: la chiamata, l’Eucaristia, la penitenza, la riconciliazione. Colpiscono i ripetuti inviti del laico affinché il sacerdote viva ed eserciti pienamente la paternità, e che traducono il bisogno filiale, presente in tutti i laici, di sperimentare una sana e santa paternità spirituale.

È una lettera che esprime sincera gratitudine e appassionato ringraziamento per l’opera svolta dal sacerdote. Alla fine si traduce in un vero e proprio elogio del prete, non retorico, chiaramente frutto di conoscenza reale della vita sacerdotale e abituale frequentazione dei consacrati. Qualunque sacerdote sentirà questa lettera indirizzata personalmente a lui e la sua lettura non potrà che fargli bene e, forse, contribuire al risveglio degli entusiasmi sopiti.

La seconda lettera, quella indirizzata al laico, è scritta da mons. Francesco Lambiasi, vescovo di Rimini e già assistente generale dellAc, apprezzato scrittore i cui lavori sono stai più volte recensiti su La Civiltà Cattolica. Dal suo lungo contatto con i laici derivano alcune convinzioni personali che fungono da premessa allo scrivere. Si impone oggi una forma di vita cristiana diversa, più vicina alla spiritualità biblica: il «cristianesimo della grazia». In tale prospettiva il dovere e l’impegno vengono inglobati nella coscienza della grazia, della gratuità, e si traducono nell’innamoramento reciproco tra noi e Dio. Un’altra convinzione è che l’evangelizzazione, oggi in particolare, sarà resa possibile soltanto con la partecipazione dei laici.

Soprattutto nel clima sempre meno cristiano che caratterizza l'attuale società, primo compito della Chiesa è l’evangelizzazione, l’annuncio che Cristo è il Signore, il primo annuncio che fa nascere o risvegliare la fede. Ed è proprio questo lo spazio di azione elitario per i laici, chiamati come veri corresponsabili dell’azione evangelizzatrice, in prima linea accanto ai loro pastori. In tale ambito uno spazio nuovo, reale, non confinato solamente alla fase esecutiva, deve aprirsi per le donne. Così come occorre rivalutare l’esperienza associativa, che è occasione di formazione e concreto esercizio di comunione. 

Ma per l’evangelizzazione occorre soprattutto la santità, il vivere nel mondo senza essere del mondo, e a questo è chiamato ogni laico. La santità, che ha tra i suoi nemici il perfezionismo ed il pessimismo, si coniuga con l’esigenza della visibilità, con la presenza attiva nel mondo. Ma deve tradursi in testimonianza, non in esibizione, in visibilità ma non in ostentazione narcisistica e sovraesposizione mediatica. Il laico deve vivere sì la concretezza e garantire la credibilità, ma deve farlo nella trasparenza, orientando continuamente l’interesse dell’osservatore da se stesso al vero obiettivo: Dio.