Marion J. L.

In: La Civiltà Cattolica n. 3803


Jean-Luc Marion, Il visibile e il rivelato,

Milano, Jaka Book, 2007


L’A., professore all’Università Paris IV-Sorbonne e alla University of Chicago, è noto per il suo pensiero filosofico che si muove nell’ambito della fenomenologia. Come ricorda G. Dalmasso nella prefazione, in più punti il contributo di Marion alla fenomenologia è davvero originale. In tale direzione si muove anche quest’ultimo suo lavoro, che raccoglie contributi in parte inediti di questo ultimo decennio. Il filo conduttore è ben individuato dalla coppia concettuale del titolo: visibile/rivelato. I termini lasciano intuire la provocazione di Marion alla fenomenologia: pensare la Rivelazione in termini non metafisici.

Nel primo capitolo, «Il possibile e la Rivelazione», l’A. propone un approccio critico al problema del rapporto tra razionalità e Rivelazione. La fenomenologia, anche se tende naturalmente a volgersi verso gli enti che sono, è tanto più se stessa quanto più riesce ad ampliare la messa in scena di ciò che nel mondo può apparire e che quindi non appare ancora. In piena prospettiva fenomenologica e alla luce del significativo motto «vietato vietare», Marion ricorda che esistono «fenomeni i quali, sebbene non siano oggetti o enti, incessantemente rivendicano il proprio diritto a manifestarsi e, senza attendere il nulla osta della filosofia, riescono a portare di fatto a compimento tale manifestazione. Tra questi fenomeni, che chiamiamo fenomeni saturi, non dovrebbero essere annoverati anche i fenomeni di rivelazione, ossia quei fenomeni che corrispondono formalmente a ciò che la Rivelazione vuole portare alla luce?» (p. 4).

Il secondo capitolo tratta proprio «Il fenomeno saturo», concetto base non solo di questo libro ma un po’ di tutto il pensiero di Marion, e che è una delle novità da lui apportate alla fenomenologia. Seguendo il filo conduttore delle categorie dell’intelletto kantiane, e utilizzandole in modo negativo per rendere giustizia all’eccesso dell’intuizione sul concetto, il fenomeno saturo (di intuizione) risulta imprevedibile secondo la quantità, insopportabile secondo la qualità, assoluto secondo la relazione, inguardabile secondo la modalità. È un fenomeno irriducibile all’Io che lo guarda: il soggetto non è più colui che produce la verità ma resta solo colui che permette alla verità di darsi. Il fenomeno saturo non è un caso limite, eccezionale o vagamente irrazionale, ma indica il compimento della definizione classica di fenomeno: appare da sé e a partire da sé, senza limiti di orizzonte e senza riduzione a un Io.

Il terzo capitolo, «La teologia tra metafisica e fenomenologia», analizza la fine della metafisica, la morte di Dio inteso come fondamento ultimo, la svolta della fenomenologia che si colloca oltre la metafisica. Convinto che la filosofia non può dimenticare il pensiero razionale su Dio pena la perdita della propria dignità, Marion indica la nuova via che la fenomenologia apre alla filosofia. In particolare tratteggia la figura fenomenologica di Dio inteso come ente-d(on)ato per eccellenza, come ente-abbandonato, opposta alla figura metafisica di un Dio causa sui. La fenomenologia individua questo fenomeno saturo come possibilità di presentarsi e non il suo essere ente-d(on)ato di fatto. Qui si ferma l’analisi fenomenologica: «Il compimento intuitivo di questo ente-d(on)ato chiede […] l’esperienza reale della sua donazione – analisi che spetta alla teologia rivelata» (p. 88). A quest’ultima, poi, spetta anche il compito di identificare la donazione con un volto, assegnare un volto all’ente-d(on)ato.

Nel quarto capitolo, «La “filosofia cristiana”: ermeneutica o euristica?», Marion parte dalla definizione di filosofia cristiana data da E. Gilson. Pone in dubbio che la filosofia cristiana sia definibile soltanto come ermeneutica. Cristo rivela le cose da sempre nascoste, la sua rivelazione fa vedere realtà e fenomeni prima sconosciuti. Cristo rivela soprattutto che «Dio è amore»: è la rivelazione della carità, che apre alla conoscenza di un nuovo campo di fenomeni. In tal senso la filosofia cristiana non è più solo ermeneutica di un dato accessibile alla razionalità anche senza la Rivelazione, ma opera come un’euristica, perché propone fenomeni naturali del tutto nuovi, scoperti perché mostrati dalla Rivelazione.

Il quinto capitolo, «Ciò che non si dice: l’apofasi del discorso amoroso», tratta del rapporto tra ontologia e teologia negativa. Partendo dalla constatazione che in anni recenti la teologia negativa è riapparsa in filosofia in modi più o meno manifesti, si pone una domanda di fondo: come spiegarsi che  tutto può essere predicato e che, allo stesso tempo, nulla viene predicato? Ciò è possibile soltanto se, oltre la via affirmativa e la via negativa si ammette una terza via che va oltre le prime due e conduce il discorso fuori dall’alternativa vero-falso: la via eminentiae. Quando la teologia mistica segue la terza via usa il linguaggio non più in modo constatativo e predicativo, ma pragmatico. Marion cerca di dimostrarlo analizzando il caso della situazione amorosa e del suo enunciato: «Ti amo!».

Il sesto capitolo, «La banalità della saturazione», riprende il discorso sul fenomeno saturo. In particolare analizza le obiezioni rivolte alla sua legittimità. Con una difesa serrata e convincente Marion dimostra il valore del concetto di fenomeno saturo, mostrando ancora una volta che la principale ambizione del concetto è quella di concedere ogni diritto a fenomeni irriducibili all’oggettivazione: «Ci pare, infatti, ragionevole non cedere a un’ossessione anti-teologica che rifiuta in blocco l’ipotesi dei fenomeni saturi per paura di doverne ammettere uno particolare ed eccezionale (Dio)» (p. 143).

La lettura presuppone conoscenze filosofiche almeno di base, soprattutto in merito alla fenomenologia, anche se Marion è piuttosto didattico. Alla fine del confronto con il suo pensiero, nel lettore, forse non solo credente, rimangono vivi diversi spunti di riflessione critica, soprattutto in merito alla legittimità filosofica della Rivelazione. Rispetto alla questione fondamentale – una fenomenologia della religione – che è al centro di questo lavoro, pare proprio che Marion sia riuscito a provocare il riconoscimento della religione da parte della fenomenologia come fenomeno legittimo. L’esclusione pregiudiziale dei fenomeni di rivelazione sembrerebbe recare danni più alla fenomenologia che ai fenomeni censurati i quali, nonostante tutto, continuano a manifestarsi.